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PRIMA PARTE
3D Studio MAX
e Windows NT
3D Studio MAX (in breve 3DS MAX) è un approccio completamente nuovo alla
modellazione e al rendering. I concetti ed i metodi soggiacenti al modo in cui 3DS MAX
gestisce i dati e gli oggetti della scena, sono completamente diversi dalle precedenti
versioni di 3DS e da altri programmi di rendering e di modellazione 3D. È necessario
capire questi concetti se si vuole essere produttivi con 3DS MAX.
In questo capitolo verranno trattati i seguenti argomenti:
■ principali tipi di oggetti in 3D Studio MAX e comportamento object-oriented;
■ definizione di sub-oggetto e modalità di accesso;
■ Object Dataflow: caratteristiche e utilizzo nel processo di modellazione;
■ trasformazioni e modificatori: differenze e modalità di utilizzo;
■ copie, istanze e riferimenti: caratteristiche e comportamenti;
■ organizzazione gerarchica in 3D Studio MAX;
■ definizione e controllo dell’animazione in 3D Studio MAX;
■ plug-in: descrizione e modalità di organizzazione.
Programma object-oriented
L’Object-Oriented Programming (OOP) è un elaborato sistema di scrittura dei programmi
il cui utilizzo si sta sempre più diffondendo nell’ambito della progettazione del software
commerciale. Per un utente 3D Studio MAX l’aspetto più significativo dell’approccio
object-oriented è il modo in cui questo incide sull’interfaccia utente.
Gli oggetti creati in 3D Studio MAX contengono informazioni sulle funzioni su di essi
eseguibili e sul comportamento che è possibile considerare valido per ciascun oggetto.
Queste informazioni incidono su quanto viene visualizzato sull’interfaccia di 3D Studio
MAX che attiverà solo le operazioni valide per l’oggetto selezionato mentre le altre non
vengono attivate o restano nascoste nell’interfaccia.
Alcuni esempi di comportamento object-oriented:
■ Selezionare una sfera sulla scena e fare clic sul pannello Modify per applicare
un modificatore alla sfera; si noti che i modificatori Extrude e Lathe non
sono operazioni valide per una sfera. Solo gli oggetti forma possono utilizza-
re i modificatori Extrude o Lathe. La figura 1.1 mostra il cambiamento del
pannello Modify quando viene selezionata la primitiva di una sfera o quando
viene selezionata una forma.
■ Figura 1.1
Il pannello Modify per una
primitiva sfera selezionata
e per una forma circolare
■ Figura 1.2
Il cursore Get Shape così
come appare quando si
trova su un percorso
valido di forma
Oggetti parametrici
La quasi totalità degli oggetti in 3D Studio MAX sono una forma di oggetto parametrico.
Un oggetto parametrico viene definito da una serie di impostazioni, o parametri, invece che
da una descrizione esplicita della sua forma. A titolo di esempio verranno esaminati due
metodi di definizione della sfera: uno non parametrico e l’altro parametrico.
■ Sfera non parametrica: utilizza il raggio e un numero di segmenti e si avvale
di queste informazioni per creare una superficie definita dai vertici e dalle
facce. La definizione della sfera esiste solo come serie di facce. Le informa-
zioni sul raggio e sul numero dei segmenti non vengono considerate. Se si
intende cambiare il raggio, o il numero dei segmenti, è necessario cancellare
la sfera e crearne una nuova.
■ Sfera parametrica: mantiene i parametri del raggio e il numero dei segmenti,
e mostra una rappresentazione della sfera basata sul valore corrente dei
parametri. La definizione parametrica della sfera viene archiviata così come il
raggio e il numero dei segmenti. È possibile modificare o anche animare
questi parametri in qualsiasi momento.
La figura 1.3 mostra i parametri di base per una sfera parametrica e per una sfera
importata come mesh non parametrica.
Oggetti composti
Nel pannello Create è possibile combinare due o più oggetti per creare un nuovo oggetto
parametrico detto oggetto composto. Gli oggetti composti si basano sul concetto che è
sempre possibile modificare e cambiare i parametri degli oggetti che formano l’oggetto
composto. Un oggetto composto è un tipo di oggetto parametrico in cui i parametri
comprendono gli oggetti combinati e la descrizione di come questi oggetti vengono
combinati. Si consideri un’operazione booleana in cui si debba sottrarre una sfera da un
angolo di un cubo (figura 1.4).
■ Figura 1.4
Un cubo e una sfera, e il
risultato di una semplice
sottrazione booleana
■ Figura 1.5
Il risultato del
cambiamentodella
lunghezza dello spigolo del
cubo e del raggio della
sfera per un oggetto
booleanocomposto
Sub-oggetti
Con il termine sub-oggetto si intende qualsiasi componente che può essere selezionato e
modificato. Un esempio comune di sub-oggetto è una delle facce che formano una mesh.
Utilizzando il modificatore Edit Mesh è possibile selezionare un sub-oggetto, per
esempio una mesh, e poi muoverlo, ruotarlo, comprimerlo oppure cancellarlo.
Il concetto di sub-oggetto non si limita a vertici e facce ma può essere esteso a molti altri
elementi che non rientrano fra gli oggetti di scena, per esempio:
■ vertici, segmenti e facce degli oggetti forma
■ vertici, spigoli e facce degli oggetti mesh
■ vertici, spigoli e patch degli oggetti patch
■ forme e percorsi degli oggetti loft
■ operatori degli oggetti booleani
■ destinazioni degli oggetti morphing
■ gizmo e centri dei modificatori
■ chiavi delle traiettorie di movimento
A loro volta, molti dei sub-oggetti citati hanno i propri sub-oggetti e questo genera
situazioni in cui è possibile eseguire editing di sub-oggetti a più livelli. Si pensi per
esempio di applicare un modificatore a una selezione sub-oggetto di vertici da un oggetto
■ Figura 1.6
Selezioni di sub-oggetti di Modificatoregizmo Facce selezionate
un modificatore gizmo e
facce mesh selezionate
Oggetto master
Oggetto master è il termine con cui si indicano i parametri di un oggetto originale che viene
creato utilizzando le funzioni del pannello CREATE. Si pensi all’oggetto master come alla
definizione astratta di un oggetto che ancora non esiste sulla scena. L’oggetto non esisterà
sino a che l’intero dataflow non verrà valutato. L’oggetto master è solo il primo livello
di questo processo.
L’oggetto master fornisce le seguenti informazioni su un oggetto:
■ Figura 1.7
Tipo di oggetto Identificazione della
proprietà di un oggetto
master
Sistema di coordinate locale
dell’oggetto Parametri
dell’oggetto
Modificatori dell’oggetto
Dopo aver creato un oggetto master è possibile applicarvi un numero qualsiasi di
modificatori dell’oggetto, per esempio pieghe o estensioni. I modificatori manipolano i
sub-oggetti, per esempio i vertici, rispetto all’origine locale dell’oggetto e al sistema di
coordinate. In altre parole i modificatori cambiano la struttura di un oggetto nello spazio
oggetto.
Poiché i modificatori operano su sub-oggetti nello spazio oggetto, essi hanno le seguenti
caratteristiche:
■ Sono indipendenti da posizione e orientamento dell’oggetto nella scena; la
coppia di oggetti superiore della figura 1.8 mostra che una curva non viene
■ Figura 1.8
Caratteristiche dei
modificatori di oggetto Indipendente dalle trasformazioni
Applicato Applicato
a un oggetto intero a un suboggetto
Trasformazioni dell’oggetto
Gli oggetti vengono posizionati e orientati per mezzo delle trasformazioni. Quando un
oggetto viene trasformato vengono cambiati posizione, orientamento e dimensioni
rispetto alla scena. Il sistema coordinato che descrive l’intera scena viene detto spazio
■ Figura 1.9
Le trasformazioni
definiscono la posizione di
un oggetto nello spazio
globale
■ Figura 1.10
Confronto fra modificatori
e space warps
■ Figura 1.11
LA finestra di dialogo
OBJECT P ROPERTIES
Il dataflow dell’oggetto
Modificatori, trasformazioni, space warp e proprietà dell’oggetto vengono riuniti nel
dataflow per definire e visualizzare un oggetto sulla scena. Il dataflow dell’oggetto
funziona come una serie di istruzioni di assemblaggio. Ogni passo deve essere compiuto
nel giusto ordine e prima del passo successivo. I passi del dataflow dell’oggetto sono i
seguenti:
1. l’oggetto master definisce il tipo di oggetto e mantiene i valori impostati nei
parametri dell’oggetto;
2. i modificatori alterano l’oggetto nello spazio oggetto e sono valutati rispetto
all’ordine in cui sono stati applicati;
3. le trasformazioni posizionano l’oggetto sulla scena;
4. gli space warp alterano l’oggetto sulla base del risultato delle trasformazioni;
5. le proprietà dell’oggetto identificano il nome dell’oggetto e altre caratteristi-
che;
6. l’oggetto compare sulla scena.
La figura 1.12 illustra la sequenza di passi del dataflow dell’oggetto e i suoi effetti su una
sfera.
Cambiamento di oggetti
Come già visto nei paragrafi precedenti esiste una progressione ben definita che parte dai
parametri dell’oggetto, passa per modificatori e trasformazioni e finisce con space warp
e proprietà dell’oggetto. Spesso è possibile ottenere risultati simili cambiando i parametri
di un oggetto, applicando modificatori, trasformando l’oggetto o persino utilizzando uno
space warp. Si tratta di stabilire quale sia il metodo migliore da utilizzare.
Il metodo appropriato per cambiare un oggetto dipende dal dataflow dell’oggetto stesso,
da come l’oggetto è stato costruito e dall’utilizzo futuro dell’oggetto. La capacità di
operare la scelta giusta viene con la pratica e con l’esperienza. I prossimi paragrafi
forniranno delle indicazioni generali per la determinazione del metodo ottimale per il
cambiamento degli oggetti.
■ Figura 1.13
Cambiamentodei
parametri dell’oggetto
confrontato con le
trasformazioni
■ Figura 1.14
Differenze nell’ordine dei
modificatori
Sub-oggetti scalati
Oggettooriginale
■ Figura 1.16
Trasformazioni:
spostamento del centro di
una curva
Centro originale
Centro spostato
■ Figura 1.17
Trasformazioni:
spostamento dei vertici
con un modificatore
XForm
Forma Forma
originale XForm
Clonazione
Il termine clone è un termine generico utilizzato per descrivere l’azione di creare copie,
istanze o riferimenti. Da quasi tutti gli oggetti, per esempio modificatori, geometrie e
Creazione di copie
È possibile creare copie per duplicare un oggetto i cui duplicati siano unici e non abbiano
rapporto con l’oggetto originale. Ecco alcuni esempi di tecniche utili:
■ Copiare le chiavi, quando si intende duplicare un’azione da un momento
dell’animazione a un altro momento.
Per esempio, si potrebbe animare un oggetto che rapidamente s’incurva
avanti e indietro; per ripetere quest’azione a intervalli non regolari di tempo
nel corso dell’animazione si copiano le chiavi originali in tempi diversi.
■ Copiare i controller, quando si vuole ottenere il comportamento animato di
un oggetto duplicato da un altro oggetto.
Per esempio, se si vuole che più oggetti seguano lo stesso percorso ma si
prevede di regolare ogni controller percorso in modo che ogni oggetto sia in
■ Figura 1.18
Il dataflow dopo la copia di
un oggetto di scena
Oggettooriginale Copia
Creazione di istanze
Si creano delle istanze quando si intende utilizzare un unico oggetto in più di un luogo.
Poiché tutte le istanze sono in realtà lo stesso oggetto, il cambiamento di un’istanza
provoca il cambiamento di tutte le altre istanze. Le istanze fanno risparmiare molto lavoro
se utilizzate correttamente. Ecco alcuni esempi di utili tecniche per utilizzare le istanze.
■ Modificatori di istanze, quando si intende applicare lo stesso effetto a una
selezione di oggetti differenti.
Per esempio, se si crea una scena dove si intende ottenere una selezione di
oggetti da estendere contemporaneamente, selezionare tutti gli oggetti e fare
clic sul pulsante Stretch del pannello MODIFY per applicare un’istanza dello
stesso modificatore a tutti gli oggetti. Cambiare i parametri estensione a un
oggetto qualsiasi cambia tutti i parametri. La figura 1.19 mostra il risultato di
un modificatore estensione replicato.
■ Controller istanza, quando si vuole che tutti gli oggetti di una selezione si
comportino esattamente nello stesso modo.
Per esempio, per modellare una coppia di veneziane e animare il movimento
delle listerelle, si anima la rotazione di una listerella e si utilizza il comando
Copia e Incolla in Editor tracce per assegnare un’istanza del controller di
rotazione della listerella a tutte le altre listerelle; dopodiché, ruotando una
listerella, tutte le altre ruotano nello stesso modo. La figura 1.20 mostra il
risultato dell’utilizzo di un’istanza con il controller di rotazione per aprire e
chiudere le veneziane.
■ Figura 1.20
Utilizzo di un controller
Rotation istanziato
Mappa Mappa
di rugosità di lucentezza
■ Figura 1.22
Utilizzo di oggetti di scena
istanziati
Bottiglia Bottiglia
originale Istanze modificata Istanze
■ Figura 1.23
Il dataflow dopo
l’istanziazione di un
oggetto
Creazione di riferimenti
Solo gli oggetti di scena possono avere i riferimenti. Si creano dei riferimenti quando si
vuole che gli oggetti di scena condividano gli stessi parametri e modificatori radice ma
che mantengano la capacità di modificare ulteriormente ogni oggetto in modo indipen-
■ Figura 1.24
Utilizzo di oggetti di scena
con riferimenti
Riferimenti
Riferimenti
Oggettooriginale Oggettooriginalemodificato
■ Figura 1.25
Il dataflow dopo la
creazione di un
riferimento per un oggetto
Gerarchie
3D Studio MAX è quasi interamente organizzato in gerarchie. Il concetto di gerarchia è
piuttosto semplice: una gerarchia è suddivisa in livelli e i livelli più alti rappresentano
informazioni generali, o livelli di maggiore influenza, mentre i livelli più bassi rappresen-
tano informazioni dettagliate, o livelli di minore influenza.
Gerarchia di scena
L’Editor tracce visualizza la gerarchia dell’intera scena (figura 1.26).
■ Il livello superiore è detto World (globale); è possibile apportare alcuni cam-
biamenti globali a qualsiasi elemento della scena cambiando la traccia World
nell’Editor tracce.
■ Figura 1.26
Visualizzazione della
gerarchia di scena
nell’Editor tracce
Gerarchie oggetto
Le gerarchie oggetto sono forse le più familiari a quanti hanno già utilizzato una
programma di animazione. Utilizzando degli strumenti per collegare gli oggetti è
possibile costruire una gerarchia dove le trasformazioni applicate a un oggetto sono
ereditate dagli oggetti collegati al di sotto di esso. Si consiglia di collegare gli oggetti e
costruire gerarchie di oggetti per modellare e animare strutture congiunte.
La terminologia utilizzata per le gerarchie oggetti è la seguente:
■ il livello superiore della gerarchia è chiamato radice; tecnicamente la radice
equivale al livello globale ma molti preferiscono indicare con il termine
radice il più alto livello oggetto della gerarchia;
■ un oggetto che ha altri oggetti collegati in posizione inferiore è detto oggetto
principale; tutti gli oggetti sotto un principale sono i suoi discendenti;
■ un oggetto collegato a un oggetto superiore è detto oggetto derivato; tutti gli
oggetti che possono essere tracciati dall’oggetto derivato alla radice sono
detti originari.
La figura 1.28 mostra un esempio di gerarchia oggetto.
■ Figura 1.28
Visualizzazione delle
gerarchie dell’oggetto
Oggetto
radice
■ Figura 1.29
Visualizzazione di una
gerarchia Video Post
Animazione
In genere l’animazione viene definita come il processo per cui si producono una serie di
immagini di un oggetto che cambia nel tempo e poi le si riproduce così rapidamente che
esse danno l’idea di essere in movimento. In questo senso anche le riprese dal vivo
rientrano nel concetto di animazione: una cinepresa o una videocamera catturano
immagini dal vivo ad alta velocità per riprodurle ad alta velocità.
Ciò che differenzia l’animazione dall’azione dal vivo è il processo con cui si genera
l’immagine. L’azione dal vivo utilizza le cineprese per catturare le immagini da riprodur-
re. L’animazione tradizionale prevede che ogni immagine sia disegnata e poi fotografata
come un unico fotogramma da riprodurre.
Questa differenza di procedura è la ragione per cui il tempo di animazione è così
strettamente legato al fotogramma. Ogni immagine, o fotogramma di film, deve essere
disegnato, inchiostrato e colorato a mano, il che porta gli animatori a ragionare in termini
di fotogrammi: per esempio dicono che un’azione richiede un numero x di fotogrammi,
o che una certa cosa deve succedere durante quel certo fotogramma.
Ragionare in termini di fotogrammi, tuttavia, in genere non è molto naturale ma è una
tendenza imposta dai limiti della tecnologia di animazione. Sarebbe molto più semplice
procedere all’animazione riferendosi al tempo reale, per esempio dicendo che una certa
cosa dura x secondi e che x secondi dopo deve accadere una certa altra cosa.
Con 3D Studio MAX l’animazione si verifica in tempo reale: si progetta un mondo virtuale
dove le azioni vengono definite e accadono in tempo reale; è quindi necessario aspettare
il rendering prima di decidere in quanti fotogrammi si vuole dividere il tempo.
■ Figura 1.30
Definizione del tempo nella
finestra di dialogoTIME
CONFIGURATION
Chiavi di definizione
L’animazione tradizionale è strettamente legata a una tecnica detta keyframing (realizza-
zione dei fotogrammi chiave): con questa parola si indica l’attività dell’animatore che
disegna i fotogrammi più importanti di una sequenza animata, le chiavi appunto, i quali
vengono poi passati a un assistente animatore che ha il compito di completare i
fotogrammi fra le varie chiavi. A seconda del tipo di animazione, l’animatore deve
disegnare più o meno chiavi.
3D Studio MAX lavora più o meno nello stesso modo. L’utente è l’animatore e specifica
esattamente ciò che deve succedere e quando deve succedere creando chiavi di anima-
zione in momenti prestabiliti. 3D Studio MAX è l’assistente animatore che si occupa
dell’animazione che si verifica negli intervalli di tempo fra una chiave e l’altra.
Per creare le chiavi di animazione eseguire le seguenti operazioni:
1. attivare il pulsante Animate situato nell’angolo inferiore destro della finestra
di 3D Studio MAX;
■ Figura 1.31
Impostazione delle chiavi
di animazione con il
pulsanteAnimate e col
Time Slider
Pulsante Animate
Time Slider
Controller di animazione
Con 3D Studio MAX tutta l’animazione, sia essa per chiavi o parametrica, viene gestita
da controller di animazione. Problemi come la modalità di memorizzazione dell’anima-
zione, l’utilizzo di chiavi o parametri, l’interpolazione dei valori di animazione da un
tempo all’altro sono tutti gestiti da un controller di animazione (detto più semplicemente
controller).
■ Figura 1.33
Parametri animati e
controller nell’Editor
tracce
■ Figura 1.34
Pannello Plug-Ins della
finestra di dialogo
CONFIGURE P ATHS
Ricerca di plug-in
Dopo avere installato un nuovo plug-in, è necessario poterlo ritrovare, e la facilità di
questa operazione dipende dal tipo di plug-in. In generale, per accedere ai plug-in è bene
utilizzare quattro metodi:
■ i creatori di oggetti in genere compaiono come una nuova sub-categoria sotto
una delle sette categorie di creazione del pannello Create;
■ è inoltre possibile che i plug-in di creazione compaiano come nuovi comandi
nella tendina OBJECT T YPE di una delle sub-categorie esistenti;
■ i modificatori compaiono nella finestra di dialogo MODIFIERS dopo avere fatto
clic sul pulsante More del pannello Modify;
■ altri plug-in del pannello dei comandi, come nei pannelli Utilities o Motion,
compaiono o come nuove tendine o come una voce nell’elenco categorie.
Alcuni di questi plug-in sono per esempio i plug-in per mappe o materiali nel
Material/Map Browser, i plug-in controller nella finestra di dialogo REPLACE
CONTROLLER, e i plug-in atmosfera nella finestra di dialogo A DD ATMOSPHERIC
EFFECT .
Plug-in mancanti
Uno degli aspetti più importanti dell’architettura plug-in di 3D Studio MAX è ciò che
succede quando si carica un file che utilizza un plug-in non installato nel sistema. Non ci
si stupisca se il file non può essere caricato.
Quando 3D Studio MAX individua che un plug-in richiesto è mancante visualizza la
finestra di dialogo MISSING DLLS (figura 1.35). Questa finestra elenca le DLL mancanti
(Dynamic Link Libraries, librerie a collegamento dinamico), fornisce informazioni sui
loro nomi e sul loro utilizzo e permette di procedere con il caricamento o la cancellazione
del file.
Se si procede al caricamento, vengono creati dei segnaposto per le DLL mancanti, i dati
della DLL vengono salvati e quant’altro contenuto nel file viene visualizzato. Per
esempio, un semplice cubo sostituisce la geometria generata da un plug-in creazione
oggetto. È possibile lavorare normalmente con il file ma non è possibile apportare alcun
cambiamento a parti della scena controllate dalla DLL mancante. In seguito, se il plug-in
mancante viene installato e il file ricaricato, tutte le informazioni verranno visualizzate
correttamente.
Riepilogo
■ Comportamento object-oriented: essendo un programma object-oriented,
3D Studio MAX consente di eseguire solo operazioni su oggetti selezionati; le
altre operazioni sono disattivate o sono nascoste nell’interfaccia.
■ Oggetti parametrici: poiché gli oggetti parametrici forniscono numerose
opzioni di modeling e di animazione, è opportuno mantenere il più possibile
la definizione parametrica di un oggetto; le operazioni che eliminano i para-
metri sono: attaccare gli oggetti utilizzando uno dei modificatori Edit; com-
primere l’Elenco modificatori di un oggetto; esportare oggetti in un formato
file differente.
■ Modificatori e space warp: effetti identici possono essere ottenuti per mezzo
dei modificatori e degli space warp. È bene ricordare, tuttavia, che i modifi-
catori vengono applicati direttamente all’oggetto e non cambiano via via che
l’oggetto si sposta sulla scena. Gli space warp, invece, esistono come oggetti
indipendenti a cui sono legati gli altri oggetti. L’effetto di uno space warp
cambia con lo spostamento di un oggetto sulla scena. Per applicare un effetto
direttamente a un oggetto utilizzare i modificatori. Per simulare effetti
ambientali o forze esterne utilizzare gli space warp.
■ Installazione di plug-in: Per ridurre il numero dei plug-in caricati nella
cartella default\plugins è possibile configurare cartelle specializzate per i
plug-in utilizzando la finestra di dialogo CONFIGURE PATHS. Tutti i plug-in
contenuti in una cartella identificata nella finestra di dialogo CONFIGURE
PATHS vengono caricati ogni volta in cui si avvia 3D Studio MAX.
Prima di riuscire a creare rendering e animazioni efficaci con 3D Studio MAX, è necessario
acquisire una discreta abilità e conoscenza del programma. Quando si creano scene con
3DS MAX, ci si rende subito conto che le discipline rappresentate nel programma sono
moltissime: modellazione, illuminazione, fotografia, teatro, pittura e narrativa. Forse una
delle cose più importanti, tuttavia, è capire come lavorare con i colori e le luci.
I colori influiscono su tutte le cose che vediamo e facciamo. Il colore rosso potrebbe
indurre a fermarsi e il colore di una stanza potrebbe perfino influire sul proprio umore.
La decisione di acquistare un oggetto spesso dipende dal suo colore. Capire gli effetti del
colore e come adoperarlo al meglio per produrre l’effetto desiderato è fondamentale. In
questo capitolo, saranno illustrati i diversi concetti che riguardano i colori e le luci e qual
è il loro rapporto con la grafica computerizzata e 3DS MAX. In particolare, questo capitolo
tratta i seguenti argomenti:
■ modelli di colori pigmento;
■ colori come luce riflessa;
■ mescolare i colori in 3D Studio MAX;
■ composizione dei colori;
■ influenze del colore alla luce naturale;
■ influenze del colore alla luce artificiale;
■ influenze delle lampade colorate.
■ Figura 2.1
La luce colpisce un
cartello di stop e riflette la
luce rossa e bianca
(FIG0201.bmp)
Pigmenti primari
I tre pigmenti primari azzurro, giallo e magenta sono realmente i colori complementari
della luce bianca i cui colori primari sono rosso, verde e blu. Entrambi i modelli sono
mostrati nella figura 2.3. Tutti i pigmenti (o le sostanze sottrattive) hanno origine da
questi tre colori. L’utilizzo di questi colori primari dà il nome al modello di colore CYM
(Cyan-Yellow-Magenta, Azzurro-Giallo-Magenta). Nel modello CYM, il rosso risulta dal
miscuglio di magenta e giallo, il blu è composto da azzurro e magenta e il colore che tutti
considerano giallo è formato dal giallo con un tocco di magenta. Un motivo per cui non
si insegna il modello di colore CYM è che questi colori primari intensi sono innaturali e
difficili da trovare nel mondo reale. Un vero colore primario si trova raramente in natura
e non capita spesso di utilizzarlo quotidianamente.
Uno dei motivi per cui il modello RYB è tuttora preferito al modello CYM sta nella difficoltà di
creare veri e proprio pigmenti color azzurro, magenta e giallo. I gialli puri sono stati ottenuti
solo nel 1800 e un vero magenta solo attorno al 1850. Attraverso i secoli gli artisti sono stati
costretti a utilizzare pigmenti i cui colori erano stati già sottratti o mescolati. Un esempio
significativo sono le vecchie illustrazioni a colori che hanno adottato il modello di colore RYB.
