Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
DIABETE MELLITO
Il diabete mellito non costituisce un entità singola ma un gruppo eterogeneo di disturbi
metabolici con un comune denominatore: l'iperglicemia alla base della quale ci sono diversi
meccanismi fisiopatologici ed eziologici e sicuramente un assetto genetico differente. Sulla
base delle conoscenze attuali il National Diabetes Data Group ha stilato una classificazione
accettata unanimemente:
• Diabete tipo 1: anche chiamato diabete mellito insulino-dipendente (IDDM), é
caratterizzato da una scarsa produzione di insulina dovuta ad una lenta ed inesorabile
distruzione delle β-cellule. La severa insulinopenia rende sempre necessaria la
somministrazione di insulina esogena per controllare la glicemia, prevenire la
chetoacidosi e preservare la vita del paziente. Insorge nei soggetti giovani (due
picchi, uno tra 5-8 anni ed uno tra 11-13 anni). L'insulinodipendenza descrive una
condizione fisiopatologica, ossia il rischio di chetoacidosi in condizioni di carenza
insulinica.
• Diabete tipo 2: il diabete mellito non insulino-dipendente (NIDDM) è caratterizzato
dalla combinazione di insulinoresistenza ed insulinodeficienza relativa (inadeguata
secrezione compensatoria di insulina). Il contributo di queste due componenti
fisiopatologiche è variabile andando da casi in cui predomina l'insulinoresistenza a
casi dove invece predomina l'insulinodeficienza. I pazienti con NIDDM possono
necessitare di insulina esogena per il controllo della glicemia, tuttavia la sospensione
del farmaco non precipita il quadro di come chetoacidosico (sebbene l'innalzamento
della glicemia possa determinare un coma iperosmolare). Il picco di insorgenza per
questo tipo di diabete è intorno ai 40-50 anni. E' poco comune prima della pubertà ed
in questo caso interessa soggetti affetti da obesità pediatrica, aventi uno stile di vita
molto sedentario ed una dieta caratterizzata dall'assunzione di cibi ad alto contenuto
di calorie e zuccheri.
• MODY (maturity onset diabetes of the young): Sono forme di diabete di tipo 2
(insulinoresistenza associata a insulinodeficienza relativa) in cui l'iperglicemia si
manifesta sempre prima dei 25 anni di età e l'ereditarietà è di tipo autosomico
dominante. Si tratta di un gruppo eterogeneo di disordini causati da una varità di
mutazioni monogeniche.
1
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
2
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
• Diabete mellito neonatale: Il DN, alquanto raro (1: 400.000 – 1:500:000), può
essere determinato da diversi tipi di anomalie genetiche che possono coinvolgere le
beta-cellule pancreatiche sia per quanto riguarda la loro funzionalità (in particolare
come “sensori” della glicemia in grado di variare finemente il tasso plasmatico di
insulina in relazione ai pasti) che la loro regolazione numerica: disomia uniparentale
paterna del cromosoma 6 (6q24) ed altre alterazioni dell'espressione genica della
medesima regione cromosomica (generalmente correlate a diabete neonatale
transitorio e IUGR), mutazioni del gene KCNJ11 codificante la subunità Kir6.2 dei
3
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
4
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
5
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
6
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Fisiologia
L'insulina viene prodotta e rilasciata dalla β-cellule del pancreas endocrino. Sintetizzata
come proinsulina, subisce un clivaggio proteolitico che ne distacca una porzione (il peptide
C). Sia l'insulina che il peptide C vengono immagazzinati nelle vescicole secretorie e secreti
simultaneamente con l'exocitosi.
7
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Il glucosio penetra nelle β-cellule tramite il trasportatore GLUT-2 e viene fosforilato dalla
glucochinasi a G6P. Il metablismo del G6P porta alla formazione di ATP che chiude dei
canali KATP (sensibili alla sulfonilurea) con conseguente depolarizzazione cellulare. La
depolarizzazione determina l'apertura di canali Ca ++ vol.dip; l'ingresso di Ca++ nella cellula
che mette in moto il meccanismo dell'esocitosi.
8
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
9
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Cortisolo: riduce l'uptake degli aminoacidi e la sintesi proteica in molti tessuti, stimola la
proteolisi ed il release di aminoacidi nel sangue; stimola la gluconeogensi aumentando
l'attività enzimatica gluconeogenetica e della G6P-fosfatasi; favorisce le azioni del
glucagone e dell'adrenalina, tra le quali la glicogenolisi e la lipolisi; stimola la
glicogenosisntesi favorendo la produzione di G6P; inibisce l'uptake del glucosio in diversi
tessuti (muscolare, linfoide, connettivo) risparmiandolo per l'utilizzo da parte del tessuto
nervoso centrale; determina insulinoresistenza.
GH: diminuisce l'uptake di glucosio a livello del tessuto adiposo e del muscolo; stimola la
lipolisi nel tessuto adiposo; stimola la gluconeogenesi epatica; stimola l'uptake di
aminoacidi e la sintesi proteica a livello epatico e muscolare.
Il diabete mellito di tipo 1 (T1DM) è una malattia cronica autoimmune nella quale si
verifica una progressiva e selettiva distruzione delle β-cellule del pancreas endocrino con
conseguente stato di deficit assoluto o relativo di insulina e, quindi, un'elevazione cronica
delle concentrazioni di glucosio nel sangue (iperglicemia). In particolare, il diabete mellito
di tipo 1 costituisce oltre il 97% delle cause di iperglicemia nell'età pediatrica.
Oltre agli effetti sul metabolismo dei carboidrati, il diabete mellito induce alterazioni
rilevanti del metabolismo dei grassi e delle proteine.
La distruzione selettiva delle β-cellule del pancreas è determinata da meccanismi
autoimmuni nei quali sono coinvolti fattori genetici e ambientali (malattia multifattoriale).
Fattori genetici
10
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
11
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Tuttavia numerosi altri geni che aumentano la suscettibilità al T1DM sono stati descritti,
come il gene dell'insulina, definito IDDM2. IDDM1 e IDDM2 sono i geni che conferiscono
maggiore suscettibilità (circa il 50%). Altri geni sono stati descritti e altri ancora lo saranno
in futuro.
Fattori ambientali
Molte linee di evidenza scientifica hanno documentato il ruolo dei fattori ambientali nella
patogenesi del diabete mellito di tipo 1: aumenti dell'incidenza in popolazioni migranti (per
esempio italiani emigrati in Canada, Giapponesi emigrati negli Stali Uniti, ecc.), studi su
gemelli, epidemie di diabete in alcune regioni, aumento di incidenza negli ultimi lustri.
I maggiori candidati a un rilevante ruolo patogenetico sono:
• infezioni virali
• alimenti
• tossine
12
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
13
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Meccanismi autoimmunitari
14
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Numerose evidenze hanno quindi dimostrato che la presenza di uno o più autoanticorpi
contro alcuni antigeni β-cellulari conferisce un progressivo rischio di sviluppare il diabete;
ne consegue che la valutazione di questi markers immunologici è estremamente utile nella
individuazione dei soggetti a rischio sia nelle categorie maggiormente esposte (familiari di
pazienti con T1DM, presenza di altre malattie autoimmunitarie nell'anamnesi personale o
familiare, pazienti con rosolia connatale, soggetti con iperglicemia occasionale).
Per lungo tempo il diabete nel bambino è stato considerato il diabete di tipo 1 (T1DM)
(diabete mellito insulino-dipendente [IDDM], diabete "giovanile", diabete "magro").
