NOVELLE
VOLUME SECONDO
Qui devo fare un'avvertenza. Ndenka, o Vrenka (adesso rammento che si chiama,
pare, Mscenka), ha immaginato, chi sa come, ch'io sia di lei innamorato, e perci
stima dovere di filantropia guardarmi sempre con compassione e curare verbalmente la
mia ferita di cuore.
- Ascoltate, - dice, fermandosi, - io so perch sospirate. - Voi amate, s! Ma vi prego in
nome della nostra amicizia, credete, la fanciulla che amate vi stima profondamente! Il
vostro amore non pu ripagarvelo del pari, ma ci ha forse colpa lei, se il suo cuore gi
da un pezzo appartiene a un altro?
Il naso di Mscenka si fa rosso e gonfio, gli occhi le si riempiono di lacrime; ella, a
quanto sembra, aspetta da me una risposta, ma, per fortuna, siamo ormai arrivati... Sul
terrazzo siede la "maman" di Mscenka, buona donna, ma con pregiudizi; data
un'occhiata al viso turbato della figlia, ferma su di me un lungo sguardo e sospira,
come volesse dire: Ah, giovent, perfin nascondere non sapete!. Oltre a lei, son
sedute sul terrazzo alcune ragazze variopinte e in mezzo a loro un mio vicino di
villeggiatura, ufficiale a riposo, ferito nell'ultima guerra alla tempia sinistra e all'anca
destra. Questo sventurato, al pari di me si prefisso lo scopo di consacrare
quest'estate alla fatica letteraria. Egli scrive "Memorie di un militare". Al par di me, ogni
mattina mette mano al suo rispettabile lavoro, ma appena riesce a scrivere: Io nacqui
il... , che sotto il balconcino compare una qualche Vrenka, o Mscenka, e il ferito
servo di Dio preso sotto guardia.
Tutti quelli seduti sul terrazzo nettano per la confettura certe insipide bacche. Io mi
accomiato e voglio andarmene, ma le signorine variopinte con uno strillo agguantano il
mio cappello ed esigono ch'io rimanga. Mi metto a sedere. Mi porgono un piatto di
bacche e una spilla. Comincio a ripulire.
Le signorine variopinte parlano sul tema: uomini. Il tale carino, il talaltro bello, ma
non simpatico, un terzo non bello, ma simpatico, un quarto non sarebbe brutto se il
suo naso non somigliasse a un ditale, e cos via.
- E voi, "monsieur" Nicolas,-si rivolge a me la "maman" di Vrenka, - non siete bello,
ma siete simpatico... Nel vostro viso c' qualcosa... Del resto, - ella sospira, - nell'uomo
il pi non la bellezza, ma l'intelligenza...
Le ragazze sospirano e abbassano gli occhi... Esse pure son d'accordo che nell'uomo
il pi non la bellezza ma l'intelligenza. Io mi guardo di sbieco allo specchio per
convincermi di quanto son simpatico. Vedo una testa arruffata, barba, baffi, sopraccigli
arruffati, peli sulle guance, peli sotto gli occhi: tutt'un boschetto, fuor del quale, a mo' di
vedetta, guarda il mio solido naso. Bello, non c' che dire!
- Del resto, Nicolas, voi vincerete con le vostre qualit morali, - sospira la "maman" di
Ndenka, come riconfortando un suo segreto pensiero.
E Ndenka soffre per me, ma nello stesso mentre la consapevolezza che di fronte le
siede un uomo innamorato di lei le procura, a quanto sembra, il massimo diletto. Finito
con gli uomini, le signorine parlan d'amore. Dopo una lunga conversazione sull'amore,
una delle ragazze si alza e se ne va. Le rimaste cominciano a riveder le bucce a quella
ch' andata via. Tutte trovano ch' sciocca, insopportabile, brutta, che ha una scapola
fuor di posto.
Ma ecco, la Dio merc, viene infine la cameriera, inviata dalla mia "maman", e mi
chiama a desinare. Ora posso lasciare la sgradita compagnia e andare a continuare la
Non capisco nulla. E' una specie di cabalistica. Proseguiamo e cogliamo funghi. Tutto il
tempo restiamo zitti. In viso a Ndenka v' l'espressione d'una lotta interiore. Si sente
un latrar di cani:
questo mi rammenta la mia dissertazione e sospiro rumorosamente.
Attraverso i tronchi degli alberi scorgo l'ufficiale ferito. Il poveretto zoppica
dolorosamente a dritta e a manca: a destra ha l'anca ferita, a sinistra gli pende una
delle fanciulle variopinte. Il volto esprime rassegnazione al destino.
Dal bosco facciamo ritorno alla casa di villeggiatura a bere il t, dopo di che giochiamo
a "crocket" e ascoltiamo una delle variopinte fanciulle cantare la romanza: "No, tu non
m'ami! No! No!..." Alla parola No ella torce la bocca fin proprio all'orecchio.
- "Charmant"! (1) - gemono le rimanenti fanciulle. - "Charmant"!
Vien sera. Da dietro i cespugli striscia fuori una luna repellente.
Nell'aria v' quiete e uno sgradevole odore di fieno fresco. Prendo il cappello e voglio
andarmene.
- Ho bisogno di comunicarvi qualcosa, - mi bisbiglia significativamente Mscenka. Non andate via.
Presento alcunch di poco buono, ma per delicatezza rimango. Mscenka mi prende a
braccetto e mi conduce da qualche parte pel viale. Ora poi tutta la figura di lei esprime
la lotta. E' pallida, respira a stento e sembra aver intenzione di strapparmi il braccio
destro. Che ha?
- Ascoltate... - mormora. - No, non posso... No...
Vuol dire qualche cosa, ma esita. Ma, ecco, dal suo viso io scorgo che si risolta. Con
gli occhi scintillanti, il naso rigonfio, mi afferra la mano e dice rapida:
Un'idea! io pure avrei potuto esibire un certificato. Mio zio aveva accessi d'ubriachezza,
un altro zio era molto distratto (una volta, invece del berretto, si mise in testa un
manicotto da signora), una zia sonava molto il pianoforte e, incontrando uomini,
mostrava loro la lingua. Inoltre anche il mio carattere in sommo grado irascibile un
sintomo assai sospetto. Ma perch le buone idee vengono cos tardi?
Perch?
NOTE:
1) Incantevole, delizioso.
2) Il grande filosofo pessimista tedesco (1788-1860), autore di "Il mondo come volont
e rappresentazione", "I fondamenti della morale", "Parerga e Paralipomena".
SSST!...
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siede come dianzi in poltrona, con gli occhi chiusi, e immerso nel suo tema. Non si
muove, si tamburella leggermente in fronte con due dita e fa mostra di non sentir la
presenza della moglie... Sul suo viso vi , come poc'anzi, un'espressione d'innocenza
offesa.
Come la ragazzina a cui han donato un prezioso ventaglio, egli, prima di scrivere il
titolo, civetta lungamente con se stesso, posa, fa smancerie... Si preme le tempie, ora
si rattrappisce e piega le gambe sotto la poltrona, come per dolore, ora strizza languido
gli occhi, come un gatto sul divano... Infine, non senza esitanza, allunga la mano al
calamaio e, con un'espressione come se firmasse una sentenza di morte, fa il titolo...
- Mamma, dammi dell'acqua! - egli sente la voce del figlio.
- Ssst! - dice la madre. - Il babbo scrive! Ssst...
Il babbo scrive lesto lesto, senza cancellature e interruzioni facendo appena in tempo a
voltar le pagine. Busti e ritratti degli scrittori celebri miran la sua penna che scorre
rapida, non si muovono e sembra che pensino: Ohi, fratello, come ci hai fatto la
mano!.
- Ssst! - stride la penna.
- Ssst! - fanno gli scrittori, quando sobbalzano con la tavola per un urto del ginocchio.
D'un tratto Krasnuchin si raddrizza, posa la penna e tende l'orecchio... Egli sente un
sussurro eguale, monotono... Nella stanza attigua l'inquilino, Fom Nikolievic', sta
pregando Iddio.