Sembrano spesso piatte e opache perché per scurire il disegno l’autore si è servito quasi
esclusivamente del nero. Questa mancanza di colori primari intensi spiega anche perché i
dipinti dei vecchi maestri sono tutti pervasi da un colore e da un’atmosfera particolare. I colori
primari intensi non erano disponibili. Questa riflessione non deve essere considerata una critica
nei confronti delle qualità e delle capacità di osservazione degli artisti del passato ma piuttosto
un commento sulla loro non familiarità con i modelli CYM e RGB.
Quando si formano dei colori con il modello CYM, e quindi si mescolano pigmenti, gli ingre-
dienti sono spesso espressi in termini percentuali (per esempio, con 50 percento di giallo, 45
percento di azzurro e 5 percento di magenta si ottiene una particolare sfumatura di verde).
Utilizzare le percentuali per descrivere i colori è simile al metodo utilizzato in 3DS MAX per
specificare i valori del colore.
La stampa a colori è un supporto basato sui pigmenti che necessita il colore nero e utilizza
il modello CYM al completo. Per questo motivo, il modello CYM viene spesso definito
modello di colore a inchiostro, in cui azzurro, giallo e magenta costituiscono i colori primari
che mescolati danno luogo al nero. I tre cerchi sovrapposti di “inchiostro” servono a
illustrare questo modello di base. In realtà, il nero risultante è un blu o un viola molto
intenso, ma viene percepito come nero. Anche se è possibile mescolare tutti i neri stampati
in questo modo, l’industria delle stampanti utilizza il nero come inchiostro distinto da
■ Figura 2.4
I segnali di stop rossi e
bianchi illuminati con luce
bianca e azzurra.
FIG0204.BMP
Ogni pigmento assorbe una parte particolare dello spettro e riflette la luce con la quale
è associato. Per formare il nuovo “colore”, i pigmenti misti di solito sottraggono dal
miscuglio i vari colori dello spettro. Il blu (che non riflette il rosso o il giallo) mischiato
con il giallo (che non riflette il rosso o il blu) forma il verde sottraendo completamente
alla miscela la capacità di riflettere il rosso. I pigmenti sono sottrattivi e questo si intende
quando si parla di materiale trasparente “sottrattivo” nel Material Editor.
Le luci non bianche si rifrangono nel proprio spettro, poiché parte dell’intero spettro (bianco)
manca, altrimenti non sarebbero colorate.
Mentre il bianco costituisce l’assenza di pigmento nel modello CYM (rappresentato dal
bianco della tela), il nero rappresenta la mancanza di luce nel modello RGB (e può essere
considerato la vera e propria oscurità). I tre colori primari della luce si mescolano per
formare la luce bianca. Il miscuglio dà origine ai colori secondari azzurro, giallo e
magenta, i colori primari del modello di pigmento CYM.
La dicotomia fra luce e pigmento è un concetto importante da afferrare per capire
completamente come appaiono i materiali in diverse condizioni di illuminazione. La luce
e i pigmenti sono elementi opposti ma complementari. I colori primari di un modello
rappresentano i colori complementari dell’altro. Il modello RGB emette luce; il modello
CYM la riflette. Il pigmento di un oggetto non può essere visto se la luce non lo colpisce,
mentre la luce colorata, per essere percepita, necessita di una superficie opaca da colpire.
Se si mescolano tutti i colori della luce si ottiene il bianco, mentre se si mescolano tutti i
colori pigmento si ottiene il nero. Il modello RGB mescola i colori aggiungendoli, il
modello CYM sottraendoli.
I cerchi di luce appaiono frastagliati sui bordi nelle finestre ombreggiate perché il renderizzatore
interattivo di immagini di 3DS MAX utilizza Gouraud per ombreggiare la visualizzazione. Questo
metodo calcola gli effetti di illuminazione ombreggiando i vertici del modello. L’effetto di
illuminazione apparirà accurato solo se la mesh visualizzata è fitta. Per visualizzare l’effetto reale
della luce, sarà necessario effettuare un rendering di produzione.
Il colore RGB
È importante arrivare alla comprensione completa del modello RGB perché quasi tutte le
applicazioni a colori basate sul computer si basano su questo modello. Fortunatamente,
il Color Selector (figura 2.6) di 3DS MAX offre un ottimo metodo per impadronirsi del
concetto di mescolare diverse quantità di colore nel modello RGB.
■ Figura 2.6
Il Material Editor e il Color
Selector di 3DS MAX.
FIG0206.BMP
1. Entrare nel Material Editor facendo clic sul pulsante Material Editor sulla
barra degli strumenti.
2. Fare doppio clic sulla tavolozza dei colori <Diffuse> per far apparire il Color
Selector (non importa quale materiale è attivo perché verrà cambiato solo il
colore).
Il Color Selector regola contemporaneamente il colore nei dispositivi di
scorrimento e la tavolozza dei colori nonché i valori, i colori e la sfera cam-
pione di rendering del Material Editor.
3. Fare clic su un colore nel gradiente Hue o sul dispositivo di scorrimento Hue
e controllare che il dispositivo di scorrimento Whiteness non sia nella parte
inferiore dell’intervallo.
4. Spostare il dispositivo di scorrimento Sat (saturazione) a 255 (fino all’estre-
mità destra) e controllare che il dispositivo di scorrimento Value non si trovi
alle estremità.
In questo modo si crea un colore completamente saturo con almeno uno dei
valori RGB impostati al massimo nel livello corrente del dispositivo di scorri-
mento Value mentre almeno uno degli altri è ridotto a zero.
■ Figura 2.8
Il Color Selector standard
in 3DS MAX.
FIG0208.BMP
Il Color Selector
Il Color Selector di 3DS MAX costituisce l’ambiente ideale per imparare a mescolare i
colori. L’esercizio seguente aiuterà a comprendere il significato dei dispositivi di
scorrimento HSV dei colori e il modo in cui influiscono l’uno sull’altro. La Figura 2.9
illustra come è possibile accedere al Color Selector anche dalla finestra di dialogo OBJECT
COLOR.
■ Figura 2.9
Il Color Selector di 3DS
MAX dalle finestre di
dialogoOBJECT COLOR.
FIG0209.BMP
1. Fare clic sulla tavolozza OBJECT COLOR nel pannello COMMAND per accedere
alla finestra di dialogo OBJECT COLOR e poi fare doppio clic sulla tavolozza
dei colori A CTIVE COLOR per visualizzare il Color Selector, identico a quello
del Material Editor.
2. Fare clic su un colore qualsiasi sul dispositivo di scorrimento Hue e portare i
dispositivi di scorrimento Saturation e Value fino a 255.
Colori complementari
I colori che si trovano su posizioni diametralmente opposte sulla ruota a colori sono
complementari. Per il modello di base RYB, i colori primari complementari sono rosso e
verde, giallo e viola, blu e arancione. I colori complementari possono essere individuati
in qualsiasi punto della ruota, quindi il colore complementare di un arancione rossastro
è un blu verdastro.
I colori complementari hanno diverse caratteristiche importanti. Se utilizzati in maniera
affiancata, un colore esalta l’intensità del suo complementare e produce un grande
contrasto visivo. Una tale caratteristica può produrre anche una distorsione visiva molto
accentuata perché i colori complementari si contendono l’uno il colore dell’altro, quello
che a loro manca. In questo modo, l’occhio percepisce un effetto di “interruzione” o
“vibrazione”. Se mescolati, i colori complementari creano sfumature di marrone e di
grigio perché tendono a neutralizzare l’intensità della tinta principale e di solito nelle
mescolature tradizionali si evita di mischiare colori complementari. Quando un oggetto
colorato crea un’ombra, questa tende al colore complementare dell’oggetto. Questo
effetto è valido anche per le sorgenti di luce colorate che producono ombre che tendono
al colore complementare.
La luce solare
La luce del sole non è facile da quantificare poiché si esprime in molte modalità, sfumature
e tonalità. La luce solare del mattino può essere di un grigio caldo in una giornata tersa
o di un grigio freddo in una giornata di nebbia. La luce solare del tardo pomeriggio
produce una tonalità di giallo molto calda, mentre al tramonto può variare da un rosso
acceso a un viola purpureo. Il sole di mezzogiorno si avvicina molto al bianco, mentre alla
stessa ora la luce circostante che trapela da un lucernario orientato a nord potrebbe essere
fredda. Non esistono formule per calcolare tutte le qualità della luce del sole. È necessario
imparare a osservare il mondo circostante e mettere in pratica le proprie osservazioni
nelle scene create. Occorre imparare a guardare profondamente una fotografia o un
orizzonte per analizzarne la qualità della luce. Quando si effettua un’animazione con il
sole, per uno studio sulle ombre per esempio, è importante tenere conto di come il colore
del sole cambia nel corso del giorno.
La luce lunare
La luce lunare costituisce l’altra fonte di illuminazione naturale offerta dalla natura. Di
solito si pensa sia una luce basata sul giallo, ma questa definizione è troppo semplicistica.
La luna riflette semplicemente la luce dal sole. Come la luce solare, è filtrata dall’atmo-
sfera. La luna cambia colore mentre si sposta nel cielo proprio come il sole. La luce lunare
è di solito di un giallo caldo quando si trova nella parte bassa del cielo e diventa più bianca
quando si trova nella parte alta. Poiché la luna rappresenta una sorgente di luce molto
debole, l’illuminazione disponibile è scarsa e la quantità di luce riflessa dalle superfici
minima. La luce circostante di una scena che raffigura la luna deve essere scarsa e il colore
deve tendere fortemente verso il colore complementare della luna.
Le lampade a incandescenza
La sorgente di luce artificiale più antica e più comune è la lampadina a incandescenza. È
una sorgente puntiforme e l’intensità è limitata solo dal numero di watt forniti a quel
punto. Il colore emesso da una lampada a incandescenza è caldo e basato sull’arancione
con una temperatura di colore vicina a quella dell’alba. Un esempio che mostra fino a che
punto le lampade a incandescenza cambiano colore a seconda del numero di watt è dato
dai variatori di luce che a livelli molto bassi producono una luce quasi arancione. Anche
le lampade alogene fanno parte della famiglia delle lampade a incandescenza ma hanno
una temperatura notevolmente superiore. Producono un’illuminazione decisamente più
forte ed emettono una luce molto più bianca, ma calda. Le lampade alogene diventano
arancioni quando sono sfumate.
Le lampade fluorescenti
Le lampade fluorescenti emettono una luce colorata molto più bianca e basata sul blu e
il verde rispetto alle lampade a incandescenza. Le lampade fluorescenti ad alta tempera-
tura non sono proprio l’ideale per definire il colore di un oggetto . Infatti, pur essendo
più “bianche”, la loro luce sbiadisce molti colori, soprattutto i colori complementari rosso,
arancione e le tonalità della pelle. La quantità di luce prodotta da una lampada
Le luci dai colori intensi hanno effetti fantastici se utilizzate con cautela. Se si osserva
l’illuminazione del teatro dal palcoscenico, non si vedrà luce bianca ma un insieme di luci
colorate piene di vita. I teatri di solito utilizzano diverse combinazioni di luci di colore
rosso, verde, blu, giallo, magenta e azzurro puro. Questi colori puri di luce si mescolano
sul palcoscenico conferendo ad alcune aree e a numerose zone d’ombra una tale ricchezza
e vitalità che nemmeno la luce bianca sarebbe stata in grado di creare. Le luci colorate
possono produrre fenomeni di grande effetto se utilizzate su oggetti completamente
bianchi nonché in scene monocromatiche. Le superfici bianche riflettono tutto lo spettro
di luce e visualizzano le tonalità mescolate e l’intensità delle diverse luci proiettate su di
esse.
Riepilogo
■ Colori primari. I colori primari dei pigmenti sono azzurro, giallo e magenta.
Sono anche i colori complementari dei colori primari della luce rosso, verde e
blu.
■ Colori miscelatura. Se si mescolano i colori della luce si ottiene un effetto
additivo, mentre mescolandone di più ci si avvicina al bianco. Se si mescola-
no i colori pigmento si ottiene un effetto sottrattivo, mentre mescolandone di
più ci si avvicina al nero.
■ Neri e grigi. I neri e grigi veri e propri dovrebbero essere utilizzati con
cautela perché quasi ogni sorgente di luce o superficie pigmento è calda o
fredda di natura. Anche se i grigi veri e propri sono tutti troppo facili da
definire all’interno della grafica computerizzata, nella vita quotidiana si
trovano raramente.
■ Superfici colorate. Il colore della superficie in realtà è la luce che si riflette su
di essa. Perché una superficie colorata si veda, nella sorgente di luce è neces-
sario che ci siano i componenti di colore corrispondenti da riflettere. Questo
è un concetto importante da ricordare quando si definiscono i colori delle
sorgenti di luce.
3D Studio MAX dispone di numerosi strumenti che possono essere utilizzati per
organizzare la modellazione, controllare la prospettiva e visualizzare la composizione
delle scene. Per poter utilizzare al meglio il programma, risulterà utile sondare ed
esaminare le varie opzioni disponibili: la scelta accurata delle lenti di una macchina
fotografica, della sua posizione e della composizione segna la linea di confine tra
l’istantanea di un modello e la composizione di un’immagine davvero professionale. Nel
presente capitolo verranno trattati molti di questi aspetti fondamentali:
■ metodi di visualizzazione 3D sia tradizionale sia in 3DS MAX;
■ proiezioni ortogonali e assonometria;
■ terminologia della prospettiva tradizionale rispetto a 3D Studio MAX e
classificazioni standard di prospettiva;
■ confronto tra visione umana e utilizzo delle cineprese in 3D Studio MAX;
■ parallasse e correzione prospettica;
■ composizione di immagini.
Visualizzazione ortogonale
La maggior parte dei disegni di oggetti è ortogonale, cioè i disegni rappresentano la vista
esattamente secondo angoli di 90 gradi rispetto al soggetto, senza alcuna prospettiva. Le
viste ortogonali sono importanti perché mostrano gli esatti rapporti di altezza e
larghezza. Tutte le parti del soggetto vengono mostrate parallele al piano di visualizzazione
e sono scevre dalla distorsione e dallo scorcio presenti nella prospettiva. Tutto ciò che
viene rappresentato in una proiezione ortogonale ha la stessa scala, mentre in prospettiva
i soggetti più vicini sono più grandi di quelli più distanti. Le viste perpendicolari che
caratterizzano la proiezione ortogonale formano un “cubo” circoscritto al soggetto
(figura 13.1).
In molti casi le varie parti vengono disegnate da tre punti di vista, talvolta con l’aggiunta
di quella assonometrica. In altri, per esempio in architettura, vengono mostrate tutte le
viste, anche se superflue, con l’aggiunta di quelle in sezione, che mostrano le relazioni fra
elementi e particolari strutturali.
Vista
assonometrica
Vista da destra
Proiezioni
Le proiezioni ortogonali di 3D Studio MAX sono sei: Top (Superiore), Bottom (Inferiore),
Front (Frontale), Back (Posteriore), Right (Destra) e Left (Sinistra) con tasti di scelta
rapida standard, T, B, F, K, R, L, collegate ortogonalmente agli assi X, Y, Z di World.
Questi termini sono simili a quelli utilizzati in campo industriale dove le viste sono
descritte in relazione all’oggetto. In architettura si utilizzano termini diversi per viste
simili perché gli edifici hanno una struttura universale di riferimento. In termini
architettonici le viste Top e Bottom sono piante e le viste Front, Back, Left e Right sono
alzate. Questa terminologia è illustrata in figura 3.2 in relazione con le viste di 3D Studio
MAX. Il termine pianta è generalmente accompagnato dall’indicazione specifica (piano
terreno, soffitto, fondazione, tetto, eccetera) mentre il nome delle alzate è abbinato alla
direzione rispetto alla bussola (nord, sud, sudovest, eccetera).
Quando una vista laterale, o alzata, è presa all’interno dello spazio del soggetto si chiama
alzata interna e mostra solo quanto si vedrebbe stando dentro quello spazio. Se la vista
mostra anche la larghezza (ed eventualmente la struttura) delle pareti circostanti, viene
detta sezione. Una sezione è un’alzata a partire da un certo punto del soggetto (vedi
paragrafi successivi). Le sezioni vengono ampiamente utilizzate per descrivere la
struttura e i rapporti interni tra gli elementi. Pur essendo difficili da interpretare, i disegni
in sezione rappresentano un valido strumento per il modellatore in 3D Studio MAX
perché sono le forme perfette per il lofting (consultare il capitolo 10 per ulteriori
informazioni sulla modellazione di oggetti loft). È possibile creare una vista del modello
in sezione dinamica regolando i piani di ritaglio della cinepresa.
Prospetto nord
Vista
Prospetto ovest
assonometrica
Assonometria
Quando le viste non sono più perpendicolari cominciano a mostrare più di un lato
contemporaneamente, e a diventare oblique. Le viste di questo tipo sono dette assonometri-
che e il loro nome in 3DS MAX è User views (viste utente).
Molti utenti identificano le User views con quelle isometriche o inclinate. In realtà il termine
isometrico si riferisce a un tipo molto particolare di assonometria in cui gli angoli di rotazione
sono tutti uguali (in genere di 30 gradi). I disegni inclinati mantengono un piano non distorto
(la pianta o l’alzata) e inclinano le proiezioni corrispondenti. Questo tipo di proiezione non può
essere rappresentato dalla User view di 3DS MAX.
Prospettiva e cineprese
Normalmente la prospettiva si riferisce all’aspetto degli oggetti considerati in profondi-
tà, così come sono percepiti dalla vista umana. Le macchine fotografiche, la televisione e
il cinema mostrano il mondo in prospettiva su piani bidimensionali di pellicola, vetro o
su schermo. Mentre questi strumenti dispongono automaticamente le immagini, gli artisti
hanno sempre avuto bisogno di costruire le prospettive traducendo il mondo tridimen-
sionale sul piano bidimensionale della carta o della tela. Il modo in cui le hanno
rappresentate è importante per capirne l’impatto compositivo e per utilizzare la termino-
logia di coloro che non si occupano di computer grafica.
Nel contesto del disegno, la prospettiva si riferisce alle varie tecniche sviluppate per
rappresentare oggetti tridimensionali e relazioni di profondità su una superficie bidimen-
sionale. Oggi si utilizzano diversi metodi empirici, meccanici e basati sulla costruzione per
realizzare l’effetto prospettico. Questi metodi seguono stadi e procedure molto specifici
nella creazione manuale di una prospettiva; 3DS MAX li esegue automaticamente nella
finestra Camera con una precisione superiore a quella di molti disegnatori. Di seguito
vengono messi in relazione i termini utilizzati in arte con la terminologia della Camera
di 3DS MAX.
La classica teoria della prospettiva pone l’occhio dell’osservatore in un punto principale
e guarda un punto lontano, detto centro di vista, che in 3DS MAX equivale a posizionare
la cinepresa e l’oggetto cui questa punta. In figura 3.4 è illustrata la correlazione tra i due
modelli.
La linea tesa tra l’occhio dell’osservatore e il centro di vista viene detta linea di puntamento.
3DS MAX traccia questa linea visivamente per collegare la cinepresa e l’oggetto da
rappresentare. Questo vettore raggiunge il centro di vista dell’occhio e così mostra quello
■ Figura 3.4
Linea di vista Punto di fuga Camera
Terminologia classica
della prospettiva e
analogia con la cinepresa
di 3DS MAX.
Quadro
Il concetto di quadro è alla base della tecnica prospettica. Per incorniciare la scena veniva
utilizzata una lastra di vetro, sulla quale erano tracciate le linee di puntamento tra l’artista e gli
oggetti.
Il piano sul quale sta l’osservatore che guarda la scena viene detto piano di terra, ed è il
pavimento o il terreno sul quale giace la maggior parte degli oggetti della scena. Il piano
di terra è posizionato al di sotto dell’occhio dell’osservatore, a una distanza che per la
maggior parte delle persone coincide con l’altezza dell’orizzonte compresa tra i 150 e i 180
centimetri. In 3DS MAX il piano di terra coincide con il piano della griglia principale X,
Y che compare nelle User e Perspective views.
È possibile visualizzare la linea di orizzonte delle cineprese di 3DS MAX per guidare le composi-
zioni e posizionare correttamente le viste della cinepresa, in modo tale che corrispondano alle
immagini dello sfondo.
L’orizzonte è importante perché visivamente tutte le linee orizzontali, cioè quelle che
giacciono su piani paralleli a quello di terra, terminano in punti di fuga posti su esso. Le
linee che appartengono a piani al di sotto dell’occhio arrivano salendo alla linea di
orizzonte, mentre quelle che stanno sopra scendono verso di essa. Le linee della scena che
si trovano al livello dell’occhio sono coincidenti con l’orizzonte e sono interpretate come
una “linea” sola. 3DS MAX non utilizza alcun termine per indicare i punti di fuga perché
non ne richiede l’utilizzo. La conoscenza del loro significato comunque facilita il compito
di posizionare gli oggetti in una scena e di determinare il punto migliore dal quale
osservarli. Questi punti tendono anche ad attirare l’occhio dell’osservatore, diventando
un naturale fulcro di interesse. La posizione avrà un impatto sulla forza della composi-
zione. Quando un angolo è visibile da entrambi i lati della linea di vista viene detto cono
visuale o angolo visuale, che equivale al Field of View (campo visivo), FOV, di 3DS MAX
(figura 3.5). Nella realizzazione di prospettive tradizionali, l’angolo visuale è spesso
fissato a 30 gradi da entrambi i lati della linea di vista, una scelta dettata dalla possibilità
di utilizzare triangoli rettangoli con angoli di 30 e 60 gradi, più semplici, piuttosto che
dalla riproduzione della realtà fisica. Infatti l’angolo fino al quale l’occhio umano può
focalizzare è più vicino a 45 gradi, il valore del Field of View fornito dalla lente di default
da 51,944 mm di 3DS MAX.
■ Figura 3.6
Il modello toy block
visualizzato secondo la
prospettiva centrale.
L’effetto può essere visto nella finestra Camera01 (figura 3.6). Il punto di
fuga delle facce del cubo giace sulla linea di orizzonte e coincide con il centro
di vista. Le altre linee del cubo hanno un punto di fuga a distanza infinita da
entrambi i lati, vale a dire che non ne hanno nessuno. Queste linee non hanno
termine e sono parallele all’osservatore e all’orizzonte. Tale vista è detta
prospettiva centrale (a punto unico) perché esiste un solo punto di fuga.
■ Figura 3.7
Il modello Toy Block
visualizzato in prospettiva
a due punti.
Linee in fuga
Lineadell’orizzonte Linee parallele
Orizzonti
Un concetto fondamentale da tenere presente riguarda il fatto che il livello dell’occhio
determina l’orizzonte. Poiché l’altezza media delle persone varia tra i 150 e 180 centimetri,
gli occhi condividono lo stesso orizzonte, purché si trovino sullo stesso piano di terra. Gli
occhi di una folla quindi sono colineari e in linea con l’orizzonte (figura 3.9). Quando
l’osservatore vede una testa che supera l’orizzonte sa che la persona è più alta di lui o che
si trova su un piano più elevato. Se una testa si trova al di sotto dell’orizzonte la persona
è più bassa oppure si trova su un piano inferiore.
■ Figura 3.9
Gli occhi di una folla sono
in linea con l’orizzonte.
■ Figura 3.10
Linea dell’orizzonte alta Linea dell’orizzonte bassa
La posizione degli orizzonti
risultante dall’inclinazione
della cinepresa e dal suo
spostamento sul piano
verticale.
■ Figura 3.11
Rotaie convergenti in un
punto di fuga all’orizzonte.
L’occhio cattura molte immagini, rapidissimamente, che poi il cervello compone per
formare un quadro complessivo della scena dalla quale trae delle conclusioni. Il cervello
organizza forme e figure secondo relazioni spaziali. Quando si analizza l’istantanea di una
scena, si vedono tutte le linee “inclinarsi” o convergere. Ma il cervello tende a correggere
la vista del mondo reale e a interpretare queste linee come parallele invece che
convergenti. Si tratta di un’interpretazione della realtà, dopo tutto gli oggetti sono
davvero paralleli. Inoltre è molto più facile navigare in un mondo che la mente percepisce
in senso spaziale: basta immaginare un mondo in cui si debba continuamente valutare
l’effetto della prospettiva prima di attraversare una stanza per prendere un bicchiere. La
capacità di non vedere il mondo in prospettiva è utile e costituisce la norma: il cervello
compie questa trasformazione spaziale automaticamente.
Per comprendere la prospettiva è necessario imparare a vedere il mondo non per come
appare nelle immagini trasformate dal cervello ma per come appare nelle istantanee. La
prospettiva si impara; non è un fatto istintivo. Gli artisti imparano a trovare linee
convergenti e punti di fuga quando disegnano una scena e queste regole costituiscono un
bagaglio sempre presente al momento di schizzare un soggetto. Fu solo con il Rinascimen-
to che la prospettiva divenne una tecnica assodata, ciò che ne dimostra la difficoltà di
apprendimento.
■ Figura 3.12
Teleobiettivo Grandangolo
Viste di una città con
prospettive molto diverse.
Obiettivo 35 mm
È necessario conoscere l’influenza delle dimensioni delle lenti di una macchina fotografica
da 35 mm sulla capacità visiva, perché questa macchina costituisce il termine dell’analogia
utilizzato da 3DS MAX per descrivere un campo visivo nelle finestre Camera (figura 3.13).
Questa relazione vale solo se ci si riferisce allo stesso tipo di macchina fotografica. Gli altri
standard di dimensioni di pellicola (per esempio, pellicola cinematografiche da 70 mm)
associano diversi intervalli di dimensioni delle lenti al campo visivo. La lente di default
di 3DS MAX è una 43,46 mm che restituisce un campo visivo equivalente alla vista naturale
dell’occhio, 45 gradi.
■ Figura 3.13
Le lenti disponibili per le
cineprese di 3D Studio
MAX.
Lenti grandangolari
Le lenti di dimensioni inferiori ai 50 mm (o più precisamente ai 48,24 mm) catturano un
campo visivo maggiore del normale cono di vista dell’occhio umano. Queste lenti sono
considerate grandangolari e le viste a esse relative vengono dette viste grandangolari.
