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I PAPI (196/210 E PAOLO VI)

- Paolo VI

Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini è nato il 26 settembre 1897 a Concesio (Lombardia) da una
ricca famiglia benestante. Giovanni era un fragile ma intelligente bambino che iniziò i suoi studi presso i
Gesuiti. Anche quando cominciò il seminario (1916) gli fu concesso di vivere a casa per la sua salute. Dopo
la sua ordinazione nel 1920 continuò i suoi studi a Roma. Nel 1923 fu inviato a Varsavia come addetto della
nunziatura ma fu richiamato a Roma (1924), per gli effetti dei rigidi inverni polacchi sulla sua salute, e
assegnato all'ufficio di Segreteria di Stato, dove rimase per i trent'anni successivi. Oltre ad insegnare presso
l’Accademia dei Nobili Ecclesiastici venne nominato cappellano alla Federazione Italiana degli studenti
dell'Università Cattolica (FUCI), un incarico che ebbe un effetto decisivo per suoi rapporti con i fondatori del
Partito Demo Cristiano.
Nel 1937 fu nominato Sostituto per gli Affari ordinari sotto il cardinale Pacelli, segretario di stato, che
accompagnò a Budapest (1938) per il Congresso Eucaristico Internazionale. Quando Pacelli venne fatto
Papa con il nome di Pio XII nel 1939, Montini mantenne la sua carica per il nuovo segretario di Stato, il
cardinale Luigi Maglione. Quando questo morì 1944, Montini continuò il suo incarico direttamente sotto il
papa. Durante la II guerra mondiale è stato responsabile per l'organizzazione del soccorso e della cura dei
rifugiati politici.
Nel concistoro segreto del 1952 Papa Pio XII annunciò che intendeva promuovere Montini e Domenico
Tardini al Sacro Collegio, ma che entrambi avevano chiesto di essere dispensati dall’accettare. Invece
vennero eletti entrambi pro segretari di Stato. L'anno successivo fu nominato Arcivescovo di Milano, ma
ancora senza il titolo di cardinale, che ottenne il 5 gennaio 1955 e ben presto venne soprannominato
"arcivescovo dei lavoratori. "Ha rivitalizzato tutta la diocesi, predicava il messaggio sociale del Vangelo, ha
lavorato per riconquistare la classe dei lavoratori, ha promosso l'educazione cattolica a tutti i livelli, e ha
sostenuto la stampa cattolica. Il suo impatto sulla la città in questo momento era così grande che attirò
attenzione in tutto il mondo. Al conclave del 1958 il suo nome è stato più volte evidenziato, e al primo
concistoro di Papa Giovanni nel dicembre dello stesso anno era il primo nella lista dei 23 prelati da nominare
cardinali.
Alla morte di Papa Giovanni XXIII, Montini gli successe nel 21 giugno 1963. Nel suo primo messaggio al
mondo, si impegnò a continuare lavoro iniziato da Giovanni XXIII. Durante tutto il suo pontificato la tensione
tra il primato papale e il collegio episcopale è stata una fonte di conflitto. Il 14 settembre, 1965 ha annunciato
l'istituzione del Sinodo dei Vescovi chiesto dai Padri conciliari, ma alcune questioni che sembravano adatte
per la discussione del Sinodo sono state riservate a lui stesso. Il celibato, argomento rimosso dal
dibattito della quarta sessione del Concilio, divenne oggetto di una enciclica del 24 Giugno 1967; il
regolamento delle nascite è stato trattato in “Humanae vitae” il Luglio 24, 1968, sua ultima enciclica. Le
polemiche in merito a questi due pronunciamenti tendevano a mettere in ombra gli ultimi anni della
suapontificato.
Paolo aveva una stampa inspiegabilmente povera e la sua immagine publica soffrì subito del confronto con il
suo gioviale predecessore. Quelli che lo conoscevano meglio, tuttavia, lo descrivono come un uomo
brillante, profondamente spirituale, umile, riservato e gentile, un uomo di "cortesia infinita." E 'stato
uno dei papi che ha viaggiato di più nella storia e il primo a visitare i cinque continenti. La conclusione
positiva del Concilio Vaticano II ha lasciato il segno nella storia della Chiesa, ma la storia ricorderà anche
la sua riforma rigorosa della curia romana, il suo bene accolto discorso per le Nazioni Unite nel 1965, la sua
enciclica Populorum progressio (1967), la sua seconda grande lettera sociale Octogesima adveniens (1971)-
la prima a mostrare una consapevolezza dei molti problemi che solo recentemente sono stat portati alla
luce-, e la sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, il suo ultimo pronunciamento importante che ha
anche toccato la questione centrale della concezione di liberazione e di salvezza.
Papa Paolo VI, il papa pellegrino, è morto il 6 agosto 1978, la festa della Trasfigurazione. Ha chiesto che il
suo funerale fosse semplice senza catafalco e nessun monumento sulla la sua tomba.
196-Giovanni XXII

Giovanni XXII, nato Jacques Duèze (Cahors, 1249 – Avignone, 4 dicembre 1334), fu il
196°Papa della Chiesa cattolica dal 7 agosto 1316 alla morte. Clemente V si era spento il 20 aprile del 1314.
Qualche giorno dopo, il 1º maggio, ventitré cardinali si riunivano in conclave nel palazzo vescovile
di Carpentras. Dal conclave erano emerse tre correnti opposte: quella dei Guasconi, quella degli Italiani e
infine quella dei Francesi. Nessuna candidatura era riuscita a raccogliere l'adesione unanime, si giunse così
ad una situazione di blocco. Dopo due anni, Filippo V di Francia riuscì infine ad arrangiare un conclave di
ventitré cardinali a Lione. Essi elessero puntualmente Giovanni XXII, che venne incoronato Papa a Lione.
Giovanni stabilì la sua residenza ad Avignone, come il suo predecessore. Fu un Papa molto anziano
essendo stato eletto all'età di 67 anni. Il suo pontificato è uno dei più negativamente descritti dagli storici di
ogni tempo; basti pensare che Dante che è morto 13 anni prima di lui (1321) già lo colloca all'inferno (e lo
ricorda nel 130° verso del XVIII del Paradiso: "Ma tu che sol per cancellare scrivi..."). Aveva un'idea della
Chiesa come un'istituzione che doveva essere per sua natura ricca per dimostrare lo splendore della Fede.
Quindi la sua amministrazione fu caratterizzata da politiche economiche che gli hanno attribuito l'appellativo
di "Papa banchiere"; infatti durante la sua nomina a successore di Pietro l'istituzione Cattolica visse un
momento di grande arricchimento che le permise di costruire molti nuovi palazzi e chiese per tutta Europa
ma soprattutto in Francia. Fu anche un amante dell'arte e chiamò ad Avignone artisti allora rinomati; per la
sua concezione di Chiesa ricca fece rappresentare Cristo in Croce sempre con un sacchetto di monete al
fianco per dimostrare che anche in questo Gesù sarebbe potuto essere superiore. Giovanni fu coinvolto nella
politica e nei movimenti religiosi di molte nazioni europee, allo scopo di portare avanti gli interessi della
Chiesa. Intervenne direttamente anche sulla politica della penisola italiana. Infatti, quando nel1317, Federico
I conte di Montefeltro guidò la grande sollevazione ghibellina in Italia centrale, con lo scopo di sottrarre una
serie di città al controllo della Chiesa, il Papa chiamò il guelfo nero più ligio e fedele di allora, Cante Gabrielli,
ponendolo alla guida delle milizie guelfe federate sotto le insegne pontificie, con il titolo di Capitano
generale della Lega guelfa. Durante questo incarico, Cante Gabrielli riconquistò per il Papa tutte le città e le
terre precedentemente occupate dai ghibellini. Questi fatti, resero Giovanni XXII all'epoca un Papa molto
controverso. Tuttavia, oggi al suo Pontificato si deve l'introduzione della processione del Corpus Domini e
della festa della Santissima Trinità, la prescrizione della recita dell'"Angelus" ogni giorno, al tramonto, in
onore della Vergine. Canonizzò San Tommaso d'Aquino ed istituì il tribunale della Sacra Rota(così chiamato
dal tavolo rotondo a cui sedevano i giudici incaricati dei processi). A seguito della definitiva sconfitta dei
cristiani contro i mussulmani nelle Crociate, avvenuta nel 1291, concesse ai Frati Minori della Custodia di
Terra Santa di inviare due suoi frati nei Luoghi Santi, ogni anno, tra il 1322 ed il 1327. Giovanni XXII
sostenne l'opinione che le anime dei defunti dimoranti "sotto l'altare di Dio " ( Apocalisse 6,9 ) non
ricevessero il Giudizio subito dopo la morte ma venissero ammesse alla piena beatitudine o fossero
condannate all'Inferno unicamente dopo il Giudizio Universale. Egli presentò questa sua concezione
soprattutto in tre omelie: l'1 novembre e il 15 dicembre 1331 e il 5 gennaio 1332. Nella terza omelia affermò
che sia i demoni che gli uomini riprovati andranno al castigo eterno dell'Inferno solo dopo il Giudizio
Universale. Per avvalorare la sua concezione Giovanni XXII redasse nell'anno 1333 anche una
dissertazione. Il re Filippo VI di Francia fece fare un esame dall'Inquisizione. L'esame iniziò il 19 dicembre
1333. Da parte sua anche il Papa convocò una commissione di cardinali e di teologi, che il 3 gennaio 1334 in
concistoro lo indusse a dichiarare che avrebbe revocato la sua concezione se essa fosse stata trovata in
contrapposizione alla comune dottrina della chiesa. Morì il 4 dicembre 1334 poco dopo aver terminato una
bolla (la Ne super his) datata al giorno prima, cioè il 3 dicembre 1334, ritrovata ed emanata dal suo
successore papa Benedetto XII, in cui poco prima di morire ritrattò la sua dottrina. Oggi la Chiesa Cattolica
ritiene che Giovanni XXII parlò esprimendo un'opinione personale e non ex cathedra. I suoi pensieri teologici
sono stati recentemente riconsiderati in un saggio del filosofo Andrea Vaccaro.

197-Benedetto XII

Benedetto XII, nato Jacques Fournier (Saverdun, 1285 – Avignone, 25 aprile 1342), fu il
197°Papa della Chiesa cattolica dal 1334 alla morte.

Nato da una famiglia modesta della Contea di Foix, divenne un monaco cistercense a Boulbonne, e in
seguito a Fontfroide da suo zio, Arnaud Nouvel, che lo inviò a studiare a Parigi al collegio Saint-Bernard.
Maestro di teologia, successe a suo zio come abate di Fontfroide nel 1311. Vescovo di Pamiers nel 1317,
portò avanti attivamente la lotta contro i seguaci del Catarismo. Fu allora che porto avanti di persona una
politica inquisitoria molto attiva contro gli eretici. I registri dei suoi interrogatori, che teneva scrupolosamente,
serviranno allo studio dei comportamenti e delle mentalità, soprattutto all'interno del villaggio di Montaillou[1].
Nel 1326, diventa vescovo diMirepoix, e cardinale della sede di Santa Prisca nel 1327.

