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INDICE
Premessa Pag. 1
1. La forza pervasiva della criminalità organizzata “ 7
2. La crescita dei luoghi e dei reati della criminalità
organizzata di stampo mafioso “ 13
3. La paura delle imprese “ 42
3.1. I fattori ostativi allo sviluppo “ 42
3.2. Il peso della criminalità organizzata “ 44
3.3. I tradizionali sistemi di controllo del territorio “ 47
3.4. La filiera “lunga” della criminalità organizzata “ 52
3.5. La percezione della sicurezza “ 57
3.6. Quali gli interventi richiesti e in quali settori “ 58
4. Trasparenza della Pubblica Amministrazione e cultura della
legalità “ 61
4.1. Le frodi ai danni dell’Unione Europea “ 70
4.2. La spesa in sanità “ 79
5. Il deficit di fiducia e di coesione all’interno della società “ 91
6. Il divario socio-economico tra il Sud della mafia e il resto
del paese “ 100
7. Spesa pubblica e fondi europei: Troppi soldi o troppo
pochi? " 120
Conclusioni “ 133
Allegato - I principali indicatori demografici “ 135
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PREMESSA
Il testo che si presenta nelle pagine che seguono è il risultato del lavoro
realizzato dal Censis in adempimento all’incarico di consulenza affidatogli
dalla “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e
sulle altre associazioni criminali, anche straniere” e relativo a “Il
condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società e sulle istituzioni
del Mezzogiorno”.
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Inoltre nel testo sono citate due indagini realizzate dal Censis:
- La ricerca svolta nell’ambito del progetto Karma - Knowledge,
accompagnamento, ricerca, monitoraggio e assistenza per la pubblica
amministrazione, realizzato per il Ministero dell’Istruzione.
L’indagine ha coinvolto 386 soggetti appartenenti ad amministrazioni
pubbliche delle regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria,
Sicilia e Sardegna).
La rilevazione è stata effettuata nel mese di aprile 2008, tramite
compilazione on line di un questionario strutturato.
- Motivazioni e contenuti delle scelte di voto nelle elezioni politiche 2008,
per la quale sono stati intervistati 2.047 elettori all’uscita del seggio
elettorale.
Per la scelta dei comuni si sono utilizzate come variabili di stratificazione
l’area geografica e l’ampiezza demografica; la scelta dei seggi è avvenuta
sulla base della localizzazione e l’individuazione degli intervistati sulla
base di quote campionarie per sesso ed età. Successivamente è stata
effettuata una ponderazione per titolo di studio e area geografica.
La rilevazione è stata effettuata tramite intervista diretta e compilazione
di un questionario strutturato.
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in qualche modo condizionati da una presenza che trae la sua forza dalla
capacità di esercitare un capillare controllo del territorio.
Riportiamo di seguito l’analisi condotta dal Censis due anni orsono1 di
alcuni indicatori che possono essere usati come proxi della presenza di
criminalità organizzata nei comuni delle quattro regioni in cui le
organizzazioni criminali sono più radicate (Campania, Calabria, Puglia e
Sicilia) mostra chiaramente la criticità della situazione:
- in base alle relazioni del Ministero dell’Interno, i comuni del Sud in cui
sono presenti sodalizi criminali sono 406 su 1.608;
- gli enti locali in cui risultano presenti beni confiscati alle organizzazioni
criminali sono 3962;
- mentre i comuni sciolti negli ultimi tre anni sono 25; di questi 8 si
trovano sul territorio della provincia di Napoli, 4 in quella di Palermo e 3,
rispettivamente, a Reggio Calabria e Vibo Valentia (tab. 1).
Complessivamente 610 comuni delle quattro regioni meridionali (il 37,9%
dei 1.608 comuni totali) hanno un indicatore manifesto della presenza di
criminalità organizzata (clan mafioso o bene confiscato o scioglimento negli
ultimi tre anni); tra questi, 195 presentano due indicatori e 11 tutti e tre. Se
si considerano separatamente le singole Regioni, è la Sicilia ad avere la
maggior quota di comuni coinvolti (195, pari al 50% del totale); seguita
dalla Puglia, ove 97 comuni, pari al 37,6% del totale registrano presenza di
organizzazioni criminali, Campania (203 comuni, pari al 36,8%) e Calabria
(115 comuni, pari al 28,1%). Tra le province meridionali, si segnala in
negativo la situazione della provincia di Agrigento, ove 37 comuni, pari
all’86% del totale, evidenziano almeno un elemento di criticità, quella di
Napoli, ove i dati segnalano come nel 79,3% dei comuni vi sia un indicatore
di presenza di criminalità organizzata e quella di Caltanisetta, in cui i
comuni che registrano un’indiscussa presenza di mafia sono il 77,3% del
totale. Mentre emergono in positivo le situazioni di Avellino e Cosenza, ove
la criminalità organizzata sembra essere circoscritta ad alcune aree.
Ma è solo quando si passa a quantificare la popolazione che vive nei comuni
in cui si registra almeno un indicatore della presenza di organizzazioni
criminali che il dato sulla forza pervasiva della criminalità organizzata
emerge in tutta la sua drammaticità: si tratta di 13 milioni circa di individui
su di un totale di 16.874.969, vale a dire il 77,2% del totale della
1
Per questo come per gli altri lavori del Censis citati, si veda la premessa
2
I dati sono al 31.12.2006, mentre nel cap. 2 si riportano i dati più recenti del Demanio
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questi territori è destinata la fetta più consistente delle risorse della nuova
programmazione.
