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CHI FA DA SE' FA PER TUTTI

(La matematica e le dinamiche di gruppo)

Come si cerca lavoro? La prima regola spargere la voce presso amici e parenti, nella speranza che
qualcuno venga a conoscenza di un posto vacante e si ricordi di voi. Non serve essere politici o
sociologi, n serve avere una conoscenza approfondita del mondo del lavoro. E' sufficiente dire a
qualcuno: "Cerco lavoro". La cosa sorprendente che l'effetto di una regola cos semplice pu
andare molto al di l di quanto si possa immaginare. In Italia per esempio si pu assistere a un
flusso migratorio di migliaia di giovani romeni che vengono a lavorare nel settore edile, o di
migliaia di donne filippine che vengono a fare le colf. I singoli individui che formano il flusso
migratorio difficilmente si rendono conto del fenomeno di cui fanno parte, eppure, sono loro stessi
che lo generano.

La formazione dei gruppi di animali segue delle dinamiche simili. Pensate ad esempio alle lunghe
file di formiche, di elefanti o di pinguini, cos come gli ammassi in continuo movimento degli storni
o le strutture a forma di "V" delle oche. Tutte queste strutture non sono il frutto di una scelta
imposta dall'alto. Piuttosto, sono l'effetto su larga scala di tante scelte fatte dai singoli individui
sulla base di poche e semplici informazioni locali. Gli scienziati chiamano questo fenomeno auto-
organizzazione, allo scopo di sottolineare l'assenza di un leader che comanda il gruppo. Ogni
individuo agisce per s, sulla base di una limitata percezione del gruppo e del proprio ruolo
all'interno di esso.

A posteriori - e a loro totale insaputa - tutti gli individui traggono vantaggio dalla configurazione
assunta dal gruppo. La vita di gruppo vantaggiosa per innumerevoli ragioni. Ad esempio, lo sforzo
inconsapevolmente congiunto delle formiche minimizza il percorso tra il nido e la fonte di cibo,
oppure permette alle formiche di trasportare oggetti molto pesanti. Gli storni, muovendosi in gruppi
di centinaia di individui, rendono la vita difficile ai predatori, che vengono letteralmente frastornati
dall'imbarazzo della scelta.
La cosa sorprendente che il processo evolutivo non ha agito direttamente sul gruppo, piuttosto ha
agito indirettamente, modificando le regole locali seguite dai singoli individui. Sono stati quindi
selezionati positivamente quegli individui i cui comportamenti locali producevano un effetto
globale vantaggioso (indipendentemente da quanto sia "complicato" il rapporto di causa-effetto tra
regola locale e effetto globale).

Il modo pi semplice per comprendere le regole che generano determinate configurazioni nei gruppi
animali consiste nel creare un modello matematico che simuli il comportamento dei singoli animali,
per vederne poi le conseguenze su larga scala. Pi precisamente, viene istruito un computer a
muovere dei pallini sullo schermo, ognuno dei quali rappresenta un individuo del gruppo. Ogni
pallino viene mosso sulla base di regole predeterminate, che coinvolgono solamente la posizione di
un piccolo numero di compagni. La letteratura biologica basa i modelli matematici principalmente
su tre regole:
1. Attrazione verso i compagni lontani, per non rimanere isolati.
2. Allineamento con i compagni vicini, per uniformare la propria direzione di movimento.
3. Repulsione verso i compagni troppo vicini, per evitare collisioni.

In aggiunta a queste regole, si introducono nei modelli altri comportamenti tipici della specie sotto
osservazione, al fine di riprodurre differenti forme del gruppo. Spesso il modello tiene in
considerazione il campo visivo dell'animale, cio assume che i compagni posizionati dietro
l'animale non vengano tenuti in considerazione, perch non visibili. Sebbene questa ipotesi sia
perfettamente ragionevole, essa si basa sull'implicita assunzione che il campo visivo dell'animale e
la zona di sensibilit in cui si applicano le regole coincidano. Recentemente per, stato proposto
un modello che supera questo limite, ed introduce un nuovo tipo di asimmetria nelle interazioni con
i compagni. Fatto salvo il campo visivo di ogni animale, le regole hanno differenti zone di
applicabilit: un animale potrebbe infatti avere particolare interesse a seguire il leader del gruppo
davanti a lui (attrazione solo frontale) e non i compagni al suo fianco, sebbene questi ultimi siano
perfettamente visibili. Allo stesso modo, ragionevole aspettarsi che la repulsione agisca solo
frontalmente se la direzione del moto non cambia, oppure in tutte le direzioni se la direzione del
moto cambia frequentemente.

