In storia della psicoanalisi si raccoglie il racconto storico di quel vasto movimento di pensiero che
ha fatto il suo esordio all'alba del Novecento e ha avuto nel lavoro del medico viennese Sigmund
Freud il punto di partenza.
Se agli inizi questo movimento sembrava costituire una rivoluzione nell'ambito della sola
psichiatria[1], ben presto ci si ricredette sulla portata dell'influenza ch'esso avrebbe esercitato. Ci si
dovette ricredere soprattutto di quanto la psicoanalisi andava smentendo con il suo impegno
metodico e quotidiano: delle impressioni di moda passeggera, legate alla nuova scienza
psicoanalitica nascente. Il vecchio secolo è passato, molte idee legate al Novecento hanno perso
gran parte del loro iniziale seguito o sono pressoché scomparse. Tra queste, anche la psicoanalisi è
stata messa pesantemente in discussione. È tuttavia indiscutibile che essa abbia avuto un importante
influsso sulla cultura e sul costume dell'ultimo secolo.
Per approfondimenti sulle elaborazioni teoriche dei vari esponenti di questo movimento si possono
consultare le voci specifiche, mentre qui si tratta solo della divulgazione e dell'espansione del
movimento psicoanalitico e delle sue teorizzazioni a partire dalla città di Vienna, dove operava il
padre fondatore di questa disciplina. Si tratta anche del suo radicarsi ed espandersi, non solo a
livello territoriale nelle culture locali e linguistiche specifiche, ma anche dell'inserirsi del suo
linguaggio e del suo proprio paradigma nelle varie scienze, filosofie, teologie e arti, dalla
letteratura, alla pittura al cinema; in breve, della progressiva colonizzazione da parte della
psicoanalisi della cultura del Novecento e di quella contemporanea.
Parlando di "terza rivoluzione" intendeva alludere alle altre due umiliazioni culturali che l'identità
egoica dell'uomo aveva dovuto subire, ad opera di Copernico prima, e quella più recente e non
ancora digerita da parte di Darwin.
Tutto ebbe inizio nel 1895. In quell'anno di svolta nella storia del pensiero e dell'umanità, due
medici viennesi specializzati in neurologia, il dottor Sigmund Freud e il dottor Josef Breuer
pubblicarono gli "Studi sull'isteria".
In natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma; così anche la psicoanalisi non
nacque dal nulla, ma derivò le sue concettualizzazioni da una "preistoria delle idee psicoanalitiche",
una lenta evoluzione del pensiero che preparò impercettibilmente le basi per la nascita di questa
nuova scienza.
Se volessimo ricercare le radici della psicoanalisi, bisognerebbe risalire alla storia della psicoterapia
dinamica. Secondo Henri Ellenberger, il percorso concettuale della psicoanalisi parte dal medico
tedesco Franz Mesmer (1734 - 1815) e dalla sua teoria del magnetismo animale; alla relativa
applicazione concreta nell'ipnotismo e nella suggestione ipnotica e all'evoluzione susseguente della
sua metodica ad opera del mesmerismo. Si tenga anche presente l'influenza sul suo pensiero delle
elaborazioni di un altro medico e alchimista svizzero, di cui proprio Mesmer al tempo era tra i più
esperti conoscitori, Paracelso (1493 - 1541), a cui si deve la teoria della simmetria tra microcosmo e
macrocosmo. Anticipazioni della psicoanalisi si possono trovare nell'ambito del movimento
filosofico romantico tedesco, per esempio in Novalis e Schelling. Negli Stati Uniti un altro
precursore della psicoanalisi è Emerson, che già parlava della necessità di "liberare i pensieri
latenti", dell'importanza della realtà inconscia, dei sogni e anche dell'umorismo come un prodotto di
atti mancati. Emerson influì in modo decisivo su Nietzsche, un altro pensatore cruciale per i padri
della psicoanalisi.
L'Ipnosi [modifica]
« L'interpretazione dei sogni [è] la via maestra per la conoscenza delle attività inconsce della
mente »
Tale metodo tuttavia presentava dei limiti, per cui venne perfezionato insieme al professor Breuer
nel metodo ipnotico-catartico.
Le libere associazioni d'idee [modifica]
In seguito Freud passò alla tecnica delle libere associazioni senza censura alcuna operata dalla
ragione, metodo che andò precisandosi lentamente tra il 1892 e il 1895.
Inevitabilmente queste associazioni conducevano molto spesso a ricordi di sogni. Freud capì ben
presto che questi sogni dei pazienti, a cui le libere associazioni così spesso rimandavano, dicevano
molte cose al riguardo di ciò che egli andava da tempo cercando al di là del singolo paziente: era
nata la psicoanalisi.
Di questo libro, pietra miliare della storia del movimento psicoanalitico, così Freud scriveva:
« Durante i lunghi anni in cui mi sono occupato dei problemi delle nevrosi, sono stato spesso
assalito da dubbi e talvolta scosso nelle mie convinzioni. Ma ogni volta "L'interpretazione dei sogni"
mi restituiva la certezza. »
(Prefazione alla II edizione de L'interpretazione dei sogni - Sigmund Freud)
Qui evidentemente ci troviamo di fronte a qualcosa più potente della ragione, o che comunque non
si fa assoggettare a questa. Forse è proprio per questo che molti scienziati, filosofi, epistemologi
competenti, pur avendo letto attentamente Freud non ci hanno capito nulla: la psicoanalisi infatti è
una esperienza reale che trasforma chi la fa realmente. Del resto costoro sono in buona compagnia,
visto che nemmeno Freud credeva in Freud. Allorché, attraverso il sogno, si manifestava la Grande
Ragione proveniente dalle profondità oscure dell'inconscio, allora diversamente da questi
epistemologi, Freud riusciva nell'intento di mettere tra parentesi la piccola ragione di Freud e così
ritrovava, come lui stesso testimoniava, la certezza della ragione senza più dubbi.
Ritorneranno i dubbi ma Freud conoscerà adesso la strada maestra per raggiungere la vera scienza.
Per convenzione si usa datare la nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione esaustiva di
un sogno scritta da Freud: si trattò di un suo sogno personale della notte tra il 23 e il 24 luglio 1895,
e riportato anche ne L'interpretazione dei sogni come "il sogno dell'iniezione di Irma". Questa sua
interpretazione rappresentò l'inizio dello sviluppo della teoria freudiana sul sogno. Il metodo per
accedere ai contenuti dell'inconscio, costituito dall'analisi dei sogni, segna infatti l'abbandono del
metodo ipnotico utilizzato fino a questa nuova fase.
Altri legano invece la nascita della psicoanalisi alla prima volta in cui Freud usò il termine
"psicoanalitico", e cioè nel 1896, dopo aver già svolto un'esperienza di 10 anni nel settore della
psicopatologia, quando scrisse due articoli nei quali per la prima volta parla esplicitamente di
"psicoanalisi" per descrivere il suo metodo di ricerca e trattamento terapeutico.
Per completare il quadro, c'è infine chi propone, benché l'uso del termine sia antecedente, la data di
pubblicazione dell'"Interpretazione dei sogni" (1900), in quanto è proprio l'interpretazione dei sogni
la via maestra che la psicoanalisi adotta per accedere ai misteri dell'inconscio e al suo specifico
linguaggio, dopo aver lasciato alla preistoria della psicoanalisi il suo primitivo metodo ipnotico.
Per molto tempo la psicoanalisi era incarnata dal solo Freud, che aveva, come unico interlocutore
delle scoperte che andava facendo, il suo amico intimo il dottor Wilhelm Fliess. Furono altri due
medici viennesi, i dottori Max Kahane e Rudolf Reiter, i primi a manifestare a Freud il loro
interessamento per la psicoanalisi.
Tuttavia fu a partire dal 1902, e per alcuni anni a seguire, che Freud cominciò a prendere l'abitudine
di organizzare degli incontri a casa sua con un gruppo di medici che, venuti a conoscenza delle sue
elaborazioni teoriche, manifestavano il loro interesse per la psicoanalisi.
Tra questi psicoanalisti della prima ora, che costituirono la prima cellula psicoanalitica cui diedero
nome "Circolo di Freud", vi erano in particolare Alfred Adler (1870-1937) e Wilhelm Stekel (1868-
1940).
La Società Psicoanalitica di Vienna [modifica]
Siccome questi incontri di norma si tenevano tutti i mercoledì sera, presero il nome di "riunioni del
mercoledì sera", e continuarono sino alla costituzione nel 1907 a Vienna della prima Societa
Psicoanalitica ufficiale, che ebbe Freud come primo presidente. In seguito aderirono anche Federn e
psicologi non medici, tra cui Viktor Tausk, H. Sachs, H. Silberer.
I primi aderenti stranieri che furono invitati dalla Società furono Carl Gustav Jung e Ludwig
Binswanger, due psichiatri allora sconosciuti che lavoravano presso il prestigioso manicomio di
Zurigo (il Burgholzli, diretto da Eugene Bleuler); Karl Abraham dalla Germania, che
temporaneamente lavorava nello stesso istituto psichiatrico dei suoi colleghi Jung e Binswanger;
A.A.Brill dagli Stati Uniti ed Ernest Jones dall'Inghilterra.
Come molti studiosi della storia di questo movimento sostengono, l'arrivo di questo psichiatra,
proveniente da uno dei più prestigiosi istituti psichiatrici, quello di Zurigo, è stato decisivo; decisivo
non soltanto per un rilancio della psicoanalisi a livello teorico, ma anche a livello organizzativo e
come movimento in espansione.
Ciò accadde nel 1906 quando il dottor Jung, dopo aver letto i saggi di Freud sui sogni, il metodo
associativo, la sua certezza dell'eziologia sessuale delle nevrosi, intraprese dapprima una
corrispondenza con il neurologo di Vienna e quindi lo incontrò personalmente.
Dell'amicizia tra i due psicologi del profondo, di cui tanto si è parlato esasperando ora uno ora
l'altro aspetto del loro dissidio seguente, rimane come documentazione il carteggio tra loro
intercorso dal 1906 sino al 1913, anno della rottura.