- Sentite! - grida Krasnuchin. - Non vorreste pregare un po' pi piano? M'impedite di
scrivere!
- Scusate... - risponde timidamente Fom Nikolievic'.
- Ssst!
Riempite di scrittura cinque paginette, Krasnuchin si stira e guarda l'orologio.
- Dio, gi le tre! - geme. - La gente dorme, e io solo devo lavorare!
Rotto, spossato, chinata la testa di fianco, va in camera, desta la moglie e dice con
voce languida:
- Nadia, dammi ancora del t! Io... sono affranto!
Scrive fino alle quattro, e scriverebbe volentieri fino alle sei, se non fosse esaurito il
tema. Civettare e posare davanti a se stesso, davanti agli oggetti inanimati, lungi da un
occhio osservatore indiscreto, dispotismo e tirannia sul piccolo formicaio dalla sorte
gettato sotto il suo dominio formano il sale e il miele della sua esistenza. E come
questo despota qui, in casa, dissimile da quel piccolo omino umiliato, privo di favella,
incapace, che siamo avvezzi a veder nelle redazioni!
- Son cos spossato che difficilmente prender sonno... - egli dice, coricandosi. - Il
nostro lavoro, questo lavoro maledetto, ingrato, da galera, estenua non tanto il corpo
quanto l'anima... Dovrei prender del bromuro... Oh, vede Iddio, se non fosse la
famiglia, smetterei questo lavoro... Scrivere su ordinazione! E' tremendo! Egli dorme
fino alle dodici, o fino all'una del pomeriggio, dorme sodo e profondamente... Ah, come
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NOTE:
1) Nell'"Amleto" di Shakespeare.
2) Ofelia.
3) Celebre critico e pubblicista russo (1812-1848).
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LA VENDETTA
Lev Savvic' Turmanov, un cittadino qualunque, che aveva un capitaluccio, una moglie
giovane e una dignitosa calvizie, giocava, in occasione d'un onomastico, da un amico
al "vint" (1). Dopo una buona perdita, quando fu colto dal sudore, si ramment d'un
tratto che da un pezzo non beveva vodka. Alzatosi, in punta di piedi, dondolandosi
gravemente, avanz fra le tavole, attravers il salotto, dove ballava la giovent (qui egli
sorrise indulgente e batt paternamente sulla spalla a un giovane, esile farmacista),
dopo di che sgusci per un piccolo uscio che metteva alla stanza di ristoro. L, su un
tavolino rotondo, stavan bottiglie, caraffe con vodka... Accanto ad esse, fra altri
antipasti, verdeggiante di cipolline e prezzemolo, giaceva in un piatto un'aringa ormai
mezzo mangiata. Lev Savvic' si mesc un bicchierino, mosse in aria le dita, come
accingendosi a fare un discorso, bevve e fece un viso sofferente, poi conficc una
forchetta nell'aringa e... Ma allora di l dalla parete si udirono voci.
- D'accordo, d'accordo... - diceva arditamente una voce femminile.
- Solamente, quando sar?
Mia moglie, riconobbe Lev Savvic'. Con chi ?.
- Quando vuoi, amica mia... - rispose dietro la parete una piena, pastosa voce di
basso. - Oggi non del tutto agevole, domani sono occupato tutt'il santo giorno...
E' Degtiariv!, riconobbe Turmanov nel basso uno dei suoi amici.
Anche tu, Bruto, ci sei! (2) Possibile che abbia agganciato anche lui? Ma che donna
insaziabile, turbolenta! Non pu vivere un giorno senza romanzetto!.
- S, domani sono occupato,- continu il basso. - Se vuoi, scrivimi domani qualcosa...
Sar contento e felice... Solo che dovremmo regolare la nostra corrispondenza.
Bisogna escogitare un qualche trucco. Spedire per posta non punto comodo. Se io ti
scrivo, il tuo gallinaccio pu intercettare la lettera dal postino; se tu scrivi a me, la mia
met ricever me assente e sicuramente dissuggeller.
- Come fare dunque?
- Bisogna idear qualche trucco. Per mezzo della servit del pari non si pu inviare,
perch il tuo Sobkevic' (3) di certo tiene con pugno di ferro cameriera e domestico...
O che a carte ci giuoca?
- S. Perde eternamente, il babbeo!
- Vuol dire che ha fortuna in amore! - rise Degtiariv. - Ecco, mammetta, che giochetto
ho escogitato... Domani, alle sei di sera in punto io, tornando dall'ufficio, passer per il
giardino comunale, dove ho da incontrarmi col custode. Allora ecco tu, anima mia,
cerca assolutamente per le sei, non pi tardi, di deporre un bigliettino in quel vaso di
marmo che, saprai, si trova a sinistra della pergola di vite...
- So, so...
- Ci riuscir poetico, e misterioso, e nuovo... Non lo sapr n il tuo pancione, n la
fedel consorte. Hai capito?
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Lev Savvic' bevve ancora un bicchierino e si avvi alla tavola da giuoco. La scoperta,
che proprio allora aveva fatto, non l'aveva colpito, n meravigliato, n punto indignato.
Il tempo ch'egli s'indignava, faceva scenate, litigava e perfino veniva alle mani, era
passato ormai da un pezzo; aveva lasciato correre e ora chiudeva gli occhi sui
romanzetti della sua volubile consorte. Ma tuttavia gli dispiacque. Espressioni come
gallinaccio, Sobkevic', pancione, eccetera, avevano ferito il suo amor proprio.
Ma che canaglia, per, questo Degtiariv!, pensava, segnando i meno.
Quando lo s'incontra per via, si finge un cos caro amico, mette in vista in denti, e fa
lisciatine sul ventre, e ora, guarda un po', che scherzi ti combina! In faccia ti tratta
d'amico, e di dietro per lui sono un gallinaccio e un pancione.... Quanto pi egli
sprofondava nei suoi sgraditi meno, tanto pi grave si faceva il senso dell'offesa...
Sbarbatello... , pensava, spezzando stizzosamente il gessetto.
Ragazzaccio... Non ho voglia solo d'impicciarmi, se no ti farei veder io il Sobkevic'!.
A cena non pot veder con indifferenza la fisonomia di Degtiariv, e quello, come
apposta, non finiva d'importunarlo con le domande: aveva vinto? perch era cos
triste? e cos via. E aveva perfin la faccia tosta, in base ai diritti della buona
conoscenza, di riprendere ad alta voce la consorte di lui, perch poco si curava della
salute del marito. E la consorte, come nulla fosse, guardava il marito con gli occhietti
languidi, rideva allegra e ciarlava innocentemente, talch il diavolo in persona non
l'avrebbe sospettata d'infedelt.
Tornato a casa, Lev Savvic' si sentiva rabbioso e malcontento come se, invece di
vitella, avesse mangiato a cena una vecchia soprascarpa. Si sarebbe forse vinto e
avrebbe dimenticato, ma il cicaleccio della consorte e i suoi sorrisi a ogni secondo gli
rammentavano il gallinaccio, l'oca, il pancione...
Consumargli le guance a schiaffi dovrei, al mascalzone... , pensava.
Bistrattarlo in pubblico.
E pensava che sarebbe stato bene, ora, picchiare Degtiariv, sparargli in duello, come
a un passero... sbalzarlo dall'impiego, o porre nel vaso di marmo qualcosa di sconcio,
di puzzolente: un topo morto, per esempio... Non sarebbe stato male sottrarre
anticipatamente la lettera della moglie dal vaso, e in sua vece mettere qualche versetto
scabroso con la firma La tua Akulka, o qualcosa del genere.
A lungo Turmanov cammin per la camera e si dilett in simili fantasie. D'un tratto si
ferm e si batt in fronte.
- Ho trovato, bravo! - esclam, e addirittura raggi di contentezza.
- Ci riuscir a meraviglia! A me-eraviglia!
