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Anima e cuore di Napoli, artista dalla mimica eccezionale, maestro dell’improvvisazione con un

repertorio di battute irresistibili entrate nella lingua parlata, sottovalutato in vita, riscoperto e
osannato dopo la morte, Antonio De Curtis, in arte Totò, è considerato il più grande comico
italiano. Il principe della risata nasce a Napoli il 15 febbraio 1898. La mamma, Anna, è una
popolana; il padre, Giuseppe De Curtis, è un nobile spiantato e la sua famiglia è contraria all’unione
con una donna di umili origini. Per questo Anna e Giuseppe si sposano solo nel 1921 e il nobile
riconosce il figlio dopo molto tempo. Totò ne soffrirà sempre. I titoli gentilizi gli derivano invece dal
marchese Francesco Maria Gagliardi, che lo adotta nel 1933. All’educazione del piccolo e vivace
Antonio pensa la madre, che lo chiama affettuosamente Totò. Poco interessato agli studi, che
abbandona presto, Totò è irresistibilmente attratto dalla vita che pulsa nei vicoli del rione Sanità,
dove è nato. La sua passione è il teatro. Si esibisce sin da giovanissimo, proponendo imitazioni e
macchiette. È a Roma, città nella quale si è trasferito nel 1922, che ha occasione di mettere in
mostra il proprio talento. Diventato capocomico nella compagnia di Achille Maresca, porta in giro
per l’Italia diverse riviste. Arriva il successo, che gli apre le porte del cinema. Dopo un inizio
stentato, gli anni Cinquanta lo consacrano definitivamente a star del mondo della celluloide…

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Dialogo tratto dal film Totò, Peppino e la malafemmina


da ADESSO-audio di aprile 2007

Peppino: Ma si può sapere che c’hanno da ridere?


Totò: Chi?
P.: Ridono.
T. : E per forza. Tu ti sei mai visto in uno specchio? Bravo, Peppino, tu vestito, da milanese, sei
ridicolo.
P. : Ah, perché tu no!?
T. : E che c’entra, io so’ evoluto io.
P. : Intanto Mezzacapa, eh? disse che a Milano faceva freddo, che c’era la nebbia.
T. : Embe’?
P. : E dove sta questa nebbia?
T. : Ma scusa, cosa disse Mezzacapa? Quando c’è la nebbia non si vede. La nebbia c’è e non si
vede.
P. : E non si tocca. E intanto io sento caldo.
T. : Ma non dire sciocchezze. A Milano fa freddo.
P. : Eppure io sento caldo.
T. : E sarà un freddo caldo. Che vuoi che ti dica!
Vittoria Crispo.: Sentite andiamo all’albergo, io non ne posso più, mi sento morire dal caldo.
P. : E andiamo, andiamo.
T. : Andiamo all’albergo. Questo caldo io non lo sento.
V. : Ah, non lo senti?
T. : No, a Milano non può fare caldo.

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