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CORSO DI LAUREA IN
SCIENZE DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E TERRITORIALE
ANNO ACCADEMICO 2006-2007
IL MESTIERE DELL’URBANISTA
LEZIONE INTRODUTTIVA DEL PROF. EDOARDO SALZANO
PER L’ANNO ACCADEMICO 2006-2007
Una tesi
I lavori che oggi fa l’urbanista sono molti. Parecchi dei nostri laureati lavorano
nelle pubbliche amministrazioni: ma molti anche negli studi professionali, nelle
aziende che si occupano di ambiente o di trasporti o di iniziative commerciali,
qualcuno nelle agenzie immobiliari. E qualcuno anche nella scuola e
nell’università.
I lavori sono molti. Ma esiste un mestiere dell’urbanista, del planner. Esiste
una riconoscibilità di questa figura professionale, un ruolo sociale peculiare –
che non è né dell’architetto né del manager, né dell’ingegnere né del sociologo,
né del giurista né del geografo, né dell’economista né del geologo, né del
naturalista né dello storico – benché di tutti questi saperi e mestieri l’urbanista
abbia certamente bisogno.
Esiste un mestiere dell’urbanista: questa è la tesi che mi propongo di
argomentare.
Alcune interpretazioni
affrontare i disagi derivanti dai conflitti d’uso della città, disagi che la
spontaneità dei meccanismi del mercato non riuscivano a risolvere, a causa
della contraddizione tra il carattere intrinsecamente sociale, comune, collettivo
della città e la logica invincibilmente individualistica che del mercato è
padrona.
In tutte questa interpretazioni, l’urbanista è l’uomo che è capace di configurare
un assetto del territorio urbano, un disegno, un’organizzazione dei diversi
elementi che lo compongono, rispondente a una razionalità. È il tecnico,
l’esperto, che riesce a proporre un disegno della città in cui i diversi oggetti, le
diverse funzioni necessari alla comunità (gli edifici e le strade, i ponti e le
ferrovie, le residenze e le fabbriche, gli ospedali e i parchi: quel complesso di
cose che oggi chiamiamo “urbanizzazione”) abbiano ciascuno la propria
collocazione giusta in rapporto agli altri elementi che compongono il territorio.
Più tardi si comprenderà che gli elementi artificiali, le “urbanizzazioni”, devono
avere un giusto rapporto non solo tra loro,ma anche con gli elementi che
preesistono all’urbanizzazione, alle trasformazioni recenti: sia gli elementi
naturali (i fiumi e le colline, i boschi e le coste e così via) sia gli elementi storici
(gli insediamenti gli edifici e i manufatti antichi, le tracce sepolte o appena
dissepolte del passato più remoto, i segni residui percorsi tradizionali, i
paesaggi agrari e così via).
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EDOARDO SALZANO, IL MESTIERE DELL’URBANISTA
IL TERRITORIO
Il territorio è una realtà complessa dal punto di vista della sua genesi: è il
prodotto del succedersi di una serie di stratificazioni storiche, nel corso delle
quali l’uomo ha interagito con la natura modificandola, addomesticandola,
trasformandola più o meno profondamente, a volte rispettandola, a volte
violentandola.
È una realtà complessa dal punto di vista degli usi in atto e di quelli possibili, e
dei conflitti che possono nascere tra usi alternativi e tra usi antagonisti: un
campo può essere usato per coltivare, o per realizzare un parco, o per
realizzare cento alloggi o dieci fabbriche. Una zona industriale accanto a un
ospedale o un aeroporto accanto a un quartiere residenziale sono dannosi,
come è dannosa una scuola irraggiungibile dalle abitazioni che deve servire.
Ed è una realtà complessa dal punto di vista delle letture che ne sono possibili,
dei punti di vista sotto i quali può essere utilizzato: molti dei saperi e mestieri
che ricordavo prima esprimono proprio questi diverse possibili letture, questi
diversi punti di vista: il sociologo, il geografo, l’economista, il geologo, il
naturalista, lo storico, e ancora l’ingegnere dei trasporti, l’archeologo e così
via.
Di tutte queste cose che abbiamo enumerato (vicende, usi, letture, oggetti) il
territorio non è un semplice magazzino:non è un luogo in cui tutte queste cose
sono semplicemente e casualmente ammonticchiate. Tutte queste cose hanno
ordine tra loro, sono connesse tra loro in modo che una modifica in un punto,
un’azione su una di esse, modifica tutte le altre.
Alcuni esempi.
Aprire un supermercato in una parte periferica della città provoca un grande
aumento del traffico, quindi richiede la formazione di nuove strade, parcheggi
ecc. Al tempo stesso,per il fatto che quella parte del territorio viene visitato da
molti clienti stimola l’apertura di altri negozi, servizi e funzioni che guadagnano
dalla presenza di numerosi passanti.