Quando si fu addormentata la sua consorte, egli sedette a tavola e, dopo lungo esitare,
alterando la propria scrittura e inventando errori di grammatica, scrisse quel che segue:
Al mercante Dulinov. Egregio signore! Se alle sei di sera di quest'oggi 12 settembre
nel vaso di marmo, che trovassi nel giardino comunale a manca del capanno di vite,
non staranno messi da voi duecento rubli, sarete ucciso e la vostra bottega di mercerie
salter in aria. Dopo aver scritto una tal lettera, Lev Savvic' balz dall'entusiasmo.
- Com' pensata, eh? - mormorava, fregandosi le mani. - Splendido!
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Miglior vendetta satana stesso non l'inventer! Naturalmente il mercantone avr paura
e subito riferir alla polizia, e la polizia si apposter verso le sei nei cespugli, e
l'acciuffer, il colombello, quando si far avanti per la lettera!... S che si prender
paura!
Mentre la faccenda si chiarir, avr il tempo, la canaglia, di passarne a iosa, e di star
dentro a saziet... Bravo!
Lev Savvic' appiccic il francobollo alla lettera e la rec egli stesso alla cassetta
postale. Si addorment col pi beato sorriso e dorm soavemente come da un pezzo
non dormiva. Destatosi la mattina e rammentando la sua trovata, canticchi allegro in
sordina e prese perfin la moglie infedele per la bazzetta. Avviandosi all'ufficio, e poi
seduto in cancelleria, non fece che sorridere e immaginarsi lo sgomento di Degtiariv,
quando sarebbe caduto nel tranello...
Dopo le cinque non resse pi e corse nel giardino comunale, per contemplare coi suoi
occhi la disperata situazione del nemico.
Aah!, fece entro di s, incontrando una guardia.
Giunto al capanno di vite, sedette sotto un cespuglio e, puntando gli sguardi bramosi
sul vaso, prese ad aspettare. La sua impazienza non aveva limiti.
Alle sei precise spunt Degtiariv. Il giovanotto era, a quanto pareva, del pi eccellente
umore. La sua tuba posava arditamente sulla nuca e dal suo cappotto aperto
sembrava occhieggiasse, insieme col cappotto, l'anima stessa. Egli fischiettava e
fumava un sigaro...
Ecco, ora imparerai a conoscere il gallinaccio e il Sobkevic'!.
gio maligno Turmanov. Aspetta!.
Degtiariv s'accost al vaso e vi cacci pigramente una mano... Lev Savvic' si sollev
e gli piant gli occhi addosso... Il giovanotto trasse fuori dal vaso un piccolo piego, lo
guard da tutte le parti e alz le spalle, poi, irresoluto, lo dissuggell, torn ad alzar le
spalle e gli si dipinse in viso un'estrema perplessit; nel piego v'erano due biglietti
iridati (4)!
A lungo Degtiariv esamin questi biglietti. Alla fine, senza smettere di stringersi nelle
spalle, li ficc in tasca e pronunci: Merci!.
L'infelice Lev Savvic' ud questo Merci. L'intera serata dipoi stette di fronte alla
bottega di Dulinov, minacciando l'insegna col pugno e borbottando indignato:
- Vvvigliacco! Mercantuccio! Spregevole Kit Kitic' (5)! Vvvigliacco!
Lepre panciuta!...
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NOTE:
1) Specie di "Whist", che si giuoca in quattro.
2) Allusione alle ultime parole di Cesare - Tu coque, Brute, fili mi? (anche tu, Bruto,
figlio mio?)-nel vedere fra i congiurati che lo colpivano il figlio Marco Bruto (secondo
altri, Decimo Bruto Albino. da Cesare amato come un figlio).
3) Forma patronimica burlesca che significa: figlio di cane.
4) Cio da cento rubli: i biglietti di banca russi si distinguevano e s'indicavano, nell'uso
comune, secondo il colore (rossi, azzurri, grigi, iridati eccetera), in relazione col loro
valore.
5) Altra forma patronimica ingiuriosa. Letteralmente: Balena (figlio) di Balena.
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LINGUA LUNGA
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- Figurati una cosa cos... Si rec questa Julia in montagna... Faceva un tempo
meraviglioso! Davanti va lei con la sua guida, un po' indietro, io. Avevamo fatto tre o
quattro verste (2), d'un tratto, capisci, Vssic'ka, Julia manda un grido e si porta la
mano al petto.
Il suo tartaro la prende per la vita altrimenti sarebbe caduta di sella... Io con la mia
guida mi accosto a lei... Che cos'? Di che si tratta? Oh, grida, muoio! Mi sento
male! Non posso proseguire!.
Figurati il mio spavento! Allora, dico, andiamocene indietro!.
No, dice, Natalie, non posso venire indietro! Se faccio un sol passo ancora, muoio
dal dolore! Ho degli spasimi!. E prega, scongiura, per amor di Dio, me e il mio
Suleiman perch torniamo in citt e le portiamo delle gocce di Bestuzev, che a lei
giovano.
- Ferma... Io non ti capisco del tutto... - borbott il marito, grattandosi la fronte. - Prima
hai detto d'aver visto quei tartari solo da lontano, e ora vai raccontando di un certo
Suleiman.
- Su via, ti attacchi di nuovo a una parola! - si accigli la damina, senza punto
scomporsi. - Non posso soffrir la diffidenza!
Non posso soffrirla! E' sciocco e poi sciocco!
- Io non m'attacco, ma... perch dire il falso? Hai scavallato coi tartari, be', cos sia, Dio
t'assista, ma... perch tergiversare?
- Uhm!... come sei strano: - s'indign la damina. - E' geloso d'un Suleiman! Immagino
come te n'andresti tu in montagna senza guida!
Immagino! Se non conosci la vita di laggi, se non capisci, farai meglio a tacere. Taci e
taci! Senza guida l non si pu fare un passo.
- Lo credo bene!
- Di grazia, senza codesti sorrisi sciocchi! Per tua norma, non sono una Julia
qualunque... Io non la giustifico, ma io..; psss! Sebbene non mi atteggi a santa, non mi
son per ancor lasciata andare a tanto.
Con me Suleiman non usciva dai limiti... No-o! Mametkul se ne stava tutto il tempo da
Julia, ma da me, appena scoccavan le undici, subito:
Suleiman, marsc! Andatevene!. E il mio sciocco tartarello se ne va.
Lo tenevo, babbino, con pugno di ferro... Appena si metteva a brontolare circa i
quattrini o altro, io subito: Co-ome? coosa? Che co-o-osa?. E a lui veniva il sudor
freddo... Ahah-ah'... Gli occhi, capisci, Vssic'ka, neri neri, come il ca-arbone, un
musetto da tartaro, cos sciocco, buffo... Ecco io come lo tenevo! Ecco!
- Immagino... - mugol il consorte, arrotolando palline di pane.
sciocco, Vssic'ka! So bene quali pensieri hai! So quel che pensi...
Ma, ti assicuro, con me anche durante le gite non usciva dai limiti.
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Per esempio, andassimo in montagna, oppure alla cascata di U-cian-Su, sempre gli
dicevo: Suleiman, venire dietro! Su!. E lui sempre veniva dietro, poveraccio... Perfino
durante... nei siti pi patetici gli dicevo: E tuttavia non devi scordare che tu sei solo un
tartaro, e io son la moglie d'un consigliere di Stato!. Ah-a,h...
NOTE:
1) Tra noi.
2) La versta corrisponde a chilometri 1,067.
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NERVI
Dmitri Ossipovic' Vaksin, architetto, ritorn dalla citt alla sua villetta sotto l'impressione
fresca della seduta spiritica da poco trascorsa. Svestendosi e coricandosi sul suo letto
solitario (madama Vaksin era partita per la Trinit) (1), Vaksin prese involontariamente
a riandare tutto ci che aveva udito e visto. Una seduta, a dirla propriamente, non c'era
stata, e la sera era passata solo in conversazioni paurose. Una signorina di punto in
bianco s'era messa a parlare di divinazione del pensiero. Dal pensiero insensibilmente
eran passati agli spiriti, dagli spiriti alle apparizioni, dalle apparizioni ai sepolti vivi... Un
signore e aveva letto il pauroso racconto di un morto che s'era rigirato nella bara. Lo
stesso Vaksin aveva chiesto un piattino e aveva mostrato alle signorine come bisogna
discorrere con gli spiriti. Aveva evocato, tra l'altro, il proprio zio Klavdi Mirnovic' e
mentalmente gli aveva domandato: Non sarebbe tempo per me d'intestar la casa al
nome della moglie?, al che lo zio aveva risposto: A tempo opportuno tutto bene.
