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URBANISTICA

FONDAMENTI

Urbanistica 1
Le competenze urbanistiche sono ripartite tra diversi enti territoriali.

a. lo STATO ha una serie di competenze che sono contigue alla materia


urbanistica:
- in materia di opere pubbliche, esercitata attraverso il Ministero dei Lavori
Pubblici
- in materia di Ambiente e Beni Culturali (ministeri opposti).

b. la REGIONE ha competenze piuttosto ampie:


- dare linee di indirizzo e di programmazione generale (tramite leggi
regionali);
- adottare il Piano Territoriale di Coordinamento;
- approvare i Piani Regolatori Comunali.

c. la PROVINCIA ha il compito di adottare il Piano Territoriale di Coordinamento

d. il COMUNE ha competenze più ampie e importanti sul piano operativo:


- il Consiglio Comunale adotta i piani urbanistici;
- il Sindaco rilasciale concesioni edilizie;
- la Commissione Edilizia Comunale è un organo consultivo, il suo compito
è quello di dare pareri all’autorità comunale.

e. le COMUNITA’ MONTANE (enti locali, istituiti dalla regione, che comprendono


più comuni, posti in un territorio montuoso) elaborano piani urbanistici per il
loro territorio.

I piani urbanistici sono documenti di programmazione, adottati da un’ autorità


pubblica, che hanno lo scopo di determinare l’assetto di una porzione del territorio.
Sono coercitivi, cioè impongono regole di comportamento.
Il sistema della pianificazione urbanistica è organizzato in modo gerarchico:
• al vertice ci sono i PIANI TERRITORIALI DI COORDINAMENTO, redatti per il
rispettivo territorio dalle Regioni e dalle Province, sulla base degli indirizzi di
politica urbanistica stabiliti dalle leggi regionali; hanno valore a tempo
indeterminato (sono, cioè, atemporali).
• In posizione subordinata vi sono le varie specie di PIANI COMUNALI (PRG, Piano
Intercomunale, Programma di Fabbricazione) redatti dai comuni sulla base delle
indicazioni contenute nei piani territoriali di coordinamento e approvati dalle
regioni: sono anch’essi atemporali.
• Alla base vi sono gli STRUMENTI ATTUATIVI (piani particolareggiati di
esecuzione e piani di lottizzazione), redatti dai Comuni sulla base delle
indicazioni contenute nei piani regolatori; la loro efficacia è temporale.

TECNICA URBANISTICA
NORME GENERALI DI PIANIFICAZIONE URBANISTICA

1. P.T.C. – PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO

Urbanistica 2
E’ un piano di indirizzo per un’applicazione coordinata di interventi e per uno
svolgimento orientato di attività costruttive e produttive in un dato territorio. E’ di
iniziativa statale e viene approvato dal Presidente della Repubblica.
Il P.T.C. dispone:
a) zone di nuovo insediamento: residenziale, industriale, agricolo, ecc;
b) impianti di particolare natura ed importanza e zone soggette a avincoli
industriali;
c) reti stradali, ferroviarie, navigabili, ecc;

2. P.T.P. – PIANO TERRITORIALE PAESISTICO


E’ un piano speciale inteso atutelare comprensori notevoli per bellezza naturale e per
interesse ambientale. Viene compilato dalla Soprintendenza ai Monumenti ed
approvato dal Ministro per la pubblica Istruzione.
Il P.T.P. dispone:
a) i vincoli cui è soggetta la fabbricazione;
b) disciplina di zone che debbono conservare o assumere determinati aspetti;
c) rispetto di alberature e di altre particolarità del paesaggio.

3. P.G.B. – PIANO GENERALE DI BONIFICA


E’ un piano speciale che definisce le direttive delle opere per un’organica
trasformazione dell’agricoltura secondo un nuovo ordinamento produttivo. Viene
compilato dal Consorzio di Bonifica e viene approvato dal Ministro dell’Agricoltura e
Foreste, d’intesa con il Ministro dei Lavori Pubblici.
Il P.G.B. definisce:
a) tipi e carattere delle opere di competenza statale, con particolare riguardo a
quelle necessarie per il riassetto idro-geologico del terreno;
b) delimitazione delle zone in rapporto alle caratteristiche colturali;
c) arre da riservare alle attrezzature residenziali e relativi servizi.

4. P.R.I.- PIANO REGOLATORE INTERCOMUNALE


E’ un poano che deve assicurare il coordinamento delle attività urbanistiche di due o
più comuni contermini. Il Ministro dei Lavori pubblici stabilisce quale Comune debba
provvedere all’elaborazione del P.R.I.
Il P.R.I. disciplina gli stessi elementi del P.R.G. di interesse comune ai comuni del
comprensorio.

5. P.R.G. – PIANO REGOLATORE GENERALE (comunale)


E’ un piano direttivo per l’assetto e lo sviluppo coordinato delle attività costruttive
pubbliche e private, nell’ambito di un singolo comune.
E’ esteso a tutto il territorio Comunale ed è valido a tempo indeterminato. Il P.R.G.
disciplina:
a) divisione del territorio in zone, sia in rapporto alla rispettiva funzione che in
rapporto alle inerenze caratteristiche fabbricative;
b) aree da assoggettare a speciali vincoli ed aree da riservare ad edifici pubblici od
altre attrezzature di pubblico interesse;
c) viabilità ordinaria ed altre vie di comunicazione.

6. P.P.E. – PIANO PARTICOLAREGGIATO DI ESECUZIONE


Urbanistica 3
E’ un piano attuativo del P.R.G. per la realizzazione di prigrammi circoscritti a
determinate zone e limitati ad un periodo di tempo (non superiore a 10 anni).
Il P.P.E. determina:
a) aree chedebbono essere espropriate per spazi e per impianti pubblici;
b) aree vincolate per motivi di pubblico interesse;
c) aspetti fabbricativi generali e particolari delle aree riservate all’edilizia (con
lottizzazioni per le zone di ampliamento ed eventuali comparti edificatori per le
zonee da risanare).
Il P.P.E. è integrato da un pianofinanziario e dall’elenco catastale delle proprietà da
espropriare o da vincolare.

7. P.R.A. – PIANODI RICOSTRUZIONE DI ABITATI


I piani di ricostruzione degli abitati sono istituiti con leggi speciali e possono
riguardare:
a) ricostruzione di abitati danneggiati in seguito ad eventi bellici;
b) ricostruzione di abitati terremotati;
d) trasferimento e consolidamento di abitati soggetti a movimenti franosi o ad
alluvioni.

8. P.F.A. – PROGRAMMA DI FABBRICAZIONE DI ABITATI


E’ un piano che deve assicurare l’ordinamento fabbricativi di un abitato (è obbligatorio
per i comuni sprovvisti di P.R.G.).
Il P.F.A. determina:
a) limiti delle zone in ordine alle rispettive caratteristiche fabbricative;
b) tipi edilizi propri di ciascuna di dette zone;
c) eventuali direttrici di espansione.