Gli effetti prospettici visualizzati con tali lenti sono esagerati. Le lenti fornite da Camera/
Adjust sono quelle generalmente disponibili per le macchine fotografiche.
La scelta di una lente inferiore ai 35 mm e 28 mm standard di un grandangolo possono
provocare una distorsione prospettica eccessiva che a sua volta produce effetti spropor-
zionati o induce confusione, a seconda di come viene composta la scena finale. Le lenti
molto piccole, 10-15 mm sono dette comunemente lenti fisheye perché la lente stessa
comincia a sembrare sferica. La geometria osservabile attraverso gli angoli delle lenti
fisheye sembra “curvata”, quando si guarda da un lato all’altro. La lente più piccola di 3D
Studio MAX , una fisheye da 9,8 mm, restituisce un campo visivo a 178 gradi che produce
l’effetto di vedere quasi alle proprie spalle. Questo tipo di lente deve essere riservato a
effetti speciali.
La curvatura della lente della macchina fotografica ha un impatto sulle fotografie: più ampia è la
lente maggiore è l’effetto. Le lenti fisheye per esempio producono una notevole distorsione.
Questa in generale non è direttamente supportata dalla computer grafica perché le linee decre-
scenti sono sempre vettori rettilinei a prescindere dal FOV. Questo effetto può comunque
essere riprodotto attraverso un processo successivo.
Una percezione umana importante nella prospettiva a tre punti consiste nel fatto che più
l’oggetto viene allargato, più sembra grande (o più piccolo l’osservatore). Questo effetto
scaturisce dalle osservazioni di tutti i giorni. Se un edificio è alto e l’osservatore è vicino,
■ Figura 3.14
Ampiezza della prospettiva
con un grandangolo.
Teleobiettivi
Le lenti fotografiche più grandi di 50 mm sono dette teleobiettivi. Tali lenti possono
ingrandire la scena più da vicino di quanto faccia l’occhio umano, agendo come un
telescopio. Teleobiettivi potenti, spesso utilizzati dai fotografi di sport, hanno le
dimensioni di un piccolo telescopio. L’ampiezza della scena che queste lenti possono
catturare diminuisce proporzionalmente, e l’effetto che si ottiene è l’appiattimento.
L’ampiezza della prospettiva è ridotta perché solo un piccolo angolo della scena viene
visualizzato. Questo effetto può essere simulato su una fotografia ritagliando una piccola
regione e verificando la mancanza di linee convergenti: al crescere delle lenti diminuisco-
no le dimensioni della vista ritagliata e aumenta l’appiattimento della prospettiva.
L’effetto piatto può essere utile in alcuni casi.
La lente da 85 mm è detta lente ritratto perché appiattisce leggermente i tratti del soggetto
dando un’immagine più ampia. Se per un ritratto si usa il grandangolo, questo distorce
la figura del soggetto con effetti sgradevoli.
3DS MAX offre una gamma incredibilmente vasta di lenti, fino a quella da 100.000 mm,
a cui corrisponde un FOV di 0,025. Questa lente equivale a un grande telescopio da
osservatorio astronomico o a un microscopio elettronico molto potente. Una lente di
queste dimensioni elimina la prospettiva e fa apparire la vista come fosse una proiezione
piana o una vera e propria alzata.
■ Figura 3.15
Un interno con errore di
parallasse dovuto al
movimentodella
cinepresa.
Correzione prospettica
Nell’illustrazione tradizionale, soprattutto nella fotografia architettonica e di interni, la
parallasse deve essere evitata e corretta. Per eliminare completamente questo effetto è
necessario mantenere sempre la macchina fotografica a livello del piano di terra. Le
composizioni risultanti non saranno molto vivaci e spesso si presenta la necessità di
ritagliare una scena o di spostare la macchina fotografica a un’altezza improbabile.
Le macchine con mirino, dette anche a grande formato, a piano variabile o a 45,
consentono al fotografo di correggere gli effetti di parallasse manipolando gli specchi
interni. La stessa funzione è disponibile nelle cineprese da 35 mm con lenti a controllo
prospettico (PC, perspective control) speciale. 3DS MAX fornisce quasi completamente
questa funzione con l’opzione Renderer’s Blowup (figura 3.16).
Per ulteriori informazioni sulla correzione prospettica con l’opzione Renderer’s Blowup, consul-
tare il capitolo 20.
Silhouette
Talvolta gli artisti riducono le componenti di una scena al loro profilo in modo da
sviluppare e consolidare le composizioni. Questa tecnica rende tutti gli oggetti neri su
sfondo bianco, con l’effetto di visualizzare la scena con una intensa luce bianca proiettata
da dietro. Si vede soltanto la forma generale, complessiva. I bordi interni e le
sovrapposizioni di oggetti sono oscurati. La scena è interpretata come una rapida azione.
Questa tecnica viene definita silhouette.
È possibile analizzare la silhouette di un’immagine in 3DS MAX con ogni rendering. La
figura 3.17 illustra la funzione del comando Display Alpha Channel che visualizza il canale
alfa di ogni rendering eseguito in MAX. Questa opzione non deve essere impostata perché
3DS MAX esegue sempre il rendering del canale alfa ed è sempre possibile visualizzarlo
a prescindere dal fatto che lo si voglia salvare o no.
Schizzi in miniatura
Artisti e registi spesso utilizzano schizzi piccoli e rapidi per sviluppare e rifinire le
composizioni. Questi schizzi non devono essere dettagliati e nemmeno molto precisi. Le
dimensioni di uno schizzo in miniatura devono servire solo a catturare la composizione
della scena nel suo complesso, uno studio di silhouette, figure stilizzate, sovrapposizione
di “controfigure” semplificate e tutto ciò che serve a rappresentare gli elementi della
composizione. Molti di coloro che utilizzano questi schizzi li tracciano con rapidità: spesso
ne realizzano cinque o sei al minuto, provando diverse composizioni. Il vantaggio di
questa tecnica consiste nel fatto che fornisce una traccia dei tentativi già fatti e quindi
dell’evoluzione del lavoro.
Clonazione di cineprese
Le cineprese di 3DS MAX sono strumenti compositivi estremamente efficienti, che
consentono di analizzare un numero illimitato di angoli di visuale e di proporzioni, da
■ Figura 3.17
Confronto tra rendering
RGB e canale alfa per
analizzare la silhouette.
Riepilogo
■ Opzioni di finestra. Le opzioni di finestra di 3D Studio MAX derivano dai
metodi tradizionali utilizzati nella creazione di documenti relativi alla costru-
zione ortogonale, alle viste assonometriche descrittive e alle prospettive
illustrative.
■ Prospettive a uno e a due punti. Queste prospettive si basano sul fatto che
la cinepresa rimane a livello del piano di terra: nella vista risultante tutte le
linee verticali perpendicolari al piano di terra saranno parallele.
■ Prospettiva a tre punti. Le prospettive a tre punti si verificano quando la
cinepresa si sposta dal piano di terra. La convergenza al terzo punto di fuga
produce un effetto detto parallasse, inaccettabile per molte applicazioni. La
parallasse può essere eliminata mantenendo la cinepresa a livello e utilizzan-
do la funzione Renderer’s Blowup.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 79
Uso degli storyboard
Che cos’è uno storyboard? Molti pensano agli storyboard come alle figure patinate che
i pubblicitari creano per la televisione, ma ciò limita la loro funzione alla vendita di idee.
In realtà esse costituiscono una parte importante nel progetto di qualsiasi rappresenta-
zione. Gli storyboard furono sviluppate negli anni Trenta, quando animatori e registi si
resero conto che la sceneggiatura scritta in modo tradizionale non arrivava a descrivere
il modo in cui doveva essere girato un film di animazione. Un film con personaggi reali
si basa soprattutto sul dialogo e molto meno sulla complessità dell’azione. L’animazione
invece riduce al minimo i dialoghi e racconta la storia attraverso l’azione. In un certo senso
l’animazione è più vicina all’arte del mimo che a quella del film vero e proprio. Il
riconoscimento della debolezza di una sceneggiatura tradizionale nell’animazione ha
portato come conseguenza allo sviluppo degli storyboard.
All’inizio gli sceneggiatori schizzavano ogni scena principale o azione importante e la
fissavano a una tavola per poi rivederla. Gli schizzi contenevano una quantità minima di
testo per la descrizione del dialogo e gli effetti di ripresa. Se la scena non dava buoni
risultati grafici veniva scartata. Questa tecnica risultò talmente efficace che oggi quasi tutti
i film e le presentazioni professionali si basano sugli storyboard durante la fase di
progettazione.
Storia
Elementi fondamentali nella costruzione di una storia sono il modo in cui verrà catturata
l’attenzione del pubblico, l’inizio e la fine della storia, il tempo del suo svolgimento. A
volte l’animatore riceve una storia completa, più spesso solo il nucleo di un’idea e
Storyboard
Dopo aver ottenuto una storia, averla messa per iscritto e letta più volte, l’animatore deve
decidere se può essere tradotta con buoni risultati in animazione: entra in gioco lo
storyboard. La storia deve essere divisa in scene principali, sequenze di azione importanti
e passaggi tra scene. Anche le scene della cui importanza non si è certi devono essere
comprese negli storyboard: è più facile eliminare una scena piuttosto che cominciare
l’animazione e scoprire di non aver risolto un problema importante.
Il passaggio successivo consiste nel disegnare rapidi schizzi concettuali di ogni scena o
azione, senza badare alla qualità del disegno, che ha solo una funzione di supporto.
Tutti gli schizzi vengono poi appesi a un pannello o distesi su un tavolo per consentire la
revisione dell’intera storia, che deve rispondere a certi requisiti: l’azione deve fluire da
una scena all’altra, non ci devono essere goffaggini nel modo in cui la storia si svolge, non
si deve sentire la mancanza di nessun elemento, le scene devono essere animate nel
periodo di tempo disponibile. L’analisi di questi elementi viene notevolmente agevolata
dalla visione degli schizzi rispetto alla semplice storia scritta. In seguito è possibile
modificare gli schizzi secondo la necessità. Se la comprensione di uno schizzo richiede la
lettura di una nota a margine, allora la scena o l’azione in esso illustrata è debole: è
necessario darle più enfasi oppure scartarla. Il testo a margine di uno schizzo esiste solo
per fornire particolari e per descrivere il modo in cui la scena viene composta. Il testo non
risolve la debolezza di un’azione né la scarsa preparazione di una scena.
Sceneggiatura
Dopo che lo storyboard è stato approvato è necessario stendere la sceneggiatura. Nei film
reali la sceneggiatura suggerisce agli attori quello che devono dire e fare, e quando dirlo
e farlo. In generale la sceneggiatura di animazione di 3DS MAX non deve essere
altrettanto elaborata, ma deve piuttosto focalizzarsi sull’identificazione delle chiavi di
animazione e definire ciò che accade in quelle fasi. Se il prodotto comprende effetti sonori
questi devono essere indicati insieme al tempo in cui si verificano in relazione alle chiavi
di animazione.
Un approccio utile alla sceneggiatura consiste nel prendere una copia dello storyboard e
cominciare ad aggiungere di fianco agli schizzi i riferimenti di tempo o i numeri di
fotogramma. In questo modo viene fornito anche lo spazio opportuno per annotare gli
effetti sonori che competono alla scena. A questo punto sarà possibile verificare le ipotesi
ANIMAZIONE E STORYBOARD 81
relative alla tempistica e alla lunghezza complessiva dell’animazione. L’adattamento
successivo attraverso storyboard e sceneggiatura porterà alla corretta valutazione dei
tempi di animazione.
Tipi di storyboard
Esistono due tipi di storyboard utilizzabili quando si crea un’animazione. Il primo
corrisponde a quanto descritto precedentemente: si tratta di uno schizzo rapido e
grossolano delle scene principali con note a margine relative ai tempi, agli effetti di ripresa
e al suono. Questo schizzo costituisce in assoluto la versione più importante dello
storyboard ed è la base di partenza per creare l’animazione.
L’altro tipo di storyboard è uno strumento di presentazione. Come precisato in preceden-
za, l’animatore e il cliente dovrebbero sempre sottoscrivere lo storyboard finale come
parte del contratto. In questo caso può non essere gradita la presentazione di una versione
di lavoro approssimativa. Esistono in commercio dei moduli appositi per storyboard
costituiti da piccoli schermi bianchi con blocchi di righe per le note. Un esempio di foglio
per storyboard viene mostrato nella figura 4.1. Su questo possono essere riprodotti gli
schizzi originali rifiniti che saranno poi sottoposti all’approvazione del cliente.
Questo tipo di storyboard deve essere creato solo quando la copia di lavoro è terminata
e risulta soddisfacente. Disegnare uno storyboard di presentazione e contemporanea-
mente realizzare l’animazione non dà risultati positivi.
Realizzazione di storyboard
Il processo di creazione di uno storyboard è stato descritto nella sezione precedente, ma
rimangono da valutare alcune questioni tecniche. Prima di tutto la tecnica di disegno
utilizzata deve essere veloce e grossolana: qualsiasi cosa rallenti il flusso delle idee
interrompe il processo creativo. Molte persone fanno l’errore di utilizzare i moduli
prestampati che contengono varie scene su un solo foglio. A questo approccio sono
associati molti problemi. I fotogrammi prestampati hanno la tendenza a inibire il processo
di stesura del disegno: bisogna restare all’interno della casella e i bordi rigidi non sono
compatibili con una tecnica di disegno veloce. Inoltre su un foglio ci sono diverse caselle
e questo rende difficile scartarle o sostituirle in seguito alle modifiche. Ogni scena si deve
trovare su un foglio a sé e se la scena non funziona va scartata per un altro tentativo.
La seconda tecnica riguarda le dimensioni dello storyboard. I disegni di ogni scena
devono essere piccoli perché la realizzazione sia rapida. Se il foglio è troppo grande sarà
spontaneo riempirlo con particolari superflui e uno sfondo che rendano l’effetto più
“finito”. I fogli migliori sono quelli adesivi dei blocchi piccoli o anche i notes da poco
prezzo. Sono economici, le pagine sono facili da strappare e sono disponibili in piccole
dimensioni. Dopo che sono state disegnate tutte le scene, è facile disporre i singoli schizzi
su una tavola, strapparli, sostituirli o spostarli con il minimo sforzo. Dopo l’approvazione
da parte del cliente e l’inizio dell’animazione, lo storyboard resta un punto di riferimento
nella prosecuzione del lavoro. Se il progetto viene seguito da diverse persone, ciascuna
di esse deve avere una copia dello storyboard come riferimento. Un regista di Hollywood
non va sul luogo a girare senza portare la sceneggiatura e l’animatore non deve sedersi
davanti alla workstation senza avere lo storyboard a portata di mano.
La storia
Verrà creato lo storyboard della storia intitolata “The Big Bounce”. L’animazione finale
si svolge in circa 20 secondi.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 83
In un bel paesaggio al limite di una scarpata rotola una palla rossa che si ferma sul bordo.
La palla sembra guardare oltre l’orlo dell’abisso e dopo una breve pausa rimbalza due
volte e poi salta nel vuoto.
La palla cade, acquistando velocità, a qualche centimetro lungo la parete della scarpata.
All’improvviso la palla colpisce il terreno con forza e rimbalza fuori dal campo visivo.
L’osservatore rimane alla base della parete, chiedendosi che cosa è successo, quando vede
altre tre palle sullo sfondo. Lentamente le palle ruotano, una alla volta, rivelando un
punteggio di 9,5 9,6 e 9,4 rispettivamente. Un salto quasi perfetto.
Lo storyboard
Il primo passaggio consiste nel dividere la storia nelle scene e nelle sequenze di azione
più importanti:
1. scena di apertura - scarpata con paesaggio;
2. la palla rotola fino al bordo della scarpata;
3. la palla guarda oltre il bordo;
4. la palla rimbalza;
5. la palla oltrepassa il bordo;
6. caduta;
7. la palla colpisce il terreno;
8. la palla rimbalza fuori dal campo visivo;
9. scena delle palle sullo sfondo;
10. le palle ruotano rivelando i numeri;
11. zoom sulla palla centrale;
12. le palle virano al nero lasciando sullo schermo solo i numeri.
Le scene possono essere divise in modo diverso e disegnate di conseguenza. La figura 4.2
mostra un esempio di come può essere disegnata una parte dello storyboard.
■ Figura 4.2
Esempio di immagini di
La palla rotola
storyboard.
Scena iniziale
Tecniche di animazione
Molti si avvicinano all’animazione al computer unicamente dal punto di vista della
costruzione di un modello, ritenendo che se si costruisce un modello abbastanza
gradevole questo prenderà vita da solo. Purtroppo questo presupposto è sbagliato. Le
videocassette dimostrative e persino alcune animazioni criticate risentono del movimen-
to goffo e irreale degli oggetti. Per evitare questo difetto è necessario comprendere che
nell’animazione il movimento è una parte importante del prodotto complessivo. È
opportuno progettare il movimento con la stessa attenzione con cui si costruiscono il
modello e i materiali connessi. In realtà il movimento è una parte talmente integrante di
3DS MAX che è difficile progettare i materiali o modellare un oggetto senza tenere conto
della loro successiva animazione.
Il movimento degli oggetti e la sua simulazione nell’animazione al computer richiedono
la conoscenza dei concetti inerenti la teoria del moto.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 85
Progetto del moto
Per ottenere un’efficace animazione, il movimento corretto è importante quanto qualsiasi
altro elemento del progetto. L’animazione di oggetti irreali o fantastici come animali
parlanti e navicelle spaziali in assetto di guerra è facilmente accettabile, perché tali oggetti
si muovono in modo realistico. Capita invece di vedere un’animazione applicata a un
soggetto modellato con precisione e reso accuratamente, ma che non riesce ad attirare
l’attenzione. L’analisi di un’animazione fallita di solito rivela un movimento troppo
ridotto o non realistico. In altri termini la fantasia spesso colma la mancanza di particolari
di un modello ma non perdona un movimento rozzo e irreale.
La preparazione del movimento deve cominciare immediatamente, anche prima che
venga iniziata la costruzione del modello. L’esame dello storyboard deve portare a
stabilire il modo in cui gli oggetti si muovono e la direzione del moto.
■ Figura 4.3
Il movimento di un salto in
lungo.
Anticipazione
L’anticipazione è un’azione preliminare che imposta un’azione principale. Questa azione
di impostazione soddisfa molte condizioni dell’animazione. Un uso dell’anticipazione
consiste nel simulare il movimento reale. Se un oggetto è fermo, si deve verificare
un’azione preliminare che trasferisce energia all’oggetto in modo tale che questo possa
utilizzare l’energia per compiere l’azione principale. Ancora una volta si fa riferimento
alla sequenza di salto in lungo precedente. Prima che la figura possa saltare deve
rannicchiarsi e far scivolare le braccia per l’equilibrio (è impossibile saltare senza piegare
le ginocchia o spostare le braccia). La figura 4.4 mostra la fase di anticipazione del
movimento del salto in lungo.
■ Figura 4.4
Posa iniziale L’anticipazione precede
l’azione.
Anticipazione
L’anticipazione viene utilizzata per preparare il pubblico a quanto sta per accadere o per
indirizzare la sua attenzione verso il luogo in cui l’azione si verificherà. Si consideri una
fune che si spezza sotto un carico pesante. Nell’esperienza quotidiana ciò si verifica
quando si rompe un laccio delle scarpe oppure un filo della biancheria troppo carico.
L’azione è improvvisa e imprevista. Se una sequenza di questo tipo viene animata così
come avviene in realtà il pubblico non nota la rottura della fune e probabilmente altri punti
importanti dell’animazione, mentre tenta di immaginare che cosa è successo. La soluzione
tradizionale di questo problema consiste nell’utilizzare un caso estremo di anticipazione
ANIMAZIONE E STORYBOARD 87
per preparare l’azione principale. Un primo piano della fune ne mostra la tensione;
qualche filo si spezza; e poi all’improvviso la fune si rompe: a questo punto il pubblico è
pronto ad accettare l’azione. L’anticipazione del primo piano prepara alla rottura della
fune. Questa scena è stata vista centinaia di volte e nessuno probabilmente si è fermato
a pensare che non corrisponde alla realtà.
Un ultimo esempio dell’uso dell’anticipazione per indirizzare l’attenzione del pubblico
implica il movimento della cinepresa. Si consideri l’esplorazione architettonica di una
casa, partendo dal soggiorno e da una lenta panoramica dello spazio circostante. Poi si
passa alla cucina sulla destra; girarsi per camminare fino alla cucina è noioso ma il balzo
in un’altra scena dà un taglio troppo brusco che la rende incomprensibile. L’anticipazione
viene utilizzata terminando la panoramica del soggiorno con la cinepresa rivolta verso
una porta aperta sulla cucina. Una breve pausa sull’immagine fissa della cucina anticipa
il taglio (tecnicamente un effetto di transizione invece di un movimento vero e proprio
ma il principio è lo stesso) e il pubblico compie il salto mentale in cucina prima che
l’animazione entri nella scena.
■ Figura 4.5
La palla da bowling
rimbalza sul terreno.
Compressione
■ Figura 4.7
Compressione
iniziale Compressione ed
finale
estensione in un salto in
lungo.
Azione principale
in estensione
Infine non deve mai essere violata la norma che dice “per quanto deformabile, un oggetto
deve sempre mantenere lo stesso volume apparente”. Anche nell’animazione di cartoni
animati stilizzati, dove compressione ed estensione sono esasperate, si conserva sempre
il senso di volume costante. Si consideri una palla piena d’acqua che si deforma quando
viene manipolata: la deformazione non implica aggiunta né eliminazione di acqua, il
volume rimane quindi costante. Il trasformatore di scala Squash e il modificatore Stretch
utilizzano questa tecnica. Quando un oggetto viene compresso lungo un asse si espande
automaticamente lungo gli altri due. Questi comandi però sono troppo semplici per
l’animazione sofisticata. L’animatore deve assicurarsi che la deformazione lungo un asse
sia bilanciata da una deformazione opposta lungo gli altri, mantenendo perciò un volume
costante.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 89
Azioni sovrapposte
Un altro elemento importante del movimento credibile è il concetto di azione sovrapposta.
Non tutto avviene nello stesso tempo. L’azione sovrapposta è visibile nelle pellicole sulla
sicurezza stradale dove i manichini urtano con l’auto contro un muro. Un animatore
inesperto potrebbe posizionare il modello dell’automobile nel punto d’impatto e comin-
ciare a regolare la posizione di tutti gli oggetti all’interno della vettura. Guardando il film
più attentamente si vede quel che succede veramente. Nei primissimi fotogrammi dopo
l’impatto la parte anteriore della macchina si accartoccia e si frantuma all’indietro verso
le ruote anteriori ma l’interno dell’auto e i manichini non si sono mossi, devono ancora
subire le conseguenze dell’impatto. La situazione cambia rapidamente nei pochi foto-
grammi che seguono, quando i manichini sono scagliati in avanti trattenuti dalle cinture
di sicurezza, il parabrezza esplode eccetera. Tutta l’azione è il risultato di un evento,
l’impatto, ma ogni azione comincia in un momento diverso. Osservando il resto
dell’impatto, si nota anche che tutto si ferma in momenti diversi.
Questa tecnica viene utilizzata anche per altri effetti di movimento dell’animazione. Se
per esempio si vuole muovere il braccio di una figura da una posizione di riposo perché
prenda un bicchiere su un tavolo, si può incorrere nell’errore diffuso di avanzare di pochi
fotogrammi dalla posizione iniziale e poi muovere tutti gli elementi del braccio nella
posizione finale. Tale errore dà un movimento molto irreale perché comincia e finisce
tutto allo stesso tempo. La sequenza corretta richiede che la parte superiore del braccio
cominci a sollevarsi per prima e poi l’avambraccio ruoti, seguito dal movimento
all’indietro del polso. Infine le dita si piegano intorno al bicchiere. Ciascuno di questi
movimenti comincia prima che quello precedente sia terminato, fornendo così la
sovrapposizione realistica che il pubblico inconsciamente si aspetta. Nell’animazione
tradizionale questa tecnica viene generalmente chiamata “rottura successiva dei giunti”
perché il movimento è rappresentato dalla rottura dei giunti che si liberano dalla
posizione di riposo in ordine successivo. Il movimento comincia dalla spalla e si diffonde
fino alle nocche delle dita.
Conclusione
La conclusione è associata all’azione sovrapposta e nell’animazione corrisponde a lanciare
una palla o ruotare una mazza. Un’azione non arriva quasi mai a un arresto completo e
improvviso. L’inerzia trascina l’oggetto oltre il punto terminale, e spesso l’oggetto
cambia lentamente direzione per tornare alla posizione di arresto.
3D Studio MAX comprende i controller di animazione di Bézier, tensione, continuità e
bias (TCB; tension, continuity, bias) che supportano la creazione del movimento naturale
e della conclusione. Pur essendo utili, questi controller non sono definitivi. Nella maggior
parte dei casi è necessario indicare manualmente la conclusione corretta e quindi regolare
il movimento nell’Editor tracce.
Per ulteriori informazioni sui controller di animazione consultare il capitolo 23, “Strumenti di
controllo dell’animazione”.
Questo suggerimento è un buon test per la messa in scena. Disattivare tutte le luci della scena
e nascondere tutti gli oggetti trascurabili o lontani sullo sfondo; nella scena deve restare solo
l’oggetto principale insieme agli oggetti secondari e di sfondo vicini. Impostare lo sfondo su un
colore diverso dal nero ed effettuare un’anteprima sotto forma di file .AVI. Il risultato è un .AVI
degli oggetti principali della scena come silhouette nere contro il colore dello sfondo della
finestra. Se il movimento prescelto è visibile, sarà riconoscibile anche nell’animazione finale.
■ Figura 4.8
Vista di un braccio
meccanico con messa in
scena non efficace.