Si riteneva, infatti, che il diabete mellito di tipo 2 (T2DM) (diabete mellito non-insulino-
dipendente [NIDDM], diabete "grasso"), caratterizzato generalmente da insulinoresistenza,
obesità, vita sedentaria e talvolta da alterata secrezione dell'insulina, fosse una malattia
descritta solo nell'adulto e nell'età geriatrica. Sin dai primi anni '80, tuttavia, sono iniziate
segnalazioni di T2DM in adolescenti e giovani adulti. I primi casi sono stati segnalati in
bambini e adolescenti in minoranze etniche con adulti a rischio elevato di T2DM (indiani
pima, afroamericani, ispanici negli Stati Uniti, alcuni gruppi in Giappone, aborigeni in
Australia), ma recentemente sono stati segnalati in letteratura anche bambini e adolescenti
15
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
caucasici con T2DM. L'obesità, ma soprattutto il tessuto adiposo viscerale, sembra uno dei
principali fattori di rischio. L'aumentata prevalenza di questo fenomeno in età pediatrica,
associato con altri fattori di rischio (genetica, etnia, stile di vita sedentario, dislipidemia) è
stata correlata con lo sviluppo di insulinoresistenza che in presenza di una normale funzione
della β-cellula ha un adeguato compenso metabolico che mantiene la glicemia normale a
fronte di un'elevazione di livelli di insulinemia. Se, a un certo punto, la β-cellula va incontro
a uno scompenso, si sviluppa il diabete mellito di tipo 2 (T2DM).
In una coorte multietnica di bambini e adolescenti obesi è stata trovata una percentuale
molto elevata di intolleranza glucidica (IGT) (21-25%) mentre il diabete di tipo 2 è stato
riscontrato solo nel 4% degli adolescenti. I rischi principali, legati allo sviluppo di IGT.
sono rappresentati principalmente dall'insulinoresistenza, dall'iperinsulinemia e
dall'iperproinsulinemia.
Molti geni sono candidati per la patogenesi del diabete di tipo 2. tra cui quelli che
codificano per:
16
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Anche numerosi fattori ambientali, legati soprattutto allo stile di vita, possono contribuire
allo sviluppo di diabete di tipo 2, come:
• obesità;
• sedentarietà:
• alimentazione inappropriata:
• stress;
• occidentalizzazione, urbanizzazione.
Nella progressione dall'insulinoresistenza allo sviluppo di T2DM sono stati descritti vari
quadri intermedi:
17
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Quindi in termini fisiopalologici la storia naturale del diabete di tipo 2 può iniziare
dall'insulino-resistenza legata all'obesità, associata o meno ad altri fattori di rischio genetici
e ambientali. Sicuramente i passaggi non sono obbligati e un individuo potrebbe avere una
marcata insulino-resistenza ma, se le sue β-cellule riuscissero a secernere abbastanza
insulina, non svilupperebbe mai il diabete. Infatti per avere un diabete clinicamente
manifesto è necessario sviluppare un'anormale funzione β-cellulare con il conseguente
deficit relativo di insulina e iperglicemia.
18
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
mostra la curva, e il tasso glicemico ridiscende verso il valore iniziale soltanto dopo 4-6 ore,
senza oltrepassare, inoltre, il livello di partenza.
La lenta caduta della curva e il fatto che questa non scenda alla fine al di sotto del livello
iniziale indicano che (1) o non si verifica il normale aumento della secrezione insulinica in
risposta all'ingestione di glucosio (2) oppure che la sensibilità all'insulina è diminuita. La
diagnosi di diabete mellito può essere quindi formulata sulla base dell'andamento di questa
curva, mentre la differenzazionc tra tipo I e tipo II può essere fatta dosando l'insulina nel
plasma. Nel diabete di tipo I questo valore è basso, o addirittura non misurabile, mentre è
aumentato nel diabete di tipo II.
Nel bambino si effettua una somministrazione rapida di glucosio per via orale, al mattino
dopo una notte di digiuno, di una soluzione di glucosio ( 1,75 g/Kg fino ad un max di 75g).
Si valuta la glicemia basale e poi quella dopo 30, 60, 90 e 120 minuti.
Si parla di ridotta tolleranza al glucosio quando a 2h la glicemia è compresa tra 140 e 200
mg/dl (nel diabete mellito > 200 mg/dl).
19
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
L'insulina è uno degli ormoni anabolizzanti più importanti del nostro organismo, è secreto in
grande quantità con l'assunzione del cibo, regola l'ingresso del glucosio nelle cellule, ne
favorisce l'utilizzazione ed il deposito sotto forma di glicogeno. Favorisce inoltre la sintesi
proteica e dei lipidi a lunga catena.
20
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
La sua secrezione si riduce nel digiuno e ciò favorisce la scissione dal glicogeno di molecole
di glucosio. Il ciclo glicemico giornaliero dell'insulina prevede un aumento della secrezione
che avviene ai pasti ed un rapido decremento durante il digiuno. L'insulina svolge la sua
funzione nel muscolo, nel tessuto adiposo e soprattutto nel fegato dove viene trasportata dal
circolo portale e inattivata per il 60% della sua secrezione dopo naturalmente aver svolto la
sue funzioni.
La carenza di insulina determina uno stato catabolico permanente e l'introduzione del cibo
accentua tale condizione. Lo scompenso metabolico è accentuato dalle aumentate
concentrazioni degli ormoni controinsulari mediante la loro azione antagonista
promuovendo la glicogenolisi, la endogenesi, la gluconeogenesi e la lipolisi.
Nella maggioranza dei soggetti in età evolutiva la diagnosi di diabete mellito di tipo I
dovrebbe essere posta senza difficoltà e con urgenza; un dato anamnestico recente di
poliuria (spesso anche di pollachiuria, nicturia, enuresi secondaria), sete e polidipsia,
polifagia e dimagrimento è un'indicazione inequivocabile per richiedere un esame delle
urine per glicosuria e chetonuria e una glicemia.
La presenza di glicosuria, chetonuria e di glicemia a digiuno superiore, in genere, a 150-
200 mg/dL pone pochi dubbi sulla diagnosi di diabete mellito di tipo 1.
Tuttavia molti bambini si presentano alla diagnosi con chetoacidosi grave o, comunque, con
sintomi che talvolta datano da lungo tempo.
21
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
22
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
GLICEMIA
• Vedi i valori di riferimento.
• Nel coma diabetico può essere > 700 mg/dl.
OGTT
• Se la sintomatologia non è caratteristica ma la glicemia a digiuno è > 110 mg/dl
EGA
• Il PH è < 7 nella chetoacidosi.
CHETONEMIA
ELETTROLITI
ECG
Esami che possono essere utili ma non hanno una ricaduta immediata sono:
23
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
È ormai ben dimostrato che il diabete clinicamente manifesto è preceduto da una lunga fase
di riduzione della produzione di insulina da parte delle β-cellule (prediabete), che può
precedere la presentazione della malattia anche di anni; dopo l'esordio, può conseguire una
fase nella quale la produzione di insulina può aumentare considerevolmente (fase di
remissione o di "luna di miele"), ma successivamente si determina una totale perdita della
capacità di secernere insulina quando necessario e una permanente, irreversibile
insulinodipendenza.
24
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
25
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Il T2DM si manifesta nell'adolescente con segni clinici estremamente variegati che possono
andare da gravi manifestazioni di deficit di insulina a iperglicemia lieve identificata
incidentalmente. E rilevante ricordare che alcuni di questi ragazzi possono manifestare
chetonuria con o senza chetoacidosi e segni acuti compatibili con la diagnosi di diabete
mellito di tipo 1 (poliuria, polidipsia, nicturia e perdita di peso), che richiedono terapia
insulinica. Con questo tipo di manifestazioni cliniche la distinzione tra T2DM e T1DM è
difficile ed è necessario valutare gli autoanticorpi (ICA, 1AA, GADA e IA-2, che sono
ovviamente negativi nel T2DM) e seguire il decorso clinico (la presenza di obesità grave, di
acanthosis nigricans. di sindrome dell'ovaio policistico. di appartenenza a gruppi etnici ad
alto rischio di T2DM) faciliterà la diagnosi differenziale. Alcuni pazienti possono essere
totalmente asintomatici e il sospetto diagnostico può essere posto per una iperglicemia e/o
glicosuria incidentale. L'età media alla diagnosi è di 13,5 anni e la maggior parte dei
pazienti descritti in letteratura era in fase puberale. Diversamente dal T1DM, le ragazze
sono a maggior rischio dei ragazzi (con un rapporto 1,671-3/1 nei diversi studi). Oltre il
95% dei pazienti è obeso (BMI > 85° percentile), acanthosis nigricans è presente nel 60-
95% dei pazienti. La storia familiare di T2DM è un'altra caratteristica presente in circa il
95% dei ragazzi; essendo il T2DM una malattia poligenica, non vi è una trasmissione
autosomica dominante, caratteristica, invece, del MODY.