(*) Con almeno un elemento di contiguità: clan, beni confiscati, sciolti negli ultimi tre anni
Fonte: elaborazione Censis su Rapporti e Relazioni al Parlamento del Ministero dell'Interno,
Osservatorio Anticamorra Regione Campania, Libera "Ufficio beni confiscati"
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(1) Stima Censis
(2) Stima dei dati relativi ai comuni con meno di tre sportelli bancari
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(*) Comprende: attentati, omicidi di tipo mafioso, estorsioni, usura, associaz. mafia,
riciclaggio e impiego di denaro, incendi, contrabbando, associazioni per produzione o
traffico di stupefacenti , associazioni per spaccio di stupefacenti
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Tab. 3 - Totale reati di criminalità organizzata(*) - Anni 2004-2007 (v.a., val. per 100.000
abitanti, var.% e differenze)
(*) Comprende: attentati, omicidi di tipo mafioso, estorsioni, usura, associaz. mafia, riciclaggio e
impiego di denaro, incendi, contrabbando, associazioni per produzione o traffico di
stupefacenti, associazioni per spaccio di stupefacenti.
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza -
Banca Dati Interforze - SSD - mod StatDel
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Tab. 4 - Omicidi di tipo mafioso denunciati alle Forze di Polizia - Anni 1998-2007 (v.a., val. per
100.000 abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
117 0,7 201 1,2 -41,8 -0,5
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Le denunce per associazione di tipo mafioso sono, oltre che una spia della
presenza del fenomeno, anche un segnale tangibile della capacità delle forze
dell’ordine e della magistratura di intercettarlo: in Italia negli ultimi dieci
anni il numero delle denunce è passato da 187 del 1998 a 140 del 2007-
25,1%; mentre nelle quattro regioni “a rischio” è sceso dalle 157 del 1998
alle 123 di dieci anni dopo (-21,7%) (tab. 5) .
Nell’analisi delle quattro regioni emerge come, a fronte di un calo delle
denunce in Sicilia (da 83 a 39 in dieci anni) e Calabria (da 38 a 19), e di un
numero rimasto sostanzialmente invariato per la Puglia, la Campania
raddoppi il numero delle denunce, passando dalle 26 del 1998 alle 54 del
2007; di queste 39 si sono verificate in provincia di Napoli e 10 a Caserta.
Le province nelle quali si registra l’incidenza più alta sulla popolazione
appartengono però alla Sicilia: in particolare a Caltanissetta si registrano 2,6
denunce ogni centomila abitanti e ad Agrigento 1,8 (si consideri che la
media delle quattro regioni è pari a 0,7 e la media nazionale 0,2). Anche per
Reggio Calabria l’incidenza sulla popolazione è alta: 1,9 denunce di
associazione di stampo mafioso ogni centomila abitanti.
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Tab. 5 - Associazioni di tipo mafioso denunciate alle Forze di Polizia - Anni 1998-2007 (v.a., val. per
100.000 abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
123 0,7 157 0,9 -21,7 -0,2
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 6 - Estorsioni denunciate alle Forze di Polizia - Anni 1998-2007 (v.a., val. per 100.000
abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
3.082 18,2 1.683 10,0 83,1 8,2
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 7 - Bilancio delle attività del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura. Anno 2007 (v.a. e
val.%)
Fonte: elaborazione Censis su dati Comitato di solidarietà per le vittime dell'usura e dell'estorsione
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Tab. 8 - Incendi denunciati alle Forze di Polizia - Anni 1998-2007 (v.a., val. per 100.000 abitanti,
var.% e differenze)
Totale quattro
8.441 49,9 4.243 25,2 98,9 24,6
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 9 - Attentati denunciati alle Forze di Polizia - Anni 2004-2007 (v.a., val. per 100.000 abitanti, var.% e differenze)
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Banca Dati Interforze
- SSD - mod StatDel
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Tra il 2004 e il 2007 non si evidenzia, per le quattro regioni, una crescita in
termini numerici di questo reato paragonabile a quella nazionale,
fermandosi infatti al +4%, con l’eccezione della Puglia, che vede crescere il
numero degli attentati del 61%, e con particolare gravità soprattutto nelle
province di Bari (da 17 a 35) e Taranto (da 2 a 8, praticamente
quadruplicati).
Altra provincia che registra una preoccupante escalation di attentati,
nonostante a livello regionale si registri complessivamente una situazione
stazionaria, è quella di Napoli (nella quale si registra anche il più alto
numero di denunce per estorsione) che passa dai 28 del 2004 ai 47 del 2007.
In un’economia come quella meridionale, caratterizzata da una componente
di sommerso significativa, con attività economiche e commerciali precarie e
con un tasso di abusivismo particolarmente alto, l’usura funge da vera e
propria supplenza al mercato legale del credito. In alcuni casi il ricorso al
credito usuraio è così diffuso ed accettato come normale da essere vissuto
dalla cittadinanza come un vero e proprio sistema bancario parallelo, con le
sue leggi e i suoi codici, mai scritti, ma rispettati da tutti.
Fino a qualche anno fa gli interessi della criminalità organizzata sul mercato
dell’usura erano limitati ed il mercato era gestito per lo più da individui
singoli, spesso con il volto rassicurante del vicino di casa o del pensionato.
In epoca più recente, come è evidenziato da numerose risultanze
investigative, le mani dalla criminalità organizzata si sono allungate anche
sul mercato dell’usura per ottenere alti profitti, riciclare denaro di
provenienza illegale ed estendere ulteriormente il controllo sul tessuto
economico.
Come nel caso delle estorsioni, il numero dei reati di usura denunciati non
fornisce una misura attendibile della reale entità del fenomeno, poiché la
maggior parte dei casi continua a rimanere sommersa, non tanto per la paura
di denunciare, quanto per il complesso rapporto di dipendenza che si viene a
creare tra usurato ed usuraio. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’usura
deve essere considerato come un reato “a domanda”, che per essere
perpetrato ha bisogno di un cliente disposto a qualsiasi cosa pur di ottenere
un prestito. Per questo motivo, più ancora che per l’estorsione, è
fondamentale il lavoro di accompagnamento e di aiuto dei soggetti usurati,
spesso devastati nella psiche oltre che nel portafoglio, svolto sui territori da
associazioni, istituzioni locali, fondazioni.