Molto v' di misterioso e di... pauroso in natura... meditava Vaksin, stendendosi
sotto la coperta. Non fanno paura i morti, ma questa incertezza... .
Scocc l'una di notte. Vaksin si gir sull'altro fianco e sbirci di sotto la coperta la
fiammella azzurra del lumino. La luce guizzava e a stento rischiarava la vetrinetta delle
icone e un gran ritratto dello zio Klavdi Mironic' appeso di fronte al letto.
E che, se in questa semioscurit apparisse ora l'ombra dello zio?, balen nella testa
di Vaksin. No, impossibile!.
Le apparizioni sono un pregiudizio, frutto d'intelletti immaturi, ma, nondimeno, Vaksin si
tir pur sempre sulla testa la coperta e chiuse pi stretti gli occhi. Nella sua
immaginazione balugin il cadavere rigiratosi nella bara, passarono le immagini della
morta zia, d'un camerata impiccatosi, d'una ragazza annegata... Vaksin prese a
scacciar dalla testa i pensieri tenebrosi, ma pi energicamente li scacciava, pi chiare
si facevan le figure e pi paurosi i pensieri.
Egli si sent oppresso.
Il diavolo sa quel che ... Hai paura, come un piccolo... E' sciocco!.
Cik... cik... cik, batteva dietro la parete l'orologio. Alla chiesa del villaggio, nel
cimitero, il custode cominci a sonare. Era un rintocco lento, lugubre, che succhiava
l'anima... Per la nuca e il dorso di Vaksin corse un freddo formicolio. Gli sembr che
sopra il suo capo qualcuno respirasse penosamente, come se lo zio fosse uscito dalla
cornice e si fosse chinato sul nipote... Vaksin si sent intollerabilmente oppresso. Dal
terrore strinse i denti e trattenne il respiro. Infine, quando dalla finestra aperta vol
dentro un maggiolino e ronz sopra il suo letto, egli non resse e tir disperatamente il
campanello.
- Demetri Ossipic', "was wollen Sie" (2)? - si sent di l a un minuto dietro l'uscio la voce
della governante - Ah, siete voi, Rosalia Krlovna? - si alliet Vaksin. - Perch vi
disturbate? Gavrila avrebbe potuto...
- Chavrila vui stessi l'hai lasciato andare in citt, e Glafira andata in qualche posto di
prima sera... Non c' nessuno in casa...
"Was wollen Sie doch" (3)?
20
- Io, "mtuska" (4), ecco quel che volevo dire... Gi... Ma entrate, non state in
soggezione! Da me buio...
In camera entr la grossa Rosalia Krlovna dalle guance rosse e si ferm in
atteggiamento di attesa.
- Sedete, "mtuska"... Vedete, ecco di che si tratta... - Che cosa domandarle?,
pens Vaksin, guardando di traverso il ritratto dello zio e sentendo come la sua anima
gradatamente si avviava a uno stato di calma. - Io, a dir propriamente, ecco di che
cosa volevo pregarvi... Quando domani l'uomo andr in citt, non dimenticate di
ordinargli che... gi.., passi a comprar dei cannellini per sigarette... Ma sedete!
- Dei cannellini? Bene! "Was wollen Sie noch" (5)?
- "Ich will" (6)... Io non "will" nulla, ma... Ma sedete! Io penser ancora che altro...
- E' sconveniente per ragazza restare in camera d'uomo... Vui, io vedo. Demetri
Ossipic', siete un birichino... un burlone... Io capito... Non si desta persona per
cannellini... Io capito...
Rosalia Krlovna si volse e usc. Vaksin, calmato alquanto dal colloquio con lei e
vergognoso della propria pusillanimit, si tir sul capo la coperta e chiuse gli occhi. Per
un dieci minuti si sent passabilmente, ma poi nella sua testa tornarono a insinuarsi le
stesse assurdit... Egli sput, cerc a tastoni i fiammiferi e, senz'aprir gli occhi, accese
la candela. Ma anche la luce non giov.
All'impaurita immaginazione di Vaksin pareva che da un angolo qualcuno guardasse e
che gli occhi dello zio ammiccassero.
- La chiamer di nuovo, che il diavolo la porti... - decise. - Le dir che sono malato...
Chieder delle gocce.
Vaksin son. Non segu risposta. Son ancora una volta e, come in risposta alla sua
scampanellata, ricominciarono i rintocchi al cimitero. Colto da terrore, tutto freddo, egli
corse a rotta di collo fuori della camera e, segnandosi, dandosi del pusillanime, vol a
piedi scalzi e con la sola biancheria indosso verso la stanza della governante.
- Rosalia Krlovna!-prese a dire con voce tremante bussando all'uscio. - Rosalia
Krlovna! Voi... dormite? Io... gi... sono malato... Delle gocce!
Non segu risposta. Intorno regnava il silenzio...
- Vi prego... capite? Prego! E a che pro codesta... meticolosit, non capisco, in
particolare, se un uomo... malato? Come siete delicata e smancerosa per, davvero!
Coi vostri anni...
- Io a vostra moglia dicer... Non lascia in pacie una figliol'onest... Quando vivio dal
baron Antsig e il baron volse venir da me per fiammifori, io capito... io subito capito,
quali fiammifori, e detto al baroness... Io son figliol'onest...
- Ah, che diavolo me ne faccio io della vostra onest? Io sono malato... e chiedo delle
gocce. Capite? Sono malato!
- Vostra moglie donna buona, onest, e voi dovete amarla! Ja (7)! Lei nobil! Io non
desidera esser sua nemico!
21
NOTE:
1) A sessanta chilometri da Mosca: uno dei due pi celebri e grandiosi conventi russi
(Paltro era a Kiev). Fondato da San Serio nel 1340 comprendeva tredici chiese,
un'accademia religiosa, una scuoia di pittura sacra eccetera, ed era meta di continui
pellegrinaggi.
22
23
LO SPECCHIO CURVO
(RACCONTO DI NATALE)
24
25
AL CIMITERO
"Dove son adesso i suoi raggiri le sue calunnie, gli appigli, le concussioni?
Amleto.
- Signori, s' levato il vento, e gi comincia a far buio. Non faremmo bene ad
andarcene, mentre siam sani e salvi?
Il vento percorse il giallo fogliame delle vecchie betulle, e dalle foglie ci si rovesci
addosso una grandinata di grosse gocce. Uno dei nostri scivol sul terreno argilloso e,
per non cadere, si afferr a una gran croce grigia.
- Consigliere onorario e cavaliere Jegr Griaznorukov'... (1) - egli lesse. - Io
conoscevo questo signore... Amava la moglie, portava l'ordine di Stanislao (2), non
leggeva nulla... Il suo stomaco digeriva puntualmente... Non era un bel vivere? Sembra
che non si sarebbe dovuto morire, ma - ahim! -il caso gli faceva la posta... Il
poveraccio cadde vittima del suo spirito d'osservazione.
Un giorno, stando a origliare, ebbe un tal colpo d'uscio in testa che si busc la
commozione cerebrale (egli aveva un cervello) e mor... Ed ecco, sotto questo
monumento giace un uomo che fin dalle fasce odi i versi, gli epigrammi... Come per
derisione, tutto il suo monumento screziato di versi... Sta venendo qualcuno!
Ci arriv a pari un uomo con un cappotto liso e dalla faccia rasa, paonazza. Sotto
l'ascella aveva una mezza bottiglia, dalla tasca gli spuntava un cartoccio con salame.
- Dov' qui la tomba dell'attore Muskin? - ci domand con voce rauca.
Noi lo conducemmo alla tomba dell'attore Muskin, morto un due anni addietro.
- Sareste un impiegato? - gli domandammo.