In quel momento dello sviluppo del pensiero psicoanalitico, Freud subiva un forte ostracismo a
oltranza negli ambienti accademici che, pur conoscendolo, non pronunciavano nemmeno il suo
nome in pubblico. Nello stesso tempo il dottor Jung, quale psichiatra impegnato soprattutto sul
fronte della cura della schizofrenia e non delle semplici nevrosi, aveva progettato per sé proprio una
carriera accademica. Che fare?
Ecco che in questa storia della psicoanalisi interviene il diavolo come protagonista, come in ogni
storia significativa del resto, a suggerire al vero Jung la soluzione al problema:
« Una volta, mentre ero nel mio laboratorio e riflettevo su questi problemi, il diavolo mi suggerì che
sarei stato giustificato se avessi pubblicato i risultati dei miei esperimenti e le mie conclusioni senza
citare Freud. [...] Ma allora sentii la voce della mia seconda personalità: "Se fai una cosa simile,
come se non conoscessi Freud, è un imbroglio. Non si può fondare la propria vita su una
menzogna." »
(Ricordi, sogni, riflessioni - Carl Gustav Jung)
Jung paladino della psicoanalisi di Freud costi quel che costi [modifica]
« Con ciò la questione fu risolta: da allora in poi presi apertamente partito per Freud e lottai per
lui. »
(Ricordi, sogni, riflessioni - Carl Gustav Jung)
Appena pubblicato l'articolo di Jung sulla rivista, allo stesso giunse una lettera di avvertimento di
due professori tedeschi, in cui gli comunicavano "che se avessi continuato a stare dalla parte di
Freud e a prenderne le difese, avrei rovinato la mia carriera accademica. Risposi: «Se ciò che Freud
dice è la verità, sto con lui. Non m'importa nulla della carriera, se questa deve fondarsi su una
limitazione delle ricerche e sull'occultamento della verità». E continuai a difendere Freud e le sue
idee." (Ricordi, sogni, riflessioni, 1961, Carl Gustav Jung)
Benché Jung avesse già fatto presente a Freud come forse sarebbe stato meglio utilizzare il concetto
di libido, da intendersi come energia psichica astratta, senza identificarla totalmente con la
sessualità, il maestro Freud gli risponde comunque per incoraggiarlo nella via intrapresa di mettersi
anima e corpo al servizio della nuova scienza:
« Per come La conosco, Lei può meglio di chiunque altro continuare a portare a termine il mio
lavoro. »
(Lettera del dottor Freud al dottor Jung del 7 aprile 1907)
Questa era ovviamente l'opinione del padre della psicoanalisi su Jung, ma gli altri fratelli della
famiglia psicoanalitica, divenuta nel frattempo numerosa, non la pensavano così, in particolare gli
psicoanalisti viennesi. Essi ebbero modo di mostrare il loro disappunto per questa investitura, ma
Freud, per quanto riguardava il gruppo di Zurigo, riteneva che Bleuler avesse preso semplicemente
a prestito la psicoanalisi per corroborare la sua teoria psichiatrica, mentre riteneva che Jung fosse
divenuto un vero psicoanalista. Così Freud si mostrò sempre molto paziente con Jung, sino a che
questi non esagerò e Freud dovette ricorrere ai ripari per salvaguardare la direzione originaria del
movimento.
Di queste storie, due in particolare sono le più conosciute. Entrambe si sono svolte agli albori della
fondazione di questa nuova scienza: quella tra Anna O. (il cui vero nome era Berta Pappenheim) e il
dottor Breuer e quella tra l'allora promettente dottor Carl Gustav Jung e Sabine Spielrein.
"Anna O." - un trasporto d'amore alla radice della nuova scienza [modifica]
Bertha Pappenheim (1856-1936) presentava sintomi di tipo isterico. Aveva ventuno anni quando
entrò in cura dal professor Joseph Breuer, di cui Freud era amico oltre che allievo e principale
collaboratore. Il trattamente psicoterapeutico si svolse tra il 1880 e il 1882 e il suo caso clinico,
sotto lo pseudonimo di "Anna O.", venne presentato nel 1895 in "Studi sull'isteria" di Breuer e
Freud.
Breuer utilizzava il metodo ipnotico in maniera originale, tanto che Anna O. coniò il termine "cura
con le le parole" per descrivere la terapia.
Con questo metodo dell'ipnosi catartica Breuer riuscì ad individuare i sintomi della paziente ed
eliminarli uno ad uno, sino a che accadde un imprevisto di percorso: la paziente, che presentava fin
dapprincipio pulsioni erotiche riferite alla persona del padre, il procedere del trattamento le trasferì
sulla figura del medico che l'aveva in cura. La situazione si presentava ancora in gran parte sotto
controllo, quando inaspettatamente segni di una gravidanza isterica vennero manifestati dalla
paziente, la quale cominciò a dichiarare che stava aspettando un figlio dal terapeuta.
Il prof. Breuer, oltre che stimata persona era uno psichiatra di gran valore ed esperto, ma la nuova
scienza psicoanalitica muoveva appena i suoi primi passi, sicché egli, spaventato, abbandonò
Vienna lasciando la paziente in piena crisi. Breuer pregò il suo miglior allievo, il dottor Freud, di
rilevare questa paziente così pericolosa per il suo buon nome e di salvare la sua famiglia da un
naufragio.
Freud accettò di farsi carico del caso di Berta Pappenheim, e in seguito ne raccontò in uno dei suoi
scritti dove introduceva i concetti analitici di ‘transfert' e ‘controtransfert'. Tale caso clinico entrò
nella storia della psicoanalisi con il nome di "caso di Anna O".
Molti concetti o elaborazioni della psicoanalisi sono stati o modificati o abbandonati nel tempo, ma
i concetti di "transfert" e "controtransfert" invece diventeranno sempre più centrali sino ad arrivare
alle più attuali elaborazioni della corrente detta di psicoanalisi intersoggettiva. In essa i due concetti
scaturiti dal "caso di Anna O." svolgono un ruolo preponderante sia nel condurre la terapia sia
nell'elaborazione teorica dell'esperienza psicoanalitica.
Berta Pappenheim rimane una dei grandi sconosciuti eroi della psicoanalisi, che con il loro dramma
personale e le loro sofferenze, inconsapevolmente hanno costituito materia prima nel costruire i
concetti operativi fondamentali della nuova scienza umana. Divenuta finalmente adulta in tutti i
sensi, si rivelò essere una persona straordinaria e divenne famosa per essersi occupata dell'infanzia
operando nella costruzione della prima rete di asili infantili austriaca. Fu anche direttrice di un
orfanotrofio a Francoforte e, oltre a essersi dedicata a studi sociologici attinenti alla prostituzione,
fu militante e fondatrice della "Lega ebraica delle donne".
Nel 1954 la Repubblica Federale Tedesca, per rendere omaggio alla sua memoria, diede alle stampe
un francobollo a lei dedicato.
Questa storia d'amore, che vede coinvolti anche la moglie del giovane medico svizzero e il dottor
Freud come consulente di Jung nella faccenda, oltre che amico di Sabine, è stata portata sugli
schermi anche con risvolti un po' morbosi da più di un regista.
In particolare sottolineamo le pellicole del regista svedese Marton "Mi chiamavo Sabine Spielrein"
(2002), a detta di alcuni critici cinematografici la più aderente ai fatti storici, e alla pellicola del
regista italiano Roberto Faenza "Prendimi l'anima" dello stesso anno, alla quale ha collaborato
anche lo psicoanalista junghiano Aldo Carotenuto. Carotenuto ha peraltro riportato alla luce il
carteggio Freud-Jung e il diario di Sabine Spielrein, dimenticati negli archivi. Lo psicoanalista si è
mostrato comunque molto critico e ha sottolineato che il regista ha voluto dare troppa enfasi alle
capacità amatorie del medico svizzero, forse per venire incontro alle aspettative del pubblico. Del
resto si attende che gli eredi di Jung diano il consenso alla pubblicazione di parte del carteggio
Jung-Freud a cui si sono sempre opposti: potrebbe nascondere altre sorprese.
Questa, in sintesi, è la storia di come una donna etichettata addirittura come psicotica, dopo essersi
innamorata follemente del dottor Jung, divenne infine non soltanto psicoanalista, ma addirittura
psicoanalista didatta.
La storia comincia al Burghölzli, famosa clinica psichiatrica di Zurigo, dove giunge una nuova
paziente: si chiama Sabina Spielrein ed è una ebrea russa molto colta, figlia di una famiglia molto
ricca. Di appena diciannove anni, già da sei soffriva di crisi depressive che si esprimevano anche
con comportamenti violenti.
Il professor Bleuler, primario, decise di affidare questo caso apparentemente di psicosi ad uno dei
migliori medici del suo staff, il dottor Jung. Egli lavorerà sul caso complessivamente per nove anni
nel manicomio di Zurigo.
Jung opererà con Sabine seguendo le nuove direzioni psicoterapeutiche, che venivano allora
elaborate dal lavoro pionieristico del dottor Freud, del quale la clinica psichiatrica di Zurigo si
faceva avamposto principale dopo Vienna. L'incontro psicoanalitico tra Jung e Sabine fu presto
molto coinvolgente per entrambi. A prestar fede alle lettere di Sabine, ci si trova di fronte alla
narrazione di una forte relazione erotica.
Sta di fatto, comunque, che il comportamento della ragazza cominciò a preoccupare in maniera
sempre maggiore Jung, che non riusciva più a capire cosa stesse succedendo. Nel film di Faenza
viene riportato come assodato che tra paziente e medico ci fu realmente una relazione carnale; resta
il fatto che Jung capì di aver ormai perso il controllo della situazione quando a un certo punto
Sabine chiese a Jung un figlio per il quale aveva già pronto un nome: Sigfrido. Non contenta di ciò,
volendo cercare lo scandalo a tutti i costi, rese pubblica la sua relazione con Jung.