Soprannominato il cardinale bianco — poiché aveva mantenuto la sua veste da cistercense — fu un uomo
austero e ardente, che intervenne con autorità in tutti i dibattiti teologici del momento: povertà evangelica,
fraticelli, visione beatifica. Su quest'ultimo punto, fisserà la dottrina nella suaBenedictus Deus del 1336.

Eletto Papa il 20 dicembre 1334 alla morte di Papa Giovanni XXII, non portò avanti le politiche del suo
predecessore. In pratica fece pace con l'Imperatore Luigi che era stato precedentemente scomunicato, e per
quanto possibile scese a patti con l'Ordine Francescano, che era all'epoca in contrasto con la sede romana.

Tentato di riportare la sede pontificia a Roma nel 1335, alla fine si accontenterà di dimorare adAvignone,
dove costruirà il primo palazzo pontificio, la cui austerità architettonica ben riflette la personalità di Benedetto
XII. Non rifiuterà comunque di dare un certo decoro all'edificio, motivo per cui chiamerà presso di se il pittore
senese Simone Martini.

Benedetto fu un Papa riformatore, e cercò di limitare il lusso degli ordini monastici, ma senza molto
successo. Metterà ordine nel sistema di collazione dei benefici e di conseguenza il fisco pontificio.

198-Clemente VI

Clemente VI, nato Pierre Roger (Rosiers-d'Égletons, 1291 – Villeneuve-lès-Avignon, 6 dicembre1352), fu il


198° Papa della Chiesa cattolica dal 1342 alla morte (quarto dei Papi di Avignone). Figlio di un cavaliere,
monaco benedettino, studiò a Parigi. Maestro di teologia e forte di una grande cultura classica e sacra,
diventò presto noto come predicatore.

Divenne abate di Fécamp nel 1326, vescovo di Arras nel 1328, arcivescovo di Sens nel 1329 e
diRouen nel 1330. Fu consigliere e a più riprese ambasciatore di Filippo VI di Francia in Inghilterra e
ad Avignone. Nel 1329, fu portavoce del clero all'assemblea di Vincennes sulle giurisdizioni ecclesiastiche.
Nel 1333, venne incaricato da Papa Giovanni XXII di predicare per la Crociata. Nominato cardinale nel 1338,
venne eletto papa il 7 maggio 1342.

Come i suoi immediati predecessori, fu devoto alla Francia, e fece mostra di questa sua simpatia rifiutando
un invito solenne a far ritorno a Roma, ed acquistando la sovranità su Avignone dalla regina Giovanna I di
Napoli per 80.000 corone. La somma non venne mai pagata, ma Clemente potrebbe aver ritenuto di aver
corrisposto l'equivalente assolvendola dall'omicidio del marito Andrea d'Ungheria. Il 21 novembre 1342, nel
primo anno di pontificato, Clemente VI sancì il definitivo riconoscimento pontificio della Custodia di Terra
Santa, provincia dell'Ordine dei Frati Minori, nata nel 1217 per volontà di San Francesco di Assisi e
suddivisa nel 1263, per una più efficace opera di evangelizzazione, in più sottocircoscrizioni dette Custodie.
In particolare Clemente VI riconobbe l'operato del francescano Re di Napoli Roberto d'Angiò che aveva
ottenuto, dal Sultano di Egitto, il riconoscimento del diritto dei Frati Minori di rappresentare la Chiesa
cattolica in Terra Santa.
Gli altri principali eventi del suo pontificato furono le dispute con Edoardo III d'Inghilterra a causa
dell'intromissione di quest'ultimo nella giurisdizione ecclesiastica, la scomunica dell'imperatoreLuigi di
Baviera, i negoziati per la riunificazione con la Chiesa d'Oriente, e l'inizio della rivolta diCola di
Rienzo a Roma.

La sua famiglia svolse nella Chiesa un ruolo che i suoi contemporanei giudicarono eccessivo: quattro dei
suoi nipoti divennero cardinali (uno di questi diverrà papa Gregorio XI e un altro arcivescovo). Un altro nipote
era Maresciallo della Chiesa.

Comunque Clemente VI, durante la peste nera del 1348 diede esempio di coraggio e di lucidità: rimase ad
Avignone in piena epidemia, condannò il fanatismo dei flagellanti, e protesse efficacemente gli Ebrei.

Clemente morì il 6 dicembre 1352, lasciando di sé la reputazione di "un distinto gentiluomo, un principe
munifico fino alla profusione, un patrono delle arti e dello studio, ma non un santo" (Gregorovius).

199-Innocenzo VI

Innocenzo VI, nato Étienne Aubert (Beyssac, 1282 – Avignone, 12 settembre 1362), fu il
199°papa della Chiesa cattolica dal 1352 alla morte (all'epoca della cattività avignonese).

Successore di papa Clemente VI, era nativo della diocesi di Limoges, e, dopo esser stato un
abilecondottiero, divenne vescovo di Noyon prima e di Clermont poi, infine fu cardinale vescovo allasede
suburbicaria di Velletri lo stesso anno della sua elezione a pontefice.

Nel 1342 era stato elevato alla dignità di cardinale. Alla morte di Clemente VI, dopo che ognuno dei cardinali
si era vincolato da un accordo solenne a seguire una particolare linea politica se fosse stato eletto, Aubert
venne scelto (18 dicembre 1352). Uno dei primi atti del suo pontificato fu quello di dichiarare illegale e nullo il
patto.

La sua politica susseguente fu migliore rispetto a quelle degli altri papi di Avignone. Innocenzo portò a molte
riforme di cui si sentiva la necessità nell'amministrazione degli affari della Chiesa, e tramite il suo legato,
cardinale Egidio Albornoz, che era accompagnato da Cola di Rienzo, cercò di riportare l'ordine a Roma,
dove nel 1355, Carlo IV venne incoronato imperatore con il suo permesso, dopo aver in precedenza giurato
che avrebbe lasciato la città il giorno stesso, a cerimonia conclusa.

Dal 1355-56, iniziò a far bandire, in varie parti d'Europa, una crociata contro i Forlivesi, a causa
dell'inefficacia dell'azione di Egidio Albornoz nel tentativo di recuperare l'irriducibile città di Forlì, allora
governata dagli Ordelaffi, al dominio papale.

Fu in gran parte grazie alle esortazioni di Innocenzo che si giunse al trattato di Brétigny (1360)
traFrancia e Inghilterra. Durante il suo pontificato inoltre, Giovanni Paleologo offrì di sottomettere la Chiesa
greca alla sede romana, a condizione che gli venisse fornita assistenza contro Giovanni Cantacuzeno. Le
risorse a disposizione del Papa, comunque, erano tutte richieste per esigenze più vicine a casa, e l'offerta
venne declinata. Morì il 12 settembre 1362, e il suo successore fupapa Urbano V.
200-Urbano V

Urbano V, nato Guillaume de Grimoard (Le Pont-de-Montvert, 1310 – Avignone, 19 dicembre1370),:


nel 1870 papa Pio IX lo proclamò beato. Fu monaco benedettino e dottore di diritto canonico, insegnò
a Montpellier e ad Avignone. Resse l'ufficio di abate di Saint-Victor a Marsiglia. Si distinse in varie missioni
diplomatiche come inviato in Italia della curia avignonese nel decennio 1352-1362. Venne eletto papa il 28
ottobre 1362. Fu severo e ligio alla disciplina, pose freno alla pompa e al lusso dei cardinali, introdusse
notevoli riforme nell'amministrazione della giustizia e fu un patrono liberale degli studi. Nel 1363 proclamò
una crociata che sfociò nella spedizione di Pietro di Lusignano, Re di Cipro, che prese Alessandria
d'Egitto (11 ottobre 1365), ma dovette abbandonarla poco dopo. Segno distintivo del pontificato di Urbano V
fu lo sforzo di riportare il Papato in Italia e di sopprimere i potenti rivali alla sovranità temporale che vi si
trovavano. Urbano ad Avignone cominciò a sentirsi sempre meno sicuro ed aspettava con impazienza che il
cardinale Egidio Albornoz riuscisse a completare la restaurazione dello Stato della Chiesa: aveva serie
intenzioni di sottrarre la Santa Sede alle ingerenze del re di Francia. Lui del resto conosceva bene l'Italia e
quindi non era prevenuto come i suoi colleghi francesi. Anche se l'Albornoz aveva fatto un buon lavoro nel
centro Italia, in Toscana e in Emilia, in Alta Italia la situazione era più difficile e complessa. Nonostante fosse
riuscito a farsi molti alleati (Este, Gonzaga, ecc.), trovava un ostacolo nei Visconti che spadroneggiavano a
Milano e imperversavano nel Modenese, nel Bresciano e nel circondario di Bologna. Essi, inoltre,
rappresentando l'ultimo baluardo ghibellino in Italia, non riconoscevano la sovranità temporale del papa e,
armi in mano, avevano incamerato i beni ecclesiastici di cui erano venuti in possesso. Già Innocenzo VI,
aveva fatto dei tentativi di conciliazione e, uno dei due ambasciatori inviati dal pontefice a Bernabò Visconti a
Milano, era proprio Guglielmo de Grimoard, latore di due lettere pontificie. Incontrarono il potente signore
milanese; quando gli finirono di leggere le lettere, questi, in modo sprezzante, chiese loro se volessero
mangiare o bere, e alla risposta affermativa, fece loro mangiare le due lettere papali. Sarebbe bastato
questo episodio per giustificare e spiegare i sentimenti poco favorevoli che Urbano V nutriva per Bernabò. Lo
stesso mese della sua consacrazione citò il Visconti a comparirgli davanti entro tre mesi e, poiché il signore
di Milano non ubbidì all'intimazione, il 3 marzo 1363 emise la scomunica contro di lui. Il Visconti non temeva
la scomunica, fra l'altro da un papa che non riconosceva; quindi per altri tre anni mise a soqquadro città
lombarde, piemontesi, liguri e altre senza che l'Albornoz ed i suoi alleati potessero fermarlo. L'anno seguente
fu costretto a firmare una pace umiliante ritirando la scomunica e facendo molte concessioni al suo
avversario. Si era così giunti al 1366, cioè al quarto anno di pontificato di Urbano V, senza che si aprisse uno
spiraglio per il suo ritorno a Roma come lui desiderava fin dal primo giorno. Ma Urbano aveva deciso e
aveva perfino dato ordine al suo vicario a Roma di allestirgli l'appartamento nel palazzo pontificio. Buona
parte dell'Italia esultò nell'apprendere la notizia che aspettava da 60 anni.. Il 30 aprile 1367 Urbano prese la
via di Marsiglia e qui si imbarcò con tutto il suo seguito (solo tre cardinali francesi si rifiutarono) approdando
a Corneto, sulla costa laziale, il 3 giugno. Ad attenderlo c'erano l'Albornoz, tutti i Grandi dello Stato Pontificio
e una moltitudine di popolo, che da giorni aveva dormito in spiaggia per non perdersi lo storico avvenimento.
Appena giunto a terra Urbano celebrò una toccante messa; l'indomani, giorno della Pentecoste, ne celebrò
un'altra, ricevendo tutti i rappresentanti della città di Roma, poi si diresse a Viterbo. Qui il cardinale Albornoz,
braccio destro di Urbano in Italia morì. Dopo quattordici anni passati in Italia con lo scopo di rimettere un
papa sulla cattedra di San Pietro, non riuscì a vedere il compimento della sua opera. Solo il 16 ottobre 1367,
Urbano si decise ad abbandonare Viterbo per fare il suo trionfale rientro a Roma. Il primo anno romano di
Urbano fu molto attivo: si impegnò a ridare vita a una città da anni in decadenza; le costruzioni di inizio
secolo erano come antichi ruderi romani, quelle nuove devastate o svuotate dai saccheggiatori, le strade
senza manutenzione da anni erano diventate degli acquitrini. Ricostruì chiese e basiliche, riformò il governo
mettendo al posto dei sette eletti dal popolo tre funzionari della Santa Sede eliminando così quella
democrazia che il popolo era convinto di aver ottenuto. Iniziarono in questo modo i primi malcontenti. I
cardinali francesi che Urbano si era portati dietro non si erano adattati all'ambiente e si lamentavano delle
offese che ricevevano dai romani, che ricambiavano l'antipatia. Nella primavera del 1368 scese a Roma
l'imperatore Carlo IV, per ossequiarlo e per esserne incoronato; ma in questa incoronazione non ci fu molto
entusiasmo. Anche il Papa, che perso il valido Albornoz, credeva di poter contare su un aiuto militare del
tedesco in quelle contrade ancora in fermento, fu giocato. L'imperatore, presa la corona, risalì in fretta e furia
la penisola lasciando al loro destino gli Stati della Chiesa e lo stesso Urbano. All'inizio dell'anno seguente
salì a Roma l'imperatore d'Oriente Giovanni Paleologo a rendere omaggio a Urbano e ad abiurare lo scisma,
ma il vero scopo della visita era quello di implorare un aiuto per il suo impero pericolante ormai quasi tutto in
mano ai Turchi, bandendo una crociata. Il Pontefice fece un appello, ma nessuno si mosse, salvo Amedeo
VI di Savoia che però arrivò solo fino a Gallipoli. In Italia tutti gli Stati erano impegnati a difendersi dalle
scorrerie delle compagnie di ventura, che con la massima indifferenza passavano al soldo ora di uno ora
dell'altro potente signore per dedicarsi a scorrerie, guerriglie e assalti. In Francia era cominciata la guerra dei
cent'anni con l'Inghilterra. E la Germania era in mano a Carlo IV e ai suoi principi. La presa in giro di Carlo
IV, la mancanza di un valido condottiero come l'Albornoz, la situazione critica negli Stati della Chiesa, quella
sempre più caotica di Roma, dove di riflesso per colpa dei francesi anche Urbano V era malvisto, riempirono
di amarezza il Pontefice che era sceso a Roma con tanto entusiasmo. Quando poi la stessa
Viterbo, Perugia e altre città tornarono alle vecchie rivolte e il Visconti riprese a minacciare le terre pontificie,
Urbano lasciò Roma per Montefiascone e manifestò l'intenzione di tornare ad Avignone. I cardinali francesi,
zelanti nell'incitarlo, fecero presto a tramutare l'intenzione in una vera e propria volontà di abbandonare
Roma. Molti supplicarono il Papa di riconsiderare la sua decisione: il Petrarca gli scrisse per persuaderlo a
rimanere in Italia; una pia principessa svedese che da vent'anni soggiornava a Roma, Santa Brigida, venne
a Montefiascone a manifestare al Papa una rivelazione avuta dalla Vergine, secondo la quale gravi disgrazie
lo attendevano se tornava nel luogo dov'era stato eletto; i romani gli inviarono un'ambasceria a supplicarlo di
rimanere. Ma Urbano non si lasciò smuovere dalla decisione presa e il 5 settembre 1370 in quello stesso
porto di Corneto, dov'era approdato tre anni prima, si imbarcò con tutta la sua corte sulle navi. Il 16 dello
stesso mese sbarcò a Marsiglia, il 24 settembre fece il suo solenne ingresso in Avignone. Ma nemmeno due
mesi dopo cadde ammalato ed il 19 dicembre dello stesso anno morì. Vestito del suo saio monastico, venne
deposto nella cattedrale di Avignone, da cui fu poi traslato per essere sepolto nel monastero marsigliese di
cui era stato abate. Gli successe papa Gregorio XI. Nel 1870 Pio IX lo onorò come Beato.
201-Gregorio XI

Gregorio XI, nato Pierre Roger de Beaufort (Rosiers-d'Égletons, ca. 1330 – Roma, 26 marzo1378), fu il
201° Papa della Chiesa cattolica dal 1370 alla morte. Nato a Rosiers-d'Égletons, nella regione francese
del Limosino, attorno al 1336, era figlio di Guglielmo di Beaufort e di Maria du Chambon. Successe a Papa
Urbano V nel 1370 come uno deiPapi di Avignone. Nel 1348 lo zio papa Clemente VI lo
nominò cardinale con il titolo di Santa Maria Nuova. Durante il suo pontificato vennero prese misure vigorose
contro le eresie che avevano preso piede in Germania, Inghilterra, ed altre parti d'Europa; venne inoltre fatto
uno sforzo sincero di portare ad una riforma dei vari ordini monastici. Le diciannove proposizioni di John
Wyclif e i tredici articoli del Sachenspiegel vennero condannati formalmente da Gregorio XI nel 1373.
Nel 1371 promosse una lega contro i Visconti di Milano che cercavano di impadronirsi del Piemonte e della
Romagna, concludendo poi con essi la pace nel 1375.

Convinto assertore della necessità che il Papa risiedesse a Roma, questa convinzione venne ampiamente
stimolata dalle parole evocanti di Caterina da Siena, alle quali si deve quasi completamente il ritorno della
sede pontificia in Italia, avvenuto il 17 gennaio 1377. Gregorio non sopravvisse molto al ritorno, morendo
il 27 marzo 1378. Il suo successore fu papa Urbano VI, ma anche l'antipapa Clemente VII ricevette molto
supporto, e lo scisma durò per quarant'anni.

202-Urbano VI

Urbano VI, nato Bartolomeo Prignano (Napoli, ca. 1318 – Roma, 15 ottobre 1389). Nativo di Napoli, fu un
monaco devoto e un colto casuista. Divenne arcivescovo di Matera eAcerenza nel 1363, dove vi rimase fino
al 1377 per poi trasferirsi a Bari, alla morte di Gregorio XI, mentre il popolo di Roma richiedeva con clamore
un Papa italiano, venne scelto all'unanimità (8 aprile 1378) dai cardinali francesi. Il temperamento arrogante
ed imperioso del nuovo Papa, accresciuto dalle sue inaspettate fortune, si mostrò in modi così intollerabili
che cinque mesi dopo la maggioranza dei cardinali si incontrò a Fondi, e ripudiando la scelta precedente,
procedettero all'elezione di Roberto da Ginevra (20 settembre), che assunse il titolo di Clemente VII. Questo
episodio diede il via al Grande Scisma, che divise la cristianità per quasi quarant'anni. Le misure di Urbano
non erano prive di vigore, ma allo stesso tempo erano caratterizzate da un tale desiderio di prudenza ed
autocontrollo, da dare adito alla non improbabile affermazione che fosse in realtà, almeno a tratti, un
lunatico. Clemente VII venne scomunicato, e designato come l'anticristo; ventisei nuovi cardinali vennero
nominati in un solo giorno, e con un'arbitraria alienazione delle proprietà della Chiesa, vennero raccolti i
fondi per una guerra aperta. Castel Sant'Angelo venne assediato e preso, e l'antipapa Clemente VII costretto
alla fuga, mentreCarlo di Durazzo venne investito con la sovranità di Napoli, abbandonata dalla Regina
Giovanna. In seguito, Carlo iniziò a resistere alle pretese papali, e Urbano venne rinchiuso
a Nocera nelcastello del Parco.

Mentre era assediato furono i suoi stessi cardinali che pensarono di deporlo. Il giurista Bartolino da Piacenza
che era con loro, affermò che era giusto porre sotto la tutela di uno o più cardinali un papa capriccioso e
ostinato che metteva in pericolo la Chiesa Universale.
I cardinali passarono all’azione: avrebbero attirato il papa nel convento di San Francesco, ai piedi della
collina sulla quale sorgeva il castello. Qui l'avrebbero processato, dichiarato eretico e condannato al rogo,
procedendo subito all’esecuzione. Il giorno fissato era il 13 gennaio 1385, ma il papa fu avvertito dal
cardinale Orsini e quando i congiurati giunsero al castello, furono arrestati e torturati, e quindi deposti e
sostituiti. Il papa riuscì a conquistarsi l'appoggio del popolo, che si diede al saccheggio e all’assassinio di
tutti i suoi presunti nemici. La rivolta durò pochi giorni in quanto arrivarono a Nocera le truppe regie guidate
dal condottiero Alberico da Barbiano, e il 3 febbraio occuparono la città e posero l’assedio al castello.
L’assedio durò oltre sette mesi, e il papa rifiutò qualunque proposta di accordo, sperando nell’aiuto
promessogli dai genovesi e dal conte di Nola,Ramondello Orsino, originario di Nocera e capo del partito
avverso al re Carlo. Ramondello Orsino riuscì a portare nel castello un certo numero di uomini d’arme che
rafforzarono la resistenza. Il papa approfittò della cattività per maltrattare e torturare i cardinali prigionieri.
Carlo fu costretto a porre una taglia di 10.000 fiorinisulla testa del papa, mentre il suo avversario
quotidianamente affacciandosi alle finestre del castello lanciava scomuniche sugli assedianti e invitava i
buoni cristiani nocerini a combattere per lui e per la chiesa. Alla fine però i nemici riuscirono a superare la
prima e la seconda cerchia di mura della collina e a penetrare nella rocca, dove solo il nucleo centrale della
fortificazione resisteva ancora. Quando ormai era chiusa ogni via di scampo, sopraggiunsero in aiuto le
truppe dell’Orsini che ruppero l’assedio e portarono in salvo il papa con la sua corte, il tesoro e i cardinali
prigionieri attraverso le località di Sanseverino e Giffoni per poi rifugiarsi un giorno nel castello Gerione e poi
nel castello di Buccino[1][2]. La fuga si concluse alla marina di Paestum, dove il papa si imbarcò su navi
genovesi, pagando il loro aiuto con tutto il suo tesoro. Dopo aver toccato la Sicilia, il papa si diresse
a Genova e lì, alla Commenda di Prè, fece eliminare i cardinali prigionieri. Alla morte di Carlo, si pose alla
testa delle sue truppe, apparentemente con l'intenzione di catturare Napoli per suo nipote, se non per sé
stesso. Per raccogliere fondi proclamò un Giubileo, anche se solo trentatré anni erano trascorsi da quello
indetto da Clemente VI, ma morì prima di dare il via alle celebrazioni, a Roma, a seguito delle ferite riportate
da una caduta dal suo mulo, il 15 ottobre 1389. Gli successe Bonifacio IX.

