David B. Gray
Santa Clara University
I. Il Sostrato Religioso
La forma di Shiva che più chiaramente incarna lo spirito dei cimiteri è Bhairava,
la feroce e distruttiva forma assunta da Shiva per la decapitazione di Brahma in
un noto episodio della mitologia Indù. Come penitenza per questo crimine,
Shiva nella forma di Bhairava vagò per il mondo con il teschio di Brahma
attaccato alla sua mano, guadagnandosi così il titolo di kapalin. Somadeva, nel
suo lavoro del XI secolo Vetalapancha-vimshatika, descrive il campo crematorio
(cimitero) come la virtuale incarnazione di Bhairava:
Era oscurato da una densa e terribile cappa di oscurità, e il suo aspetto era
reso orribile dalle spaventose fiamme delle pire funerarie ardenti, e che
produce orrore con le ossa, scheletri e teschi umani che vi compaiono. In esso
erano presenti formidabili Bhuta e Vetala, giosamente occupati nelle loro
orribili attività, ed era vivo con il forte grido degli sciacalli così da sembrare
come una misteriosa e tremenda forma di Bhairava.
E’ importante notare che nel buddismo tantrico c’è una lunga tradizione
nell’associare la morte con il risveglio. Per i primi Buddisti, l’emancipazione
finale, Parinirvana, non è ottenuta fino al momento della morte. Nelle tradizioni
dello Yoga tantrico era largamente creduto che in punto di morte si ottenesse
una visione di chiara luce, identificata con Dharmakaya o gnosi del risveglio,
significando che la morte procurava un’opportunità per il risveglio che è
difficile da ottenere in stati di coscienza normali. Perciò, queste spaventose
immagini evocanti la morte sono percepite anche come simboli del risveglio.
Come risultato, nell’arte e nella letteratura tantrica buddista, simboli evocanti
la morte, in particolare il simbolismo visivo del teschio, sono abbastanza
pervasivi, precisamente perché evocano anche il risveglio verso cui la
tradizione aspira. Questo tipo di simbolismo è associato particolarmente alle
figure autorevoli della tradizione, le Divinità, i Siddha, e i Guru o Lama, poiché
queste sono viste come figure risvegliate, capaci di conferire gli insegnamenti
della tradizione. Nel Chakrasamvara-tantra, per esempio, la divinità a capo
della tradizione, Heruka, è descritta come segue:
Metti nel centro del loto l’Eroe che è il terrore di Mahabhairava, che è luminoso
e brillante, e che emette il tremendo frastuono di una fragorosa risata.
Indossando un rosario di teschi, divini sono i suoi tre occhi e le quattro facce.
Coperto con una pelle d’elefante, le sue eccelse ciglia sono divise da un Vajra.
La sua mano brandisce un bastone Khatvanga ed è ornato con mezzo centinaio
di ghirlande.
La Dea che sta di fronte a lui è la veramente terrifica Vajravarahi, rivolta verso
la divintà Shri Heruka, con tre occhi e in forma feroce. La sua coppa ricavata da
un teschio è riempita d’intestini, il sangue gocciola dalla sua bocca. Lei
minaccia tutte le direzioni assieme agli dei, i titani e gli umani.
Ora egli, la cui natura è Hum, dovrebbe sistemare i suoi capelli raccolti come
una cresta e per l’esecuzione dello Yoga dovrebbe indossare la tiara di teschio,
rappresentante i cinque Buddha. Ottenendo pezzi di teschio lunghi quindici
centimetri, lui dovrebbe fissarli alla cresta. Dovrebbe indossare la corda
intrecciata due volte che simbolizza Saggezza e Metodo, le ceneri e il cordone
sacro.
Da chi è discreditato il teschio delle reliquie del corpo della realtà, nascendo
dalla tripartita causa di conchiglia, madreperla e perla? L’Eroe che ha una
ghirlanda di teschi ed è adornato con la mezzaluna è guardato come chi è nato
Eroe degli Eroi.