■ Figura 4.9
Vista di un braccio
meccanico con messa in
scena migliore.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 91
Movimento enfatizzato
Nonostante possa sembrare controproducente ai fini di un effetto realistico, è spesso
necessario enfatizzare un movimento per garantirne la presa sul pubblico. L’uso corretto
dell’enfasi non invalida né intacca la credibilità dell’animazione. L’unica eccezione è
l’animazione prodotta per le presentazioni in sede legale, nelle quali la stretta aderenza
al movimento esatto è più importante dell’effetto estetico.
L’enfasi è associata all’anticipazione e alla messa in scena nell’indirizzare l’attenzione del
pubblico verso un’azione che risulta importante. L’anticipazione imposta l’azione, la
messa in scena garantisce che l’azione si verifichi dove può essere vista e l’enfasi assicura
che l’azione non sia impercettibile al punto da non essere notata dal pubblico.
Esempi interessanti di enfasi si possono osservare nei telefilm e negli spettacoli teatrali.
I telefilm sono ricchi di enfasi grossolana, reazioni a scoppio ritardato, goffaggini e
movimenti esagerati per compiere azioni banali, utilizzate per ottenere l’effetto comico.
Osservando lo spettacolo teatrale si riscontra ancora un’enfasi ma stavolta smorzata: i
gesti plateali quando un attore va al telefono o estrae una chiave, le espressioni del viso
più pronunciate di quanto non siano nella vita reale. L’enfasi non diminuisce la realtà della
scena e anzi la sottolinea garantendo una presa efficace sul pubblico. Nell’animazione
vengono utilizzate le stesse tecniche.
Azione secondaria
L’azione secondaria si verifica come risultato di un’altra azione. È facile dimenticarla
perché nella vita reale questi effetti collaterali sono dati per scontati. Anche se l’azione
secondaria non viene colta consapevolmente nella vita reale, è necessario rappresentarla
per rendere l’animazione interessante e realistica.
Un diffuso errore di omissione a proposito dell’azione secondaria riguarda il rimbalzo
di una palla. Si consideri un’animazione che mostra una palla da basket rimbalzare fuori
dal cerchio del canestro. Alcuni animatori non mostrano la flessione del cerchio dovuta
alla spinta del rimbalzo. La flessione del cerchio è un movimento secondario, la cui
assenza rende l’animazione falsa e meccanica. La figura 4.10 mostra la sequenza di un
cerchio che si flette sotto la spinta della palla.
Caricare il file rim.avi dal CD-ROM per vedere il risultato dell’applicazione di un’azione
secondaria al cerchio di un canestro. Il cerchio si flette verso il basso quando viene colpito
dalla palla e rimbalza verso l’alto quando la palla si allontana.
■ Figura 4.10
Flessione del cerchio
come azione secondaria.
Equilibrio
Escludendo la caduta, il corpo è sempre in equilibrio. Se si stende il braccio destro, il
sinistro, la spalla e il busto ruotano e si spostano indietro. Questa azione controbilancia
la spinta della massa estesa del braccio destro. Analogamente poche persone stanno in
piedi perfettamente diritte: tendono a spostare il peso su una gamba, provocando la
torsione del bacino e del busto durante il movimento di equilibrio. L’altra gamba porta
un peso minimo e agisce come stabilizzatore per compensare piccoli cambiamenti di
equilibrio.
Camminare e correre sono casi particolari di caduta. Quando si cammina, si passa ciclicamente
attraverso il processo della caduta in avanti, del ricupero dell’equilibrio e ancora della caduta in
avanti. La corsa ha lo stesso effetto a parte il fatto che la fase di caduta in avanti occupa la
maggior parte del tempo.
La figura 4.11 mostra la differenza tra una postura artificialmente diritta e una postura
realisticamente equilibrata. Ogni movimento di una parte del corpo è accompagnato da
un movimento di equilibrio di un’altra.
Movimento curvilineo
In natura non esistono linee diritte. Questa affermazione vale anche per il movimento
naturale. I controller di animazione di default in 3DS MAX sono impostati in modo tale
ANIMAZIONE E STORYBOARD 93
da dare movimenti curvilinei, ma è necessario tenere presente che questi vengono
utilizzati per regolare un movimento già progettato manualmente. Due esempi in cui
spesso manca il movimento curvilineo sono l’oscillazione del braccio e la rotazione del
capo. Quando una persona oscilla il braccio per stringere la mano, il braccio non si limita
a oscillare verso l’alto ma anche verso l’esterno e l’interno. Questo impercettibile
movimento fa la differenza tra un gesto meccanico e artificiale e uno realistico.
■ Figura 4.11
Postura rigida e innaturale
rispetto a quella naturale.
Posa naturale
Posa rigida
Le figure 4.12 e 4.13 mostrano due esempi di rotazione del capo. Molte persone
potrebbero incorrere nell’errore di animare la rotazione del capo come illustrato in figura
4.12. I tratti del viso seguono una linea retta durante la rotazione da un lato all’altro. Il
risultato è un gesto meccanico e innaturale nel quale i tratti sembrano scivolare sulla
faccia. La figura 4.13 mostra un movimento del capo più realistico. La testa si abbassa e
si solleva durante la rotazione. I tratti del viso ora seguono un percorso curvilineo da un
lato all’altro. Maggiore è l’abbassamento, maggiore la naturalezza insita nella rotazione.
Riepilogo
■ Storyboard Lo storyboard costituisce un supporto nella pianificazione del-
l’animazione e porta a risultati migliori e a un minore spreco di tempo. Può
essere utilizzata anche per spiegare un progetto a un cliente e per registrare
il tipo di animazione approvato dal cliente.
■ Movimento credibile L’utilizzo delle tecniche di animazione tradizionale,
come anticipazione, compressione ed estensione, conclusione e azione
sovrapposta, rende credibile anche l’animazione più particolare.
■ Movimento visibile I concetti di messa in scena ed enfasi devono essere
utilizzati per garantire che il pubblico riconosca l’azione creata con tanto
sforzo.
■ Riproduzione di schemi naturali di movimento Il movimento di animali e
persone è costantemente basato sull’equilibrio e avviene secondo archi
piuttosto che secondo linee rette. Trascurando queste caratteristiche si
otterrà un’animazione meccanica e sterile.
■ Figura 4.13
Rotazione del capo
naturale.
ANIMAZIONE E STORYBOARD 95
CAP.5
CAPITOLO 5
Pianificazione dei progetti
Molte delle operazioni che è possibile effettuare con 3D Studio MAX riguardano la
selezione e la trasformazione degli oggetti. Si ricorda che il concetto di oggetto
comprende più delle tradizionali geometrie. Fra le operazioni di selezione e trasforma-
zione si ricordano:
■ selezione e trasformazione di geometrie;
■ selezione e trasformazione di sub-oggetti geometrici come vertici, spline e
facce;
■ selezione e trasformazione di oggetti non geometrici come luci, cineprese e
strumenti ausiliari;
■ selezione e trasformazione di sub-oggetti modificatori, come gizmo e centri;
■ selezione e trasformazione di vertici di deformazione loft;
■ selezione e trasformazione di chiavi di animazione.
Da questo elenco risulta evidente che selezione e trasformazione sono strumenti
fondamentali. Questo capitolo illustra le tecniche base di selezione e di trasformazione.
Poiché conoscere le tecniche per la trasformazione degli oggetti non è molto utile sino a
che non si conosce il modo di posizionare gli oggetti stessi nel luogo voluto, questo
capitolo tratterà anche la configurazione e l’utilizzo degli strumenti di precisione.
Selezione
Prima di poter eseguire qualsiasi operazione è necessario selezionare gli oggetti interes-
sati dall’azione stessa. 3D Studio MAX utilizza una strategia detta selezione nome-azione;
questo significa che prima si selezionano gli oggetti e poi si sceglie l’azione da applicare
alla selezione. Questa non sarebbe una grande idea se si dovesse utilizzare un unico
strumento di selezione prima di poter utilizzare gli altri strumenti. 3D Studio MAX ha una
strumento solo per la selezione ma comprende anche la selezione come una funzione di
tutti gli strumenti di trasformazione.
Strumenti di selezione
La figura 6.1 mostra lo strumento base di selezione insieme al pulsante di trasformazione
nella barra degli strumenti di 3D Studio MAX. È possibile selezionare gli oggetti quando
il pulsante di selezione o un altro pulsante di trasformazione sono attivi. Questa modalità
di selezione è resa ancora più evidente dalla visualizzazione di etichette come “Select and
Move”, “Select and Rotate” e “Select and Uniform Scale”. Fortunatamente questo metodo
di nomina piuttosto ingombrante è stato abbandonato in altre parti di 3D Studio MAX
dove gli strumenti per la trasformazione delle chiavi nell’Editor tracce o per la trasfor-
mazione dei vertici di controllo in loft semplicemente dicono “Move” o “Scale” anche se
possono raddoppiare come strumenti di selezione.
■ Figura 6.1
Strumenti di trasformazione
Strumenti di
trasformazione e di Filtri di selezione
selezione Strumento
di selezione
La figura 6.2 mostre i tre cursori visualizzati con la trasformazione Move. La finestra di
sinistra mostra il cursore di sistema perché il cursore si trova su uno spazio vuoto. La
finestra centrale visualizza il cursore si seleziona perché il cursore si trova su un oggetto
valido non selezionato. La finestra di destra visualizza il cursore di trasformazione Move
perché il cursore si trova su un oggetto selezionato.
■ Figura 6.2
Cursori di trasformazione
e di selezione per la
trasformazione Move
È inoltre possibile utilizzare tutte le tecniche si selezione globale disponibile nel menu
EDIT. Il comando Select All seleziona tutti gli oggetti nella scena; Select None interrompe
la selezione corrente; Select Invert inverte la selezione corrente in modo che tutti gli oggetti
non selezionati vengano selezionati e viceversa.
■ Figura 6.3
Scelta della forma di una
selezione parziale Quad
Circle
Fence
Le operazioni su zone parziali vengono impostate dall’interruttore porzioni sulla riga dei
comandi o scegliendo il comando Region dal menu EDIT (figura 6.4). I due tipi di operazioni
su zone parziali sono Window, che seleziona solo oggetti che sono completamente
all’interno della porzione, e Crossing, che seleziona tutti gli oggetti che toccano il limite
della porzione o che sono completamente all’interno della porzione.
■ Figura 6.4
Scelta del comportamento
della selezione parziale
■ Figura 6.5
Scelta di un filtro di
selezione
La modalità selezione sub-oggetto è quasi sempre accessibile dal pannello Modify sia come
parte di un modificatore sia come parametri base di un oggetto. La sola eccezione (relativa alla
versione 1.1) è Trajectories, che visualizza un pulsante Sub-object nel pannello Motion.
■ Figura 6.6
Esempi di modalità di
selezione dei sub-oggetti
■ Figura 6.7
Finestra di dialogoSELECT
OBJECTS per la selezione
di tutte le luci
■ Figura 6.8
Selezione degli oggetti per
nome
■ Figura 6.9
Selezione degli oggetti
dall’elenco gerarchico
dell’Editor tracce
■ Figura 6.10
Finestra di dialogoOBJECT
COLOR
Clic qui
È necessario conoscere due punti molto importanti sui colori degli oggetti. Innanzitutto
è necessario pianificare una strategia per organizzare la scena in base al colore degli
oggetti e rispettare questa strategia. 3D Studio MAX supporta due tavolozze colore: 256
colori nella tavolozza AutoCAD e 64 colori fissi e 16 colori personalizzati nella tavolozza
3D Studio MAX. In tutto sono 336 gruppi disponibili per l’organizzazione. Inoltre è
opportuno attivare la casella di controllo [Assign Random Colors] quando si lavora su un
progetto produttivo. L’opzione [Assign Random Colors] è uno strumento utile per chi
prepara le presentazioni in quanto rende lo schermo interessante cambiando i vari colori
mentre viene creato l’oggetto. [Assign Random Colors] non è compatibile con nessuna
strategia di organizzazione basata sui colori. È possibile utilizzare due metodi diversi per
selezionare gli oggetti per colore. Un metodo è basato sull’oggetto: si sceglie un oggetto
e tutti gli oggetti con lo stesso colore vengono selezionati.
Per selezionare tutti gli oggetti con lo stesso colore di un altro oggetto eseguire le seguenti
operazioni:
1. scegliere il comando Select By, Color del menu EDIT;
2. fare clic su un oggetto che contiene il colore desiderato;
3. tutti gli oggetti che hanno lo stesso colore dell’oggetto su cui si è fatto clic
vengono selezionati.
Per selezionare tutti gli oggetti di uno stesso colore eseguire le seguenti operazioni:
1. fare clic sul campione colore accanto a ogni casella del nome oggetto nel
pannello di comando;
2. fare clic sul colore desiderato nella finestra di dialogo OBJECT COLOR;
3. fare clic sul pulsante Select By Color situato nell’angolo inferiore destro della
finestra di dialogo (figura 6.11);
Fare clic sul pulsante <Sort By Color> nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS per raccogliere
rapidamente tutti gli oggetti evidenziati nello stesso posto dell’elenco.
■ Figura 6.11
Selezione di oggetti per
colore
Clic qui
■ Figura 6.12
Selezione di oggetti per
materiale
Clic qui
L’altro metodo di selezione per materiale degli oggetti si utilizza quando è stato utilizzo
un materiale Multi/Sub-oggetto per assegnare materiali multipli alle facce di un oggetto
e si vuole sapere quali facce utilizzano un materiale specifico. In questo caso è necessario
utilizzare il pulsante Select By ID nel modificatore Edit Mesh. Per ulteriori informazioni
sulla creazione e sull’utilizzo di materiali Multi/Sub-oggetto consultare il capitolo 21.
Nel prossimo esempio si immagini di avere un oggetto chiamato Racchetta che utilizza un
materiale Multi/Sub-oggetto chiamato RacchettaMat. Si intende selezionare tutte le facce
di Racchetta che utilizzano il sub-materiale Black_Grip.
Per selezionare le facce per materiale eseguire le seguenti operazioni:
1. in Material Editor fare del materiale Multi/Sub-oggetto RacchettaMat il
materiale corrente;
2. Esaminare i Basic Parametres del materiale RacchettaMat e stabilire il nume-
ro materiale del sub-materiale Black_Grip. Per questo esempio si assuma che
Black_Grip è il Materiale 3;
Il numero materiale di un sub-materiale e l’ID materiale di una faccia corrispondono
sempre. Quando si conosce il numero materiale del sub-materiale Black_Grip è possibile
selezionare tutte le facce che utilizzano Black_Grip selezionando le facce con Material ID
3. Le prossime operazioni completano la procedura di selezione facce con Material ID 3
(figura 6.13):
3. applicare un modificatore Edit Mesh all’oggetto Racchetta;
■ Figura 6.13
Selezione di facce per
numero ID del materiale
■ Figura 6.14
Scelta di un set di
selezionedenominato
Tutti gli oggetti sono membri validi per un gruppo. All’interno di uno stesso gruppo é
possibile mescolare geometrie, luci, space warp, e persino altri gruppi. Quando si
inserisce un gruppo in un altro gruppo si ottiene un cosiddetto gruppo nidificato. In genere
è bene evitare di andare oltre i due livelli di inserimento in quanto potrebbe essere
macchinoso raggiungere un oggetto contenuto nel gruppo più interno.
Quando si forma un gruppo viene creato uno speciale oggetto fittizio detto nodo di gruppo
che in genere è invisibile. Solo quando si apre il gruppo l’oggetto fittizio compare come
un piccolo riquadro rosa che circonda gli oggetti del gruppo. Quando si visualizzano gli
oggetti nell’Editor tracce o in qualsiasi altra gerarchia il nodo di gruppo viene rappresen-
tato come il principale degli oggetti membri.
Per aggiungere oggetti a un gruppo esistente eseguire le seguenti operazioni:
1. selezionare uno o più oggetti;
2. scegliere Attach dal menu GROUP;
3. fare clic su qualsiasi oggetto contenuto in un gruppo esistente.
Gli oggetti selezionati sono aggiunti allo stesso gruppo dell’oggetto su cui si è fatto clic.
A questo punto potrebbe essere un problema capire su quale oggetto fare clic a meno che
non si memorizzi quali oggetti sono membri di quali gruppi. Il cursore prende la forma
a croce solo quando si trova su un oggetto che è membro di un gruppo, ma neanche questo
aiuta a risolvere il problema. La scelta migliore è di selezionare un gruppo per nome. I
nomi dei gruppi compaiono nella finestra di dialogo SELECT OBJECTS fra parentesi quadre.
Il punto 3 della procedura precedente cambierà quindi in questo modo:
3. fare clic su Select By Name sulla barra degli strumenti e poi scegliere un
nome di gruppo dalla finestra di dialogo ATTACH TO GROUP (figura 6.16).
■ Figura 6.16
Finestra di dialogoATTACH
TO GROUP
Un metodo veloce per selezionare tutti i membri di un gruppo aperto è fare clic due volte sul
nodo di gruppo.
■ Figura 6.19
Identificazione della
spaziatura di griglia e linee
principali
Non impostare il colore dello sfondo sul bianco in quanto gli oggetti wireframe selezionati
vengono visualizzati sempre in bianco e quindi non sarebbero visibili su uno sfondo bianco.
■ Figura 6.21
Sfondi alternativi e schemi
colore per la griglia
Oggetti griglia
L’utilizzo di Home Grid è valido per molte operazioni ma se per esempio si vuole costruire
qualcosa su un tavolo o sulla parte inclinata di un tetto è necessario utilizzare gli oggetti
griglia. Le griglie sono oggetti ausiliari che possono sostituire la Home Grid per i comandi
di costruzione e trasformazione.
■ Figura 6.22
Creazione di un oggetto
griglia
■ Figura 6.23
Vista buona e non buona
per un oggetto griglia
attivo
Qualunque cosa si stia facendo non si deve mai scalare un oggetto griglia. Coma già visto nel
capitolo 1, le trasformazioni, come la scalatura, vengono applicate alla fine del dataflow e non
vengono riflesse sui parametri base di un oggetto. Questo significa che se si scala un oggetto
griglia il valore di spaziatura della griglia nei parametri base e la spaziatura visibile sullo scher-
mo non corrispondono. Inoltre la trasformazione di scala della griglia viene applicata a qualsiasi
cosa viene creata nella griglia. La scalatura degli oggetti griglia può produrre alcuni strani e
imprevisti risultati.
Un metodo estremamente utile per posizionare gli oggetti griglia è utilizzare i comandi
Align; dopo avere posizionato l’oggetto griglia è necessario renderlo attivo:
1. selezionare la griglia;
2. scegliere V IEWS, Grids, Activate Grid Object.
È subito possibile capire se un oggetto griglia è attivo perché le linee griglia compaiono
sull’oggetto griglia e scompaiono da Home Grid (figura 6.24).
Quando la griglia è attiva qualunque cosa si crea viene posizionata sulla griglia e allineata
con il sistema locale di coordinate della griglia.
Oggetti ausiliari
Esistono altri tipi di oggetti ausiliari che sono utili quanto gli oggetti griglia. Questi
oggetti ausiliari si utilizzano per misurare e definire punti nello spazio e per stabilire
sistemi di coordinate alternativi per le trasformazioni.
I tre oggetti ausiliari restanti sono Tape Measures, Points e Dummies.
Il metro a nastro
Un metro a nastro è un pratico dispositivo grafico utilizzato per misurare le distanze. Per
creare un metro a nastro fare clic su Tape nel pannello CREATE e trascinare in una finestra
qualsiasi. La testa triangolare del metro a nastro è posta dove inizia il trascinamento; la
destinazione è posta dove il trascinamento viene rilasciato. Dopo aver creato il metro a
nastro è possibile spostare la testa o la destinazione per posizionare il metro fra punti che
si vogliono misurare. La lunghezza del metro viene visualizzata nella casella Length dei
parametri base del metro a nastro (figura 6.25).
Qualunque cosa si stia facendo non si deve mai modificare la scala di un metro a nastro.
Proprio come succede con gli oggetti griglia, scalare un metro a nastro provoca la
visualizzazione di falsi valori di lunghezza.
■ Figura 6.25
Lettura della misura di un
metro a nastro
Metro
a nastro
■ Figura 6.26
Misurazione non corretta
della larghezza di un
oggetto
È inoltre possibile utilizzare il metro per segnare una distanza prestabilita controllando
la casella di controllo [Specify Length] nella tendina Parameters del metro a nastro.
Quando si seleziona Specify Length la casella Length assume il valore di default di 100
unità. Dopo aver impostato la lunghezza desiderata il metro si allungherà o accorcerà di
conseguenza. Potrà sembrare strano che la destinazione del metro non si sposti con la fine
del metro; in realtà è sufficiente pensare alla destinazione come ad una maniglia di aiuto:
si sposta la destinazione per posizionare il metro nella direzione che si intende misurare.
Utilizzare un metro a nastro per segnare una distanza prestabilita è particolarmente utile
quando si vuole posizionare gli oggetti a una distanza nota da un certo punto base.
Posizionare la testa del metro al punto base, controllare Specify Length e dirigere il metro
nella direzione che si vuole misurare. Dopo avere impostato la lunghezza del metro è
possibile utilizzare le capacità snap di 3D Studio MAX per posizionare gli oggetti alla fine
del metro.
Un altro modo in cui è possibile utilizzare gli oggetti metro è impostare un sistema di
coordinate di trasformazione alternativo. L’asse delle Z locale relativo alla testa del
metro è allineato con la lunghezza del metro. È possibile creare un oggetto metro fra punti
qualsiasi e poi far scivolare un oggetto lungo la lunghezza del metro selezionandone la
testa come sistema di coordinate di trasformazione e forzando il movimento sull’asse
delle Z. Maggiori dettagli sulla scelta dei sistemi di coordinate di trasformazione sono
illustrati nei prossimi paragrafi.
Punti
Gli strumenti ausiliari punto vengono utilizzati per definire un punto e per coordinare
l’orientamento degli assi nello spazio. Per creare un punto si fa clic su Point nel pannello
Create e poi su una finestra qualsiasi. L’oggetto punto compare come una X gialla con i
■ Figura 6.27
Creazione di un oggetto
punto
Punto
Oggetti fittizi
Gli oggetti fittizi possono essere utilizzati per gli stessi scopi degli oggetti punto. In
genere gli oggetti fittizi vengono utilizzati come oggetti di collegamento invisibili nella
costruzione di gerarchie di collegamento. Per ulteriori informazioni sui collegamenti
consultare il capitolo 18.
Per creare un oggetto fittizio è necessario fare clic su Dummy nel pannello CREATE e poi
trascinare il raggio di un cubo fittizio in una qualsiasi finestra.
Le differenze principali fra gli oggetti punto e gli oggetti fittizi sono le seguenti:
■ gli oggetti punto vengono visualizzati come una X con un unico vertice verso
cui si può effettuare lo snap
■ gli oggetti fittizi vengono visualizzati come un cubo con il loro punto di
rotazione al centro del cubo. L’oggetto fittizio non ha vertici di snap al suo
centro
■ gli oggetti punto possono essere impostati in modo che mostrino il loro
orientamento visualizzando i loro tre assi locali
■ gli oggetti fittizi non indicano il loro orientamento ma un semplice cubo è più
semplice da vedere rispetto alla X del punto e crea meno confusione visiva
rispetto ai tre assi del punto.
Utilizzare un oggetto punto o un oggetto fittizio è una scelta personale.
Opzioni di snap
3D Studio MAX ha un sistema di snap leggermente complicato che inizialmente potrebbe
generare qualche confusione. Con l’uso, tuttavia, lo si troverà molto utile. I valori di snap
controllano l’angolo e la percentuale di snap. Gli snap di posizione sono basati sui metodi
seguenti:
■ Grid Snap utilizza il valore di spaziatura griglia della griglia attiva.
■ Spatial Snap utilizza le impostazione di intensità e priorità contenute nella
finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS.
Il metodo snap che è attivo in un dato momento dipende dalla modalità di comando in
cui ci si trova e dalla scelta delle modalità snap dalla riga dei comandi. La figura 6.29
identifica i diversi controlli snap in 3D Studio MAX.
■ Figura 6.30
Pannello Snap nella
finestra di dialogoGRID
AND SNAP SETTINGS
Snap Strength imposta il raggio del campo di snap intorno al cursore; le geometrie devono
essere all’interno del raggio di influenza dello snap prima che il cursore effettui lo snap
a quella posizione. I valori alti rendono il cursore molto sensibile e lo fanno saltare da un
punto snap a un altro punto snap. I valori bassi rendono il cursore meno sensibile e questo
permette di avvicinarlo molto al punto di snap prima che il cursore effettui lo snap.
Snap Priority imposta il tipo di geometria su cui è possibile effettuare lo snap e l’ordine
in cui gli snap sono valutati. È possibile fare lo snap con vertici e spigoli così come con
intersezioni di griglia e linee di griglia. I vertici e le intersezioni di griglia effettuano lo
snap del cursore verso un unto esatto e lo tengono lì sino a che non lo si sposta al di fuori
della distanza di influenza dello snap. Spigoli e linee di griglia effettuano lo snap del
cursore verso una linea ma gli consentono di scivolare lungo questa linea.
Se due oggetti di snap sono all’interno della reciproca distanza di snap, il cursore effettua
lo snap verso quello con la priorità più alta; se gli oggetti di snap hanno la stessa priorità
il cursore effettua lo snap verso quello che si trova più vicino alla vera posizione del
cursore.
È facile dimenticare che la modalità snap viene attivata e disattivata quando si cambia la modali-
tà dalla linea dei comandi. Si consiglia di acquisire l’abitudine di fare clic due volte sulla linea
dei comandi quando si utilizzano gli snap per essere sicuri che lo stato attivo/non attivo è stato
correttamente impostato.
Angoli snap
L’impostazione Angle dello snap è utile per rotazioni di oggetti e viste. Digitare un valore
nella casella Angle della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS per specificare un
angolo di vincolo per le rotazioni interattive. L’impostazione di default è 5,0 gradi, ma
15,0 gradi è un valore più utile. Un angolo di Snap di 15 gradi consente di specificare con
facilità gli angoli principali comuni all’architettura e all’industria: 15, 30, 45, 60 e 90 gradi.