203-Bonifacio IX

Bonifacio IX, nato Pietro Tomacelli (Casarano, ca. 1359 – Roma, 1° ottobre 1404), venne eletto a
trent'anni di età. Durante il suo pontificato l'antipapa Clemente VII continuò nel suo ruolo di papa
ad Avignone sotto la protezione della monarchia francese. Piero Tomacelli discendeva da un'antica ma
impoverita famiglia baronale di Napoli. Pur non essendo né un esperto teologo, né abile negli affari
della curia, si mosse con tatto e prudenza in un'epoca difficile. Germania, Inghilterra, Ungheria, Polonia e
gran parte dell'Italia lo accettarono come papa, (lui e il Papa di Avignone, Clemente VII, si erano scomunicati
a vicenda) ma il giorno prima della sua elezione, Clemente aveva incoronato un principe francese, Luigi II
d'Angiò, Re di Napoli. Il giovane Ladislao era l'erede di diritto di Carlo II di Napoli e Margherita di Durazzo,
discendente da una linea nobiliare che aveva tradizionalmente appoggiato i papi nelle loro lotte a Roma,
contro il partito anti-papista della città. Bonifacio fece sì che Ladislao venisse incoronato Re di
Napoli (a Gaeta il 29 maggio 1390) e lavorò con lui nel decennio successivo per espellere le forze angioine
dall'Italia meridionale. Nel corso del suo regno Bonifacio riuscì a far cessare la problematica indipendenza
del comune di Roma e stabilì il controllo temporale del Papa, anche se ciò richiese non solo la fortificazione
diCastel Sant'Angelo, ma anche dei ponti sul Tevere, e per diverse stagioni fu costretto a risiedere nelle più
tranquille Assisi o Perugia. Egli inoltre prese il porto di Ostia al suo cardinale-vescovo. Negli Stati
Pontifici Bonifacio riottenne gradualmente il controllo delle principali città e castelli e rifondò gli Stati nella
forma che avrebbero mantenuto per tutto il XV secolo. Clemente VII morì ad Avignone, il 16 settembre 1394,
ma i cardinali francesi elessero prontamente un successore, il cardinale Pedro de Luna, che prese il nome
di Benedetto XIII. Nel corso degli anni seguenti Bonifacio venne invitato ad abdicare persino dai suoi più forti
sostenitori:Riccardo II d'Inghilterra (1396), la Dieta di Francoforte (1397), e l'imperatore Venceslao (a Reims,
1398), ma Bonifacio rifiutò. Crebbe inoltre la pressione per un concilio ecumenico, come unico modo per
ricomporre lo Scisma d'occidente, ma il movimento conciliare non si fece strada durante il papato di
Bonifacio. Durante il pontificato di Bonifacio vennero celebrati a Roma due giubilei. Il primo nel 1390, era
stato dichiarato dal suo predecessore Urbano VI. Diverse città della Germania ottennero i "privilegi del
giubileo" e vennero chieste delle indulgenze, ma queste diedero vita ad abusi e scandali. Il giubileo del 1400
attirò a Roma grandi folle di pellegrini, in particolare dalla Francia. Nonostante una disastrosa epidemia
di peste, Bonifacio rimase in città. Nella seconda metà del 1399 sorsero gruppi di penitenti flagellanti, noti
come Bianchi, o Albati, specialmente in Provenza, che si diffusero poi in Spagna e nell'Italia settentrionale.
Questi evocarono scomodi ricordi delle processioni di flagellanti erranti del periodo della Morte Nera (1348-
49). Si spostavano in processione di città in città, indossando vesti bianche, con i volti coperti e una croce
rossa cucita sulla schiena, seguendo un capo che portava una grossa croce. Le voci di un imminente
giudizio divino e le visioni della Vergine Maria abbondarono. Cantavano un inno divenuto rapidamente
popolare, lo Stabat Mater, durante le loro processioni. Per un momento, mentre i "penitenti bianchi" si
avvicinavano a Roma, Bonifacio e la curia appoggiarono il loro entusiasmo penitenziale, ma quando questi
raggiunsero la città, Bonifacio fece bruciare sul rogo il loro capo, e questi si dispersero rapidamente.
"Bonifacio frammentò gradualmente queste folle vaganti, facile preda di agitatori e cospiratori, e infine le
dissolse." come viene riportato nella Catholic Encyclopedia. In Inghilterra le prediche anti-papali di John
Wyclif appoggiarono l'opposizione del Re e dell'alto clero all'abitudine di Bonifacio di garantire i benefici
inglesi alla curia romana, man mano che questi diventavano vacanti. Bonifacio introdusse una novità nella
forma di entrate note come annates perpetuæ, trattenendo metà delle entrate del primo anno di ogni
beneficio garantito alla corte romana. Il Parlamento inglese confermò ed estese gli statuti di "Provisore" e
"Præmunire" di Edoardo III, dando al re potere di veto sulle nomine pontificie in Inghilterra. Bonifacio venne
sconfitto da un fronte unito e la lunga controversia venne infine appianata, per la soddisfazione del re
inglese. Cionondimeno, al Sinodo di Londra (1396), i vescovi inglesi si riunirono per condannare Wyclif. Nel
1398 e 1399 Bonifacio si appellò all'Europa cristiana in favore dell'imperatore bizantino Manuele, minacciato
a Costantinopoli dal sultano Bajazet, ma ci fu poco entusiasmo per una nuova crociata a quell'epoca. Santa
Brigida di Svezia venne canonizzata da Bonifacio il 7 ottobre 1391. Le Università di Ferrara (1391)
e Fermo (1398) devono la loro origine a Bonifacio, e quella di Erfurt il suo riconoscimento (1392).
Nel 1404 Bonifacio morì, dopo una breve malattia. Bonifacio IX fu un politico franco, visto che fu interessato
al denaro come gli altri principi europei. Il traffico in benefici, la vendita di dispense e simili, non coprivano le
perdite di fonti locali di reddito causate dalla lunga assenza del Papato da Roma. Le entrate dall'estero
diminuirono a causa dello scisma, delle spese per la pacificazione e la fortificazione di Roma, delle guerre
costanti provocate dall'ambizione francese e dalla riconquista degli Stati Pontifici. Bonifacio certamente si
prese cura generosamente della madre, dei fratelli e dei nipoti, così come era nello spirito dei tempi. La
Curia fu forse parimenti responsabile per i nuovi sistemi finanziari che erano destinati nel secolo successivo
a far sorgere amari sentimenti contro Roma, particolarmente in Germania.

204-Innocenzo VII

Innocenzo VII, nato Cosimo de' Migliorati (Sulmona, ca. 1336 – Roma, 6 novembre 1406), regnò
durante lo Scisma d'occidente, mentre il Papa rivale, Benedetto XIII (1394-1423), regnava da Avignone.
Migliorati proveniva da una nobile famiglia della cittadina di Sulmona in Abruzzo. Si distinse per i suoi studi
sia nel diritto civile che nel diritto canonico, che insegnò per un certo periodo a Perugiae a Padova. Il suo
insegnante, Lignano, lo sponsorizzò a Roma, dove Urbano VI lo fece entrare nella Curia, inviandolo per dieci
anni come collettore pontificio in Inghilterra, e successivamente lo nominò vescovo di Bologna (1386) e
arcivescovo di Ravenna (1387). Papa Bonifacio IX lo rese cardinale e lo impiegò come legato pontificio in
diverse missioni importanti e delicate. Quando Bonifacio IX morì, erano presenti a Roma delegati del Papa
rivale di Avignone, Benedetto XIII. I cardinali romani chiesero a questi delegati se il loro signore avrebbe
voluto abdicare, in caso loro si fossero astenuti dal tenere un'elezione. Quando gli venne bruscamente
risposto che Benedetto non avrebbe mai accettato (e infatti non lo fece mai), i cardinali procedettero
all'elezione. Prima, comunque, prestarono tutti giuramento solenne di non lasciare niente intentato, allo
scopo di terminare lo scisma. Migliorati venne scelto all'unanimità — da otto cardinali — (17 ottobre 1404) e
prese il nome di Innocenzo VII. Ci fu una rivolta generale del partito ghibellino, quando giunse notizia della
sua elezione, ma la pace venne mantenuta con l'aiuto di re Ladislao di Napoli, che corse a Roma con un
gruppo di soldati per assistere il Papa nel sopprimere l'insurrezione. Per i suoi servigi il Re estorse diverse
concessioni ad Innocenzo, tra queste la promessa che non avrebbe raggiunto nessun accordo con il Papa
rivale di Avignone, che avesse compromesso le pretese di Ladislao su Napoli, le quali erano state sfidate
fino a poco prima da Luigi II d'Angiò. Questo stava bene a Innocenzo, che non aveva alcun'intenzione di
scendere con Avignone a patti che compromettessero le sue rivendicazioni sugli Stati Pontifici. Innocenzo
venne così a trovarsi costretto a obblighi imbarazzanti, dai quali si liberò alla prima occasione. Innocenzo
aveva commesso il grave errore di elevare al cardinalato un suo nipote decisamente inadatto al
ruolo, Ludovico Migliorati, un pittoresco condottiero, in precedenza al soldo di Giangaleazzo Visconti di
Milano, la cui violenta carriera di soldato di ventura gli stava ancora in gran parte innanzi. Un atto di
nepotismo che avrebbe pagato caro. Nell'agosto 1405, il cardinale intercettò undici rappresentanti della
chiassosa fazione romana avversa al Papa, che erano di ritorno da una conferenza col Pontefice, e li fece
assassinare nella sua casa, facendone poi gettare i corpi in strada, dalle finestre dell'ospedale di Santo
Spirito. Ci fu una sollevazione. Papa, corte e cardinali, assieme alla fazione di Migliorati, fuggirono
verso Viterbo. Ludovico prese l'occasione per portare via del bestiame che pascolava fuori dalle mura, e il
partito del Papa venne inseguito dai romani inferociti, perdendo trenta membri, i cui corpi vennero
abbandonati nella fuga. Tra questi vi era l'abate di Perugia, colpito sotto gli occhi del Papa. Il suo protettore
Ladislao, inviò una squadra di soldati a sedare la rivolta, e per il gennaio del 1406 i romani accettarono
nuovamente l'autorità papale, e Innocenzo si sentì in grado di fare ritorno a Roma (in marzo Innocenzo
nominò Ludovico Marchese e Conte di Fermo). Ladislao, non contento delle concessioni fattegli in
precedenza, desiderava estendere la sua autorità su Roma e sugli Stati Pontifici. Per ottenere i suoi scopi
aiutò la fazione ghibellina di Roma nei suoi tentativi rivoluzionari. Un contingente di truppe che re Ladislao
aveva mandato in aiuto della fazione dei Colonna occupava ancora Castel Sant'Angelo, in apparenza per
proteggere il Vaticano, ma compiendo frequenti sortite su Roma e il territorio circostante. Solo dopo che
Ladislao venne scomunicato cedette alle richieste del Papa di ritirare le sue truppe. Poco dopo la sua
ascensione, Innocenzo si mosse per mantenere il suo giuramento proclamando un concilio. I problemi che si
crearono a Roma gli fornirono il pretesto, del quale non mancò di usufruire, per rimandare l'incontro, che
veniva richiesto con urgenza da Carlo IV di Francia, da teologi dell'Università di Parigi come Pierre
d'Ailly e Jean Gerson, che stavano sviluppando una teoria secondo la quale i Papi erano assoggettati ai
concili, e da Rupert III, Re dei tedeschi, come unico mezzo per sanare lo scisma che da lungo tempo
perdurava. Nelle condizioni del momento, Innocenzo non poteva garantire un passaggio sicuro a Benedetto,
nel caso avesse deciso di recarsi a Roma per il concilio. Il suo rivale, fece sembrare che l'unico ostacolo alla
fine dello scisma fosse la mancanza di volontà di Innocenzo. Innocenzo non mostrò alcun interesse alla
proposta che lui e Benedetto abdicassero nell'interesse della pace. Si disse che Innocenzo avesse
progettato la restaurazione dell'università romana, ma la sua morte pose fine a quelle voci. Innocenzo morì a
Roma, il 6 novembre 1406, così improvvisamente da far nascere voci di tradimenti e di omicidio, ma non ci
sono prove a sostegno di una sua morte per cause non naturali. Suo successore fu papa Gregorio XII.

