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Capitola Quinto

CALCOLO DIFFERENZIALE DELLE FUNZIONI



DI r ru VARIABILI ED ELEMENTI DI GEOMETRIA DIFFERENZIALE DELLE SUPERFICIE

Conienuto del capitola.

~ Couti nui ta delle funzioni scalari e vettoriali di n variabili. Funzioni continue su insiemi chiusi e limitati e su insiemi connessi. Limiti.

~ Derivate direzionali e parzia.li. Gradiente. Matrici jacobiane. Derivate delle funzioni composte.

~ Differenziale. Forrnule di Taylor. Massimi e minimi relativi e condizionati. ~ Superficie, piani tangeuti , curve su una superficie.

Scapi del capitola.

Questo capitolo deve mettere 10 studente in grado di fare le seguenti

cose:

~ Riconoscere se una funzione e continua.

~ Calcolare derivate parziali e direzionali, gra.diente, matrici jacobiane, differenziali, formule di Ta.ylor.

Trovare i massimi e mmnru relativi e condiziona.ti delle funzioni scalari di pi ii variabili.

~ Trovare il piano ta.ngente a una superficie in un punto.

V-2

Motiiiazione del capitola.

Questa capitolo e una introd uzione ad alcuni strumen ti di ca1colo iudisp ensabili per 10 studio di vari fenomeni fisici. Esso e utile inoltre per 10 studio dellintegrazione delle funzioni e delle forme differenziali e per varie questioui di geometria differenziale.

o. Premessa

N el vol. I sono state studiate a fonda le funzioni reali di una variabile reale e nel cap. IV Ie funzioni IR --+ IRrl.

Ci proponiamo ora di iniziare 10 studio di Iunzioni pili geuerali , cioe di funzioni di pili variabili , che POSSOllO assuniere valori in IRIH.

In questa capitolo da.remo Ia nozione di funzione continua e introdurremo le prime regole e i primi risultati sulle deriva.te, che saran no poi applicate all'importante problema. dell 'a.pprossimazione delle funzioni (differenziale, formula di Taylor) e per la. ricerca dei massi mi e dei minimi relativi e condizionati.

1. Generalita sulle funzioni d i pili variabili e sulle funzioni vettoriali

N el corso di Ana.lisi Matema.tica. I si sono studiate le funzioni reali di una variabile reale, cioe le applicaz ioni f: I ~ IR, dove 1 e un sottoinsieme di ill.

Ci proponiamo ora di sostituire 1 Call un sottoinsieme di lRn (ottenendo cosi le funzioni rea.li di n vari abili ) ed III can rrrn (ottenendo cosi le funzioni vettoria.li).

1.1. FunziOlli l'eali di n vnriebili

Una [urizione reale di n »arialiili e una applicazione

f : I ___,. fR

dove t c: IRn .

Cia vuol dire che f e una Iegge che ad ogni PEl fa corrispondere uno e un solo numero reale. IJ nu mero reale che f fa. corrispondere a. P S1 denota can f( P) e si chiama. ualore di f in P 0 immaqine di P mediante f. L'insiemc I si chiama domuiio di [ .

V-3

Se P=(Xl, ... ,Xll) si scrive auchc

invcce di f(P).

In accordo can le definizioni del corso di Analisi Matematica I una funzione di n variabili si puo denotare anche can

f:Ill71-lR.

In tal caso il dominic di I non e necessa.ria.mente IR71, ma un suo sottoinsieme J in cui f si a dcfinita.

Esempio 1. Se 11 = 1 le Iunzioni del tipo precedente SOllO quelle del corso di Analisi matematica 1.

Esenipio 2. L'applicazione f: 1ft::! -r-r-r Jll definita da: J(x, y) = x + y e una funzione di due variabili. Il dominic di f e I = rn? Il valore di f in P=(1,2) e f(P)=1+L=3.

Esempio 3. Le a.pplica.zioni lineari f: 11111 ~ IR sana Iuuzioni di n variabiii.

Esempio 4. Nei capi toli I e II abbi a.mo incont r ato varie funzioni di due e tre variabili, nelle equa.zioni parametricue e cartesiane delle curve e delle superfici.

Esempio 5. Moltissimi fenomeni fisici sana rappresenta.ti da funzioni di pili di una variabile. Ad esempio lao tempera.tura di un pun to della spazio e una funzione delle tre coordina.te del punto.

1.2. Greiico di una fu.nz iorre di due variabili

Una funzione f: I -+ IR di una varia.bile reale e rappresentata geometrica.mente da.l suo grafico, cioe dai punti del piano Oxy di coordinate (x, f(x)) dove x varia nel dominic di f.

y

f(X)'-~

,

J=[a,b]

a

x

b x

28 - G RECO- VALABREG A - Lezioni di algebra lineare e geotnetrie; \'01. II

V-4

In genere questo grafico sara. una curva del piano Oxy.

Se f: 1--+ m e i nvcce u n a funzione di due vari abili (cioe i c: lR?), l a funzione f si puo rappresentare geometrica.mente con un grafico nella spazio Oxvz.~ Pili precisarnente il grafico di f e l'insieme

{(x, y,:;) E IR3 I:; = f(x, y) & (x, v) E I}

In genere questo gra.fico e una superficie (con equazione z (x,v) E 1).

f(x,y),

Q e il punta di coordinate (x, y, [(x, y)) dove (x, y) 50- no le coordinate di P sul piano Oxy.

5 e il grafico di f

y

x

Esempio 1. II gra,fico della funzione f: ill 2 --+ IR definita da.lla formula f(x, y) = x + y e i1 piano di cquazione x + y - z = o.

Esempio 2. II grafieo della f unzione J: I ~ ill defini ta da

f(x, y) = Jl - (x2 + y2) dove I = {(x, Y) E Ill2 I x2 + y2 :S' I}

e Ia superficie di equazione JI - (;z:2 + y'2) - z = 0 ossia

can z > 0 .

Si tratta dun que della semisuperficie sfcrica di centro 0 e raggio 1.

y

x

V-5

Esempio 3. Una sup erficic S di equazione g(x, Yl z) = 0 € il grafico di una funzione f: I -+ TIl se e solo S8 per ogni PElla parallela all'asse z passan te per P incontra S in un solo punta. In tal caso f € definita cosi:

f(P) = terza coordin ata del punto in cui la parallela allasse z passante per P incontra. S (cfr. figura. a. pa.gina 4).

In parti colare: una. superficie sferica. non rappresenta nessuna funzione, un piano rappresenta una. funzione se e solo se non € pa.ra.llelo all'asse z , etc.

Osservaaion e, Per funzioni di tre 0 pill va.ria.bili il gra.fico si puo definire in modo a.nalogo. Tra.tta.ndosi p ero eli u n a figura in run con n > 4 non e p ossibile tra.cciare un disegno.

1.3. Curve di liv ello

Una funzione di due variabili si puo ra.ppresenta.re sul piano Oxy mediante le curve di livello. Se f: I -+ TR e una tale Iunzione, la curva di li vello c di f e la CUI·Va. del pia.no Oxy a.vente equazione

f(xly)=c

(XlY)EI.

Questa curva e la proiezione sul piano Oxy dell'intersezione del grafico di f col piano di equazione z = c.

Or-~--------------~------ __

x

y

3,5

V-G

Avendo a disposizicne un II uiuero sufficicnte di curve di livello e illi vello di ognuna si possono avere informazioni sull'andamento di f. Cia risulta pili evidente se i livelli vari ano con i ntcrvalli fissi (ad escmpio f(x,y) = 1, f(x, y) = 2, f(x, y) = 3 etc.). In tal caso , ad esernpio , quan to pili le curve sono fittc, ta.nto pili il grafico di f e "ripitlo".

Questo tipo di ra.ppresentazione c usat.a nelle ca.rte geografiche per indica.re 1 'altitudine: eli qui il nome eli curve di li vello.

Esempio 1. Sia f: m? --J. IR la. funzione definita da.: f(x,y) = x+y. Le curve di livello di f sono le rette eli equazione x + y = c. Disegnamone alcune.

2

, 1

o

- 1

Esempio 2. Sia f: IR::! -r-r-r m.. lao funzione definita da

f ( J.: , y) = 100 - :1; ~ - l .

II grafico di f e Ull paraboloids di rotazione. Le curve di livcllo hauno equazione

e quindi per c < 100 sono circonferenze.

w

c = 75

x

(a)

1.4. Su periicie di liv ello

V-7

y

y

(b)

Se f e una funzione di tre variabili , le sup erficie di equazione f(x, y, z) = c si chiamano superficie di liuello. Esse sonG utili come le curve di li vello per studia.re grafica.mente I'a.nd a.ment o eli f e presentano il vantaggio di dare una rappresentazione grafica nullo sp azio orcli nario 1113, mentre il grafico di f e un sot toinsierne di 1114.

Esempio. Se f e la funzione defin it a della. formula f(x, y, z ) = x2 + y2 + z2, le superfici di 1ive110 di f souo sup erfici sferiche di centro I'origine.

1. 5. Funzion i vettoriali di 17 v[tl'iabili

Un 'applicazioue

can 1 c rrf'

si chiama anche [utizione oettoriale di 71 nariabili (defini ta in I e a. valori in IR17l). Come per lc funzioni a valor! rea.li si dice che I e il dominio di I, e il punta di film corrisponclente aPE rnn si indica. COIl j(P).

Una funzione vettoriale si puo (tache rappresent are mediante m funzioni a valori reali, cioe:

V-8

Esempio 1. Le fuuzioni f: III ~ lfr~ viste nel ca.p. IV sono funzioni vettoriali di una variabile.

Esempio 2. La funzione f: lR 2 ---'t m? defini t a da

f(u,v) = (cosusinv, sin u sin v , cosv)

e una funzione vettoriale eli due variabili. L'insieme f(IR2) e la superficie sferica eli centro 0 e raggio 1.

Esempio 3. Le applicazioni linear: Ifltl ---'t I1lnl sono funzioni vettoriali di n variabili,

2. Funzioni continue

Ci proponiamo ora di estenclere la nozione di Iunzione continua (gia stueliata nel corso di Analisi Matematica I per funzioni di una variabile) alle funzioni di 17, variabili e alle funzioni vettoriali e eli studia.re alcune propricta importa.nti delle funzioni continue.

A. LA DEFINIZIONE DI FUNZIONE CONTINUA

Nel corso di Aualisi Matema.tica I la definizione eli Iunzione continua e stata data nel modo seguente:

130 Iunzione f: I ---'t TIl (J c JJ1.) e continua in ;1:0 Else per ogrn f. > 0 esiste fj > 0 tale che

Ix-xol<b & ;l:EI=lf(x)-f(;ro)I<E,

dove Ix - xol < 0 significa.: disian :a fra Xo e x minore di b.

Per definire la COIl t.i uui 1.a pi 11 in generale Iarerno uso del concetto eli distatiza. introdotto nel cap. IV, 1.1.

2.1. Deiinieione di contiJlIlitit "con E e 5".

Una funzione f: I ---'t JR1ll (I C JRTlf e conti nua in Po E I sc per ogru e > 0 esiste b > 0 tale che:

liP - Poll < 5 & PEl =* Ilf(P) - f(Po)11 < E

V-9

f e continua in 1 se e continua in ogni punto di I.

Questa defin izionc coincide, per 71 = I, con I'a.naloga definizione data nel cap. IV.

Escuipio 1. Sia J: 1112 ___, III la Iunzione definita da

f(x, y) = x + y .

Allora f e continua in ogni punto di m.2 (cioe e continua in ill?).

Infa.tti se Po = (xo, Yo) E rn? si ha:

If(P) - f(Po)1 = 1;1: + Y - (.1:0 + YO)] = 1(·1: - xu) + (1) - VI))] < I x - x 0 I + I u - Yo I

<s J(x - xof + (y - Yur:! + J(x - xo):! + (y - yo)2

= 211 P - Po II -

Quindi se E > 0 e 0 = [/2 si ha:

If(P) - f(Po)1 <s 211P - Poll < 26 = [ -

Cioe: per ogni e » 0 esiste {; > 0 (cioe (; = E/2) tale che

liP - Pol] < 6 & P E m? :::;, If(P) - f(Po)1 < E

in accordo con la definizione di continui ta ..

Ad esempio: se E = 1/2 si puo prendere 5 = 1/4. Allor a 5e

1 IIP.Poll < 4"

si ha

1 If(P) - f(Po)] < 2"

1 1

Analogamente: se [= -- basta prcudere 5 = -- e si h a:

1000 2000

1 _ 1

liP - Poll < 2000 =? li(?) - f(Po)1 < 1000

e cosi via per ogni E > O.

Esempio 2 (continuita. delle Iuuzioni coordinate). Sia Pi : m.n ____,. ill Ia funzione definita da

Allora Pi e continua in ogu: P E 111,71. III fatt i per ogni t > 0 basta

prendere 8 = e, come si verifica Iacilmen tc.

La funzione Pi S1 chia.ma an che i-esinia [urizioiie coordinata defini ta in

B. ESEMPI DI FUNZIONI CONTINUE

2.2. Operazioni COIl le Ituizioui continue

Siano f) 9 : I --;. IR (1 c IRn) due fuuzioni con tinue. Allora le seguenti funzioni sono continue:

- la somma f + [j (definita. d a: (f + !1)( P) = f(P) + g(P), P E 1);

- il prodotto fg (rlefini to d a: (fg)(P) = f(P)g(P), P E /);

- il quoziente fig (definite, quando y(P) i- 0, da (f/g)(P) = f(P)/g(P)).

Se poi I, g : 1 ~ nrr~ SOllO due Iunzioui continue (1 C JRl1), sana continue anche

- la somrn a j + 9 (defini ta. come sopra.)

- il prodotto af (definite cia. (af)(P) = af(P)), dove a E IR.

Questi fatti si verifica.no come per le Iunzioni reali eli una. varia.bile reale, oppure seguono dal prossi mo teorcm a 2.3.

D i am 0 ora. al t riel u e II til j ri S l! I 1: at i, S ull e fun z j 0 Il i con tin u e .

2.3. Teor-erna (contin ui t3. clelle funzioni comp oste ). La coniposizione di due [utizioni continue e una [unzione continua ..

Piii precisamenie, se le [unzioni

f : I --+ IIlnl 9 : J --;. lIlt'

i c Dln

f(1) c J C lRlH

sana continue, la [uiizione

go f : 1--;. illfl (defin ita cia: (90 f)(P) = !I(f(P)) per Oglll P E 1)

e continua.

Esenipio, La. funzione J: m? ~ III dcfin i tao da f(x) y) = z: + y e continua. La funzione g: III ___. ITt definita. cia f(t) = cost e continua. La. funzione

1

V-II

composta 9 a lela funzionc Ill:! ~ III defin it a da:

(g a f){;r, y) = !J U (;1; , y)) = U (.r + y) = cos (x + y) .