9. R.E.C. – REGOLAMENTO EDILIZIO COMUNALE


E’ un compendio di norme regolatrici dell’attività costruttiva edilizia, valevoli per il
territorio di ciascun comune.
Il R.E.C. disciplina:
a) procedura per le autorizzazioni a costruire;
b) sviluppo volumetrico degli edifici;
c) aspetto estetico delle costruzioni;
d) aspetti igienici interessanti i diversi tipi e le varie parti di fabbricati;
e) cautele da adottare per la stabilità delle costruzioni e per lo svolgimento dei
lavori;
f) esercizio del controllo sulle costruzioni ed adozione di sanzioni.

ZONIZZAZIONE (o AZZONAMENTO) – Suddivisione di un territorio in zone secondo la


rispettiva destinazione (zonizzazione funzionale); od anche suddivisione di un
territorio in zone secondo le rispettive caratteristiche edilizie (zonizzazione
fabbricativa).

LOTTIZZAZIONE – Suddivisione di un isolato o di una superficie riservata


all’edificazione secondo lotti fabbricabili che consentano costruzioni conformi ai tipi
edilizi ammessi nella zona.

Urbanistica 4
COMPARTO EDIFICATORIO – Compendio di una proprietà od unità catastali da
ricomporre unitariamente secondo i tipi edilizi ammessi nella zona.
VARI TIPI DI COMPARTI IN SETTORI DESTINATI A NUOVI QUARTIERI
RESIDENZIALI STANDARDS URBANISTICI E DENSITA’ DERIVANTI DALLA
LORO APPLICAZIONE

Definizione di comparto
Un comparto è un’area i cui proprietari si consociano volontariamente oppure
obbligatoriamente per realizzarvi quanto previsto dal P.R.G. o dal P.P.E.

Ragioni del comparto


1. evitare squilibri nei valori commerciali di aree destinate all’edilizia ed aree
contigue destinate a parco, strade o servizi;
2. consentire una progettazione urbanistica ed edilizia più libera, non vincolata da
confini preesistenti tra singole proprietà confinanti;
3. ridurre o annullare l’aggravio derivante ai bilanci comunali da nuove
urbanizzazioni.

Comparti obbligatori
Si hanno con l’applicazione dell’art. 23 della Legge Urbanistica.

Comparti volontari
Si hanno quando un privato o gruppi di privati avanza domanda di urbanizzazione
sulle proprie aree nel rispetto del P.R.G., delle Norme di Attuazione e dei Minimi
Standards Urbanistici.

Definiamo 4 tipi di comparto:


I tipo: i comparti contengono sono “zone edificabili” con edifici residenziali, strade di
lottizzazione e servizi di vicinato.
Generalmente poco conveniente. Si usa quando il comune ha tutti i mezzi
finanziari per fornire ad ogni nuova urbanizzazione tutte le aree per tutti i servizi di
quartiere, di settore e generali per creare detti servizi, per mantenerli nel tempo. Si
può accollare ai privati soltanto:
a) la costruzione di strade e di lottizzazione, con relative fognature ed
illuminazione;
b) la realizzazione del verde stradale e di cortile;
c) la manutenzione di detti servizi di vicinato.

II tipo: i comparti contengono “zone edificabili” più “zone per servizi di quartiere” nella
dovuta proporzione.
Più conveniente del I tipo, ma non risolvente. Il comune deve avere ancora i
mezzi per creare e mantenere i servizi di settore e generali. Si può accollare ai privati
quanto detto per il I tipo, ed inoltre:
d) costruzione delle strade principali di quartiere, degli impinati sportivi e di gioco
di quartiere, con impianti d’acqua, fognatura, illuminazione;
e) la manutenzione di detti servizi di quartiere;
f) la cessione al Comune di aree per scuole, mercati, biblioteche, ecc.

III tipo: i comparti contengono sempre, in giusta proporzione, “zone edificabili” più
“zone per servizi di quartiere” più “zone per parchi di settore”. Può essere
sistematicamente adottato in tutte le città in sensibile espansione.

Urbanistica 5
PIANO PIANO REGOLATORE ALTRI STRUMENTI
REGOLATORE PARTICOLAREGGIATO URBANISTICI
GENERALE P.P.E.
P.R.G.
a. schema a. planimetria del piano Per i programmi di
regionale regolatore generale fabbricazione:
b. planimetria rapp. relativa alla quota di planimetria in scala
1:10.000 oppure territorio che 1:10.000 o 1:5.000 del
1:5.000 con interessa il piano territorio comunale con
l’indicazione particolareggiato; l’indicazione delle zone
ELABORATI dello stato di b. planimetria delle di espansione e delle
fatto esistente proposte di piano zone abitative esistenti.
GRAFICI c. planimetria particolareggiato Per comparti edilizi, i
1:10.000 oppure designata su mappe piani di lottizzazione, i
1:5.000 con le catastali che illustri piani plano-volumetrici:
previsioni del la natura e la portata gli elaborati di cui ai
piano e cioè: dei vincoli e delle punti b e c dei P.P.E. con
divisione in zone limitazioni e le indicazioni dettagliate.
del territorio caratteristiche delle
comunale; rete zone destinate
viaria all’edificazione.
riorganizzata; c. Profili regolatori, tipi
indicazione delle architettonici, sezioni
aree per edifici in stradali, tipi di
scale minori.. alberatura.
a. relazione a. relazione illustrativa a. relazione
illustrativa b. documentazione illustrativa
b. documentazione fotografica b. documentazione
fotografica c. elementi catastali fotografica
c. tabelle e dati delle proprietà da c. descrizione dei
ATTI relativi alle espropriare e da tipi edilizi
ELABORATI analisi vincolare ammissibili ( per
d. norme d. piano finanziario i programmi di
urbanistico- contenente la stima fabbricazione)
edilizie di delle indennità di
attuazione espropriazione e di
e. piano finanziario vincolo e delle opere
contenente la da realizzare entro il
stima degli perimetro del P.P.E.
espropri e e dei mezzi finanziari
l’indicazione dei per provvedere alla
mezzi finanziari spesa.
occorrenti solo
nel caso che il
Comune intenda
provvedere
all’esproprio di
zone di
espansione, fino
dall’approvazione
del P.R.G. ai
sensi dell’art. 18
della legge
urbanistica
Delibera di adozione del Delibera di adozione del Delibera di adozione
piano; osservazioni piano; Nel caso di programmi di
raccolte durante la opposizioni raccolte durante fabbricazione la delibera
ATTI pubblicazione; la pubblicazione; di adozione si riferirà al
AMMINISTRATIVI delibera con le deduzioni delibera con le deduzioni alle Regolamento edilizio di
alle osservazioni opposizioni cui il programma è parte
integrante ( o ne diviene
il completamento) in
Urbanistica 6
mancanza di P.R.G.

