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Cinzia Osti*
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Studentessa del Corso di Laurea in “Progettazione e gestione ell’intervento educativo nel disa-
gio sociale”, cinziaosti84@libero.it
NdR: Si tratta di una breve relazione conclusiva del Laboratorio sulle Dipendenze. La
studentessa ha riflettuto sul ruolo dell’educatore e sulla dimensione educativa nell’ap-
proccio della riduzione del danno nel trattamento delle dipendenze.
È un lavoro semplice e “concentrato” frutto di una ricerca piuttosto limitata che non
può perciò presentare tesi originali. Ma, al di là del fatto che probabilmente è stato un
lavoro utile per la formazione dell’autrice, ci sembra un contributo chiaro e quindi
spendibile. Inoltre apre un versante di riflessione che vorremmo trattare più spesso: il
contributo, e quindi la competenza specifica ed esclusiva che ognuna delle discipline
coinvolte nella cura delle dipendenze dovrebbero/potrebbero apportare: un modo per
chiarire i vari apporti e per facilitare la messa in connessione nelle reti e nelle equipe
multidisciplinari. Che poi tratti dell’educativo, rende l’articolo ancora più appetibile).
L’Unione Europea ha ufficialmente riconosciuto che politiche proibizioniste non si
sono rivelate incisive né sul fronte della domanda né su quello dell’offerta. L’eccessiva e indi-
stinta penalizzazione porta a criminalizzare e stigmatizzare allo stesso modo consumatori occa-
sionali, abusanti o dipendenti. Ciò ha provocato rallentamenti e intasamenti nelle attività giuridi-
che, oltre che sprechi nella spesa pubblica destinata al sociale, provocando una paradossale ac-
centuazione del danno.(Brandoli e Ronconi 2007).
È alla fine degli anni ’80 che il concetto di riduzione del danno diviene di uso comune.
Esso venne introdotto in risposta a due particolari emergenze: in primo luogo la diffusione del-