Per il teorem a 2.3 questa Iuuzione e continua.

2.4. Teorema (coutinuita delle Iunzioui vet toriali]. Sic I: I___,. IRn1 (I C IRn) la [usizione definila da:

Aflora f e continua se e solo se 11,"" In sana continue.

Esempio. La funzioue I: In - m.:1 dcfini ta da J(t) = (.3t + 1, 2t, t - 1) e continua.. Infat ti le Iunzioni

I, : III ___,. lR

clefinita d a

etc.

sono continue.

2.5. Ossez-vaz.iozre. Le proprieta ora. viste csteudouo quanto provato nel cap. IV 1.3, 1.4, 1.8 per Ie funzioui IJ1. ___,. IRtn (pon endo n:::: 1 ri t roviarno esattamente quei fa.tti).

2.6. AlcLllli escmpi di fl111Ziolli c01Jtil1lw

Funzumi polinomuili

Abbiamo vista che le fuuzioni coordinate Pi: IRH ~ IR (definite da: ])i(X1, ... ,xn) = xd souo continue (cfr. 2.1, es. 2). Da 2.2 segue allora che le funzioni ottenute d a PI, ... ,])11. rueclia.nte somrne e prodotti sono continue. Le funzioni cosi ottenute si ch i am auo anche [utiziotii polinomiali 0 razionali itiiere di n variabili.

Escmpio 1. Lafunzione J eli trc variabi li dcfi ni tada f(x,y,.:;) = x:!+'!l-xy.:; e una. funzione poliuoruiale, quincli continua.

Futiziotii razionali

Se f, g sono due Iunzioni polinorniali di 1] variabili, lao funzione I/g e continua in tutti i punti in cui e dcfinit.a (dr. 2.2). Le funzioni di questo tipo

si chiamano [utizioni razionali di 71 va.riahili. Le funzioni polinomiali sono particolari tipi di funzioni razionali.

E . If' di 1 . J' i' d fini d J( ) x ~ + y3 ,

sem pro 2. .Ja unzioue I { ue varrar» I e uuta a . x, y = e una

x+y

funzione razionale (definita per x + y -:j:. 0), quind i continua in tutti i pun ti in

cui e defini tao

Esponenziole, seno, loqaritmo etc. eli Iunzioni continue.

Se f e una funzione continua. di n variabili, le seguenti Iunzioni sono continue per 2.3 (in tutti i punti in cui SOllO definite).

- La funzione

- etc.

definita da:

!I(?) = eflP)

Ii( P) = sin f( P) I( P) = log J(?)

- La f unzione 9 defini ta da:

- La Iuuzioue h defini ta cia:

Esempio 3. Le Iunzioni definite delle seguenti formule sono continue in tutti i punti in cui sono definite:

" ?

x- +.[

f ( x , y) = cos .

;: + 11

J(x, y, 2', t.) = log(t + '/r + 11 - z2)

Funzioni composie con una [niizionc vet/oriole

Sia f una. funzione continua. e sia.no gl, ... ,gn n Iunzioni continue eli m variabili. Allora.la. fu nzione F dcfinita dalla formula.

e continua in tutti i punti di JIlJII in cui e defi nit a. Infa.tti F e la composizione di f can la Iu nziono vcr.toriale !l definit.a d al la formula:

9 ( Xl, ... 1 .1: Tn) = ( !I d .1: 1 1 ••• 1 .r m ) , ... I [J 11 ( :1.: 1 , ... I X m ) )

La 9 e continua per 2.4.

V-13

Esempio 4. Se f e una. fuuzioue con tinu a eli tre variabili, l a funzione F di una variabile definita. d a:

F(I.)::=f(lt+xo, mt+yO, l)t+2'o)

e continua.

Le applicazioni lineari

Un'applicazione li neare di IRa in IRm e una funzione continua per 2.4, in quanto e definita da tn funzioni polinomia.li.

C. FUNZIONI CONTINUE SUGLI INSIEMI CHIUSI E LIMITATI

Ci proponiamo di este nrlere al le funzioni eli n va.riabili un en uncia to visto nel corso di Analisi Matematica per funz ioni reali di un a variahile reale, cioe:

una [un.zion.e coniinu a defimf(l in 1111 inierv ailo ell/usa e liuiitaio h.a massimo e miiumo.

Per ottenere il nostro scopo dobbia.mo int.rodurre le nozioni d i: insieme aperto, punta di accumulazione, insierne chiuso. Quest.e nozioni saranno utili anche per 10 studio delle derivate.

2.7. Isisieuii aperti e illsiemi c11iusi ill JflH,

Dejinizione di iuiorno: sia Po E Ifln e l' > 0 un numero reale; 1 'insierne U = U(Po, 1') ::= {P E JRn III? ~ Poll < 1'} si dice illi01'1JO di Po di raggio 1'.

Eselllpio. Sia Po = origine del piano (J:, y) e l' un I1Ul11ero > O.

U(Po,1') ::= cerchio di centro l'origiue e raggio 1', circo njeren.za esclus a.

Allora

y

_-" - ......

". ...

" "

,/ '\

I \

I \

I

\ I I

\ I

, I

" ,/

.... "

..... _ __....

x

DeJinizlone di punta inl ern.o: Po E I C IRll e Inferno a J se J contiene almena un intorno di Po.

Esesu pio 1. L'origine e interna alla sfcra eli centro l'origine e ra.ggio 1.

Esempio 2. Po = (V2, V2) non e iu tcrno al cerchio defi ni to dalla disequazione: x2 + y2 :s 4:

y

x

DeJinizione di insieme aperio: I C Ili." Sl dice aperl.o se, per ogru Po E I, Po e interne a. 1.

Esesiipio 1. La sfera S' = {P E 1113/11P - 011 < g} e u n insierne aper to.

Esempio 2. II cercliio C = {P E ]R:! IIIP - 011 s: :3} non e un insieme aperto , In quanto contiene i pu nti della ci rconferenz a eli equazione x2 + 1/'2 = 9:

y

x

Eserupio 3. Un inter vallo ape rt.o eli III e llll insieme aperto eli II1.

DeJinzzione di pu.nio di accu.niul a zio n.c: Po E lIl11 e u n punta d-i accuuiulo.zioue per I'insierne I ~ IRn se ogni iu torno eli Po cont.icne punti eli I distinti da Po.

Esempio. L'origine e punto di accurnu lazioue per il ccrr hio C = {P E II12/11P - (1,0)11 < I} = cerchio di centro (1,0) e l'Rggio l:

V-l5

y

o

x

DeJinizione di insiettie clnuso: I C lH,71 C cliiuso se contiene tutti i suoi punti di

accumulazione.

Esempio 1. II cerchio C = {P E Ill:! jll P ~ 011 :S lO} e ch iuso.

Esempio 2. La sfera 5 = {P E 1l1J jilP ~ 011 < I} non e un insieme chiuso, in quanta i punti della sup erficie sferica (J = {P E IR3/1lP - 011 = l} sono punti di accumulazione per 5 rna non appartengouo a S.

y

z

x

Esempio 3. 11 rett.angolo A = {(;r,y) E lR~/ - 1::; :r ::; 2, -1::; y ::; 4} e chiuso; mentre B = {(x,V) E II12j - 1 < x:S I, -1 < y < 4} non e cliiuso:

y

y

x

rI

I

x

V-IG

Osservaaione. I conceti ora introdot.ti geJleralizzano ad IIl'l aper to, chiuso, visti per la retta reale.

concet ti di intorno,

2.8. Insiemi limitati

Un insierne I C IR" S1 dice linuioi.o se esiste un intorno U(Po,1') che 10 contiene.

Esempio 1. Un insieme finite e limit ato. 1111< non e lirnitato.

Esempio 2.

Ie U(O,4).

1 = {(x,y) E rn? I o:s x < 3,O:S y:S I} e limitate. Infatti

y

x

Eseniplo 3. L'insierne ! = {(;r,y) E mY I.r +!J :S O} non e li mitato.

Possiamo ora dare la generalizz azione del teorema sui massimi e minimi.

V-17

2.9. Teorema (esistenza del massimo e del minimo). S'ia I C ffin un insieme chiuso e limiiaio e sia f: I --+ IR una [un.ziouc continua. Aflora f ha un massimo e minimo (in 1).

Ricordiamo che il massirno di J (se esiste) e il piu grande tra numeri

f(P) PEl. Quindi !II e massirno di f se

a) f ( P) < 111 ,

per ogni PEl, e inoltre:

b) esiste un punta Po E I t.a.le che f( Po) = M'.

Analogarnente per il mi nimo.

II teorema precedent.e v uol dire, dun que, che esistono due punti P1 e P2 E 1 tali che

per cgrn PEl.

Esempio 1. Sia I = {(x, y) E IR? 10 < x2 + y2 <::; I}. Allora la funzione continua

f:l-,IR

defini ta da: J(x, y) = x2 + y2

non ha minimo in I. Cia non e in contradclizione col teorema. 2.9, in quanta I e limitate rna non e chiuso (il punt.o (0,0) non appartiene ad 1).

Esempio 2. Sia. 1 = {(x, y) E JR2 I x 2: OJ. Allora la funzione continua

f:I~lR

definite da

f(x,y)=x

ha minima uguale a zero e non ha massimo. Si osservi che I e chiuso, rna non limitato.

D. LIMITI E CONTINUITA

Nel corso di Ana.lisi Matematica I (e uel ca.p. IV) si e definita la contin uita auche mediante il concerto eli limite. Vediamo come questo con cet to si puo estendere a. Iunzioni eli ti po generale.

2.10. Definizione di limite

S· I C mn Pt' tId

iano un msierne, 0 un puno 111 erno a e

una funzione. Sia poi L E IIrn. Diciamo che L e illimite di f(P) per P tendente a Po:

L = lim f(P)

P-Po

V-18

se si ha: per ogni e > 0 esiste 6 > 0 talc che:

0< liP ~ Poll < 0 & PEl => Ilf(P) ~ Lli < t:

Si noti che in questa definizionc non si tiene conto del fatto che f sia defini ta 0 no nel punto Po 0 dell'eveutuale valore che f puo assumere in Po·

2.11. Limite di Ulla Fnu zione cout inun

Sia f: I --> urll una. funzione dcfi n i ta Ilcll'insieme I C IRffi e sia Po un punto inierno ad I. Allora J e continua. in Po se e solo se

lim f{ P) == i( Po) .

P-Po

Esem pio 1. Sia f: m:! -', III l a Iunzioue defi nit a da J(x, y) == sin xv. Pcichs f e con tin ua. si h a:

lim f ( :r , .1/) == f ( 0, 0) == 0 P-(O,I))

2.12. Limite di IllW f'lllZiollC vcttol'i;tlc

Sia f: 1-', IRm (1 C JR1!) la Iunzionc defin ita d a:

e SJa Po un punto in tcrno ad I. Allora. Ie due condizioni seguenti sono

equivaJen ti:

a) lim f(P)==Q==(r/1, ... ,(/m)

P-Po

b) lim h(P):::::ql,"" li111 j))](P):::::(jlll'

P-Po P-Po

Cia vuol dire, in sostn.nz a , che i limiti delle funzioni vettoria.li si POSSOllO studiare media.nte Ie com ponen ti.

2.13. Proprietk dei limiti

Tutte le propriet a dei limiti viste ncl corso eli Analisi Ma.tern atica I (e n el cap. IV) per funzioni eli una va.riahile SOIlO vali do ill genera.le (purche abbiano senso ).

V-19

Ad esempio per Iunzioni a va.lori in IRm con 111;::: 2 non hanno senso: il teorema della. permanenza del seguo, il teorema. suI prodotto etc.

2.14. Osservazione srdla dcfinh~iollc di limite

La. definizione di limite data in 2.10 richiede che jl dominio di f COIltenga tutti j punti eli un intorno di Po, escluso Po. Ta.le definizione si puo estendere a. si tuazioni pili generali: occorre per q uesto che Po sia almena un punio di accuraulazione per il dominio di f. Cia vuol dire, per definizione, che ogni in torno di Po con tiene pun ti di dam f eli st inti da Po.

3. Calcolo differenziale delle funzioni di pi u variabili

Nel corso di Analisi Matcrna.tica I e nel ca.p. IV si e studiata la derivata di una funzionc e se ne SOIlO viste sva.ri atc applicazioni.

Anehe per le funzioni eli pill vari a.bili si puo parlare di derivate: la situa.zione e pero assai pill complicat a. Infatti , mentre per le funzioni reali 0 vettoriali eli una vari abile c'e una. sola deriva.ta, per funzioni di pill variabili ce ne sono infinite: si tra.tta. delle derivate direzionali. Tra queste ce ne sana alcune privilegiate, che si chiama.no derivate par zioli. Queste derivate si possono usare per st udiare le fu nzioni eli pill variabili.

A. DERIVATA DIREZIONALE, DERIVATE PARZIALI, GRADIENTE DELLE FUNZIONI A VALORI REALI

La nozione di deri vat a si introd uce per misura.re la "rapidi ta di cambiamenta" di una funzioue, come si e vista neI caso di funzioni di una variabile.

Nel caso di pill di una. variabile ['idea int uitiva di "rapidi ta di cambiamento" e pili cornplicata., in quan to si tratta di una quan ti ta che dipende anche dalla direzione e verso in cui si considera il fenomeno. Ad esempio C011- sideriamo la funzione che ad ogni punta P della superficie terrestre associa la quota f(P) eli P sul livello del mare. Se Po e un punta della superficie terrestre, non h a sen so dire: il terrene in Po e in salita 0 in discesa 0 molto ri pido , etc., se non specifich iamo in quale direzione e in quale verso. Ad esempio si dira: il terreno in Po e in salit a (molto ripida) nella direziorie SUD-NORD e nel verso da SU D a. NORD. N a.turalmente nel verso NORD-SUD

29 - GRECO-VALABREGA - Leziotii ell algebra lineare e geornei.rie, vol. II

V-20

il terreno sara in discesa. Puo benissimo capitare che in elirezione EST-OVEST sia pianeggiante (0 poco ri pido) etc.

Per precisare matematica.mente questa concetto intuitivo di "rapidita di cambiamento in una. data di rezione e in u n date verso" si introduce la nozione di dericata direzionale. Per I'uso pratico delle derivate direzionali e utile considerare le derivate parzuili, che so no pa.rti colari t ipi di derivate dirczion ali. In questa pa.rte A del n . 3 ill ustreremo questi concetti.

3.1. Derivata dixeziouele

Sia f: I --+ III una. funzion e defin i t a in t c: IRH e sia. Po un punto inierno ad I (cfr. 2.7). Sia poi 11 = (01,,,,,0'11) E IIlH un versore (*).