COSTRUZIONI
ZONE AMMESSE
AMMESSE
CONDIZIONATAMENTE
Abitazioni in genere Negozi, uffici, piccoli campi di
Abitazioni di tipo intensivo gioco per bambini, autorimesse e
ZONE RESIDENZIALI Abitazioni di tipo tutti i servizi necessari al vicinato
semintensivo
Abitazioni di tipo estensivo
Uffici in genere Abitazioni in genere
ZONE DEGLI AFFARI
Grandi magazzini
(commerciali ed
Negozi
amministrativi)
Luoghi di ritrovo
ZONE INDUSTRIALI Fabbricati industriali e uffici Alloggi per il solo personale di
(industrie pesanti e relativi custodia e di guardia
leggere, ferrovie e porti, Magazzini
magazzini e depositi Depositi generali
generali)
ZONE DEI SERVIZI Attrezzature di quartiere Alloggi pertinenti
URBANI Attrezzature generali
(scuole, chiese, mercati, cittadine
ospedali, parchi, ecc.)
Fabbricati ed abitazioni per Luoghi di riunione, scuole,
uso agricolo e rurale istituzioni assistenziali e sanitarie,
ZONE RURALI
limitatamente alle esigenze chiese
della costruzione del fondo

QUARTIERI RESIDENZIALI: ORIENTAMENTO

ZONE RESIDENZIALI:
classificazione delle aree rispetto all’intensità di utilizzazione edilizia
DENSITA’
TERRITORIALE DI
POPOLAZIONE NEI
EDILIZIA QUARTIERI
PREVALENTE NEL CARATTERISTICHE RESIDENZIALI
QUARTIERE COMPLETI DI
SERVIZI (abit/ha)
Min. Max.
EDILIZIA ESTENSIVA Costruzioni rade; casette a schiera, unifamiliari,
semirurali; l’altezza degli edifici è fortemente
limitata e piccolo è il rapporto tra area coperta 30 150
ed area scoperta ( in parte alle singole case, in
parte ad uso pubblico)
EDILIZIA Ammette diversi tipi edilizi, differenti rapporti di
SEMINTENSIVA occupazione del suolo, della scala delle altezze, 150 300
della distanza imposta tra i singoli edifici.
EDILIZIA INTENSIVA Costruzioni fitte; massima utilizzazione
planimetrica del suolo; altezza degli edifici Oltre 300
massima consentita dai regolamenti

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Zone degli affari
Aree centrali urbane, nelle quali sono concentrati, prevalentemente, edifici pubblici,
uffici e centri commerciali: chiamate anche “centri direzionali”. Debbono essere dotati
di comodi accessori e di ampi parcheggi.

Zone industriali
Comprendono aree destinate sia alla lavorazione di materie prime ( botteghe
artigiane, zone miste artigiane, industrie leggere, industrie pesanti, industrie nocive,
ecc.) sia alla sosta delle materie prime o dei prodotti ( depositi, magazzini, ecc.)

Zone degli impianti


Comprendono aree di destinazione speciale per attrezzature ed impianti. Si
distinguono in:
a. attrezzature di quartiere, connesse cioè direttamente ai complessi residenziali;
consistono generalmente in: chiese, scuole, negozi e mercati rionali, centri
sociali e ricreativi, campi di gioco, ecc.
b. attrezzature generali, come: scuole superiori, negozi, mercati rionali, centri
ricreativi, cimiteri, complessi sportivi e ricreativi, autostazioni, ferrovie, porti

Zone di rispetto
Fasce laterali alle strade di traffico rilevante con vincolo “non aedificandi”. Aree situate
nel raggio di 200 m. dai cimiteri-paesistico o panoramico; possono consentire
perimetri stabiliti dalle Soprintendenze ai Monumenti.

Zone a verde privato


In esse è consentita l’edificazione secondo norme in genere molto restrittive, ed è
obbligatoria la buona conservazione della flora ed il trapianto di nuovi alberi. Si tratta
comunque di una zona residenziale.

Zone a verde agricolo


In esse sono consentite solo le costruzioni e le residenze pertinenti all’agricoltura i
ragione, queste ultime, di ca. mc/mq 0,01-0,02.

Zone a verde pubblico e zone sportive


Sono illustrate tra le attrezzature di quartiere e le attrezzature generali.

TERRITORIALE: rapporto tra il numero degli abitanti e


DENSITA’ DI l’area della zona insediamento
POPOLAZIONE FONDIARIA: rapporto tra il numero degli abitanti e l’area
pertinente alle abitazioni, strade escluse.

DENSITA’ EDILIZIA TERRITORIALE: rapporto tra volume edilizio ed area della


(O INDICE DI zona di insediamento
FABBRICABILITA’) FONDIARIA: rapporto tra il volume edilizio ed area

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pertinente alle abitazioni, strade escluse.

N.B.: per passare dalla densità di popolazione Δ alla densità edilizia D, si deve tener
conto dell’indice di cubatura per vano v (compreso tra 70 mc e 120 mc a seconda del
carattere delle costruzioni) e dell’indice di affollamento a (il cui valore desiderabile è di
1 abitante per vano), secondo la formula:

Δ= D ∙ a/v in cui Δ è espresso in ab/ha, D in mc/ha, a in ab/vano e v in


mc/vano.

Ab/ha=mc/ha ∙ ab/vano ∙ vano/mc ab/ha

PIANI TERRITORIALI DI COORDINAMENTO (P.T.C.)


Sono piani di direttive, hanno, cioè, la funzione di orientare e coordinare i piani
urbanistici comunali, stabilendo le direttive generali sull’uso del territorio, cioè sulla
localizzazione degli insediamenti abitativi e delle attività produttive, sulla dislocazione
delle grandi vie di comunicazione e dei servizi pubblici essenziali per la convivenza
civile.
Essi dunque non vincolano i privati: le loro direttive generali dovrebbero vincolare
soltanto i comuni, nella redazione dei piani urbanistici di loro competenza, e le altre
pubbliche amministrazioni.
Le direttive date dai P.T.C. riguardano in particolare:
• le zone di territorio riservate a speciali destinazioni (zonizzazione funzionale);
• le zone di territorio soggette a speciali vincoli o limitazioni;
• le aree destinate a nuovi nuclei edilizi o a grandi impianti di interesse pubblico;
• le rete delle principali linee di comunicazione esistenti e programmate.

Il P.T.C. è adottato a tempo indeterminato, ma possono esservi apportate delle


varianti.

PIANO REGOLATORE GENERALE (P.R.G.)


E’ uno strumento di pianificazione urbanistica generale e operativa: ha la funzione di
determinare le regole generali sull’assetto dell’intero territorio di un comune. E’ un
piano prevalentemente operativo, in quanto una parte importante del suo contenuto
vincola direttamente i privati. Contiene anche direttive vincolanti per gli strumenti
urbanistici attuativi (piani particolareggiati); costituisce infine il presupposto per il
rilascio della concessione edilizia.
Tutti i comuni hanno l’obbligo di dotarsi di uno strumento di pianificazione urbanistica
generale ed operativa. I comuni compresi in elenchi contenuti in alcuni decreti
ministeriali hanno l’obbligo di dotarsi del P.R.G.; tutti gli altri comuni ne hanno
solamente la facoltà; però, se non lo hanno, hanno in ogni caso l’obbligo di inserire
nel regolamento edilizio comunale un programma di fabbricazione.