- Signorn, un attore... Oggid un attore difficile distinguerlo da un impiegato
concistoriale. Questo l'avete sicuramente osservato... E' caratteristico, sebbene per un
funzionario non sia del tutto lusinghiero.
A stento trovammo la tomba dell'attore Muskin. Essa aveva ceduto, s'era ricoperta di
loglio e aveva perduto la forma di una tomba... La piccola croce da buon prezzo,
piegata su un lato, e coperta di muschio verde annerito dal freddo, aveva un'aria
senilmente triste e come malaticcia.
- Al dimenticabile amico Muskin... - leggemmo.
Il tempo aveva cancellato l'in e riparato all'umana menzogna.
- Attori e giornalisti raccolsero i soldi per fargli il monumento e...
se li bevvero, i colombelli... - sospir l'attore, inchinandosi fino al suolo e sfiorando coi
ginocchi e il berretto la terra bagnata.
- Cio, come se li bevvero?
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NOTE:
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GLI STIVALI
L'accordatore di pianoforti Murkin, un uomo dal viso giallo, il naso tabaccoso e l'ovatta
negli orecchi, usc dalla sua stanza nel corridoio e con voce tintinnante grid:
- Semin! Cameriere!
E guardando la sua faccia spaventata, si poteva pensare che gli fosse cascato
addosso l'intonaco, o che in camera sua avesse visto allora allora uno spettro.
- Di grazia, Semin! - prese a gridare, scorgendo il cameriere che accorreva da lui.Che ci? Io sono un uomo reumatico, infermiccio, e tu mi costringi a uscire scalzo!
Perch non mi dai ancora gli stivali? Dove sono?
Semin entr nella camera di Murkin, guard nel posto dov'egli aveva l'abitudine di
porre gli stivali ripuliti, e si gratt la nuca: gli stivali non c'erano.
- Dove potrebbero essere, i maledetti? - disse Semin. - In serata, mi sembra, li pulii e
li misi qui... Uhm!... Ieri, confesso, avevo bevuto un po'... E' da supporre che li abbia
messi in un'altra camera. E' proprio cos, Afanassi Jegoric', in un'altra camera!
Stivali ce n' molti, e, in cimberli, li distinguer il diavolo, se tu non hai la testa a
segno... Devo averli messi dalla signora che alloggia qui accanto... dall'attrice...
- E ora per causa tua ho da andar dalla signora a disturbare! Eccomi per un'inezia a
dover svegliare una brava donna!
Sospirando e tossendo, Murkin si accost all'uscio della camera attigua e buss
cautamente.
- Chi ? - si sent di l a un minuto una voce femminile.
- Sono io! - cominci con voce querula Murkin, mettendosi nella positura d'un cavaliere
che parli con una signora del gran mondo. - Scusate il disturbo, signora, ma io sono un
uomo malaticcio, reumatico... A me, signora, i dottori hanno ordinato di tenere i piedi al
caldo, tanto pi che ora devo andar ad accordare un pianoforte dalla generalessa
Scevelitsin. Non posso mica andarci scalzo!...
- Ma voi che volete? Che pianoforte?
- Non un pianoforte, signora, ma riguardo agli stivali!
Quell'ignorante di Semin ha pulito i miei stivali e per sbaglio li ha messi nella vostra
stanza. Siate cos gentile, signora, datemi i miei stivali!
Si ud un fruscio, un salto dal letto e un ciabattare, dopo di che l'uscio si apr un poco, e
una paffuta manina di donna gett ai piedi di Murkin un paio di stivali. L'accordatore
ringrazi e si diresse in camera sua.
- E' strano... - mormor, calzando uno stivale. - Si direbbe che non lo stivale destro.
Ma qui ci son due stivali di sinistra! Son tutt'e due sinistri! Ascolta, Semin, ma questi
non sono i miei stivali! I miei stivali sono con tiranti rossi e senza toppe, e questi son
certi cos rotti, senza tiranti!
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Semin sollev gli stivali, li rigir pi volte davanti ai propri occhi e corrug la fronte.
- Questi son gli stivali di Pavel Aleksandric'... - borbott guardando di sbieco.
Egli era strabico dall'occhio sinistro.
- Che Pavel Aleksandric'?
- Un attore... viene qua ogni marted... Dunque lui che, invece dei suoi, ha calzato i
vostri... Vuol dire che in camera da lei ho messo le due paia: i suoi e i vostri. Un
bell'impiccio!
- Allora va' e cambiali!
- Salute! - sorrise Semin. - Va' e cambiali... E dove ho da prenderlo adesso? E' ormai
un'ora ch' uscito... Va' a cercare il vento nei campi!
- Ma dove abita?
- E chi lo sa? Viene qua ogni marted, ma dove abiti noi non si sa.
Viene, pernotta, e aspettalo fino a un altro marted...
- Ecco, vedi, porco, quel che hai combinato! Ebbene che devo fare adesso? E' ora
ch'io vada dalla generalessa Scevelitsin, maledetto che sei! I piedi mi si sono intirizziti!
- Cambiar di stivali non cosa lunga. Calzate questi stivali, camminateci fino a sera, e
stasera a teatro... L domandate dell'attore Blistanov... Se a teatro non volete andare,
toccher aspettare quell'altro marted. Solo i marted viene qua...
- Ma perch mai ci son qui due stivali sinistri? - domand l'accordatore, prendendo con
schifilt gli stivali.
- Come Dio li mand, cos li porta. Per povert... Dove potrebbe prenderli, l'attore?....
Ma gli stivali che avete, dico, Pavel Aleksandric'! E' pura vergogna! E lui dice:
Taci, dice, e impallidisci! In questi stessi stivali, dice, ho fatto le parti di conti e
principi!. Gente bizzarra! Artista, in una parola. S'io fossi governatore, o una qualche
autorit, prenderei tutti questi attori, e via in prigione!
Gemendo e facendo smorfie senza fine, Murkin calza a forza sulle proprie gambe i due
stivali sinistri e, zoppicando, si avvi dalla generalessa Scevelitsin. L'intera giornata
and per la citt, accord pianoforti, e l'intera giornata gli parve che tutto il mondo
guardasse i suoi piedi e ci vedesse su degli stivali con le toppe e i tacchi storti! Oltre
alle torture morali, gli tocc sperimentare anche quelle fisiche: si busc un callo.
A sera era in teatro. Davano "Barbabl" (1). Solo prima dell'ultimo atto, e anche ci
grazie alla protezione d'un conoscente flautista, lo lasciarono passare dietro le quinte.
Entrato nel camerino degli uomini, vi trov tutto il personale maschile. Gli uni si
travestivano, altri si truccavano, i terzi fumavano. Barbabl stava con re Bobeche (2) e
gli mostrava una rivoltella.
- Comprala! - diceva Barbabl. - L'acquistai io stesso a Kursk d'occasione per otto,
ebbene te la lascer per sei... Un tiro notevole!
- Attenzione... E' carica!
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conoscenza con Blistanov, per due settimane giacque malato e alle parole: Io sono
un uomo malaticcio, reumatico, prese ad aggiungere ancora: Sono un uomo
ferito....
NOTE:
1) Opera buffa di Offenbach, rappresentata la prima volta in Francia nel 1866, su tema
tratto dalla celebre fiaba di Perrault.
2) Personaggio comico del teatro francese, dopo essere stato un guitto realmente
vissuto a Parigi sotto l'Impero e la Restaurazione e divenuto celebre, il cui vero nome
era Antoine Mardelard (o Mandelard).
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LA GIOIA
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NOTE:
1) Era l'infimo grado (il quattordicesimo dall'alto) della vecchia gerarchia burocratica
russa.
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UN PORTIERE INTELLIGENTE
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- E' scritto che meglio non occorre, pens, dopo aver letto la prima pagina e storto il
capo. Ne d saggezza, il Signore!.
Era un bel volumetto, d'un'edizione moscovita: "La coltura dei rizocarpi. Occorre a noi il
navone?" Lette le prime due pagine, il portiere scosse significativamente il capo e
tossicchi:
- E' scritto giusto!