Consideri amo la fu nz ione in t:

F(t) = f(Po + tu)

Questa funzione e defini ta per i valori di t tali che Po + in E 1. Poiche Po e interno, la funzione F(t) e elefini ta. in un in torno eli t = 0. Pi u precisamente se S(Po, 1') e un intorno di Po contenuto in I lao funzione F(t) e definita., a.lmeno, nell'intervallo (-1',1"). Si veda Ia seguente figura per n = 2,

I punti del tipo: Po + zu SOllO quelli della ret t a pa.ssante per Pu e

parallela ad u. I punti Pu + tll con -)' < t <)' sono contenuti in I.

Si ha ovvia.mente F(O) = J(Po), Se F e deri vabile per i = 0, lao

deri vat a F'(O) si chiama deriuat a direziounle di I in Po secondo u. Questa. derivata (se esiste) e dunqu e

J' I{Po + tu) - J(Po)

irn

1-0 t

(*) Cioe un vett ore U=(crl, ",0',,) E IRn taleche cri+ +0'~=1. Cioestendeinrnodonaturale

la nozione di versore vista nel vol. I cap. 1.

V-21

Se esiste la deriva.ta direzion ale precedente si dice a.nche che f e derivabile in Po secondo u.

Escmpio. Si a f: IR:! ___, IR la Iunzione defini ta da: f(x,y) = x + y e sia n = (~ , ~). Calcoliamo la derivata direzionale di f in Po = (1,0) secondo u. 5i ha:

F(t)=f(Po+tU)=f((l,O)+t(~ I ~))=1+ ~t

F'(. 2

0) = (;;. v2

Pertanto la deriva.ta. di rez ioualc cerca.t a c

2

J2

Se invece u = (~ , - ~) si vedc che

F(t) = 1

e quindi la deriva.ta. in Po secondo u e ugna.Ie a. zero.

Nomenclatura e notazioni

Sia f: 1 ___, IR una. Iunziono C' 11 E lH .. 7! un versore. Se la derivata

direzionale di f secondo u in Po esiste, si dice che f e deriuabile in Po secondo u (0 nella. direzione eli 11). La. deri vat a eli f secondo u si indica coi sim boli

dJ dll

oppure

i; (*).

Osservazione 1. II si mbolo divisione.

eI{ dll

ha sensa In blocco: esso non indica. una

Osservazione 2. La. deri vat a dirczionalc gode delle stesse propriet a formali

(*) Alcuni autori usano il simbolo ~ .

V-22

delle derivate di funzioni di una varia.bile. Si h a cioe:

d ell elf)

- (f + !I) = - +elu rlu du

d (U'

- (af) = aclll rill

(0 E ITl)

d elf dy

- (fg) = g - + fdu du du

d (1) 1 elf

du 7 = - P du

(tutte le volte che le formule ha.nno scnso).

Osservazione 3. Se I C Ili" e u n insierne apcrto e f: I -+ ITl e una funzione elf

derivabile secondo il versore n in ogni punta di 1, la definisce una

du

nuova funzione di I in JR.

Osservazione 4. Da.ll'osservazione 3 segue fa.cilmente che:

l'insieme delle funzioni definite in I C JRl! e a valori III IR deri vabili secondo 11 e uno spazio vct toriale rca.le V;

1· 1" d [Iunz: 1 r. .

- 'app 1ca,ZlOoe -: V ~ 11111::10111 d o lnu te Sll

dll

I} e Iinoa.rc.

3.2. Siguiiicet o geouietrico della clerivnt:« dil'cziOlWle pel' fUl)zioni di due veriebili

Sia f una funzione di due variahili C' sia S il suo grafico. Sia Po = (xo, Yo) un punto interno ad I = dom f e sia u E ill::! un ve1'501'e. Supponiamo che iu(Po) esista e cerchiarno di d arne una. interpreta.zione geometrica.

A tale scopo consideri amo il piano if pa.rallelo all 'asse z e ad u , passan te per Po (vedi figura). Quest.o piano i nterseca S in un a curva E contenente il punto Qo = (.1:0, Yo, J(.Tu,!/O))' L si puo considera.re come il grafico della funzione F(t) = J(Po + tn) (COil opportuna. scelt a di coordinate). Perta.nto iu(Po) e la t a.ngcn te t rigcnometrica dellangolo formate dalla tangen te ad £ in QD e d a u ,

V-23

z

x

La retta s e parallela al versore u e orientata come u. Il piano

7r passa per s ed e parallelo all'asse z.

y La curva .£ e I'intersezione del grafico di f con 'IT. La retta r e la tangente ad .£ in

Qo·

Si ha allora

s

df

tg ex = -du (Po) .

3.3. Derivate pal'zi;:di di una iiuizione I: 1 ---;. IR (I c IRn).

Le derivate di f secondo i vcrsori fondamentali di IRn si chiam ano anche derivate ])(/.rziali eli f.

Se f si espri me mediante lao formula j'(.tl j ••• ,J:n) c se esiste la deriva.ta direzionale rispetto al v('r501'(, Iondamcn tale e, si dice che f e derivabile rispeito a Xi. Se I e derivabi!e rispct to ad Xl,··.,Xn, si dice che f e derivabile.

Not ezioui. La deriva.ta. parzi ale eli J rispetto a Xi (Cioe la ::i) si denota

can

()f

():r 1

Dalla definizioue risult.a su bit.o cite fie Po = (OJ j "'1 (In) 51 h a:

opp u re COI1

II', .

8f( j' f(C/.l""lai+h"",an)~J(al"",an)

-r- Po) = un

OXi Ii-O II

Pertanto la L, 5i puo calcolare considera.ndo lao f come funzione della. sola variabile Xi e tra.t ta.ndo lc altre variabili come cost anti.

V-24

Esempio. Se f: m? ---+ ffi e definita da f(x, y) = sin l:Y'2 si h a:

3.4. Legami tr« tlerivnt:« clirezionuli e clerivnt:« parzirtli

Vedremo in seguito (cfr. 3.12, es. 2) che se f e le sue derivate parziali sono continue vale la seguente formula:

(3.1)

df 8f o f

-d = 0'1-8 + ... + O'n~::;- ,

,U Xl 0;1:n

dove u = (0'1, ... , Ctn) .

Es€mpio. Sia f: m? - lit lao fu nzion e dcfinit.a d a: f(;r,y)

u = (~ ~). Si 11a <:1.1101'<:1.:

v2 ' v2

x + y e sia

dJ 1 af· 1 D]

-(x,y)=--. (x,y)+--(x,y)=

du V2 ox J2 By

112 =y'2+y'2=J2

Si confronti can I'esern pio vista in 3.1.

elf

Dalla (3.1) si verle che - si pliO i n t.crprct.a re come prodott.o seal are, cioe: rlu

df

- = n·

du

( .~) f , .. " ~~ f) ,

ch 1 UXn

3.5. 11 gradicnte di una fUllzionc Jj 11 viU,jabili

Sia f una. funzioue eli 71 variabili deriva.bile ill Po (punta interno ad I = dom I). II qrtuliente eli f in Pu e il vet tore eli 11111

(Uf (JI)

~.:)~ (Po) , .. , , -.'- (Pol

ox 1 cJ.tTl

II gradiente di f 111 Po si dcno t a COI1

oppure can

Se I e a.perto ed f e dcrivabile in ogni P E 1, e d unque definita la funzione vettoriale

gradf : 1 -r--r IR11

che ad ogni PEl fa corrispondere gradp f.

Esenipio 1. Sia f: Ill:! - III la Iunzioue clefini ta da: f(x, y) = sin xy2. Si ha allora:

(grad f)(x, y) = Uz' (x, y), Iy (.1;, v)) = (y'2 cos ;1;Y'J , 2xy cos xy'2)

In particolare:

(grad f)(0, 0) = (0,0)

(grad f)(D, 1) = (1,0)

(g r ad .f)( IT, 1) = (-iT ~, - 2 ir ) : etc.

Esemp io 2. Sia J: 1113 - III la Iuuzionc dcfinit.a d a: j(x, y,;) = x3 + if + z3_ xyz. Si ha allora

(grad n(.t, y, z ) = (3;v:! - y::, 'JlJ:! - :t;, :3.:;:! - .'ty) .

3.6. I1 gradiente come appfica sione liueere

Siano I un aperto di IRH, V 10 spazio vettoriale delle funzioni derivabili I ---;. ill, I¥ 10 spazio vet.tori ale eli tutte le Iuuzioni 1-;. ur'. Allora l'applicazione 'P : V ........;. VV definita da:

tp(f) = gn~d .f

e lineare. Inolt.re si ha:

grad (j"!I) = I grad u + U grrlcl f .

Cia si espr ime anche clicendo che g;l'acl e una deriuazione (0 operatore differenziale) eli v in 1"V.

3.7. Signiiice to geometl'ico del gl'adicnte

Sia f una. funzione continua di n vari abili con derivate parziali continue definita in un aperto I C IRJ1 e sia Po E I. Supponiamo che gra.dpo f sia diverso dal vettore nullo e poniamo

V-26

(3.2)

Si h a all ora: dj

-d (Po) = Ilgraclp 111

u 0

I:~ (Po)1 < Ilgradpa 111

per ogl1l verso re

v :f=. II .

(3.3 )

Cioe: le derivate dirczionali III Po non su pcrauo, in val ore assoluto, il mod ulo del gradien te di I in Po. Iuol tre la cleri va.t.a rispetto ad 11 e proprio uguale al mod ulo del gradiente.

Quindi il vet tore gradpo f indica la. clirezione e il verso in cui 1 cresce pili ra.pidamente.

Le formule (3.2) e (3.3) seguono Iacilment.e da lla clisuguaglianza eli CauchySchwartz e dalla formula (3.]) che esprime la derivate di rez ion ale come prodotto scalare.

Se f e un a funzionc eli clue variabili, grncip'J f e ortogona.le in Po a.lla curva. di livcllo f(.t,y) = I(Pu) (ci00, p or dcfin izionc, e ortogona1e all a ta.ngente in Po alla CUJ"\';'\), Analogo risu lta.t.o vale per le sup erfici di livcllo delle funzioni di tre variabi li.

B. DERIVATE DELLE FUNZIONI VETTORIALI. MATRICI JACOBIANE

Voglia.mo ora. estendere a Iu nzioni vci.toriali Ili." - m.m la nozione di derivata vista nel ca.p. IV, 1.9, pcr vet tori varia.bili.

3.8. Derivate parziali c dirczioll<lJi delle fllw-:ioI1i vcttori:di

Le deriva.te direzionali (in par ticola.rc parziali ) delle funzioni vettoriali si definiscono in modo an alogo a qua.n to Iat to per le funzioni scalar i.

Quindi 5e f: I --;. lli." (1 C IIlTl) e la Iunzione defiui tao cia,

risul ta. per ogni versore 11:

df rill

( ell) ((fill)

rill . .... rill

e qui ndi , in particolare,

dI

n.t i

V-27

Dunque se f e derivabile in tutto I lc derivate definiscono delle nuove funzioni I ___,. Ilt'".

Esempio 1. Sia 1: IR ___,. m3 la funzione dcfinita da

1(t)=(lt+xo, mt+yo, nt+2'o).

Allora si ha.

elf

- (I.) = (/,111, n) dl

Esempio 2. Sia. 1: Ill:? - lR3 L:\ Iu nziono dcfi n i ta ria

f(u,v) = (Rcasllsinv, Rsinusinv, Rcosv)

Allora. si ha (per ogni (11, v) E m,2)

01 (R· . R . )

OU = - sin 11 sin 11 I cos U Sill V 1 0

of

OV = (R cos 11 cos v, R si nil cos v I - R cos v)

3.9. Matrici Jecobiene

Sia. 1: I -t JR1lt una. Iunzione vcttoriale derivabile nell 'aperto I di IRn definita da

1 ( x 1 I ••• , X 11.) = (f d Xl, ... , X 11.) 1 ••• , 1m ( Xl, ... , X n)) .

Le derivate pa.rziali delle funzioni 1'1, ... , In vengono di soli to raccolte nella seguente ma.trice J I, cbe si chi ama nuitru:e jacobiuna di j:

all »t,

0:7; 1 aXn

J1 =

{J I; () fm

fJxl OXn

GIi elementi di questa rna.trice sono Iunzioni I -+ ITL La riga i-esima della matrice e costituita da.lle derivate parziali di Ii. La colonna j-esima di J j e la derivata p arziale di 1 rispetto a. Xj.

Si noti che questa nozione estende quella vista nel cap. IV 1.13 per i vettori variabili.

V-28

Si ha dunque:

Se PElla matrice jacobian a di I calcola.ta in P si indica COIl J pI.

Jp I =

oh (P)

OXn

8Im (P)

8xn

COS! J f defiuisce l 'appli cazionc J - m1Jl,1! che ad ogni PEl associa la rnatrice J p f.

Per Ie matrici jacobian« si usa. anche lao notazione

aUl' .".fm) O(Xl, .'" xll)

Esempio 1. Sia. f : IH? - m3 lap plicazi one dcfinit.a cia: I(x, y) = (x2, X + y, xV). Si ha allor a:

( ~,lJ;r

JI = ,

Inoltre se P = (1,2) S1 11a

0)

1 .

;v

(2 0)

Jpj= 1 1

2 1

Esempio 2. Se f: J -+ III e una Iunzione cicriva.bile (I a.perto di IRH) si h a:

J f = grad I ;

Jp I = gI'E1clp I

(matriei a una riga.).

Esempio 3. Se I: I ~ lIl11 e u n a Iunzionc clerivabile (1 C IR) si ha:

Jj=1' ;

Jp f = f'(F)

(si veda cap. IV 1.13).

(rua.trici a, una. colouna.)

Esempio 4. Se J: JRa -+ JRm C lapplicazione li ncarc associ a.ta alla matrice A nelle basi canoniche si ha: J I = .-1.

Esempio 5 (matrice jacobi ana del pass('tggio cia coordina.te p ol a.ri a. coordinate cartesi ane).

V-29

Sia f: ill? ---+ m? la Iunziouc defin ita da.

f ( H, ·V) = ('U cos 1), 1I si Jl V)

La mat rice jacobiaua e

(COS v

Jf =

sin v

~1l sin.v) U cos 1)

Esempio 6 (matrice jacobian a del passaggio a coordinate cilindriche).

Sia f: ill? ---+ m? la.ppl icazionc den Jl ita d a

f(u, n, u.) = (1/ COSI1, IIS!l11.', w) .

Si h a allora

(COS l'

J I = si~ v

u cos '[!

0)

o .

1

-II S!II U

o

Esempio 7 (matrice jacobiaua del passaggio a coordinate polari nella spa.zio).

Sia f: IR3 --+ IR3 lao funzione dcfin ita da:

f(u,v,w) = (ll.cosvsinw, l/.SlllVSl11W, l/,COS1O) .