Fare clic sul pulsante Angle Snap sulla riga dei comandi o premere il tasto A per attivare
o disattivare Angle Snap. Angle Snap riguarda solo le rotazioni interattive dove si
trascina in una finestra.
Percentuali snap
Digitare un valore nella casella Percent della finestra di dialogo GRID AND SNAP SETTINGS
per specificare un incremento percentuale per operazioni di scalatura interattive. Fare clic
sul pulsante Percent Snap sulla riga dei comandi per attivare e disattivare Percent Snap.
■ Figura 6.31
Comandidi
trasformazione sulla barra
degli strumenti Trasformazione
del sistema Trasformazione
di coordinate degli assi
Trasformazione
dei centri
Come già visto nel capitolo 1, le trasformazioni sono sempre applicate verso la fine del
dataflow, dopo tutti i modificatori nel Modifier Stack. Inoltre alcuni oggetti perdono le
loro trasformazioni quando vengono utilizzati per determinati scopi. Per esempio, gli
oggetti forma perdono le loro trasformazioni quando sono utilizzati come forma
percorso o come forma di sezione per un oggetto loft. Anche gli oggetti mesh perdono
le trasformazioni quando sono utilizzati come destinazioni in un oggetto morph.
È importante capire che mentre i modificatori cambiano la geometria all’interno dell’og-
getto le trasformazioni cambiano solo la posizione dell’oggetto nello spazio. Tecnicamen-
te, una trasformazione di scala non cambia la geometria all’interno dell’oggetto. La
scalatura cambia la posizione dell’oggetto variandone la forma anche se non in maniera
uniforme lungo ognuno dei tre assi locali.
Applicare le trasformazioni direttamente a un oggetto quando si vuole dimensionare,
ruotare e spostare un oggetto in una certa posizione senza cambiare l’oggetto stesso. Per
cambiare la geometria di un oggetto in modo previsto e semi-permanente applicare le
Comandi di trasformazione
I comandi di trasformazione controllano tre proprietà di trasformazione:
■ sistema di coordinate di trasformazione: controlla qual è la modalità attiva
■ centro di trasformazione: imposta il centro di rotazione e le trasformazioni
di scala
■ assi di trasformazione del vincolo: vincolano le trasformazioni a un unico
asse o a una qualsiasi coppia di assi
3D Studio MAX memorizza lei impostazioni dei comandi di trasformazione prescelti per
ognuna delle trasformazioni Move, Rotate e Scale. Per esempio, quando si fa clic su Move
le impostazioni utilizzate l’ultima volta in cui si è effettuato uno spostamento, vengono
ripristinate nei comandi di trasformazione. Allo stesso modo quando si fa clic su Rotate
vengono ripristinate le ultime impostazioni di rotazione. Si tratta di un sistema poco
immediato e non intuitivo ma, una volta acquisita una certa confidenza, può contribuire
al miglioramento della produttività; si consiglia di prendere l’abitudine di controllare i
comandi di trasformazione tutte le volte in cui si utilizza una trasformazione.
■ Figura 6.32
Elenco dei sistemi di
coordinate di
trasformazione
■ Figura 6.33
Pulsante a bandierina per
i centri di trasformazione Centro del punto pivot Centro di selezione
■ Figura 6.34
Opzione Local Center
DuringAnimate
Trasformazioni vincolanti
I vincoli degli assi sono l’insieme finale dei comandi di trasformazione. È possibile
scegliere fra i tre singoli vincoli degli assi o da un pulsante a bandierina di tre vincoli
(planari) di assi duali (figura 6.35). Il vincolo dell’asse di trasformazione attivo fissa
l’effetto di trasformazione a quell’asse o piano. Per esempio se il vincolo dell’asse delle
X è attivo è possibile spostarsi solo lungo l’asse delle X.
■ Figura 6.35
Vincoli degli assi di
trasformazione
■ Figura 6.36
Finestra di dialogo
TRANSFORM TYPE-IN per
Move, Rotate e Scale
■ Figura 6.37
Pulsanti Mirror e Array Array
sulla barra degli strumenti
Mirror
Snapshot
Riflessione di oggetti
Eseguire la riflessione di un oggetto significa eseguire una trasformazione di scala con un
valore del 100%. Gli oggetti riflessi possono facilmente essere creati utilizzano i comandi
della finestra di dialogo MIRROR (figura 6.38). È possibile impostare opzioni in modo
interattivo per assi di riflessione, offset di riflessione e metodo di clonazione.
Anche se non si vuole clonare l’oggetto riflesso, è pratico scegliere Copy mentre si sperimenta-
no diversi assi di riflessione e offset di riflessione. Con la selezione di Copy si vede sempre
l’oggetto originale e il risultato della riflessione. In questo modo si ottiene un riferimento di
base per giudicare gli effetti della propria scelta. Quando si decide quale asse e offset di
riflessione si vuole scegliere No Clone prima di fare clic su OK.
È opinione diffusa che la riflessione sia uno strumento di modellazione, un modo per
rovesciare le geometrie. Poiché la riflessione è una trasformazione, è più uno strumento
Utilizzare Transform Type-In per applicare valori negativi di scalatura è un metodo pratico ma
presenta alcuni inconvenienti. Quando si digita un valore negativo di scalatura in una casella
assi qualsiasi, tutte le caselle assumono valori negativi; il risultato finale è corretto ma le caselle
indicano i valori sbagliati. Un altro effetto della scalatura negativa è che in genere i normali
oggetti saranno rivolti nella direzione sbagliata e questo farà sembrare l’oggetto di rendering al
contrario. È bene verificare l’oggetto in una finestra di rendering prima di applicare una
scalatura negativa; è possibile correggere l’effetto “al contrario” aggiungendo un modificatore
Normal e selezionando le caselle di controllo [Unify and Flip].
■ Figura 6.39
Finestra di dialogoCLONE
OPTIONS
■ Figura 6.40
Finestra di dialogoARRAY
Se è necessario che la serie lineare proceda in diagonale, spesso è più facile allineare un
oggetto punto con uno dei suoi assi che guardano nella direzione voluta per la serie e poi
selezionare l’oggetto punto quando si trasforma il sistema di coordinate. Poi è possibile definire
una serie lineare lungo un singolo asse.
■ Griglia: una serie griglia è una combinazione di due serie lineari. Creare una
serie lineare lungo un asse. Selezionare tutti gli oggetti nella serie lineare e
creare un’altra serie lineare lungo uno dei due assi rimanenti;
■ Volume: una serie volume è il risultato di tre serie lineari; creare una serie
griglia, selezionare tutti gli oggetti nella serie e creare una nuova serie
lineare sul terzo asse; la figura 6.41 mostra un esempio di serie lineare,
griglia e volume;
■ Figura 6.41
Serie lineari, griglia e
volume
■ Radiale: digitare gli angoli nelle caselle Rotate, in genere con un centro
offset, per creare serie radiali. Se si utilizza un centro del punto di rotazione
per una serie radiale, le clonazioni oggetto in genere finiscono una sull’altra.
È opportuno utilizzare il centro del sistema di coordinate o il centro della
selezione; utilizzare la casella di controllo [Reorient] per determinare se gli
■ Figura 6.42
Centro dell’array
Risultati dell’uso di
Reorient con serie radiali
Array scalato con centro pivot Array scalato con centro trasformato
La tecnica seguente utilizza un oggetto punto ruotato per impostare una serie lungo un
unico asse:
1. fare clic su Helpers nel pannello Create;
2. fare clic su Point sotto la sub-categoria General e creare un oggetto punto in
una finestra superiore; nominare il punto Fence-Line;
in questo modo si è creato l’oggetto punto allineato con il sistema di coordi-
nate globale; l’oggetto punto può essere posizionato ovunque nella finestra
superiore;
3. ruotare l’oggetto punto di 30° sull’asse delle Z;
l’asse X del punto adesso è rivolto nella direzione che deve essere seguita
dalla serie recinto;
4. scegliere Pick dall’elenco Reference Coordinate System e fare clic sull’oggetto
punto;
Il punto ora definisce il sistema di coordinate di trasformazione corrente; la prossima
sequenza di operazioni creerà una serie lineare di paletti di recinto utilizzando l’oggetto
punto come sistema di coordinate di trasformazione.
5. selezionare il paletto da recinto
6. fare clic su Array
7. digitare 4’0” nella casella Move X:, impostare il numero di paletti da recinto
desiderato e fare clic su OK.
Un importante vantaggio della tecnica precedente è che dopo avere impostato lo
strumento ausiliario punto è possibile tornare indietro e riutilizzarlo come sistema di
coordinate in qualsiasi momento. Sinora si è semplicemente moltiplicato in serie una fila
di paletti da recinto, ma ci sarà bisogno anche di assi per il recinto, pioli, cancelli e altri
oggetti per i quali sarà possibile utilizzare il sistema di coordinate del punto. In questo
caso si potrebbe pensare di costruire un oggetto griglia piuttosto di un punto in modo da
potere creare oggetti sulla griglia e anche utilizzare l’oggetto griglia come un sistema di
coordinate di trasformazione.
Serie istantanee
L’ultimo tipo di serie utilizza il pulsante Snapshot nel pulsante a bandierina Array (figura
6.44). Una istantanea è un tipo di serie temporanea che crea clonazioni basate sui
cambiamenti di un oggetto nel corso del tempo. L’istantanea è l’unica tecnica di serie che
può anche catturare e congelare i cambiamenti dei modificatori.
Strumenti di allineamento
Utilizzare i pulsanti nella bandierina Align (figura 6.45) per spostare e ruotare gli oggetti
da allineare con gli altri oggetti. Nessuno dei pulsanti Align funziona con le selezioni dei
sub-oggetti. I tre pulsanti di questa bandierina hanno scopi diversi e precisi:
■ Align: allinea gli oggetti confrontando i loro sistemi di coordinate locali e
l’estensione dei loro riquadri di delimitazione nel sistema di coordinate di
trasformazione;
■ Normal Align: allinea la superficie degli oggetti alla superficie facendo
corrispondere le normali delle facce;
■ Place Highlight: allinea gli oggetti facendo corrispondere l’asse delle Z
negativo di un oggetto con la normale alla faccia di un altro oggetto; questo
comando in origine è stato concepito per essere utilizzato con fonti di luce
ma può essere utilizzato con qualsiasi oggetto.
Allineamento di oggetti
Utilizzare il comando Align per allineare gli oggetti sulla base delle loro estensioni
geometriche (riquadri di delimitazione) o dei punti di rotazione. Questo comando è
particolarmente utile per i seguenti task di allineamento:
■ allineare gli oggetti per l’estensione geometrica; questa operazione funziona
meglio con geometrie regolari e dagli spigoli diritti come parallelepipedi e
cilindri;
■ allineare oggetti per il punto di rotazione; questa operazione è utile quando
si impostano gerarchie e giunti IK;
■ allineare oggetti ausiliari con altri oggetti.
Il comando Align utilizza due tecniche:
■ Align Position (spostare), basata sul riquadro di delimitazione degli oggetti
nel sistema di coordinate di riferimento corrente;
■ Align Orientation (ruotare), basata sul sistema di coordinato locale degli
oggetti.
Selezionare gli oggetti sorgente, fare clic su Align e poi fare clic su un oggetto destinazione
per visualizzare la finestra di DIALOGO ALIGN SELECTION (figura 6.46).
Quando si allineano gli oggetti utilizzando il sistema di coordinate locale, vengono utilizzati i
sistemi di coordinate locali degli oggetti sorgente mentre il sistema di coordinate locale della
destinazione viene ignorato.
■ Figura 6.46
Finestra di dialogoALIGN
SELECTION
■ Figura 6.47
Riquadrididelimitazione
per tre diversi sistemi di
coordinate di riferimento
■ Figura 6.48
I quattro punti di
allineamento che utilizzano
il sistema di coordinate
globale
■ Figura 6.49
Oggetti allineati secondo le
normali di faccia
Utilizzare le opzioni nella finestra di dialogo per spostare e ruotare gli oggetti sorgente
rispetto alle normali di faccia allineate:
■ Position Offset: sposta gli oggetti sorgente; digitando una distanza nella
casella Z si spostano gli oggetti dentro e fuori lungo le normali allineate;
digitando distanze nelle caselle X o Y si spostano gli oggetti sorgente lungo
gli assi locali X o Y della faccia che contiene la normale sorgente; può essere
difficile prevedere l’orientamento degli assi X e Y quindi la scelta migliore è
trascinare gli interruttori incrementi e osservare come si spostano gli oggetti
sorgente;
■ Rotation Offset: ruota gli oggetti sorgente utilizzando le normali allineate
come asse di rotazione; anche questa operazione ha l’effetto secondario di
Una tecnica estremamente utile è quella di allineare un oggetto griglia a un altro oggetto
utilizzando Normal Align. In questo caso si crea un piano di costruzione allineato con la superfi-
cie di un oggetto. La griglia può essere utilizzata come un sistema di coordinate di riferimento
per trasformare gli oggetti allineati con la superficie o come grigia attiva per creare nuovi
oggetti allineati con la superficie. Gli oggetti griglia sono gli unici oggetti ausiliari che lavorano
con Normal Align.
Riepilogo
■ Selezione di oggetti: gli strumenti di trasformazione possono anche essere
utilizzati per la selezione; premere il tasto Ctrl per aggiungere a una selezio-
ne e premere il tasto Alt per eliminare da una selezione;
■ Insiemi di selezione denominati: utilizzare gli insiemi di selezione denomi-
nati come un modo per gestire o organizzare gli oggetti sulla scena;
Accuratezza
A differenza dei sistemi CAD nei quali l’accuratezza è fondamentale, 3D Studio MAX è
più flessibile; questo non significa che le dimensioni e l’accuratezza possono essere
completamente ignorate. È necessario però ricordare che 3D Studio MAX è soprattutto
uno strumento di visualizzazione. Il livello di accuratezza richiesto in una scena per
visualizzare gli oggetti in modo appropriato è più basso rispetto a quello richiesto per
costruire o produrre in modo corretto gli stessi oggetti. La maggior parte delle volte, è
sufficiente fidarsi della propria sensibilità per raggiungere un giusto livello di accuratez-
za. Spesso l’accuratezza non è determinata dalle dimensioni esatte del modello. Il sistema
visivo umano non è in grado di percepire distanze, lunghezze e spaziature esatte, ma si
basa sul confronto tra le proporzioni e i rapporti fra gli oggetti. È quindi importante che
nella scena siano rispettate le proporzioni e il rapporto fra gli oggetti.
Talvolta, è necessario dedicare un’attenzione eccessiva all’accuratezza delle dimensioni
come nelle animazioni scientifiche, nelle presentazioni forensi e in alcune presentazioni
di architettura o di ingegneria. È importante ricordare, però, che anche per i progetti che
richiedono un’estrema accuratezza, esistono delle soglie oltre le quali la precisione
diventa eccessiva. Le due soglie principali da considerare sono:
■ le soglie dell’immagine di output;
■ le soglie numeriche di 3DS MAX.
In un’animazione, la larghezza e l’altezza visibili della scena variano a seconda della posizione
della cinepresa e del campo visivo (FOV, Field-Of-View). Per le scene di animazione particolar-
mente importanti, è consigliabile calcolare i requisiti di precisione.
■ Figura 5.1
Scena stand-in per
calcolare i requisiti di
precisione.
■ Figura 5.2
Creare e allineare un
oggetto griglia. Oggettogriglia
Oggettogriglia
allineato
con la cinepresa
Ora è necessario spostare la griglia lungo la linea di puntamento della cinepresa finché la
griglia non è centrata sul soggetto della vista (l’edificio). È possibile farlo spostando la
griglia lungo il suo asse locale Z.
5. Fare clic su Move e impostare i Transform Managers per vincolarli alle
coordinate locali e all’asse Z.
6. Spostare la griglia in modo tale da centrarla sull’edificio (figura 5.3). È
possibile spostare la griglia in qualsiasi finestra.
■ Figura 5.3
Spostamento della griglia
per centrarla sul soggetto
della scena.
■ Figura 5.4
Creare oggetti metro a
nastro sulla griglia
allineata.
Il risultato di 0.36 piedi o poco più di 4 pollici (circa 10cm) significa che ogni pixel
dell’immagine copre circa 10cm della scena. Se si suppone che un oggetto si trova in
posizione centrata nel pixel, allora è possibile muoversi di circa 5cm su ogni lato e
rimanere comunque all’interno dello stesso pixel. Questo modello e la vista cinepresa
hanno una soglia di precisione per l’immagine di output di ±2 pollici (5cm).
Sempre facendo riferimento alle informazioni dell’esempio precedente, è possibile
affermare che per l’angolo cinepresa e la risoluzione di output dati, modellare dettagli che
siano larghi meno di 5cm è inutile. Inoltre, si desidera sapere se i dettagli larghi meno di
10cm siano necessari nell’inquadratura.
Nell’esercizio precedente, è stato calcolato lo stesso valore di 0,36 pollici (circa 10cm) per
l’altezza e per la larghezza dell’immagine. Questi valori sono uguali solo quando il rapporto
prospettico per supporto di rendering è impostato su 1,0. Quando si specificano le risoluzioni
di output per il rendering, il rapporto prospettico riportato nella finestra RENDER SCENE non è
sempre 1,0. La configurazione per una risoluzione video di 512 × 486 dà un rapporto
prospettico di 1,25. Quando appare questo valore, il risultato del calcolo dà due valori diversi
per la distanza coperta da un pixel: uno per la misurazione orizzontale e l’altro per la misurazio-
ne verticale. È necessario decidere quale valore determina i dettagli più importanti della scena.
È possibile adottare una tecnica simile per i progetti in cui la precisione non è così
importante. Effettuare delle stime approssimative sulle dimensioni delle visualizzazioni
L’esempio precedente utilizza una tecnica che allinea un oggetto griglia alla vista cinepresa per
creare oggetti sul piano prospettico dell’immagine. È possibile utilizzare la stessa tecnica
quando è necessario tracciare o creare oggetti allineati a una vista prospettica.
Dettagli di modellazione
Scegliere un livello di particolari adatto è un elemento strettamente correlato alla
precisione. Nella scena dell’esempio precedente, un pixel equivale a una distanza di circa
10cm. I particolari più piccoli di 10cm perdono definizione nel rendering finale.
È importante considerare fino a che punto sono appropriati i dettagli nella scena creata.
In molti casi, un dettaglio è abbastanza grande per essere visibile nella scena, ma si decide
di non modellarlo perché alcuni dettagli non sono adatti al messaggio che si vuole
trasmettere. Per esempio, si riconsideri l’esempio dell’edificio adibito a ufficio; si
supponga di aver creato il modello dell’edificio e di averlo sistemato nella giusta
posizione. In primo piano si desidera aggiungere alcune persone e alcune automobili. Si
calcola la soglia di precisione per le auto e ci si rende conto che dettagli come i tergicristalli
e gli ornamenti sul cofano, dovrebbero essere visibili. Tali particolari non saranno
modellati, perché distoglierebbero l’attenzione dal soggetto principale del rendering,
l’edificio. In questo caso, la composizione e l’attenzione dello spettatore sono più
importanti della cura dei dettagli.
È possibile anche adottare la tecnica di un artista per i propri modelli. Spesso, un artista
raffigura un particolare suggerendo una forma o un’ombra. Lo spettatore inconsciamente
aggiunge i particolari. È sorprendente quanto siano pochi i dettagli necessari quando si
esegue una modellazione.
Un’altra situazione in cui è consigliabile evitare i dettagli è quando si costruisce
un’animazione per una presentazione a un processo. Il particolare e l’estremo realismo
spesso offuscano il problema in questione. I rendering troppo realistici possono influen-
zare la giuria e sono spesso respinti come prove non valide. Per decidere il livello
appropriato di particolari, è necessario lavorare a stretto contatto con il cliente. Nella
maggior parte dei casi, per avere successo è consigliabile utilizzare un livello di particolari
minimo.
■ Figura 5.5
Modello wireframe e
versione mappata e
rappresentata di una
calcolatrice.
Utilizzare la terza opzione <Custom> per definire unità di misura personalizzate. Unica
restrizione: occorre descrivere l’unità di misura utilizzando unità che 3DS MAX è in grado
di capire. Specificare il suffisso dell’unità da definire, seguito dal valore delle unità
conosciute equivalenti alle unità personalizzate.
La 3D Studio MAX User’s Guide illustra un esempio reintroducendo un’antica unità di
misura chiamata cubito, ma le unità di misura personalizzate sono comode anche per altri
metodi di misurazione. Per esempio, si supponga di voler modellare oggetti molto piccoli.
L’unità di misura US Standard per esprimere le misure piccole è il millesimo di pollice.
Se si desidera lavorare in millesimi di pollice, è necessario definire la seguente unità
personalizzata:
Millesimo di pollice= 0,001 pollici
L’ultima opzione è <Generic Units>. 3D Studio MAX non assegna un significato partico-
lare alle unità generiche e le dimensioni degli oggetti sono determinate dalle impostazioni
correnti dell’unità di scala di sistema.
Lavorare con unità generiche non è molto comodo. Ogni volta che si crea un oggetto, si
ha in mente un’unità di misura particolare. Si considerino le tre affermazioni seguenti:
“La mia scrivania è 100x120 unità”
“Sono alto 180 unità”
“Per quel bullone è necessaria una chiave inglese da 14 unità”
Queste affermazioni sono molto vaghe e implicano delle relazioni spaziali molto strane,
finché non si assegna la corretta unità di misura:
“La mia scrivania è 100x120 centimetri”
“Sono alto 180 centimetri”
“Per quel bullone è necessaria una chiave inglese da 14mm”
La stessa confusione si verifica quando si esegue una modellazione in unità generiche e
la situazione peggiora quando si decide arbitrariamente che un’unità generica rappresen-
ta un valore diverso da 1,0 pollici (l’unità di default del sistema). Inoltre se si scelgono
le unità generiche, si avranno sicuramente dei problemi nella condivisione di file con altri
utenti 3DS MAX, perché nessuno sa con sicurezza il valore di tale unità. È consigliabile
definire sempre l’unità di misura da utilizzare.
■ Figura 5.7
Il pannelloLAYOUT della
finestra di dialogo
VIEWPORT CONFIGURATION.
È possibile modificare la maggior parte dei tasti di scelta rapida in 3D Studio MAX utilizzando il
pannello KEYBOARD della finestra di dialogo PREFERENCE S ETTINGS. In 3D Studio MAX le scelte
rapide per le viste appena descritte sono impostate per default.
Visualizzazioni a zoom
La maggior parte dei pulsanti di esplorazione delle visualizzazioni è utilizzata per fare
zoom sulla vista. Questi pulsanti sono disponibili per tutti i tipi di visualizzazioni tranne
Camera e Spotlight.
Il metodo basilare di utilizzo consiste nel premere un pulsante Zoom e poi trascinare in
una vista per definire l’ingrandimento dello zoom. È possibile modificare l’effetto di un
comando zoom premendo i seguenti tasti di modifica:
■ CTRL durante il trascinamento accelera la modifica dell’ingrandimento dello
zoom;
■ CTRL mentre si trascina uno Zoom All o si fa clic su Zoom Extents All esclu-
de le viste Perspective dal comando;
■ CTRL e clic con il pulsante destro del mouse su Zoom o Zoom All fa lo zoom
avanti 2X;
■ ALT e clic con il pulsante destro del mouse su Zoom o Zoom All fa lo zoom
indietro 2X.
È possibile eseguire le seguenti scelte rapide da tastiera come comandi autonomi o
interattivi anche durante un altro comando. Per esempio, mentre si trascina un oggetto,
è possibile premere una scelta rapida da tastiera qualsiasi per modificare la visualizzazione
senza interrompere l’operazione:
Visualizzazione panoramica
Il comando Pan è anche disponibile per tutte le viste tranne Camera e Spotlight. In realtà,
le viste Camera e Spotlight hanno un comando chiamato Pan che esegue però operazioni
completamente diverse.
È possibile utilizzare le seguenti scelte rapide con il comando Pan:
■ Figura 5.9
Un modello mesh di una
macchina da caffè di
Kinetix Residential 3D
Props.
Con la versione 1.1 di 3D Studio MAX non esistono in commercio molti modelli in formato
nativo 3DS MAX. Non è comunque un problema perché 3D Studio può importare file mesh in
altri formati.
■ Figura 5.10
Selezionare oggetti da
unire.
Nella scena di 3D Studio MAX è possibile avere oggetti multipli con lo stesso nome, quindi
anche se gli oggetti da unire hanno lo stesso nome degli oggetti presenti nella scena, non
insorgeranno problemi. Se per costruire la scena è stato utilizzato il metodo stand-in, si
dovranno cancellare automaticamente gli oggetti stand-in quando saranno sostituiti dai
modelli più dettagliati con lo stesso nome. Per sostituire gli oggetti nella scena corrente
con gli oggetti da unire che hanno lo stesso nome, spuntare la casella di controllo [Same
Name] vicino all’angolo inferiore destro della finestra di dialogo MERGE. Quando la casella
[Same Name] è spuntata, verranno visualizzati nell’elenco selezione solo gli oggetti nel
file unione con un nome corrispondente agli oggetti della scena corrente. Gli oggetti
dell’elenco selezionati sostituiranno gli oggetti con lo stesso nome presenti nella scena.
Uno degli svantaggi di questo metodo è che l’opzione [Same Name] richiede che gli
oggetti da unire abbiano esattamente lo stesso nome degli oggetti già presenti nella scena.
Se il nome non corrisponde perfettamente, gli oggetti non corrispondenti saranno
ignorati. È possibile anche creare un unico oggetto stand-in che sarà sostituito da un
modello dettagliato composto da oggetti multipli. L’opzione [Same Name] unisce solo
l’oggetto con lo stesso nome dell’oggetto stand-in; tutti gli altri oggetti con nomi diversi
sono ignorati. Il modo migliore per aggirare questa restrizione è evitare di utilizzare
l’opzione [Same Name] e cancellare manualmente gli oggetti stand-in dopo aver unito i
modelli dettagliati. Lasciare l’oggetto stand-in nella scena costituisce un vantaggio poiché
l’oggetto stand-in può essere utilizzato per controllare le dimensioni e la posizione
rispetto all’oggetto da unire.