Diagnosi
Le caratteristiche metaboliche e biochimiche dei giovani con T2DM non sono ancora
definitivamente chiare; ciò è dovuto al fatto che nella maggior parte dei casi la diagnosi è
26
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
posta retrospettivamente con mancanza di uniformità nella definizione dei casi, raccolta dei
dati e follow-up dei ragazzi. I dati attualmente disponibili indicano che i ragazzi con T2DM
hanno all'esordio della malattia livelli più bassi di glicemia, concentrazioni più alte di
insulinemia e di C-pcptide, sono meno frequentemente chetonurici e hanno acidosi più
lieve. L'obesità e l' acanthosis nigricans sono altamente suggestive di insulino-resistenza;
l'insulino-resistenza e l'iperinsulinismo sono presenti precocemente e possono essere
predittivi di suscettibilità al diabete di tipo 2.
Come è noto il T2DM è un complesso disordine metabolico con una eziologia eterogenea e
fattori di rischio sociali, comportamentali e ambientali che favoriscono l'insorgenza di
diabete in ragazzi geneticamente predisposti. Infatti. la componente ereditaria (multigenica)
svolge un ruolo importante nel determinismo della malattia, ma il recente marcato aumento
nella incidenza dimostra anche il rilevante ruolo dei fattori ambientali (soprattutto
alimentazione e sedentarietà). L'omeostasi glucidica dipende dal bilancio tra secrezione di
insulina dalle β-cellule pancreatiche e l'azione della insulina in periferia; affinché si
determini una iperglicemia l'insulino-resistenza non è sufficiente ed è necessario che vi sia
una inadeguata secrezione di insulina da parte della β-cellula. L'evoluzione da normale ad
alterala tolleranza glucidica è associata con un peggioramento dell'insulino-resistenza.
Pertanto, nei pazienti con T2DM sono presenti sia un'alterata azione dell'insulina (insulino-
resistenza) che una insufficienza secretoria di insulina; il fallimento secondario delle β-
cellule a continuare a secernere maggiori quantità di insulina segna la fase di passaggio
dalla insulino-resistenza (con iperinsulinismo compensatorio e glicemia normale) al diabete
clinicamente evidente (con iperglicemia a digiuno e aumento della produzione epatica di
glucosio). Occorre, inoltre, sottolineare come l'iperglicemia di per sé può peggiorare sia
l'insulino-resistenza sia le anormalità secretive di insulina, il che può accelerare la fase di
transizione dalla intolleranza glucidica al diabete clinicamente manifesto o aggravare il
diabete (determinando la necessità di antidiabetici orali o di insulino-terapia).
La pubertà ha anche un ruolo importante nello sviluppo del T2DM; è noto, infatti, che la
pubertà è caratterizzata da insulino-resistenza e studi con clamp euglicemico-
iperinsulinemico hanno dimostrato che la disponibilità di glucosio mediata dall'insulina è in
media del 30% più bassa negli adolescenti con stadio di Tanner II-IV rispetto ai bambini
prepuberi (stadio puberale Tanner I) e rispetto agli individui postpuberali. In presenza di una
normale funzione β-cellulare, l'insulino-resistenza è compensata da un'aumentata secrezione
27
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
insulinica che mantiene la tolleranza glucidica normale. In soggetti obesi o con aumentata
suscettibilità genetica al T2DM, la pubertà può rendere clinicamente manifesta l'intolleranza
glucidica dopo carico o l'iperglicemia a digiuno. Altri fattori di rischio sono la presenza di
ipertensione, di iperlipidemia (ipercolesterolemia. Ipertrigliceridemia, aumento dell' LDL-
colesterolo, riduzione dell'HDL-colesterolo) e di ovaio policistico.
28
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
29
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
L'acetone si accumula nel plasma e viene lentamente eliminato con la respirazione (alito
acetonemico, dal classico odore di frutta troppo matura o francamente marcia).
30
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
essere così intenso da simulare un quadro di addome chirurgico (talvolta vi si associa anche
leucocitosi). Possono presentarsi crampi e dolori muscolari vari. La deplezione di volume
determina cute e mucose asciutte, bulbi oculari infossati, ipotensione fino allo shock
ipovolemico, tachicardia.
Il respiro è particolare, boccheggiante, profondo e lento (respiro di Kussmaul): iperpnea
caratterizzata da inspirazione profonda, piccola pausa, espirazione rapida (forzata e
gemente). Nella chetoacidosi severa, quando il pH scende sotto 7, la depressione respiratoria
può inibire il respiro di Kussmaul. L'alito è acetonemico. Con l'aggravarsi del quadro
compaiono i segni neurologici (determinati da vari fattori in primis l'aumento
dell'osmolarità e l'alterazione del pH del' LCS): alterazioni dello stato di coscienza a vari
livelli, dalla letargia fino al coma.
31
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
32
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
L'esame clinico in base ai segni e ai sintomi può aiutare nello stabilire il grado di
disidratazione. Una valutazione più attendibile può essere effettuata determinando la perdita
di peso subita dal paziente conoscendone il peso precedente all'episodio. La quantità totale
di liquidi ed elettroliti da somministrare si valuta sulla base delle perdite subite e dei bisogni
di mantenimento, con successivi aggiustamenti in rapporto ai dati clinici e di laboratorio. La
somministrazione nel tempo dei liquidi previsti (perdile idriche + bisogno idrico) può essere
ripartita in 24-36 ore. Nei casi con marcata disidratazione (> 15%) e con elevata osmolalità
plasmatica la terapia reidratante deve essere effettuata in 48 ore. Attualmente si sostiene che
per prevenire l'edema cerebrale è opportuno che i liquidi vengano somministrati nel corso
del trattamento a una velocità di infusione non superiore a 4L/m2/24 ore.
E' da sottolineare che deve essere assolutamente evitata la correzione troppo brusca dello
stato di disidratazione, in quanto a rischio di complicanze neurologiche gravi.
33
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
34
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
L'insulinoterapia rappresenta, insieme alla terapia reidratante, l'altro aspetto essenziale del
trattamento della chetoacidosi diabetica. Gli schemi di trattamento attualmente in uso, che
prevedono l'infusione continua di piccole dosi di insulina rapida, si sono dimostrati molto
più efficaci e maneggevoli dei vecchi trattamenti solo a bolo. Può essere prevista
inizialmente, alla fine della prima ora di reidratazione, l'infusione rapida per via endovenosa
di un bolo di 0.1 U/kg di insulina ad azione rapida. Viene successivamente avviato il
trattamento con infusione EV lenta di 0,1 U/kg/ora di insulina rapida.
Si considera soddisfacente una riduzione della glicemia di circa 150-200 mg/dl nelle prime
2 ore. Una riduzione inferiore ai 100 mg/dl richiede un aumento della quantità di insulina
(da 0,1 U/kg/ora a 0,2 U/kg/ora); viceversa una riduzione della glicemia che superi i 300
mg/dl nelle prime 2 ore è da ritenere eccessiva e pertanto richiede un dimezzamento della
dose di insulina infusa (da 0,1 U/kg/ora a 0.05 U/kg/ora). La successiva posologia oraria
dell'insulina deve essere regolata in base ai valori della glicemia: se la glicemia scende al di
sotto dei 200 mg/dl è necessario dimezzare la velocità di infusione. Il trattamento con
insulina EV viene generalmente protratto per almeno 24-30 ore in modo da ottenere la
completa risoluzione della chetoacidosi e il ripristino di uno stato di sufficiente idratazione.
