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Occorre aver presente che solo questa proposta è oggi in grado di combinare interesse nazionale e nuova congiuntura internazionale.
La crisi politica sta assumendo un'andatura per così dire al rallentatore: non basta la rottura ormai anche formale tra Fli da una parte e il cosiddetto Pdl dall'altra; occorre infatti approvare in tempi divenuti politicamente significativi la legge di stabilità, che ha sostituito non solo formalmente la finanziaria.
Da questo punto di vista, pertanto, è come se vivessimo l'attuale crisi politica per qualche settimana al riparo della legge di stabilità, o - se si preferisce al netto della legge medesima, che ha perso quasi del tutto il significato di strategia politica che avrebbe dovuto avere. Durante queste settimane pertanto è probabile che imperverserà un dibattito in qualche modo astratto tra ribaltone da una parte e responsabilità nazionale dall'altra. Vi sarà infatti chi, in nome della presunta responsabilità nazionale rappresentata dal governo in carica, accuserà chiunque non sia d'accordo con il Pdl di essere di fatto sostenitore di un ribaltone.
Dall'altro lato, vi sarà chi negherà proprio al governo in carica la caratteristica di essere capace di soddisfare un'adeguata responsabilità nazionale, e quindi promuoverà qualsivoglia alleanza di governo purché questa sia alternativa al governo in carica. Occorre pertanto cercare di stabilire in termini ragionevolmente accettabili quale sia la differenza di fondo tra il ribaltone da un lato e la responsabilità nazionale dall'altro.
Si tratta in sostanza di cogliere la cultura politico-costituzionale che sta alla base dell'uno e dell'altra. Il governo di ribaltone si caratterizza per essere sostanzialmente una proposta di governo basata tutta sul Parlamento, negando pertanto qualunque significato al voto popolare di investitura del governo medesimo, quale risulta in qualche modo in conseguenza della vigente legge elettorale nazionale.
Il governo di responsabilità nazionale, a sua volta, si caratterizza per essere espressione di una cultura di governo, che non ritiene sufficiente il voto popolare soprattutto quando sono necessarie riforme economiche-sociali probabilmente impopolari. Occorre infatti aver presente il contesto internazionale nel quale l'Italia è immersa, quanto meno da quando si è dato vita anche da noi all'euro quale valuta europea sostitutiva della lira. In questo contesto, la responsabilità nazionale non è più una pura e semplice scelta politica rimessa alla cultura istituzionale di fondo delle diverse forze politiche, perché essa è divenuta una vera e propria necessità, rispetto alla quale mostrano la propria insufficienza proprio le culture politico-istituzionali, che vedono nel voto popolare la fonte unica di legittimazione a governare.
Siamo dunque in presenza, anche in questa crisi politica, della contrapposizione tradizionale tra il perdurare di una cultura partitocratico-parlamentare da un lato, e la pretesa di una sedicente "Costituzione materiale" dall'altro, che avrebbe ormai definitivamente scalzato il ruolo stesso del Parlamento e del Presidente della Repubblica. Questa crisi di governo pertanto pone in evidenza la modestia culturale dell'attuale approdo politico-istituzionale: se nel 2008 era stato sconfitto l'estremo tentativo bipartitico della contrapposizione tra Berlusconi e Veltroni, oggi si tratta di prendere atto che il bipolarismo di cui pur si parla è di fatto un bipolarismo per così dire "disciplinare" tra il populismo da un lato e la partitocrazia dall'altro. Il populismo infatti pretende di essere ormai il fondamento di questa sedicente "Costituzione materiale"; la partitocrazia, a sua volta, sembra guardare con simpatia ad un nuovo governo, anche senza tenere in alcun conto i risultati elettorali.
L'Udc è stato il primo a proporre la necessità di un governo della responsabilità nazionale proprio perché è portatore di una cultura di governo che tiene certamente conto del risultato elettorale, ma che no
Titolo originale
D'Onofrio: Cosa vuol dire responsabilità nazionale - tratto da Liberal del 17 novembre 2010
Occorre aver presente che solo questa proposta è oggi in grado di combinare interesse nazionale e nuova congiuntura internazionale.