Infine Jung riuscì a liberarsi di Sabine, salvando così anche il suo matrimonio e la sua carriera.
Sabine in seguito andò in analisi anche dallo stesso Freud, si sposò e si laureò in medicina con una
tesi di laurea su un caso clinico di schizofrenia. Divenne psicoanalista e si dedicò, oltre alla cura di
pazienti, alla formazione di nuovi medici che volevano divenire psicoanalisti. Ritornò in Russia, ma
nel 1942 Sabine Spielrein, in quanto ebrea, giunge al termine della sua vita tragicamente, uccisa dai
nazisti nella sinagoga di Rostov.
Espressione di questo clima di opposizione tra psicoanalisi e società è quanto Freud scrisse nel
1910:
« La società non avrà fretta di riconoscerci un'autorità. Essa è destinata a opporci resistenza perché
noi abbiamo un atteggiamento critico nei suoi confronti: noi le dimostriamo ch'essa stessa svolge
una importante funzione nella causazione delle nevrosi. Nello stesso modo in cui ci rendiamo
nemico il singolo scoprendo ciò che in lui è rimosso, così anche la società non può rispondere con
cortese accoglienza alla spregiudicata messa a nudo delle sue insufficienze e dei danni che essa
stessa produce; poiché provochiamo il crollo delle illusioni, ci si rimprovera di mettere in pericolo
gli ideali. »
(Le prospettive future della terapia psicoanalitica - Sigmund Freud)
Nel 1909 Freud venne invitato negli Stati Uniti insieme allo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung e
all'ungherese Sándor Ferenczi. Fu durante il lungo viaggio in nave attraverso l'Atlantico che
iniziarono a prodursi alcuni motivi di tensione tra Freud e Jung, preludio della rottura di pochi anni
dopo. Una volta arrivati a New York, ai tre pionieri se ne aggiunse un quarto, Ernest Jones, giunto
dall'Inghilterra.
Freud aveva cinquantatré anni quando alla Clark University fu insignito del titolo di Dottore. Oltre a
questa onorificenza, Freud ebbe modo di intessere relazioni anche con il più famoso filosofo
americano, William James, il quale andò ugualmente ad ascoltarlo malgrado fosse molto malato.
Ernst Jones riporta che, al termine dell'incontro tra Freud e James, questi si accomiatò dicendogli:
"Il futuro della psicologia si affida al vostro lavoro".
Negli Stati Uniti Freud si sentì più a suo agio che in Europa, anche se in seguito (1925) confessò
che in America, dove l'ingenua "dottrina del comportamento" si vantava di aver completamente
eliminato la psicologia, la portata radicale del suo pensiero era stata abbondantemente annacquata.
Malgrado questi giudizi sulla psicoanalisi americana dati da Freud, nel 1931 a New York fu
inaugurato il primo istituto psicoanalitico e l'anno dopo un secondo istituto a Chicago seguiti negli
anni immediatamente successivi da altri diciassette istituti tutti facenti capo all' American
Psychoanalytic Association che ne garantiva l'ortodossia.
Questi modi chiesastici di organizzarsi di queste nuove figure di medico, vale a dire centralizzati e
rigidamente gerarchici, soprattutto a partire dagli anni quaranta, ha fatto divampare negli anni
seguenti polemiche sia in Europa che in America nelle quali è invalso parlare anche di "nuova
chiesa psicoanalitica".
Con questi medici e psicoanalisti, che nell'insieme costituivano la prima avanguardia del nuovo
movimento di pensiero, nella quale bisognerebbe includere l'insieme numeroso e sofferente dei loro
pazienti di entrambi i sessi, Freud cominciò ad intessere una fitta e costante corrispondenza per
garantire la coerenza e l'avvenire del movimento psicoanalitico.
La prima divergenza in seno al movimento psicoanalitico si consumò nel 1910 ad opera dello
psichiatra austriaco Alfred Adler (1870-1937). Egli diede vita ad un altro orientamento
psicoanalitico a cui diede il nome di "Psicologia individuale".
I due principali aspetti della Psicologia Individuale di Adler erano relativi all'elaborazione del
"Complesso di Inferiorità" (come base dei processi psicologici fondanti molte manifestazioni
psicopatologiche e difficoltà di adattamento), ed alla centralità delle istanze sociali nel lavoro
psicoanalitico.
Lettera del 3 gennaio 1913 di Freud a Jung all'avvicinarsi della fine della loro amicizia
Nel 1913 fu la volta di Jung ad abbandonare Freud e gli altri psicoanalisti che condividevano la
teoria sessuale della libido e l'impostazione "scientifica" che Freud aveva dato alla teoria
psicoanalitica.
Benché Jung ritenesse la sua visione comunque "psicoanalisi", per evitare ogni confusione con
l'impostazione Freudiana fu costretto da Freud stesso a denominare altrimenti il suo nuovo punto di
vista. Egli scelse il termine di "psicologia analitica" e da allora si è soliti riferirsi alla psicoanalisi di
orientamento junghiano con tale denominazione. L'italo-tedesco Ernst Bernhard, per accentuare il
riferimento ad una sua personale lettura del testo junghiano, usava il termine di "psicologia
dell'individuazione", avendo fatto suo il programma di difendere ad oltranza le nuove individualità
ancora deboli nell'affrontare quel dinosauro potente ma necessario anch'esso all'evoluzione, la
coscienza collettiva.
In alcuni paesi tale divergenza non comportò problemi di grave entità dal punto di vista
organizzativo per il movimento psicoanalitico nel suo insieme; in altri, come l'Inghilterra, significò
la dissoluzione del movimento che riuscì a ricostituirsi solo nel 1919.
Nel 1912 apparve il saggio di Jung "La libido: simboli e trasformazioni". Si presentò
immediatamente come il libro della discordia, poiché presentava una nuova concezione della libido
e delle sue trasformazioni che si riassume in quella che sarebbe diventata la nuova impostazione
teorica e clinica eretica di Jung: la concezione dell'incesto simbolico.
Per Jung, infatti, il limite di Freud relativamente alla tematica fondamentale dell'incesto è quello di
attenersi ad una interpretazione meramente letterale del desiderio incestuoso, palesando così la sua
incapacità di cogliere al di là di una interpretazione concretistica il significato spirituale dell'incesto
in quanto simbolo.
Quanto Jung andava affermando era quindi grave nei confronti dei capisaldi della teoria
psicoanalitica sino ad allora elaborata, a partire dalla ormai superata prima ipotesi del trauma
infantile, perciò Jung indugiava nel decidere di dare alle stampe questo suo libro. Temeva infatti di
perdere un'amicizia così importante e non aveva intenzione di separarsi dal movimento
psicoanalitico: voleva semplicemente essere un ricercatore libero all'interno di un unico movimento.
La moglie Emma Jung, anch'essa psicoanalista, lo rassicurò esprimendo il suo parere che i suoi
timori fossero eccessivi e che quindi potesse esprimere le sue opinioni anche se divergenti.
Così non fu e tutti i suoi amici psicoanalisti, uno ad uno, non gli rivolsero più la parola,
considerandolo da allora un traditore della causa a cui il movimento si era votato.
Un ponte tra psicoanalisi e scienza fisica: il concetto in Jung della libido come
energia [modifica]
Nella nuova concezione della libido in Jung, questa, intesa semplicemente come energia psichica,
avrebbe dovuto fare da ponte tra la psicoanalisi e le nuove scienze della fisica.
« Concepivo la libido come il corrispondente psichico dell'energia fisica, e quindi, più o meno, come
un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi... non
intendevo più parlare di istinti di fame, aggressivi, sessuali, ma considerare tutti questi fenomeni
come manifestazioni diverse dell'energia psichica. »
(La libido: simboli e trasformazioni - Carl Gustav Jung)
« Anche in Fisica parliamo di energia e delle sue varie manifestazioni, come luce, calore, elettricità,
etc. Lo stesso vale anche per la psicologia... Se concepiamo la libido come energia, possiamo averne
una visione abbastanza unitaria... M'interessava stabilire anche per la psicologia un'uniformità simile
a quella che nelle scienze naturali esiste come generale energetica. »
(La libido: simboli e trasformazioni - Carl Gustav Jung)
Come si sa, in seguito Jung elaborò un altro concetto che potremmo definire un ponte tra la
psicoanalisi e le nuove concezioni della fisica che andavano maturandosi nei primi del novecento: il
concetto di sincronicità, anch'esso ulteriore rottura con il principio di causa-effetto tipico del
metodo scientifico oggettivante utilizzato nel modo di elaborarazione della psicoanalisi freudiana.
Pregiudizi sul significato della sessualità nella teoria psicoanalitica di Jung [modifica]
In seguito si diffuse una vulgata semplificata della concezione junghiana della libido, tanto che Jung
ebbe a lamentarsene:
« È un errore assai diffuso ritenere che io non veda il valore della sessualità. Al contrario, essa ha
gran parte nella mia psicologia, come un'espressione essenziale - sebbene non la sola - dell'intera
psiche. Ma il mio obiettivo principale è stato di investigarne - al di là del suo significato personale e
della sua funzione biologica - l'aspetto spirituale e il significato numinoso, e così di chiarire ciò che
affascinava tanto Freud, senza che egli sapesse coglierne il valore. I miei pensieri su questo
argomento sono contenuti nei miei lavori "La psicologia del Transfert" e "Misterium Coniunctionis".