Si h a allora

(COSVSll1W Jf= sin u sinte cosw

o

u. cos v cos 10)

'l/ sin v.cos LV .

~U S11110

~U Sill 11 SI11 W [/ cos V sin 10

3.10. Derivate p<U'ziA.li e cOIltiulIit.it

E noto dal corso eli Analis: Maternat.ica I che ogni Iunzione derivabile di una variabile e continua. Cia e [also per Iunz ioni eli pill eli una va.ri abile. Esistono infatti funzioni di due variabili, aventi le derivate parzi ali prime, rna non continue.

Invece una [unz iouo vett.oriak- eli una va riabile clic sia derivabile e auche continua. (efr. cap. IV).

V-30

c. DERIVATE DELLE FUNZIONI COMPOSTE

Abbiarno vista che la composizione eli due funzioni continue e una funzione continua. Studiamo ora l'analogo problema. per Ie derivate. Nel ca.so di funzioni di una variabile si e vista che

([10 f)1(;r) = gl(f(:t)). fCr)

Un risultato formalmente analogo vale per le derivate parziali delle funzioni di pili vari abili, pur eli usare Je m at rici jaccbianc. Precisa.mente si ha.:

3.11. Teor erna (sulla m a.t rice ja.cohia.na eli u ua funxion e composta). Siano da.te due [uiizioni f: I -,. JRTH, y : E ~ IR)' dove [ e uri aperio eli fin ed E e uri aperto di IR1l1 coutenente I(1). Supp onia.mo inoltre che f e 9 si ano di classe C1 (cioe continue e COll derivate pa.rz ia.li continue). Allora lao funzione composta. yo J : J - 111." c eli r lasso (I c si 1Ia (per P E 1):

(3.4)

Cioe: la rna.trice jacobi ana della. composizion€ eli due fu nzroni e uguale a.l prodotto delle ma.trici jacobiane delle clue funzicni .

Esempio 1. Se f e 9 SOIlO funzioni eli una. variabile la (3.4) e la formula che da la derivata della funzione corn post a yo I. Infa.tti in questa caso le matrici jacobiane sono rna.trici ad un a riga. eel 11 n a colouu a, Si h a cioe:

Jx(g 0 J) = (g 0 f)1(X)

Jf(;r) f} = g'(f(x))

e quindi la (3.4) diventa.:

(g 0 nl(.l:) = !J'(f(.r)) /,(.1') .

Esempio 2. Se f e f} sono due ap plicazioni li nea ri , la formula (3.4) non e altro che M(g 01) = 1\[(9) M(f) (dr. vel. I). Infa.tti la ma.trice jacobia.na di una applicazione li nearo r 1,\ m a trirr- a d ('SS(l. associ a.ta mediante le basi canoniche (3.9) es. 4).

Esempio 3. Sia f: ill:.! ~ fll:! la Iuuzioue dcfiuita cia: I(.L·] , xJ) = (Xl + XJ, xi) e sia. g: IR? --+ IR3 lao funzione dcfiui ta d a: Y(Yl,!J:d = (VI, yi, Vl +Y:J).

V-31

La funzione comp osta !l 0 J : U(! ~ In? e data dalla formula:

" 4 ')

(g 0 J)(Xl' x:d = g(Xl + X2, Xi) = (Xl + X'l, J.~l , Xl + X2 + xi) .

Verifichiamo il teorema 3.11 i 11 q uesto caso particolare. Si ha:

Jf = C~l ~)

J(.1;IJ~)Cq 0 li= ('I~T ~l)'

1+2:1:1

Quindi S1 h a: JrII,.1'21(goJ) = (J.rI.l'l,x'2J!I][J('!'l.x:!)fJ, in accordo con (3.4).

Esaminia.mo ora. un caso particolarc del tcorcma 3.11.

3.12. Derivata di una iiuizioue di vari(luile ieale deiiuit« da una formula del tip 0: F ( t) = f ( X 1 ( t), ... , X n (t. ) ) .

La funzione consiclerata. e la coruposizione della funzione f con Ia funzione g: IR ___, lIlH defin ita cia. g(t) = (:L'l(i), ... , xll(t)).

Si ha: J f := grad i . J 9 = g'. Quindi a.pplicaudo il teorema si ha

r(t) = (gradg(tJ f)(g'(t)) (proclotto eli una. matrice a una. riga per una. mat rice a. una colonna.).

Esplicitando 5i trova:

I 8j , 8f '( )

F (t) = ~a (y(l)) .rl(t.) + ... + -a ([;(t)) xnt

Xl Xn

(3.5)

Esempio 1. Sia f: IR3 ~ III la [unzione defin i t.a cia; f(x, y, z ) = xy + z2 e sia g: lR ___, IR3 la Iunzioue dcfiu ita d a (/(1) = (cost, sint, t). La Iunzione composta go f = F e data da.lia [orm ul a

F() f(· ." 1. 2 ..,

t::::: cOSt,Slllt,t)=coSiSl11t+f-=2S111't+t-

V-32

Si ha dunque:

F'(t) = cos 2t + 2t .

Dalla (3.5) risulta. an chc:

8f of ot

F'(t) = ax (g(t))(-sil1t) + ay (g(t))(cost) + a:: (g(t) =

= -(sint):! + (cos z )" + 21. = cos2t + 2t .

Esempio 2 (la deriva.ta. direziona.le). Se f: I --+ III e una. funzione di ti

variabili di cla.sse C1 e u = (0'1, ,G'n) e un versore, si h a:

f(Po+tu) = f(Pl +tG'l, , Pn +to·n) dove Po = (Pl, ... ,Pn)

Dunque se F(t) = f( Po + tn) si h a., usa.nrlo la (3.5):

I af of

F (0) = 01 ~ (Po) + .. , + OOn ~ (Po)

UXI UXn

1, I dJ 1 i )

Poic 1e F (0) = -d (Po)' cia dimostra a. ormula (3.1 sulla deriva.ta

11

direzionale,

D. DERIVATE SUCCESSIVE

3.13. Derivate pal'ziali snccessiv e

Sia I un apert.o eli Ili." e xia f: 1 - III una funzione derivabile.

Allora le derivate parziali eli J defi niscouo delle funzioni di I in ill, che a loro volta. possono essere dorivabili , e COS] via. Si ottengono COS] lc derivate parzi ali seconcie, terze etc. eli f (so ci 50110).

Notazioni. La. derivata. di f

x,

[)'2f

oppure

rispetto a. Xj si denota con a'2f

(talvolta , notazione che eviteremo).

a.rj D»,

Esempio 1. Sia J: m? ---+ III la Iunzione dofini ta da: [t», y) = sin.r:'2y. Si ha:

f:t.(x,y)=2xycOSJ~'2y; fy(x,y)=x'2cosx'2y

fxx (x, y) = 2y( cos :z:y - 2.r'2y Sill :r'2!f)

fxy(x,y) = 2x(cosx'2y - X3 S1IU'2y)

fyy(x,y) = -£'1 cos.t:'!y

fyx(x,y) = 2x cos x'2y - 2:Z:3YS111 x'2y .

V-33

Si noti che fxy(x,y) = fyx(x,v).

Si puo continuare ottenendo Ie derivate terze. Ad esempio:

() 3 'J 5 ')

fyyx x,y = -4x cosx-y+2x ycosx-y.

Natural mente Ie definizioni precedenti si possono dare anche per le funzioni a va.lori vet tori ali,

Esempio 2. Sia f; IR:l ~ 1[l3 1a l'unzione defin ita d a

f(x, V) = (x2, xv, z + y) .

AHara si ha

of ) .

~(x,y =(2x,y,1)

vX

[)2f

ox2 (x, y) = (2,0,0)

82f

~a ::l (x,y)=(O,l,O) x en)

of

Oy (x,v) == (0, x, 1)

o'Jf

~fJ .Q (.'t,y) = (0,1,0) !J o»

82 f .

-f) ~ (x, y) == (0,0,0) u:

3.14. Defin izfone. Una. funzione f: I --+ m.m (I aperto eli mn) e una funzione Ck se f e continua, e hale deriva.te parziali fino all'ordine k ; e inoltre queste deriva.te sana continue. Si dice che f e CCD se f e Ck per ogni k. Cia vuol dire che f e continua, h a t utt.e le derivate, e che queste derivate sono continue.

3.15. Teo rerna (inversione clell'orcline di derivazione). Sui f una funzione di classe C2• Allora si lui

(cioe si puo scambiare l'ordine di derivazione nclle "derivate miste").

Esempio 1. Vedi 3.13, esempio 1.

Naturalmente se J e eli cl asse en linvcrsioue dell'ordine eli elerivazione si puo fare fino a.lle deri vate di ordi ne 17.

V-34

f.1:1)1) = J1)YJ.· = f1)~'Y etc.

La dirnostrazione di 3.15 sara omessa.

3.16. La ma trice liessieru«

Se f: I --+ IR e una funzione con derivate parziali secoude, e utile dispone queste derivate in una rnatrice quadrata, detta mat/ice hessiana di t, e denotata con H(J). S1 ha per definizione

H(J) =

E chiaro che H(f) e una. funzione defin ita su I e a va.lori in 1Rn,n

H(J) : I -+ lRtl,n .

II determinante di H(f) 5i chiam a anche liessiano di f. Si tratta di una funzione 1 --+ !R.

La rnatrice H(J) e utile nella studio dei massimi e minirni e della concavita e convessita eli f: essa h a UI) ruolo ana.1ogo a. quello della derivat a seconda per Ie funzioni di una variabile. Torneremo su questa argornento in seguito.

Osserv8zione. Dal teorema 3.15 segue subito che se J e C2, matrice simmetrica.

H(j)

,

e una

Esempio. Sia j: Ill2 - JR la funzione definita da. J(x, y) = x3 - xy + y2. Si ha

( 6x -,1)

H(f) =

-1 '2

3.17. Derivate direzionaJi successive

Sia f: 1 --+ IR una. funzione [2 defini ta nell'aperto 1 di IRn, e SIano u , v due versori. La funzione ddf e CI in I, quindi esiste la sua derivata u

V-35

direzion ale secondo v e secondo u. Queste derivate si denotano COIl

e

An aloghe not azioni si usa.no per Ie derivate successive (se esistono).

Esempio. In due vari abili si h a:

df ( x, y) 8 J f) f

d = 0'1 -() + 0'2 -8 1

u X y

c{2 f d (df) ((J '2 f [)..,. f )

- = - - = OJ (1'1 - + 0'') ~- +

du'2 dll rln - D.l''.!. - ayax

( 8'2 f ()'2 f)

+ o- 01 -_ -_ + n·, - =

- ox fJy - Dy'.!.

= (tenendo con to del teorema. 3.15) =

') 0'2 f f)'2 f " 3'2 J

:::.:: O'i -8 '1 + 20'10'3 ~{j f) + 0'2 -f) ')

:2:- x Y y-

Inoltre:

ecc ....

4. Approssimazione delle funzioni di pi u variabili

E assai utile saper approssim are una funzione con una pili semplice e, se possibile, essere in grado di maggiora.re l'errore commesso.

Questo problema e sta.to affronta.to nel corso di Analisi Matematica I per le funzioni di una variabile. Qui dia.mo una introduzione a. due metodi di approssirnazione locale: si tr a.tt a del rh./.Ten::n::inle e della. formula di Taylor.

Prernettiamo alla tta.ttazione eli quest.i argomen ti un cenno sugli infinitesimi.

30 - GRECO-VALABREGA - Lezioni di algebra litienre e gcornet.rie, vol, II

V-36

A. INFINITESIMI

La nozione di infinitesimo c basil arc ill tutti i problemi di approssim azione di tipo locale. Diarno qui la definizione di infinitesimo e Ia nozione di confronto tra infinitesimi nel caso delle funzioni vettoriali.

4.1. Definizione di iniiuiteeimo

Sia f: I --+ IRm (I C llt.") una Iunzicne, e sia Po un punto interno ad I. Si dice che f e iiijinitesimo per P ~ Po se si h a

lim I(?) = 0 ,

P-Po

Cia vuol dire (cfr. 2.10) che per ogni [> 0 esiste 6 > 0 tale che:

o < II P - Poll < S & PEl::? Ilf(P)11 < [ .

Esempio. Sia f: IRIl -+ ill la funzione definita. d a:

f(P) = liP - Poll

(dovo Pu C lin p n uto fisso ).

Allora f e infini tesima per P - Po.

4.2. Couironto di infini tesimi

Siano f, 9 : I -+ 1Rn! due infinitesimi per P --+ Po (Po punto interne ad 1) e supponia.mo che f(P) sia diverse d a zero per tutti i punti P di un intorno di Po, escluso a] pi II Po.

Si dice che 9 e trascurabite rispctto ad 1, per P -r Po, se si ha:

lim P-Po

Ilu(?)11 = 0

II/(P)II .

In tal caso si scri ve:

9 = 0(1) .

Nel seguito ci interessera confrontare gli infinitesimi con P - Po e can liP - Pollll (n = 1,2, ... ).

Esempio. Si ha sempre liP - Polln+1 = o(IIP - PoW).

V-37

B. IL DIFFERENZIALE E LA FORMULA DI TAYLOR

11 differenziale e l'a.pplicazione linearc associ ata alla m at ricc jacobia.na di una funzione. Esso serve per approssi m are una. funzione con una funzione polinorniale di primo grado vicino ad un pu nto fissato.

4.3. Deiiriizione di differenzialc

Sia f: I -r IR m (I a.p erto di IR n) e si a Po E I. 11 differe nziale di f in Po e 1 'applicaziorie linea.re JIln -> IRm associat a alla rna.trice J Po f (se questa esiste).

Questa applicazione lineare si dcnot.a Call dpo J.

S e f ( z j , ... , X n) :::::: U 1 (.1: 1, ... , :1: 11) , ... , fm ( ;1: I , ... , .1: 11 )) S I had u n qu e :

dove:

d l-. CJ I-;

Zm :::::: -;-- (Po) t'l + ... + -.::\ ~ (Po) in

U:Cl OX)).

Esempio 1. Sia f: m,2 __,. IR3 la funzione clefinita. da.

J(x,y) :::::: (x:l, xs], X + y)

e sia Po = (1,2). Determinare dpo J.

Solazionc. Per definizione dpo J e 1 'appli cazione lineare m? _,.]R3 associata allarnatrice JPoJ. Si ha:

( L.r 0)

Jf= i .~

Si ha dunque:

V-38

Escmpio 2. Si e visto ncl corso di Arialisi Matcmatica I che il differenzia1e in Xo di una Iunzion e f eli UIl;:), variabile C la Iu nzione

d~,o f : III ~ Hl

definita da: (dxo J)(II) = J'(xo) h.

