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TUTTA COLPA DEL FUMO

1 Il vetro del bar era lucido, appena lavato e rigato dalla pioggia. A Londra in
luglio è così. Ma qui la pioggia la prendi in testa e non ci fai caso. Nessuno ci
fa caso. Qui le ragazze vanno senza calze e sandali e gonna-cintura anche
d’inverno. Io faccio fatica ad abituarmi. E poi ci sono i ragazzini che devo far
alzare e lavare e preparare loro il porridge e poi imbarcarli e via dentro a
scuola.Uno ha i capelli rossi, tipo una pentola di rame del mio paese e la bambina
è ossuta, sgraziata, con le ginocchia grosse.
Quando torno giù a casa giuro che mi metto in cima a una falesia bianca e mi
riempio di odore del vento di mare che viene dall’Africa e carezza i delfini al
largo e poi a primavera ci sono le zagare che profumano e ti viene voglia di fare
sesso.
Fumi? – mi ha detto. (Renato Di Lorenzo)

Sono le otto e mezzo del mattino e la sua faccia d'ebano è illuminata da un sorriso di zucchero. Una specie di
miracolo. Al mattino. In questa città. In questo pub vuoto che devo ripulire prima che riapra i battenti
Ho mollato lo straccio su un tavolo e l'ho seguito sul retro del locale.
Il cortile è un tappeto di cicche. I fusti di birra vuoti e bagnati di pioggia ammucchiati in un angolo, ora che è
uscito un timido sole, riflettono lampi accecanti.
"Ce l'hai una sigaretta?" mi ha detto buttando giù un boccone della torta che ha preso dal bancone.Mi
chiedo da dove sia sbucato, forse è un fattorino..sì, mi sembra di averlo già visto.
Ho girato in vita il marsupio che, quando lavoro, tengo appoggiato sul sedere. Dentro ci sono centotrenta
sterline: Mrs Ellis stamattina mi ha pagato. Lui mi guarda mentre, a fatica, cerco attorno ai miei fianchi
sformati la fibbia per sganciarlo.
Da Mrs Ellis vado a pulire tre, quattro volte la settimana. Venerdì scorso mi ha fatto lucidare i gradini di
ingresso in ginocchio, mentre lei se ne stava lì in poltrona a guardare, sorseggiando un the alla cannella e
dando ogni tanto un biscottino al suo yorkshire, che si chiama Edward, come l'ultimo marito che ha
seppellito. Il terzo.
Mi fanno comodo i soldi di Mrs Ellis. Specie da quando Lars ha perso il lavoro.
"Allora ce ne fumiamo una o no?" mi ha detto con la voce morbida che, anche se è un luglio caldo e atipico
per Londra, mi fa venire un brivido alla schiena. Ho aperto la tasca del borsello per prendere le cartine e il
tabacco e nel porgergliele ho sfiorato le sue dita.
Ha mani grandi e ha un profumo che mi piace.
Non come Lars, che da quando è a spasso, ha il fiato che odora di alcool, e la sua faccia lentigginosa da
bambino irlandese assomiglia a un pancake troppo unto.
" Che fai? Nella vita, intendo" mi chiede mentre con le dita da pianista arrotola la cartina attorno al
mucchietto di Samson blu
"Lavoro, sono sposata, cresco due figli e sogno di tornare in Italia per vedere il mio mare" rispondo di
getto" E tu?"
" Vivo." mi dice con un sorriso largo ementre gli occhi lucidi e neri come olive del Berice mi percorrono il
corpo fermandosi poii sui miei seni . E' più giovane di me.
" In Sicilia quando il vento soffia porta l'odore dell'Africa, lo sai?" dico buttando fuori il fumo dalle narici.
E ti fa venire voglia di fare sesso, penso.
Guardo la sua lingua che lecca la cartina e poco dopo me al ritrovo sul collo e tra le labbra. La bocca
carnosa ha sapore di tabacco e torta al rabarbaro. E io non penso più a Lars, nè ai quarantanni che compirò
fra tre mesi, nè ai miei figli coi capelli rossocome paioli di rame: quest'uomo dalla pelle di seta porta con sè
profumo di zagare e spezie e mi fa sentire le vertigini,proprio come quando, da bambina, salivo sulle falesie
a sfidare il favonio, il vento caldo ed elettrico che soffia dall'Africa.
Lo anticipo nello sgabuzzino semibuio vicino al bagno,lui mi segue:la porta a soffietto è aperta e intravedo
me stessa riflessa in uno specchio offuscato, con i capelli sfuggiti all'elastico che mi piovono sul viso.
Dietro, la sagoma scura di lui, che ha slacciato con un semplice gesto il marsupio attorno alla mia vita e mi
sfila la gonna, le mutande di nylon azzurrine e il reggiseno nero: mi ritrovo nuda. Al diavolo le pin up con le
gonne corte e le gambe sottili che passeggiano nell' West end, a Covent Garden, al diavolo le mie ginocchia
grosse e tutte le Mrs.Ellis di Londra, al diavolo i pavimenti da lucidare e la nostalgia di casa.!
Per un minuto o un secolo sono altrove. Lo scroscio della pioggia che ha ricominciato a scendere fa da
sottofondo.
Dopo, mi rivesto, raccolgo di nuovo i capelli sulla nuca, che ora sa di rabarbaro e tabacco, riaggancio il
marsupio attorno alla vita.
L'orologio coi numeri romani appeso alla parete segna le nove e quaranta.
L'uomo nero se ne è andato, mi ha fatto una carezza sulla guancia prima di sparire; lo guardo rimpicciolire
dietro il vetro rigato di pioggia,è un puntino in fondo alla strada.
Prendo lo straccio e ricomincio a strofinare sui tavoli di legno e sui banconi che odorano di uova sottaceto e
patatine fritte. Mi viene da cantare " I'm Easy like sunday morning".

"Prima di andarmene esco sul retro e me ne accendo una" mi dico.


E' stato cosi, sul retro, che infilando la mano nel marsupio per tirare fuori il Samson e le cartine, che il cuore
mi ha saltato un colpo. Ma non era vero: le centotrenta sterline c'erano ancora!
L'uomo nero mi ha fatto una carezza , mi sembra ancora di sentirla sulla guancia.
E'quasi fine mese, a casa ho ancora dell'avena per il porridge dei bambini, magari Mrs Ellis ha bisogno di
qualche servizio. Magari Lars invece che tornare a casa ubriaco torna con una buona notizia. Magari. Esco
sul marciapiede tra la calca che non fa caso a nulla e mi incammino sotto il cielo monotono di Londra,
lasciando che la pioggia bagni il mio viso e lavi via tutto. "A casa ora, a casa" mi dico

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