Allargare una strada e rendere più fluido il traffico in una parte della città
provoca un afflusso di automobili generalmente maggiore dell’aumento della
capacità della rete stradale che si è manifestato, e quindi richiede nuovi
interventi che a loro volta generano maggior traffico. Analogamente l’apertura
di un parcheggio interrato in una parte della città: in genere a questo evento
corrisponde l’afflusso di automobili maggiore della capacità del parcheggio, e
allora si crea in quella zona un aumento del traffico anziché una sua
diminuzione.
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EDOARDO SALZANO, IL MESTIERE DELL’URBANISTA
L’assetto attuale del territorio è determinato da una serie di eventi che sono
maturati in un arco lunghissimo di tempo. La collocazione delle attuali città è
originato spesso dall’incrocio di due itinerari percorsi da mercanti moltissimi
secoli fa. La trasformazione di primitivi villaggi in città e il consolidamento e
l’accrescimento di queste è avvenuto per effetto di una somma di iniziative,
moltissime delle quali operate dalla collettività,le altre dalle singole famiglie e
imprese nell’ambito di decisioni e investimenti pubblici, pagati dalla collettività.
Nessuno realizzerebbe una fabbrica se non ci fosse un sistema di strade e di
ferrovie che consente alle merci di entrare e di uscire dalla fabbrica, agli operai
di arrivarci, se non esistessero reti di comunicazioni per collegare quella
fabbrica a tutti i mercati, se non esistessero scuole nelle quali il personale si
forma e così via. Nessuno costruirebbe una casa se non ci fossero strade,
scuole, parchi, ferrovie, tram e autobus e così via.
Questa e altre considerazioni spingono a dire che la città e il territorio sono un
bene comune, di cui si può fruire individualmente ma che nel suo insieme è un
bene creato dall’apporto di tutti (quindi della società), in un lungo percorso
storico. Sono beni comuni e pubblici molte sue parti (le strade e le piazze, le
scuole e gli ospedali, gli aeroporti e le ferrovie, i parchi e le riserve idriche e
così via), ed è un bene comune nel suo insieme.
non contestano in sé, ma vorrebbero spostato nel cortile degli altri. Spesso
sono conflitti che nascono non tanto per egoismo locale, ma perché l’impianto
è oggettivamente inutile o dannoso, oppure perché non si è spiegato con
sufficiente chiarezza i suoi requisiti: per una mancanza di trasparenza della
scelta, insomma.
Vorrei accennarne a un conflitto di carattere diverso, che è sostanziale e
fondamentale.
Se un’area dia agricola diventa urbana il suo valore aumenta moltissimo.
Ancora di più aumenta se è vicina a una stazione della metropolitana, o a un
parco pubblico, oppure se è in una zona ben servita da buoni servizi pubblici.
Ancora di più aumenta se su quell’area si possono realizzare sedi di attività
pregiate, oppure un numero maggiore di volumi o di superfici utili.
Insomma,per effetto di decisioni e investimenti pubblici il valore economico di
un’area può aumentare di moltissimo. Il prezzo di quell’area, ivi compreso il
sovrapprezzo derivante dalle scelte e dagli investimenti della collettività, viene
incassato dal proprietario, senza che esso abbia compiuto nessun lavoro e
nessun investimento. Ma esso ricade su chi ha bisogno di quell’area per
costruire una fabbrica o un edificio di abitazioni, il quale a sua volta si rivale su
chi compra le merci prodotte da quella fabbrica o prende in affitto un alloggio
in quell’edificio.
Ma su questo punto, sulla rendita immobiliare, torneremo fra poco
L’URBANISTA
Non tutti gli interessi che agiscono nella città sono ugualmente garantiti, difesi,
rappresentati. Sono certamente sostenuti gli interessi più potenti: quelli delle
grandi proprietà immobiliari, che spesso appartengono a istituti di credito e ad
altre componenti del mondo della finanza,e sempre più spesso a industrie che
tentano di guadagnare con la valorizzazione immobiliare delle loro fabbriche,
magari trasferendole dove le aree (e magari la mano d’opera) costano meno.
Lo sono quelli delle aziende produttrici, in particolare di quelle che hanno a che
fare con l’edilizia. Lo sono quelli dei commercianti, nelle città turistiche quelli
degli albergatori e del mondo che attorno al turismo gravita. Si tratta
comunque, in ogni caso, di interessi economici riferiti a una categoria
particolare, e a una prospettiva temporale di breve periodo.