205-Gregorio XII

Gregorio XII, nato Angelo Correr (Venezia, ca. 1326 – Recanati, 18 ottobre 1417. Successe a Innocenzo
VII il 30 novembre 1406, essendo stato scelto a Roma da un conclavecomposto da soli quindici cardinali,
con l'esplicita condizione che, se Benedetto XIII, il Papa rivale di Avignone, avesse rinunciato a tutte le
pretese al papato, anch'egli avrebbe rinunciato alle sue, di modo che potesse essere svolta una nuova
elezione e si potesse porre fine allo Scisma d'Occidente. I due pontefici aprirono dei negoziati prudenti, per
incontrarsi su suolo neutrale a Savona, ma presto la loro determinazione cominciò a tentennare. La famiglia
Correr, parenti di Gregorio XII, eLadislao di Napoli, sostenitore di Gregorio, e del suo predecessore, per
ragioni politiche, usarono tutta la loro influenza per impedire l'incontro, ed oltretutto il timore di ciascun Papa
di essere catturato dal partito del rivale facilitò le cose. I cardinali di Gregorio XII mostrarono la loro
insoddisfazione sul suo modo di procedere e diedero segno della loro intenzione di abbandonarlo. Il 4
maggio 1408, Gregorio XII riunì i suoi cardinali a Lucca, ordinandogli di non lasciare la città per alcun motivo,
ed incrementò il suo seguito nominando cardinali quattro suoi nipoti, nonostante la promessa fatta al
conclave che non ne avrebbe ordinati di nuovi. Sette di questi cardinali lasciarono Lucca in segreto e
negoziarono con i cardinali di Benedetto, a riguardo della convocazione di un concilio generale, nel corso del
quale i due Papi sarebbero stati deposti e uno nuovo eletto. Di conseguenza convocarono il Concilio di
Pisa ed invitarono entrambi i pontefici ad esservi presenti. Né Gregorio XII, né Benedetto XIII si fecero
vedere. Gregorio restò presso il suo leale e potente protettore, Principe Carlo di Malatesta, che si recò a
Pisa di persona, durante lo svolgimento del concilio, allo scopo di appoggiarlo presso i due gruppi di
cardinali. Nel corso della quindicesima sessione, il 5 giugno 1409, il Concilio di Pisa depose i due pontefici
come scismatici, eretici, spergiuri e scandalosi; più tardi verso la fine del mese elesse Alessandro V come
nuovo Papa. Gregorio XII, che nel frattempo aveva ordinato altri dieci cardinali, aveva convocato un concilio
rivale a Cividale del Friuli, nei pressi di Aquileia; malgrado pochi vescovi vi partecipassero, i cardinali di
Gregorio dichiararono Benedetto XIII e Alessandro V scismatici, spergiuri e devastatori della Chiesa. La
situazione venne infine risolta con il Concilio di Costanza. Gregorio nominò Carlo di Malatesta e il cardinale
Dominici di Ragusa come suoi delegati. Il cardinale convocò il concilio e autorizzò i suoi atti di successione,
preservando così le formule del primato papale. Quindi Malatesta, agendo in nome di Gregorio XII,
pronunciò l'abbandono di Gregorio, che i cardinali accettarono, ma in base a precedenti accordi, accettarono
anche di mantenere tutti i cardinali che questi aveva creato, dando così soddisfazione alla famiglia dei
Correr, e nominando Gregorio vescovo di Porto (Ostia) e legato pontificio ad Ancona. Il concilio mise inoltre
da parte anche l'Antipapa Giovanni XXIII (1415) succeduto ad Alessandro V e lo Scisma d'Occidente giunse
a conclusione. Gregorio spese il resto della sua vita, due anni, in una tranquilla oscurità ad Ancona. È
sepolto nella cattedrale di Recanati; dopo di lui tutti i papi sono stati sepolti a Roma. Nel 1417, dopo la sua
morte, il suo successore lo nominò Pontefice Emerito di Roma.

206-Martino V

Martino V, nato Ottone (o Oddone) Colonna (Genazzano, 1368 – Roma, 20 febbraio 1431). Figlio del
principe Agapito Colonna e di Caterina Conti (A sua volta figlia di Giovanni Conti e di Margherita Colonna),
nato a Genazzano vicino Roma nel 1368, apparteneva ad una delle più antiche ed importanti famiglie
di Roma. Studiò all'Università di Perugia. Divenne protonotario apostolico sotto papa Urbano VI; poi uditore
papale; quindi fu nominato il 12 giugno 1405cardinale-diacono di San Giorgio al Velabro da papa Innocenzo
VII. Fu anche amministratore delladiocesi di Palestrina dal 1401 al 1405 e per un breve periodo nel 1412.
Nell'estate del 1408abbandonò Gregorio XII e nel 1410 fu uno dei delegati dell'antipapa Alessandro
V all'audizione dell'appello portato al papato da Jan Hus. Ebbe sempre parte nell'attività conciliare durante
l'elezione dei due antipapi Alessandro V e Giovanni XXIII. A quest'ultimo fu sempre fedele, fino a Costanza,
fino alla sua sconsiderata fuga. Egli fu eletto unanimamente papa dopo un conclave di tre giorni, l'11
novembre 1417 nel giorno di San Martino, durante il Concilio di Costanza da un conclave formato da ventitré
cardinali e trenta delegati del concilio, che dopo aver deposto l'Antipapa Giovanni XXIII, avevano
manifestato molte perplessità sulle rivendicazioni in conflitto diGregorio XII e Benedetto XIII. Benedetto XIII
fu deposto contro la sua volontà mentre Gregorio XII fu convinto ad una onorevole abdicazione. L'elezione di
Oddone, che scelse il nome di Martino in quanto eletto il giorno del santo e si considerava successore di
Giovanni XXIII, mise la parola fine allo Scisma d'Occidente. Durante il suo pontificato, tentò di riedificare e
ripopolare l'antica città di Ferento nella Tuscia viterbese distrutta dai viterbesi nel 1172. Fu giustamente
stimato per la sua moderazione, cultura (nel 1425 fondò a Lovanio la più antica università cattolica tuttora
esistente), rettitudine e abilità nel trattare, ma fallì nell'ottenere, come avrebbe potuto, l'onore di diventare un
Papa riformatore. Il suo primo atto dopo l'elezione fu quello di pubblicare una nota che confermava tutti i
regolamenti dei suoi predecessori riguardanti la cancelleria pontificia — regolamenti che erano da tempo
oggetto di giuste lamentele. Quando le "nazioni" del concilio spinsero i loro piani di riforma, Martino propose
un piano in gran parte alternativo, e alla fine entrò in negoziati per concordati distinti, vaghi ed illusori,
con Germania, Inghilterra e Francia.
Martino lasciò Costanza alla chiusura del concilio (maggio 1418), ma viaggiò lentamente attraverso l'Italia:
Torino, Pavia, Milano, Mantova, Ferrara, Ravenna, Forlì, Firenze; qui si soffermò quasi un anno e mezzo, e
non si avventurò ad entrare a Roma fino al settembre 1420, quando il suo primo compito fu il cercare di
ristabilire la prosperità e l'ordine ai quali la città era diventata estranea. Nel frattempo, si era tenuto, a Forlì,
nel 1418, un celebre concilio ebraico, che aveva deciso di inviare a Martino V una delegazione con la
richiesta di abolire la legislazione antigiudaica voluta dall'Antipapa Benedetto XIII. Martino ne accolse le
richieste. In accordo con il decreto di Costanza, confermato da lui stesso, che prevedeva che si dovesse
tenere un concilio ogni cinque anni, nel 1423Martino ne convocò uno che si riunì a Pavia e successivamente
a Siena; la partecipazione fu abbastanza scarsa, e la circostanza diede al Papa il pretesto per scioglierlo non
appena giunse alla conclusione che «l'unione interna della Chiesa per mezzo della riforma deve avere la
precedenza sull'unione esterna». Il concilio venne rinviato per sette anni e si riunì infine a Basilea; poco
dopo l'apertura Martino morì, per un colpo apoplettico, il 20 febbraio 1431.