■ Figura 5.11
La finestra di dialogo
IMPORT DXF FILE.
■ Figura 5.12
La finestra di dialogo
MISSING MAP F ILES.
■ Figura 5.13
Il pannelloBITMAP della
finestra di dialogo
CONFIGURE P ATHS.
Librerie globali
Una tecnica è creare librerie globali accessibili da qualsiasi progetto o scena. Le librerie
devono essere costituite da una directory globale per la libreria dei materiali dove sono
memorizzati i file master MAT e una serie di directory principali dove sono memorizzati
tutti i file immagine.
Le librerie MAT si trovano per default nella directory 3dsmax\maps che viene creata
automaticamente durante l’installazione di 3D Studio MAX. È possibile memorizzare i file
MAT separati in questa directory o in qualsiasi altra directory, è sufficiente che ogni file
si riferisca a un certo tipo di materiale. Per esempio, è consigliabile creare alcuni tra i file
libreria elencati qui di seguito:
■ Figura 5.14
Struttura delle cartelle del
CD-ROMfornitoin
dotazione.
Librerie progetto
Le librerie globali sono molto efficienti quando si avvia un progetto, ma che cosa succede
poi? È frustrante ripristinare un vecchio progetto dalle copie di backup, caricarlo in 3D
Studio MAX e scoprire durante il rendering che mancano o sono stati modificati file
mappa fondamentali per i materiali. Un problema particolarmente grave quando sono
state create mappe personalizzate per un progetto specifico.
La soluzione è creare librerie distinte per ogni progetto. Ogni progetto ha la sua propria
directory per le scene e i file immagine corrispondenti. È possibile creare fin dall’inizio
un file MAT unicamente per il progetto e salvarlo nella directory dei progetti. Quando
si creano materiali che verranno applicati al modello, sarà possibile memorizzarne le
definizioni nel file progetto MAT.
Quando si crea un file immagine come mappa personalizzata per il progetto, memoriz-
zarlo nella directory progetto, non in una della directory globali. Poi, se si intende
utilizzare la mappa personalizzata per altri progetti, copiare il file immagine nell’apposita
directory globale. Inoltre, dopo aver impostato le definizioni finali dei materiali, copiare
tutti i file immagine utilizzati da quei materiali dalla directory globale nella directory
progetto. Si potrebbe pensare che una tale operazione sia uno spreco di spazio su disco,
Gestione dell’output
Dopo aver costruito la scena, impostato le cineprese e le luci e applicato i materiali, è
necessario eseguire il rendering dell’immagine o l’animazione. Il problema è quale
formato di file utilizzare o dove salvare i file. Una posizione per i file di output è la
directory progetto. Un’altra soluzione, forse migliore, è creare una sottodirectory di
output sotto la directory progetto su un’unità rimovibile distinta o su una grande unità
di rete.
Due sono i fattori che spingono a creare una sottodirectory di output separata. Prima di
tutto, eseguire il rendering di immagini statiche e le animazioni crea file di grandi
dimensioni. Gestire questi file è più facile se sono separati da tutto il resto. La seconda
ragione è strettamente legata al fatto di evitare di posizionare immagini di rendering
nella stessa directory delle immagini mappa e dei file scena. A meno che non si abbia
adottato una strategia di denominazione file ben studiata, sarà difficile distinguere i
rendering e le mappe solo dal nome del file.
Salvare i file
Come accade per tutti i programmi, è consigliabile salvare i file di frequente. 3DS MAX
è unico per il numero e la flessibilità delle diverse strategie di salvataggio file. Esistono
diversi comandi per salvare il lavoro, compresa un’opzione per salvare i file numerati
progressivamente. La figura 5.15 mostra una finestra di dialogo SAVE standard con la
casella per il nome del file, l’elenco dei formati file e il pulsante numero progressivo file.
■ Figura 5.15
Una finestra di dialogo
standardSAVE in 3D
Studio Max.
Nella casella File name è possibile inserire qualsiasi nome file valido. Per questioni di
comodità, 3D Studio MAX utilizza per default il nome file corrente nella casella . Se si fa
clic sul pulsante numero progressivo file, 3D Studio MAX aggiunge un numero a due cifre
al nome nella casella File name. Questo è un modo rapido per creare file numerati
progressivamente da utilizzare per conservare tutte le fasi della progressione.
È possibile utilizzare le seguenti scelte del menu FILE per salvare la scena interamente o
parzialmente su un file:
■ Save. Salva rapidamente la scena senza visualizzare prompt o finestre di
dialogo supplementari. La prima volta che si salva un nuovo file, tuttavia,
verrà visualizzata la finestra di dialogo SAVE AS.
■ Save As. Salva la scena con un nuovo nome e la fa diventare la scena corren-
te. Questa finestra di dialogo contiene il pulsante numero progressivo file
per salvare file numerati in sequenza. Quando si fa clic sul pulsante numero
progressivo file, verrà aggiunto un numero a due cifre al nome file contenuto
nella casella File name.
■ Save Selected. Salva la selezione corrente di oggetti in un file scena. Questa
finestra di dialogo contiene anche il pulsante numero progressivo file. È
possibile utilizzare Save Selected con il pulsante numero progressivo file per
dividere rapidamente una grande scena in una serie di file più piccoli nume-
rati in sequenza.
File di backup
In 3D Studio MAX e possibile utilizzare due metodi automatici per creare file di backup.
Il primo metodo crea file di backup quando si salva un file scena con un nome file esistente.
Il secondo metodo salva file di backup a intervalli di tempo regolari.
Quando si salva una scena con lo stesso nome di un file esistente, 3D Studio MAX è in
grado di creare anche un file di backup. Spuntare l’opzione [Backup File] nel pannello FILE
della finestra di dialogo PREFERENCE SETTINGS per permettere di scrivere file di backup. Il
file di backup è una copia del file originale che utilizza il nome Maxback.bak. Studio MAX
crea file di backup numerati in sequenza invece di sovrascrivere continuamente lo stesso
file MaxBack.bak. Il file MaxBack.bak si trova sempre nella directory 3dsmax\scenes
a prescindere dalla directory in cui è caricato il file scena.
Se si seleziona l’opzione [Auto Backup Enable] nella finestra di dialogo PREFERENCE
SETTINGS, 3D Studio MAX salva i file di backup a intervalli di tempo regolari. I file sono
chiamati Autobak1.mx fino a uno massimo di Autobak9.mx e sono salvati nella directory
3dsmax\scenes. Una volta raggiunto il numero massimo di file di backup automatici,
3DS MAX ricomincia daccapo con Autobak1.mx. È possibile limitare il numero di file
Autobak da creare e specificare l’intervallo di tempo in minuti fra un salvataggio e l’altro.
La casella per l’intervallo di tempo accetta valori da un minimo di 0,01 minuti, quindi se
si teme di perdere il lavoro in corso, è possibile salvare file di backup ogni 0,6 secondi!
Ovviamente, i file di backup non sono adatti per l’archiviazione a lungo termine, infatti
non sono stati studiati per questa finalità. I file di backup costituiscono un escamotage nel
caso si salvi un file con il nome di un file già esistente. Se ci si accorge dell’errore in tempo,
con ALT+TAB è possibile visualizzare Windows NT Explorer o File Manager e rinominare
il file di backup con un nome appropriato per un file di 3D Studio MAX.
Annullare un errore
Uno degli sviluppi più importanti della storia del computer è il comando Undo (annulla).
La maggior parte degli utenti di software ricorrono spesso a questo comando; lo
utilizzano perfino invece di salvare regolarmente il lavoro. Questo metodo è alquanto
pericoloso e può fare insorgere gravi errori.
3DS MAX offre diversi metodi Annulla, come mostrato dall’elenco seguente :
■ annullare o ripetere modifiche nello schermo;
■ annullare o ripetere modifiche nelle scene;
■ interrompere e recuperare file temporanei.
Utilizzo di Undo/Redo
3D Studio MAX supporta cinque buffer annulla/ripeti: un buffer per la scena e un buffer
per ognuna delle quattro finestre. È possibile utilizzare questi buffer annulla/ripeti per
Ovviamente, le azioni che non possono essere annullate sono l’applicazione o la cancellazione di
un modificatore e la compressione del Modifier Stack. Prima di eseguire tali azioni, è
consigliabile pensarci bene : il loro effetto è permanente.
Utilizzare Undo/Redo dal menu VIEWS per invertire le modifiche apportate alla finestra
come panoramica e zoom. Ogni finestra dispone di un proprio buffer annulla. I buffer
annulla per le finestre hanno un limite di 20 livelli ciascuno.
È importante notare che le modifiche alle finestre Camera e Spotlight sono davvero
modifiche alla scena perché si cambiano gli oggetti cinepresa e riflettore nella scena.
Utilizzare il comando EDIT, Undo per invertire le modifiche apportate alle finestre Camera
e Spotlight.
Archiviazione manuale
Se si desidera archiviare tutti i diversi file associati a un progetto, è necessario farlo
manualmente. Utilizzare il programma di archiviazione preferito per comprimere i file
nella directory progetto in un unico file. Se si sono create sottodirectory mappa o di
output distinte sotto la directory progetto, assicurarsi che il programma di archiviazione
sappia di dover includere anche le sottodirectory e memorizzare i nomi dei percorsi. In
questo modo, sarà possibile ripristinare i file progetto nelle stessa struttura di directory.
Se si sta archiviando un progetto completo per un lungo periodo, si consiglia di archiviare
con il progetto 3D Studio MAX insieme a tutti i plug-in.
Utilizzare il comando Archive incorporato in 3DS MAX come raccoglitore di mappe. In questo
modo eseguirà rapidamente le copie di tutte le mappe immagini di riferimento nella directory
progetto. Sarà poi possibile archiviare l’intera directory in un unico grande file.
Riepilogo
■ Decisioni di modellazione. Identificare quanto la scena deve essere accurata
e particolareggiata per evitare lavoro di modellazione inutile o di creare
scene eccessivamente complesse.
■ Unità di scala di sistema. Evitare di modificare l’unità di scala di sistema a
meno che non sia assolutamente necessario. Capire in che modo l’unità di
scala di sistema influisce sull’arrotondamento numerico e in che modo è
possibile evitare errori di arrotondamento.
■ Unità di misura. Impostare unità di misure logiche che si adattino alla scena.
Impostare l’unità di misura corretta facilita l’inserimento dei numeri e aiuta a
evitare di modellare dettagli inutili.
■ Disposizione della finestra. Disporre la finestra in modo comodo e cambia-
re l’orientamento della vista secondo le proprie esigenze.
■ Salvataggio di file. Salvare i file spesso e avvalersi dei numerosi metodi
offerti da 3DS MAX per eseguire il backup e proteggere i dati.
■ Organizzazione dei file. Organizzare le directory globali e dei file progetto
in modo efficiente. Una struttura di directory ben organizzata fa risparmiare
tempo e evita di perdere i file.
Nel presente capitolo verranno trattati i principi della creazione di oggetti nonché le
caratteristiche e gli usi delle primitive della geometria elementare. Pur trattando degli
oggetti più semplici, le regole descritte sono applicabili anche a quelli più complessi.
Inoltre le primitive semplici spesso costituiscono gli elementi di base per la creazione dei
modelli più complessi e di quelli organici. In particolare questo capitolo tratterà gli
argomenti di seguito elencati:
■ principi della creazione di primitive tridimensionali;
■ utilizzo di Home Planes (piani base) e Grid Helpers (strumenti griglia ausiliari)
nella creazione;
■ accuratezza;
■ opzioni di creazione e realizzazione di vari tipi di oggetto;
■ analisi delle primitive elementari;
■ concetto di classi geometriche in 3D Studio MAX.
Creazione interattiva
In 3D Studio MAX la creazione della geometria deve avere un carattere interattivo. Perciò
il metodo convenzionale di creazione di un oggetto consiste nel fare clic in una finestra
e trascinare il cursore per definire i parametri indeterminati. 3DS MAX disegna simulta-
neamente la geometria risultante in tutte le finestre, a mano a mano che vengono definite
le distanze e la creazione procede.
Il piano sul quale gli oggetti vengono creati è determinato dalla finestra o da uno
strumento ausiliario griglia della costruzione attiva. La posizione di un oggetto è una
caratteristica della definizione dell’oggetto stesso. La maggior parte degli oggetti giace
sul piano di creazione e definisce l’altezza a partire da questo. Le primitive cilindro, per
esempio, collocano la circonferenza di base sul piano di creazione e il parametro altezza
estrude perpendicolarmente al piano. Poiché le primitive Sphere (sfera), GeoSphere
(geosfera), Torus (toro) e Hedra (poliedro) sono definite dal rispettivo centroide,
costituiscono un’eccezione alla regola e collocano il centroide sul piano di costruzione.
Mentre gli altri oggetti giacciono sul piano di costruzione, queste quattro primitive lo
bisecano. Il piano sul quale nasce una primitiva è anche la posizione del suo punto di
rotazione. Il punto di rotazione è il centro degli assi locali dell’oggetto e determina il punto
intorno al quale l’oggetto ruota. In questa fase iniziale della creazione si definisce anche
l’orientamento del riquadro di delimitazione permanente dell’oggetto.
Le descrizioni precedenti sono standard per le primitive di 3DS MAX. Gli oggetti creati dagli
sviluppatori terzi possono rispettare tali convenzioni oppure seguire metodi di creazione
differenti, posizionando diversamente i punti di rotazione.
■ Figura 7.1
Input da tastiera per la
creazione di oggetti Box.
L’uso della tastiera può sembrare più preciso, ma la stessa esattezza è ottenibile creando
l’oggetto interattivamente e regolandone i parametri nel pannello MODIFY e la posizione
nella finestra di dialogo TRANSFORM TYPE-IN. La stessa precisione può essere raggiunta
anche utilizzando Snap con l’opportuna impostazione di griglia. Nella maggior parte dei
casi la creazione interattiva con modificazioni successive sarà più veloce, perché di solito
i parametri critici sono soltanto uno o due.
■ Figura 7.2
Le fasi necessarie per
modificare le caselle con
quantità relative.
Una regola generale: “se è possibile vedere una griglia attiva, cioè se le linee della griglia sono
visibili, allora la griglia è il piano di costruzione attivo della finestra”.
Quando gli oggetti vengono creati con le griglie base, la vista nella quale viene iniziata
la definizione dell’oggetto determina il piano di costruzione. Quando l’oggetto viene
Quando la creazione ha luogo in una finestra non ortogonale, viene sempre definita la posizione
X,Y e la componente Z è uguale a 0 (fintantoché la griglia base è attiva). Quando perciò la
creazione avviene nelle finestre Perspective, User, Camera e Spotlight gli oggetti vengono
sempre posti sul piano terrestre.
■ Figura 7.3
Le griglie base di default.
Front
e ZX a YZ
Destr
YX o
Sop ttoS
ra X
Y
Piano di terra
iS XZ o
rtsin
ZY a rteR
Gli oggetti griglia ausiliari hanno le stesse funzioni degli altri oggetti: possono essere
spostati, ruotati e allineati piuttosto facilmente. La funzione Normal Align (allineamento
normale) è particolarmente utile nella costruzione relativa ai modelli. Per utilizzare un
oggetto griglia è necessario prima attivarlo selezionandolo e poi facendo clic sul tasto
destro del mouse (figura 7.4) oppure scegliendo la voce Grids/Activate Grid Object nel menu
V IEWS. Dopo l’attivazione, le griglie base scompaiono e vengono mostrate le linee
dell’oggetto griglia. Per convenzione in questo capitolo il termine griglia attiva corrente si
riferisce a un oggetto griglia attivato oppure alla griglia del piano base visibile nella
finestra attiva.
■ Figura 7.4
Per attivare un oggetto
griglia fare clic con il tasto
destro del mouse
sull’oggetto griglia.
È opportuno non scalare oggetti griglia. In questo caso la spaziatura griglia (Grid spacing). non
viene scalata. La relazione tra la griglia visibile e la griglia snap risulta perciò interrotta. Per
aumentare le dimensioni della griglia è sempre necessario modificarne i parametri di creazione.
Nel caso la griglia sia stata accidentalmente scalata è possibile reimpostare la scala al 100%
con Transform Type-In.
Una finestra destinata a diventare griglia mostrerà la vista del piano XY (pianta)
dell’oggetto griglia attivo corrente (figura 7.4, a sinistra). Quando le griglie base sono
attive, le finestre Grid mostrano la griglia base del piano XY (piano terrestre). Le viste
Grid si aggiornano dinamicamente mentre l’oggetto griglia attivo viene traslato e
ruotato. Si avrà così una vista in alzata permanente e perpendicolare al piano. le viste Grid
sono particolarmente utili quando vengono create delle spline inclinate rispetto agli assi.
In questo caso le viste Grid possono essere assimilate al piano di un quadro sul quale
disegnare secondo la prospettiva tradizionale.
Le griglie sono gli unici oggetti allineabili con una vista. Per allineare altri oggetti con la vista,
creare prima un oggetto griglia e allinearlo con la vista. La griglia può ora essere utilizzata per
allineare altri oggetti usando Align o Normal Align.
Gli oggetti griglia non si limitano alla funzione ausiliaria in fase di creazione. Spesso è
molto utile fare riferimento all’oggetto griglia attivo come sistema di coordinate attuale
I modelli importati da altri programmi a volte vengono posti a grande distanza dall’origine
perché sono stati modellati in quella posizione nell’altro programma. In 3DS MAX questa
posizione può provocare errori di curvatura all’esterno. Una soluzione consiste nello spostare
l’intera scena più vicina all’origine. Tale soluzione però è altrettanto negativa nel caso in cui
debba continuare la coordinazione con il database esterno. In questo caso è necessario incre-
mentare System Unit Scale sotto General Preferences (per ulteriori informazioni consultare il
capitolo 5).
■ Figura 7.5
Le finestre di dialogo Grid
and Snap Settings.
Il sistema snap fornisce opzioni per lo snapping di vertici, bordi, intersezioni di griglie
e linee di griglie nello spazio a 2, 2,5 e 3 dimensioni; tuttavia la disponibilità di tali opzioni
varia a seconda della situazione. Nella creazione di primitive 3D il sistema snap è sempre
in modalità 2D e la griglia attiva fornisce la componente delle coordinate mancante. Le
altre impostazioni snap di 2,5D e 3D sono applicabili solo alla creazione di oggetti spline
lineari (Line). Lo snap di vertici e bordi viene rispettato ma solo per vertici e bordi che
giacciono sulla griglia attiva. La geometria è sempre confrontata con la posizione della
griglia. Date queste limitazioni gli strumenti principali per l’esattezza della creazione
sono ancora le griglie.
Lo snap assoluto (Absolute Snap) è una proiezione nello spazio dello schermo ed è disponibile
soltanto quando sono attivi i sistemi di coordinate Screen (schermo) o View (vista). Quando
vengono utilizzati i sistemi di coordinate World (globale), Parent (principale), Local (locale),
Grid (griglia) o Pick (seleziona) l’impostazione dello snap assoluto ritorna a snap relativo
(Relative Snap).
Gli utenti AutoCAD, che conoscono i sistemi di coordinate utente (user coordinate systems,
UCS), troveranno l’utilizzo degli oggetti griglia molto simile a questo, a parte il fatto che le
griglie sono oggetti e come tali possono essere gestiti. Il passaggio dal sistema di coordinate
attive alla griglia è assimilabile alla creazione e modifica di un UCS in AutoCAD.
La creazione avviene sempre sulla griglia attiva. Molti modellatori ritengono che
l’orientamento della griglia sia più esatto e veloce di quanto non sia la costruzione a
partire dalle griglie base di default seguita dalla ricollocazione degli oggetti.
Per creare oggetti paralleli a una vista User, Perspective, Camera e Spotlight è necessario
utilizzare una griglia attiva, perché, quando i piani base sono attivi, viene rispettato solo
il piano terrestre X,Y.
Dopo aver attivato una griglia, selezionare VIEWS , Grids, Align to Views e la griglia verrà
allineata a quella vista. La griglia ora è pronta per la costruzione.
■ Figura 7.6
Le primitive geometriche
fondamentali di 3DS MAX.
Diversamente da quanto avviene in molti programmi 3D, in 3DS MAX non è mai necessario
vincolarsi nella definizione iniziale dei parametri di creazione. Il valore dei parametri di creazione
può essere modificato secondo le necessità in una fase successiva, utilizzando il pannello
MODIFY. Tali valori non possono essere modificati dopo l’esecuzione di un’operazione che
comprime lo stack dell’oggetto. L’esecuzione di un’opzione di questo tipo (per esempio
EditMesh/Attach) deve essere preceduta dall’esame dei parametri di creazione e dalla considera-
zione della quantità di particolari necessari all’oggetto nella scena.
Per gestire le dimensioni della scena e la velocità interattiva, un approccio utile è quello di
mantenere l’impostazione degli oggetti parametrici alla segmentazione minima e di aumentarla
solo quando è necessario. Un metodo per utilizzare questo approccio consiste nel modellare e
posizionare su un unico fotogramma con impostazioni molto basse e poi eseguire il rendering
su un altro fotogramma con impostazioni molto elevate. L’impatto sulle dimensioni del file è
minimo perché vengono aggiunte solo le chiavi di animazione per i parametri di segmentazione.
Dimensioni (Dimensions)
Le dimensioni definiscono l’estensione dell’oggetto parametrico misurato a partire dal
suo punto di creazione. Le dimensioni normali comprendono altezza, lunghezza e
larghezza, mentre gli oggetti circolari contengono anche i parametri relativi al raggio.
Altri sviluppatori forniscono elementi alternativi che possono essere perimetro, volume
e massa.
Quando un oggetto viene scalato con una trasformazione, i parametri di creazione a esso
relativi non rispecchiano le dimensioni generali risultanti. Se l’oggetto mantiene la propria
definizione parametrica, è necessario regolare i parametri di creazione. Gli oggetti parametrici
devono essere scalati solo quando questa operazione deve essere eseguita lungo assi diversi o
intorno a punti diversi.
Smusso (Smoothing)
I parametri di smusso controllano l’aggiunta automatica di gruppi di smusso all’oggetto.
Alcuni oggetti, come il toroide, dispongono di utili opzioni per la smussatura che sarebbe
laborioso utilizzare in modo non parametrico. Con i modificatori EditMesh e Smooth è
possibile assegnare una smussatura personalizzata a specifiche selezioni di facce.
“Variazioni” (Variations)
Il parametro “variazioni” gestisce in vari modi i valori dimensionali e di segmentazione.
Si tratta generalmente di “extra” relativi a vari oggetti e sono utilizzate per creare
variazioni interessanti che altrimenti sarebbe molto difficile realizzare. Le opzioni
Rotation (rotazione) e Twist (torsione) del toro sono esempi di parametri appartenenti a
questo gruppo. Altri sviluppatori prevedono anche vento, gravità, età e così via.
“Famiglia” (Family)
Il parametro “famiglia” modifica il risultato di tutti gli altri parametri. Esempi tipici sono
Type (tipo) per GeoSphere e Family per Hedra. Altri sviluppatori prevedono anche
genere, specie, razza, produttore, linea, prodotto e così via.
■ Figura 7.7
Centri dimensionali e punti
di rotazione di alcune
primitive.
A volte può essere preferibile lavorare in modalità Box, per esempio durante la regolazione di
una geometria complessa che altrimenti implicherebbe tempi significativi di rigenerazione dello
schermo. In simili situazioni può essere importante avere orientamenti coerenti dei riquadri di
delimitazione. Per riorientare il riquadro di delimitazione di un oggetto è possibile collegarlo a
un oggetto trasformabile in una mesh con l’orientamento del riquadro prescelto (utilizzando
EditMesh/Attach). In seguito è sempre possibile scollegare l’elemento appena riorientato o
cancellare l’elemento di destinazione. Questo procedimento deve essere seguito solo se neces-
sario perché comprime lo stack dell’oggetto collegato; inoltre l’oggetto collegato eredita il
punto di rotazione dell’oggetto a cui è connesso. Un metodo alternativo consiste nell’utilizzare
l’utility Reset Transform della Release 1.1 per applicare un modificatore Xform all’oggetto e
ottenere lo stesso effetto senza rimuovere la cronologia di dati dell’oggetto.
■ Figura 7.8
L’uso dei parametri Slice
e Chop nelle primitive
Sphere, Cylinder, Torus,
Cone e Tube.
La primitiva Sphere differisce dalle altre per il parametro Hemisphere (semisfera) cui è
associato un intervallo 0-1, che definisce la percentuale della sfera. L’opzione Squash
(schiaccia) conserva lo stesso numero di segmenti nella sezione di sfera risultante.
L’opzione Chop seziona la sfera nella stessa posizione di Squash ma lascia il resto dei
segmenti della sfera come originariamente definiti.
La figura 7.9 mostra alcune sfere con gli stessi valori Hemisphere sia in Squash sia in Chop.
L’opzione [Base to Pivot] (base su perno) modifica notevolmente l’effetto di Hemisphere.
Quando tale opzione è attivata, la base della sfera sezionata giace sempre sul piano di
creazione. Quando viene animata, la sfera sembra emergere dal piano come se stesse
infrangendo la superficie di un liquido. Quando [Base to Pivot] è disattivata, la parte
superiore della sfera sezionata rimane stazionaria e la sfera sembra allontanarsi (figura
7.9) sulla superficie.
Lo smusso non va confuso con il modificatore MeshSmooth introdotto nella Release 1.1 che
modifica la topologia della superficie e non solo le caratteristiche del rendering.
■ Figura 7.12
La stessa geometria
senza smusso.
Lo smusso crea questa illusione di rotondità assegnando dei gruppi di smusso alle facce
opportune. Tutte le facce adiacenti saldate che condividono un gruppo di smusso sono
smussate lungo i bordi adiacenti. È necessario tenere presente che lo smusso è applicabile
solo a facce tra loro saldate. Quindi mentre alle varie parti di un oggetto possono essere
assegnati diversi gruppi di smusso, l’effetto dello smusso non può estendersi a zone che
non sono collegate, anche se alle facce è associato lo stesso gruppo di smusso.