La crisi politica sta assumendo un'andatura per così dire al rallentatore: non basta la rottura ormai anche formale tra Fli da una parte e il cosiddetto Pdl dall'altra; occorre infatti approvare in tempi divenuti politicamente significativi la legge di stabilità, che ha sostituito non solo formalmente la finanziaria.
Da questo punto di vista, pertanto, è come se vivessimo l'attuale crisi politica per qualche settimana al riparo della legge di stabilità, o - se si preferisce al netto della legge medesima, che ha perso quasi del tutto il significato di strategia politica che avrebbe dovuto avere. Durante queste settimane pertanto è probabile che imperverserà un dibattito in qualche modo astratto tra ribaltone da una parte e responsabilità nazionale dall'altra. Vi sarà infatti chi, in nome della presunta responsabilità nazionale rappresentata dal governo in carica, accuserà chiunque non sia d'accordo con il Pdl di essere di fatto sostenitore di un ribaltone.
Dall'altro lato, vi sarà chi negherà proprio al governo in carica la caratteristica di essere capace di soddisfare un'adeguata responsabilità nazionale, e quindi promuoverà qualsivoglia alleanza di governo purché questa sia alternativa al governo in carica. Occorre pertanto cercare di stabilire in termini ragionevolmente accettabili quale sia la differenza di fondo tra il ribaltone da un lato e la responsabilità nazionale dall'altro.
Si tratta in sostanza di cogliere la cultura politico-costituzionale che sta alla base dell'uno e dell'altra. Il governo di ribaltone si caratterizza per essere sostanzialmente una proposta di governo basata tutta sul Parlamento, negando pertanto qualunque significato al voto popolare di investitura del governo medesimo, quale risulta in qualche modo in conseguenza della vigente legge elettorale nazionale.
Il governo di responsabilità nazionale, a sua volta, si caratterizza per essere espressione di una cultura di governo, che non ritiene sufficiente il voto popolare soprattutto quando sono necessarie riforme economiche-sociali probabilmente impopolari. Occorre infatti aver presente il contesto internazionale nel quale l'Italia è immersa, quanto meno da quando si è dato vita anche da noi all'euro quale valuta europea sostitutiva della lira. In questo contesto, la responsabilità nazionale non è più una pura e semplice scelta politica rimessa alla cultura istituzionale di fondo delle diverse forze politiche, perché essa è divenuta una vera e propria necessità, rispetto alla quale mostrano la propria insufficienza proprio le culture politico-istituzionali, che vedono nel voto popolare la fonte unica di legittimazione a governare.
Siamo dunque in presenza, anche in questa crisi politica, della contrapposizione tradizionale tra il perdurare di una cultura partitocratico-parlamentare da un lato, e la pretesa di una sedicente "Costituzione materiale" dall'altro, che avrebbe ormai definitivamente scalzato il ruolo stesso del Parlamento e del Presidente della Repubblica. Questa crisi di governo pertanto pone in evidenza la modestia culturale dell'attuale approdo politico-istituzionale: se nel 2008 era stato sconfitto l'estremo tentativo bipartitico della contrapposizione tra Berlusconi e Veltroni, oggi si tratta di prendere atto che il bipolarismo di cui pur si parla è di fatto un bipolarismo per così dire "disciplinare" tra il populismo da un lato e la partitocrazia dall'altro. Il populismo infatti pretende di essere ormai il fondamento di questa sedicente "Costituzione materiale"; la partitocrazia, a sua volta, sembra guardare con simpatia ad un nuovo governo, anche senza tenere in alcun conto i risultati elettorali.