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Tab. 10 - Reati di usura denunciati alle Forze di Polizia - Anni 2004-2007 (v.a., val. per 100.000
abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
153 0,9 156 0,9 -1,9 0,0
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 11 - Riciclaggio e impiego di denaro proveniente da attività illecita denunciati alle Forze di
Polizia - Anni 2004-2007 (v.a., val. per 100.000 abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
412 2,4 373 2,2 10,5 0,2
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 12 - Reati di contrabbando denunciati alle Forze di Polizia - Anni 1998-2007 (v.a., val.
per 100.000 abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
510 3,0 49.710 295,7 -99,0 -292,7
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 13 - Associazioni per produzione o traffico di stupefacenti denunciate alle Forze di Polizia - Anni
2004-2007 (v.a., val. per 100.000 abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
79 0,5 89 0,5 -11,2 -0,1
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 14 - Associazioni per spaccio di stupefacenti denunciate alle Forze di Polizia - Anni
2004-2007 (v.a., val. per 100.000 abitanti, var.% e differenze)
Totale quattro
33 0,2 30 0,2 10,0 0,0
regioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza
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Tab. 15 - Beni immobili confiscati alla criminalità organizzata- Dati aggiornati al 31.12.2008 (v.a.)
Totale 4 regioni 3.082 475 115 590 3.039 346 3.385 7.057 83,5
Mezzogiorno 3.110 482 115 597 3.105 367 3.472 7.179 84,9
Italia 3.430 508 136 644 3.796 576 4.372 8.446 100,0
Fonte: Agenzia del Demanio
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Fonte: elaborazione Censis su dati Agenzia del Demanio
Fig. 3 - Prime sei Regioni per percentuale di beni confiscati sul totale al 31.12.2008
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Fonte: indagine Censis 2006 “Valutazione di impatto degli interventi realizzati nell’ambito
del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno
2000-2006- Indagine sulle imprese”
Allo stesso tempo il 42,1% degli imprenditori dichiara che il fatturato della
propria azienda sarebbe maggiore se potesse svolgere la propria attività in
un contesto territoriale più sicuro e libero: di questi, il 9% stima che
potrebbe aumentare del 5%, il 15,4% del 10%, il 10% del 15%, il 7,7% di
oltre il 20%.
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Tab. 17 - Opinioni sul danno causato alla propria azienda dalla presenza di
criminalità per regione (val. %)
Potrei aumentare il fatturato del 5% 9,4 12,9 5,0 7,5 7,7 9,0
Potrei aumentare il fatturato del 10% 13,9 22,5 5,8 11,3 17,5 15,4
Potrei aumentare il fatturato del 20% 12,7 9,6 4,0 10,0 10,3 10,0
Il fatturato potrebbe crescere di oltre
il 20% 13,5 3,9 3,0 3,8 7,7 7,7
La criminalità non ostacola la
crescita del fatturato 50,5 51,1 82,2 67,4 56,8 57,9
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
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Se si guarda alla tabella 18, in cui sono riportati i risultati delle due indagini,
si ha che:
- nel 2003 il 14,3% degli imprenditori riteneva che il racket a danno delle
aziende fosse molto diffuso, mentre nel 2006 tale percentuale è più che
raddoppiata, passando al 33,1%; parallelamente, nel 2003 il 35% del
campione riteneva che tale reato non fosse per niente diffuso, mentre nel
2006 tale convinzione riguarda solo il 16,7%;
- nel 2003 l’usura era molto diffusa secondo il 12,3% del campione,
mentre nel 2006 è quasi il 40% degli imprenditori a segnalarne un’ampia
presenza; indicativo è anche che nel 2003 ben il 29,7% riteneva che
l’usura non fosse affatto diffusa, mentre nell’indagine più recente appena
l’8,7% del campione ha la stessa opinione.
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Tab. 18 - Diffusione dei reati di racket e usura nel Mezzogiorno. Confronto 2003 e 2006
(val. %)
Racket
Molto diffuso (2) 14,3 33,1
Poco diffuso 50,6 21,1
Per niente diffuso 35,1 16,7
Non so - 29,1
Totale 100,0 100,0
Usura
Molto diffusa (2) 12,3 39,2
Poco diffusa 58,0 14,1
Per niente diffusa 29,7 8,7
Non so - 38,0
Totale 100,0 100,0
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Tab. 19 - Opinioni sulla diffusione del taglieggiamento ai danni delle imprese nella
propria zona di attività, per settore di attività (val. %)
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Fig. 6 - Opinioni sull'andamento dell'usura nella propria zona di attività negli ultimi
cinque anni (val. %)
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Tab. 20 - Opinioni sulla diffusione dell'usura ai danni delle imprese nella propria
zona per settore di attività (val. %)
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Imposizione di manodopera
In aumento 5,8 15,1
Stazionario 20,4 26,3
Il fenomeno non è presente 73,8 58,6
Totale 100,0 100,0
(1) Nel 2006 il campione comprendeva imprenditori intervistati in Sicilia, Puglia, Calabria,
Campania, Basilicata e Sardegna e nel 2003 gli imprenditori provenivano da Sicilia,
Puglia, Calabria, Campania, Basilicata, Sardegna, Molise e Abruzzo
(2) La domanda differiva nelle due indagini: nel 2003 è stato chiesto se le gare d’appalto si
svolgevano in modo regolare, nel 2006 è stata chiesta un’opinione sulla trasparenza
delle gare d’appalto
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Tab. 22 - Diffusione di alcuni fattori di distorsione della concorrenza nel Mezzogiorno, per regione
(val. %)
Imposizione di manodopera
In aumento 18,9 13,4 23,2 11,9 8,9 15,1
Stazionario 30,9 24,6 37,8 23,2 14,9 26,3
Il fenomeno non è presente 50,2 62,0 39,0 64,9 76,2 58,6
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis 2003 “Impresa e criminalità nel Mezzogiorno” e 2006“Valutazione di impatto
degli interventi realizzati nell’ambito del Programma operativo nazionale Sicurezza per lo
sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006- Indagine sulle imprese”
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(*) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1, minima utilità, a 5, massima utilità
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Settori Val. %
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Tab. 25 - Difficoltà segnalate della famiglie, per regione e ripartizione. Anno 2007 (val.%)
(a) Per 100 famiglie della stessa zona in cui è presente almeno un iscritto al corrispondente tipo di scuola
(b) Per 100 utenti di 18 anni e più della stessa zona
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Ricorso Ripartizione
Totale
Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole
Fonte: indagine Censis 2008 “Motivazioni e contenuti delle scelte di voto nelle elezioni
politiche 2008”
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* i dati sono stimati per l'ultimo trimestre 2008
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Tab. 27 - Denunce di reati collegati alla corruzione, per Regione. Anni 2004-2008 (v.a.