Questa. definizionc coincide con quolla vista p1'1111a. Infat ti In questa caso J J e la matrice 1 x 1 (J'(xo)).

Esempio 3. 11 differenzia.le dcllapplicazione li ncare r.p: IRn --;. ffim coincide con ip . Infatti J!.p e la m atrice associata a r.p risp et to alle basi canoniche (dr. 3.9).

Eseuipio 4. Sia Pi: JR'I ---+ 111 1<1 i-esima Iu nzione coordinata (definit a da Pi(Xl, ... , xn) = xd· Il differenzi ale eli 1'1 coincide con ])i, in quanta Pi e lineare.

Es€mpio 5. 11 differenzia.le eli una [unz.ione cornpost a Jog e uguale alla composiziane dei rispettivi differenzia.li. Precisarnen te:

Cia segue subito dal tcorcma 3.11.

Not ezione. Se f: J ~ III e 11l1;'! Iunziono di 11 va.ri ahili si scrive

. of oj

dpo j = -;:;- (Po) d.tl + ... + ~.:) ~ (Po) dtc.;

uX 1 (JXn

Diamo ora il teorerna fonda.mentale sui differenziale: si tratta di un primo teorema di approssimazione per funzioni di pill variabili. Si noti che richiediarno che J sia di classe C1 (conti nua con Ie deri vat.e parz.iali ].

4.4 Teor e rna (fonda.mentale s\11 diffcrcnzialo ]. Sin I: J ~ ITl1H una [uiizione

1 . 1 {11 J fini II ' . . In Il S' . . lIS" /

c z c .asse L- C e iniia 11,e·· uist enic J C .' »ia Po iniertio 0(. . Z ui

allora:

(4.1) f(P) = f(Pol + (dpo f)(P - Po) + o(IIP - Poll)

dove P uarui in uri intorno di Po conienuto in 1.

V-39

La (4.1) si p uo anche scri vcrc cosi:

(4.1 )'

I· III(P) - I(Po) - dpo(P - Po)ll

lI11 = 0 .

P-Po liP - Poll

Cio vuol dire che "vici no a Po" la funzione f si puo approssim are con una. funzione polinoruiale di prime grado (cioe f(Po) + (dpo J)(P - Po)) con un errore che e trascurabile rispct to a liP - Poll pcr P --;. Po.

Defillizione. Se vale la (4.1) 0 la (4.1)1 cliremo che f e difJerenziabile in Po.

Osserva aione. Nel corso di Analisi I si e visto che, se l a funzione di una variabile y = f(x) e derivabile in Xo, allor a I e diflerenz ia bi!e, cioe si puo scrivere:

e viceversa.

It facile vedere che 10 st.esso vale per vct.t.ori varia hiii (cfr. cap. IV), mentre la situazione in geuerale e piu coruplicata. Se f: 1 ~ lflrl _, mm e dotata di derivate parzi ali in Po E I, allora si puo dare forrna lment.e la definizione di differenziale, usando la matrice jacobiana, ma il t.eorerna eli approssirnazione valido in una variabile richiede, per essere vera, ulteriori ipot esi. Cioe, in pill variabili, occorre distinguere net tamen te la differenziab i lit::l dall 'esisten z a cl elle cleri vat.e pa rzi ali. In effetti la d ifferenaiabilita si ha cer tament.e se I e eli classe el, mentre puo venir meno per funzioni solamente dot ate eli derivate parziali.

Escrnp io 1. Sia I: rn.? _, IR la Iu nzionc clefinit a d a

1(;1;, y,':) = sin(;tcY+~)

e sia Po = err, I, -1). Si h a allora:

of 81

(dpo f)(tl' t2, t3) = ~ (Po) tl + -8 (Po) i2+

Ox . y

Per 4.4 si h a:

1 ( P) = f ( Po) + (d r; f) ( P - Pn) + 0 ( II P - Po II)

e quindi sostituendo:

1 ( z , y, z ) = f ( rr , 1, - 1) + ( - (.r - iT) - (!J - 1) - (.: + 1)) + + o( J (x - n ) ~ + (y - 1) ~ + (z + 1 f =

= 2 iT - (x + y + :;) + 0 ( J (;r - rr ) 2 + (y - 1) 2 + (:: + 1) 2

V-40

Quindi la Iunzione f si puo a.pprossi mare (per P ~ Po) con la funzione assai pili semplice , data d alla formula u(x,y,::) = 271" - (x + y + z ). L'errore che si commette considerand o !1(P) invece di f(P) e trascura.bile rispetto alla distanza. di P da POl quando P ~ Pu.

Esempjo 2. Sia f: III -+ m? la. funzione definita d a:

f ( t) = (cos t , si nt, t) .

Allora si ha

J(t) = f(O) + (do J)(t) + oCt) = (1,0,0) + (0, t., t) + o( t) = (1, t . t) + a( t) .

Cioe: la Iunzioue f si puo ap prossi marc, in un intorno di 0, con la funzione data dalla formula. 9(1.) = (1,1,1.). L'crrore commesso ncllapprossimazione e tr ascurabile rispetto a f. (per t. ___,. 0).

Esempio 3. Sia f: JR2 -+ IR3 la. funzione defin ita cia.

f(1I.,11) = (1/2, l/V, 1I+V)

e sia Po = (1,2). Si ha. allora

e quin di

feu, v) = f(l,2) + (2(11 - 1), 2(u - 1) + v - 2, U + v) + o()(u - 1)2 + (v - 2)2 .

Cioe:

(11.2, UV, 11. + v) = (1,2,3) + (2u - 1,211 + v, 11 + v) + o( J(u - 1)2 + (v - 1)2) = = (2u) 2u+v+2, u+v+3)+o(j(u-l)2+(v-2)2).

Cioe: 130 funzione J si pUG ap prossi m a.re. in u n intorno d i POl COIl la funzione data dalla formula s'», I') = (2'11,211 + U + 2,11 + 11 + 3).

C. LA FORMULA Dr TAYLOR

La formula di Ta.ylor permet te di approssimare una funzioue can una

funzione polinomia.le eli grade p. Qua.n to pill grande e p ta.nto migliore

V-41

e lapprossimazione. Questa formula generalizza. il teorerna del valor medio (caso p = 0) e il teorema fonda.menta.le sul diflcrenziale (caso p = 1).

La formula di Ta.ylor si puo espri mcre in vari modi diversi.

Noi la presentia.mo esclusivameute nel caso p::::: 2 (approssimazione del secondo ordine), omettendo la. dirnostrazione (che si riconduce alle funzioni di una sola variabile).

4.5. Teorema (formula. eli Ta.ylor con le derivate direziona.li). 5ia f: I __..;. TIl una funzione C3 definita nell 'ape/to I di Ilt" e siano Po P due piuiti distinti eli I tali clie if seqmenio Po P sui tHUO contetiuto ui I. Sui

P - Po

u = Allora esist.e un ]Junto Q del seqnienio Po P (dive/so do.

liP - Poll

Po e do. p) tale clie:

. (U· 1 d'.!. f ')

f(P) = J(Po) + dn (Pu) lIP - Pull + 2' dn:! (Pu) liP - Poll- + R'2

dove:

Questa teorema permette c1i approssiruare una. funzione con una funzione p olinomiale, e di dare una. espressione dell 'errore commesso (cioe di R2) che in vari casi permette eli val u tare I'errore. Inoltre l 'errore R'2 e sempre trascurabile rispetto a. liP - Poll:! per P ~ Po·

4.6. Formula di Teylor in due vtll'iflhili con le derivflte parziali

Usando I'eserupio del n. 3.18, esprirni amo lao formula precedente con le derivate parziaii, fermandoci 31 secondo termine (e tenendo canto del fatto P- Po .

che u = liP - Poll):

8f oj

f(x, y) = f(xo, Yo) + -,' (.ro, iln)(:r - .ro) + -.~ (.ro, !In)(Y - Yo)+

d,t: 0,1}

1 [8'2 j 'J o:! f

+ 21 a 'J (;1:0, yu)(.t - l:O)- + 2 ~ .. -.)- (.to, Yu )(.t - xo)(y ~ Yo)+

. x- it» (i Y

82 f . "!]

+ 8y2 (:ro, Yo)(!) - !)o)- + i?2 ,

dove R2 = o(IIP - Poll:!)·

V-42

Esempio. Sia f: ffi2 ---+ lIt la funzione definit.a ela f(x,y) Po = (0,1). Si h a all or a:

Osservazione 1. Mentre 11 diflcrenz iale permette eli approssimare il grafico di una funzione eli due variabili COIl un piano, la formul a eli Taylor, arrestata al secondo terrnine, permette eli a.pprossi mare i1 grafico con una quadrica.

Osservazione 2. II termine cornplossivo eli secondo grado nella formula di Taylor altro non e che (1/2!) (forma quadratica associa.ta alla ma.trice hessia.na Ho = H(xo, Yo)). Siccome inoltre il termine di primo grado e il prodotto seal are fra grad (J(xo, yo)) e il vettore (x -;1;0, Y- YO), la formula. S1 pu o quindi scrivere nel modo seguente:

f ( x) Y) = f ( x 0 , Yo) + (gl' ad (f ( ;r 1I , !/D )) . (:r - x [) I lJ - ,I/o) + ( 1/2!) q Ii 0 (x - x o , Y - yo) .

4.7. Formula di Teylor can del'ivate ]Jc1l'ziali in gcnerHle

Vale il seguente

Teor erna. Con Le ipot.esi di 4.5 jJonurnw P = (:tl,".,Xn), Po = (a.l, ... ,On). Si lui aflora:

af 3f '

f(P) = f(Po) + -a (Po)(Xj - ad + ... + -,~ - (PO)(.l:n - (/n)+

Xl OXn

dove:

V-43

5. Massimi e mi n irn i relativi

In questo para.gra.fo applichi a.rno risult ati prcccde nti alla ncerca dei massimi e minimi relativi.

5.1. Definizione (eli rnassimo e eli minimo relativo ). Sia f una. funzione eli n variabili a valori reali dcfin i t a nell 'i nsiemc I C 111.n. Si dice che un punta Po e eli tnassinio relaiivo 1)(1' J in. ! so:

a) Po E I

b) esiste un intorno U di Po tale cho f(P) < f(Po) per Oglll PEl n u.

La dcfinizione eli rni ni nio rcla.t.i \'0 C a.n aloga.

Questa definiz ione non h a seuso per Iunz ioni a valori in IRH, se n> 2,

5.2. Teorema (annullamento del gradientc nei punti eli massirno e il11111mO relati vo interni 31 dominic di f). Sia f una [unziotie deriuabile definita nell'insieme Ie IRn e sui Po un pimto i nt er no ad I. Se Po e u.n pusito di massiino 0 tli minima relative si Ira:

graclpo f = (0, ... ,0)

cioe:

of -.--(Po)=O; aXl

()f

, .. , ~.~ - (Po) = 0 oc 11

Esempio 1. Si a f: m2 -,Ill [a.funz.ionc clcfinita d all aIorruula f(x,y) = x2+y2. E chiaro che f(x,y)::: 0 per ogni (x,y) e de 1(0,0) = O. Quindi (0,0) e



un punta di minima assolu to (in pa.rticolarc rela.ti vo ) i n tcruo al dominic di Si ha inoltre:

iJj

-._ ( .r , !!) = :2.( C)J'

df .

-~ ( .r IJ) := :21)

dy " .

e quiudi , in accorrlo Call 5.2:

81

~ (0,0) := 0

u;r

of

~._ ( 0, 0) = U . ay

Esempio 2. La funzione f dcll'cscrupio prccedcnte no n h a punt. eli massim o o di minimo relative di vcrsi d a (U,O). In Iat ti non csiste nessun punto di IR? in cui le due derivate parzial: eli 1 si an uullino contcmporaneamente.

V-44

Esempio 3. Sia J: Hl~ ~ Jll la.funzi o ne dcfinita clall a formula J(x, y) = x'.!._y'.!.. Allora si h a

grad(o,OJ J = (0,0) .

Tutt avia (0,0) non e u n pun to eli m assimo nc eli minimo relative. Infat ti I{O,O) = 0 e in ogni intorno di (0,0) la funzione I assume valori posi ti vi e nega.tivi (per x = 0 e y"# 0 valori negativi , per x#-O e y = 0 valori positivi).

Definizione. Un punta Po intcruo al dominic eli f e ta.le che gradpo I = 0 si chiama. puriio di stazionarieui eli f. Un punto eli staziona.rieta che non sia

ne di m assi mo ne eli mi ui mo rclat.i vo si chia.nia an chc puiito di sella.

Dimostraziolle di 5.2. POll i a.mo Po = (a[, ... ,on) e sia f£ la funzione eli un a variabile definita dal la formula

Ii ( ;1' d = f (a 1, ... , o i-I , Xi, rr i + 1 , ... , Un )

(cioe: consideriamo I come fu nz ione clellasola variabile :1:i, flssan do per Ie rimanenti variabili le corrisponclent.i coordinat.e eli PI1). Poiche Po e interno ad I, la funzione Ii e definita in un intervallo apert.o contenentc (/1:' Iuol tre se I lia un massirno 0 un minimo relativo in Po 1 e chiaro che Ii ha u n massimo 0 un minima relative in

oj

ai, quindi OXi (Po) = O.

Vediamo ora come si fa a ri conosccre i punti eli m assi mo e minimo relati vo e i punti di sella. t ra i pUll ti in cui il gradicn te si ann ulla..

5.3. Teorema (usa della ma.tri co hessians p er nconoscere i m assi mi e i minimi relativi e i punti eli sella). Si« J 11110 [unzione di n »ariobili definita in 1 C ITC"!. Sui Po lin punta inferno ad 1 f supponiamo che J sia C3 in, 'Un uiiorno di Po, e clic grad ell f = O. Sin injin« H = H PI) J fa matrice liessiana eli J i71 Po. Si lin ([!10m:

a) se gli auiovalori (11: Jj sotio t:1I II. i (sf Fe U{J men. t c) positivi, Po e uri punta
di minimo relaiivo;
b) se gti auioutilori di H sono tutti [streiitimcnt«] ncqaiiui, Po e lin. punta
di tnassimo relat iva; c) se H ha almena un aulouolore [stretiamcnt e} posiiiuo e uno (strettamente) negativo, Po e un punto eli sella.

V-45

Osservazione 1. Poiclie f e C3 la rna.trice H e sirnmetrica e quindi ha tutti gli autovalori rea.li. Perta.nto il loro segno si puo trovare applica ndo il teorerna di Cartesio al polinomio caratteristico, senz a uecessariament.e risolvere I 'equa.zione.

Osser-vaz ion e 2. Se gll autovalori eli H sono in parte zero e i rimanenti sono tutti positivi (0 tutti negativi ) il teorerua precedente non dice nulla.