207-Eugenio IV

Eugenio IV, nato Gabriele Condulmer (in latino: Eugenius IV; Venezia, 1383 – Firenze, 23 febbraio 1447).
Nacque a Venezia da una ricca famiglia di mercanti, sua madre apparteneva alla famiglia Correr.
Condulmero entrò nell'Ordine Celestino e acquisì importanza durante il pontificato dello zio, papa Gregorio
XII, dal quale era stato nominato vescovo di Siena. Qui la classe politica obiettò la scelta di un
ventiquattrenne forestiero, e data la situazione, Gabriele lasciò l'incarico e divenne tesoriere pontificio dello
zio, protonotaio, cardinale-prete di San Marco e San Clemente, e successivamente cardinale-prete di Santa
Maria in Trastevere. Egli si rese utile anche durante il pontificato di papa Martino V e venne prontamente
eletto a succedergli. Venne incoronato in San Pietro l'11 marzo 1431, con il nome di Eugenio IV. Per un
accordo scritto stipulato prima della sua elezione, accettò di distribuire ai cardinali la metà di tutte le entrate
della Chiesa, e promise di consultarsi con loro su tutte le questioni di importanza spirituale o temporale.
All'atto della sua elevazione a pontefice, Eugenio prese misure violente contro diversi esponenti
della famiglia Colonna, cui apparteneva il suo predecessore Martino V, il quale aveva concesso terre e
castelli al suo numeroso clan. Questo coinvolse Eugenio in una grave contesa con il potente casato dei
Colonna, che ufficialmente appoggiava i diritti locali di Roma contro gli interessi del Papato. Venne ben
presto organizzata una tregua. Ma la caratteristica di gran lunga più importante del pontificato di Eugenio IV
fu la grande lotta tra il Papa e il Concilio di Basilea. Il 23 luglio 1431, i suoi legati aprirono il concilio, che era
stato convocato da Martino V, ma poco fiducioso dei suoi scopi e incoraggiato dalla scarsa partecipazione, il
Papa emise una bolla il 18 dicembre 1431, che scioglieva il concilio e ne indiva un altro che si sarebbe
riunito diciotto mesi dopo a Bologna. Il concilio resistette a quella che ai più sembrò una prematura
espressione della prerogativa papale. L'azione di Eugenio IV diede qualche peso all'opinione secondo cui la
curia si opponeva a qualsiasi reale misura di riforma. Il concilio rifiutò di sciogliersi; e invece rinnovò le
risoluzioni rivoluzionarie con le quali il Concilio di Costanza aveva dichiarato che il concilio era superiore al
Papa, e citò Eugenio IV perché comparisse a Basilea. Un compromesso venne preparato da Sigismondo del
Sacro Romano Impero, che era stato incoronato imperatore a Roma il 31 maggio 1433. In base all'accordo il
Papa ritirò la sua bolla di scioglimento e, riservando tutti i diritti alla Santa Sede, riconobbe il concilio
come ecumenico (15 dicembre 1433).
La restaurazione a Roma di un autonomo governo comunale (soppresso nel 1398 da Bonifacio IX), favorita
dalla fazione colonnese, costrinse il papa a fuggire in esilio nel maggio 1434. Travestito con abiti da monaco,
venne condotto da una barca a remi al centro del Tevere, inseguito dalla milizia comunale e sotto il lancio di
pietre gettate da entrambe le rive, fino ad Ostia, dove lo attendeva un vascello fiorentino. Anche se la città
venne ricondotta all'obbedienza da Giovanni Vitelleschi vescovo di Recanati, nell'ottobre seguente, il Papa
rimase a Firenze e Bologna. Nel frattempo la lotta con il concilio riunito a Basilea riprese nuovamente.
Eugenio, in seguito ad un accordo con l'imperatore di CostantinopoliGiovanni VIII Paleologo l'8
gennaio 1438 riunì a Ferrara un concilio rivale aperto alla Chiesa d'Oriente, e scomunicò i prelati radunati a
Basilea. In risposta questi scomunicarono il Papa come eretico il 25 giugno 1439, e il novembre successivo
elessero come antipapa l'ambizioso Amedeo VIII, Duca di Savoia, con il nome di Felice V. La condotta
di Francia eGermania sembrò appoggiare questa azione, poiché Carlo VII aveva introdotto in Francia i
decreti del Concilio di Basilea, con modifiche minori, attraverso la prammatica sanzione di Bourges (7
luglio 1438), e la dieta di Magonza aveva privato il Papa di gran parte dei suoi diritti sull'Impero (26
marzo 1439). A Firenze, dove il concilio di Ferrara era stato trasferito in seguito allo scoppio della peste, nel
luglio del 1439, venne proclamata un'unione con la Chiesa Ortodossa d'Oriente che in realtà non venne
concretizzata; questa decisione, in quanto risultato di necessità politiche, si rivelò come una temporanea
spinta in alto del prestigio del Papato. Questa proposta di unione venne seguita da altre di ancor minore
stabilità. Eugenio firmò un accordo con gli armeni il 22 novembre 1439, e con parte dei Giacobiti nel 1443,
mentre nel 1445 ricevette Nestoriani e Maroniti. Eugenio fece del suo meglio per arginare l'avanzata
dell'Impero Ottomano, devolvendo un quinto delle entrate pontificie alla Crociata che partì nel 1443, ma che
andò incontro ad una devastante sconfitta. Nello stesso anno nominò vicario pontificio Antonio Ordelaffi,
riconoscendone la Signoria di Forlì anche per la sua discendenza. Il suo rivale Felice V, nel frattempo,
ottenne poco riconoscimento, e l'abile consigliere pontificio, l'umanista Enea Silvio Piccolomini, futuro papa
Pio II, fece pace con Eugenio nel 1442. Il riconoscimento da parte del Papa alle pretese su Napoli di
re Alfonso V di Aragona, sottrasse l'ultimo importante appoggio all'ormai diviso concilio di Basilea, e permise
ad Eugenio di fare un trionfale ritorno a Roma il 26 settembre 1443, dopo unesilio durato quasi dieci anni. Le
sue proteste contro la Prammatica Sanzione di Bourges furono inefficaci. Per contro l'imperatore Federico
III riconobbe la sua autorità e con la dieta di Francoforte (1446) avviò la soluzione dello scisma; nel
successivo 1447, attraverso il Concordato dei Principi, negoziato da Piccolomini con gli elettori tedeschi
nel 1447, l'intera Germania si dichiarò contraria all'antipapa. Anche se il suo pontificato fu così tempestoso e
infelice da avergli fatto dire, sul letto di morte, di aver rimpianto di aver lasciato il suo monastero, la vittoria di
Eugenio sul Concilio di Basilea e i suoi sforzi indirizzati all'unità della Chiesa contribuirono notevolmente a
spezzare il movimento conciliare e a ripristinare la posizione dominante che il papato aveva mantenuto
prima dello Scisma d'Occidente. Eugenio IV era contro lo schiavismo praticato dagli spagnoli sulla
popolazione nera delle Isole Canarie da loro conquistate: il 13 gennaio 1435emise da Firenze la bolla Sicut
Dudum dove tra l'altro scriveva: "..... Queste persone devono essere libere completamente e perpetuamente
e devono essere lasciate andare senza estorsione o ricezione di denaro"... La bolla papale fu però
completamente ignorata dagli spagnoli che continuarono a schiavizzare la popolazione nera, sostenendo
che non si trattava di uomini ma di creature che non erano razionali, ma specie di animali. Eugenio fu
dignitoso nel comportamento, ma inesperto e vacillante nell'azione e di temperamento eccitabile. Duro nella
sua avversione all'eresia, mostrò grande bontà nei confronti dei poveri. Lavorò alla riforma degli ordini
monastici, in particolare i Francescani, e non fu mai colpevole di nepotismo. Benché austero nella vita
privata, fu sincero amico dell'arte e dello studio, e nel 1431 rifondò l'Università a Roma. Morì il23
febbraio 1447. Eugenio IV fu, come il suo predecessore Martino V, un uomo colto e raffinato, che viaggiò
molto, conoscendo le novità artistiche di Firenze e di altre città e chiamando artisti di fama a decorare Roma,
continuando i lavori di ripristino nelle basiliche romane. Nei primi anni quaranta venne chiamato
l'umanista Filarete, che terminò nel 1445 i battenti bronzei di San Pietro, dove si registra un precoce gusto
antiquario legato alla capitale ed alle sue vestigia. Poco dopo arrivarono in città Beato Angelico, che iniziò
una serie di affreschi perduti in San Pietro, e il francese Jean Fouquet, che testimonia con la sua presenza il
nascente interesse in Italia della pittura fiamminga e nordica in generale. Sebbene la durata del pontificato di
Eugenio IV non permise di attuare appieno i suoi piani, Roma iniziava a diventare quel terreno di incontro
fecondo tra artisti di scuole diverse, che presto sarebbe sfociato in uno stile comune e, per la prima volta,
definibile "romano".