e val.%)
Regione V.a. reati Val.% sul totale Numero reati ogni Numero reati ogni
nazionale 10.000 ab.* 1.000 dip. pubblici**
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Tab. 28 - Attività della Guardia di Finanza relativa alle frodi comunitarie - Anni 2008 e 2009
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L’analisi dell’insieme delle attività della Guardia di finanza per gli anni
2007-2009 evidenzia come nelle quattro regioni “a rischio” siano stati
eseguiti complessivamente 1.192 interventi, pari al 42,9% del totale; per un
complesso di 1.019 soggetti denunciati e 850.759.355 euro di finanziamenti
illeciti individuati ( pari al 72,2% del totale nazionale). (tab.29) Di questi, il
41,4% è relativo a fondi agricoli ed il restante 58,2% a fondi strutturali.
Tutte e quattro le regioni analizzate presentano importi di gran lunga
superiori a quelli di qualsiasi altra regione italiana: in Calabria sono stati
scoperti dalla Guardia di Finanza finanziamenti illeciti per un valore
complessivo di quasi 279milioni euro, in Sicilia per 262 milioni di euro, in
Campania per oltre 178 milioni di euro e in Puglia per circa 130 milioni.
Focalizzando l’analisi esclusivamente sulle province delle quattro regioni in
cui si registrano la presenza della maggiori organizzazioni criminali e i più
alti flussi di finanziamenti illeciti, si ha che, nel periodo di tempo
considerato, gli importi più elevati sono stati riscontrati in provincia di
Napoli (circa 166 milioni di euro); seguita da Palermo e Catanzaro (tab. 30).
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Tab. 29 - Attività della Guardia di Finanza relativa alle frodi comunitarie – Totale Anni 2007-
2009 (v.a. e val.%)
Fonte: Elaborazione Censis su dati Guardia di Finanza
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Tab. 30 - Attività della Guardia di Finanza relativa alle frodi comunitarie nelle
quattro regioni “a rischio” – Totale Anni 2007-2009 (v.a. e val.%)
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Tab. 31 - Attività operativa del Comando dei Carabinieri- Politiche agricole ed alimentari. Anni 2006-2008
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(tab. 32). La struttura per età della popolazione assume infatti una
particolare importanza nel dimensionamento e nella programmazione dei
servizi socio-sanitari, data la maggiore esposizione alle malattie gravi,
croniche ed invalidanti da parte degli anziani.
La struttura più giovane della popolazione del Mezzogiorno determina
invece una domanda di servizi sociosanitari diversa, e, teoricamente, più
contenuta, e, conseguentemente, una minore spesa procapite: mentre nel
Nord ciascun cittadino ha a disposizione per la propria salute una cifra che
supera i 2.000 euro; in Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna la spesa
sanitaria pubblica è inferiore ai 1.700 euro procapite.
Tab. 32 - La spesa del SSN, per regione (spesa totale e procapite, in miliardi di euro,
anno 2008)
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Tali valori non sono, ovviamente, dettati solo dalla struttura demografica
della popolazione, poiché la spesa sanitaria chiama in causa una pluralità di
fattori: oltre agli aspetti oggettivi (l’invecchiamento, le aspettative più alte
sulla salute,), vi sono quelli strutturali, relativi alla diversa tipologia
dell’offerta (più ospedali al Sud, più servizi territoriali al Nord;) e alla
dislocazione delle apparecchiature che implicano l’utilizzo delle nuove
tecnologie. Ci sono, però, alcuni indicatori, che sembrano indicare la
presenza di forme di clientelismo e di sprechi in un settore che convoglia un
enorme quantità delle risorse regionali: per le regioni a statuto ordinario la
sanità costituisce il 76,5% della spesa corrente complessiva (90 miliardi su
117, secondo i dati al 2007, con una crescita del 16,8% in un anno), mentre
per le regioni a statuto speciale rappresenta circa la metà della spesa
corrente totale (15 miliardi sul 30, con una variazione del +11,4% tra il 2006
ed il 2007).
In relazione a questo è opportuno intraprendere una riflessione su alcuni dati
ed indicatori che delineano, anche in questo settore, le distanze che esistono
tra il Nord ed il Sud d’Italia nella spesa e nelle prestazioni.
Il dato sul rapporto tra la spesa sanitaria corrente regionale ed il PIL5, tratto
dal Rapporto CEIS Sanità, presenta una forte discrepanza tra le tre
ripartizioni geografiche: le regioni del Nord denunciano una percentuale di
spesa sanitaria pubblica media rispetto al Pil pari al 5,7%; per le regioni del
Centro tale valore sale fino al 6,4%, ma raggiunge una quota ancora più alta
per le regioni del Mezzogiorno, toccando il 9,4% (tab. 33). In particolare
Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Valle d’Aosta spendono per
l’assistenza sanitaria meno del 6% del reddito prodotto internamente,
mentre regioni come Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e Molise più del
9%.
5
Nella lettura dell’indicatore non va dimenticato che per l’attuale sistema di
finanziamento del sistema sanitario una parte dei fondi destinati alla sanità non proviene
dal gettito fiscale della regione ma da trasferimenti definiti in sede di accordo Stato-
Regioni. Il valore dell’indicatore esprime quindi il carico che la regione si assumerebbe
se si assumesse in toto l’onere del finanziamento.
81
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Tab. 33 - Spesa sanitaria pubblica corrente in rapporto al PIL, per regione (per 100).