STANDARD URBANISTICI SPECIALI


Nella redazione dei Piani Regolatori Generali i Comuni devono attenersi, oltre che alle
direttive dei Piani Territoriali di Coordinamento (regonali e provinciali), anche agli
standard urbanistici speciali, introdotti nel testo originario della legge urbanistica del

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1942 dalla legge 765/1967 (legge ponte); sono limiti all’edificazione posti
direttamente dalla legge, dei quali il P.R.G. deve tener conto.
Essi stabiliscono alcuni minimi e massimi ai quali tutti i piani regolatori devono
conformarsi: la massima densità edilizia ammessa, la massima altezza e le distanze
minime consentite tra i fabbricati, la quantità minima di spazi che devono essere
destinati a edifici pubblici, o riservate ad attività collettive, e verde pubblico e a
parcheggi, rispetto alla quantità di spazi che possono essere destinati ad insediamenti
residenziali e produttivi.

Ogni cittadino ha diritto a 18 mq. di spazio pubblico:


- 4,5 mq per asili, scuole materne e dell’obbligo;
- 2 mq per attrezzature culturali, amministrative, religiose, ecc.
- 2,5 mq per parcheggi
- 9 mq. per verde, gioco, sport.

Lo scopo è quello di dettare regole generali operanti su tutto il territorio che


garantiscano un migliore equilibrio fra l’uomo e l’ambiente e assicurino la
conservazione del paesaggio urbano tradizionale.
Sono diversi secondo le diverse zone omogenee di territorio. La legge identifica 6
categorie:
A. CENTRO STORICO
B. ZONE DI COMPLETAMENTO
C. ZONE DI ESPANSIONE
D. ZONE INDUSTRIALI
E. ZONE AGRICOLE
F. ZONE PER ATTREZZATURE E IMPIANTI DI INTERESSE GENERALE

CONTENUTO DEL P.R.G.


Il P.R.G. ha contenuto essenziale:
a. la ZONIZZAZIONE
b. le norme urbanistico-edilizie di attuazione, che determina soprattutto l’indice di
sfruttamento edilizio consentito in ciascuna zona;
c. le LOCALIZZAZIONI, cioè la scelta delle aree destinate a sede di opere o di
impianti pubblici;
d. la RICOGNIZIONE e TUTELA del patrimonio culturale e ambientale;
e. l’individuazione delle zone di RECUPERO del patrimonio edilizio;

il P.R.G. ha un valore immediatamente vincolante per i privati rispetto alle prescrizioni


di zona.

FORMAZIONE DEL P.R.G. E VARIANTI


La procedura di formazione del piano è regolata dalle LEGGI REGIONALI ed è divisa in
2 grandi fasi: l’ADOZIONE da parte del COUNE e l’APPROVAZIONE da parte della
Regione, cui seguono la PUBBLICAZIONE e il DEPOSITO.
a. la fase di ADOZIONE da parte del Comune è articolata nel modo seguente:
- il piano viene REDATTO (in genere da professionisti esterni);
- il piano viene ADOTTATO, con una delibera approvata dal Consiglio
Comunale;
- il piano deve successivamente restare DEPOSITATO per PUBBLICAZIONE
presso la segreteria del Comune per almeno 30 giorni, affinché chiunque
possa prenderne visione;
- qualsiasi privato interessato ha ulteriori 30 giorni di tempo per
presentare osservazioni volte e modificarlo;
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- il Consiglio Comunale ha la facoltà di ignorare le osservazioni o di
prenderle in considerazione
- il Piano, infine, viene presentato all’organo provinciale competente per
l’approvazione.
b. l’APPROVAZONE è data dalla provincia. Può contenere modifiche d’ufficio al
piano. Di regola il piano deve essere approvato nella sua interezza, tuttavia è
ammessa anche l’approvazione di una parte sola (lo STRALCIO).
c. Il piano deve essere PUBBLICATO sul bollettino della Regione e tenuto
DEPOSITATO presso la segreteria del Comune.
Il P.R.G. è ADOTTATO A TEMPO indeterminato. Per introdurre in esso modifiche
parziali si fa di frequente ricorso alle VARIANTI.

PROGRAMMA DI FABBRICAZIONE (P.F.)


I comuni di dimensioni minori possono scegliere di dotarsi, invece che del P.R.G., di
uno strumento urbanistico operativo più semplice: il PROGRAMMA DI FABBRICAZIONE
(P.F.)inserito come ALLEGATO nel regolamento edilizio comunale. Questo strumento
ha la stessa disciplina e la stessa efficacia operativa del P.R.G.
Presenta soltanto qualche differenza:
- di CONTENUTO: le localizzazioni possono essere omesse e nella zonizzazione
possono non essere previste le zone di espansione;
- di PROCEDURA: viene approvato ed adottato insieme con il Regolamento edilizio;
i privati non hanno potere di porre osservazioni.

STANDARD URBANISTICI GENERALI


Nei Comuni che, nonostante l’obbligo di legge, sono privi di P.R.G. e di P.F., l’attività
edilizia privata è regolata dai cosiddetti STANDARD URBANISTICI GENERALI: sono
limiti all’edificazione, che determinano la quantità massima di mc (cubatura) che può
essere costruita su ogni mq di terreno.
Vincolano direttamente l’attività edilizia privata, fino al momento in cui il Comune
adotta un Piano regolatore.
Secondo la 10/1997, sono i seguenti:
- nei CENTRI ABITATI è vietata la costruzione di nuovi edifici: sono
ammesse soltanto le opere di RESTAURO, CONSOLIDAMENTO STATICO,
RISANAMENTO CONSERVATIVO E IGIENICO degli edifici esistenti;
- fuori dai centri abitati lo standard massimo è di 0,03;
- un proprietario non può utilizzare per l’edificazione più di 1/10 dell’area
di sua proprietà.

PIANO PARTICOLAREGGIATO DI ESECUZIONE (P.P.E.)


Viene redatto dal Comune con lo scopo di attuare le sistemazioni urbanistiche previste
dal P.R.G., dando alle singole zone l’assetto edilizio previsto e le attrezzature
necessarie; in linea di principio non può contenere deroghe al P.R.G.
Ha il compito di determinare:
- le masse e le altezze delle costruzioni lungo le vie e le piazze principali;
- gli edifici destinati a demolizione, ricostruzione, restauro o bonifica
edilizia;
- la suddivisione degli isolati in lotti fabbricabili;
- le aree destinate a opere e impianti di interesse pubblico;
- gli elenchi delle proprietà da espropriare o vincolare.
In linea di massima il P.P.E. viene REDATTO e ADOTTATO dal Comune; tutti i privati
interessati hanno facoltà di proporre osservazioni, i proprietari degli immobili compresi
nei piani possono proporre opposizioni; non è soggetto all’approvazione della
provincia, ma deve esserle comunicato, affinché possa formulare osservazioni.
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Il P.P.E. deve essere attuato entro 10 anni. Possono essergli apportate varianti. Il suo
effetto fondamentale è il VINCOLO di ESPROPRIAZIONE sulle AREE e sugli EDIFICI
DESTINATI A SEDE di OPERE e di IMPIANTI PUBBLICI.