Esempio 1. Sia f: IR2 ~ III 1£1 Iu nzione defini ta d a: si ha gradpo f = ° solo per Po = (0,0). Inoltre

(2

n-; I = o

Gli autova.lori eli quest". mat rice S0110 positivi e quincli Po e un punta di minima relativo. Cia r in accorrlo COIl 5.2, escin pio 1.

Esempio 2. Sia f : Ill? ~ III la Iu nzionc dcfi nit.a d a: }'(.1;, y) = x2 ~ y'2. Allora. si ha: gradpof= (0,0) solo pel' Po = (0,0). Iuoltrc

(2 0)

H Po I = .

o ~2

Gli autovalori di questa. mat rice sana positivi C'! negativi. Quindi Po e un punto di sella. Cia e in accordo con 5.2, esernpio 3.

Esempio 3. Sia. f: m,'2 -. III la funzione defi nita da: f(x, y) =::: x'2 + y3. Alloia gra.dpa f = (0,0) solo pCI' P« = (0,0). Inoltre gli autovalori della matrice hessiana sono 2 e O. Quinc1i il teorern a 5.3 non e applicabile. Si vede tuttavia dirett amente che f assume valor: positivi e ncgativi in ogni intorno di Po. Quindi Po e un pun to di sella.

Esempio 4. Sia f: IR2 -+ ffi la funzionc dcfinita da: f(x,y) = x2 + y4. E chiaro che (0,0) e un punta di minimo. Tut.tavia gli autovalori della matrice hessiana sana 2 e 0, quindi anche questo caso 110n ricnt ra uel teorern a 5.3. Si confronti anche can I'esernpio p ror odo i1 teo

Per le funzioni di clue va.ri abili il tcorcrna 5.3 si p u o seruplificare cosi:

5.4. Corollario (caso delle funzioni di d ue vari abili ). Si« f una [urizione di due variabili definita neli'insicnir 1 C Ill:!. Sin Po 11.n punio inieriio ad I tale che gradPaf = 0, e sin. J! = HPoI. Allora:

V-4G

- se det H < 0, PI) e uri puiito tli sella;

- se det H > 0 e fu(Po) > 0, P(J C 71n puuio (11: nunimo relatino;

- se det H < 0 e !u(Po) < 0, Pu f. un puni o di niaesimo rclatiuo.

N.D. Se det H = 0 il corolla.rio prcccden tc lion si p uo a.pplicare.

DimostraziollC. II polinomio caratt.eristico eli II e:

Se det H < 0, H h a u n a.utovalore p osi tivo e u no negati vo, quindi c 'e un punto di sella.

Se detH > 0 e f.rx(PU) > 0 si ha a nch« fyy(Po} > 0, quiudi ci sono due a.utova.lori positivi e Po e u n p u n to di iui ni mo relative.

Analogamen te per I "al tro ('(1;';0.

Osservazione 3. Si capisce I'i ntcrvcnto della. matrice hessian a in questa problema se si osserva che 10. [orm u la di Taylor si p uo scri vere usa.ndo la. forma quadratica associata alla mat rice hossia.n a c cho f(P) - f(Po), quando si annullino lc derivate parziali , diffcrisce dalla rtloUt. eli tale forma qu ad ra.tica per un infinitesimo eli ordine supcriorc (1.2.

5.5. Come si trovi1no i m assrm i c i lllillillli rclnt.iv: e i p n ui.: di sella Internl 81 dosniuio eli lwn fll1J7.imw ! eli )} vnl'inl>iji

- Si risolve il sistema in .tl, .",.7:)):

Df

-.-(.1'1,.",.1'71) = 0 o..

af

-.' - (.1' I , ... ,.1" 11) = () ii» )J

- Si considerano, t ra lc sol uzioni t rovato, solo quollc clio sono p un ti in ter ni al dominio di f.

- Si calcola la rna.trice hcssia.na eli fill Ogl11l110 dci pu n ti trova.ti.

- Si studiano i segni degli autovalori delle nia t rici rosi o u.euute (usa.udo even-

tualmente i1 teorerua eli Cartesio ) c S1 a.pplira il t corcru a 5.3.

- Per funzioni di due varia.bili si pUG a.p pl i ca.rc 5.4.

5.6. Alcuni esempi di l'iceJ'c<1 di ll1rlSsimi c lllilliI11i l'cbtivi

Esempio 1. Sia f: lR:.! ~ III la Iunz iouc defi nita d a: f(x, y) = x3 + y3 - 3xy. Trovare i punti di m assi mo e mi nimo relative e i p un ti eli sella eli f.

Soluzione. Trovia.mo dapprim a i p u n ti ill cui si an uulla.no le derivate parziali , e che sono interni al dominic di f. Si ha:

a f ( ) 3'J .)

- x) y =' x ~ - .j!J

ax

8f . ?

-;:) (x) y) = .3 y- - 3 x

U!J

I punti in cui si a.nnul lano cnt.ra.mbe le derivate sana (0,0) e (1,1).

Questi punti sana inter ni ad m:.!, q ui n di so n o cnt.rarnbi accetta.bili.

La matrice hessian a e

( (5.1:

JJI= ,

-:3

e q uindi si ha:

HeO,D) f =

(0 -:3)

-3 0

H(I,l]J=

( () -3)

-:3 G

11 p.c. della. prima m atricc (\ T"..'. - D (' qllindi gli autovalori sana uno

positivo e uno nega.tivo. Pertaut.o (0,0) e \11\ p u n to eli sella ..

11 p.c. della secon da m a.tricc c: T'.! - 1:2 T + 8, e quindi gli autovalori sana tutti positivi. Pertanto (1,1) c n n punta eli minimo relativo.

Non ci sono altri punti eli st.azion aricta..

Esempio 2. Sia f la Iunziouc di clue variauili dcGnita d alla formula:

f ( x , y) = log ( .1.: '.! + 11 '.! - 1) ,

Determina.re j m assnm e i minim: rol a.tivi eli I interui 31 pili grande insieme in cui f e defini t.a.

Soluzionc. Il pill grande insioruc in cui f c dcfiriit.a e: [= {(.t:,y} Em? I X2+y2_1 > a}. S: vede che 1 e cost.it.uito d a.i pllnti del piano In cui dista.nza d a (0,0) e > 1.

Si trattadei punti esterni alia. circonfcrcnz a cli equ azioue x3+y'2_1 = O. Le deriva.te parziali eli I S0110:

3J 2.1.:

~X(X1Y)=

v x2 + y'2 - 1

at '2y

o ;/ (:r, y) =

I~ ;z;'2 + y'2 - 1

V-48

(queste formule sono val ide per .r'2 + y'2 - 1 > 0). Le due derivate si annulla.no contemporanea.mente solo nel punto (O,O). In questo punto Ia funzione f non e definita. Quindi non ci sono punti eli massinio 0 minima relative.

Esempio 3. Trovare i massimi (' i mi ni mi relati vi della. funzioue f: IR3 --+ ITl 1 3

definita da: f(x,y,.:) ="3x +.l"y+:r.:+y.:.

Soluzione. J e dcfinit a su tutto IIl3.

Le derivate pa.rziali sono:

8f 'J

-8 (x,y,z) = x- + y + z x

of

-8 (x,y,.:)=x+z; y

8J

-8 (x,y,z)=x+y z

e consideriamo il sistema.:

;1::2 + .If + z = 0 .j' +: = 0 .t+u=()

Le soluzioni sono: (0,0,0) e (2, -:2, - 2), en tra.mbe accett abili trattandosi di punti interni al dominic eli f.

Calcoliarno le rnatrici h essiane. Si ha:

(2X

Hi = ~

1 o 1

o

11 polinomio cara.t.tcristico eli !fIII,OJI) I C _T:1 +;3T+ 2. Ci sono quin di: un au tovalore positivo e clue lIe,l~)l1i\'i. Il p un t.o (0.0.0) C du n que un punta di sella.

I! p.c. di H('2,-'.'.,-'..'.) C _T:1 + ·1T:2 + :3T - 2. Quin d i a.nch e (2, -2, -2) e un punta eli sella..

V-49

6. Massimi e m inirni vincolati (0 condizionati)

Sia f: 1 ~ lli" ~ IR una. funzione eli n. variabili (Xl, ... ,xn) dove queste ultime sono legate d a p < n condizioni, nel senso seguente:

esistono p funzioni gl,"" 9p : I ~ IRH --+ lH tali che si ab bia

(6.1)

g}' (x 1, ... , x rJ = 0 .

Cia siguifica che le n variabili non sono indi pcndenti fr a loro: usando l e p equa.zioni se ne POSSOllO (al meno teorica.mcn te) ricavare p in funzione delle altre n -]J, che sa.ranuo effettivamente indipendenti. In sostanza la. funzione f soggetta a p cquaz ioni di vincolo e in realta una Iuuzioue di n - p variabili soltanto.

Esempio 1. Sia data la funzione f(x, y, z ) = xy + z , dove le variabili so no soggette al vincolo dato da.ll'equazione g(x, y, z) = x - y + z = O. Cia equivale a. considera.re la funzione f(x, x + z , z) = x{:r +.::) + z , che dipende da. 2 = 3 - 1 variabili.

Se si vogliono determinare i m assimi e i rni nimi della funzione f sottoposta. ai p vincoli , 5i P1l0 proeeclere alla eliminazione delle p vari abili supedlue e ridursi a trat ta.re il problem a. per lao nuova. funzione di n - p va.riabili. Ma cio non e sernpre agevole.

Noi vogliamo deserivere qui, senza climostrazione, un metodo per determinare i m assimi e i minimi di una tale funzione f soggetta alle condizioni (0 viricoli ) (6.1), evitando, almena in un priruo tempo, l'eliminazione di variabili.

Si considerino dunque p paramctri )'1, ,,0,).1' (che chiameremo moltiplicatori di Lagrange) e si costr uisca la 11 uova funzione di 11 va.ria.bili

Si puo dimostrare che, se P e u n punto di massimo 0 di minimo relative per la Iunzione vincolata /, allora necessaria.mente in P si an uullano le derivate parziali di F rispetto allc variabili Xl, ... , X,] (rneutre ).11"" Ap sono considerate costanti).

S1 ha cioe (per ogni i = 1, ... ,n):

V-50

Abbiamo qui ndi un sistema eli 11 +]J equazioni (Ie (6.1) e le (6.2)) nelle n+p incognite )11,"".\'" X1"",:);n, che consente (almeno teoricamente) di determinare le coordinate dei punti eli stazionariet a, fra i quali si troveranno quelli di rnassimo e minimo.

Esempio 2. Sia data. la. Iuuzione /(:1.:, y, z) = xy + z, dove le va.riabili sono soggette al vincolo dato dall'cquazionc 9(X, y,.:) :::::: X - Y + z = 0 (si veda l'esempio 1).

Consideria.mo allora Ia funzione F(x, y,.:) = xy + z + .\(x - y + z) le cui deri vate parziali sono:

F; :::::: y +.\ , Fy = x - .\ 1 F, = 1 + .\ .

Si hanno allora le -4 eq uazioni:

y+.\=O, J:-'\=O 1+.\=0

.t-y+.:=u

che hanno come soluzione:

.\=-1, x=-l, y=l, .:=2.

Pertanto l'unico punto eli stazion arieta per la funzione F(x, y, z ) = I ( X , y, z ) - (x - y + z) = J: y - .1: +!J C P = (- 1, 1, 2).

Per stabilire sc P e efletti vaiucute u n m assi mo 0 u n minima condizionato per f(x, y, z) occorre t ut t.avia eli mi n are una delle variabili , tenendo conto dell'equa.zione eli vincolo

y = x + Z sostituito in I(x, y,':) d a l a funzione h(x, z) = I(:t, x + z , z) = x(x + z ) + z = :);'2 + XZ + z

Per x:::::: -1 e z:::::: 2 la funzione vale 1.

Consideriamo ora. le derivate parziali seconcle in x = -1, z:::::: 2:

h.r.r = L

II.!': :::::: J

liz: = 0 .

La mat rice liessi a.na h a due au tovalori eut.rarnhi stretta.mente positivi: si attiene un punta eli minima relative ( teo rema 5.3 a)). Quindi P e un miuimo relative vi neola.to per l a [u nzioue f.

V-51

Osserv8zione. In genera.le con lao tecnica dei moltiplicatori di La.gra.nge si ottengono i punti di stazion arieta viucolati per J; per decidere se si tratta di 111assi111i 0 minimi occorrono 0 ragionamenti diretti 0 l'uso dei teoremi sui massimi e minimi liberi, dopo aver elimi nato P varia.bili.

7. Esercizi

1. Studiare Ie curve di livello della funzione J: m? ---T III definita da:

j. ( ) .., r'"

x, y = x- - '2y- .

2. Che cosa e il grafico della Iunzione eli I?

3. Sia J la funzione eli due variabif definita dalla formula

f(x, y) = log(.r2 - 2:rll) .

a) Determinate il pill grande insicme 1 C ]]l:! in cui f e definita.

b) Calcolare Ie derivate parzi ali eli I, inclicanclo il pill grande insierne in cui sono definite.

4.

CJJ . oj

Sia f come in 3. Ca lcol are: a) 0:1; (.3,1); b) ay (-1, -1); c) grad(3,1) J.

5.

Sia f come in 3. Ca lcolare lc derivate seconcle eli I, iridicando il pili grande insieme in cui souo definite.

6. Si21 J 121 Iunzione eli due variabili clefinif.a dalla formula: J(x, y) = -Jx2 - y.

a) Trovare il piu grande insierne I in cui I e defiuit.a.

b) Calcolare Ie derivate parziali di I, inclicanclo il pill grande insieme in cui sono definite.

7.

1-.1 Sia I come in 3, e sia II = f?i

v2 definizione e usando Ie derivate parziali).

df

. Calcolare -1- (3,1) in due modi (con la ell

8.

dl

Sia J come in 3 e sia P = (3,1). Determinare il versore u tale che du (3, 1)

. .

sia massima.

9.

df

Sia f come in 3. Det.erminare il versore v tale che dv (3,1) sia muurna.

10.

df

Sia I come in 3. Dct.crminare j vcrsort 11 tedi clie - = o. du

31 - GRECO- VALABREG.A. - Lt'zioni eli algebrA iinc<lrl:' c' geomet.ri«, \'01. U

V-52

11.

3i + 4j d'2 J

Sia J come in 3, e sia u = . Calcolare -r, (3, 1).

5 dll-

12.

:. 3

Siano f: III _, m. c y: 111- TTl le fuuz ioni definite dalle formule:

j(x, y, z ) = x:' ~ 3y - z

g(t) = (t'.!. -I, 2t, sint).

. . d(J 0 g). .

Calcolare in due modi (sostit.uerido e derivando; usando l a formula).

cil

13. Siano J: ffi3 --+ IIl3 e g: IR3 --+ m? le fuuz ioni definite da:

J(x,y,z) = (xy,.:'2, 2 - x)

g(ll,V,w) = (sin u , u+v+w2).