Anno 2007
Piemonte 6,36
Valle d'Aosta 5,89
Lombardia 5,11
Bolzano-Bozen 6,44
Trento 6,09
Veneto 5,77
Friuli-Venezia Giulia 6,20
Liguria 7,30
Emilia-Romagna 5,76
Toscana 6,28
Umbria 6,99
Marche 6,36
Lazio 6,34
Abruzzo 8,27
Molise 9,68
Campania 9,73
Puglia 9,36
Basilicata 8,74
Calabria 9,55
Sicilia 9,52
Sardegna 8,01
Italia 6,72
82
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83
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84
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85
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La tabella che segue evidenzia come le Regioni del Centro Nord abbiano un
saldo attivo della mobilità sanitaria: in queste regioni sono di più le persone
non residenti che vengono a farsi curare nelle strutture della Regione,
rispetto ai residenti della Regione che vanno a farsi curare altrove. La
mobilità sanitaria passiva è invece nettamente superiore a quella attiva
nelle regioni del Sud. E’ questo un chiaro segnale della mancanza di fiducia
della popolazione in un sistema sanitario che non viene ritenuto in grado di
fornire prestazioni di eccellenza.
86
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Regioni 2006
Piemonte -11,938
Valle d’Aosta -17,270
Lombardia 430,993
P.A. Bolzano 5,862
P.A. Trento -17,182
Veneto 111,263
Friuli Venezia Giulia 12,057
Liguria -16,662
Emilia Romagna 308,164
Toscana 106,566
Umbria 15,918
Marche -43,914
Lazio 70,157
Abruzzo 8,362
Molise 19,163
Campania -283,153
Puglia -183,881
Basilicata -40,751
Calabria -213,984
Sicilia -200,507
Sardegna -59,261
(*) per il 2007 vengono utilizzati i dati 2006 come stima in quanto i dati definitivi,
derivanti da accordi tra le Regioni, non sono ancora disponibili
87
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Tab. 37 - Persone molto soddisfatte dei servizi ospedalieri per regione - Anno 2007
(rapporti per 100 ricoverati)
88
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90
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91
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92
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Tab. 38 - Persone di 14 anni e oltre che hanno svolto attività sociali nei 12 mesi precedenti l'intervista,
per regioni e ripartizioni - Anno 2008 (val.%)
Aree Riunioni in Riunioni in Attività gratuita Attività gratuita Attività Soldi versati
associazioni associazioni per associazioni per associazioni gratuita a una
ecologiche culturali di volontariato non di per un associazione
eccetera volontariato sindacato
Fonte: Elaborazione Censis su dati Indagine multiscopo "Aspetti della vita quotidiana"
93
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altri; quasi all’unanimità (93,2%) gli intervistati concordano, poi, sul fatto
che i politici pensino più al loro interesse o a quello del loro partito che
all’interesse pubblico. Oltre a ciò, i soggetti politici sono quelli ai quali gli
intervistati campani attribuiscono i livelli di fiducia più bassi (al primo posto
si trovano sempre le Forze dell’Ordine), ad indicare una crisi profonda della
politica: in una scala da 1 (minima fiducia) a 5 (massima fiducia), il
Comune, la Regione, i politici locali e nazionali raccolgono tutti punteggi
che vanno dall’1,7 al 2.
Dall’indagine svolta in Calabria si confermano bassi i livelli di fiducia e di
partecipazione da parte della cittadinanza. Solo il 20% della popolazione
ritiene che in politica e nelle attività pubbliche ci si possa fidare degli altri e
il 90% è d’accordo sul fatto che spesso i politici pensino più al proprio
interesse o a quello del proprio partito che all’interesse pubblico.
Anche in Calabria alla categoria dei politici, locali e nazionali, e degli
amministratori locali non vengono assegnati punteggi che vanno oltre il 2,2
su cinque (si ferma a 1,8 il livello di fiducia attribuito ai politici nazionali).
E’ inoltre severo il giudizio sull’impegno profuso dalle istituzioni per
risolvere i gravi problemi che affliggono la Regione: il 57% dei calabresi
ritiene che negli ultimi cinque anni l’impegno del Governo e della Regione
sia diminuito, mentre poco più stabile viene ritenuto l’impegno del Comune
e della Provincia.
Quanto detto finora va solo a confermare quanto emerse in un lavoro che il
Censis ha svolto nel 2006 sulle 6 regioni dell’allora “Obiettivo 1”
(Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) nell’ambito del
PON Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006.
Dalle interviste ad un campione di 1.500 residenti, risultava che i Sindaci, il
Governo e il Parlamento sono le figure istituzionali meno apprezzate al Sud
(con un livello di fiducia basso, fermo a 2,2 su 5), contrariamente a quanto
accade per le Forze dell’Ordine, che ottengono i punteggi più elevati (tab.
39).
94
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Tab. 39 - Fiducia nei confronti dei soggetti preposti alla salvaguardia e alla tutela
della sicurezza (*)
(*) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1 (min fiducia) a 5 (max fiducia)
95
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votanti tra le ultime due elezioni politiche in Italia e che ha interessato tutte
le regioni ad esclusione della Sicilia, dove la percentuale è rimasta invariata.
Tab. 40 - Elezioni politiche in Italia , 2006-2008 (*)
96
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97
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Iniziative Punteggio
medio
(*) ad ogni voce è stato assegnato un punteggio da 1 (niente affatto utile) a 5 (molto utile)
98
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Settori Val. %
(*) il totale è superiore a 100 poiché erano possibili tre risposte nel 2006 e due nel 2000
99
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100
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Tab. 43 - Prodotto interno lordo procapite in alcuni Paesi Europei, negli USA ed in
Giappone - Anno 2008* (val. espressi a parità di potere d'acquisto pro capite)
Lussemburgo 67.700
Irlanda 36.400
Paesi Bassi 34.400
Austria 32.100
Svezia 31.500
Danimarca 30.200
Finlandia 30.000
Belgio 29.800
Germania 29.800
Regno Unito 29.400
Francia 27.500
Spagna 26.000
Grecia 25.700
Italia 25.200
Slovenia 24.500
Cipro 24.300
Repubblica Ceca 22.700
Malta 20.400
Slovacchia 19.700
Portogallo 19.300
Estonia 16.500
Ungheria 16.100
Lituania 15.300
Polonia 15.200
Lettonia 14.000
Romania 12.600
Bulgaria 11.200
(*) Previsioni Eurostat al 2008 ad eccezione del dato relativo alla Francia relativo al 2007
Fonte: Eurostat
101
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102
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(1)
Tab. 44 - Valore aggiunto ai prezzi di mercato - Anni 2000- 2007 (val. in milioni di
euro, val. in euro pro capite, val.% e var.% reale)
103
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104
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La variazione percentuale del Pil tra il 2000 ed il 2007 fornisce una ulteriore
conferma della distanza tra il Sud, protagonista di una crescita frenata, ed il
resto del Paese: se in Italia il Pil cresce nell’arco di tempo considerato del
7,9% (con una media di circa l’1% annuo), nelle quattro regioni la crescita
si ferma al 5,9%, dunque è di circa lo 0,7% annuo (fig. 11) (con la
performance più negativa per la Puglia, +5%, e migliore per la Calabria,
+7,1%).
