Cola di Rienzo
Cola di Rienzo, al secolo Nicola di Lorenzo Gabrini o in romanesco
Cola de Rienzi (Roma, 1313 Roma, 8 ottobre 1354), tribuno,
divenne noto perch tent, nel periodo finale del medioevo, di
restaurare il comune nella citt di Roma straziata dai conflitti tra papi e
baroni. Si autodefiniva "l'ultimo dei tribuni del popolo". Alla sua figura
il compositore Richard Wagner ha dedicato l'opera lirica Rienzi,
l'ultimo dei tribuni.
Inizi
Era nato nel rione Regola, figlio di un taverniere e di una Maddalena
la quale visse de lavare panni e acqua portare, in una casa davanti a
Ponte Rotto, canto fiume, fra li mulinari (i mulini sul Tevere hanno
funzionato fino alla costruzione dei muraglioni), dunque di condizione
assai modesta.
Luigi Torelli, nei suoi Secoli agostiniani (Bologna 1659-1686), lo cita
come "Nicola di Lorenzo, detto per volgarmente Cola di Renzo di
Casa Gabrini, come vuole il Bzovio".
Si mostr fin da giovanissimo, oltre che di bell'aspetto, di intelligenza
assai vivace, e appassionato dell'antichit in mezzo ai cui ruderi
viveva: Tutta de se speculava nelli intagli de marmo li quali iaccio
intorno a Roma. Non era aitri che esso, che sapessi leiere li antiqui
pataffi. Tutte scritture antiche vulgarizzava. Queste figure de marmo
iustamente interpretava.
Ottimo oratore, divenne notaio, e in questa veste fu mandato ad
Tor Crescenzia, tradizionalmente identificata con
la casa di Cola di Rienzo
Avignone alla corte papale come ambasciatore del governo popolare di
Roma, detto dei Tredici buoni uomini, presso papa Clemente VI. Il
papa lo apprezz molto ed egli colse l'occasione di questa familiarit per lamentare i soprusi dei baroni romani (lli
baroni de Roma so derobatori de strada: essi consiento li omicidii, le robbarie, li adulterii, onne male; essi voco che
la loro citate iaccia desolata.), attirandosi cos le ire del cardinale Giovanni Colonna.
Torn tuttavia a Roma nel 1344 con l'incarico di notaio della Camera Apostolica, istituzione dello Stato pontificio
che attraverso i suoi componenti - camerlengo, tesoriere, commissario, chierici di camera ed altri - amministrava le
Cola di Rienzo
finanze e osservava le competenze legislative e giudiziarie.
L'ascesa al Campidoglio
La citt pativa intanto, da secoli, grandi violenze e miserie:
Rettori non avea. Onne de se commatteva. Da onne parte se derobava. Dove era luoco, le vergine se vitoperavano. Non
ce era reparo. Le piccole zitelle se furavano e menavanose a desonore. La moglie era toita allo marito nello proprio lietto.
Li lavoratori, quanno ivano fra a lavorare, erano derobati, dove? su nella porta de Roma. Li pellegrini, li quali viengo per
merito delle loro anime alle sante ciesie, non erano defesi, ma erano scannati e derobati. Li prieti staievano per male fare.
... Quello pi avea rascione, lo quale pi poteva colla spada. Non ce era aitra salvezza se non che ciascheuno se defennieva
con parenti e con amici. Onne de se faceva adunanza de armati.
I ragionamenti di Cola sul bisogno di sollevare la citt dalla prepotenza dei baroni e dalla miseria che ne nasceva
fecero breccia in un gruppo di cittadini che si erano riuniti a discutere con lui in un monastero sull'Aventino, forse
Sant'Alessio. Lo stesso vicario del papa consentiva. Alla fine di aprile del 1347 Cola di Rienzo sal al Campidoglio
con un centinaio di uomini di scorta, preceduto da tre gonfaloni che rappresentavano:
il primo, rosso a lettere d'oro, Roma seduta tra due leoni con il mondo in una mano e la palma della vittoria
nell'altra;
il secondo, bianco, rappresentava san Paolo con la corona della giustizia e la spada in mano;
il terzo, san Pietro, "con le chiavi della concordia e della pace".
Il popolo and ad ascoltare, e Cola proclam i suoi ordinamenti dello buono stato.
