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Il suidicio.

È impressionante scoprire che moltissimi giovani hanno pensato almeno una volta
nella loro vita a suicidarsi. Ancora più terribile è vedere che alcuni di essi realizzano
questo progetto, tra le facce incredule dei compagni, degli insegnanti o dei genitori,
che forse avevano sottovalutato alcuni segnali espliciti al riguardo.

Certo, bisogna distinguere. Dietro alcuni suicidi c’è una delusione, dietro altri una
sfida. Analizziamo separatamente queste due categorie. Tutti nella vita, almeno una
volta, ci troviamo di fronte ad un insuccesso. Il problema non è quindi la tristezza,
che è naturale in certi momenti, ma come affrontarla. Se una persona non ha una
speranza, non intravede dopo il tunnel in cui sembra essere rinchiuso una luce, è
purtroppo possibile che pensi al suicidio. Non a caso, i ragazzi, o le ragazze, che
meditano il suicidio si trovano spesso in situazioni familiari drammatiche, come un
divorzio o una separazione, una violenza fisica, psicologica o un abuso sessuale
subito dal soggetto, la depressione cronica di uno dei genitori e il consumo di droghe
e di alcol. Ecco quindi che chi vive vicino a questi giovani deve cogliere i fattori di
rischio, che sono l’eccessivo isolarsi del giovane, il continuo riaffermare che il
domani non offre prospettive, l’improvviso intristirsi dell’umore e poi un’altrettanto
improvvisa esuberanza. Dietro a molti comportamenti anomali di un ragazzo si
nasconde una volontà distruttiva che a sua volta nasconde un disturbo del carattere
non riconosciuto e non trattato. Spesso i giovani che poi si suicidano ne parlano ai
coetanei o ad altri, e vale sempre la pena di non trascurare queste confessioni. L’altra
categoria di potenziali suicidi è quella dei ragazzi, per lo più maschi, ma non solo,
che per dimostrare la propria fermezza e la propria autonomia, il proprio valore
incompreso dal mondo degli adulti, tendono ad infrangere le leggi del vivere sociale.
Questi spesso cadono nei vizi della droga o dell’alcol o della velocità, visti più come
denuncia di una società che non li ha capiti, che come ripiegamento in se stessi.
Anche qui, i segnali di disagio non vanno sottovalutati e bisogna fare ogni sforzo per
reinserire il giovane nel contesto sociale e nel tessuto  familiare”. Una forte carica di
violenza e di distruzione, una pretesa di superiorità e la sfida all’autorità
accompagnano spesso questi atteggiamenti devianti. Occorre quindi tenere gli occhi
bene aperti e comunicare attenzione e amore verso la persona, forse l’unico vero
antidoto contro la volontà di suicidarsi.

È impressionante come moltissimi giovani abbiano pensato almeno una volta nella loro vita di
suicidarsi. Ancora più tremendo è che attuino questo progetto, tra le facce incredule di genitori,
compagni e insegnanti. Bisogna però distinguere due cose. Dietro alcuni suicidi c’è la delusione,
dietro altri una sfida. Molte volte ci sarà sicuramente capitato di essere tristi, il problema però non
è la tristezza, ma come affrontarla. Così i ragazzi si trovano in un tunnel buio e non riescono a
trovare la luce, perciò è possibile che pensino al suicidio. Non a caso, i ragazzi e ragazze molto
spesso si trovano in situazioni familiari drammatiche, come un divorzio o una separazione, un
abuso sessuale subito dal soggetto, o consumo da parte di un genitore di droghe o alcool. Quindi
coloro che vivono vicino a questi ragazzi, devono cogliere i fattori di rischio, che sono l’eccessivo
isolarsi del giovane, l’improvviso intristirsi, e l’improvvisa esuberanza. E’ anche buono che questi
giovani parlino con i loro coetanei dei propri problemi, vale sempre la pena non trascurare queste
confessioni. L’altra categoria è quella dei ragazzi che vogliono dimostrare la propria fermezza, la
propria autonomia e quindi tendono ad infrangere le leggi del vivere sociale. Questi spesso cadono
nei vizi della droga o dell’alcool.

È un'amara sorpresa, per molti genitori, scoprire che i propri figli, giunti alla soglia dei tredici o
quattordici anni, si trasformano rapidamente, assumendo una nuova personalità, che essi non
sanno penetrare e di fronte alla quale provano un senso di smarrimento. Abituati a confrontarsi
con bambini di cui conoscevano alla perfezione esigenze e sentimenti, si accorgono ora di essere
esclusi dalla segreta confidenza di questi adolescenti. A questa fase della maturazione
dell'individuo, corrispondono due tipi di rapporto con i genitori che impedisce, anche per colpa dei
figli, il dialogo. Il primo atteggiamento è quello dei molti genitori che nel disperato tentativo di
tornare ad essere il punto di riferimento di quelle che, ai loro occhi, sono ancora creature
bisognose di guida, assumono un atteggiamento di ostentata amicizia nei confronti dei propri figli.
Tale atteggiamento, non è apprezzato, ma anzi viene condannato dalla maggior parte dei ragazzi.
L'adolescente, infatti, non accetta il genitore che invade la sua privacy eccedendo nella presenza o
che tenta a tutti i costi di piacergli come amico, dimenticandosi il suo ruolo principale che è quello
del genitore. L'altro atteggiamento è quello, inverso, distacco tra genitori e figli. Molti ragazzi,
infatti, sostengono che gli adulti pensano troppo a loro stessi, comunicano poco e non capiscono le
loro necessità. In questo caso il dialogo, se così si può chiamare, è quasi unilaterale e spesso verte
su argomenti che non interessano un granché al ragazzo.

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