105
935_08
ed intrinseca non solo al Sud ma, in forma più grave, nelle regioni a più
elevata densità di criminalità organizzata (tab. 45).
Desta preoccupazione, anche per le conseguenze in termini di potenziale
manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali locali, il basso
tasso di occupazione giovanile, che è pari al 16,5%, a fronte di un tasso
nazionale del 24,7% (-8,1 punti percentuali).
Anche in questo caso c’è uno scarto tra le quattro regioni ed il resto del Sud,
che, pur restando ben lontano dalla situazione del Centro-nord (dove il tasso
di occupazione giovanile supera il 30%), si avvicina maggiormente, con il
suo 20,7% alla media nazionale.
Per la popolazione femminile di Calabria, Sicilia, Campania e Puglia la
situazione occupazionale non è migliore rispetto a quella dei giovani: anche
in questo caso c’è un notevole divario rispetto al dato nazionale, perché le
donne che lavorano nelle quattro regioni sono il 22,6%, mentre nella
penisola risultano essere il 35,4%.
Sintomatico di una certa disillusione nei confronti delle possibilità che offre
il mercato del lavoro locale è il tasso di attività, più basso di 9 punti
percentuali nelle quattro regioni meridionali rispetto al dato nazionale
(40,7% contro 49,3%); è interessante effettuare un confronto con il dato
delle altre regioni del Sud, che hanno invece un tasso più vicino a quello
nazionale (47,2%), segnale questo di maggiore fiducia nella possibilità di
trovare un’occupazione e, quindi, di maggiore propensione ad entrare nel
mondo del lavoro.
Lo scarto col dato nazionale è soprattutto evidente per la popolazione
femminile, che nelle quattro regioni solo per il 27,1% si affaccia sul mercato
del lavoro, mentre a livello nazionale il tasso di attività è pari al 38,7%.
Tale disillusione trova il suo motivo anche nell’alto tasso di disoccupazione
che contraddistingue le quattro regioni e che per le donne (16,5%) è circa il
doppio del dato nazionale (8,5%).
Anche per i giovani fino a 24 anni si evidenzia un forte disagio: partecipano
alle forze lavoro, nelle quattro regioni, in misura largamente inferiore
rispetto al resto del paese (24,9%, contro il dato nazionale del 30,9%) e
soffrono di un tasso di disoccupazione (33,6%) di 13,3 punti percentuali più
alto rispetto al dato nazionale (20,3%).
La disoccupazione è in generale una piaga per il Meridione ma ancora più
per l’ampio e popoloso territorio appartenente alle quattro regioni
106
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Campania 39,9 26,1 23,2 34,9 21,7 15,7 12,6 16,8 32,5
Puglia 42,2 27,8 29,3 37,3 23,4 20,0 11,6 15,8 31,8
Calabria 39,7 28,1 20,7 34,9 23,7 14,2 12,1 15,7 31,6
Sicilia 40,6 27,2 25,3 35,0 22,5 15,9 13,8 17,3 37,2
Totale 4
40,7 27,1 24,9 35,5 22,6 16,5 12,6 16,5 33,6
regioni
Resto del Sud 47,2 36,2 28,3 42,5 31,5 20,7 9,8 12,9 26,8
41,9 28,8 25,5 26,9 24,3 17,2 12,0 15,7 32,3
Mezzogiorno
Centro-Nord 53,1 43,9 35,1 50,7 41,2 30,3 4,5 6,1 13,7
Italia 49,3 38,7 30,9 45,9 35,4 24,7 6,7 8,5 20,3
(1) Persone appartenenti alle forze di lavoro / popolazione di 15 anni e più * 100
(2) Occupati in complesso / popolazione di 15 anni e più * 100
(3) Persone in cerca di occupazione / forze lavoro * 100
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Rilevazione delle Forze Lavoro (RCFL)
107
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Fig. 12 - Tasso di disoccupazione giovanile (di cui femminile). Anno 2007 (val. %)
108
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Anche i dati relativi all’andamento del mercato del lavoro tra il 2004 (anno
da cui è possibile partire per operare dei confronti) ed il 2008 non
evidenziano particolari avanzamenti per i territori sotto l’influenza della
criminalità organizzata: il tasso di attività scende più che nel resto del Paese
(-2,3% nelle 4 regioni; -0,5% in Italia) ed il tasso di occupazione subisce
una variazione percentuale negativa contrariamente a quanto accade negli
altri territori (-0,8% nelle quattro regioni, +0,5% in Italia) (fig. 14).
Anche il fatto che il tasso di disoccupazione diminuisca più che nel resto
del Paese potrebbe essere interpretato come un dato non completamente
positivo, in quanto è senza dubbio riconducibile anche alla minore
partecipazione al mercato del lavoro da parte di una popolazione sfiduciata.
Altro indicatore del divario che c’è tra il Sud, ed, in particolare, le quattro
regioni che sono patria delle organizzazioni criminali, ed il resto del Paese,
109
935_08
è dato dal reddito disponibile per le famiglie, che è misura del benessere
economico, e quindi delle diverse condizioni di vita che caratterizzano i
residenti in differenti zone del Paese.
