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teorie

LA RIDUZIONE DEL DANNO NEL TRATTAMENTO DELLE


DIPENDENZE: LA DIMENSIONE EDUCATIVA

Cinzia Osti*

*
  Studentessa del Corso di Laurea in “Progettazione e gestione ell’intervento educativo nel disa-
gio sociale”, cinziaosti84@libero.it

NdR: Si tratta di una breve relazione conclusiva del Laboratorio sulle Dipendenze. La
studentessa ha riflettuto sul ruolo dell’educatore e sulla dimensione educativa nell’ap-
proccio della riduzione del danno nel trattamento delle dipendenze.
È un lavoro semplice e “concentrato” frutto di una ricerca piuttosto limitata che non
può perciò presentare tesi originali. Ma, al di là del fatto che probabilmente è stato un
lavoro utile per la formazione dell’autrice, ci sembra un contributo chiaro e quindi
spendibile. Inoltre apre un versante di riflessione che vorremmo trattare più spesso: il
contributo, e quindi la competenza specifica ed esclusiva che ognuna delle discipline
coinvolte nella cura delle dipendenze dovrebbero/potrebbero apportare: un modo per
chiarire i vari apporti e per facilitare la messa in connessione nelle reti e nelle equipe
multidisciplinari. Che poi tratti dell’educativo, rende l’articolo ancora più appetibile).

L’approccio pragmatico e la riduzione del danno

Da molti anni e soprattutto in alcuni paesi, si è radicata l’opinione che


la lotta alla droga, il cui scopo volge alla definitiva eliminazione delle sostan-
ze psicotrope, è un’utopia a cui si deve rinunciare: “il sogno di una società
libera dalla droga è tramontato”. (Nizzoli, 1996)
È cresciuta la consapevolezza che l’uso di sostanze è un fenomeno so-
ciale sul quale non si riesce a prevalere. Accettare la presenza della droga,
prendere atto dei suoi effetti patologici e delle conseguenze sociali che essa
comporta, sono i fondamentali atteggiamenti su cui si basa la pratica della ri-
duzione del danno.


  L’Unione Europea ha ufficialmente riconosciuto che politiche proibizioniste non si
sono rivelate incisive né sul fronte della domanda né su quello dell’offerta. L’eccessiva e indi-
stinta penalizzazione porta a criminalizzare e stigmatizzare allo stesso modo consumatori occa-
sionali, abusanti o dipendenti. Ciò ha provocato rallentamenti e intasamenti nelle attività giuridi-
che, oltre che sprechi nella spesa pubblica destinata al sociale, provocando una paradossale ac-
centuazione del danno.(Brandoli e Ronconi 2007).

  È alla fine degli anni ’80 che il concetto di riduzione del danno diviene di uso comune.
Esso venne introdotto in risposta a due particolari emergenze: in primo luogo la diffusione del-

Personalità / Dipendenze, vol. 16, fasc. 1, luglio 2010 

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