I gruppi di smusso creati con metodi procedurali sono generalmente organizzati abbastanza
bene e forniscono un metodo comodo di selezione quando si utilizza il modificatore EditMesh.
Nella maggior parte dei casi alle primitive, quando l’opzione Smooth non è attiva, non
vengono assegnati gruppi di smusso. Parallelepipedi, cilindri e coni sono le uniche
eccezioni: assegnano un gruppo di smusso all’estremità piana. In una fase successiva le
operazioni di modellazione possono facilmente deformare questi bordi. Un gruppo di
smusso comune su questi piani garantisce la continuità dello smusso (e presumibilmente
della planarità) nel rendering. Tale caratteristica deve essere tenuta presente all’inizio di
un processo di deformazione di questi lati rispetto al piano originario, quando non
devono più essere smussati.
Primitive di base
3D Studio MAX dispone di varie primitive geometriche con definizione parametrica. Pur
essendo spesso utili in sé, generalmente tali primitive costituiscono gli elementi di base
per la costruzione di modelli più complessi. Poiché il Software Developer’s Kit (SDK) di
3DS MAX le fornisce tutte come codice sorgente, possono sicuramente fungere da base,
costituendo così un presupposto dal quale gli sviluppatori partono per creare classi di
oggetti completamente nuove.
Le primitive più semplici (parallelepipedo, cilindro e tubo) possono essere assimilate
rispettivamente a una sbarra, a un tondo e a un materiale tubolare, pronti per l’incudine
di un fabbro, per il taglio di un operaio metallurgico o il fuoco di un soffiatore di vetro.
Quasi tutto ciò che si forma a partire da materiale grezzo nel mondo reale può essere
realizzato a partire da queste primitive di base e utilizzando poi i modificatori di
deformazione di 3DS MAX. Osservando gli oggetti del mondo reale, ci si renderà conto
del fatto che quasi tutti i manufatti in ferro, i perni e gli oggetti di vetro possono essere
realizzati a partire da primitive.
Parallelepipedi (Boxes)
I parallelepipedi sono gli oggetti più semplici (figura 7.13) ma spesso anche quelli più utili.
In generale tali oggetti vengono utilizzati per definire rapidamente piani terrestri o
piante, pareti e sfondi. Possono fungere da strumenti veloci in caso di allineamento e
spesso vengono utilizzati come operandi per la sezione di oggetti nelle operazioni
booleane. Un parallelepipedo è assimilabile a una sbarra che può essere piegata o ritorta.
I parallelepipedi sono gli unici oggetti oltre i poliedri a non disporre dell’opzione di
smusso, ma a ognuno dei sei lati è associato un gruppo di smusso: ciò significa che quando
ai parallelepipedi si applica una distorsione, i lati rimangono smussati.
Se un cilindro con 200 lati non risulta abbastanza smussato, per esempio nelle immagini ad
alta risoluzione o in oggetti molto grandi che attraversano la scena con archi poco profondi, è
necessario eseguire il loft o l’estrusione dei cerchi che contengono più segmenti e gradini.
Il numero di segmenti altezza richiesti per cilindri e tubi varia a seconda dell’uso che ne
verrà fatto. Quanto più queste primitive vengono deformate, tanto maggiore dovrà
essere il numero di segmenti perché risultino convincenti e smussate. I segmenti altezza
hanno un effetto sulla qualità del rendering del cilindro solo se questo viene deformato
in una fase successiva. Naturalmente ciò non implica un problema di pianificazione perché
è sempre possibile modificare la segmentazione in un secondo momento. La pianificazio-
ne diventa importante però quando deve essere eseguita un’operazione che comprime lo
stack dell’oggetto.
Coni (Cones)
Gli oggetti Cone sono molto simili ai cilindri: un cono infatti è essenzialmente un cilindro
le cui estremità hanno dimensioni diverse. I coni sono spesso utilizzati per creare forme
comuni, come i cilindri, e inoltre la presenza di due raggi consente di imporre in qualsiasi
momento una rastrematura controllabile all’oggetto risultante. Un altro uso comune
consiste nel realizzare forme piramidali di base (figura 7.15). Il cono è preferibile al
cilindro quando occorre avere un controllo parametrico sui raggi inferiore e superiore.
■ Figura 7.15
Gli oggetti Cone con
diversi parametri di
creazione.
Figura 7.16
L’effetto di smusso su
coni che si incontrano in
un vertice.
■ Figura 7.17
L’effetto della
segmentazione in altezza
sullo smusso di un cono
rappresentato.
■ Figura 7.18
Gli oggetti Sphere e
GeoSphere con diversi
parametri di creazione.
Le opzioni Tetra (tetraedro), Octa (ottaedro) e Icosa (icosaedro) creano tutte sfaccettature
triangolari ma organizzano la propria geometria in modi diversi. La sfera Icosahedron
è la classica volta geodetica che forma pentagoni e triangoli in punti critici. In giunti simili
Octahedron e Tetrahedron formano invece quadrati e triangoli.
Gli oggetti GeoSphere sono più efficaci perché forniscono un profilo più smussato con il
minimo numero di facce. L’oggetto Sphere è più facile da sezionare e generalmente è
preferibile quando è necessario interagire con altri oggetti rettilinei. Quando si estrag-
gono porzioni di sfera come operandi booleani, si otterranno risultati più soddisfacenti
con Sphere che con GeoSphere. Quando invece vengono utilizzate isolatamente, soprat-
tutto come volte, sono preferibili gli oggetti GeoSphere.
Toro (Torus)
Gli oggetti Torus vengono anche chiamati ciambelle, ruote o anelli. Per quanto semplice
all’apparenza, questo oggetto è associato ad alcuni parametri interessanti (figura 7.19).
Il parametro Twist (torsione) torce le linee radiali (lati), che formano una spirale intorno
al Torus, mentre il parametro Rotation (rotazione) ruota le sezioni (segmenti). L’effetto
Poiché Twist ha un punto di inizio definito, esisterà un restringimento definito all’inizio della
torsione, a meno che questa non compia una rivoluzione completa per consentire l’unione di
inizio e fine. Se non è stata attivata l’opzione <Slice> che consente di inserire un’interruzione a
questo punto, per evitare il restringimento è necessario utilizzare i valori di Twist con incremen-
ti di 360.
■ Figura 7.19
Gli oggetti Torus con
diversi parametri di
creazione.
■ Figura 7.20
Gli oggetti Hedra con
diversi parametri di
creazione.
■ Figura 7.21
Le famiglie Hedra e la
corrispondente variazione
dei parametri di base.
P 0,5
Q 0,5
Parametri della famiglia
P 0,0
Q 1,0
P 1,0
Q 0,0
P 0,0
Q 0,0
■ Figura 7.23
I file di esempio standard
matsamp2.max e
matsamp3.max di 3DS
MAX.
Classi geometriche
Gli oggetti parametrici forniti da 3D Studio MAX appartengono a due classi fondamen-
tali, perché possono essere convertiti in mesh triangolari e patch di Bézier (trattati appro-
fonditamente nel capitolo 14). Man mano che 3DS MAX si sviluppa e cresce il numero di
classi geometriche, il modo in cui i modificatori interagiscono con la geometria diventa
sempre più importante. 3DS MAX può accogliere qualsiasi definizione geometrica. Nel
programma di base sono compresi oggetti parametrici, mesh, patch e spline.
Una classe geometrica definisce il modo in cui l’oggetto derivato viene visualizzato e può
essere modificato. Attualmente 3D Studio MAX dispone solo di quattro classi, ma gli
sviluppatori stanno aggiungendo piuttosto rapidamente classi personalizzate. Vista la
velocità di questo sviluppo, diventa importante capire come si trasforma la geometria
durante la modellazione.
Gli oggetti patch reagiscono ai modificatori in modo diverso dagli oggetti mesh. La figura
7.25 mostra che le curve risultanti da patch deformati sono molto più sottili di quelle
ottenute deformando l’oggetto come mesh. Ciò dipende dal fatto che i vertici di una mesh
sono espliciti, mentre un patch è il risultato di un’equazione.
Generalmente, quando lavorano su oggetti convertiti in patch, i modellatori tendono a
mantenere la geometria patch quanto più a lungo è possibile. Diventa quindi importante
sapere quando un’operazione forzerà la geometria a convertirsi da patch in facce. La
maggior parte dei modificatori gestisce entrambe le geometrie, mentre alcuni non hanno
questa possibilità. I seguenti modificatori convertiranno sempre la geometria in facce:
EditMesh, Material, Normal, Smooth, VolSelect, MeshSmooth e Relax.
■ Figura 7.25
Differenze tra
deformazione di una
geometria patch e mesh.
In 3DS MAX la geometria si evolve. Gli oggetti rimangono nella classe più elevata
possibile fino a quando non è necessaria una conversione verso una classe inferiore più
semplice. La geometria di ordine superiore si converte in una più semplice quando viene
applicato un modificatore che non può operare su quella classe geometrica. Il denomina-
tore comune di tutti gli oggetti è la mesh triangolare. Dato che tutti gli oggetti di 3D Studio
MAX devono essere in grado di convertirsi in tali oggetti, tutti i modificatori possono
operare su qualsiasi oggetto dato, anche se devono convertirlo in mesh. La maggior parte
dei modificatori di 3DS MAX può operare su mesh o patch, conservando tutto ciò che
ricevono e passando il risultato modificato nella classe geometrica data.
Riepilogo
■ Creazione di oggetti. In 3DS MAX la creazione è prevalentemente un proces-
so interattivo e la modalità di operazione più veloce tende a essere quella in
cui viene prima creato l’oggetto e poi vengono regolati i parametri di base,
rispettando il principio della precisione.
■ Strumenti griglia ausiliari. Gli strumenti griglia ausiliari sono estremamente
utili nella determinazione di piani di costruzione con angoli particolari o
correlati a una geometria preesistente. Il numero delle griglie può essere
illimitato e quindi è possibile determinare molte relazioni alle quali eventual-
mente fare riferimento. Le funzioni speciali delle griglie comprendono la
capacità di definire snap e trasformazioni e di avere viste a esse perpendico-
lari.
■ Sistema Snap. Il sistema Snap è lo strumento principale per ottenere l’esat-
tezza della creazione, mentre il sistema Align è il mezzo migliore per posizio-
nare gli oggetti in relazione reciproca.
In 3D Studio MAX tutti gli oggetti servono per essere modificati e animati, anche i modelli
più complessi e intricati. Questo capitolo illustra i concetti basilari per modificare i modelli
e la cronologia delle modifiche con il Modifier Stack. Verranno fornite le nozioni
fondamentali per capire in che modo funzionano tutti i modificatori all’interno del
concetto di Modifier Stack. I modificatori stessi sono trattati in termini di utilizzo
quotidiano senza dilungarsi in descrizioni troppo specifiche sulle finestre di dialogo.
Questo capitolo funge da base per argomenti più avanzati che saranno affrontati nei
paragrafi seguenti. In particolare, il capitolo tratta i seguenti argomenti:
■ applicazione di modificatori agli oggetti;
■ modifiche di oggetti singoli e multipli;
■ il Modifier Stack;
■ manipolazione dei gizmo e dei centri del modificatore;
■ controllo dell’influsso dei modificatori con le estensioni;
■ differenza fra le trasformazioni e le modifiche;
■ utilizzo di modificatori a deformazione assiale.
■ Figura 8.1
Tre modificatori applicati a
una primitiva Tube.
Soprattutto le prime volta che si lavora con 3DS MAX, può capitare di applicare diversi modifi-
catori quando in realtà si desidera applicarne solo uno. In questo caso, individuare quali valori
del modificatore si intende tenere e cancellare quelli ridondanti attraverso l’icona Remove o la
finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK.
Modificare una selezione rappresenta un modo preciso e rapido per individuare un centro
gizmo comune per un dato modificatore. Nella figura 8.4 è stato assegnato un modificatore
Bend alle gambe della sedia come selezione e, sempre come selezione, le stesse sono state rese
uniche. In questo modo, la posizione del centro di ogni gamba per le pieghe concentriche era la
stessa.
Quando si effettua una selezione con il MODIFY P ANEL aperto, 3DS MAX esamina la
selezione per determinare se esistono modificatori comuni. In caso positivo, i modifica-
tori comuni sono inseriti nell’elenco. In caso negativo, l’elenco a discesa è vuoto. Non è
necessario selezionare tutti gli oggetti della modifica condivisa per regolare un modifi-
catore replicato. Se, per esempio, sono stati rastremati dieci oggetti, il modificatore Taper
■ Figura 8.3
Rendere i modificatori
comuni unici per
permettere animazioni
individuali.
■ Figura 8.4
Una selezione piegata
senza l’opzione [Use Pivot
Points] per garantire
centri gizmo comuni e poi
resa unica per eseguire
pieghe concentriche.
■ Figura 8.5
La tendinaMODIFIER
STACK .
Il Modifier Stack stesso è alloggiato in un elenco a discesa (figura 8.6). Quando si seleziona
un oggetto, l’ultimo modificatore aggiunto all’oggetto è visualizzato all’inizio dell’elenco
e vicino alla freccia di selezione. Il primo modificatore aggiunto all’oggetto, ovvero le
prime informazioni che 3DS MAX ha sull’oggetto, è visualizzato alla fine dell’elenco. Nel
caso di primitive geometriche, i parametri sono sempre alla fine dell’elenco. I modelli
importati da altri programmi (come i file 3DS) di solito hanno come prime voci di elenco
(in basso) Mesh, Editable Mesh, Patch o Bézier Spline. Poiché si tratta dello stato iniziale di
un oggetto, non è possibile posizionare un modificatore al di sotto di essi nell’elenco.
■ Figura 8.6
Gli elenchi a discesa del
MODIFIER STACK.
Come per tutte le caselle di riepilogo a discesa di 3DS MAX, la presenza della freccia di selezio-
ne è supplementare. Per questioni di velocità, i modellatori preferiscono fare semplicemente
clic sulla casella con il nome per visualizzare l’elenco da cui scegliere la voce, invece di cercare
di fare clic su un pulsante così piccolo.
I pulsanti che circondano l’elenco a discesa hanno tendine distinte per gestire l’elenco. È
possibile visualizzare e lavorare con ogni voce dell’elenco individualmente:
Lo stato Pin Stack non permette di trasformare un altro oggetto se il modificatore corrente è in
modalità Sub-Object.
Di norma, è possibile annullare solo le modifiche alle caselle di modifica. Le opzioni Make
Unique, Remove Modifier e la compressione dell’elenco non possono essere annullate. In
generale, se non è possibile animarle, non è possibile annullarle.
Compressione dell’elenco
Anche se il Modifier Stack di un oggetto rappresenta un elemento prezioso, il costo è
piuttosto alto: la memoria RAM. Ogni operazione dell’elenco occupa una parte di RAM;
la maggior parte è occupata dai modificatori Edit perché contengono le copie effettive
dell’oggetto secondo le modifiche apportate fino al quel momento. Maggiore è il numero
di modificatori nell’elenco, maggiore memoria RAM è necessaria per valutarli.
Per fare in modo che l’oggetto consumi meno RAM, è possibile comprimerne l’elenco. Se
si comprime l’elenco, la sequenza geometrica sarà valutata e l’oggetto sarà ridotto alla
classe geometrica più alta. L’effetto di ogni modificatore è conservato, ma diventa
esplicito e congelato nel tempo. Ciò che si vede nella finestra corrisponde al risultato della
compressione. Comunque, comprimere non significa sempre risparmiare spazio su disco.
Le primitive, per esempio, richiedono lo stesso spazio su disco a prescindere dalla
segmentazione e dal numero di facce risultanti perché le primitive memorizzano solo i
parametri nei file. Una volta compressi, gli oggetti diventano mesh (o patch) precise ed
è necessario salvare l’intera mesh su disco.
Se si comprime l’elenco, la sequenza geometrica sarà valutata e l’oggetto sarà ridotto alla
classe geometrica più alta. L’effetto di ogni modificatore è conservato, ma diventa preciso
e congelato nel tempo. Ciò che si vede nella finestra corrisponde al risultato della
compressione.
Se si fa clic su Collapse All nella finestra di dialogo EDIT MODIFIER STACK, saranno
eliminati tutti i modificatori e l’oggetto sarà ridotto a ciò che si vede nella finestra
interattiva. Dopo aver selezionato uno o più modificatori nell’elenco (sopra l’ultimo in
basso), si attiverà il pulsante Collapse To. Se si fa clic su Collapse To, l’elenco sarà
compresso dal punto della selezione fino alla fine dello stack. Comprimere l’elenco può
generare confusione quando si ha una selezione di modificatori perché si potrebbe
pensare che l’elenco si comprimerà solo all’interno della selezione. La figura 8.8 mostra
che quando si comprime una selezione, l’ultimo modificatore (in alto) della selezione
determina il punto da cui l’elenco deve essere compresso, mentre la fine della selezione
rappresenta sempre la fine dell’elenco. Per comprimere una primitiva ad una figura
geometrica di base, applicare un apposito modificatore Edit (EditMesh, EditPatch o
EditSpline) e comprimere subito l’elenco. In questo modo, l’elenco sarà compresso a un
oggetto di classe Patch, Editable Mesh o Bézier Spline.
Aggiungere un modificatore Edit significa occupare memoria RAM per memorizzare le modifi-
che e perdere più tempo perché si passa immediatamente alla modalità Sub-Object. A meno
che non si comprimano a Patch, aggiungere qualsiasi altro modificatore (come Bend o XForm)
renderà più veloce la compressione a una classe Editable Mesh o Bézier Spline.
Il risultato della compressione dipende da quali modificatori sono stati applicati all’og-
getto. Se il modificatore di partenza è un EditPatch, il risultato della compressione è un
Patch, se non è stato aggiunto un modificatore che ha convertito l’oggetto in una mesh.
Altrimenti, l’oggetto si comprimerà molto probabilmente in una Editable Mesh. I modifi-
catori che provocano la conversione in una mesh sono EditMesh, Optimize, Displace, Relax
e MeshSmooth.
■ Figura 8.8
Risultato della
compressione di una
“selezione” di modificatori.
Originale Collassato
Selezione Risultato
Quando si comprimono parti dell’elenco, significa che il lavoro con quella parte del
modello è concluso. Anche in questo caso, non è possibile annullare l’operazione. Quindi,
è consigliabile non effettuare la compressione come esperimento a meno che l’oggetto non
sia stato clonato o salvato in un file di backup. Utilizzare l’opzione [Save Selected] è
un’ottima misura per avere una copia dell’oggetto in un formato modificabile. Per
esempio, comprimere l’elenco implica anche eliminare i parametri di base della primitiva
mentre averli a disposizione è sempre utile. Il comando Merge offre un metodo facile per
l’operazione di sostituzione se si hanno gli originali come punto di riferimento.
■ Figura 8.9
Invertire l’ordine dei
modificatori nell’elenco.
■ Figura 8.10
La differenza fra spostare
il centro e spostare il
gizmo al limite del gizmo.
La funzione Align non funziona con i gizmo e i centri perché non vede il livello Sub-Object.
Quando si utilizza Align in modalità Sub-Object, l’intero oggetto è allineato.
■ Figura 8.13
Ridimensionare il gizmo di
un modificatore.
Eseguire una scalatura non uniforme invece produce risultati diversi. I due oggetti nella
parte inferiore della figura 8.13 mostrano i risultati derivanti dall’utilizzo su gizmo a scale
non uniformi. Non è possibile duplicare questo effetto regolando la forza o posizionando
il centro.
Quando il modificatore ha dei limiti, l’effetto massimo o minimo potrebbe non essere abbastan-
za forte o sottile. Per aumentare l’effetto del modificatore, eseguire una scalatura uniforme sul
gizmo attorno al centro.
Dopo aver scalato i gizmo, determinare con esattezza di quanto siano stati scalati e lungo
quali assi è piuttosto difficile, soprattutto quando si confrontano modificatori simili.
Transform Type-In non visualizza la posizione corrente dei gizmo come fa per gli oggetti.
L’unica opzione è utilizzare Key Info dell’Editor tracce. Key Info però è disponibile solo
per le chiavi e senza animazione le chiavi non esistono. Quindi, la trasformazione del
gizmo deve essere animata perché i valori possano essere esaminati. Poiché trasformare
un gizmo non è un’operazione comune, qui di seguito è indicato un metodo veloce per
aggiungere una chiave nell’Editor tracce e regolare la scala assoluta di un gizmo:
1. con l’oggetto selezionato, entrare nell’Editor tracce e trovare l’oggetto
selezionato. Se la scena è grande, fare clic su Filter e scegliere Show Only
Select Object;
■ Figura 8.14
Regolare la scala di un
gizmo attraverso l’Editor
tracce.
5. Trascinare il campo valori Upper Limit verso l’alto finché non si forma il
“gomito” dalle dimensioni desiderate (30 per esempio).
Il valore Upper Limit definisce le dimensioni della piega dal centro gizmo. I
valori Upper e Lower Limit corrispondono di fatto alla distanza dal centro del
gizmo misurata in uno stato non deformato. Se si impostasse l’angolo Bend su
0, la linea gizmo che indica il valore Upper Limit sarebbe a 30 unità sopra il
centro. Per posizionare la piega lungo la cannuccia, è necessario spostare il
centro.
6. Fare clic su Sub-Object e scegliere Center dall’elenco a discesa.
7. Fare clic sulla trasformazione Move, scegliere World come sistema di coordi-
nate e vincolare all’asse Z.
8. Spostare il centro per la lunghezza della cannuccia finché la piega non si
posiziona nel punto desiderato (è importante ricordare che è possibile bloc-
care la selezione premendo la barra spaziatrice è molto comodo quando si
spostano i centri).
La cannuccia dovrebbe ora assomigliare al primo oggetto della figura 8.17.
Ora che il centro è stato spostato dalla base, all’interno del cilindro, è possi-
bile vedere l’effetto dell’utilizzo di Lower Limit.
9. Trascinare il campo valori Lower Limit verso il basso finché il valore raggiun-
ga il numero negativo corrispondente al valore Upper Limit (-30, per esem-
pio).
La piega diventa meno brusca e il cilindro sembra “alzarsi” dal piano terre-
stre (vedi oggetto centro della figura 8.17) perché l’angolo di piegatura di 90
gradi è stato esteso a una parte più lunga della cannuccia. L’angolo è sempre
di 90 gradi, è il centro della piega a essere cambiato.
10. Aumentare l’angolo di piegatura a 180 gradi.
■ Figura 8.17
Regolare il valore Lower
Limit per la piega.
■ Figura 8.18
Pieghe limitate su un
unico cilindro.
■ Figura 8.19
Originale Scalato con XForm Scalato con Scale Transform
Trasformazioni con
scalatura non uniforme
XForm e scalatura non
uniforme.
I comandi che si trovano sulla barra degli strumenti (Move, Rotate, Uniform Scale, Non-
uniform Scale, Squash e Mirror) influiscono tutti su quella che è chiamata la matrice di
trasformazione dell’oggetto (abbreviazione TM). I risultati di questi comandi sono
memorizzati nella matrice di trasformazione dell’oggetto sotto forma di posizione,
rotazione e scale chiavi, se animate. Dopo aver stabilito la connessione che fa in modo che
queste operazioni gestiscano tutte gli stessi nove numeri della matrice di trasformazione,
è possibile invertire qualsiasi operazione in un secondo momento.
Mentre le trasformazioni sono affini, i modificatori sono quasi sempre operazioni non
affini. I modificatori di solito distorcono l’oggetto e sono in grado di alterarne perfino
la topologia. Una seconda operazione raramente riesce a invertire quella precedente. 3DS
MAX sfuma la distinzione fra operazioni affini e non affini permettendo di regolare i
parametri di una data operazione dopo averla applicata e di rimuoverla dall’elenco. Una
volta applicato, un modificatore di solito ha un effetto determinante sul futuro dell’og-
getto. 3DS MAX offre la possibilità di cambiare idea per qualsiasi operazione.
Mentre è possibile ruotare un gizmo per duplicare le caselle di controllo degli assi X, Y e Z del
modificatore, la scala di opzioni dell’asse orienta il gizmo alle estensioni dell’oggetto lungo
l’asse scelto e regola rapidamente il centro. Questa operazione è molto più veloce rispetto alla
rotazione del gizmo stesso e permette di ottenere un gizmo con un aspetto più conforme.
Utilizzo di Bend
Il modificatore Bend “ruota” i vertici della selezione attorno a un punto di default e lungo
un asse. L’effetto è molto simile alla piegatura di un materiale malleabile attorno a un
cilindro rigido. Il diametro di quel “cilindro” varia all’aumentare dell’angolo di piegatura
e il centro del gizmo è riposizionato. Una piegatura a 360° fa ruotare l’oggetto fino a farlo
diventare un cerchio. Le dimensioni del cerchio dipendono dalla posizione del centro del
gizmo (figura 8.20).
La figura 8.21 mostra che se si sposta il centro del gizmo, la forma del gizmo rimane
aderente all’oggetto deformato; se invece si sposta l’intero gizmo, si localizza il centro di
rotazione della piegatura. Questa figura mostra come lo spostamento del centro influisca
sull’effetto piegatura lungo i tre assi.
Il parametro più importante di Bend (e di fatto di tutte le deformazioni assiali) è l’asse
attorno cui si verifica l’effetto. Se la piegatura desiderata si verifica sul piano degli assi
■ Figura 8.20
Utilizzo successivo del
modificatore Bend.
■ Figura 8.21
Il raggio del modificatore
Bend rispetto al centro e
al gizmo di Bend.
Quando si lavora con oggetti singoli o oggetti multipli con l’opzione [Use Pivot Points],
Bend localizza il centro del gizmo nel punto di rotazione dell’oggetto. Quando si agisce
su selezioni generiche o sub-oggetti, il centro coincide con il baricentro del riquadro
delimitazione della selezione. La figura 8.23 mostra l’effetto di localizzare il centro di
Bend a distanze diverse e lungo assi diversi.