Nel 2006 il reddito totale disponibile per le famiglie italiane, che è di
1.014.659 euro, si concentra per il 74% al Centro-nord e per il 26% circa al
Sud (263.984 milioni di euro disponibili). In particolare, 209 milioni sono
ascrivibili alle quattro regioni, di cui circa 70 milioni di euro competono alle
famiglie campane, 62 a quelle siciliane, 51 alle pugliesi e 24 alle calabresi
(tab. 46).
Tab. 46 - Reddito disponibile delle famiglie - Anni 2001-2006 (v.a. in milioni di euro, val. in
euro per famiglia, val.% e var.% reale)
110
935_08
Tra il 2001 ed il 2006, inoltre, la crescita del reddito disponibile è stata del
4,4% per le famiglie italiane (dato comunque basso, che indica una crescita
annua dello 0,7%), ma ha raggiunto appena l’1,1% per le famiglie residenti
nelle quattro regioni sotto l’influenza della criminalità organizzata
(equivalente a meno dello 0,2% annuo).
Si tratta di una differenza notevole, e ancora più evidente in Sicilia, dove,
addirittura, il reddito scende nei cinque anni dello 0,1%, ed in Campania,
dove nel 2006 rimane fisso ai valori del 2001. Solo la Puglia registra un
incremento degno di nota, pari al 3,3%.
A rafforzare quanto detto sono i dati relativi al valore della spesa delle
famiglie e alla variazione percentuale registrata negli ultimi anni per questo
indicatore.
111
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Tab. 47 - La spesa delle famiglie - Anni 2000-2007 (*) (v.a. in milioni di euro, val in
euro per famiglia e var.% reale)
112
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Tra il 2002 ed il 2007 la spesa delle famiglie risulta essere salita in Italia del
5,3% (e nel Centro-nord ben del 6,3%) mentre nelle quattro regioni del Sud
la variazione è ben più bassa (+2,6%), e inferiore a quella registrata nel
resto delle regioni del Sud (+3,6%) (fig. 17).
113
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Fig. 17 - Variazione nella spesa delle famiglie. Anni 2000- 2007 (val. %)
114
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115
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116
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117
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Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Indagine sui consumi delle famiglie
118
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Tab. 48 - Famiglie che lamentano mancanza di denaro per spese necessarie – Anno 2007 (val.
per 100 famiglie)
119
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120
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121
935_08
e degli investimenti al Sud. Una tesi più critica evidenzia, invece, come le
risorse spese nelle regioni meridionali non solo hanno contribuito
debolmente al riequilibrio territoriale, ma hanno rafforzato i circuiti meno
trasparenti e congelato l'iniziativa imprenditoriale con incentivi senza
obbligo di risultato e progetti estranei alle esigenze delle economie locali.
Non c’è dubbio che entrambe le posizioni siano fondate e in questo capitolo
si cerca di motivarle, rimandando al resto del testo per tutto quello che
riguarda i “circuiti poco trasparenti” e i loro effetti sulla pubblica
amministrazione.
I dati di finanza pubblica denunciano una progressiva riduzione negli ultimi
anni dei trasferimenti e degli investimenti al Sud, solo in parte
controbilanciata dai finanziamenti provenienti dall’Unione Europea. Da più
parti è stato segnalato6 come, allo stato attuale, nel Mezzogiorno la spesa
complessiva della Pubblica Amministrazione (tanto quella corrente quanto
quella in conto capitale) sia più bassa che nel resto del Paese e come si sia
ben lontani dall’obiettivo che era presente nei DPEF fino allo scorso anno di
portare la spesa del Mezzogiorno al 45% del totale. Sta di fatto che, invece,
la spesa in conto capitale è scesa dal 41,1% del 2000 al 36,8% del 2006 al
35,4% del 2007.
Se si considerano i dati relativi alla spesa in conto capitale del cosiddetto
settore pubblico allargato, che include tutte le entità ricadenti sotto il
controllo pubblico e impegnate nella produzione di servizi destinabili alla
vendita, nel confronto fra il 2000, anno di partenza dell’analisi, e il 2007, si
evidenzia la tendenza che nel periodo ha portato un incremento più
contenuto nelle regioni meridionali rispetto al Centro Nord, per cui
quest’ultimo è cresciuto di oltre 40 punti percentuali contro i 16 del
Mezzogiorno e i 23 delle quattro regioni oggetto dell’analisi in profondità.
Tra di esse, solo la Sicilia si colloca al di sopra del valore medio nazionale
(con un aumento del 33,8%), mentre tutte le altre regioni hanno conosciuto
un incremento in termini di valori di spesa che va da un minimo di 11 punti
percentuali in Puglia, ai 12,7 della Calabria, ai 26 della Campania (tab. 49).
In termini assoluti l’ammontare della spesa è stato, per il 2007, pari a
76miliardi e 773 milioni di euro; di questa, circa il 68% è stata indirizzata
alla regioni centro settentrionali, mentre il terzo restante ha riguardato le
regioni del Mezzogiorno, per un ammontare che ha superato i 24 miliardi
miliardi di euro.
6
Da ultimo si segnala il Rapporto Svimez,2009
122
935_08
Se si osservano parallelamente i dati relativi alla spesa media pro capite nel
2007– fatto 100 il valore medio nazionale –; le regioni del Mezzogiorno si
fermano a 91,9, ma le quattro regioni con maggiore presenza di criminalità
all’84,7%; mentre le altre regioni hanno conosciuto un incremento di 4,4
punti percentuali rispetto al 2000 .
Tab. 49 - Spesa complessiva e spesa media pro capite in conto capitale del Settore Pubblico
Allargato in Italia, al Centro-Nord e Mezzogiorno (n.i., comp.%)
123
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124
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Tab. 50 - Spesa del settore pubblico allargato (SPA) (*) connessa allo sviluppo (**) per regioni,
2007 (v.a. in milioni di euro correnti, val. pro capite in euro correnti, var.% reale)
(*) Il Settore Pubblico Allargato (SPA) trae origine dalla definizione utilizzata dalla Unione Europea
per la verifica del principio di addizionalità, includendo anche tutte le entità ricadenti sotto il
controllo pubblico e impegnate nella produzione di servizi destinabili alla vendita, a cui la Pubblica
Amministrazione ha affidato la mission di fornire agli utenti alcuni servizi di natura pubblica, come
le telecomunicazioni, l’energia, ecc.