La sessualità è della massima importanza come espressione dello spirito ctonio, poiché questo è
l'"altra faccia di Dio", il lato oscuro dell'immagine divina. »
(Ricordi, sogni, riflessioni - Carl Gustav Jung)
Freud sarebbe tornato sulla questione in "Introduzione alla psicoanalisi", in cui polemizzava
apertamente con Jung:
« È evidente [...] che c'è poco da guadagnare accentuando, secondo il modo di procedere di Jung,
l'unità originaria di tutte le pulsioni e chiamando "libido" l'energia che in tutte si manifesta. Dal
momento che non c'è artificio che riesca a eliminare la funzione sessuale dalla vita psichica, ci
vediamo costretti a parlare di libido sessuale e di libido asessuale. Il nome libido va pertanto
impiegato per designare esclusivamente le forze pulsionali della vita sessuale, come finora abbiamo
fatto. »
(Introduzione alla psicoanalisi - Sigmund Freud)
L'impressione, comunque, anche alla luce degli sviluppi futuri dei due orientamenti psicoanalitici
principali, è che dietro questa diatriba sulla natura della libido ci fosse un disaccordo più profondo,
cioè due modi diversi di intendere il desiderio incestuoso e il relativo tabù della vicenda edipica.
Val la pena di riportare di questo periodo del percorso psicoanalitico di Jung, uno dei momenti più
drammatici di questa sua discesa nelle profondità dell'inconscio, dove però si celano anche le
altezze dello spirito. Orbene lo psicoanalista nella sua autobiografia racconta come, in un momento
in cui era completamente vissuto da grandi tensioni psichiche, tanto che esse sembravano in
procinto di sfociare in una vera e propria psicosi, in quel medesimo istante in cui stava per cedere
dall'inconscio emerse un contenuto che si presenta simultaneamente come una benedizione, se
compreso e quindi integrato al pensiero cosciente, e una maledizione se invece non compreso e
quindi abbandonato a sé stesso nel regno dell'inconscio — quell'ambito oscuro e ombroso del non-
sapere di sé.
Si trattava del famoso sogno della caccia all'eroe Sigfrido e della sua uccisione, che proponeva a
Jung una trasformazione del suo atteggiamento verso la vita, proposta che si compendiava nel
sacrificio dell'eroe quale mito appartenente ancora all'ego. Stava ancora a significare che egli non
aveva ancora pienamente compreso il senso della rivoluzione psicoanalitica come nuova
rivoluzione copernicana, che spodesta radicalmente l'Io dal suo posto centrale nel sistema psichico e
lo detronizza gerarchicamente in favore dell'inconscio.
« Non appena mi svegliai mi misi a meditare sul sogno, ma senza riuscire a capirlo. Cercai perciò di
riprendere sonno; ma una voce di dentro mi diceva: «Devi capire il sogno, e devi capirlo subito![...]
Se non lo capisci, devi spararti!». Nel cassetto del comodino c'era un revolver carico, e cominciai a
spaventarmi. Mi misi allora a riflettere di nuovo, e improvvisamente il significato del sogno mi si
rivelò[...] vi sono cose più alte della volontà dell'io, alle quali bisogna sottomettersi[...] in me si
sprigionarono nuove energie, che mi aiutarono a portare a compimento l'esperimento con
l'inconscio. »
(Ricordi, sogni e riflessioni - Carl Gustav Jung)
Jung ebbe molti discepoli che abbracciarono il suo indirizzo psicoanalitico o che abbandonarono il
movimento freudiano perché più in sintonia con la svolta da lui impressa su questo o quel punto
della teoria psicoanalitica. Ciascuno a modo suo si trovò a sottolineare in particolare questo o quel
particolare concetto proprio della psicoanalisi archetipica-individuativa del pioniere di questa
scuola.
Così tra i più importanti pionieri o divulgatori dell'orientamento junghiano vanno annoverati Erich
Neumann (1905-1960), grande studioso della storia della coscienza e delle sue origini nonché
dell'archetipo fondamentale della Grande Madre. Con una enfasi particolare sottolineò in una lettura
più consona alla sua visione della psicoanalisi archetipica elaborata da Jung,l'impostazione
evoluzionistica in essa presente enunciando i vari stadi evolutivi di emersione del fenomeno della
coscienza dall'inconscio e come anche a livello dell'evoluzione psicologica del singolo individuo si
possa applicare il principio scoperto nell'ambito delle scienze naturali secondo cui l'ontogenesi
ricapitola la filogenesi. Conseguenza del modello archetipico-individuativo-evolutivo proprio di
Neumann è la sua denuncia della ipertrofia dell'elemento maschile caratteristica della coscienza
occidentale ancora patriarcale elaborata nel suo "La psicologia del femminile" del 1953 dove
auspica una integrazione dell'elemento femminile a vantaggio di un affrancamento dalla coscienza
di gruppo.
L'americano James Hillman (1926), che è stato anche presidente dell'Associazione Internazionale di
Psicologia Analitica ed è attualmente l'esponente di punta del cosiddetto "approccio archetipico".
L'inglese Michael Fordham (1906-1995), che cercò di integrare aspetti della psicologia analitica
classica con i risultati e le teorizzazioni della scuola delle relazioni oggettuali.
Tra gli altri psicoanalisti junghiani degni di nota vi è la stessa moglie di Jung, Emma Jung (1882-
1955) che ha dedicato gran parte della sua vita di psicoanalista a ricerche sulla psicologia del Santo
Graal, lasciate incompiute alla sua morte e portate a compimeno da un'altra famosa psicoanalista
junghiana Marie-Louise von Franz (1915-1998). Quest'ultima, allieva e collaboratrice di Jung
all'Istituto omonimo di Zurigo, mise particolare enfasi alle affermazioni di Jung sui poteri di
autoguarigione della natura a scapito di ogni teorizzazione psicopatologica generale, ed approfondì i
temi del sogno e del simbolismo alchemico.
Questo insegnamento fu fatto proprio dai più eminenti psicoanalisti italiani di orientamento
junghiano come Mario Trevi e Aldo Carotenuto[3] che andando oltre le polemiche interne alle varie
scuole di psicoanalisi parlò di "psicoanalisi unificata". Su questa stessa linea si è mossa un'altra
allieva di Ernst Bernhard, Silvia Montefoschi che fin dai primi anni '60 lavorò in concreto a questa
unificazione teorica dei tre indirizzi fondamentali della psicologia del profondo, freudiana,
junghiana e adleriana, in una prospettiva coerente al metodo di pensiero dialettico che gli è sempre
stato proprio.[4]
Del resto lo stesso Jung, diversamento da quanto poi è stato veicolato dalla vulgata del suo pensiero
sempre incline alle facili contrapposizioni polemiche, non ha mai negato la veridicità sia del
principio di eros freudiano sia del principio della volontà di potenza adleriano ma soleva dire
piuttosto che erano veri entrambi e tuttavia ciò che egli sottolineava con il suo proprio principio
individuativo era che cosa sia eros che la volontà di potenza erano divenuti nella storia psicologica
evolutiva del singolo individuo e del collettivo.
La prima "Storia della psicoanalisi" [modifica]
Risoltasi la "questione Jung" Freud fa il punto sul movimento da lui creato con un saggio che
rappresenta la prima storia della psicoanalisi scritta dal fondatore del movimento stesso: "Per la
storia del movimento psicoanalitico" del 1914. In esso tra l'altro si riconosce ai due filosofi
Nietzsche e Schopenhauer che sia pure per altre vie - la psicoanalisi, così ritiene Freud, ha
proceduto empiricamente attenendosi al metodo scientifico - sono stati comunque con le loro
intuizioni filosofiche anticipatori della psicoanalisi.
Psichiatra svizzero, costituiva assieme a Jung, a Karl Abraham ed al primario Eugen Bleuler il
referente di Freud al Burghölzli, il prestigioso istituto psichiatrico di Zurigo. Benché a differenza di
Jung rimase sempre in contatto con Freud e fu ricambiato della sua amicizia sino alla morte dello
stesso, i suoi referenti si situano nella filosofia fenomenologica e esistenzialista: Edmund Husserl,
Martin Heidegger, Karl Jaspers, Eugene Minkowski e nel pensiero di Martin Buber.
Benché la psicoanalisi esistenziale si inscriva più propriamente nella storia della psichiatria che
nella storia della psicoanalisi propriamente detta, essa tuttavia ha esercitato un profondo influsso
sulla psicoanalisi, con la quale condivide la critica della psichiatria classica nella direzione di un
approccio più comprensivo, e quindi più intersoggettivo alla sofferenza psichica.
Lo stesso filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre, già con "L'Essere e il Nulla" del 1943, contribuì
ad articolare questo approccio psicoanalitico alternativo a quello freudiano e a quello junghiano
(che non solo condivide con Freud il concetto di "inconscio" ma lo amplifica in quello di "inconscio
collettivo"). È invece nota la critica di Sartre proprio al concetto centrale in psicoanalisi di
"inconscio", nel capitolo dello stesso lavoro dal titolo "Per una psicoanalisi esistenziale".
Alle riflessioni di Sartre e di altri autori della psicoanalisi esistenziale si rifanno i più importanti
esponenti di quelli che, a partire dagli anni '60, sono stati chiamati da un lato il movimento della
psicologia esistenziale (vicina alla psicologia umanistica), quali Rollo May e Medard Boss, e
dall'altro lato il movimento dell'antipsichiatria, con esponenti quali in Inghilterra Ronald David
Laing e David Cooper e negli Stati Uniti Thomas Szasz e Morton Schatzman. A quest'ultimo
movimento, caratterizzato dalla critica delle istituzioni psichiatriche e delle metodiche di cura
autoritaria della sofferenza psichica, alcuni aggiungono i due antipsicoanalisti Gilles Deleuze e
Félix Guattari, che, pur mostrandosi critici non solo verso la psichiatria ma anche e soprattutto
verso la nuova psicoanalisi, sono molto più vicini per formazione al linguaggio e all'approccio
strutturalista e lacaniano.
Oltre alla più nota Melanie Klein, altri valenti psicoanalisti furono suoi allievi: Karen Horney e
Sandor Rado, che sarebbero emigrati in America ricostituendo nuovi centri di diffusione della
psicoanalisi, e Helene Deutsch e Theodor Reik.
Dopo essere entrato nella Società di Psicoanalisi di Berlino nel 1920, nel 1921 Groddeck pubblicò
"Il Libro dell'Es" e "Il Linguaggio dell'Es" nel 1923. Suo è anche un romanzo del 1921, dal titolo
"Lo Scrutatore d'Anime".