Com’è tipico nei Tantra, il testo dà una descrizione piuttosto scarna del rituale,
tralasciando numerosi elementi essenziali per la sua pratica. Per esempio, un
elemento tralasciato è che, quando si esegue il rituale per causare emorragia,
si deve visualizzare se stessi come la feroce divinità Vajrarudra e poi invocare
la feroce dea Khandaroha. La visualizzazione che si esegue è descritta come
segue dal commentatore del IX secolo Jayabhadra:
In seguito c’è il compimento di tutte le azioni rituali per mezzo delle cinque
sillabe Ha, grazie alle quali c’è un rapido coinvolgimento nel potere solamente
attraverso il conosciuto. Uno dovrebbe strofinare le sue mani su cui ci sono le
cinque sillabe: Ham, Hau, Ho, Hai, Hah. Con un (parola di) comando il proprio
nemico muore istantaneamente emettendo sangue dalla sua bocca. Si
dovrebbe ungere il teschio, che è il recipiente del proprio sangue, con il sangue
del proprio anulare, la vittima perirà quando questo secca. Si dovrebbe,
arrabbiati e con occhi arrossati, ripetere (le sillabe) con eccitazione, il re sarà
ucciso istantaneamente con il suo esercito e la sua cavalcatura. Fai un’offerta
del sacrificio Dakini (bali) con gatto, mangusta, cane, corvo, gru, e sciacallo;
non c’è dubbio che ciò, in questo Tantra, rapidamente frutta potere.
Questo passo sembra descrivere due rituali. Il primo è un rituale per uccidere
un nemico disegnando uno Yantra dalla forma di un loto con cinque petali sul
proprio palmo, nel centro del quale vengono scritti il nome della vittima e il
comando, e sui cui petali sono scritte le cinque sillabe mantra.
Il rituale del teschio apparentemente può assolvere lo stesso scopo ma anche
essere eseguito per uccidere su vasta scala, esplicitamente per l’eliminazione
di un re nemico con tutto il suo esercito. La descrizione del rituale è molto
scarna. Chiaramente implica un teschio, ma uno che sia “il ricettacolo del
proprio sangue”. È allora unto con il “sangue del proprio dito anulare.” Questo
sembra chiaro ma il commentatore Bhavabhatta, che visse circa nel 900 D.C.,
annota il termine “anulare” (anamika) come “donna senza figli” (anapatya) il
cui “sangue” è sangue uterino o emissione mestruale. Questo dettaglio,
assieme all’ingiunzione che si dovrebbe eseguire un sacrificio alle Dakini che
richiede la carne di un certo numero di animali compreso lo sciacallo, evoca la
cultura del cimitero che sembra essere la basilare origine, o ispirazione, non
solo del Chakrasamvara-tantra ma anche della tradizione dell’Asia Orientale
che ha dato origine al Rituale Tachikawa del Teschio.
La letteratura tantrica pone l’accento sui teschi umani, il che è naturale visto il
fatto che nell’India del primo medioevo questi siano stati facilmente disponibili
nei cimiteri, posti nelle periferie degli abitati e delle maggiori città. Peraltro, i
Tantra contengono anche rituali impieganti teschi animali. In questi casi sono
usati per invocare qualità associate con questi animali.
Per esempio, il capitolo 12 del Chakrasamvara-tantra descrive il seguente
rituale per far impazzire il proprio nemico o nemici. “Legando assieme i teschi,
congiunti e suggellati, ripeti (il Mantra della quintessenza) senza respirare.
Colui il cui nome il Feroce proferisce, diventerà improvvisamente pazzo. Una
quantità di persone pari a un migliaio impazzirà. UnoIn può mentalmente
congedarli.” Il commentatore del tardo IX secolo, Kambala, lo osserva come
segue:
Disegna una ruota intensificata con il nome della vittima. Prepara i semi, le
radici, gli steli, le foglie, e i rami della pianta della datura e ponili nella bocca
chiusa del teschio di un cane rabbioso. Chiudi le sue fessure con fango (fatto)
di cenere del cimitero, e ripeti il mantra della quintessenza intensificato sette
volte senza respirare. Se lo metti in un cimitero, colui il cui nome è pronunciato
impazzirà. Tanti quanti un migliaio di persone impazziranno. Se si bagna (il
teschio) con latte elencando con mente pacifica, loro saranno liberati.