208-Niccolò V

Niccolò V, nato Tomaso Parentucelli (in latino: Nicolaus V; Sarzana, 15 novembre 1397 –Roma, 24
marzo 1455). Nacque nella Repubblica di Genova a Sarzana, dove suo padre esercitava la professione di
medico.. Il padre morì quando Tomaso era ancora giovane, ma recatosi a Firenze Parentucelli divenne
tutore per le famiglie Strozzi e Albizzi, dove fece la conoscenza dei principali studiosi umanisti. Tomaso
studiò a Bologna, dove conobbe Leon Battista Alberti, conseguendo la laurea in teologia nel 1422. Il
vescovo Niccolò Albergati fu così colpito dalle sue capacità che lo prese a servizio e gli diede la possibilità di
approfondire i suoi studi, mandandolo in viaggio attraverso Germania, Francia ed Inghilterra. Egli fu così in
grado di raccogliere numerosi libri, per i quali nutriva una sincera passione intellettuale, ovunque si recò.
Alcuni di questi sono sopravvissuti fino ai nostri giorni, con le sue note a margine in bella grafia. Tomaso si
distinse al Concilio di Ferrara/Firenze, e nel 1444, quando morì il suo patrocinatore, venne nominato
vescovo di Bologna al suo posto. A causa dei prolungati disordini civici a Bologna, Papa Eugenio IV lo
nominò come uno dei suoi legati inviati a Francoforte per negoziare un'intesa tra Santa Sede e Sacro
Romano Impero, circa l'abolizione o almeno il contenimento dei decreti di riforma del Concilio di Basilea. La
sua azione diplomatica, coronata dal successo, gli fece ottenere come ricompensa il titolo di cardinale-prete
di Santa Susanna . Venne eletto Papa il 6 marzo dell'anno successivo, prendendo il nome di Niccolò in
onore del suo benefattore. Gli otto anni del suo pontificato furono importanti per la storia politica, scientifica e
letteraria del mondo. Dal punto di vista politico, fu responsabile del Concordato di Vienna, con il Re
tedesco Federico III del Sacro Romano Impero, tramite il quale vennero abrogati i decreti del Concilio di
Basilea contrari alle prerogative papali per quanto concerneva la Germania. Nell'anno seguente si assicurò
un ancor maggiore trionfo tattico, con la rinuncia dell'antipapa Felice V (7 aprile) e il suo riconoscimento da
parte del Concilio di Basilea, riunito a Losanna. Nel 1450, Niccolò tenne un giubileo a Roma, e le offerte dei
numerosi pellegrini che vi si recarono gli fornirono i mezzi per portare avanti la causa della cultura in Italia,
che gli stava molto a cuore. Nel marzo 1452 incoronò imperatore Federico III, nella Basilica di San Pietro. Fu
l'ultima circostanza in cui un imperatore venne incoronato a Roma. Niccolò V introdusse a Roma il nuovo
spirito del Rinascimento. La sua prima preoccupazione fu pratica: rinforzare le mura della città, ripulire e
pavimentare le strade principali e ripristinare le forniture d'acqua. L'acquedotto dell'"Aqua Virgo", venne
restaurato da papa Niccolò, e portava l'acqua in un semplice bacino, progettato da Leon Battista Alberti, che
fu il predecessore della Fontana di Trevi. Ma i lavori a cui dedicò particolarmente la sua attenzione furono la
ricostruzione del Vaticano e della Basilica di San Pietro, dove si sarebbero concentrate le glorie rinate del
papato. Si spinse fino a far abbattere parti dell'antica basilica, e apportò alcune modifiche, di cui sono
testimonianza alcuni affreschi del Beato Angelico. Per provvedere ai materiali di costruzione, Niccolò non
esitò a spogliare le costruzioni di Roma antica, asportando, per esempio, le decorazioni dalla basilica di
Nettuno. Sotto il generoso patronato di Niccolò fece progressi anche l'umanesimo. Impiegò Lorenzo
Valla come notaio e tenne numerosi copisti e studiosi con lo scopo preciso di una traduzione integrale in
latino delle opere greche, sia pagane che cristiane, arrivando a pagare diecimila fiorini per la traduzione
metrica di Omero. Questa impresa, avviata poco prima della nascita della stampa, contribuì enormemente
all'espansione dell'orizzonte intellettuale. Niccolò fondò una biblioteca con novemila volumi. Il lustro del suo
pontificato sarebbe stato per sempre offuscato dalla caduta di Costantinopoli, che i Turchi presero nel 1453.
Il Papa sentì amaramente questa catastrofe come un doppio colpo alla Cristianità e alla letteratura greca. In
seguito alla caduta di Costantinopoli, Niccolò predicò una Crociata, e si impegnò a riconciliare le mutue
animosità tra gli stati italiani, ma senza molto successo. Non visse abbastanza a lungo da vedere gli effetti
prodotti dagli studiosi, armati di manoscritti inimmaginabili, che iniziarono a farsi largo in Italia.
Nell'intraprendere queste opere Niccolò fu mosso "per rafforzare la debole fede del popolo con la grandezza
si ciò che vede". Il popolo di Roma, comunque, non apprezzò né le sue ragioni né i suoi risultati, e nel 1452
venne scoperta e repressa una formidabile congiura per rovesciare il governo pontificio, guidata da Stefano
Porcari. Questa manifestazione di disaffezione, assieme alla caduta di Costantinopoli, gettò ombra sugli
ultimi anni di Papa Niccolò; "Come Tomaso di Sarzana," disse, "ho avuto più felicità in un giorno che ora in
un anno intero". Morì il 24 marzo 1455. Fu suo biografo l'umanista Giannozzo Manetti che descrisse anche il
suo ambizioso programma di rinnovo urbano diRoma. Fu con Niccolò V che le trasformazioni sporadiche dei
suoi predecessori assunsero una fisionomia organica, preparando il terreno agli ambiziosi sviluppi
successivi. Il piano di riassetto della città verteva essenzialmente su cinque punti fondamentali[3]:

1. Ripristino delle mura


2. Restauro o ricostruzione delle quaranta chiese presenti in città
3. Risistemazione del Borgo
4. Ampliamento di San Pietro
5. Ristrutturazione del Palazzo Apostolico

L'intento era quello di ottenere una cittadella religiosa sul colle Vaticano, esterna alla città laica che aveva il
suo fulcro attorno al Campidoglio. A questo progetto si legava indissolubilmente quello di esaltare la potenza
della Chiesa, dimostrando inequivocabilmente la continuità tra Roma imperiale e Roma cristiana. Per la
brevità del pontificato di Niccolò l'ambizioso progetto non poté essere portato a termine, però fece converge
in città artisti di più scuole, che avevano in comune l'interesse per l'antichità e il fascino verso i resti classici,
che finirà per determinare, in qualche modo, una certa omogeneità dei loro lavori. La presenza di Leon
Battista Alberti, sebbene non direttamente collegabile a cantieri effettivi (verso i quali si dimostrò molto
critico), fu importante per ribadire il valore del retaggio della Roma antica e il suo collegamento col papato.
Nel 1452 dedico a Niccolò V il trattato De re aedificatoria, dove venivano teorizzate le basi per il riutilizzo
della lezione degli antichi, attualizzata con un rigoroso recupero anche di elementi derivati dalla tradizione
medievale. Un esempio paradigmatico del gusto sviluppatosi in quel periodo in architettura è palazzo
Venezia, avviato nel 1455 inglobando costruzioni preesistenti. Nel progetto del cortile del Palazzetto (del
quale non si conosce l'autore) si trovano elementi ripresi dall'architettura romana, combinati però senza
rigore filologico, privilegiando la funzionalità all'aderenza rigida al modello. Esso riprende il modello
del viridarium e si ispira al Colosseo negli ordini architettonici sovrapporti e
nel cornicione con fregio a mensole. L'ampiezza degli archi però è diminuita e semplificata, per non farli
sembrare troppo imponenti rispetto agli spazi che racchiudono. Nel palazzo vero e proprio (costruito
dal 1466) si ebbe una ripresa più fedele dei modelli antichi, che testimonia una graduale comprensione più in
profondità: per esempio il vestibolo ha una volta alacunari in calcestruzzo (ripresa dal Pantheon o
dalla Basilica di Massenzio) o nella loggetta del cortile principale, con gli ordini sovrapposti e le semicolonne
addossate sui pilastri come nel Colosseo o nel Teatro di Marcello[3]. La committenza papale esercitò
un'azione di amalgama ancora più forte in pittura, dove la tradizione non forniva modelli vincolanti. Il rinnovo
del palazzo Apostolico ebbe una prima tappa nella decorazione della cappella privata del pontefice,
la cappella Niccolina, alla quale lavoròBeato Angelico e aiuti, tra cui Benozzo Gozzoli. La decorazione
prevedeva storie di san Lorenzo e santo Stefano, che vennero interpretate dall'Angelico con uno stile ricco di
dettagli, di citazioni colte e di motivi più vari, dove il suo "umanesimo cristiano" tocca uno dei suoi vertici
espressivi. Le scene sono ambientate in architetture maestose, nate da suggestioni della Roma antica e
paleocristiana, ma non legate a citazioni pedisseque, forse memori dei progetti che allora circolavano alla
corte papale per il rifacimento di San Pietro. Le figure sono solide, i gesti pacati e solenni, il tono generale
più aulico dell'abituale sinteticità meditativa dell'artista. In vista del giubileo del 1450 vennero avviati
numerosi lavori e gli introiti che garantirono le celebrazioni permisero di richiamare in città un gran numero di
artisti anche molto di versi tra loro. Al papa non interessava l'omogeneità stilistica, infatti chiamò a lavorare
per lui i Vivarini,Bartolomeo di Tommaso, Benedetto Bonfigli, Andrea del Castagno, Piero della Francesca,
un Luca detto "tedesco", forse Rogier van der Weyden, ecc. Questa ricchezza di spunti preparò il terreno a
quella sintesi che, verso la fine del secolo, sfociò nella creazione di un linguaggio propriamente "alla
romana".

209-Callisto III

Callisto III, nato Alfonso de Borja y Cabanilles, in latino Callistus III (Xàtiva, 31 dicembre 1378– Roma, 6
agosto 1458). Spese l'inizio della sua carriera come professore di diritto a Lleida e quindi come diplomatico
al servizio dei re di Aragona, in particolare durante il concilio di Basilea. Divenne cardinale dopo aver favorito
la riconciliazione di papa Eugenio IV con il re Alfonso V di Aragona.

Venne elevato pontefice nel 1455, ad età molto avanzata, come candidato di compromesso. Il principale
obiettivo della sua politica fu di spingere per una crociata contro i Turchi che avevano
catturato Costantinopoli nel 1453, ma nonostante i suoi sforzi i principi cristiani non si mostrarono disposti a
raccogliere la sua chiamata.

Nominò cardinali due suoi nipoti, uno dei quali, Rodrigo Borgia, diverrà in seguito papa Alessandro VI, noto
per la sua corruzione.

Fece ordinare un nuovo processo per Giovanna d'Arco, nel quale venne postumamente scagionata dalle
accuse. Callisto III morì nel 1458.