Groddeck, a differenza di altri psicoanalisti, non arrivò alla nuova scienza dell'inconscio
occupandosi di disturbi della psiche, bensì occupandosi dei disturbi somatici. Per essere stato il
primo medico ad utilizzare le conoscenze psicoanalitiche nella terapia delle normali malattie
organiche viene considerato il padre della moderna medicina psicosomatica. Nella sua clinica di
Baden Baden, in Germania, da lui fondata nel 1897, cercava di curare il cancro, la tubercolosi e
altre malattie, rifiutando una netta distinzione tra psiche e soma, e mettendosi in ascolto del
linguaggio della malattia come se questa fosse un'espressione del linguaggio dell'Es, ovvero dei
simboli dell'inconscio; inconscio che così "prendeva parola", in maniera anche drammatica, tramite
la mediazione dei disturbi somatici.
Groddeck aveva un modo di fare da saggio estremamente eccentrico e, proprio per il suo
considerarsi un medico "più mago che medico", usava chiamare il suo sanatorio "Satanarium". Per
questo suo sottolineare la forza enorme dell'inconscio scoperta dalla psicoanalisi, e per il suo
"panpsichismo" e "monismo" antipositivista e antiscientista, lo scienziato Freud si era messo un po'
in allarme, intravvedendo nella visione del medico-mago un sorta di nuovo misticismo
dell'inconscio: per Groddeck infatti in ultima analisi l'uomo è vissuto dall'inconscio. Tuttavia
proprio Freud, che non condivideva per niente l'estremismo del concetto di inconscio adottato dallo
psicoanalista selvaggio, prese proprio da Groddeck il termine di "Es", che Groddeck a sua volta
deve al filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
Oskar Pfister e altri psicoanalisti consigliarono Freud di mantenere le distanze, per una maggior
rispettabilità scientifica del movimento, da questa sorta di psicoanalista che, per certi versi,
assomigliava ad uno stregone. Freud non diede ascolto ai consigli. Sandor Ferenczi, considerato uno
degli psicoanalisti più autorevoli del movimento, condivise l'atteggiamento di amicizia tra Freud e
Groddeck.
Alcuni hanno voluto vedere nella concezione della psicoanalisi, tipica di Groddeck, un punto di
vicinanza con Otto Rank e al suo "Il trauma della nascita e il suo significato psicoanalitico",
pubblicato proprio in quegli anni, che tante discussioni e polemiche aveva suscitato all'interno
dell'associazione di psicoanalisi.
Tra i ribelli o dissidenti, forse anche meno fortunati, vanno annoverati Wilhelm Stekel (1868-1942)
e Viktor Tausk. Quest'ultimo, al momento in cui Freud spinse la sua analista Helene Deutsch a
interrompere l'analisi e ad abbandonarlo, morì suicida.
Parzialmente, va annoverato fra i dissidenti uno dei "figli" prediletti di Freud, vale a dire Sandor
Ferenczi, il quale non solo sviluppò intuizioni fondamentali sulla "persecuzione degli adulti sui
bambini", riprese poi da Alice Miller, ma anche una tecnica di transfert caldo ed empatico, ripreso
dall'allievo Michael Balint, che Freud condannò. All'apice della crisi col maestro, Ferenczi morì di
leucemia a soli 59 anni.
Viktor Tausk (1879-1919) fu designato dal destino ad essere la prima "vittima" della causa
psicoanalitica, secondo la ricostruzione storica proposta da Paul Roazen nel volume Fratello
Animale (1974). Negli ultimi tempi Freud aveva interrotto di autorità la psicoanalisi didattica con
Tausk, che era di parere opposto, e l'aveva affidato alla sua allieva Helene Deutsch, che a sua volta
era in analisi didattica con Freud. Ad un certo punto, secondo le fonti citate da Roazen, Freud
ordinò alla Deutsch di interrompere improvvisamente il trattamento analitico di Tausk, nonostante
le sue gravi condizioni. Alcuni ritengono che questa scelta non fu delle più felici, compromettendo
ulteriormente le condizioni psichiche dello psicoanalista, già in una profonda crisi emotiva ed
esistenziale.
La nota amica del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, la psicoanalista Lou Von Salomé,
considerava Tausk tra i migliori di quelli più vicini al maestro viennese. Egli, dopo essersi occupato
del fenomeno del sogno, di psichiatria militare (fu psichiatra militare durante la prima guerra
mondiale), di sessualità infantile e di problematiche connesse al narcisismo, infine passò a
occuparsi delle psicosi. Suo è il celebre scritto Sulla genesi della "macchina influenzante" nella
schizofrenia (1919), che introduceva la prima interpretazione teorica psicoanalitica di un
importantissimo aspetto dei deliri di influenzamento.
Di lì a poco lo psicoanalista, molto provato, improvvisamente decise di por fine alle sue sofferenze.
Dalla pubblicazione postuma delle lettere di Freud emersero sue affermazioni che hanno suscitato
polemiche e ulteriori commenti sulla vera personalità del maestro viennese, in quanto vi si legge
una sua opinione alquanto cinica sulla scomparsa del giovane analista, come "di un bene per sé e
per il movimento psicoanalitico".
Prima del finire della prima guerra mondiale, nella quale anche Freud subì un grave lutto con la
perdita di un figlio al fronte, Lenin prese il potere in Russia, innescando altri tentativi d'insurrezione
simili in altre nazioni europee tra cui l'Ungheria, dove si insediò nel 1918 la Repubblica Ungherese
Socialista di Béla Kun. Fu proprio il simpatizzante socialista Ferenczi a ricoprire la prima cattedra
universitaria di Psicoanalisi, anche se per breve tempo, nella neonata Repubblica. Nel 1920 il nuovo
governo controrivoluzionario e di estrema destra dell'Ammiraglio Horthy lo esonerò dall'incarico
universitario.
Ferenczi era uno psicoanalista che aveva suscitato scalpore per il suo modo di condurre
tecnicamente la psicoanalisi. Lo stesso Freud fu costretto a redarguirlo perché gli era giunta notizia
che, spingendosi oltre la parola quale mezzo elettivo per condurre una analisi, Ferenczi giungeva ad
accarezzare e baciare i suoi pazienti (in realtà, aveva sviluppato una serie di "tecniche analitiche
attive", aveva sperimentato l'idea di "analisi reciproca" tra analista e paziente, etc.)
I suoi allievi più rilevanti sono da considerarsi: Melanie Klein, che con lui aveva iniziato l'analisi
didattica prima di proseguirla con Karl Abraham, Franz Alexander, Sandor Rado, Alice e Michael
Balint.
Tuttavia fu Trieste la città italiana destinata a restare famosa come la sede dei primi pionieri italiani
della psicoanalisi, prima del suo dilagare nel resto della penisola. A Trieste si trovava il primo vero
psicoanalista italiano, Edoardo Weiss (1889-1971), che già all'età di 24 anni nel 1913 (si laureò in
medicina a Vienna nel 1914) apparteneva all'Associazione Psicoanalitica Internazionale
(International Psychoanalytical Association, fondata da Freud). Non fu lui però il fondatore della
Società Psicoanalitica Italiana, che fu invece creata a Teramo da Levi-Bianchini nel 1925.
Weiss viene comunque considerato il padre della psicoanalisi italiana perché furono suoi allievi tre
importanti psicoanalisti come il cattolico Emilio Servadio, Nicola Perrotti e Cesare Musatti, che
hanno formato le successive generazioni di psicoanalisti italiani. Cesare Musatti, che inizialmente si
avvicinò allo studio della psicoanalisi su ispirazione del suo maestro Vittorio Benussi, scrisse il
primo grande Trattato di Psicoanalisi italiano (1949), su cui si sono formate generazioni di
psicoanalisti.
Weiss fu inoltre il promotore della rifondazione nel 1932 della Società Psicoanalitica Italiana
(tuttora la principale società psicoanalitica italiana ad indirizzo freudiano) che fu trasferita a Roma,
e della creazione della "Rivista italiana di psicoanalisi", in una situazione che lo vedeva in aperta
contrapposizione all'altro grande pioniere italiano, Levi-Bianchini.
Anche nella poesia si fa sentire la ormai ineludibile presenza della psicoanalisi nelle opere poetiche
di Umberto Saba, poeta triestino anch'esso. Il poeta tra l'altro era stato lui stesso in cura
psicoanalitica proprio da Weiss, poiché soffriva di disturbi depressivi.
Un altro grande del novecento italiano fortemente influenzato dalla psicoanalisi fu senza dubbio
Alberto Moravia, la cui cultura giovanile si forma negli anni 1916-25 e la cui presenza letteraria
comincia nel 1925 col romanzo Gli indifferenti.
L'orientamento freudiano della psicoanalisi arrivò per primo in Italia, ma anni dopo (1936) uno tra i
più autevoli esponenti dell'orientamento junghiano si stabilì a Roma. Si trattava di un rifugiato
ebreo che giungeva da Berlino, un medico specializzato in pediatria, approdato in seguito alla
psicoanalisi. Il suo nome era Ernst Bernhard e aveva compiuto la sua analisi didattica sia con Freud
che con Jung.
In verità Jung risultava comunque già conosciuto in Italia sin dal 1903, poiché sulla rivista "Luce e
Ombra" di Milano era apparsa una recensione della tesi di laurea di Jung "Psicologia e patologia dei
cosiddetti fenomeni occulti", che Jung aveva dato alle stampe appena un anno prima nel 1902. A
partire da quella data Jung verrà citato sulle pubblicazioni italiane sempre più spesso, ma Bernhard
rappresentava l'arrivo della psicoanalisi in persona nella penisola.
A Roma Bernhard strinse amicizia con il decano dei freudiani italiani, Edoardo Weiss, che dal 1931
si era trasferito da Trieste a Roma. Fu proprio Weiss che lo aiutò a riprendere a esercitare la
professione nella sua nuova città inviandogli i primi pazienti.