Quindi si può passare alla somministrazione per via sottocutanea Inizialmente viene
utilizzata una posologia totale di 0,8-1 U/kg/die, in 3 o 4 somministrazioni giornaliere,
adeguandola al fabbisogno reale valutato in base alle determinazioni della glicemia e della
glicosuria-chetonuria.
L'utilizzo dei bicarbonati nel trattamento della chetoacidosi diabetica di regola non è da
raccomandarsi. Tuttavia esso trova impiego se, dopo la prima ora di trattamento, il pH è
inferiore a 7,0, poiché un'acidosi severa peggiora la contrattilità del miocardio e provoca
vasodilatazione periferica e resistenza all'azione dell'insulina. La somministrazione del
bicarbonato può provocare i seguenti effetti negativi: 1) peggiorare la depressione del SNC
aumentando paradossalmente l'acidosi all'interno della barriera ematoencefalica, che viene
attraversata più rapidamente dalla CO2, che dall'HCO3 2) aggravare l'ipokaliemia; 3)
provocare una riduzione della dissociazione dell'ossiemoglobina, con aggravamento
dell'ipossia tissutale e aumento della latticoacidemia; 4) contribuire all'iperosmolalità.
Nei pazienti che presentano grave acidosi (pH < 7), ipotensione, aritmie è possibile
somministrare una quantità di NaHCO3 di 1–2 mmol/kg in almeno 2-3 ore ( o meglio, se è
35
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
possibile calcolare il deficit di basi, pari alla metà di quella ottenuta con la formula: deficit
di basi in mEq/L * peso in kg * 0,3)
Nel corso della chetoacidosi diabetica è caratteristica un'alterazione del metabolismo del
potassio. Nelle prime ore la potassiemia (che non equivale ai livelli totali di potassio, che
sono ridotti) può essere significativamente elevata a spese del potassio intracellulare (sia
l'effetto osmotico dell'iperglicemia, che sposta i liquidi dal compartimento intra- a quello
extracellulare, sia l'acidosi determinano una fuoriuscita di potassio dalle cellule) e tale da
dare alterazioni all'ECG (onde T appuntite ed elevate). Solo dopo qualche ora compare una
condizione di ipopotassiemia spesso grave (onde T basse associate a onde U,
sottoslivellamento del tratto ST, prolungamento del tratto PQ all'ECG) dovuta alla poliuria
osmotica, alla escrezione urinaria dei chetoacidi sotto forma di sali di potassio,
all'iperaldosteronismo secondario alla disidratazione e, con l'infusione di insulina, al
passaggio intracellulare del potassio plasmatico.
Si raccomanda una corretta prevenzione dell'ipopotassiemia tenendo comunque presente
che, se la diuresi è conservata, la somministrazione di potassio deve iniziare già con l'avvio
della terapia reidratante e deve essere protratta per le prime 12 ore di trattamento sulla guida
della potassiemia e del tracciato ECG. Lo schema da utilizzato è il seguente:
• con valori superiori a 5 mEq/l: non intervento
• con valori compresi tra 3,5 e 5 mEq/l: si aggiungono 20 mEq di potassio per litro di
liquido di infusione;
• con valori inferiori a 3,5 mEq/l: si somministra il potassio a concentrazioni superiori
(fino a 40 mEq/l) ma solo con monitoraggio continuo dell'ECG per il rischio di
aritmie.
Supplementazioni di potassio per via orale possono poi essere somministrate nei giorni
successivi (3 g di KCl/die). Per la correzione della potassiemia è opportuno impiegare una
soluzione di KCl e KPO ( in parti uguali: in tal modo si fornisce anche un adeguato apporto
di fosforo e si evita l'ipercloremia. Raccomandiamo infine di usare estrema prudenza nella
somministrazione del potassio non superando mai i 5 mEq/kg/die né i 40 mEq/l di soluzione
e di verificare costantemente la validità della diuresi.
36
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Nelle prime ore di trattamento si osserva frequentemente una critica riduzione della
fosforemia. Poiché tale alterazione può provocar una diminuita concentrazione
intraeritrocitaria di 2,3 difosfogliceraldeide (DPG) e quindi aumentare l'affinità dell'Hb per
l'ossigeno, alterando gli scambi gassosi, è opportuna la somministrazione di fosfato di
potassio alle modalità già indicate. Si sottolinea infine che può essere presente anche
ipocalcemia: per tale motivo è necessario monitorare la calcemia e correggere l'eventuale
deficit con gluconato di calcio.
37
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
38
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Si considera patologica una glicemia: < 40 mg/dL nelle prime 24 ore di vita; < 45 mg/dL
dopo le 24 ore; < 50 mg/dL in epoca postnatale.
L'ipoglicemia è la maggior limitazione al controllo del diabete. Una volta iniettata, sia
l'assorbimento che l'azione dell'insulina esogena sono indipendenti dai livelli di glucosio e
quindi espongono al rischio di crisi ipoglicemia. Statisticamente la maggior parte dei
bambini con DMT1 presenta almeno un episodio di ipoglicemia lieve a settimana, di
ipoglicemia moderata qualche volta in un anno e severa almeno una volta nell'arco di pochi
anni. Si tratta di episodi che anche con il massimo controllo possono risultare imprevedibili.
Più i bambini sono piccoli (in special modo i neonati) maggiore è il rischio in quanto
incapaci di riconoscere i segni iniziali dell'ipoglicemia ed impossibilitati a reagire
ricercando una fonte di glucosio. L'ipoglicemia può verificarsi in qualsiasi momento del
giorno e della notte. Nei bambini più grandi e nei pazienti adolescenti con diabete di lunga
data può accadere che venga persa la capacità di secernere glucagone ed adrenalina (nella
neuropatia autonomica) in risposta all'ipoglicemia. Il rischio di ipoglicemia in questo caso
aumenta in quanto i primi segni e sintomi della carenza di glucosio sono legati al release
delle catecolamine.
Le cause principali delle crisi ipoglicemiche nel paziente diabetico risiedono in una
alterazione del bilancio tra gucosio circolante ed insulina disponibile dovuto a molteplici
fattori (stress, vomito, attività fisica inconsueta, ritardo nell'ora del pasto, eccessiva
assunzione di ipoglicemizzanti orali, variazioni della risposta all'insulina, malattie epatiche
o renali che alterano la clearance dell'ipoglicemizzante).
39
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
40
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
I fattori più importanti nella gestione delle ipoglicemie in corso di diabete mellito sono:
– Comprensione e conoscenza dei sintomi e dei segni dell'ipoglicemia
– Conoscenza dei fattori che possono precipitare la crisi ipoglicemica (attività sportive,
orari dei pasti, ecc...)
– Consapevolezza che tanto è più stretto il controllo glicemico tanto maggiore è il
rischio di ipoglicemia
– Disponibilità di una sorgente di glucosio (succhi di frutta, bevande zuccherate,
caramelle, ec...) in qualsiasi momento ed in ogni luogo (scuola, visite agli amici,
ecc..)
– Le ipoglicemie dovrebbero essere documentate prima di intervenire in quanto alcuni
sintomi potrebbero non essere legati alla carenza glucidica. Molti bambini e le loro
famiglie, tuttavia, con il tempo e l'esperienza sapranno riconoscere l'inizio di un
acrisi ipoglicemica e quindi prevenirne la progressione anche in assenza di test della
glicemia.