(**) L’aggregato di Spesa Connessa allo Sviluppo, utilizzato con fonte Conti Pubblici Territoriali fa
riferimento alla definizione adottata dall’Unione Europea ai fini della verifica del principio di
addizionalità da parte degli Stati membri. Esso è composto dalle seguenti voci: (Beni immobili +
Beni mobili) + Trasferimenti in conto capitale a famiglie + Trasferimenti in conto capitale a imprese
private + Trasferimenti in conto capitale a imprese pubbliche + Spese correnti di formazione
Fonte: elaborazione Censis su dati MISE DPS - Conti Pubblici Territoriali
125
935_08
Il risultato è che nel 2007 la spesa pubblica procapite connessa allo sviluppo
del Mezzogiorno, che è di 1.218,7 euro, è l’88,2% di quella del Centro-
Nord, che è di 1.381,6 euro; ma se si considerano unicamente le quattro
regioni del Sud che, oltre ad essere la patria delle più temibili organizzazioni
criminali sono anche le più in ritardo in termini di sviluppo, la spesa
procapite scende a 1.126,8 euro, e rappresenta l’81,5% di quella del Centro-
Nord. Addirittura, in Puglia la quota procapite è di 886,8 euro.
In questa situazione, le risorse comunitarie destinate allo sviluppo, anziché
essere utilizzate come addizionali, sono diventate sostitutive di quelle
ordinarie andando a colmare, anche se solo in parte, la carenza di risorse
pubbliche. Ne è una riprova l’elevata quota (per una spesa nell’ordine di
circa 20 miliardi di euro) di progetti “coerenti”, ovvero di progetti che
avevano già copertura in altre risorse nazionali o regionali e che sono stati
finanziati con risorse comunitarie.
Un ulteriore tassello alla formazione di un quadro di maggiore certezza su
ciò che è accaduto negli ultimi anni nel Mezzogiorno e su ciò che ha
funzionato e su ciò che non ha funzionato – può essere individuato
dall’analisi dei diversi settori di destinazione degli oltre 50 miliardi di euro
che hanno rappresentato nella programmazione 2000-2006 l’ammontare di
riferimento per gli interventi di politica di coesione, il cosiddetto Quadro
Comunitario di Sostegno (QCS) comprensivo della parte di finanziamento
nazionale.
Su un totale dei costi ammessi, al 31 agosto 2008, pari a 57,6 miliardi di
euro, sono stati realizzati circa 259mila progetti di intervento, di cui la quota
più rilevante in termini di risorse è spettata al settore dell’industria,
commercio e artigianato e servizi (in sostanza si è trattato di aiuti diretti alle
imprese, per un valore di 11 miliardi, pari al 19,5% del totale). A seguire
una quota importante, di poco inferiore al 18% (10 miliardi di euro) ha
invece interessato interventi infrastrutturali destinati al sistema dei trasporti,
mentre il settore agricolo ha assorbito circa l’8% per un valore vicino ai 5
miliardi.
L’estrema frantumazione degli interventi ha in buona parte interessato il
sistema dell’istruzione (48.513 progetti ammessi per circa 1 miliardo di euro
impegnati), delle imprese (55.698 progetti) e il sistema agricolo (64.750
progetti).
Al di là del numero in termini assoluti di interventi, la scarsa concentrazione
ha prodotto un volume di attività dedicato alla gestione di questi che ha
necessariamente condizionato l’attività della macchina amministrativa
126
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Tab. 51 - Volume di risorse impegnate dal QCS Ob. 1 2000-2006 e dei progetti ammessi al 31
agosto 2008 per settore di intervento del QCS (v.a. e %)
Alla base di ogni processo di sviluppo è la qualità del capitale umano che
segna il passaggio da un tessuto sociale emarginato, a un reticolo di energie
vitali e competenti, in grado di risalire la china.
127
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128
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Tab. 52 - Volume di risorse impegnate dal QCS Ob. 1 2000-2006 al 31 agosto 2008
orientate allo sviluppo del capitale umano e della ricerca (v.a. e %)
129
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CONCLUSIONI
133
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134
Allegato
137
935_08
138
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Area Popolazione Densità % pop 0- Indice di Indice di Tasso di Tasso di Stranieri Stranieri Var.%
abitativa 14 invecchiamento dipendenza natalità mortalità per Stranieri
(ab/kmq) 100 ab. 00-07
Campania 5.811.390 427,6 17,0 15,7 48,4 10,7 8,5 114.792 2,0 104,3
Puglia 4.076.546 210,6 15,3 17,8 49,4 9,4 8,5 63.868 1,6 72,3
Calabria 2.007.707 133,1 14,7 18,5 49,8 9,0 9,0 50.871 2,5 160,5
Sicilia 5.029.683 195,6 15,6 18,2 51,3 9,8 9,6 98.152 2,0 40,0
Totale 4 regioni 16.925.326 229,5 15,9 17,3 49,7 9,9 8,9 327.683 1,9 79,2
Resto del sud 3.901.443 79,2 13,0 19,9 49,0 8,3 9,5 100.721 2,6 135,8
Nord-Ovest 15.779.473 272,3 13,2 21,4 52,9 9,4 9,9 1.223.363 7,8 150,2
Nord-Est 11.337.470 182,9 13,6 21,0 52,7 9,7 9,9 923.812 8,2 178,2
Centro 11.675.578 200,0 13,2 21,4 52,9 9,2 10,0 857.072 7,3 105,1
Sud e Isole 20.826.769 169,3 15,4 17,8 49,5 9,6 9,0 428.404 2,1 89,9
Italia 59.619.290 197,8 14,0 20,0 51,7 9,5 9,6 3.432.651 5,8 134,4
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