Letta una terza paginetta, Filpp si fece meditabondo. Aveva voglia di pensare
all'istruzione e, chi sa perch, ai francesi. La testa gli si abbandon sul petto, i gomiti si
appoggiarono ai ginocchi. Gli occhi si socchiusero.
E Filpp fece un sogno. Tutto, egli vedeva, era cambiato: la stessa terra, le medesime
case, il portone di prima, ma la gente non era pi quella affatto. Tutta gente saggia,
neppure uno sciocco, e per le vie camminano sempre francesi e poi francesi. Un
portatore d'acqua, anche lui ragiona: Io, confesso, son molto scontento del clima e
voglio guardare il termometro, e lui stesso ha in mano un grosso libro.
- E tu leggi il calendario, - gli dice Filpp.
La cuoca stupida, ma anche lei si mischia alle conversazioni sensate e v'inserisce le
proprie osservazioni. Filpp va in sezione per registrare i clienti, e, strano, perfino in
questo luogo severo non parlano che di cose intelligenti e dappertutto sulle tavole ci
son dei libretti. Ed ecco, qualcuno s'accosta al cameriere Miscia, lo urta e grida: Tu
dormi? A te domando: dormi?.
- Di guardia dormi, babbeo? -ode Filpp la voce tonante di qualcuno. - Dormi, farabutto,
bestione?
Filpp salt su e si freg gli occhi; davanti a lui stava il vicecommissario di sezione.
- Eh? Dormi? Ti multer, furfante! Ti far veder io come si dorme di guardia, brrutto
muso!
Di l a due ore chiamarono il portiere alla sezione. Poi egli fu nuovamente in cucina. L,
tocchi dalle sue istruzioni, tutti sedevano intorno alla tavola e ascoltavano Miscia, che
compitava qualcosa.
Filpp, accigliato, rosso, si accost a Miscia, batt col guanto a sacco sul libro e disse
cupo:
- Smetti!
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E' mattina. Non sono ancor nemmeno le sette, e la bottega di barbiere di Makr
Kuzmc' Bliostkin gi aperta. Il padrone, giovanotto d'un ventitr anni, non lavato,
unto e bisunto, ma vestito con ricercatezza, occupato a rassettare. Da rassettare in
sostanza non c' nulla, ma egli ha sudato, lavorando. L netta con un cencio, l gratta
col dito, laggi trova una cimice e la sventola via dalla parete.
E' una bottega piccola, strettina, luridetta. Le pareti di travi son coperte d'una
tappezzeria che rammenta la camicia stinta d'un postiglione. Tra due finestre
appannate, lacrimanti, una sottile porticina che scricchiola, deboluccia, al disopra di
essa un campanello inverdito dall'umidit, che tremola e tintinna morbosamente da s
solo, senza ragione alcuna. Ma date un'occhiata allo specchio che pende a una delle
pareti, e la vostra fisonomia ve la storcer da tutte le parti nel modo pi spietato!
Davanti a questo specchio si tagliano i capelli e si rade. Su un tavolino, non lavato e
bisunto al pari dello stesso Makr Kuzmc', c' di tutto: pettini, forbici, rasoi, bastoncini
di pomata per una copeca, cipria per una copeca, acqua di Colonia fortemente
allungata per una copeca. E tutta la bottega non val pi d'una monetina da quindici
copeche.
Sopra l'uscio risuona il guaito del campanello infermo, e nella bottega entra un uomo
maturo in pelliccia corta conciata e stivali di feltro. La sua testa e il collo sono
avviluppati in uno scialle da donna.
E' Erst Ivanic' Jgodov, padrino di Makr Kuzmic'. Un tempo serv come custode in un
conservatorio, ora invece abita presso lo Stagno Rosso e attende all'arte del magnano.
- Makruska, salute, luce mia! - dice egli a Makr Kuzmic', tutto preso dal rassetto.
Si baciano. Jgodov tira gi dalla testa lo scialle, si segna e siede.
- Che distanza per! - dice, gemendo. - O che uno scherzo? Dallo Stagno Rosso alla
Porta di Kaluga.
- Come ve la passate?
- Male, fratello. Ho avuto la febbre ardente.
- Che dite? Febbre ardente!
- Febbre ardente. Fui a letto un mese, pensavo che sarei morto. Ebbi l'estrema
unzione. Ora mi cadono i capelli. Il dottore m'ha ordinato di tagliarli corti. Verranno
nuovi capelli, dice, robusti. Ed ecco, io penso nella mia testa: andr da Makr. Anzich
da qualcun altro, meglio da un parente. E far meglio, e non prender quattrini.
Lontanuccio alquanto, vero, ma che mai ci? Una passeggiata.
- Io, con piacere... Favorite!
Makr Kuzmic', strisciando una riverenza, indica la seggiola. Jgodov siede e si
guarda nello specchio, ed visibilmente soddisfatto dello spettacolo: nello specchio
risulta un muso storto con labbra da calmucco, un largo naso smussato e gli occhi sulla
fronte. Makr Kuzmc' ricopre le spalle del suo cliente con un lenzuolo bianco a
chiazze gialle e comincia a far stridere le forbici.
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Makr Kuzmic' tace e sta immobile, poi cava di tasca un fazzolettino e comincia a
piangere.
- Su, che fai! - lo consola Erst Ivanic'. - Smetti! Ve', strilla, come una donna! Finisci la
mia testa, e poi piangi. Prendi le forbici!
Makr Kuzmic' piglia le forbici, le guarda un minuto ottusamente e le lascia cader sulla
tavola. Le mani gli tremano.
- Non posso! - dice. - Non posso ora, son senza forza! Disgraziato uomo che sono! E
anche lei una disgraziata! Ci amavamo l'un l'altro, ci eravamo promessi, e ci han
separati gente cattiva senz'alcuna piet. Andatevene, Erst Ivanic'! Non vi posso
vedere.
- Allora verr domani, Makruska. Finirai di tagliare domani.
- Va bene.
- Calmati un poco, e io sar da te domani, la mattina presto.
Erst Ivanic' ha mezza testa tosata a nudo, e somiglia a un galeotto.
E' imbarazzante rimanere con la testa cos, ma non c' che fare. Egli si avvolge la testa
e il collo con lo scialle ed esce dalla bottega.
Rimasto solo, Makr Kuzmic' siede e continua a piangere piano piano.
Il giorno dopo, di buon'ora, viene di nuovo Erst Ivanic'.
- Che volete? - gli domanda freddamente. Makr Kuzmic'.
- Finisci di tagliare, Makruska. E' rimasta mezza testa ancora.
- Favorite prima i soldi. Gratis non taglio.
Erst Ivanic', senza dir neanche una parola, se ne va e tuttora su una met della testa
ha i capelli lunghi e sull'altra corti. Il taglio dei capelli a pagamento egli lo considera un
lusso, e aspetta che sulla met rapata i capelli crescan da s. E cos ha fatto baldoria
alle nozze.
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IL CALZOLAIO E IL MALIGNO
Era la vigilia di Natale. Maria da un pezzo gi russava sulla stufa (1), nella lucernetta
s'era consumato tutto il petrolio, e Fiodor Nilov stava sempre seduto a lavorare. Da
lungo tempo ormai avrebbe smesso il lavoro e sarebbe uscito sulla via, ma il cliente del
vicolo della Campana, che gli aveva ordinato i tomai due settimane addietro, era
venuto il d prima, aveva sbraitato e ingiunto di ultimar gli stivali senza fallo per adesso,
avanti mattutino.
- Vita da galera! - brontolava Fiodor, lavorando.-Gli uni dormono da un pezzo, gli altri
se la spassano, e tu, ecco, come un Caino qualunque, stattene qui a cucire il diavolo
sa per chi...
Per non addormentarsi inavvertitamente, traeva di continuo di sotto la tavola una
bottiglia e beveva dal collo, e dopo ogni sorso torceva la testa e diceva forte:
- Per qual motivo mai, dite di grazia, i clienti se la spassano, e io son tenuto a cucir per
loro? Forse perch loro han quattrini, e io sono un pezzente?!