In Italia la situazione per gli ebrei divenne problematica con la proclamazione delle leggi razziali
che entrarono in vigore nel 1938. In quello stesso anno la Società Psicoanlitica Italiana viene sciolta
d'autorità.
Si racconta che le nuove leggi razziali, emanate dal governo fascista in ossequio alla politica di
alleanza sempre più stretta con la Germania nazista, sconvolsero Weiss, che chiese consiglio e aiuto
a Bernhard. Questi, che tra l'altro era avvezzo a praticare l'arte della divinazione, fece l'oroscopo
aiutando Weiss a decidere la data della partenza per gli Stati Uniti, dove riuscì a rifugiarsi e a
rimanere indenne dalle conseguenze delle leggi razziali.
Per Bernhard, che rimase in Italia, la sorte fu più drammatica per quanto, dati i tempi, comunque
fortunata. A guerra già inoltrata fu arrestato e condotto in un campo di concentramento nel sud.
Alcuni pazienti di Bernhard presto avvisarono un suo amico, un orientalista con il quale stava in
quel momento collaborando, che non perse tempo per tentare l'impossibile mettendo, in moto ogni
amicizia utile allo scopo. Infine Bernhard riuscì a tornare alla sua casa di Via Gregoriana 12 a
Roma, anche se fino all'entrata degli americani nella città visse praticamente murato vivo in una
stanza.
Ernst Bernhard, pur essendo tedesco va considerato come il padre di tutto il movimento
psicoanalitico italiano di orientamento junghiano. È da lui, infatti, che hanno ricevuto la loro
formazione i più noti psicoanalisti italiani junghiani come Mario Trevi, Aldo Carotenuto, Silvia
Montefoschi.
Di questi suoi allievi, Silvia Montefoschi, già impegnata ad una rilettura unitaria e dialettica dei vari
orientamenti della psicoanalisi, a partire dal 1977 iniziò una copiosa produzione, tendente ad una
rifondazione epistemologica della teoria e della pratica psicoanalitica, nella quale la legge del tabù
dell'incesto quale legge universale dell'evoluzione a partire dal Big-Bang trova un posto centrale.
Allo stesso modo il concetto di intersoggettività, quale infrazione di questo tabù, si fa promotore di
un'ulteriore evoluzione e che pertanto da essa non viene inteso come in altri ambiti del pensiero
psicoanalitico, che fanno uso di questo concetto d'intersoggettività per riferirsi soltanto ad una
tecnica psicoterapeutica.
Nella prospettiva di una psicoanalisi fondata sul tabù dell'incesto quale legge universale del
processo evolutivo, l'intersoggettività quale infrazione di questo tabù acquista il senso radicale di un
"normale" modus vivendi dell'uomo e della donna di conoscenza impegnati nella "rivoluzione
radicale del reale", o processo di individuazione universale.
Nel quadro di questa impostazione teorica affiancò ai concetti di inconscio personale freudiano e di
inconscio collettivo junghiano il suo inconscio universale e rilesse l'intera storia della psicoanalisi e
delle sue varie scuole, correnti e orientamenti, apparentemente nello stile dialettico di Hegel, come
un tutto unitario. Secondo la Montefoschi la psicoanalisi coincide con la storia della psicoanalisi e,
a sua volta, la psicoanalisi quale ultima filosofia o "ultimo pensarsi del pensiero alle soglie
dell'infinito" costituisce l'ultimo brano della storia universale per cui con la stessa "morte della
psicoanalisi", allorché avrà esaurito la sua funzione evolutiva storico-sociale, si conclude la
preistoria dell'essere e l'essere quale soggetto pensante duale potrà continuare ad esserci, ma senza
più bisogno per esserci di declinarsi necessariamente nell'oggetto. Così che l'uni-verso nel portare a
compimento quel processo d'individuazione, che è appunto la storia dell'uni-verso, troverà infine la
sua vera identità, alla cui ricerca è sempre stato mosso, nell'uno vero finale.
Lo sviluppo del movimento psicoanalitico francese si intreccia fin da subito, negli anni venti, con
figure di artisti come André Breton, Salvador Dalí e l'avanguardia artistica storica surrealista. Resta
il fatto che il maggior merito dell'introduzione e sviluppo della psicoanalisi in Francia va imputato
all'amica e protettrice di Freud, Marie Bonaparte (1882-1962). Aristocratica, moglie di Giorgio di
Grecia e discendente di Napoleone, è nota in particolare per le applicazioni del metodo di
interpretazione psicoanalitico alla critica letteraria.
Nella persona di Marie Bonaparte, primo presidente della "Società Francese di Psicoanalisi", si
riconosceva la corrente più ortodossa della psicoanalisi francese, non quella da cui emerse anni
dopo il più famoso degli psicoanalisti francesi, Jacques Lacan.
Wilhelm Reich, giovane medico della cerchia degli allievi di Freud a Vienna, che già a ventisette
anni dirigeva il seminario di tecnica psicoanalitica dove si svolgeva la formazione dei nuovi
analisti, è noto ai più per il detto che gli era tipico: "L'amore, il lavoro e la conoscenza sono le
sorgenti della nostra vita: devono anche governarla".
Reich fu colui che tentò una analisi con gli strumenti che gli erano propri del fenomeno nazi-
fascista, che in quegli anni andava sempre più dilagando in Europa. Pubblicò tale studio con il titolo
"Psicologia di massa del fascismo" nello stesso anno della salita al potere di Hitler in Germania, il
1933.
Nei primi anni '30, inizia ad allontanarsi dall'ortodossia psicoanalitica, assumendo posizioni via via
sempre più singolari. Nel 1931 fonda a Berlino SexPol, "associazione per una politica sessuale
proletaria", in cui mescola istanze di liberazione "sessuale" e "politica".
Nel 1934, Reich venne espulso dalla Società Psicoanalitica Internazionale, e viene
progressivamente marginalizzato dal movimento psicoanalitico, a causa delle sue posizioni sempre
più "estreme". Fuggito in America, muore nel 1957 in carcere, dopo aver manifestato spunti di
delirio.
Alle tesi sostenute da questo psicoanalista si appoggeranno in gran parte le posizioni di aspra critica
alla psicoanalisi dei due antipsicoanalisti francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari, il primo filosofo,
il secondo psichiatra e psicoanalista, autori di "L'Anti-Edipo" (1971), testo che fece fortuna negli
anni susseguenti alle rivolte studentesche del maggio del '68.
A sei anni dal finire dell'intrecciarsi della storia personale dell'ebreo Freud con quella del
movimento psicoanalitico, nel 1933 il partito nazionalsocialista giunge a conquistare il potere in
Germania. In quello stesso anno venne distrutto l'Istituto di ricerca sessuale, che aveva come suo
fondatore Magnus Hirschfeld e che vedeva Freud come collaboratore. Parimenti il nuovo governo
riunificava sotto l'unica denominazione di "psicoterapia tedesca" le propaggini del movimento
psicoanalitico che facevano riferimento a Freud, Adler e Jung.
A Londra l'associazione psicoanalitica britannica era stata sciolta nel 1913 e le cause di questo
vanno ricercate proprio nell'abbandono del movimento da parte di Carl Gustav Jung. Lo
psiconalista inglese Ernest Jones (1879-1958), che ne era stato il principale fondatore, era riuscito a
ricostituirla solo nel 1919 e ne resse la presidenza sino al 1944.
Jones conobbe Freud nel 1908. Uno dei fedelissimi di Freud, di cui curerà in seguito un'ampia
biografia dai toni vagamente "agiografici", era stato anche tra i fondatori nel 1911 dell'Associazione
Americana di Psicoanalisi. Volendo essere rappresentante della più pura ortodossia freudiana,
combatté all'esterno ogni pur minima contaminazione junghiana, ed all'interno per ricomporre la
divisione nel movimento, che vedeva contrapposti i due punti di vista espressi dalle due principali
esponenti della psicoanalisi del Regno Unito: Anna Freud (1895- Londra 1982)), che era la minore
dei figli di Sigmund Freud, trasferitasi assieme a lui a Londra, e la psicoanalista Melanie Klein,
anch'essa di origine viennese.
Jones, nel suo zelo, divenne il più rigido esponente del "Comitato per la difesa della psicoanalisi",
voluto segretamente da Freud nel 1912 per vigilare sull'ortodossia nel crescente movimento
psicoanalitico, e composto da sette psicoanalisti selezionati personalmente dal padre della
psicoanalisi (ogni membro ricevette da Freud un anello uguale, a simboleggiare l'appartenenza al
Comitato).
Con il termine di "psicologia dell'Io" ci si riferisce ad una vera e propria scuola di psicoanalisi, che
ebbe in Anna Freud la sua iniziatrice, in particolare con la pubblicazione nel 1936 de "L'Io e i
meccanismi di difesa". Con tale approccio, destinato ad avere molto successo tra gli anni '50 e gli
anni '70 in particolare negli Stati Uniti, la focalizzazione teorica principale si sposta sull'Io, con i
suoi processi difensivi e di adattamento rispetto alla realtà interna ed esterna.
La Klein venne a conoscenza dei lavori di Freud allorché si trasferì a Budapest nel 1910, dove ebbe
la sua prima formazione psicoanalitica sotto la guida di Ferenczi. Nel 1922 era a Berlino dove
proseguì la sua formazione con Karl Abraham (1877-1925), di cui si considerò sempre discepola e
continuatrice. Fu a Berlino che ella vide iniziarsi quel dibattito sulla psicoanalisi dell'età evolutiva
che vide l'associazione berlinese di psicoanalisi propendere per le tesi di Anna Freud.
Per quanto riguarda il contributo teorico alla psicoanalisi di Melanie Klein, questa, da allieva di
Karl Abraham, pur non abbandonandone l'impianto teorico di base, che poneva l'accento sul
primato della pulsione, introduceva alcuni concetti che si distanziavano dalle teorizzazioni
freudiane in materia di sviluppo psichico, forte anche della propria esperienza diretta con i bambini.