PIANO DI LOTTIZZAZIONE
Si dice LOTTIZZAZIONE il frazionamento di un terreno di una certa grandezza in varie
porzioni, su ciascuna delle quali è prevista la costruzione di un edificio autonomo.
Questa si opera mediante il PIANO DI LOTTIZZAZIONE. Esso svolge una funzione
analoga al piano particolareggiato, tanto da essere molto spesso utilizzato in
alternativa ad esso, purché il comune sia dotato di un P.R.G.
Il piano di lottizzazione deve essere accompagnato dalla stipulazione di una
CONVENZIONE fra il comune e il privato, con la quale quest’ultimo assume a proprio
carico alcuni oneri patrimoniali connessi con le opere pubbliche e le opere di
urbanizzazione che dovranno essere realizzate e l’onere delle opere di urbanizzazione
primaria e una parte dell’onere per quelle di urbanizzazione secondaria; di solito il
privato si obbliga a cedere gratuitamente al Comune le aree necessarie per eseguire
tali opere.

MISURE DI SALVAGUARDIA
Il periodo di tempo intercorrente fra l’adozione di uno strumento urbanistico e la sua
entrata in vigore può essere anche abbastanza lungo: i privato potrebbero
approfittarneper ottenere concessioni edilizie conformi alla regolamentazione
urbanistica ancora vigente, ma in contrasto con il piano ormai adottato. Per ovviare a
questo pericolo le legge prevede misure di salvaguardia.
a. il Sindaco è obbligato a sospendere ogni decisione sulle richieste di concessione
edilizia contrastanti con il piano adottato
b. la Regione ha la facoltà di sospendere l’efficacia delle concessoni edilizie già
rilasciate, ma contrastanti con il piano adottato.

Le misure di salvaguardia sono efficaci per 5 anni.

PROGRAMMI PLURIENNALI DI ATTUAZIONE (P.P.A.)


La 10/1977 ha introdotto un nuovo strumento urbanistico di carattere temporale, con
lo scopo di consentire al comune di programmare le tappe di sviluppo della propria
attività nel settore urbanistico: il PROGRAMMA PLURIENNALE DI ATTUAZIONE (P.P.A.)
che stabilisce le priorità temporali di esecuzione degli interventi pubblici e privati
previsti nei piani urbanistici.

PIANIFICAZIONE URBANISTICA SPECIALE


L’INTERVENTO PUBBLICO PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE
Tutti i cittadini hanno il diritto di avere un’abitazione adeguata ai bisogni propri e della
propria famiglia; qualora non siano in grado di procurarsela con mezzi economici
propri, possono ricevere un aiuto da parte dello Stato e di altri enti pubblici, secondo
le regole stabilite dalla legge. L’aiuto diretto dato dalla Pubblica Amministrazione (ai
cittadini) si realizza in 3 modi:
• con l’EDILIZIA RESIDENZIALE PRIVATA AGEVOLATA: la pubblica
amministrazione eroga contributi finanziari sotto forma di mutui a tasso
agevolato e prevede trattamenti fiscali particolari a favore dei singoli, di
imprese di costruzione e loro consorzi, di cooperative edilizie per la costruzione
di alloggi di tipo economico;
• con l’EDILIZIA ESIDENZIALE CONVENZIONATA: la pubblica amministrazione
stipula una convenzione con enti o con privati, con la qiale attribuisce loro il
diritto di proprietà o di superficie su aree destinate ad edilizia economica e
Urbanistica 12
popolare, ed eroga contributi finanziari per la costruzione di alloggi di tipo
economico: i costruttori si impegnano a cedere in proprietà o a dare in
locazione gli alloggi a persone che si trovano in determinate condizioni stabilite
dalla legge;
• l’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA SOVVENZIONATA: la pubblica
amministrazione realizza direttamente alloggi di edilizia economica popolare,
destinati ad essere assegnati in locazione a chi è in possesso di determinati
requisiti stabiliti dalla legge.
Il COMITATO PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE (CER) ha il compito di coordinare e
gestire il finanziamento dei programmi di intervento sociale per la casa.

PIANI PER L’EDILIZIA ECONOMICA POPOLARE


L’attuale sistema per gli interventi pubblici per sovvenzionare l’edilizia residenziale è
stato tracciato dalla legge 167/1962, con la previsione di un apposito strumento
urbanistico operativo: il PIANO DI ZONA PER L’EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE
( P.E.E.P.). e’ uno strumento urbanistico di ATTUAZIONE che consente ai comuni di
identificare le aree destinate all’edilizia economica e popolare e alle relative opere di
urbanizzazione di espropriazione.
I comuni con popolazione residente superiore a 50.000 abitanti sono obbligati ad
adottare i piani di zona per l’edilizia economica e popolare. Il piano viene compilato
dal comune e l’estensione delle zone da includere deve essere compresa fra un
minimo del 40 e un massimo dl 70% del fabbisogno calcolato. Il piano resta efficace
per 18 anni.
ATTUAZIONE DEI PIANI
Il comune deve dare attuazione concreta al pianori edilizia economica e popolare
medinate un apposito programma pluriennale, che stabilisce la graduazione nel tempo
degli interventi espropriativi.
La sequenza di realizzazione si articola in due fasi fondamentali. Il comune deve
procedere all’acquisizione delle aree; successivamente:
• cede la proprietà di una parte delle aree acquisite (20-40%) a cooperative
edilizie o a singoli che intendono realizzare le opere previste dal piano;
• concede sulla restante parte un diritto di superficie per un tempo determinato
(60_99 anni) a favore di enti pubblici operanti nel settore di cooperative
edilizie, che realizzeranno le opere.

I PARCHEGGI
Per parcheggio si intende un’area scoperta o una struttura edilizia, posta al di fuori
della carreggiata stradale, destinato alla sosta dei veicoli. La materia è regolata
principalmente dalla legge 122/1989 (legge Tognoli). Essi possono essere pubblici o
privati: le norme che li riguardano sono diverse.
PARCHEGGI PUBBLICI:
• I piani urbanistici devono destinare a parcheggi pubblici una determinata
quantità minima del territorio urbano, diversa secondo le zone di territorio
(D.M. 1444/1968 e 122/1989)
• Il programma urbano di parcheggio (P.U.P.) è un nuovo strumento settoriale
attuativo, creato con il fine di dotare le aree urbane di attrezzature e
infrastrutture di parcheggio adeguate alle crescenti esigenze. Sono tenuti ad
adottarlo i comuni più grandi e i comuni indicati nella legislazione regionale.
Esso deve contenere le localizzazioni e le dimensioni dei parcheggi, le priorità
d’intervento ed i tempi delle loro attuazioni, il regime giuridico scelto per le

Urbanistica 13
realizzazioni delle opere e la gestione del servizio, le previsioni economiche e
finanziarie.
Il programma ha efficacia pluriennale; se le sue indicazioni non sono conformi al
P.R.G., ne costituisce una variante in deroga. La sua formazione è articolata in 2 fasi:
l’adozione da parte del comune e l’approvazione da parte della regione. I
finanziamenti sono erogati direttamente dallo Stato, mediante il dipartimento per le
aree urbane, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
PARCHEGGI PRIVATI
La L. 122/1989 stabilisce regole volte a imporre o favorire la destinazione a
parcheggio privato di spazi adeguati. Queste regole si applicano immediatamente
all’attività edilizia privata.
a) edifici nuovi: vi devono essere aree riservate a parcheggio in misura non
inferiore a 1 mq ogni 10 mc di costruzione
b) edifici già esistenti: i proprietari possono costruire parcheggi al piano terreno o
nel sottosuolo; queste opere non sono soggette a concessione edilizia, ma il
loro inizio deve essere denunciato al comune;
I parcheggi realizzati costituiscono pertinenze inseparabili degli appartamenti.