Tenendo separato il concetto di campo visivo con quello di zona di sensibilit alle interazioni, si
ottengono nuovi modelli matematici in grado di riprodurre una grande variet di forme, senza la
necessit di introdurre altre regole ad hoc. Ad esempio, stato scoperto che se l'attrazione e la
repulsione sono dirette in ogni direzione, gli animali (virtuali) assumono una configurazione sferica
come quella visibile negli storni (Fig. 1).

Fig. 1

Se invece l'attrazione e la repulsione sono solo frontali, gli animali assumono una configurazione
allungata come quella visibile nei pinguini o negli elefanti in marcia (Fig. 2).

Fig. 2

Infine, se l'attrazione diretta in ogni direzione e la repulsione solo frontale, gli animali si
dispongono in una configurazione a "V" come quella visibile nelle oche in volo (Fig. 3).
Quest'ultimo risultato suggerisce che la configurazione a "V" non sia (solo) motivata dall'efficienza
aerodinamica; l'attrazione omnidirezionale pu infatti essere intesa come la volont di non perdere
il contatto con nessun membro del gruppo.
Fig. 3

Al contrario del campo visivo, che per sua natura fisso, le zone di sensibilit alle interazioni
possono cambiare. Ad esempio, la presenza di predatori o le cattive condizioni atmosferiche
possono mutare le esigenze del gruppo. Di nuovo, il meccanismo di auto-organizzazione agisce a
livello locale, modificando le regole di comportamento rispetto ai compagni pi prossimi. Questo
porta alla ri-organizzazione del gruppo a livello globale, e di conseguenza a una risposta pi
"intelligente" alle esigenze del gruppo inteso come un'unica entit.

La comprensione dei fenomeni auto-organizzanti diventa cruciale nel momento in cui li si vuole
controllare, gestire o modificare. Se ad esempio si volesse costringere delle oche a volare in linea,
sarebbe pi facile dotarle di piccoli paraocchi (quindi agendo sulle regole locali) piuttosto che
inventarsi qualche strano marchingegno per imporre la nuova configurazione in modo "dittatoriale";
per eliminare le formiche dalla vostra cucina, totalmente inutile ucciderle tutte. Quello che si deve
fare passare un panno bagnato lungo la strada che percorrono, in modo da eliminare la traccia
odorosa che loro seguono (la regola "locale"). Non torneranno pi.
Questo insegnamento sarebbe utile anche ai politici, spesso chiamati a regolare o evitare alcuni
comportamenti collettivi come i flussi migratori, le rivoluzioni, le manifestazioni di piazza, etc. Per
quanto riguarda i flussi migratori, chiudere le frontiere un modo per arginare il fenomeno
"dall'alto", che non tiene conto delle regole locali che li hanno generati. La massa di persone viene
vista come un'unica entit alla quale si pu "parlare" direttamente. L'alternativa invece agire a
livello delle regole locali: cambiare il modo in cui le persone cercano lavoro, cos da non far
emergere il fenomeno. Ma questa un'altra storia...

Per approfondire, consigliamo i seguenti titoli e link:

[1] Cacace S., Cristiani E. Myrmedrome, a real ant colony simulator. www.not-equal.eu/myrmedrome
[2] Cristiani E., Frasca P., Piccoli B. (2010). Effects of anisotropic interactions on the structure of animal
groups, J. Math. Biol.
[3] Couzin I.D., Krause J., Franks N.R., Levin S.A. (2005). Effective leadership and decision-making in
animal groups on the move. Nature 433:513516.
[4] Krause J., Ruxton G.D. (2002). Living in groups. In: Oxford series in ecology and evolution. Oxford
University Press, New York.
[5] Giardina I. (2008). Collective behavior in animal groups: theoretical models and empirical studies.
HFSP J. 2:205219.
[6] Sumpter D.J.T. (2006). The principles of collective animal behaviour. Phil. Trans. R. Soc. B 361:522.

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