Calcolare: ) J; )9; )(g 01).

14. Sia J come in 13 e sia Po = (-1,1,2). Calcolare

e

( d Po f) ( 1 , 2, -1) .

15. Siano j e 9 come in 13, e sia Po = (-1, rr , 2). Calcolare

16. Trovare 1 massimi e minimi rclat.i vi e i pu n t.i di sella della Iunz ione J : Ill'.!. ~ ill 4 :2

definita da: f(x, y) = xy + ~ + - .

J: 1J

17. Trovare i massirni e minimi relat.ivi e i punti eli sella della funzione f: IR3 ----r IR definita da.: f(x, y,::) = (.r:! + y'.!.)'-'. +.:::' - .l·Y·

18. Siano /,9: Ilt" --+ IR" due Iunzioni Cl tali che (j' 0 g){P) = P per ogrn P eli un intorno U eli Po. Dimostrnre che

19. Sia. / una funzione (1 di due va riabi li, e sia y = y(:r) una Iunz ione C1 tale che /(x, y(x)) = a per ogni x appart.enente a un certo intervallo aperto 1. Dirnostrare che 5i h a:

8f /8f

y'(:r) = --;- (.1:, y(.1:)) -8 (x 1 y(x))

o x y

per ogni punta x E J in cui la formula h a sense.

V-53

8. Elerne nt.i di geometria differenziale delle superficie

Ricordiamo che una su p erficie 5 clello spazio a tre dimensioni puo rappreseut arsi in due' modi:

P modo: S = luogo dei pu n ti P = (x,y,z) tali che i(x,y, z) i(x,y,:::) e una fu nzione Ill3 -----TIl;

20 modo: S = immagine di una. funzion e i: I S;;; Ill:! ~ 1R3.

Per quanto riguarrla il primo modo, ah biamo visto molti esempi nel cap. II (piani , sfere, quadriche ecc ... ). Qualchc esempio di superficie data nel secondo modo si e pure vista nel cap. II (coni e ci1indri in forma pararnetrica].

Cominci a.mo can 1 'csarni 11a.1'C a, Ion do ill 0 modo.

0, dove

8.1. Superficie in forma cartc.si:ll1F1

Sia 5: f(x, y, z) = 0 una sup crficie in forma ca.rtesiana., dove f e una funzione Ceo di JR3 in JR. Se Po E S' e inoltre gradpo(f) #- 0, si p uo definire il piano ta.ngente a S in Po nel modo seguente,

Si consideri una, qualsiasi curva regolare L contenuta. in S e passante per Po, di equazioni P = P(t) = (:1:(t) , y(t) ,.:(1.)). A1lora L e dotata di retta tangente TI: in Po. Al variate di L su S ottenia.mo infinite rette. Vogliamo provare che tutte le rette 1'1: son a compla.nari e inc1ividuano un piano, detto tangente a S ill n), III p ri mo J\logo si hel;

Teorema. Sia 5 una superficie eli eouazione f( x, y, z ) = 0 e Po E S uri punio tale che gradpo f =I D. Sio poi L: P = P(t) = (x(t), y(t), z(t)) una curua reqolare conienuia in S e passcnie per Po = P(to). Alfaro. gradpa f e ortoqotiale alia retia 1'1: t.arujenie a L in Po.

Dimostrazione. Poiche L gi(j((~ su S, si ha: f(:l.'(t), y(t), z(t)) = a per ogni t. Deriviamo ora. la funz ionc co m posta F(t) = f(x(t), y(t), z(t)) che, per quanta detto, e idcntica.mentc nulla eel h a pcrtant.o derivata. nulla:

o =: (!!_ F(t))

dt to

(Of) (d:1.:) (Of) (elY) (Of) (dZ)

0:1.: Po dt to + ay Po cU to + fJz e; dt to

cioe:

0= (gradpo f). (x'(t) !f'(t.) , z'(t.)) = (gradpo f), (PI(tO)) Dunque PI(tO) e gl'acipo f sono ortogona.li.

V-54

Corollario. Le tnrujenii in Po aile curve reqolari conienuie in S e passanti per Po quicciono nel piano per [Jo C ort.oqonalc u graclpo J.

Resta pe rcio giustificata. la scguen te:

Definizione di pi<ulO tnngeni e. Se S h a eq uazione J(x, y, z) = 0, dove J e tale che grad Po J i 0, allora il piano tangen te a J in Po e il piano per Po ortogonale a gradpo t, pertanto 7r contiene le rette tangenti alle curve regolari L su S per Po (cfr. quanto eletto a. proposito delle quadrich e nel cap. II).

Equazione del piano larujenie:

(8.1)

(graclpo f) . (P - Po) = 0

ovvero:

(8/) (af) (8/)

ax Po (x-xo)+ ay Plj(Y-YO)+ ()Z Po (;:;-zo)=O.

Esempio 1. II pi ano tangon to (Ill a fill P orf r i C' sf C'ri c a S : (:r - 0' f + (y - 13)2 + (z _,)2 = R2 III Po = (xo, YO,zo) e:

2(xo - a)(x - ;1.:0) + 2(yo - ,!3)(y - Yo) + 2('::0 - "y)(.:: - '::0) = 0 .

Esempio 2. Sia S la sup erficie eli equ azionc xy'}, - z2 = O. Si ha: gradpo f = (V6, 2xoyo, -2zo), dove (xo,YO,':-o) = Po·

Pertanto nei pu nti eli coordinate (XCI, 0, 0) su S il piano ta.ngente non esiste perche gradpo f = O. Invcce in Po = (0,2,0) h a cqu azione 4x = O.

Esempio 3. Sia J{x,y,':) = 0 una equazionc polinomiale che definisce una su-

perficie pa.ssa.nte per ]'origine O. Cio sigriifica che f(x, y, z )

ax + by + cz-} termini eli grade > 2. Pertanto si ha:

(8f)

ox (0)=0,

e quindi il pia.no tangente a. 5 in 0 ha equazione: ax + by + cz = 0, cioe si ottiene annullando i termini eli pri mo grado.

V-55

8.2. Superiici l'cgoial'i in forma c<:ll'tcsirtJW ;; = f(x, y)

Se la superficie S ha equazicne :: = jt», yL allora il piano tangente in Po == (xo, Yo, zo) == (xo, Yo, f(xo, Yo)) ha equazione:

(af) (8J)

- (x~xo)+ -. (Y~Yo)~(z~zo)==O

ax oy

(Xo,Yo) (rO,yo)

af

in quanta I'equazione si puo scrivere f(x, '11, z) == f(x,y) ~ z = 0 e - == ~l. oz

Pertanto si ottiene:

z == f ( x 0, Yo) + (~ ~) (x 0 , Yo )( x ~ x 0) + (~ f) (x a 1 yo) (y ~ Yo)

01 oy

8.3. .Iuret-pr-ccaz ione geoniet.rice dni llwssillli c milliJlli

Sia f una Iunzionc C1 eli due varia.hili e sia Po un punto interno

al dominio in cui gradpo f == O. Allora il piano tangente al grafico nel punto corrispondente a Po ha equazione

z = f(Po)

e quindi e orizzontale.

Inol tre si lia:

Po e un punto di minirno relative se e solo se c'e u n intorno di Po tale che il grafico della. Iunzioue rist rct ta a q uesto i ntoruo e tutto al di sopra del piano tangente al grafico in Po. Aualoga.iuen te se Po e un punto di massimo relativo.

Se invece il grafico e , in qualunque intorno eli Po, parte al di sopra e parte a1 di sotto del piano ta.ngen te, Po e un pun to di sella.

8.4. AppJjcRzione alJe curve del piElllo e della spnzio

Abbiamo vista nei cap p. I e II chc u n a. curva piaua si p uo rap presentare mediante una equazione [i», y) == U C u n a cu rva spazi ale rnecliante 2 eq uazioni: g(x, y, z ) = h.(x, y, t) == O. Cerchia.mo eli scri vere eq uazioui per lao ret ta t angen te in questi casi (noll compresi nella tra.tt.azione del cap. IV).

Caso 1. Sia E una curva iutersezionc della sup erficie 51: g(x, y, z) = 0 e della superflcie S2: h(x,y,z) == O. Sia Po = (xo,yo,zo) un punto di L; allora

V-56

la tangente rc a £ m Po se esiste appartiene al piano Jrl tangente a 81 in Po e al piano Jr:? ta.ngente a S'2 in Po. Se 7f1::J Jr2, allora 1'1: = Jr1 n 7f2, ewe:

1'1: :

(8g) (ag) (8[1)

- (x - X 0) + ~ (Y - Yo) + - (z - Z 0) = 0

ox Po ay Po f)z Po

(Oh) (all.) (ah)

ox (x - xo) + 8 (y - Yo) + 8::: (z - zo) = 0 .

Po y Po Po

Esempio. La ret ta T tangen te j n Po = (1, y'2 , 0) al cerchio di eq uazioni: x - z - 1 = x2 + y2 + (z + 1)2 - 4 = 0 ha cquazioni (rieardando ehe Jr1 = 51 essendo 51 un piano):

{X=Z+l

2(x - 1) + 2V2 (!f - J2) + 2.: = 0

. ,

cioc:

Osservezione. Se 71'1 e iT2 sana coincidenti CI vogliono altri metodi, come pure 5e iT1 0 iT2 non esist.c.

Caso 2. Sia E la curva del pi a.no di ert u azicne J(.r 1 Y) = 0 (riel piano xy). Si puo consider are E come in tersezione del piano 51 : z = 0 e del cilindro 52 : f(x, y) = 0 che la proietta. parallclamente all 'a,sse z . Perta.nto

{Z=O

1'1: = aJ of

( 0 x ) (x - X D) + (a) (Y - Yo) = 0 .

Po y Po

Dunque, sul piano :qJ, 1'1: e ortogonale al vettore (Of Of)

ax ' oy Po

gradpo f. Pertanto E h a tangen te se e solo se grad Po f ::J O.

OsservClzion€ 1. Si vede subi to che ]a normale pri ncipale a L III Po ha

equ azron e

(Of) (iJf)

-. (x - x 0) - -, (!J - !io) = 0 ,

oy ax

• Po Po

in quanta deve essere ortogona.le a 1'1: e quindi parallela a gradpo f.

V-57

Esempio. Sia L: X2 + y2 -1 = 0; la ta.ngen te a. L in Po = (1,0) ha equazione: (~~)(110)(X-1)+(~~)(1,O)!J=O, cioe: x=l. Lanormalein Po ha equazrone: y = 0 (si noti che passa per il centro (0,0) della circonferenza

c;

Ossel'vazione 2. Se L: I(.'t, y) = 0 passa per 0, la retta tangente in 0 ha equ azione:

Sia £ un a curva algcbricaf cioe f cunpohnom,io): !(x,y)=alx+ b1 y + hex, y) + ... + fTl(X, y) dove GJ e bj non sono entra.mbi n ulli (perche (aI, bI) = grado(J)) e 12, '''' In sana rnouomi di gra.do 2, "'J n. Allora 'L: al x + b1 y = O.

Pertanto la tangente III 0 si ott iene aunullando j termini di grado 1 (in J(x,y)).

8.5. Superfici regolari in forma pfll'ametl'ica

Nel cap. II abbiamo introdotto il concetto eli superficie S III forma parametrica cioe:

5 : P = P ( u, v) = (,r (li , v) , y ( 'U, v) I z ( 1/, lJ )) ,

dove il punta (u,v) variera do ra ill poi in u n ap er to U di JR2. Quindi, se P e una. Iunzione di due variabif a. valori ill m?, P{lI,V) varia sopra una superficie S della spazio.

Deiinizione. s: P == Pi u; v) si eli ce rcgolare sc

A. P e inietiva;

B. P e di classe Coo;

C. la matrice jacobi ana

(,1:11

J ( tz , v) P = :'11 -11

;LV)

Yv

-v

ha ra.ngo 2 ovunque, cioe dctcrmiiu. seniprc una applicazione lineare iniettiva.

V-58

Osservaaione imp0l'tante. Sopra una sup crficie regal are S i due vettari Pu = (xu,yu,zu) e P; = (xv,fJu,':v) non S0110 paralleli in alcun punto della superficie (e nessuu o dei due e m ai il vet tore nullo}, per la condizione C.

Esempio 1. Un piano della spazio si puo esprimero in forma parametrica cos}:

P =.w + tv; + Po

dove v e W SOIlO due vett.ori non parallcli.

E ovvio che P = P(s, t) e continua e ceo, Iuol tre S1 ha:

P" = v ,

quindi P~ e P, non sana paralleli, cioe lao condizio ne C e soddisfatta.

Perta.nto un piano e una su pcrficie regoln.rc.

Esempio 2. S: (x, y,::) = (U.U(1, (,,::) non e rcgolarc pcrche non e in iet ti va: infatti P(O,l) = P(O,-l) = (0,0,1).

Esempio 3. 5: (x, y, z) = (t cos 11 1 t sin 11 1 1I3) can -if < II < if, -00 < t < +00, e iniettiva rna non regolare, perclie la m atrice jacobian a in t = 11 = 0 ha fango 1:

8.6. Curve regolari soprrt lInn sn p crHcie regolnrc:

Sia 5: P = P(11., v) una, sup orficic rcgol arc e [.: P = P(vo, v) (ov vero P = P{lI, vol) una. curva coordi n a.t a..

Allora P e iniet tiva e eli classe eCD e inoltre la condizione C sull a superficie irnplica che ri«, v) (risp. PI(U, vo)) non e m ai nullo, in quanta:

(()(P(,l/.,V)))

pi ( t10 , 'tJ) =

cJi'

tI = U tl

Pertanto E e regolarc. Pi u in genera.Ie, si a. E equazioni par ametriche:

II n a ell rva L ra cc i a.t.a so pra

S

,

defini ta dalle

L: P = P(n(t), v(t))

V-59

cio significa che il punta Q:::: (u,1I) varia 111 Iu nzione del parametro t e quindi P e funzioue comp ost.a eli t a.tt raverso 11 e 1). Se la curva piana L' : Q:::: Q(t) = (u(t) ,v(t)) e rcgolarc, allora a.nche £. e regolare.

Infatti Ie condizioni sulla inict ti vi ta e la classe Ceo sono chiare; per quel che riguarda. il vettore tangente a [" si lia (per lao formula. di derivazione delle funzioni composte):

(8.2)

elP du. dv --p-+p-

d! - H dt v dt

che non e mai nullo p erche Pu C Pi! non S0l10 m ai paralleli.

Esempio. Sia. 5: (x,y,z) = (11,[13, lI-lI) una superficie regolare e E' la curva piana regolare di equazioni:

u = :3t

v = t'J .