IL CONTROLLO PUBBLICO SULL’ATTIVITA’ EDILIZIA


Il proprietario privato è titolare della facoltà di costruire (JUS AEDIFICANDI) sui suoi
beni immobili, che costituisce un elemento connaturale al diritto di proprietà.

IL REGOLAMENTO EDILIZIO
Nell’edificazione i privati devono rispettare anche altre regole, oltre a quelle dettate
dagli strumenti urbanistici: questi, infatti, stabiliscono l’assetto e le destinazioni del
territorio, ma dettano solo poche regole sul modo in cui può essere svolta l’attività
edilizia e sulle caratteristiche fondamentali che devono avere gli edifici.
Una parte di questa materia è disciplinata direttamente da norme statali: il D.M. del
5/07/75 detta regole generali sull’altezza minima dei locali interni e impone in via
generale alcuni requisiti igienico-sanitari di particolare importanza.
Un’altra parte di questa materia è disciplinata mediante uno strumento normativo
locale: il regolamento edilizio comunale

RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE


Una volta identificate le zone di recupero nel piano regolatore, il comune delibera una
perimetrazione, per individuare gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree che
devono essere recuperate; quindi deve redigere entro 3 anni il PIANO DI RECUPERO.
Questo indica le opere da eseguire: i vari edifici, come anche il tessuto urbanistico
stesso, possono essere oggetti di interventi non solo conservativi, ma pure
profondamente modificativi, purché siano previsti nel P.R.G. e siano compiuti al di
fuori del centro storico.

I CENTRI STORICI URBANI


L’attività di recupero del patrimonio edilizio esistente ha una particolare importanza
per i centri storici. Sono considerati tali (D.M. 3210/1967):
• le strutture urbane in cui la maggioranza degli isolati contiene edifici costruiti in
epoca precedente al 1860;
• le strutture urbane racchiuse da mura antiche;
• le strutture urbane costruite anche dopo il 1860, che nel loro complesso
costituiscono documenti di costume edilizio particolarmente qualificato.

Urbanistica 14
I centri storici sono soggetti ad una disciplina particolare che ha il fine principale di
risanarli dal punto di vista statico e igienico, di conservarli quanto più possibile integri
e di rivitalizzarli, promuovendone l’utilizzazione effettiva:
- essi devono essere identificati nei P.R.G. (zona A);
- non è consentito eseguirvi nuove costruzioni in assenza del piano
regolatore o del programma di fabbricazione,
- devono essere applicati loro gli standard urbanistici speciali a carattere
conservativo che li riguardano;
sono soggetti alle prescrizioni stabilite dalla legge per la tutela dei beni di valore
artistico e culturale (L. 1089/1939) e dei beni di valore paesaggistico (L. 1497/1939).

I CENTRI STORICI
Il succedersi di epoche storiche e il loro affermarsi attraverso processi di sostituzione
dei diversi tessuti edilizi è sempre stato il segno caratteristico delle città d’antica
origine.
Ampliandosi, adattandosi, trasformandosi, la città testimonia il permanere ed il
rafforzarsi di valori d’uso che non negano quelli dell’epoca precedente.
La discontinuità della città moderna con quella del passato, dovuta alla diversità del
ruolo economico, proviene dai modi e dalle dimensioni della crescita.
Con la città moderna nasce la questione delle abitazioni; la crescita della città, in
conseguenza dell’ineguale accessibilità ai servizi centrali, determina la formazione di
valori diversi dei suoli. All’origine della rendita fondiaria urbana è proprio la
trasformazione dell’uso della città storica. La stessa normativa è costituita in funzione
della rendita: si veda lo ZONING ( strumento politico di segregazione sociale).
Sul suolo urbano viene calata una griglia, nelle cui maglie si localizzano gruppi e
attività differenziati; categorie di abitanti a reddito diverso abitano aree diverse.
L’esistenza di un patrimonio infrastrutturale stratificatosi nei secoli appare subito
come un elemento fondamentale nella determinazione dei livelli di rendita.
La vicenda recente dei centri storici italiani non si svolge in maniera parallela
all’andamento dell’urbanizzazione. Ad una prima aggressione che vede l’abbattimento
delle mura e la demolizione degli antichi tessuti per dare il via al meccanismo di
costruzione della città borghese, fa seguito il ventennio fascista, in cui la crescita offre
lo spunto per mal mascherare operazioni di risanamento speculativo, fino a che, nel
secondo dopoguerra, la vastità dei fenomeni di ridistribuzione demografica legati al
rilancio della struttura economica e industriale, portano l’intero paese ad essere
coinvolto in un generale processo di trasformazione della struttura insediativa.
-Verso la fine degli anni ’50 si diffonde la convinzione che il tema della conservazione
deve essere affrontato soprattutto in termini urbanistici.
-Al convegno di Gubbio gli urbanisti stendevano una carta contenente le direttive per
un’efficace politica di salvaguardia.
-Negli anni ’70 vi è un nuovo interesse per il problema dei centri storici.
Le amministrazioni locali tendono comunque a limitare i programmi di espansione per
l’incapacità di fornire i servizi essenziali, perciò, oltre a condurre ad una snervante
sequela di pianiper l’edilizia residenziale, porta ad aumentare la pressione sulle aree
interne, di risanamento, trasformazione o completamento, con pesanti interventi.
Nello stesso tempo, considerazioni di natura varia (congestione, risparmio energetico,
fattori ambientali) suggeriscono a molte città l’adozione di “pedonalizzazioni” dei loro
centri. Con l’espulsione dei non residenti ed il relativo rafforzamento dei trasporti.
[FERRACUTI] il deterioramento delle condizioni abitative nell’ambiente urbano ha
spinto le amministrazioni verso una politica di contenimento della crescita urbana e di
salvaguardia delle poche aree rimaste all’interno del loro tessuto, in vista di una loro
utilizzazioneper il miglioramento degli standard urbanistici (meno sprechi).
Urbanistica 15
-Rendere conforme la distribuzione spaziale della domanda e dell’offerta dei servizi
-Mantenere i residenti nelle aree centrali.

Se degrado delle periferie e riuso speculativo delle aree centrali sono conseguenze della spirale
della rendita fondiaria, e se questa è provocata dalla crescita urbana, l’unico modo per fermare
questo processo degenerativo dell’aggregato urbano è di fermarne la crescita.
LA DISCIPLINA GIURIDICA ( limiti della legislazione urbanistica)
Nella legge del 1865 sull’ESPROPRIO si escludeva che nell’indennità di esproprio
potesse tenersi conto del potenziale incremento di valore che il bene veniva ad
assumere per effetto della realizzazione dell’opera pubblica e, al tempo stesso, si
ipotizzava di recuperare le plusvalenze della rendita fondiaria rese attuali dal piano
attraverso la riscossione dei contributi di miglioria. In realtà le cose sono andate
diversamente, le interpretazioni giurisprudenziali accreditano il principio di un
risarcimento a tutte quelle proprietà sacrificate nell’attuazione dei piani urbanistici, il
più possibile vicino al valore di mercato.
865/1971 INDENNITA’ DI ESPROPRIO valore agricolo
765/1967 INDIVIDUAZIONE DI CENTRO STORICO:
• strutture urbane in cui la maggioranza degli isolati contengano edifici costruiti
in epoca anteriore al 1860, anche in assenza di monumenti o edifici
diparticolare valore artistico.
• Strutture urbane racchiuse da antiche mura
• Strutture urbane realizzate anche dopo il 1860, che nel loro complesso
costituiscono documenti di un costume edilizio qualificato.