Innanzitutto le teorie sulla formazione dell'Io: per la Klein questa istanza esiste già dalla nascita, e
gestisce i meccanismi fondamentali di introiezione e scissione, vale a dire le due principali modalità
di acquisizione e discriminazione delle qualità dell'oggetto (mentre per Freud l'Io si "forma", non
preesiste alla coscienza).
Edward Glover (1888-1972), altro allievo di Abraham, considerava le tesi della Klein, peraltro a
suo parere indimostrabili, alquanto pericolose per lo sviluppo della psicoanalisi; pertanto, sdegnato,
nel 1944 diede le dimissioni dalla Società di Psicoanalisi Britannica (pur rimanendo membro
dell'Associazione Internazionale).
Il dissidio non era solo teorico, ma verteva anche sulle implicazioni pratiche a cui tale elaborazioni
potevano condurre. Per esempio, la Klein fin dal 1925 si era espressa come favorevole, ed anzi
auspicava anche a titolo preventivo, il trattamento di tipo psicoanalitico rivolto ai bambini, cosa che
vide sempre in opposizione Anna Freud, che vedeva in una analisi precoce anche degli svantaggi [5].
Il dissidio, o piuttosto il dibattito, che ebbe luogo all'interno della psicoanalisi freudiana inglese a
partire dalla seconda metà degli anni Venti, ma che ebbe ripercussioni rilevanti nel dibattito
susseguente a livello internazionale, verteva sulla psicoanalisi infantile a cui erano specificamente
interessate le psicoanaliste Anna Freud e Melanie Klein.
A queste due fazioni della psicoanalisi faceva da contraltare un terzo gruppo di psicoanalisti, detto
degli Indipendenti, che comprendeva Ernest Jones stesso, i quali non intendevano schierarsi né con
l'una né con l'altra delle fazioni in lotta. Nello stesso tempo questo gruppo non volle creare una vera
e propria scuola. Degli Indipendenti oltre a Jones facevano parte Donald Winnicott, Ronald
Fairbairn, Ignacio Matte Blanco ed Edward Glover.
Tale controversia si incrementò nel tempo, e la passione teorica per la psicoanalisi era talmente alta
che, in piena seconda guerra mondiale, sotto i bombardamenti tedeschi di Londra, all'interno del
movimento psicoanalitico inglese gli animi erano surriscaldati come mai prima. In un clima da resa
dei conti, Melanie Klein, Anna Freud e le loro fazioni si facevano una guerra spietata; tanto che
perfino la figlia di Melanie Klein, Melitta Schmideberg, giovane promettente psicoanalista, cedeva
alle invettive contro la madre.
Wilfred Bion (1897-1979) fu uno psicoanalista della Società psicoanalitica britannica che faceva
parte del gruppo kleiniano; con la Klein aveva inoltre svolto la sua analisi didattica.
Prendendo le mosse dall'impostazione della maestra, che spingeva la teoria psicoanalitica da una
psicoanalisi pulsionale di origine freudiana verso una più marcata psicoanalisi sempre più
relazionale, Bion elaborò teorizzazioni di psicoanalisi di gruppo e costituì nuovi gruppi di
psicoterapia di tipo psicoanalitico. Le prime riflessioni sull'utilità ed importanza dei processi
psicologici di gruppo in ambito clinico le maturò nel corso della sua esperienza durante la Seconda
Guerra Mondiale, quando operò a supporto di gruppi di reduci traumatizzati dagli eventi bellici,
presso il piccolo ospedale di Northfield (UK).
Alla morte di Ernest Jones resse la presidenza della Società Psicoanalitica Britannica.
Ma il Vaticano già prima del 1961 aveva fatto sentire la sua voce di condanna della psicoanalisi in
un messaggio del Papa, datato 13 settembre 1952, e ancora dopo in un altro messaggio del 15 aprile
1953. Qualcuno, più possibilista, ha voluto leggere tali messaggi più come condanna della teoria
psicoanalitica che della pratica clinica di indirizzo psicoanalitico.
In quegli anni i più noti psicoanalisti cattolici erano Leonardo Ancona ed Emilio Servadio.
Leonardo Ancona, che era anche il direttore dell'"Istituto di Psicologia" dell'Università Cattolica di
Milano nel 1963, avrebbe pubblicato "Psicoanalisi", un testo nel quale il pensiero cattolico e il
pensiero psicoanalitico non evidenziano quell'antiteticità che aveva mosso gli ambienti della
gerarchia del clero ad opporvisi prima che potesse sedurre i legittimi pastori delle anime.
Sempre a Milano, nel 1962, si era costituito un gruppo di psicoanalisti di vario orientamento, che
aveva come denominazione "Centro Studi di Psicoterapia Clinica", i quali svolgevano anche una
attività di collaborazione con l'Istituto di psicologia dell'università. Di questo centro facevano parte:
Silvano Arieti, G. Benedetti, B. Neumann, Franco Fornari, M. Palazzoli Selvini, Silvia
Montefoschi, F. Napolitani ed Enzo Spaltro, oltre allo stesso Ancona ed a Pier Francesco Galli, che
oltre ad esserne il direttore lavorava con le case editrici Boringhieri e Feltrinelli per l'edizione dei
classici stranieri della psicoanalisi in italiano.
È da questo circolo di psicoanalisti che nel 1967 nacque la rivista "Psicoterapia e Scienze Umane",
che diede ulteriore impulso alla psicoanalisi italiana.
Le principali città americane che videro nascere i primi nuclei di nuovi centri psicoanalitici attorno
a queste figure di transfughi furono: New York, in cui si stabilirono Sándor Rado, Heinz Hartmann,
Ernst Kris, Hermann Nunberg, Rudolf Loewenstein (e che divenne in breve tempo la città
americana col maggior numero di psicoanalisti ed istituti di psicoanalisi); Los Angeles con Ernst
Kris e Otto Fenichel; Chicago con Franz Alexander e Karen Horney; Boston con Hanns Sachs.
La Psicologia dell'Io trovò invece in Europa nello psicoanalista francese Jacques Lacan uno tra i
suoi più fermi oppositori. Questi, quale "vero erede di Freud" (come si considerava), la attaccò
violentemente a più riprese per quella che a suo parere era la sua tendenza a trasformare la
psicoanalisi in uno "strumento di adattamento", tradendo così il vero senso del discorso
"sovversivo" freudiano.
La Francia, tra quei paesi che hanno avuto molto presto la possibilità di conoscere la nuova scienza
psicoanalitica, è stata la nazione che più ne ha ritardato la sua diffusione e il suo emergere come
disciplina di grande rilevanza culturale.
Indipendentemente dal giudizio che si può dare dell'opera di Jacques Lacan (1901-1981), resta da
prendere atto che le cose non stanno più così con l'arrivo di Lacan nella storia della psicoanalisi in
Francia.
Dopo aver fatto un'analisi didattica con Sacha Nacht, Daniel Lagache e infine Rudolf M.
Loewenstein, divenne membro della Società Psicoanalitica di Parigi. Di questi suoi tre analisti
didatti solo Daniel Lagache lo avrebbe seguito in parte nelle sue scorribande nei territori della
psicoanalisi, mentre tra Lacan e il suo ultimo analista didatta sarebbe nato un conflitto con l'opporsi
alla sua ammissione come membro effettivo dell'associazione psicoanalitica francese. Inoltre il
dottor Rudolf M.Loewenstein in seguito emigrò negli Stati Uniti, dove si avvicinò sempre più alle
posizioni della psicoanalisi dell'Io, che nutriva un sempre più forte successo in quel periodo in
America, e che sarebbe diventata una vera "bestia nera" per Lacan. Sempre in quegli anni la sua
formazione sarebbe stata influenzata decisamente anche dai corsi che teneva Alexandre Kojeve.
Lacan riconobbe ufficialmente come suoi maestri i soli Clerambault e Freud, che lo avevano
iniziato rispettivamente alla psichiatria e alla psicoanalisi, e Kojeve che, con i suoi corsi sulla
"Fenomenologia dello spirito", lo aveva iniziato al pensiero di Hegel.
Dopo aver prodotto nel 1936 il suo primo apporto creativo alla teoria psicoanalitica con una
comunicazione scientifica sullo "Stadio dello specchio", nel 1953 Lacan si fece fautore di una
scissione all'interno della società di psicoanalisi, accusata, dal punto di vista teorico, di avere una
visione eccessivamente medica della psicoanalisi e, organizzativamente, di gerarchia e burocrazia
eccessiva.
Nacque così la Société Francaise de Psychanalyse, che, oltre al fondatore, comprendeva prestigiosi
psicoanalisti come Daniel Lagache, Francoise Dolto, Didier Anzieu, S. Leclaire, O. Mannoni.
Tuttavia questa associazione non sarebbe stata riconosciuta dalla Società Psicoanalitica
Internazionale, causando una nuova scissione, per cui Lacan infine decide di costituire una sua
propria scuola: "L'École Freudienne de Paris".
Lacan morì nel 1981, non prima di aver dissolto la sua scuola nel 1980, allorché aveva individuto in
essa ostacoli allo sviluppo ulteriore della psicoanalisi. Dopo la sua morte, lo psicoanalista J. A.
Miller, curatore delle sue opere, ricostruì parte del movimento che faceva riferimento alla lettura
lacaniana del testo freudiano.
Jacques Lacan, che usava spesso parlare di sé in terza persona con un modo di esprimersi
spettacolare che non eccelleva in diplomazia, si è sempre proclamato l'unico vero interprete
dell'insegnamento di Freud e considerava tutte le altre scuole come deviazioni dall'originario "verbo
freudiano", benché egli stesso venga considerato da molti piuttosto un innovatore del pensiero
freudiano. In effetti lo slogan-programma lacaniano del "ritorno a Freud" aveva più che altro di
mira una psicoanalisi che andava costituendosi sempre più come psicoterapia adattativa e sempre
meno come psicoanalisi così come era in origine concepita nello spirito di Freud.