Cola di Rienzo
Cola di Rienzo
Allora le selve se comenzaro ad alegrare, perch in esse non se trovava latrone. Allora li vuovi [i buoi] comenzaro ad
arare. Li pellegrini comenzaro a fare loro cerca per le santuarie. Li mercatanti comenzaro a spessiare li procacci e camini
[moltiplicare gli affari e i viaggi]. [...] In questo tiempo paura e timore assalo li tiranni. La bona iente, como liberata da
servitute, se alegrava.
Tutta Roma, compresa la maggior parte dei nobili, mostrava a Cola grande rispetto e attaccamento e pagava al
Comune senza protestare i tributi prima prelevati dai signori feudali. Non mancarono guerre, ai pochi che non
volevano assoggettarsi come il signore di Viterbo, con i quali Cola, forte della propria armata e della propria fama,
concluse una pace equa. Cola intraprese anche una sua politica estera, mandando messi per l'Italia a citt e nobili,
all'Imperatore e al Papa, ad annunciare la nuova Roma. I messi venivano onorati ed assai bene accolti, ambascerie
arrivavano da tutta l'Italia centrale e fino da Venezia, da Milano e dalla Puglia, e c'era chi veniva a Roma a chiedergli
giustizia fin da Perugia e dalla Toscana.
La caduta
Poi l'incantesimo si ruppe: in Cola il sentimento della grandezza, di Roma e sua propria, cominci a sconfinare nel
delirio. Si proclam cavaliere, nel battistero di San Giovanni, tra grandi festeggiamenti e proclamazioni (che
cominciavano a suscitare resistenze e mormorii). Poi, in Campidoglio, fece arrestare i Colonna e gli Orsini che lo
avevano sostenuto minacciandoli di esecuzione. Per quella volta fu convinto a soprassedere, ma quelli ripararono nei
loro castelli e i Colonna da Marino cominciarono a fare scorrerie contro Roma. Cola prima gli devast le terre poi li
sconfisse nella Battaglia di Porta San Lorenzo (20 novembre 1347), ma intanto la sua mente svaniva: si convert in
tiranno, si abbandon al lusso e alla gola e spesso non faceva parlamento per la paura che aveva dello furore dello
puopolo. Il legato pontificio lo abbandon, i baroni rialzarono la testa, il popolo non accorse pi alle scampanate.
Spaventato a morte e dicendosi vittima dell'invidia (Ora nello settimo mese descenno de mio dominio), Cola si
rifugi a Castel Sant'Angelo, mentre il legato lo dichiarava eretico e nominava nuovi senatori.
Cola di Rienzo
arringare i romani, che risposero dando fuoco alle porte. Cola allora cerc di scampare travestendosi da popolano
pezzente, alterando anche la voce. Ma fu riconosciuto dai braccialetti che non si era tolto (Erano 'naorati: non
pareva opera de riballo), smascherato e condotto in una sala per essere giudicato. L addutto, fu fatto uno silenzio.
Nullo uomo era ardito toccarelo, finch un popolano impuinao mano ad uno stocco e deoli nello ventre.
Gli altri seguirono, ad infierire, ma Cola era gi morto. Il cadavere fu trascinato fino a San Marcello in via Lata, di
fronte alle case dei Colonna, e l lasciato appeso per due giorni e una notte. Il terzo giorno fu trascinato a Ripetta,
presso il Mausoleo di Augusto, che era sempre un territorio dei Colonna, l bruciato (commenta l'Anonimo: Era
grasso. Per la moita grassezza da s ardeva volentieri), e le ceneri disperse.
La memoria
Bench non fosse mai stato anticlericale, ma anzi avesse sempre
accuratamente coltivato il sostegno papale alle proprie imprese, la
figura di Cola di Rienzo fu assai cara all'immaginario risorgimentale e
massone, che ne fece l'eroe antesignano di un risorgimento di Roma
rimasto incompiuto.
A lui furono dedicate nel 1872 una lapide nei pressi della casa di
nascita a san Bartolomeo dei Vaccinari, e nel 1887 la statua ai piedi del
Campidoglio, il cui basamento, formato da un insieme di frammenti
architettonici di epoca romana e importante almeno quanto la figura,
rappresenta appunto il sogno di Cola di ripristino dell'antica gloria di
Roma.
Bibliografia
Voci correlate
Cola di Rienzo
Clusone, l'oratorio
Altri progetti
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Note
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