– Il glucosio da somministrare non deve essere eccessivo: 5-10 gr sono sufficienti
(sotto forma di succo di frutta, cramella, ecc...). Testare la glicemia 15-20 minuti
dopo. Tenenere presente che 3 grammi di zucchero ogni 10 kg di peso faranno alzare
la glicemia di 70 mg/dl. Se i valori glicemici sono inferiori a 65 mg/dl è importante
assumere solo zuccheri e quindi evitare alimenti o bevande contenenti grassi
(dolciumi, cioccolato, latte, etc.) poiché i grassi rallentano lo svuotamento dello
stomaco e quindi l’assorbimento degli zuccheri. Bisognerà attendere 10-15 minuti
prima che lo zucchero faccia il suo effetto sulla glicemia; nel frattempo è necessario
interrompere ogni attività.
– Se il bambino non può assumere glucosio orale i familiari devono essere in grado di
poter somministrare glucagone intrasmuscolare (kit da iniezione) alla dose di 0.5 mg
se il bambino pesa meno di 20 kg oppure 1 mg se di peso superiore. Il glucagone può
determinare emesi e pregiudicare la successiva somministrazione orale di glucosio.
In questo caso è bene provvedere al ricovero per praticare l'infusione IV di glucosio.
– Nei bambini che possono assumere glucosio per via orale ma che rimangono
sintomatici presentando una glicemia < 60 mg/dL, è possibile somministrare una
41
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
mini-dose di glucagone (10 mcg/anno di età fino ad un massimo di 150 mcg) per sia
sottocutanea.
La conoscenza dei processi metabolici che regolano l'omeostasi del glucosio è essenziale
per un corretto approccio diagnostico all'ipoglicemia. Il mantenimento dell'euglicemia
durante il digiuno e dopo i pasti dipende da vari fattori quali:
• disponibilità di substrati glucogenetici (aminoacidi, glicerolo. lattato);
• attività enzimatica epatica (glicogenolisi, glicogenosintesi, neoglucogenesi);
• efficienza del sistema endocrino controregolatore (GH, collisolo, glucagone.
adrenalina) responsabile della mobilizzazione e dell'utilizzo dei substrati
Le cause possono essere divise in due categorie in base all'aumentato fabbisogno di glucosio
o alla sua ridotta disponibilità.
42
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Complicanze croniche
Il diabete mellito nel bambino può indurre una serie di conseguenze in altri organi e
apparati, determinate sostanzialmente dall'iperglicemia cronica, ma anche da una particolare
suscettibilità dei bambini con diabete. Inoltre, i meccanismi autoimmunitari che conducono
al diabete mellito di tipo 1 possono sottendere alterazioni di altri organi. Nelle ultime decadi
il miglioramento della qualità delle cure ha comportato una rilevante riduzione della
morbilità e mortalità nei bambini con diabete mellito. Pertanto, i pediatri diabetologi hanno
enfatizzato e promosso il miglioramento delle cure a lungo termine di questi bambini.
Sebbene le gravi complicanze croniche del diabete mellito di tipo 1 divengano evidenti dopo
15-30 anni di malattia, già durante l'adolescenza (o comunque 2-5 anni dopo l'esordio del
diabete) possono evidenziarsi le prime alterazioni strutturali e funzionali relative alle
complicanze microvascolari. Nei bambini e negli adolescenti l'angiopatia diabetica è
costituita principalmente dalla microangiopatia, rappresentata essenzialmente da alterazioni
strutturali del microcircolo retinico e glomerulare. La neuropatia diabetica e la macroan-
giopatia sono le altre due principali complicanze tardive, differenti dalle precedenti dal
punto di vista patogenetico e di meno frequente osservazione nell'età evolutiva. Minime
lesioni retiniche si sviluppano dopo 20 anni di malattia e una retinopatia diabetica a rischio
di cecità può potenzialmente svilupparsi dopo 30 anni di malattia. Le metodiche più
sensibili per lo screening delle precoci lesioni retiniche sono rappresentate dalla retinografia
e dalla fluoroangiografia. Lo screening è raccomandato dopo 5 anni di diabete in soggetti
con inizio in epoca prepuberale e dopo i 15 anni di vita in tutti gli altri. I controlli
43
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
dovrebbero essere effettuati ogni 2 anni. L'incidenza della nefropatia diabetica aumenta
dopo 5 anni di malattia e raggiunge un picco intorno ai 20 anni; essa comporta un aumento
del rischio di mortalità che non è solo legalo all'insufficienza renale ma anche all'aumentata
incidenza di problemi cardiovascolari. La nefropatia diabetica manifesta è preceduta da una
fase clinicamente silente ma caratterizzata da un'escrezione di albumina urinaria nel range
microalbuminurico. La microalbuminuria è associata ad alterazioni anatomo-patologiche
(ispessimento della membrana basale glomerulare, proliferazione mesangiale).
Il miglioramento del controllo metabolico rallenta la progressione di tali lesioni. La precoce
individuazione di tali iniziali alterazioni è di cruciale importanza essendo queste suscettibili
di miglioramento e di normalizzazione con opportuni interventi (farmacologici e non).
La microangiopatia diabetica
Vasculopatia tipica del diabete mellito che colpisce i piccoli vasi (capillari, arteriole,
venule). Interessa tutti i distretti. L'aspetto fondamentale è costituito da:
• Ispessimento della membrana basale vasale
• Iperplasia/desquamazione endoteliale
• Fibrosi delle pareti arteriolari e venulari
• Deposizione di fibrina e materiale lipoproteico
• Trombosi
• Dilatazione aneurismatica (non costante)
44
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
dei prodotti di Amadori (prodotti della glicazione non enzimatica) che si auto-
ossidano e riarrangiano generando radicali liberi e prodotti intermedi di glicazione
avanzata (AGE), azione degli AGE (crosslinking di proteine come il collagene,
inattivazione del NO, legame agli acidi nucleici, chemiotassi leucocitaria, secrezione
di citochine e fattori di crescita, aumento della permeabilità vascolare, attività
procoagulante, stimolo alla proliferazione cellulare, stimolo alla produzione di
matrice extracellulare).
• Turbe del trasporto dell'O2: aumento dei livelli di emoglobilna glicosilata (HbA1C)
con elevata affinità per l'ossigeno (che viene ceduto con più difficoltà ai tessuti). Age
ed ipossia determinano iperplasia e dequamazione (se l'ipossia è grave) delle cellule
endoteliali. Age ed ipossia favoriscono inoltre il passaggio di proteine plasmatiche
attraverso la membrana basale e la comparsa di fibrosi parietale di arteriole e venule.
• Fattori endocrini: il tasso ematico di GH è scarsamente abbassato, nei diabetici, dal
tasso glicemico (favorisce l'ispessimento delle membrane basali, probabilmente
mediato da IGF-1)
• Condizione trombofilica: turbe della funzione piastrinica (iperaggregabilità,
iperadesività, aumentata produzione di TXA2 e diminuita produzione di PGI2),
alterazione della concentrazione dei fattori della coagulazione (aumento di I, V, VIII
e diminuzione di ATIII), ipoattività del sistema fibrinolitico (diminuzione attivatori
del plasminogeno), aumentata viscosità ematica (modificazione delle proteine
sieriche). La condizione trombofilica favorisce la trombosi microvascolare e
l'ischemia tissutale.
La macroangiopatia diabetica
E' responsabile di circa l'80% delle cause di morte nei soggetti diabetici. La malattia
coronarica, la vasculopatia cerebrale e l'arteriopatia periferica hanno una prevalenza da due
a quattro volte maggiore nei diabetici rispetto alla restante popolazione. Le cause sono
molteplici, è opportuno tuttavia ricordare la prevalenza di dislipidemia e di obesità viscerale
(aumentato rischio di malattia macrovascolare) nei pazienti con NIDDM, la glicazione non
enzimatica delle proteine che riduce il metabolismo delle LDL e favorisce l'eliminazione
delle HDL, la glicazione del collagene (il collagene glicato intrappola più efficientemente le
lipoproteine nella matrice extracellulare e favorisce l'aggregazione piastrinica), gli AGE
45
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
La nefropatia diabetica
Negli USA è la causa più comune di insufficienza renale terminale. Si presenta nel 70-80%
dei pazienti con DMT1 e nel 20-30% dei pazienti con DMT2.