Allora la curva £.: P = P(t) = (:1t., 11), 31 - f:!) e tracciata sopra 5 e regolare. Infatti si ha:

dP r;

-I = (:), ()t", :3 - '2 () t- (0, 0, 0) 'r;f t .

iu

8.7. 11 piano ta.ngentc a una SIJI)(~l'ficic vegolnro

Sia 5: P = P(1/.,v) una superficio regolare c Po = P(lI.o,vo) un suo punta. Voglia.rno qui introd urre i1 piano taugeutc come si e fa.t to in B.1 per le superfici in forma. cartesian a.. Occorre premet tere i1 seguente

Teorema. Sia [,: P = P(lI(t), u(t)) una curva reqolare tracciaia sopra 5 e passante per Po; allorti fa retta uuujenie a [. in. Po giace ne! piano If genera.to dalle rette tanqenii aile CUf'1!f coordinate eli 5 per Po.

Dimostl'azione. Discendc d alla (8.2), dove si affcrrna che il vettore PI(t) e cornbinazione linea.re di PH e PI" cioe dci vettori paralleli alle rette 1'u ed Tv tangenti alle linee coordinate.

Resta dunque giustificata la segucn tc:

8.B. Definizione (di piano tangen\e). 1.,( rett c taJ).r;enti alle due curve coordinate P = P( tio, v) e P = P("lI, t'D) '<;{Jp{n S passnnt! ]JeT' Po uuiiuuluano il piano tanqetite a 5 in Po.

V-50

Regola pratica per scriven: un'equazione del piano iutujcnie it a S in Po:

7f : (P - Po) . Pu 1\ P; = U ,

cioe, in forma. cartesia.n a:

x - Xu Y - Yo :: - ::0
(x" ) Po (y,,) Po (zu ) Po =0
(xv)PQ (J/v ) Pu (zv)Po Esempio 1. II piano ta.ngente a. S (x,y,z) Po = P(1, 1) ;::: (0,2,0) ha equazioue:

z

X

y-2 2

1

1 = 0 -3

1 -1

cioe:

I.V - "iy - ;L- + 4 = 0 .

Esempio 2. Se J e una circonferenza con tenuta nella. superficie sferica S e Po E" la tangente a. J in Po e con tcn u t.a nel piano t.angente a S in Po.

Osser vaaione 1. Il differenziale eli P = P(U,l1) ill (UO,110) e lapplicazione

lineare:

(d(u01vO) P(u, V))(5, t) =

(ax ax ;)y ay az OZ )

au (uo, VO) 5 + a'i (UD, vo) t , -.-- (1IO,lI(1)!:i + -.' (110, uo) l , -.-- (uo, va) 5' + -;:) (uo, va) t .

< ilu () /: chi ou

Se la matrice ja.cobiana.:

Xv)

Yu

Zv (uo11io)

ha ra.ngo 2, si puo consi deraro il piano eli equazioni parametriche:

{X = .1: ( 11 0, 1'1)) + X 11 ( 1I 0, 110) s + .1: v ( 11 0, Va) t

rr : y = y( 11 0, lIu) + 111, ( liu, (10) .5 + flu ('lI u, va) t

:: = ::(liu, lIll) + ::£1(110, uu)·~ + ::v(uo, po) t

V-51

Tale piano 7f e parallelo 31 vettori P; = (xu,yu,zu)(uo,vo) e Pv = (xv, Yv, Zv )(uo, va) e pertanto e il piano tangcnte. Resta d unque interpretato il differenzia1e in termini geometrici di piano tangente.

Osservaziollc 2. Ana.loga ill tcrprct.az ion e si pu o dare al differeuziale di z = f(x,y) in (xo, Yo). In efTetti (d(.TII,Yo)f)(1I.,v) = (~~) 11 + (~f) v,

(.l..'o,Yo) y (Xo,Yo)

mentre z = Zo + (~~) (J: - :1:0) + (~~') (y - YO) e l'equazione del

(l'O,YO) j (l'O,Yo)

piano tangente.

8.9. Angelo tra due cur-ve eli n n a Sllpcl'ficic

Siano £1 DJ. due curve e sia Po Ull pun to eli entrambe. Diremo che £1 ed £2 formano 1/./1 angola (J in J~u se lc ta.ngenti ad £1 ed £2 in Po esistono e formano un a.ngolo o .

In particolare se o· = IT /2 eli rcrno ch c E 1 ed DJ. sana orioqonali in Po. Inoltre £1 ed £2 sana tangenti in Po se e solo se a: = O.

Questa nozione si a.pplica principalmente alle curve di una fissata 5Uperficie S e in particol a.re a.lle curve coordinate.

Esempio 1. La norma.le e la hinor mal e a.d u ua curva. £ III Po sono ortogonali ad E in Po.

Esempio 2. Se £1: nx, Y) = 0, £'2 : y{x, y) = 0 sana due curve del piano Dxy e Po e un punta comune a. £1 eel £.21 langolo Iorm ato da £1 ed £2 in Po coincide con 1 'angola dei vettori gracl Po f e gracl Po g. Infatti questi vet tori sono ortogonali aile rispcttivo tangcnt.i a. £1 ed £'], in Po. L'angolo 0' formato da £1 ed £'2 in Pn e quiudi d ato dalla formula

(gradp, f) . (gradp, Y)

cos CI r ,

l\gradPn III·llgraclJ>n ull

Esempio 3. Trova.re l'a.ngolo [orm at.o d alle curve .c] : x'2 + y + 1 0 e

£2 : xy - 1 = 0 in ciascuno dei punti eli intersezione rcali.

Soluzione. L'unico punta eli intersezione reale e Po = (-1,-1). Applicaudo 130 (8.3) si trova:

cos o: =

(-2,0)· (-1,-1) 2)2

\1-62

da cui SI deduce 0 = !rILl.

Esempio 4. Sia S: (x, y, z ) = (11 cos v, U Sill V , u). Trovare i pun ti di 5 in cui le curve coordina.te si incontra.no ortogoualmente.

Soluzione. Se Po e il pun to di 5 corrispondente alla coppia (tia, va), Ie curve coordinate passa.nti per Po 50110

£1: (x,!!,:::) = ([/OC05li, "1I05inv,1Io) £"2: (,l:,y,':) = (!leos·Pn, U5111110 11/)·

Due vettori t a.ugen ti ill n! allo curve in csa.nic sono

Vl = (-lIo sin Vo ,1111 COSl'n . 0)

v".!. = (COSVil. SiIlVO, 1) .

Questi vet tori S0110 ortogoua.li sc v i : V'J :::: 0 ossia quando vale la relazi one:

-HO sin Vo cos Vo + Uo cos Vo sin Vo = 0

e quindi le curve coordinate sono ortogon ali in ogni punto di 5 in cui l a cosa ha. senso, cioe in tutti i pu n ti corrispondcn ti a. coppi a (11, v) COIl 11 F o.

8.10. Nornuile ad 'lllEl sn p erticic: c angolo eli il1cidnJ17.;~

La tiortnale all a supcrficie S ncl 1)1111to Pu c la rotta per Po ortogonale al piano tangente ad S 111 Po. Tale rctt a csist.e q u audo esiste il piano tangente. Un vettore v e orioqonale a S in Po 58 e pa.rallelo all a normale (ossia ortogona.1e a1 pia.no ta.ngente a. S 111 Po).

Esempio 1. Se S e u u plano, la nOI"111;:l1c ad S' 11l Po e la. ret ta per Po ortogonale ad S.

Esempio 2. Se S: [t x , y,.:) = U, la. n o rm a.le ad S' In Po h a equazione parametrica vettoriale

P = PI! + I ( g r a d F(I f)

In particolare gradpo f e 1111 vet tore ortogonale a S in Po.

Se 7' e una ret ta passant.o per Po, I 'angelo forma.to da. 7' e da.lla norma.le ad s in Po si chia.m a 071g010 di incidenzo (t1'a. 1" ed S 111 Po).

Esempio 3. La normale ad :3 in Po ha angola eli inci denza O. Ogni rett a ta.ngente a.d S ill Po h a angolo di iucid cnza l1g11rtlC a ir/2.

V-63

Esenipio 4. Se S': f(.r,y,.:-) = () l' r: P = n) + III e u n a rct t a passante per il punta Po di 5, langolo eli luci douz a (J C d ato (Lilla formula

cos U' =

(gradPa n . u Ilgrad Po fliliull

Piu in generale I'angolo di i ncidcnz a di una. curva £ Call una superficie S (in un punta Po comune a cnt ra.mb e ) C l'angolo di incidenza tra S e la tangente ad £ in Po.

9. Classificazione dei punti di una s up erfi cie

Vediamo che i punti rcgolal'i eli u n a sup erficie possono essere eli tre tipi - iperbolici, ellittici, parabolici - a secourla della posiz ione del piano tangente rispetto alia superficie. Cia estende qu a.nt.o vist.o ncl cap. 11 per Je qua.driche.

9.1. Punt.i iperbolici, elli t t ici, pM·"holici dill Ilii S Tl pc riicie

Sia Po un pu nto della sup- rfir i« S' e su pponiamo che il piano iT tangente ad S in Po esista.

n punta Po si dice ipcrbolico sc ill og;lli intoruo eli Po esistono punti eli 5 da entrambi i lat.i eli 1f.

II punta Po si dice elliitico se esisl.e 1111 illt.OI·11O U eli Po tale che 5 n U si

trova tutta dalla stessa parte eli IT C i uol tre Po e lnuico punto eli U comune ad

Sea Po-

II punto Po si dice piuubolico Sc non e IIC el li tt.ico ne iperbolico. Cia vuol dire che esiste un intorno U eli Po t.ale che Un S e tut.t.a dalla stess a parte eli iT, e inoltre in ogni iutorno eli Po ci SOIlO p u n ti cornun i (\ S' t' IT, diversi cia Po.

Esempio. Sia S: z = f(x, y) il grafico della Iunz ione eli due variabili j, e sia Po = (XO t Yo, f(xo, Yo)) un punto eli Stale clie gracl(.ru,Yol J = (0,0). Allora si ha:

- Po e iperbolico se (xo, Yo) e lin pun to eli sella per j

- Po e ellittico se (.l:ll,YO) (.~ u n p u nt.o di massimo 0 miuimo isolate per j

- Po e parabolico se (xo, Yo) e un pu nt.o eli ruassirno 0 min imo non isolate.

9.2. Clessiiice zioue dci pu ui] di llll.'! !iIIJK'l'ficic S: /(.I:,!J,::) = 0

Sia Po = (xo, Yo, :0) un pu n t.o rcgolarc di S e supp oniarno che f si a C3 111 un intorno eli Po. Sviluppanclo f Call la forrnu la eli Tay lor in Po si vede che 5 s:

V-54

pUG approssima.re , VICIno a /J01 COil 1;-) quarhica 1'" eli equ az ione:

oj {)f of

-_q- (Po)(x - XU) + 7- (Po)(y -110) + ~ (Po)(:: - ':0)+

os: c)y o :

1 {a2 J. ') iJ".!. f }

+ -2 -a (?o)(x - xo)- + :2 -8 ') (Po)(x - xo)(y - yo) + .,. = a .

x xcy

Questa quadrica si chiarna quadric« osculairice ad S in Po. Dalla formula di Taylor si deduce che Po e iperbolico pel' S se e solo se e iperbolico per r, etc.

Moltiplicando pel' 2 I'equaziorie prece dente e traslando Po nell'origine (il che non cambia la quadrica) si pUG supporre che la matrice di r sia

a2f (PI .EP I (A) 01 ir, )
a '1 (Po) TT(Pn) d.l: cJ:; 0 a 0
z - o: (y x
a'2J {PI (PI of
~- (Po) ~(Po) -. -,- (Po) 9 (Po)
(9.1) A= ax ay c u: aye);: cy
(j'2f d'.lJ i:J'2I CJf(?,)
ax a:: (Po) 87J (Po) a::'.l (Po)
y :: 0:; a
af (Po) ~f (Po) af 0
fh (Po)
ax ay
Perta.nto per stabilire la. natura eli Po bast.a studiare la matrice A. Esempio. St.abilire la natura del punt.o Pu = (-1,1,1) nella sup erficie S: x + x3 + y'2 + z3 = O.

Soluzione. La quadrica oscu latrice, uaslanrlo PI) 11C'II'origine e asso cia.ta alia matrice

U 2 o 2

u o :3 ;3

~)

3 '

o

Si ha detA = 132. Perl.anto Po e !III PIIIlt.O iperholico.

Osserva z ione. In qu alche caso si puo st.udi are 1<1 n at.ura <Ii PI) nel modo seguente:

- si effettua un cambiamen t.o eli coord ina t.e ill IIIOdo che il piano tangente If sia parallelo a.l piano z = 0;

si ricava z da.llequaz ione di S, trovn udo :: = y(.I:, V); - si applica.l'esempio visto ill 9.1.

La difficolta di questo metodo sta nel peter esplicit.are effettivamente la z. Si puo dimostrare che cio e sernpre possibile se I 'equazione di S e un polinomio in x, y, z .

V-05

10. Esercizi

1. Trovare il piano tangente e la reu.a normale alla superficie S (x, y, z) (eV, u+v, u) nel punta P(u,v).

2. Trovare il piano tangente e la rett.a norrnale alia sup erficie 5 z pun ti regolari di S.

3. Trovare l'angolo D' delle curve coordinate della superficie di 1 nel punto

(1,1,0).

4. Stabilire per quali valori eli ,\ e /1 la retta 1': P := Po + t(J.l, 0,)..) e tangente in Po:= (0,0,1) alia su pe rficie S:;:; = e:I'Y.

5. Sia Po un punto regolare della su pcrficie S e sia o· 1111 piano p assante per S.

Supponiamo che esist.ano due curve regolari Sll S passant.i per Po, tangenti ad o , e Iorrnant.i UI1 angolo i- 0 I' # if. Di mostrare che Q e tangente ad 5 in Po.

6. Stabilire se l'origine delle coorrl iuat.e e lin punt.o el l it.t.ico, iperbolico a parabolico nelle superfici

Sl : z ~ yz = 0 ;

') 4

S'.!. : z - u: ~ x = 0 ;

-, '1 ., 3

.)3 : x + y + ;:; ~ x- - y- - z = 0 .

7. Studiare Ie curve coordinate della sup erflcie

s: (.'C,!/, z) = (1 + '2u + v:!, :3u + '2 v'.!. , 1- 11 - v) .

8. Trovare illuogo dei pu nt.i ill cu i il piano t.angent.e alla superficie S dell'esercizio precedente e parallelo allasse delle z .

9. Trovare i rnassimi e minimi della Iunzione f(;1;,!f,::;) = ;:;2 - x + 2y, sottoposta al vincolo: x + y - z: = U.

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