Egli odiava tutti i clienti, specie quello che abitava al vicolo della Campana. Era costui
un signore d'aspetto tetro, dai capelli lunghi, il viso giallo, in grandi occhiali azzurri e
con una voce rauca. Aveva un cognome tedesco, tale che non saresti riuscito a
pronunciarlo. Di che condizione fosse e a che cosa attendesse, era impossibile capire.
Quando, due settimane addietro, Fiodor era andato da lui a prender la misura, egli, il
committente, stava seduto sul pavimento e pestava qualcosa in un mortaio. Non aveva
fatto in tempo Fiodor a salutare che il contenuto del mortaio era d'un tratto divampato e
arso con una viva fiamma rossa, mandando puzzo di zolfo e penne bruciate, e la
stanza s'era riempita d'un denso fumo roseo, talch Fiodor aveva starnutito un cinque
volte; e facendo ritorno dopo di ci a casa, pensava - Chi ha timor di Dio non star a
occuparsi di simili faccende.
Quando nella bottiglia non fu rimasto nulla, Fiodor pos gli stivali sulla tavola e prese a
riflettere. Appoggi la testa pesante col pugno e si mise a pensare alla sua povert,
alla penosa vita senz'un raggio di luce, poi ai ricconi, alle loro grandi case, alle
carrozze, ai biglietti da cento... Come sarebbe stato bello, se a questi ricconi, che il
diavolo li sbranasse, si fossero spaccate le case, fossero crepati i cavalli, stinte le
pellicce e le berrette di zibellino! Come sarebbe stato bello, se i ricconi a poco a poco
si fossero mutati in poveri, che non hanno da mangiare, e il misero calzolaio fosse
diventato un riccone e avesse, a sua volta, fatto lo spavaldo contro un poveraccio di
calzolaio alla vigilia di Natale!
Cos fantasticando, Fiodor d'un tratto si ramment del suo lavoro e apr gli occhi.
Ma guarda che storia!, pens, esaminando gli stivali. I tomai li ho pronti gi da un
pezzo, e tuttora me ne sto seduto. Bisogna portarli al cliente!.
Egli avvolse il lavoro in un fazzoletto rosso, si vest e usc sulla via. Cadeva una minuta
neve dura, che pungeva il viso come con aghi.
Era freddo, scivoloso, scuro, i fanali a gas ardevano foschi e, chi sa perch, sulla via
odorava di petrolio talmente, che Fiodor sent un prurito in gola e prese a tossire. Sul
selciato scarrozzavano avanti e indietro i ricconi, e ciascun riccone teneva in mano un
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prosciutto e un quarto di vodka. Dalle carrozze e dalle slitte sbirciavano Fiodor ricche
signorine, mostrandogli la lingua, e gridavano ridendo:
- Pezzente! Pezzente!
Dietro a Fiodor camminavano studenti, ufficiali, mercanti e generali, e lo stuzzicavano:
- Ubriacone! Ubriacone! Empio ciabattino, anima di gambale! Pezzente!
Tutto ci era ingiurioso, ma Fiodor taceva e sputava soltanto. Quando per gli venne
incontro il mastro stivalaio Kuzm Lebiodkin, di Varsavia, e disse: Io ho sposato una
ricca, da me lavoran dei garzoni e tu sei un pezzente, non hai nulla da mangiare,
Fiodor non resse e lo insegu. Lo rincorse finch non si ritrov nel vicolo della
Campana. Il suo committente abitava nel quarto caseggiato dall'angolo, in un
appartamento all'ultimo piano. Per andar da lui bisognava attraversare un lungo cortile
buio e poi inerpicarsi per un'altissima scala sdrucciolevole, che vacillava sotto i piedi.
Quando Fiodor entr da lui, egli, come allora, come due settimane addietro, stava a
sedere sul pavimento e pestava qualcosa nel mortaio.
- Signoria illustrissima, ho portato gli stivaletti! - disse arcigno Fiodor.
Il cliente si lev e in silenzio prese a misurar gli stivali. Fiodor, desiderando aiutarlo, si
pieg su un ginocchio e gli cav uno stivale vecchio, ma subito balz su e, sgomento,
indietreggi verso la porta.
Il cliente aveva non un piede, ma uno zoccolo equino.
Eh, eh!, pens Fiodor. Ecco l che storia..
Per prima cosa sarebbe occorso segnarsi, poi lasciar tutto e scappar gi; ma subito
egli consider che lo spirito maligno s'era incontrato con lui per la prima e,
probabilmente, l'ultima volta nella vita, e non valersi dei suoi servigi sarebbe stato
sciocco. Egli si vinse e risolse di tentar la fortuna. Messe le mani dietro il dorso, per
non farsi il segno della croce, tossicchi rispettosamente e cominci:
- Dicono che non c' nulla di pi impuro e di peggiore al mondo dello spirito maligno,
ma io cos l'intendo, signoria illustrissima, che lo spirito maligno il pi istruito che ci
sia. Il diavolo, scusate, ha gli zoccoli e la coda di dietro, ma per contro ha in testa pi
intelligenza di certi studenti.
- Mi sei caro per tali parole, - disse, lusingato, il committente.
- Grazie, calzolaio! Che vuoi tu dunque?
E il calzolaio, senza perder tempo, prese a lagnarsi della sua sorte.
Cominci col dire che fin dall'infanzia aveva invidiato i ricchi. Si era sempre sentito
offeso che non tutti gli uomini vivessero ugualmente in grandi case e non andassero in
giro su buoni cavalli.
Perch, si domanda, egli povero? In che cosa peggio di Kuzm Lebiodkin di
Varsavia, che ha casa propria e una moglie che va in cappello? Egli ha lo stesso naso,
le stesse braccia gambe, schiena come i ricconi, e allora perch obbligato a lavorare,
quando gli altri se la spassano? Perch sposato a Maria e non a una signora che
odori di profumi? Nelle case dei clienti ricchi spesso gli accade di veder belle signorine
ma esse non fanno punto attenzione a lui e solo ogni tanto ridono e si bisbigliano a
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vicenda: Che naso rosso ha questo calzolaio!. E' vero, Maria una donna brava,
buona, lavoratrice, ma lei, gi, poco istruita, ha la mano pesante e picchia forte, e
quando capita di parlare in sua presenza di politica, o di qualcosa di sensato, lei
s'immischia e ne dice di tremendamente grosse.
- Ma tu che vuoi? - lo interruppe il cliente - Ma io prego, signoria illustrissima, Ciort
Ivanic' (2) se tale il piacer vostro, fatemi ricco!
- E sia. Ma solo, bada, in cambio tu mi devi dar la tua anima! Mentre i galli ancor non
hanno cantato, va' e firma, ecco, su questo foglietto che mi darai la tua anima.
- Signoria illustrissima! - disse Fiodor cortesemente. - Quando voi mi ordinaste i tomai,
io non presi da voi denaro anticipato.
Bisogna prima eseguir l'ordinazione, e poi esigere il denaro.
- Be', sia pure! - accondiscese il cliente.
Nel mortaio d'un tratto si accese la vivida fiamma, ne flu il denso fumo roseo e si sent
il puzzo di penne bruciate e di zolfo. Quando il fumo si fu disperso, Fiodor si strofin gli
occhi e vide ch'egli non era pi Fiodor, n un calzolaio, ma un altr'uomo, in panciotto e
con catenina, in calzoni nuovi, e che sedeva in una poltrona a una gran tavola. Due
domestici gli servivano le vivande, inchinandosi profondamente, e dicevano - Mangiate con buon appetito, illustrissimo!
Quale opulenza! I domestici servirono un grosso pezzo di montone arrosto e una
zuppierina con cetrioli, poi recarono su una teglia un'oca arrostita; dopo un po', del
maiale bollito con rafano. E come tutto ci era nobile fine! Fiodor mangiava e prima
d'ogni piatto vuotava un gran bicchiere d'ottima vodka, come un qualche generale o
conte. Dopo il maiale gli servirono il tritello bollito con grasso d'oca, poi una frittata con
grasso di maiale e del fegato fritto, e lui mangiava sempre e si estasiava. Ma che
ancora? Servirono anche un pasticcio di cipolla e rape in stufato con "kvas" (3). E
come mai i signori non scoppiano per un tal mangiare?, pensava egli. A chiusa
presentarono un grosso vaso di miele. Dopo il pranzo comparve il diavolo in occhiali
azzurri e domand, inchinandosi profondamente:
- Siete contento del pranzo, Fiodor Panteleic'?