IL PROGETTO DELLA CONSERVAZIONE (P.L. CERVELLATI)


Logica che definisce la ricerca e la redazione di norme per tutelare e mantenere un
dato patrimonio edilizio, urbano e territoriale “storico”.
PATRIMONIO STORICO: insieme di manufatti, territorio naturale, che presentano
ancora la stessa composizione strutturale e morfologica che si manifesta, e li
caratterizza, fino al formarsi della campagna emergente.
Conservare un centro storico significa individuare strumenti e programmi d’intervento
in grado di proteggere o ricostituire l’originario rapporto tra popolazione e scenario
fisico, fra esigenze sociali ed economiche in continuo mutamento e l’ambiente già
costruito, fisso.
I FASE: Ricerca Dei Modelli Urbani Che Hanno Definito La Forma Del Centro E
Del Territorio Storico.
-Lettura catastale
-Area storica (città e territorio esistente)
-Area contemporanea (città emergente)
II FASE: Ricerca Dei Modelli Edilizi Che Hanno Formato La Struttura Del Centro
Storico
Lettura dell’organizzazione fondiaria (nel suo assetto tipologico originario)
TIPOLOGIA: definisce la struttura interna del centro storico ed è volta allo studio delle
forme e della ricerca delle leggi intrinseche che hanno informato il progetto
architettonico. La tipologia rappresenta quella sostanza di modi del vivere e del fare
che si concreta in edifici simili e ripetuti. In relazione al catalogo/censimento delle
tipologie edilizie si possono formulare norme precise ed efficaci per il restauro.
III FASE: Ricerca Di Progetti Di Intervento Che Consentano Il Recupero Del
Patrimonio Edilizio E Naturale Storico.

Urbanistica 16
a) definire il perimetro della città storica e censire per classi le varie tipologie
edilizie, al fine di riuscire a progettare i modelli restauro in modo tale che questi
siano analoghi ai progetti originali;
b) attribuire un uso corretto alle tipologie individuate e restaurate;
c) chiamare la gente a partecipare al progetto della conservazione, nella
consapevolezza di un uso integrato, anche dal lato sociale, del centro e del
territorio storico.
URBANIZZAZIONE.
L’espansione industriale spinge la popolazione a concentrarsi (costo dei trasporti:
ostacolo agli spostamenti giornalieri). Poi l’habitat urbano si deteriora perché
diminuisce la qualità delle abitazioni e dell’ambiente; contemporaneamente crescono i
redditi, quindi la gente comincia a spostarsi, preferendo zone residenziali “periferiche”
(crescita suburbana).
Comunque le condizioni di vita migliorano, mentre peggiorano quelle del traffico. Alto
costo delle aree periferiche per la fabbricazione e, quindi, aumento del costo della vita
nella città (disurbanizzazione).
In Italia la problematica dei centri urbani appare quasi sempre legata a quella dei
centri storici.
1. il problema dei centri urbani non è solo un problema settoriale di tutela e
restauro del patrimonio storico e monumentale, di risanamento del tessuto
edilizio degradato, di contenimento e congestione del traffico. Bisogna anche
occuparsi della riqualificazione economico-sociale e della tutela delle popolazioni
residenti (bene economico e categoria sociale, non solo bene culturale).
2. legato alla politica del territorio
3. il recupero va visto in una prospettiva di utilizzazione ottimale delle risorse
esistenti (No distribuzione del patrimonio agricolo e degrado di quello edilizio).

Lo sviluppo medievale di molti comuni indipendenti, la suddivisione in piccoli stati e


l’unificazione nazionale recente, hanno impedito il formarsi di una struttura territoriale
accentrata attorno ad una città principale. Quindi ogni città ha acquisito una sua
identità, contraddistinta da una propria cultura specifica, una complessa stratificazione
architettonica.
Il recente sviluppo industriale ha dato il via ad una serie di trasformazioni che hanno
stravolto l’assetto originario del territorio e della città.
Strategie politiche:
1. priorità allo sviluppo industriale
2. incoraggiamento all’industria delle costruzioni
3. incoraggiamento all’iniziativa privata a scapito degli investimenti sociali
La progressiva concentrazione di attività e di popolazione ha interessato
principalmente il Nord. Quindi depressione economica nelle zone di provenienza della
popolazione e sovraffollamento nelle aree di concentrazione (danni all’equilibrio
ecologico e ambientale); squilibrio nell’uso del patrimonio abitativo; manifestarsi di
una fame crescente di alloggi, nonostante la presenza di un numero di stanze
maggiore; rallentamento crescita demografica e crisi; con il riuso edilizio forse si può
recuperare una nuova organizzazione della città.
Nelle agglomerazioni metropolitane si possono rilevare dei processi di trasformazione
economico-sociale ed ambientale dei comuni.
-Espansione urbana incontrollabile, a macchia d’olio (carenza servizi pubblici, degrado
centro urbano, aumento fitti e prezzi di vendita)
-Concentrazione della popolazione nelle periferie e destinazione dei centri urbani ad
attività terziarie e direzionali.
-Carenza dell’intervento e del controllo pubblico.

Urbanistica 17
Operazioni di rinnovo urbano (espulsione degli abitanti originari e sostituzione con
uffici e residenze di lusso). I piccoli proprietari terrieri preferiscono vendere perché
sentono il peso della manutenzione e sono attirati dalle nuove case costruite in
periferia.

I capoluoghi di provincia e le città medio-piccole sono stati meno colpiti


dall’industrializzazione e dalla fuga dalle campagne; hanno mantenuto un assetto
sociale e urbanistico più stabile, legato alla tradizione.
Occorrono politiche che riportino i centri urbani in un processo equilibrato in termini di
occupazione, produttività,qualità ambientale..
Ripristinare la condizioni atte al permanere della popolazione e delle sue attività,
salvaguardare l’interazione storico, artistico e culturale. Bisogna ricordare che i centri
storici in passato sono stati delle città complete con un armonico equilibrio di attività
diversificate.
Il concetto di monumento da tutelare si è ampliato in quello di “bene culturale” e si è
esteso fino a comprendere tutta la città storica. Tutto il tessuto urbano storico ha un
valore ambientale ed un significato di testimonianza del passato che è essenziale per
lo sviluppo globale della nostra società.

E’ determinante l’azione della pubblica amministrazione.