La patogenesi anche in questo caso è complessa e vede l'intervento dei fattori chiamati in
causa nella micro e macroangiopatia.
Lo sviluppo della nefropatia si ha nell'arco di 25-30 anni. Si è soliti identificare cinque stadi:
ipertrofico funzionale (nefromegalia, aumento della VFG), early diabetic nephropathy
(aumento dello spesso della MBG, aumento del mesangio, microalbuminuria), nefropatia
sintomatica (macroalbuminuria, aumento della pressione arteriosa, riduzione del filtrato
glomerulare), nefropatia conclamata (glomerulosclerosi moderata, fibrosi capsulare, ialinosi
arteriolare, forte riduzione del filtrato, ulteriore aumento della pressione arteriosa,
proteinuria in range nefrosico), insufficienza renale terminale (severa glamerulosclerosi,
oligo-anuria, ipertesione maligna).
I principali fattori di progressione della nefropatia diabetica sono sostanzialmente
l'ipertenzione, il controllo glicemico non ottimale, la displipidemia, gli AGE e le infezioni.
L'oculopatia diabetica
L'opacizzazione del cristallino (cataratta) insorge con discreta frequenza e più
precocemente dei diabetici. E' legato all'ossidazione dei gruppi SH a livello del cristallino e
dalla polimerizzazione delle proteine. Anche il rigonfiamento osmotico dovuto alla
formazione di sorbitolo è importante (con l'acqua entrano ioni sodio e si ha una
precipitazione di cristalli).
Anche la retinopatia è frequente. Si tratta di un insieme di lesioni degenerative, essudative e
proliferative che possono col tempo portare sino alla cecità. Si osservano dilatazione
segmentaria dei vasi retinici, emorragie, essudati, fenomeni di neoformazione vascolare
(retinopatia proliferante).
46
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
La neuropatia diabetica
Disordine neurologico, clinico o subclinico, presente in soggetti diabetici in assenza di altre
cause di neuropatia. Colpisce il sistema nervoso periferico sia nella sua componente
somatica che autonomica. Da un punto di vista anatomopatologico è caratterizzata da danno
assonale con perdita delle fibre mieliniche ed amieliniche.. Nella patogenesi sono coinvolti
la via dei polioli (sorbitolo), la glicazione delle proteine, fattori vascolari e formazione di
radicali liberi. Il tipo più comune è una polineuropatia sensitivo-motoria (le fibre sensitive
vengono colpite per prime): parestesie, iperestesia ed iperalgesia da contatta (lenzuola,
vestiti), dolore spontaneo notturno o continuo, perdita della capacità discriminatoria, termica
e vibratoria, interessamento delle fibre motorie con paresi di alcuni limitati gruppi muscolari
(in prevalenza agli arti inferiori).
La neuropatia autonomica si manifesta in maniera piuttosto eterogenea, Segni e sintomi
comprendo: tachicardia a riposo, mancanza di variabilità del ritmo cardiaco ipotensione
ortostatica, gastroparesi, stitichezza, diarrea, vescica neurogena, disfunzione erettile,
alterazione del flusso ematico cutaneo e della sudorazione (zone di anidrosi e iperidorsi),
ischemia silente (compreso l'IMA), perdita di consapevolezza dell'ipoglicemia e mancata
risposta del sistema simpatico, pupilla di Argyll-Robertson (assenza di risposta all'impulso
luminoso della pupilla, nonostante permanga la risposta all'accomodazione).
Il piede diabetico
L'interessamento delle estremità inferiori in corso di diabete è piuttosto frequente. La
lesione tipica è l'ulcera (discontinuità di tipo aperto e di origine necrotica, non tendente alla
guarigione spontanea). I fattori causali sono diversi: ipotrofia muscolare legata ai deficit
motori, alterazione degli stimoli propiocettivi, alterata sensibilità dolorifica, alterata
sudorazione, alterazioni del macro-microcircolo, alterazioni del riflesso pressorio. Tutti
questi (ed altri) fattori favoriscono l'insorgenza di lesioni a livello plantare
(prevalentemente), in corrispondenza delle teste metatarsali (zone sottoposte a pressione
elevata). Lesioni ulcerose possono comunque presentarsi ad ogni livello degli arti inferiori
(piede ischemico) per via dell'arteriopatia obliterante.
47
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Insulina
48
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
ipoglicemizzante per 6-8 ore, per cui risulta ben lungi dal simulare il rapido incremento
fisiologico della secrezione di insulina endogena, che presenta un picco un’ora dopo il
pasto. Oggi l'utilizzo dell'insulina regolare è stato soppiantato dai nuovi analoghi ad azione
rapida (lispro, aspart, glulisina).
Le formulazioni lenta ed ed ultralenta di insulina umana non vengono più utilizzate.
L'insulina isofano (anche chiamata insulina NPH, Neutral Protamin Hagedorn; sospensione
di insulina umana e protamina) è una formulazione ad azione intermedia ancora in uso.
Analoghi dell'insulina
49
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Approximate insulin effect profiles. Meals are shown as rectangles below time axis. A,
The following relative peak effect and duration units are used: lispro/aspart, peak 20 for 4
hours; regular, peak 15 for 7 hours; NPH/Lente, peak 12 for 12 hours; Ultralente, peak 9 for 18
hours; glargine, peak 5 for 24 hours. Though Lente and Ultralente are no longer manufactured,
they are shown to give historical comparison to newer insulin analogs. ?, Injection time. B, Two
Ultralente injections given at breakfast and supper. Note overlap of profiles. C, Composite curve
showing approximate cumulative insulin effect for the 2 Ultralente injections. This composite
view is much more useful to the patient, parents, and medical personnel because it shows
important combined effects of multiple insulin injections with variable absorption
characteristics and overlapping durations.
50
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
51
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
successivo. Un interessante aspetto degli analoghi rapidi è il fatto che essi possono essere
somministrati dopo il pasto; in alcuni studi il profilo glicemico ottenuto somministrando
l'insulina lispro dopo il pasto era sovrapponibile a quello ottenuto somministrando l'insulina
prima del pasto; ciò potrebbe costituire un notevole vantaggio nei bambini molto piccoli nei
quali l'assunzione di cibo è talora imprevedibile.
L’insulina aspart e l’insulina lispro possono essere somministrate per via endovenosa e
utilizzate in alternativa all’insulina solubile nelle emergenze e in caso di interventi
chirurgici.
Recentemente è stato reso disponibile sul mercato un analogo dell'insulina ad azione lenta;
esso è ottenuto aggiungendo due molecole di arginina alla catena B e sostituendo la
asparagina in posizione 21 della catena A con una molecola di glicina. Tale analogo
dell'insulina è denominato glargina (o glargine); la sua farmacocinetìca è caratterizzata da
un lento assorbimento con assenza di picchi d'azione e una durata di circa 24 ore e
rappresenta un prezioso mezzo per assicurare il fabbisogno basale di insulina, sul quale poi
inserire la somministrazione di analoghi rapidi prima (o dopo) i pasti.
52
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Sebbene ci sia un range estremamente ampio, la media del fabbisogno di insulina tende a
rimanere stabile per tutta l'infanzia intorno a 0,6-1 U/kg/die. ma aumenta rapidamente dopo
l'inizio della pubertà a 1-1,5 U/kg/die. La pubertà è notoriamente associata a un
peggioramento del controllo metabolico. La resistenza all'insulina, caratteristica della
pubertà, può essere parzialmente spiegata con gli aumentali livelli di GH che, in condizioni
di normalità, si riscontrano durante la pubertà. Peraltro, nei pazienti con diabete di tipo I i
livelli di GH sono generalmente più elevati, rispetto ai controlli, in ciascuno stadio dello
sviluppo. Anche gli ormoni gonadici (testosterone, estrogeni) possono contribuire all'in-
sulinoresistenza tipica dell'età puberale. Non si può inoltre sottovalutare che l'età
adolescenziale si accompagna a una ridotta compliance ai regimi insulinici e alle regole
alimentari, il che rende ancora più arduo raggiungere un buon controllo metabolico.
