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Norma [modifica]
La legge 431/85 è la prima normativa organica per la tutela dei beni
naturalistici ed ambientali in Italia, mentre la prima legge per la tutela del
paesaggio è la 1497/39.
La legge Galasso si preoccupa di classificare le bellezze naturalistiche in base
alle loro caratteristiche peculiari suddividendole per classi morfologiche.
L’azione di tutela all’interno delle aree individuate secondo le direttive della
legislatura non esclude totalmente l’attività edificatoria, ma la sottopone
all’approvazione degli enti preposti alla tutela, nonché al Ministero del Beni
Culturali ed Ambientali. Nel caso di abusi non è inoltre prevista la possibilità di
ottenere concessioni edilizie in sanatoria, unitamente alle sanzioni pecuniarie
è previsto il ripristino dello stato dei luoghi a carico di colui che commette
l’abuso.
Le regioni vengono obbligate alla redazione di un Piano Paesistico che tuteli il
territorio e le sue bellezze, in particolare i piani devono porre la totale
inedificabilità in: aree alpine al di sopra dei 1600 metri, aree appenniniche al di
sopra dei 1200 metri, a distanza di 300 metri dalla riva di mari e laghi e 150
metri dalle sponde di fiumi e torrenti, sui vulcani, nelle paludi, in aree di
interesse archeologico, università di agraria ed aree per il rimboschimento o
incendiate. Tutte le aree individuate dalla Galasso sono sottoposte alla
giurisdizione demaniale.
La legge Galasso ristabilisce inoltre gli usi civici diritti d’uso gratuiti che
spettano agli appartenenti ad una stessa comunità (es.: godere di un pascolo,
utilizzare i frutti di un bosco, fare legna, ecc.). la nascita di tali diritti affonda le
radici in tempi medievali, in tempi moderni hanno perso di attualità, per cui i
proprietari possono affrancare le aree gravate da questi diritti cedendo parte
dell’area alla comunità o pagando.
inq. elettromagn
Varie leggi specificano i limiti per i campi elettromagnetici, vedi per esempio:
[1].
La legge quadro 36/01 [2] prevede per le intensità dei campi:
(1) un limite di esposizione;
(2) un valore di attenzione;
(3) un obiettivo di qualità.
Il limite di esposizione è il valore che non deve mai essere superato per le
persone non professionalmente esposte (quindi il pubblico).
Il valore di attenzione si applica, in pratica, agli ambienti residenziali e
lavorativi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e loro
pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi,
terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari. Sono quindi escluse, ad esempio,
strade e piazze, per le quali si applica il limite di esposizione. L'obbiettivo di
qualità è un valore che dovrebbe essere raggiunto nel caso di nuove
costruzioni.
Per i campi ad alta frequenza (da 0,1 MHz a 300 GHz) il limite di esposizione
previsto dal DPCM 199/2003 è compreso fra 20 V/m e 60 V/m a seconda
della frequenza. Il valore di attenzione e l'obbiettivo di qualità sono invece di
soli 6 V/m, valori molto più bassi di quelli previsti in altre nazioni. Trattandosi
di campi ad alta frequenza non è necessario specificare a parte il valore del
campo magnetico, essendo questo semplicemente proporzionale a quello
elettrico. Da notare che questi valori si applicano alle stazioni radio base e
non ai dispositivi mobili come i cellulari, per i quali non esiste una normativa. A
titolo di esempio, un cellulare con una potenza tipica di 1 W crea un campo di
circa 6 V/m a un metro di distanza e di 60 V/m a 10 cm.
Per la tabella con i valori si veda [3]
Esistono sia limiti da misurare sul singolo impianto sia limiti puntuali che
riguardano il campo totale, generato da più impianti. Tuttavia, non sono
previste sanzioni per gli impianti che superano i limiti di legge, ma che
contribuiscono a generare una somma di campi magnetici superiori al limite
per un'area abitata. L'adeguamento degli impianti è imposto da province e
regioni ed è a carico del titolare dell'impianto.
Per i campi a frequenza industriale (50 Hz) ossia quelli generati dalle linee
elettriche e cabine di trasformazione, il DPCM 8 luglio 2003 n° 200 prevede
un limite di esposizione di 100 µT per l'induzione magnetica e 5000 V/m per il
campo elettrico; lo stesso DPCM fissa un valore di attenzione per l'induzione
magnetica a 10 µT e per l'obbiettivo di qualità a 3 µT. Questi limiti vanno
applicati, come per le alte frequenze, a tutti i luoghi ad alta frequentazione e
dove si prevede una permanenza non inferiore alle quattro ore giornaliere ma,
rispettivamente, per le condizioni preesistenti alla data di emanazione del
DPCM e, relativamente all'obbiettivo di qualità, ai nuovi progetti successivi a
tale data.
legge galli
Di servizio idrico integrato si parla per la prima volta in Italia nella nella
cosiddetta Legge Galli (l. num.36 del 5 gennaio 1994), recante Disposizioni in
materia di risorse idriche, in cui viene descritto all'articolo 4 come "costituito
dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di
acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue"; tale
servizio va gestito all'interno di Ambiti Territoriali Ottimali.
Nel 2006, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia
ambientale abroga la Legge Galli e ridefinisce il servizio pubblico integrato
come "costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e
distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque
reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed
economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie".[1]
Il gestore di tale servizio deve quindi curare la gestione, nel proprio territorio di
competenza, di:
Acquedotto: captazione, adduzione e distribuzione delle risorse idriche per
utenze domestiche
utenze pubbliche (ospedali, caserme, scuole, stazioni ...),
utenze commerciali (negozi, alberghi, ristoranti, uffici...)
utenze agricole
utenze industriali (quando queste non utilizzino impianti dedicati)
Fognatura: raccolta e convogliamento delle acque reflue nella pubblica
fognatura.
Depurazione: trattamento mediante impianti di depurazione delle acque reflue
scaricate nella pubblica fognatura.[2]
dlgs 152/1999