L'Udc è stato il primo a proporre la necessità di un governo della responsabilità nazionale proprio perché è portatore di una cultura di governo che tiene certamente conto del risultato elettorale, ma che no
Occorre aver presente che solo questa proposta è oggi in grado di combinare interesse nazionale e nuova congiuntura internazionale.
La crisi politica sta assumendo un'andatura per così dire al rallentatore: non basta la rottura ormai anche formale tra Fli da una parte e il cosiddetto Pdl dall'altra; occorre infatti approvare in tempi divenuti politicamente significativi la legge di stabilità, che ha sostituito non solo formalmente la finanziaria.
Da questo punto di vista, pertanto, è come se vivessimo l'attuale crisi politica per qualche settimana al riparo della legge di stabilità, o - se si preferisce al netto della legge medesima, che ha perso quasi del tutto il significato di strategia politica che avrebbe dovuto avere. Durante queste settimane pertanto è probabile che imperverserà un dibattito in qualche modo astratto tra ribaltone da una parte e responsabilità nazionale dall'altra. Vi sarà infatti chi, in nome della presunta responsabilità nazionale rappresentata dal governo in carica, accuserà chiunque non sia d'accordo con il Pdl di essere di fatto sostenitore di un ribaltone.
Dall'altro lato, vi sarà chi negherà proprio al governo in carica la caratteristica di essere capace di soddisfare un'adeguata responsabilità nazionale, e quindi promuoverà qualsivoglia alleanza di governo purché questa sia alternativa al governo in carica. Occorre pertanto cercare di stabilire in termini ragionevolmente accettabili quale sia la differenza di fondo tra il ribaltone da un lato e la responsabilità nazionale dall'altro.
Si tratta in sostanza di cogliere la cultura politico-costituzionale che sta alla base dell'uno e dell'altra. Il governo di ribaltone si caratterizza per essere sostanzialmente una proposta di governo basata tutta sul Parlamento, negando pertanto qualunque significato al voto popolare di investitura del governo medesimo, quale risulta in qualche modo in conseguenza della vigente legge elettorale nazionale.
Il governo di responsabilità nazionale, a sua volta, si caratterizza per essere espressione di una cultura di governo, che non ritiene sufficiente il voto popolare soprattutto quando sono necessarie riforme economiche-sociali probabilmente impopolari. Occorre infatti aver presente il contesto internazionale nel quale l'Italia è immersa, quanto meno da quando si è dato vita anche da noi all'euro quale valuta europea sostitutiva della lira. In questo contesto, la responsabilità nazionale non è più una pura e semplice scelta politica rimessa alla cultura istituzionale di fondo delle diverse forze politiche, perché essa è divenuta una vera e propria necessità, rispetto alla quale mostrano la propria insufficienza proprio le culture politico-istituzionali, che vedono nel voto popolare la fonte unica di legittimazione a governare.
Siamo dunque in presenza, anche in questa crisi politica, della contrapposizione tradizionale tra il perdurare di una cultura partitocratico-parlamentare da un lato, e la pretesa di una sedicente "Costituzione materiale" dall'altro, che avrebbe ormai definitivamente scalzato il ruolo stesso del Parlamento e del Presidente della Repubblica. Questa crisi di governo pertanto pone in evidenza la modestia culturale dell'attuale approdo politico-istituzionale: se nel 2008 era stato sconfitto l'estremo tentativo bipartitico della contrapposizione tra Berlusconi e Veltroni, oggi si tratta di prendere atto che il bipolarismo di cui pur si parla è di fatto un bipolarismo per così dire "disciplinare" tra il populismo da un lato e la partitocrazia dall'altro. Il populismo infatti pretende di essere ormai il fondamento di questa sedicente "Costituzione materiale"; la partitocrazia, a sua volta, sembra guardare con simpatia ad un nuovo governo, anche senza tenere in alcun conto i risultati elettorali.
L'Udc è stato il primo a proporre la necessità di un governo della responsabilità nazionale proprio perché è portatore di una cultura di governo che tiene certamente conto del risultato elettorale, ma che no