53
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
L'iniezione dovrebbe essere eseguita nelle sedi classiche: l'addome (la sede da preferire
perché l'assorbimento è più rapido e omogeneo e perché risente meno dell'attività fisica); la
parte anteriore delle cosce; i glutei (il quadrante laterale esterno); la parte laterale delle
braccia (non raccomandabile nei bambini della prima infanzia per il rischio di eseguire la
iniezione per via intramuscolare). L'iniezione dovrebbe essere eseguita iniettando per alcuni
giorni nello stesso sito distanziando le sedi della somministrazione al fine di prevenire la
lipodistrofia (in verità evento meno frequente con le nuove insuline più purificate).
La tecnica d'iniezione dovrebbe permettere all'insulina di raggiungere il tessuto
sottocutaneo: utilizzando gli aghi da 8 mm l'angolo di somministrazione dell'ago dovrebbe
essere di circa 90°; tuttavia, nei bambini più piccoli o molto magri anche con questi aghi è
prudente ottenere un angolo tra 45° e 90°. Se si usano aghi più lunghi (per esempio da 12.7
mm). può essere opportuno inserire l'ago con un angolo tra 45° e 90° anche nei bambini più
grandicelli.
54
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
55
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
necessario che il paziente sia motivato e desideri collaborare attivamente con il team
diabetologico. conosca il conteggio dei carboidrati, sia in grado di comprendere la
tecnologia e le funzioni del microinfusore e di trasformare in comandi per il microinfusore
gli eventi quotidiani ed esegua almeno 4 glicemie al giorno.
Regimi di somministrazione
I livelli plasmatici di insulina nel soggetto normale sono variabili e determinati da una
secrezione basale con aumenti in corrispondenza dei pasti. Nel soggetto diabetico la
somministrazione esogena di insulina tende a mimare questo comportamento pur non
potendo replicare esattamente le fluttuazioni fisiologiche.
Le insuline premiscelate sono utilizzate frequentemente in alcuni Paesi, in particolare nei bambini piu’
piccoli o in quegli adulti che praticano due somministrazioni quotidiane di insulina (quota ormai molto
ridotta di pazienti). Sebbene queste insuline riducano errori potenziali nel dosaggio della insulina e nella
miscelazione, esse non permettono la flessibilità della terapia insulinica che si ha quando si aggiustano le
dosi dei due tipi di insulina separatamente. Questa flessibilità è utile particolarmente nei bambini che hanno
una assunzione dei cibi variabile. Non è chiaro se le insuline premiscelate siano meno efficaci nei bambini
piccoli, ma vi è evidenza scientifica che nell’età adolescenziale il loro uso possa determinare un peggior
controllo metabolico. Le insuline premiscelate sono più comunemente usate nelle penne. Le insuline
premiscelate possono essere utili quando la compliance (o la aderenza) al regime insulinico può diventare un
problema.
56
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
La scelta del regime di terapia insulinica dipende da molti fattori quali: età, durata del
diabete, stile di vita (alimentazione, scuola, impegni di lavoro, eccetera), obiettivi del
controllo metabolico e, in modo particolare, le caratteristiche e le preferenze del bambino e
della famiglia.
Almeno due iniezioni di insulina al giorno devono essere consigliate nei bambini piccoli con
diabete. Solo occasionalmente, soprattutto nella fase di remissione parziale, una
somministrazione al giorno può essere sufficiente per ottenere un soddisfacente controllo
metabolico, fatta con analogo lento per mantenere l'insulinizzazione basale (fase di “luna di
miele” cioè remissione parziale o totale della malattia, transitoria).
Non esiste uno schema standard di terapia insulinica, e i programmi terapeutici variano da
persona a persona, e devono essere ritagliati proprio come un abito fatto su misura per
ognuno, considerando abitudini alimentari, condizioni di vita, attività lavorativa, esercizio
fisico, ecc. Alcuni regimi frequentemente utilizzati:
Lo schema che più fedelmente riproduce la secrezione insulinica del pancreas è la terapia
insulinica “multiiniettiva” (somministrazioni multiple), che prevede la somministrazione di
boli di insulina ad azione rapida o ultrarapida ai pasti per rispondere all’introduzione di cibo
(boli prandiali) e la somministrazione di singole o multiple iniezioni di insulina ad azione
57
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Gli aggiustamenti della dose di insulina, alla diagnosi di diabete, dovrebbero essere fatti fino
a quando non sono raggiunti valori accettabili di glicemia. Se la misurazione frequente della
glicemia non è realizzabile, la valutazione di glicosuria e chetonuria è utile soprattutto per
definire il controllo metabolico durante la notte.
Nei periodi successivi alla diagnosi, con i regimi a 2 somministrazioni gli aggiustamenti
della dose sono generalmente basati sulla valutazione delle glicemie di una giornata o di
alcuni giorni, oppure tenendo conto delle risposte glicemiche alla assunzione di cibo o al
58
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Il fenomeno alba si riferisce all'aumento della glicemia nelle prime ore del mattino
(generalmente intorno alle 05.00) prima di svegliarsi. Nei soggetti non diabetici i
meccanismi che determinano questo fenomeno sono costituiti dall'aumento della produzione
di ormone della crescita e di cortisolo, aumento della resistenza insulinica ed aumento della
produzione epatica di glucosio. Questi meccanismi sono particolarmente determinanti
durante lo sviluppo puberale. In soggetti con diabete di tipo 1, l'iperglicemia a digiuno è
prevalentemente determinata dalla progressiva riduzione dei livelli di insulina,
determinando un “fenomeno alba" particolarmente rilevante.
La correzione della iperglicemia a digiuno può richiedere un aggiustamento del regime
insulinico al fine di fornire livelli di insulina adeguati durante la notte ed il primo mattino,
ad esempio utilizzando insulina ad azione intermedia o analogo lento somministrata più
tardi alla sera o subito prima di andare a letto;
Il fenomeno di Somogyi è invece una condizione che si verifica alle dosi eccessive di
insulina e si manifesta con una ipoglicemia seguita da una iperglicemia reattiva derivante
dalla secrezione di ormoni antagonisti in risposta all’ipoglicemia.
Il paziente durante la fine della notte o di mattina presto ha una crisi ipoglicemica con
sudorazione, incubi e cefalea alternati a chetosi, iperglicemia, chetonuria e glicosuria.
In questi casi è necessario diminuire la dose di insulina.
Come si fa a distinguere i 2 fenomeni:
• La glicemia alle alle 3-4 di notte è > 80 mg/dl e si mantiene maggiore anche alle 7
del mattino. Siamo difronte all’effetto alba. Si può quindi ritardare la
somministrazione serale di insulina di 2-3 h e/o aumentarne la dose in modo che il
picco venga ritardato e coincida con l’effetto alba. Si evita in questo modo
l’incremento della glicemia.
• La glicemia alle 3-4 di notte è di 60 mg/dl o minore (ipoglicemia) e alle 7 del mattino
ritorna l’iperglicemia. Questa volta ci troviamo difronte al fenomeno Somogyi ed è
59
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Il periodo della luna di miele è una condizione che si sviluppa dopo l’inizio della terapia
insulinica al momento della diagnosi e che dura da 1-3 mesi fino a 2 anni. Questa
condizione è caratterizzata da una diminuzione del fabbisogno di insulina (a volte sino a
rendere possibile la sospensione delle iniezioni sottocutanee). Infatti le cellule β
sopravvissute (ormai non più del 10-20%), in virtù della terapia insulinica che corregge
l’iperglicemia, non essendo più “stressate” riacquistano la capacità di sintetizzare e liberare
insulina (come evidenziato dall’aumento del c-peptide). In questa fase l’Hb glicosilata può
tornare a valori normali. È, purtroppo, una condizione solo provvisoria inquanto alla fine di
tale periodo anche le ultime cellule β perdono la capacità di sintetizzare e liberare insulina.