Cominciano a essere presenti gli interessi delle associazioni ambientaliste e di
piccoli gruppi di pressione e d’orientamento. Ma si tratta di presenza il più delle
volte deboli, su base volontaristica e spontanea, difficilmente capaci di durare
nel tempo lungo delle decisioni amministrative, scarsamente dotati delle
informazioni tecniche necessarie per valutare le scelte.
Una volta gli interessi generali erano rappresentati dai partiti politici. Questi
avevano un disegno di prospettiva, proponevano un progetto di società di
lungo periodo, e anche nell’azione amministrativa (che è riferita alla durata del
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EDOARDO SALZANO, IL MESTIERE DELL’URBANISTA
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EDOARDO SALZANO, IL MESTIERE DELL’URBANISTA
Abbiamo visto che il territorio è una realtà complessa, e che molti punti di vista
(molti saperi e molti mestieri) sono impiegati per conoscerla, analizzarla,
valutare le sue potenzialità e i suoi rischi. Ciò significa che il lavoro
dell’urbanista, poiché ha a che fare con il territorio e il governo delle sue
trasformazioni, deve collaborare con gli esperti di altre discipline, deve
avvalersi dell’apporto di saperi e mestieri diversi dal suo. Il suo è un lavoro
eminentemente interdisciplinare.
Ma tra le altre discipline l’urbanista svolge (là dove si cimenta con gli strumenti
della pianificazione) due funzioni particolari.
Innanzitutto egli svolge un ruolo di coordinamento: il geologo e lo statistico, il
programmatore e lo storico dell’ambiente, il fitogeografo e il sociologo, il
giurista e l’economista collaborano con la regia dell’urbanista. Così come, nel
cinema, gli attori e lo scenografo, l’elettricista e il costumista, l’operatore di
macchina e il fotografo sono coordinati dal regista.
E come nel cinema, la regia dell’urbanista è finalizzata a un risultato. Dai
saperi degli altri l’urbanista deve trarre ciò che può tradursi in un progetto di
spazio,in una disciplina delle trasformazioni del territorio, e nell’individuazione
di ciò che bisogna fare (le azioni,le valutazioni, il monitoraggio) per tradurre il
disegno del piano in concrete trasformazioni del territorio.
Non è un lavoro facile, quello dell’urbanista. Per esercitarlo è necessario essere
curiosi e umili: curiosi per conoscere abbastanza bene i mestieri altrui così da
saperli utilizzare; umili per rispettare la specificità delle altre discipline.
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EDOARDO SALZANO, IL MESTIERE DELL’URBANISTA
TRE PAROLE
Pianificazione
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cultura. Nell’urbanistica, cioè nella vita delle nostre città, si misura oggi la civiltà di un
Paese”.
L’urbanista e l’architetto
Democrazia
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Solo se siamo consapevoli dei suoi limiti ed errori – delle sue cause - potremo:
1) tentar di migliorarla nell’applicazione, 2) non interrompere la ricerca di un
sistema migliore.
Bisogna ricordare sempre che le istituzioni hanno senso solo nel loro contesto
(storico, territoriale, economico). Perciò non ha senso parlare di esportare
istituzioni, senza che prima abbiano maturato le condizioni che lo rendano
possibile. Aver dimenticato questo è uno degli errori della globalizzazione.
Economia
Come imparerete la città, nel suo sorgere come invenzione dell’uomo e nel suo
affermarsi (come oggi nel suo dissolversi tra megalopoli e sprawl), è sempre
stata strettamente connessa all’economia: il modo in cui l’economia si è
conformata ha pesantemente inciso, nel bene e nel male, sulla natura della
città, sui suoi problemi, sulle sue potenzialità.
Non possono mancare perciò alcune parole chiave rilevanti a questo proposito:
sviluppo, bene e merce, rendita sono essenziali.
Nel linguaggio corrente il termine sviluppo non ha più alcuna connessione con
la crescita delle capacità dell’uomo di comprendere, amare, godere, essere,
dare. Sviluppo significa oggi unicamente crescita quantitativa delle merci, ossia
dei prodotti di una produzione obbligata a crescere sempre di più (a sfornare e
a vendere sempre più merci) per non morire (per non essere schiacciata dalla
concorrenza),e cresce appunto attraverso la produzione indefinita di merci
finalizzate solo ad essere vendute, indipendentemente dalla loro utilità.
Consistenti correnti di pensiero, che cominciano a tradursi in pratiche, hanno
rivelato che questo sviluppo è arrivato a un punto mortale. Si sono manifestati
i limiti delle risorse disponibili sul pianeta, e la loro esistenza configge con la
natura stessa di questo sistema economico, obbligato alla crescita indefinita.
L’espressione più felice è forse quella di Kenneth Boulding
“Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è
un pazzo, oppure un economista”.
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PER CONCLUDERE
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