Il programma del "ritorno a Freud" aveva di mira una psicoanalisi che andava sempre più
ricentrandosi sull'Io, anziché sull'inconscio, smarrendo così il senso della rivoluzione psicanalitica.
Ritornare a Freud significava ripristinare il senso originario e rivoluzionario della psicoanalisi. Che
poi Lacan ci sia riuscito è un'altra questione, ma l'intenzione di dare la parola all'inconscio non gli si
può negare, a Lacan come ad altri psicoanalisti che si sono mossi e si muovono in psicoanalisi con
gli stessi intendimenti.
La Psicologia del Sé [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Heinz Kohut.
Caposcuola della "Psicologia del Sé" è considerato Heinz Kohut (1913-1981), trattato anche nella
sezione seguente sugli intersoggettivisti, in quanto tra i principali ispiratori della nuova corrente
della "psicoanalisi intersoggettiva". Psicoanalista di Chicago, nato a Vienna, con il dilagare del
nazismo in Europa si trasferì negli Stati Uniti.
Jessica Benjamin, nota esponente statunitense della più moderna corrente di psicoanalisi
intersoggettiva.
Luce Irigaray, nata in Belgio nel 1930, di formazione lacaniana e membro attivo dell’"École
Freudienne de Paris" avvicinatasi al gruppo "Politica e psicoanalisi" nel 1974 consuma la
sua rottura con il "Maestro" pubblicando la sua tesi di dottorato "Speculum. L'altra donna".
Le tesi esposte sono la naturale evoluzione di quelle appena timidamente accennate nel 1966
in "Comunicazione linguistica e speculare". Ancora una volta è la concezione
dell'evoluzione psicologica dell'individuo dallo stato infantile e la sua entrata nel mondo
adulto e sociale, vale a dire la concezione dell'Edipo in Freud e Lacan che viene messa in
causa tutt'uno con la funzione simbolica della figura del "padre" ovvero "il terzo" che
interponedosi nella relazione duale ma fusionale madre-figlio(a) induce alla relazione
mediata e quindi alla creazione del simbolo che apre all'universo specificamente umano del
discorso. La pubblicazione di questo scritto contro il parere dello stesso Lacan costituirà
motivo per il suo ostracismo e poi l'espulsione dall'associazione psicoanalitica lacaniana. Di
lì a poco venne anche esonerata dagli incarichi universitari esercitati fino ad allora.
Malgrado ciò, tale testo dedicato ai risvolti psicoanalitici della relazione specifica in quanto
tutta femminile madre- figlia, costituirà testo fondatore della "filosofia della differenza",
vale a dire di un pensiero che non vorrà essere neutro ma esplicitamente sessuato e che avrà
fortuna anche in Italia oltre che in Francia e negli Stati Uniti. Per la Irigaray infatti passare
dalla critica alla psicoanalisi alla critica all'intera filosofia fu cosa naturale e la critica
principale riguardava per entrambe di essere pensieri falsamente neutri quando invece essa
riteneva di averne smascherato il segno tutto maschile di questo pensare.
Julia Kristeva (1941), anch'essa di formazione lacaniana.
In anni recenti la "psicoanalisi femminista" ha comunque conosciuto una battuta d'arresto, anche per
la notevole evoluzione dei modelli teorici sottostanti alla psicoanalisi attuale (si caratterizzava
infatti come movimento "tipico" del periodo della contestazione e della rinascita femminista degli
anni '60 e '70, con istanze anche di tipo latamente "politico").
Diversa e critica, rispetto alla visione nostalgica dell'Eden lacaniano, è quella degli esponenti della
scuola psicoanalitica interpersonale. Del resto Lacan stesso lascia questa nostalgia dell'Eden ai suoi
pazienti psicotici, non ancora iniziati alla dimensione simbolica, e a quei suoi altri pazienti nevrotici
ancora nostalgici di una realtà pre-simbolica ormai perduta per sempre con il loro già avvenuto
accesso al simbolico.
Rispetto a questo discorso, a cui Lacan dà il suo nome e che comunque alimenta il dibattito
psicoanalitico sulla vera natura del soggetto e dell'identità, gli interpersonalisti ribadiscono la loro
impostazione psicoanalitica sulla piena positività dell'esistenza dell'altro e della relazione con
l'altro, riprendendo il noto motto freudiano "Dove è l'inconscio sarà l'Io" e modificandolo in "Dove
è l'Io sarà la relazione".
La teoria psicoanalitica di cui si fanno assertori si caratterizza per la loro affermazione circa la
concezione della mente come relazione. Da qui anche il riferirsi all'insieme dei loro studi e ricerche
come "psicoanalisi relazionale". Sviluppatasi soprattutto a partire dagli anni '80, ed ancora poco
conosciuta tra i non addetti ai lavori, comprende tra i suoi maggiori rappresentanti psicoanalisti
come: Heinz Kohut, psicoanalista di Chicago che si può considerare uno degli ispiratori di questa
corrente, Robert D.Storolow psicoanalista di Los Angeles, George E.Atwood psicoanalista dell'
Istituto di Psicoanalisi Intersoggettiva di New York, B. Brandchaft, J. Fosshage, Donna M.Orange,
Arnold Modell, Thomas Ogden, Owen Renik, Harold Searles, Jessica Benjamin, Colwyn
Trewarthen, Levenson, Greenberg, Stephen A. Mitchell psicoanalista e docente alla New York
University, Ritvo, B. Beebe, Lachmann e Daniel Stern.
Essi, partendo da una critica radicale e conseguente a livello sia teorico che pratico del "mito della
mente isolata", mettono l'accento soprattutto ai vissuti relativi al transfert e al controtransfert del
paziente e dell'analista, ed all'intersoggettività che emerge e si dispiega in questa relazione duale. In
quest'ottica sono parzialmente riformulate alcune delle vecchie preoccupazioni epistemologiche
della vecchia psicoanalisi pulsionalista.
Conclusioni [modifica]
La storia della psicoanalisi dal punto di vista della sola teoria [modifica]
Da una psicologia pulsionale ad una psicologia relazionale [modifica]
La storia della psicoanalisi dal punto di vista delle vicende del movimento complessivo e delle
singole diramazioni, nonché delle vicende dei singoli autori, incluse anche le dicerie, i pettegolezzi
eccetera, non può non interessare lo storico, i cultori di storia o semplicemente gli appassionati di
questa lunga vicenda. Essa ha coinvolto migliaia e migliaia di professionisti della medicina e i loro
pazienti. Tuttavia, se volessimo sintetizzare questa storia di vicende e uomini in storia della sola
teoria, potremmo, semplificando al massimo, organizzare il materiale come segue:
La psicoanalisi come psicologia pulsionale (Sigmund Freud e la sua scuola). La teoria delle
pulsioni si presenta infatti come la teoria di base della psiconalisi delle origini, sebbene
alcuni ravvedano in particolare negli scritti di Freud del 1912 e 1915 "Introduzione al
narcisismo" e "Pulsioni e loro destino" un timido tentativo di andare nella direzione di un
superamento della teoria delle pulsioni.
La psicoanalisi come psicologia dell'Io (Anna Freud e la sua scuola).
La psicoanalisi come psicologia delle relazioni oggettuali (Melanie Klein e la sua scuola).
La psicoanalisi come psicologia relazionale (psicologia del Sé, psicoanalisi interpersonale e
la psicoanalisi intersoggettiva).
Sigmund Freud negli ultimi sviluppi del suo pensiero aveva chiaramente dato indicazioni su come,
nei suoi intendimenti, avrebbe dovuto procedere l'ulteriore evoluzione della psicoanalisi. Questa
indicazione si può sintetizzare nello spostamento dell'attenzione teorica e clinica della nuova
scienza dal rimosso al rimovente.
Questa indicazione viene fatta propria dalla figlia Anna Freud e dalla scuola della psicologia dell'Io,
da lei iniziata senza ancora affrancarsi da una psicologia degli istinti.
Con Melanie Klein e la sua scuola, invece, ci si riesce, ponendo le basi per una concezione
dell'origine relazionale dell'Io.
Nel 1925 Freud scrisse con toni profetici, in occasione della morte di Karl Abraham, colonna
portante e avanguardia della prima ora del movimento psicoanalitico: "Io me ne andrò presto, ma il
lavoro deve essere continuato: in confronto alla sua mole siamo tutti ugualmente piccoli."
Da allora sono stati molti i critici della psicoanalisi e malgrado la psicoanalisi abbia acquisito
autorevolezza - anche in ambienti culturali oltre che in quelli dediti alla costruzione del sapere
scientifico - negli anni queste critiche hanno continuato a crescere, contestando a volte la
scientificità della creatura di Freud. Egli respingeva già allora le critiche rivolte alla psicoanalisi,
non tanto sostenendo la conformità della teoria e della prassi psicoanalitiche ai criteri del metodo
scientifico, quanto piuttosto sulla base dell'argomento che chi non aveva avuto "esperienza
dell'inconscio" attraverso un'analisi non poteva sapere di cosa stesse parlando.
Detto questo, va osservato che tra gli attuali critici della psicoanalisi vi sono anche alcuni ex-
psicoanalisti (tra gli estensori - ad esempio - del "Libro nero della psicoanalisi" uscito recentemente
in Francia), il che ha contribuito a sollevare ulteriori, vivaci polemiche. La questione delle basi
scientifiche della psicoanalisi è, ancor oggi, molto dibattuta.
Per altro verso, la psicoanalisi risulta di stimolo a nuove teorie critiche come il costruttivismo di
Zizek e la psicologia struttural-dialettica.
Si assiste quindi da parte del movimento psicoanalitico ad un continuo tentativo di assimilare alle
teorizzazioni della psicoanalisi molte e nuove acquisizioni della psicologia, dell'etologia, delle
neuroscienze, come anche del costruttivismo e del post-strutturalismo, in un'ottica integrativa che
sta portando allo sviluppo di modelli epistemologici integrati (come la neuropsicoanalisi), dal
crescente valore euristico.