210-Pio II

Pio II, nato Enea Silvio Piccolomini (Corsignano, 18 ottobre 1405 – Ancona, 14 agosto 1464). Pio, "il cui
carattere riflette quasi tutte le tendenze dell'epoca in cui visse", nacque a Corsignano (oggi Pienza), nel
territorio senese, dalla famiglia nobile dei Piccolomini.. Dopo aver studiato alle università di Siena e Firenze,
si stabilì a Siena come insegnante, ma nel 1431 accettò il posto di segretario di Domenico
Capranica, arcivescovo di Fermo, allora sulla strada che lo conduceva al Concilio di Basilea per protestare
contro l'ingiustizia del nuovo papa Eugenio IV, che gli rifiutava il cardinalato al quale era stato designato
da Martino V. Arrivato a Basilea dopo numerose avventure, successivamente servì Capranica e diversi altri
signori. Nel 1435 venne inviato dal cardinale Albergati, legato di Eugenio al concilio, in missione segreta in
Scozia, lo scopo della quale viene raccontato in vari modi anche da lui stesso. Al suo ritorno si schierò
attivamente con il concilio nel suo conflitto con il Papa e, anche se ancora un laico, ottenne una parte
importante nella direzione dei suoi affari. Egli appoggiò la creazione dell'antipapa Felice V, ma quando agli
inizi del 1442 il concilio elesse Amedeo, Duca di Savoia, come antipapa, Enea, percependo che la posizione
del consiglio era alla lunga indifendibile, trovò un pretesto per ritirarsi alla corte dell'imperatore Federico
III a Vienna. Lì venne incoronato poeta imperiale laureato, ed ottenne il patrocinio del cancelliere
dell'imperatore, Kaspar Schlick, del quale celebrò un'avventura amorosa a Siena nella romanza, Eurialo e
Lucrezia. Il suo carattere era stato fino ad allora quello di un facile uomo di mondo, senza pretesa di
coscienziosità nella morale o di coerenza in politica. Egli iniziò ad essere più regolare nel primo aspetto, e
nel secondo adottò una linea definita facendo pace con Roma. Essendo stato inviato in missione a Roma
nel 1445, con lo scopo apparente di indurre Eugenio a convocare un nuovo concilio, venne assolto dalle
censure ecclesiastiche e fece ritorno in Germania con il compito di assistere il Papa. Questo fece, in maniera
molto efficace, con la destrezza diplomatica con la quale ammorbidì le differenze tra la corte papale di Roma
e gli elettori imperiali tedeschi; ed ebbe anche una parte importante nel compromesso col quale, nel 1447, il
morente Eugenio accettò la riconciliazione offerta dai principi tedeschi, lasciando senza supporto il concilio e
l'antipapa. Enea per quel tempo aveva già preso i voti infatti era già canonico di Trento e parroco
di Sarentino nel 1446. Uno dei primi atti del successore di Eugenio, Papa Niccolò V, fu quello di nominarlo
vescovo di Trieste nel 1447. Nel 1450 venne inviato come ambasciatore dall'imperatore Federico per
negoziare il matrimonio di questi con la principessa Eleonora del Portogallo, cosa che riuscì a portare a
termine; nel 1451 intraprese una missione in Boemia dove concluse un soddisfacente accordo con il capo
degli hussiti, Giorgio di Podebrady; nel 1452 accompagnò Federico a Roma, dove l'imperatore sposò
Leonora e venne incoronato re dei Romani. Nell'agosto 1455 Enea tornò a Roma con un'ambasciata per
profferire l'obbedienza della Germania al nuovo Papa, Callisto III. Egli portò con se forti raccomandazioni
dell'imperatore e di Ladislao d'Ungheria, per la sua nomina al cardinalato, ma sorsero dei ritardi a causa
della determinazione del Papa a promuovere prima un suo nipote, ed egli dovette aspettare fino al dicembre
dell'anno successivo. Ottenne invece temporaneamente il vescovato di Warmia (Ermeland). Callisto III morì
il 6 agosto 1458. Il 10 agosto i cardinali entrarono in conclave. Il benestante cardinale di Rouen, benché
francese e dal carattere discutibile, sembrava certo di essere eletto. Enea, come ci dice in un passaggio
della sua storia dell'epoca, pubblicò clandestinamente nel Conclavi de' Pontifici Romani, con quale arte,
energia ed eloquenza frustrò le speranze del cardinale francese. Sembrò che l'elezione non dovesse
ricadere su Pio, ma nessun altro candidato sembrò averci pensato seriamente, né, anche se il sacro collegio
probabilmente comprendeva alcuni uomini di alta morale, vi era qualcuno complessivamente più degno
della tiara. Era facoltà peculiare di Enea quella di adattarsi perfettamente a qualsiasi incarico venisse
chiamato ad occupare; fu una sua fortuna che ogni passo nella vita lo aveva posto in circostanze che si
appellavano sempre più alla parte migliore della sua natura, un appello al quale non mancò mai di
rispondere. Dopo essersi alleato con Ferdinando, il pretendente aragonese al trono di Napoli, il suo atto
successivo fu di riunire un congresso dei rappresentanti dei principi cristiani a Mantova, per prendere
un'azione comune contro i Turchi Ottomani che hanno conquistato definitivamente Costantinopoli e stanno
per prendere possesso di tutto l'Impero bizantino, guidati da Maometto II. Fu questo, infatti, il motivo
dominante del suo Pontificato. Egli il 19 gennaio 1459 aveva istituito l'Ordine di Santa Maria di Betlemme
(Ordine Betlemita). Nessun Pontefice prima di lui aveva fondato in prima persona un Ordine cavalleresco ma
Papa Pio II aveva persino tentato di sciogliere i più potenti Ordini esistenti, ordinando loro di confluire in
questa nuova Milizia. Il suo lungo trasferimento verso il luogo dell'assemblea ricordava ora una processione
trionfale. Il congresso fu invece un fallimento completo rispetto ai suoi obbiettivi ostentati, ma almeno mostrò
che l'impotenza della cristianità non era dovuta al Papa. Gli Stati Pontifici erano a quell'epoca grandemente
disturbati da baroni ribelli e dalle scorrerie dei condottieri, ma questi mali vennero gradualmente abbattuti.
Anche la Guerra Napoletana ebbe fine, col successo dell'alleato del Papa, Ferdinando. Il Papa tentò anche
delle mediazioni nella Guerra dei tredici annitra Polonia e cavalieri dell'Ordine Teutonico, e quando fallì
nell'ottenere il successo, scagliò l'anatema su polacchi e prussiani. Nel luglio 1461, Pio canonizzò
Santa Caterina da Siena, e nell'ottobre dello stesso anno ottenne quello che inizialmente sembrò un brillante
successo, inducendo il nuovo re di Francia, Luigi XI, ad abolire la sanzione pragmatica di Bourges, per la
quale l'autorità del Papa in Francia era stata gravemente ostacolata. Ma Luigi si aspettava che Pio avrebbe
in cambio sposato la causa francese a Napoli, e quando questo non avvenne in pratica ristabilì la sanzione
pragmatica per mezzo di ordinanze reali. Pio venne anche coinvolto in una serie di dispute con il re di
Boemia e il Conte del Tirolo, e la crociata per la quale il congresso di Mantova era stato convocato non fece
progressi. Di fronte allo scarso interesse delle potenze occidentali a partecipare ad una nuova crociata
"contro il turco", il Papa fece circolare in Europa, a scopo polemico, una lettera al Sultano, Maometto II, in cui
offriva al signore turco - una volta convertitosi al cristianesimo romano - il titolo di imperatore romano, per il
quale in occidente nessuno era più degno agli occhi di Pio II. Pio riuscì a riconciliare l'imperatore ed il re
d'Ungheria, ed ottenne grande incoraggiamento, oltre a vantaggi economici, dalla scoperta di miniere
di allume nel territorio pontificio, ma si era alienato la Francia; il Duca di Borgogna non mantenne le sue
promesse; Milano era assorbita dal tentativo di prendere Genova; Firenze consigliò cinicamente al Papa di
lasciare che turchi e veneziani si logorassero a vicenda. Pio era inconsapevolmente vicino alla sua fine, e il
suo malessere probabilmente portò alla febbrile impazienza con la quale, il 18 giugno 1464, partì
per Ancona allo scopo di condurre la crociata di persona. Sembrò certo che il risultato di tale impresa
sarebbe stato ridicolo o disastroso, ma l'ingegno di Pio II comparve nuovamente e la rese patetica. Pio
soffriva di febbre quando lasciò Roma, l'esercito crociato si sciolse ad Ancona alla ricerca di un trasporto, e
quando infine giunse la flotta veneziana, il Papa morente poté solamente vederla dalla finestra. Spirò due
giorni dopo, il 14 agosto 1464, nella morte come nella vita fu una figura pittoresca e significativa più di
quanto non fosse abituale per i pontefici romani. Gli successe papa Paolo II. In realtà Pio, se guardato come
uomo e non solamente come personaggio storico, è uno dei più interessanti successori di Pietro. Ebbe una
natura vitale, sincera, e amorevole, franca e ingenua anche nelle sue aberrazioni e difetti. Il tratto principale
del carattere di Pio fu la sua estrema impressionabilità. Camaleontico, assumeva il colore delle circostanze
che gli stavano attorno, e poté sempre diventare ciò che queste circostanze gli richiedevano di essere.
Quindi, quando le sue prospettive si allargarono e le responsabilità si fecero più profonde, anche il suo
carattere si ampliò e approfondì. Mentre competeva con ogni altro uomo in industriosità, prudenza, saggezza
e coraggio, eccelse nella semplicità dei gusti, nella costanza degli affetti, nella gentile allegria, nella
magnanimità e nella pietà. Come capo della Chiesa fu abile e sagace, e mostrò di comprendere le condizioni
alle quali poteva essere mantenuto il suo monopolio del potere spirituale; le sue idee erano lungimiranti e
liberali; e si fece influenzare poco dai fini personali. Pio è interessante in particolare come il tipo di studioso e
pubblicista che si fa strada per la sua forza intellettuale, facendo intravedere quell'età di là da venire in cui la
penna deve essere più forte della spada; e non di meno come la figura in cui, più che in ogni altra, lo spirito
medioevale e quello moderno si incontrano e fondono, e dove il secondo prende definitivamente il
sopravvento sul primo. Pio fu un autore versatile e prolifico. La sua opera più importante sono i Commentari
del suo tempo pubblicati nel 1584 (oltre un secolo dopo) con il nome di Gobelinus (Giovanni Gobelino, un
parente tedesco di Piccolomini), al quale vennero attribuiti, ma che era in realtà solo il copista. L'edizione fu
curata dall'arcivescovo di Siena Francesco Bandini Piccolomini, che alterò pesantemente l'opera,
mutilandola dei passi più scabrosi e scandalosi, e modificandone lo stile. "Pio II", dice Creighton, "è il primo
scrittore che tentò di rappresentare il presente come sarebbe apparso ai posteri, che applicò coscientemente
una concezione scientifica della storia alla spiegazione e all'organizzazione degli eventi". Le sue Epistole,
che egli stesso raccolse, sono anch'esse un importante fonte di informazioni storiche. Abbozzò dei trattati
biografici su Europa ed Asia, e nella prima parte della sua vita produsse numerosi trattati sulle controversie
politiche e teologiche dei suoi tempi, così come su soggetti estetici. Pio fu molto ammirato come poeta dai
suoi contemporanei, ma la sua reputazione nelle "belle lettere" è dovuta principalmente all'Eurialo e
Lucrezia, che viene letto ancor oggi, in parte per la sua fedeltà e in parte per il fatto singolare di essere un
racconto erotico scritto da un Papa. Pio compose inoltre alcune commedie, delle quali solo una è giunta ai
giorni nostri. Tutte queste opere sono in latino. Pio non fu uno studioso eminente, il suo latino è spesso
scorretto, e conosceva poco il greco; ma i suoi scritti hanno un'alta qualità letteraria, e verranno sempre
premiati come riproduzioni vivide ed accurate dello spirito di un'epoca notevole. Rimane celeberrimo il suo
detto sul malcostume italico della raccomandazione: «Quand'ero solo Enea / nessun mi conoscea / Ora che
son Pio / tutti mi chiaman zio». Pio ispirò la struttura urbanistica, forse la prima pianificazione urbana di
sempre, della sua splendida città che oggi porta il suo nome: Pienza(in Provincia di Siena). Nella sua
produzione storico-letteraria spicca anche un volumetto su usi e costumi della Germania, che intitolasi
appunto "Germania" ovvero "De situ, ritu, moribus et conditione Germaniae descriptio". È molto importante
poiché qui si possono rintracciare le radici del Luteranesimo, le basi del malcontento dei tedeschi contro
Roma.

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