L’utilità del modificatore Bend è aumentata notevolmente con 3DS MAX. Con le
potenzialità di animazione e di limitazione dell’effetto, Bend è in grado di definire anche
gli oggetti che in 3D Studio 4 avrebbero solo potuto essere estrusi. La figura 8.24 mostra
alcune possibilità di modellazione con limiti Bend.
Utilizzo di Taper
Il modificatore Taper affianca Bend per l’estrema flessibilità, uno strumento tuttofare.
Taper basa i suoi effetti sul centro gizmo, con scalature opposte al di sopra e al di sotto del
centro. Il centro funge da posizione stabile in cui non avviene alcuna scalatura. L’opzione
Curve di Taper permette di far sporgere o rientrare quello che sarebbe altrimenti una
rastrematura diritta. La figura 8.25 illustra l’effetto di un centro Taper sui tre assi.
Taper è unico fra i modificatori di base perché offre la possibilità di effettuare la
rastrematura lungo qualsiasi combinazione degli assi. L’effetto di tali combinazioni è
mostrato nella figura 8.27. Questa figura mostra inoltre l’effetto dell’opzione Symmetry
che centra e riflette l’effetto rastrematura attorno agli assi. È importante notare che poiché
il punto di rotazione di una teiera si trova alla base, cambiare l’opzione Symmetry per l’asse
principale Z non sortisce alcun effetto.
Il comando Taper diventa particolarmente utile quando utilizzato con i limiti. La figura
8.28 mostra solo un campione di quanto è possibile creare con rastremature limitate. È
■ Figura 8.23
L’effetto di localizzare il
centro di Bend sui tre
assi.
■ Figura 8.24
L’utilizzo di Bend multiple
limitate per creare forme
complesse da primitive
cilindro.
■ Figura 8.26
L’effetto di localizzare il
centro diTapersui tre
assi.
Utilizzo di Skew
Il modificatore Skew è di fatto meno di un modificatore assiale ma più di un effetto
scalatura. Skew scala la selezione in direzioni opposte basandosi sulla posizione del centro
gizmo. Il centro funge da posizione stabile dove non si verifica nessuna inclinazione
(figura 8.29).
■ Figura 8.28
Utilizzare diversi Taper
con limiti su una primitiva
Tube per creare un calice.
■ Figura 8.30
Localizzare il centro di
Skew sui tre assi.
Per per fare in modo che Skew si inclini solo su un lato, è necessario posizionare il centro
gizmo all’estremità del lato che si desidera rimanga stabile. In questo modo, il centro
funge quasi da contrappeso. La figura 8.31 mostra l’utilizzo di Skew con i limiti. Poiché
Skew esegue una scalatura o appiattisce la selezione, potrebbe non essere così utile come
gli altri deformatori assiali.
Utilizzo di Twist
Il modificatore Twist utilizza un asse e crea una spirale o un effetto cavatappo. L’effetto
è simile a quanto accade a una corda tesa che viene attorcigliata. La figura 8.32 mostra
l’applicazione di torsioni diverse sullo stesso oggetto.
L’effetto di Twist è determinato soprattutto dalla posizione del centro del gizmo. Se
centrato sull’oggetto, Twist crea spirali geometriche. Se il centro è spostato, la figura
geometrica è sottoposta a torsione e forma una spirale. I cilindri della figura 8.33
mostrano l’effetto di un centro gizmo centrato e un centro offset. La posizione del centro
lungo l’asse interessato controlla la rotazione Twist. La figura 8.33 mostra che abbassando
il centro, la torsione ruota l’oggetto (per le due file di teiere il centro del gizmo si trova
nella stessa posizione). Utilizzare Twist con i limiti accresce le potenzialità di questo
modificatore. Lavori decorativi con il ferro, cavi intrecciati (figura 8.34), perfino l’arte
orafa utilizza torsioni limitate. Quando si animano dei personaggi, la torsione può essere
applicata solo alla testa e al collo per produrre un effetto cartone animato.
Utilizzo di Stretch
Il modificatore Stretch è stato aggiunto nella release 1.1 per completare le deformazioni
assiali. Può essere considerato a metà fra la trasformazione Squash e il modificatore Taper.
Squash è una scala non uniforme che esegue una scalatura di un asse verso l’alto e dei gli
altri due in fuori. Stretch ha quasi lo stesso effetto tranne che crea una curva sull’asse
allungato, simile all’opzione Curve di Taper. La figura 8.35 mostra l’effetto che Stretch ha
in una maniera limitata.
La posizione del centro gizmo di Stretch determina su quale lato avverrà l’effetto. Di
solito, è preferibile che il centro gizmo sia centrato sull’oggetto, ma la figura 8.36 mostra
■ Figura 8.32
Utilizzo successivo del
modificatoreTwist.
■ Figura 8.33
Localizzare il centro di
Twist.
■ Figura 8.35
Utilizzo successivo del
modificatoreStretch.
Riepilogo
■ Modifica degli oggetti. Il Modifier Stack di un oggetto contiene i modifica-
tori che si applicano all’oggetto, permettendo così di rivedere qualsiasi
decisione di modellazione in un secondo momento. Ogni voce del modifica-
tore è un oggetto, con i propri effetti e le proprie potenzialità.
■ Figura 8.37
Utilizzare estensioni
limitate per creare un
vaso da una primitiva
Tube.
Gli strumenti Shape contenuti in 3D Studio MAX comprendono oggetti come linee, cerchi
e rettangoli. Elementi che sembrerebbero più appropriati per un disegno o un programma
CAD che per un prodotto di modellazione tridimensionale e di animazione. In che modo
le forme si inseriscono nello schema di modellazione 3D? In 3DS MAX gli oggetti Forma
servono come base per creare altri oggetti. È possibile creare forme che fungono da
scheletro per altri oggetti come la tela per un pittore o l’armatura di metallo che lo scultore
costruisce per sostenere l’argilla. Poiché 3DS MAX è anche uno strumento di animazione,
è possibile creare forme che controllano il movimento.
In questo capitolo verranno illustrate le operazioni generiche da eseguire per creare
forme e verranno presentate alcune tecniche di modellazione 3D basate sulle forme. Si
cercherà di:
■ capire che cosa sono le forme e la terminologia relativa;
■ illustrare come le decisioni prese durante la creazione di forme abbiano
effetto sulla complessità e il risultato della scena;
■ creare e modificare oggetti forma;
■ apportare modifiche agli oggetti forma;
■ insegnare tecniche speciali di utilizzo degli oggetti forma come strumenti di
precisione.
Naturalmente, si inizierà dalla creazione di oggetti forma.
■ Figura 9.1
Il pulsante Shape nel
pannello Create.
■ Figura 9.2
Identificare i termini
riguardanti le figure.
Creare linee
Fare clic sul pulsante Line nel pannello CREATE per creare il tipo più elementare di forma.
Creare linee non significa semplicemente scegliere dei punti sullo schermo. È necessario
ricordare alcune caratteristiche:
■ tutti i segmenti creati in un unico comando Line fanno parte della stessa
spline e della stessa forma. Se si desidera creare segmenti di linea separati, è
necessario fare clic sul pulsante destro del mouse per completare il primo
comando Line e fare clic su un quadrante per iniziare un’altra linea;
■ è possibile creare linee direttamente sul piano di costruzione facendo clic in
un quadrante o in uno spazio completamente tridimensionale. Se si utilizza
3D Snap o Keyboard Entry è possibile inoltre variare il valore Z dei vertici
spline;
■ le linee possono essere diritte o curve a seconda delle scelte fatte nel Creation
Method⇓ e se per creare i vertici si è fatto clic o si è trascinato il mouse.
Creazione interattiva
Il metodo più comune per creare linee è fare clic in un quadrante in modo interattivo. Le
seguenti regole sono valide per la creazione interattiva delle linee:
■ la creazione della linea può avvenire solo in un unico quadrante. Non è
possibile cambiare quadrante dopo aver iniziato a creare una linea. È neces-
sario fare clic sul pulsante destro del mouse per completare il comando prima
di poter cambiare quadrante;
■ Figura 9.4
Casella di riepilogo a
discesaKeyboard Entry⇓
per la creazione di linee.
■ Figura 9.5
Confronto fra NGon piatti
e circolari.
Circolare Circolare
inattivo attivo
■ Figura 9.6
Modificare la distorsione
della stella.
Creare archi
Il modo di creare archi dipende molto dalla scelta del metodo di creazione.
Esistono due modi per definire un arco:
■ Center-End-End. Questo è il metodo più comune e utile quando è necessario
definire il centro e il punto iniziale esatti. Non è possibile prevedere la
posizione precisa della seconda estremità perché si tratta di una funzione del
raggio dell’arco;
■ End-End-Middle. Utilizzare questo metodo quando si desidera che l’arco
passi esattamente per le due estremità. Per applicare il metodo End-End-
Middle, eseguire le seguenti operazioni:
per creare un arco End-End-Middle, trascinate il mouse per definire la prima
(mouse giù) e la seconda estremità (mouse su). Fare clic per definire il raggio
dell’arco.
A prescindere dalla tecnica utilizzata, i parametri dell’arco sono memorizzati come
Radius, From angle e To angle. Solo il centro dell’arco è fisso. Se si modifica anche solo uno
di questi tre parametri, le estremità dell’arco si spostano.
■ Figura 9.7
Varie forme di ellisse.
Creare un testo
Il testo rappresenta la forma più facile da creare. Fare clic su un quadrante qualsiasi e il
testo sarà posizionato sul piano di costruzione corrente. È possibile anche trascinare il
mouse per vedere il testo mentre si sposta il cursore nel quadrante; il testo sarà
■ Figura 9.8
Ascendente Determinare l’altezza del
carattere.
Poiché l’altezza del carattere è definita in questi termini, nessuna stringa di testo
corrisponderà esattamente alle dimensioni specificate. È necessario modificare il valore
Size finché la stringa di testo non raggiunga l’altezza desiderata. Dopo aver ottenuto
l’altezza adatta, tutte le lettere dei testi creati utilizzando lo stesso carattere e le stesse
dimensioni avranno la stessa altezza.
Digitare il testo che si desidera posizionare nella scena 3DS MAX. Anche se il campo testo
presenta diverse righe , è possibile digitare solo una sola riga di testo. Se il testo digitato
supera la larghezza del campo testo, il testo scorrerà a sinistra.
È possibile anche incollare il testo contenuto negli Appunti di Windows con i seguenti
limiti:
È possibile creare un testo con una stringa vuota (il campo testo non contiene testo. Si ottiene
un centro di rotazione che è possibile selezionare solo quando è contenuto nella selezione di
una regione o lo si seleziona per nome. Controllare sempre che il campo testo contenga
qualcosa prima di fare clic in un quadrante.
Il testo in 3DS MAX ha una doppia “natura” molto interessante. Il testo è parametrico
quindi è possibile modificare il testo trattandolo come tale. Poiché il testo rappresenta
anche una spline, è possibile modificarlo come se fosse una forma geometrica. Questa
doppia natura degli oggetti testo offre all’utente i vantaggi di entrambi i mondi.
L’esempio seguente mostra come modificare e trasformare oggetti testo per creare un
paragrafo giustificato.
Nessuno scambierebbe mai 3DS MAX per un elaboratore testi, ma alcune processi di
animazione richiedono la creazione di alcune righe di testo all’interno di una certa
giustificazione. Per esempio, potrebbe essere necessario creare un logo o un simbolo
all’interno di alcune righe di testo. Questo esempio utilizza Array e Align per disporre tre
righe di testo allineate a sinistra per un negozio chiamato Cameron’s Camera Shop:
1. creare la prima riga di testo;
2. fare clic su Text nella categoria Shapes del pannello CREATE;
3. scegliere un carattere, lasciare Height impostato su 100 e digitare Cameron’s
nel campo testo;
4. trascinare il mouse nel quadrante FRONT per posizionare il testo;
Sono necessarie tre righe di testo, ma posizionare manualmente il testo e ottenere anche
una riga di spaziatura è piuttosto difficile. Utilizzare lo strumento Array per creare
velocemente altre righe.
5. selezionare l’oggetto testo e scegliere Local come sistema di coordinate di
riferimento;
6. fare clic su Array sulla barra degli strumenti;
7. fare clic su Reset nella finestra di dialogo ARRAY;
8. impostare la casella Move Y su -90.0 e impostare Total In Array su 3;
9. fare clic su OK..
Le precedenti operazioni creano tre righe di testo distanziate da 90.0 unità (figura 9.9).
■ Figura 9.9
Creare righe di testo
multiple.
■ Figura 9.10
Giustificare righe di testo.
■ Figura 9.11
La casella di controllo e il
pulsante Start New
Shape.
■ Figura 9.12
Parametri di
interpolazione delle figure.
Come già anticipato all’inizio del capitolo, gli incrementi sono le divisioni contenute in un
segmento di spline. Gli incrementi controllano due proprietà di una forma: la smussatura
delle curve della forma e il numero di facce generato dalla forma. Per quanto riguarda
la smussatura delle curve della forma, impostazioni con incrementi elevati producono una
curva più smussata; invece per quanto riguarda il numero di facce generato dalla forma,
impostazioni con incrementi elevati producono un numero maggiore di facce.
I parametri di interpolazione controllano il numero di incrementi di una forma.
■ Steps. Inserire un valore in questa casella per specificare manualmente il
numero di incrementi utilizzati per tutti i segmenti spline della forma. Utiliz-
zare i parametri Steps per controllare il numero esatto di facce generato
quando la forma è utilizzata per creare forme geometriche tridimensionali.
Per utilizzare la casella Steps, la casella di controllo [Adaptive] deve essere
vuota.
■ Optimize. Se la casella è spuntata, gli incrementi sono ridotti a 0 per tutti i
segmenti spline lineari della forma. Poiché gli incrementi sono utilizzati per
rappresentare curve, non sono necessari per rappresentare esattamente
segmenti lineari e possono essere eliminati. La casella [Optimize] dovrebbe
essere spuntata per default.
Comunque se si desidera deformare la spline lungo i segmenti lineari, è
consigliabile disattivare la casella [Optimize]. I segmenti potrebbero apparire
lineari al momento, ma se si intende piegarli o sottoporli a torsione, sono
necessari i segmenti supplementari eliminati attraverso l’ottimizzazione. Se si
intendono creare trasformazioni graduali (morphing) dalla forma, è
consigliabile disattivare la casella [Optimize]. Tutti i morphing devono avere
lo stesso numero di vertici. Il processo di ottimizzazione elimina i segmenti
della forma che avrebbero generato vertici di mesh in un morphing, renden-
do in tal modo difficile crearli partendo da forme che contengono facce piane
e da altre che contengono facce curve.
La casella di controllo [Adaptive] deve essere disattivata per utilizzare la
casella di controllo [Optimize].
■ Adaptive. Calcola automaticamente gli incrementi per ogni segmento di
spline della forma. Gli incrementi sono impostati in modo tale che la diffe-
renza angolare tra un incremento e l’altro non superi i 2 gradi. I segmenti
lineari non sono provvisti di incrementi.
■ Figura 9.13
Cambiare le impostazioni
di interpolazione.
La lettera “D” nella parte sinistra della figura 9.13 utilizza l’interpolazione [Adaptive]. È
molto difficile notare che la lettera è più smussata delle altre. L’applicazione di EditMesh
crea un oggetto mesh utilizzando 141 facce.
La lettera nel centro della figura 9.13 ha un’impostazione Steps di 1 e la casella di controllo
[Optimize] non è spuntata. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh utilizzando
38 facce. La lettera di centro ha il 73% di facce in meno della lettera di sinistra.
La lettera nella parte destra della figura 9.13 ha un’impostazione Steps di 1 e la casella di
controllo [Optimize] è spuntata. L’applicazione di EditMesh crea un oggetto mesh
utilizzando 32 facce. La lettera di destra ha il 77% di facce in meno della lettera di sinistra.
Maggiori sono le facce, maggiore è lo spazio su disco, maggiore la memoria e il tempo di
rendering necessari. Per produrre una data qualità di immagine, è consigliabile utilizzare
il minor numero di facce possibile. Nell’esempio precedente, l’impostazione [Adaptive]
è appropriata se si intende far girare una macchina fotografica dentro e intorno alla
lettera. Per la maggior parte delle situazioni, comunque, utilizzare le impostazioni [Steps]
e [Optimize] rappresenta la scelta migliore.
Separare sub-oggetti
È possibile separare segmenti e spline da una forma per creare nuovi oggetti forma.
Quando si separano i sub-oggetti selezionati, la posizione e l’orientamento del punto
pivot originale dell’oggetto viene copiata per la nuova forma. La figura 9.14 confronta le
posizioni dei punti pivot tra una forma originale e una nuova forma creata separando
alcuni dei suoi segmenti.
Sia la finetra EDIT SEGMENT sia la finestra EDIT SPLINE contengono un pulsante Detach con
due opzioni: Copy e Reorient.
Quando l’opzione Copyè attiva, il segmento selezionato viene lasciato così com’è e copiato
sul nuovo oggetto forma. Questa tecnica è utile quando si desiderano duplicare parti di
una forma come punto iniziale di un’altra forma.
Se la casella non è spuntata, il segmento selezionato o la spline è eliminata dalla forma per
crearne una nuova. Anche dopo aver staccato un segmento o una spline, il modificatore
Edit Spline conserva un record dei sub-oggetti staccati. Se si utilizza Undo, la nuova forma
è cancellata e viene ripristinata quella originale. È possibile inoltre ripristinare la forma
originale della forma cancellando il modificatore Edit Spline dal Modifier Stack. La nuova
forma creata staccando i sub-oggetti non subirà alcuna alterazione dopo la cancellazione
del modificatore Edit Spline.
Quando l’opzione [Reorient] è spuntata, gli oggetti staccati sono spostati e ruotati per
essere allineati con il piano di costruzione corrente (griglia attiva). Il centro di rotazione
del nuovo oggetto si trova all’origine del piano di costruzione e gli assi del centro di
rotazione sono allineati con quelli del piano di costruzione (figura 9.15). Il centro di
rotazione del nuovo oggetto è copiato dal centro di rotazione di creazione della forma
originaria.
■ Figura 9.15
Riorientare un oggetto
staccato.
Se la casella non è spuntata, la nuova forma con i sub-oggetti staccati è lasciata nella sua
posizione originaria. Quando l’opzione [Reorient] non è attiva, è molto difficile distin-
guere la nuova forma con i sub-oggetti staccati dalla forma originaria. Uno dei segreti per
distinguerle: la nuova forma cambia colore e non può essere selezionata finché il
modificatore Edit Spline rimane selezionato nel Modifier Stack e la modalità Sub-object
è attiva.
È importante ricordare che il nuovo oggetto forma creato attraverso un’operazione di
separazione non dispone di parametri di base. Il nuovo oggetto è semplicemente una
spline Bézier, non una forma parametrica. Quindi, per la nuova forma non si ha accesso
a nessun parametro di interpolazione. Prima di staccare qualsiasi sub-oggetto, controllare
che i parametri di interpolazione della forma originaria siano impostati secondo i propri
desideri.
Trasformare i sub-oggetti
Si utilizzano gli strumenti di trasformazione Move, Rotate e Scale con i sub-oggetti forma
proprio come per gli oggetti completi. Le trasformazioni speciali di Mirror, Array e Align
funzionano solo con gli oggetti completi.
La scelta di un centro per la trasformazione del sub-oggetto e di un sistema di coordinate
per la trasformazione segue le stesse regole della normale trasformazione di oggetti. Si
aggiunge solo l’utilizzo di un Pivot Point Center o di un Local Coordinate System. Il
comportamento di sub-oggetti che utilizzano questi gestori di trasformazione è illustrato
qui di seguito:
■ Pivot Point Center. Ignorato per tutte le scelte che prevedono un sistema di
coordinate, tranne per la trasformazione di vertici con il Local Coordinate
System. In tutte le altre situazioni, il Pivot Point Center coincide con il Selection
Center;
■ Local Coordinate System. Utilizza il sistema di coordinate World e l’origine
World come centro di trasformazione, tranne per la trasformazione di vertici.
Per questo motivo, è consigliabile evitare di utilizzare il Local Coordinate
System per la trasformazione di segmenti e spline sub-oggetti. Ridurre al
minimo l’overhead del sistema Edit Spline.
Come già anticipato, Edit Spline conserva un record per tutti i sub-oggetti staccati o
cancellati. Edit Spline memorizza anche ogni modifica apportata ai sub-oggetti. La tecnica
di memorizzazione permette ai modificatori Edit Spline di esistere nel Modifier Stack e
di cancellare un Edit Spline dallo stack e riportare un oggetto alla sua forma precedente.
Tale flessibilità si paga in termini di memoria e di utilizzo dello spazio del file.
Qui di seguito sono elencate alcune tecniche generiche per l’utilizzo di Edit Spline:
■ Utilizzare Edit Spline solo se gli altri metodi non funzionano. Se si inten-
de apportare modifiche a livello di spline sub-oggetto, spesso è possibile
raggiungere lo stesso risultato applicando all’intera forma un Xform o un
altro modificatore. In questo modo, si utilizza di solito meno memoria che
con Edit Spline;
■ Utilizzare Undo ogni volta che si cambia idea durante la modifica di Edit
Spline. Poiché Edit Spline memorizza ogni modifica apportata, l’abitudine
comune di effettuare numerose piccole modifiche per concentrarsi sul risulta-
to finale consuma molta memoria;
■ Separare i modificatori Edit Spline utilizzati per la modellazione da quelli
utilizzati per passare le selezioni di sub-oggetti nello stack. I modificatori
Edit Spline utilizzati per passare le selezioni nello stack utilizzano poca me-
moria e sono utili per animare le forme;
■ Figura 9.16
I pulsanti nella casella di
riepilogo a discesa Edit
Object ß in Edit Spline.
Utilizzare Attach
Attach è utilizzato per aggiungere altre forme alla forma selezionata con il modificatore
Edit Spline. È importante ricordare i seguenti punti quando si utilizza Attach:
■ la forma aggiunta rinuncia alla sua identità di oggetto separato. Quindi la
forma aggiunta è compressa in un semplice Spline Bézier;
■ Figura 9.17
I pulsanti nella casella di
riepilogo a discesa Edit
Vertex ß in Edit Spline.
■ Corner. Produce segmenti che sono lineari quando passano per il vertice.
■ Smooth. Produce una curva passante per il vertice che ha un raggio di curva-
tura identico prima e dopo il vertice. La tangente di un vertice smussato è
sempre parallela a una retta passante per i due vertici che si trovano ai lati
del vertice smussato.
■ Bézier. Produce una curva passante per il vertice che ha una tangente
regolabile. Le modifiche apportate alla direzione della tangente e all’ampiez-
za della curva sono applicate a entrambi i lati del vertice.
■ Bézier Corner. Produce una curva regolabile passante per il vertice che può
avere un angolo acuto. Le impostazioni per la direzione della tangente e
l’ampiezza della curva sono distinte per ogni lato del vertice.
■ Figura 9.19
Individuare il primo
vertice di una spline.
Collegare i vertici
Utilizzare il pulsante Connect per trascinare il mouse da un vertice all’altro per collegarli
con un segmento. Entrambi i vertici devono essere posizionati alla fine di una spline
aperta. Il nuovo segmento appare sempre lineare. È necessario modificare le proprietà del
vertice per fare in modo che il segmento appaia curvo.
Aggiungere vertici
È possibile scegliere fra tre diversi metodi per aggiungere vertici a una spline:
■ Insert. Utilizzare Insert per costruire i dettagli o le estensioni da una spline
esistente. Fare clic su Insert e poi fare clic in un punto qualsiasi del segmento
della spline per inserire un vertice in quel segmento. Quando si fa clic, il
nuovo vertice rimane attaccato al cursore così da poterlo spostare nella
posizione desiderata. A questo punto è possibile scegliere fra tre opzioni.
La prima opzione consiste nel fare clic per trascinare il vertice angolare nella
sua posizione corrente e inserire un altro vertice di seguito a quello nuovo.
La seconda opzione consiste nel trascinare un vertice Bézier nella sua posi-
Unire i vertici
Anche se la casella di riepilogo a discesa Edit Vertex⇓ contiene solo un pulsante Weld, è
possibile scegliere fra due metodi per unire i vertici.
■ Fare clic su Move e trascinare un vertice finale a circa cinque pixel di distanza
da un altro vertice finale. Quando si rilascia il pulsante del mouse, verrà
visualizzata una finestra di dialogo che chiede se si desidera unire i due
vertici coincidenti. Questa tecnica funziona solo quando si trascinano vertici
finali verso altri vertici finali. Il vertice risultante è sempre un vertice Bézier
Corner tranne quando entrambi i vertici erano originariamente vertici smus-
sati, in questo caso il risultato è ancora un vertice smussato.
■ Selezionare un gruppo di vertici, impostare la distanza Weld Threshold e fare
clic su Weld. I vertici selezionati all’interno della soglia di unione che soddi-
sfano le altre restrizioni all’unione si uniranno in un unico punto medio.
Comunque, le restrizioni all’unione fra vertici sono le seguenti:
■ i vertici finali possono unirsi solo ad altri vertici finali;
■ i vertici contenuti nella parte centrale di una spline possono unirsi solo ad
altri vertici della stessa spline;
■ i vertici uniti della parte centrale di una spline non possono “saltare” un
vertice. Per esempio, in una spline non è possibile unire alternativamente un
vertice sì e uno no.
Trasformare i vertici
È possibile trasformare i vertici e le maniglie di ridimensionamento delle tangenti di
entrambi i tipi di vertici Bézier utilizzando la selezione standard e trasformare gli
strumenti sulla barra degli strumenti. Questi tipi di trasformazioni sono statiche e non
possono essere animate.
Come già anticipato nel capitolo, i centri Pivot Point non funzionano quando si trasforma-
no i vertici in qualsiasi sistema di coordinate diverso da quello locale. Con altri centri di