La ricerca nel settore della terapia insulinica è molto fervida; soprattutto si cerca di
realizzare insuline che siano somministrabili in modo atraumatico. Nuove vie di
somministrazione attualmente in fase di studio comprendono quella orale, respiratoria
(inalatoria), nasale e transdermica. La somministrazione orale d'insulina non è ancora
realizzabile a causa dei processi digestivi che rendono il peptide metabolicamente inattivo
nello stomaco. Di grande interesse è la somministrazione d'insulina orale nel tentativo di
agire sul processo immune nei soggetti a elevato rischio di sviluppare diabete, come i
familiari delle persone già affette da diabete. Nei prossimi anni sono attesi i risultati dei
trials clinici attualmente in corso. L'insulina somministrata per via inalatoria ha
recentemente destato grande interesse: gli alveoli polmonari sono molto vascolarizzati ed
espongono un'ampia superficie sulla quale l'insulina può distribuirsi. Studi preliminari
hanno dimostrato un effetto ipoglicemizzante dell'insulina somministrata per via inalatoria,
ma altri studi sono necessari per avere risultali definitivi applicabili alla routine clinica
quotidiana, specialmente nei bambini. Anche la terapia combinata d'insulina e agenti
ipoglicemizzanti orali del gruppo delle sulfaniluree e biguanidi ha sollevato un certo
interesse come mezzo per ridurre le dosi di insulina e migliorare il controllo metabolico.
60
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Attualmente, non vi sono studi nell'età evolutiva che convalidino questa ipotesi, per cui
queste combinazioni non dovrebbero essere usate nei bambini.
Controllo e follow-up
Il follow-up raccomandato nei bambini e adolescenti con diabete mellito di tipo I include:
• valutazioni trimestrali (altezza, peso, BMI, stadio puberale, pressione arteriosa);
• valutazioni annuali (colesterolo totale, colesterolo HDL, trigliceridi. creatinina,
funzionalità tiroidea, autoanticorpi anti-tiroide. markers sierologici di malattia
celiaca, immunoglobuline);
• valutazioni dopo cinque anni dall'esordio: fotografìa del fundus e fluoroangiografia
(per valutare la presenza di retinopatia, da ripetere ogni tre anni in caso di normalità),
escrezione urinaria di albumina (per valutare la presenza di nefropatia, a scadenza
annuale), esami neurologici e per la funzione neurovegetativa (a scadenza triennale).
61
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
62
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Fruttosamina
L'alimentazione del bambino diabetico è sostanzialmente simile a quella del bambino non
diabetico ed ha come obiettivi :
• accrescimento armonico
• peso ideale
• attività fisica normale
La combinazione con le dosi di insulina deve consentire un controllo ottimale della
glicemia.
CARBOIDRATI 55%
Solo per il 10% rapidi (mono e disaccaridi) e per la maggior parte complessi (es amido)
perché richiedono una digestione ed un assorbimento di lunga durata in modo che la
glicemia aumenta lentamente. Importante inoltre usare sempre dolcificanti vari e non
sempre i soliti. Mai il sorbitolo e lo xilitolo perché sono prodotti della via dei polioli
coinvolti in alcune complicanze del diabete.
63
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
• Un regime di più iniezioni di analoghi dell’insulina ad azione rapida prima dei pasti
permette un approccio più flessibile e dinamico per quel che riguarda l’equilibrio tra
insulina e carboidrati assunti.
• La maggior parte dei regimi insulinici richiede l’assunzione di carboidrati prima di
coricarsi per prevenire l’ipoglicemia notturna.
• Con un’intensificazione dell’attività fisica e della pratica sportiva ci sarà bisogno di
un consumo di extra carboidrati complessi prima, durante e dopo tali attività per
riequilibrare il bisogno di calorie e prevenire l’ipoglicemia.
LIPIDI 30%
I lipidi totali devono rappresentare il 30% delle calorie giornaliere fino ai 20 anni (25%
nell'adulto). I lipidi saturi ( contenuti negli alimenti di origine animale) dovrebbero essere
ridotti a meno del 10% delle calorie totali. I lipidi monoinsaturi (olio d'oliva) e poliinsaturi
(olii di seme e pesce) devono rappresentare rispettivamente il 12-14% e il 6-8% delle calorie
giornaliere. Contemporaneamente alla riduzione dei lipidi saturi si deve associare una
riduzione del colesterolo alimentare fino ad un massimo di 100 mg/1000 Kcal (per l'eta'
pediatrica).
PROTEINE 10-13%
Negli ultimi anni l'assunzione di proteine nei Paesi ad elevato livello economico è andata
progressivamente aumentando. In particolare tale aumento ha riguardato le proteine di
origine animale il cui introito è inevitabilmente accompagnato da grassi saturi.
Si raccomanda un apporto mediamente del 10% delle calorie totali; apporti superiori (fino al
13%) sono consigliati dal 10° al 17° anno di vita. Il rapporto ideale fra proteine animali e
vegetali deve essere quantomeno uguale a 1.
Un apporto corretto di proteine deve essere a maggior ragione indicato per il soggetto
affetto da diabete poichè l'eccessivo carico di aminoacidi determina un considerevole
aumento di filtrato glomerulare. Una dieta iperproteica prolungata nel tempo favorisce
sicuramente la comparsa di alterazioni prima funzionali e poi degenerative che conducono
all'insufficienza renale cronica. Quando si è in presenza di una persistente
microalbuminuria, pressione alta o nefropatia conclamata il consumo di proteine può essere
dannoso e per questo deve essere il più basso possibile.
64
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
Fonti di proteine come fagioli, legumi, lenticchie sono povere di grassi, ricche di fibre e di
carboidrati complessi e ne va incoraggiato il loro consumo, ma sono difficili da proporre se
non fanno già parte dell’alimentazione del posto.
DISTRIBUZIONE CALORICA
La distribuzione calorica più in linea con le abitudini della nostra popolazione è la seguente:
Percentuale delle calorie totali Pasto
15% colazione
5% spuntino
40% pranzo
5% spuntino
35% cena
65
Claudio Martinelli - Il diabete mellito in pediatria -
In alcuni casi (lungo intervallo fra iniezione del mattino e pranzo) puo' essere utile
consigliare una doppia merenda al mattino, sottraendo un 5% delle calorie da quelle del
pranzo. Alcuni non ritengono fisiologico somministrare di regola alimenti prima di andare a
letto allo scopo di evitare ipoglicemie notturne; è preferibile un più corretto adattamento
della dose di insulina.
ESERCIZIO FISICO
Non va negato. La contrazione muscolare rende necessario un adattamento cardiovascolare,
respiratorio, endocrino e neuronale, per fornire una maggiore quantità di ossigeno e di
substrati energetici ai muscoli e per rimuovere i prodotti di scarto. Nel soggetto diabetico
l'esercizio fisico regolare, di lieve o moderata intensità, determina una migliore utilizzazione
del glucosio e consente di abbassare i livelli di grassi (colesterolo e trigliceridi) nel sangue.
È necessario fare tuttavia attenzione alle possibili crisi ipoglicemiche durante o alcune ore
dopo l’esercizio fisico. Ogni diabetico deve controllare la propria risposta personale
all'attività fisica misurandosi la glicemia prima, durante e dopo l'esercizio fisico. È chiaro
che la somministrazione d’insulina verrà modificata in funzione delle esigenze.
66