STATO definire gli obiettivi generali e il quadro d’assieme delle politiche per i
centri urbani, in funzione delle strategie della politica nazionale diretta al riequilibrio
produttivo e territoriale.
REGIONI precisare obiettivi, modalità e procedure di queste politiche
COMUNI tradurre le politiche in termini operativi

Conservare un centro storico significa individuare strumenti e programmi di intervento


in grado di proteggere o ricostruire l’originario rapporto tra popolazione e scenario
fisico, tra esigenze sociali ed economiche in continuo mutamento e l’ambiente già
costruito, fisso.
Individuazione del centro storico
Strutture urbane in cui la maggioranza degli isolati contengono edifici costruiti in
epoca anteriore al 1860, anche n assenza di monumenti ed edifici di particolare valore
artistico.
Strutture urbane realizzate anche dopo il 1860, che nel loro complesso costituiscono
documenti di un costume edilizio qualificato.

ITALIA
I piani degli anni ’50 tentano di dare un primo ordinamento alla struttura della città in
espansione.

I GENERAZIONE
Modello di pianificazione:
a) la mobilità è affidata esclusivamente alla viabilità, con un reticolo stradale
senza gerarchie; i piani di matrice razionalista presentano a volte
l’individuazione di una gerarchia funzionale.
b) Le previsioni insediative sono sempre sovradimensionate. (esperienze
accademiche: a macchia d’olio; esperienze razionaliste: selezione delle direttrici
di sviluppo)
Urbanistica 18
c) Le previsioni dei servizi pubblici sono limitate
d) La città storica viene sottratta all’azzonamento prevedendo sventramenti e
demolizioni, meno frequenti nei piani razionalisti
e) Lo sviluppo del settore terziario è affidato, nei piani razionalisti, a nuovi centri
direzionali, più o meno decentrati; i piani accademici trascurano il problema
f) Le aree di pregio ambientale e paesaggistico sono destinate all’edificazione
privata di qualità; esperienze razionaliste: misure di salvaguardia

DUE DIFFERENTI MODELLI DISCIPLINARI E CULTURALI


a) espressione della vecchia cultura accademica
b) espressione delle istanze progressiste, si sforza di applicare la nuova tecnica
urbanistica che distingue il piano generale dalla sua attuazione differita
attraverso i piani particolareggiati, mentre utilizza sulle differenti parti della
città uno zoning monofunzionale.

VERONA (MARCONI).
Si caratterizza per le consistenti previsioni di espansione, ma senza alcuna
riconoscibile strategia territoriale, sena cioè selezionare le direttrici di espansione con
la conseguente formazione del modello “a macchia d’olio”. I nuovi insediamenti
residenziali sono articolati per tipologie edilizie e le zone più dense sono previste a
ridosso della viabilità radiale. Zone industriali nelle aree più degradate.
PADOVA (PICCINATO).
E’ evidente anche qui il sovradimensionamento, comunque persegue una precisa
forma della città, chiusa ed equilibrata, identificando con chiarezza ogni zona
residenziale. La stessa viabilità concorre alla definizione della nuova forma urbana,
inoltre essa differenzia e seleziona gerarchicamente le diverse tipologie di traffico.
Picconato prevede anche una nuova centralità urbana, a nord della città, lungo il
tracciato ferroviario, con la localizzazione di un nuovo polo direzionale alternativo al
centro storico. Zona industriale lunula ferrovia Mestre-Venezia).
SIGNA (PICCINATO, BOTTONI, LUCHINI).
Affronta il difficile equilibrio fra la conservazione del patrimonio storico e lo sviluppo
della città. Per la prima volta uno strumento urbanistico delimita l’ambito del centro
storico, proponendo interventi di salvaguardia e recupero del patrimonio storico e
monumentale esistente. Anche il territorio viene salvaguardato introducendo le aree
agricole non edificabili e articolando diverse forme di tutela. Sviluppo lineare lungo le
strade periferiche, concentra le nuove quote insediative sulle creste collinari a nord e
a nord-ovest, determinando vuoti e spazi verdi tra i nuovi insediamenti (scelta
insediativa QUARTIERE ORGANICO).

II GENERAZIONE
Negli anni ’60 l’espansione urbana si sposta verso le città medie. La concezione
culturale dlla disciplina assume una dimensione più politica e culturale. I piani
consolidano la tradizione di matrice razionalista. Vi è un modello d’attuazione mista,
dove per le zone di nuova urbanizzazione vengono individuati specifici strumenti
attuativi preventivi, mentre, sulle altre zone, l’attuazione risulta direttamente
esecutiva.
I piani presentano 2 approcci diversi:
a) Modello Razionalizzatore: tende a razionalizzare la crescita urbana senza
intervenire sulle cause che ne determinano le distorsioni;
b) Modello Riformista: tenta di modificare il modello di crescita urbana
caratteri comuni:

Urbanistica 19
a) supporto analitico più sviluppato che in passato ( per fornire un sistema di
conoscenze che giustifichino le scelte urbanistiche)
b) un controllo differenziato dell’uso dl suolo ( per una gestione del piano sempre
più attenta ad ogni specifica problematica territoriale)
c) minori densità edilizie
d) un sistema organico di viabilità
e) attenzione alle problematiche ambientali
f) l’utilizzazione più estesa dell’esproprio per pubblica utilità

REGGIO EMILIA (CAMPOS VENUTI E PIACENTINI).


Crescita urbana aperta al comprensorio, supportato da un nuovo schema viario di una
direttrice di sviluppo nord-sud, rappresentata da un asse attrezzato; contenimento
delle previsioni di sviluppo residenziale; edilizia economica e popolare; politica dei
servizi pubblici.
CERVIA.
Contenuti analoghi più sviluppo del settore turistico non solo lungo la costa, ma
caratterizzato da ampi varchi (pinete) con valorizzazione delle zone interne.
PAVIA ( ASTENGO E CAMPOS VENUTI).
Crescita equilibrata degli insediamenti. Ciò che appare più interessante è la
correlazione tra obiettivi del piano e definizione dgli strumenti operativi.

III GENERAZIONE
Esaurita la fase di espansione comincia quella della trasformazione. Due differenti
approcci al tema della trasformazione:
a) in continuità con la tradizione riformista
b) pone come centrale la dimensione fisica e l’attenzione alle problematiche
morfologiche.
CARATTERI COMUNI
a) zoning morfologico basato, oltre che sulla consueta analisi morfologica di tessuti
urbani per individuare le regole che hanno portato alla costruzione fisica della
città
b) il ricorso al progetto architettonico
c) attenzione alla obilità su ferro
d) strategia di riqualificazione della città esistente
e) centralità della questione ambientale

BOLOGNA UFFICIO COMUNALE CON CONSULENZA DI CAMPOS VENUTI, CLEMENTE E


PORTOGHESI).
Tutela e recupero morfologico e sociale del centro storico, salvaguardia ambientale
nella costruzione delle nuove parti di città.
ANCONA.
Trasformazione nei tessuti esistenti; quantità minima di nuove quote insediative
(9%); azzonamento morfologico.
SIENA (SECCHI).
Trasformazione qualitativa in particolare della fascia compresa fra il centro storico e i
tessuti recenti della periferia.
Progetto Di Suolo: attenta definizione degli spazi aperti collettivi, pubblici e privati,
che modifica la struttura dell’edificato

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