Ma Fiodor non poteva proferir neanche una parola, tanto si sentiva gonfio dopo il
pranzo. Era una saziet sgradevole, greve, e, per svagarsi, egli prese ad esaminar lo
stivale sulla propria gamba sinistra.
- Per simili stivali io non prendevo meno di sette rubli e mezzo. Che calzolaio li ha fatti?
- domand.
- Kuzm Lebiodkin! - rispose il domestico.
- Chiamarlo qui, l'imbecille!
Ben presto comparve Kuzm Lebiodkin di Varsavia. Egli si ferm in rispettoso
atteggiamento presso l'uscio e domand:
- Che cosa comandate, signoria illustrissima?
- Silenzio! - grid Fiodor e batt il piede. - Guardati bene dal discutere, e rammenta la
tua condizione di calzolaio, l'uomo che sei!
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Tanghero! Tu non sai cucir stivali! Ti pester tutto il grugno! Perch sei venuto?
- Per i quattrini.
- Che quattrini ti s'ha da dare? Va' via! Vieni sabato! Cameriere, dagliele sulla
collottola!
Ma subito ramment come con lui stesso si sbizzarrivano i clienti, e si sent una pena
in cuore, e per distrarsi cav di tasca il grosso portafogli e prese a contare il proprio
denaro. Denaro ce n'era molto, ma Fiodor ne avrebbe voluto ancor di pi. Il diavolo in
occhiali azzurri gli port un altro portafogli, pi grosso, ma egli ne volle pi ancora, e
quanto pi a lungo contava, tanto pi diventava insoddisfatto.
A sera il maligno gli condusse un'alta signora popputa in abito rosso e disse ch'era la
sua nuova moglie. Fin proprio a notte egli scambi baci con lei e mangi panpepati. E
la notte giacque su un soffice materasso di piume, si gir da un fianco sull'altro e non
pot in alcun modo prender sonno. Si sentiva oppresso.
- Quattrini ce n' molti, - diceva alla moglie, - da un momento all'altro ci vengono in
casa i ladri. Dovresti andar con la candela a dare un'occhiata!
Tutta notte non dorm e si alz di continuo per sbirciare se il baule era intatto. Verso la
mattina bisognava andare in chiesa a mattutino.
In chiesa v' uno stesso trattamento per tutti, ricchi e poveri.
Quando Fiodor era povero, pregava in chiesa cos: Signore, perdona a me,
peccatore!. Lo stesso diceva anche ora, diventato ricco. Che differenza c'era? E dopo
morte il ricco Fiodor l'avrebbero seppellito non nell'oro, non nei diamanti, ma nella
stessa terra nera, come l'ultimo dei poveracci. Sarebbe bruciato Fiodor nello stesso
fuoco in cui bruciavano i calzolai. Offensivo pareva tutto ci a Fiodor, e per giunta c'era
in tutto il corpo la gravezza del pranzo e, invece della preghiera, s'insinuavano in testa i
vari pensieri del baule coi soldi, dei ladri, della venduta, perduta anima sua.
Usc di chiesa crucciato. Per fugare i cattivi pensieri, egli, come spesso accadeva
prima, inton a squarciagola una canzone. Ma aveva appena cominciato che accorse
un agente e disse, portando la mano alla visiera:
- Padrone, non possono i signori cantare in strada! Voi non siete un ciabattino!
Fiodor si addoss a uno steccato e prese a pensare: come distrarsi?
- Padrone! - gli grid un portiere. - Non appoggiarti troppo allo steccato, sporcherai la
pelliccia!
Fiodor and in una bottega e si compr la miglior fisarmonica, poi and per la via
sonando. Tutti i passanti lo segnavano a dito e ridevano.
- Ed anche un signore! - lo stuzzicavano i vetturini. - Come un qualunque ciabattino...
- Forse che ai signori lecito far disordini?-gli disse un agente. - Se almeno andaste in
un'osteria!
- Padrone, fate l'elemosina per amor di Cristo! - urlavano i mendicanti, attorniando
Fiodor da tutte le parti. - Fate la carit!
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Prima, quand'egli era un calzolaio, i mendicanti non gli badavano punto, ora invece
non gli davan pace.
E a casa gli venne incontro la nuova moglie, la signora, vestita d'una camicetta verde e
una gonna rossa. Egli voleva farle dei vezzi e gi aveva alzato la mano per darle una
botta sul dorso, ma ella disse stizzosa:
- Villano! Screanzato! Non sai trattare con le signore! Se mi ami, fa' il baciamano, ma di
picchiare non permetto.
Su via, una vita maledetta!, pens Fiodor. Si esseri viventi!
Non puoi cantare una canzone. n sonar la fisarmonica, n scherzare un po' con una
donna... Oib!.
S'era appena accomodato con la signora per bere il t, che comparve il maligno in
occhiali turchini e disse:
- Be', Fiodor Panteleic', Io ho mantenuto esattamente la mia parola.
Ora voi firmate il foglietto e favorite seguirmi. Adesso sapete quel che significa viver
riccamente, ne avete abbastanza!
E trascin Fiodor all'inferno, dritto alla geenna, e i diavoli piombavano in volo da tutte le
parti e gridavano:
- Stupido! Babbeo! Asino!
All'inferno puzzava terribilmente di petrolio, talch si poteva soffocare.
E di colpo tutto scomparve. Fiodor apr gli occhi e vide la sua tavola, gli stivali e il lume
di latta. Il vetro del lume era nero e dalla piccola fiamma sul lucignolo fluiva un fumo
puzzolente, come da un tubo. L accanto stava il cliente in occhiali azzurri e gridava
adirato:
- Stupido! Babbeo! Asino! T'insegner io, mariuolo! Hai pigliato l'ordinazione due
settimane fa, e gli stivali tuttora non son pronti!
Tu pensi ch'io abbia il tempo di bighellonare da te per gli stivali cinque volte al giorno?
Mascalzone! Bestia!
Fiodor scosse la testa e mise mano agli stivali. Il cliente ancora a lungo sbrait e
minacci. Quand'egli infine si fu calmato, Fiodor domand cupamente:
- Ma di che, signore, vi occupate voi?
- Io preparo fuochi del Bengala e razzi. Sono pirotecnico.
Sonarono a mattutino. Fiodor consegn gli stivali, riscosse il denaro e si rec in chiesa.
Per la via filavano avanti e indietro carrozze e slitte con coperture di pelle d'orso. Sul
marciapiede, insieme col popolino camminavano mercanti, signore, ufficiali... Ma
Fiodor pi non invidiava e non mormorava contro il proprio destino. Adesso gli pareva
che ricchi e poveri stessero ugualmente male. Gli uni hanno la possibilit d'andare in
carrozza, e gli altri di cantar canzoni a squarciagola e sonar la fisarmonica, e in
generale una sola e stessa cosa aspetta tutti, non altro che una fossa, e nella vita non
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c' nulla per cui si possa abbandonare al maligno una sia pur piccola parte della
propria anima.
NOTE:
1) Su certe stufe, lunghe e basse, la gente del popolo usava anche dormire,
naturalmente quand'erano spente o prossime a spegnersi.
2) Diavolo Ivanic', cio figlio d'Ivan: il popolino russo, in questa sua espressione
attribuisce al diavolo il patronimico pi comune fra i russi (di Giovanni).
3) Bevanda fermentata, fatta con farina o pane di segala e malto.
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RAGAZZI
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Le tre sorelle di Volodia, Katia, Sonia e Mascia - la maggiore di loro aveva undici anni sedevano a tavola e non staccavano gli occhi dal nuovo conoscente. Cecevitsin era
della stessa et e statura di Volodia, non cos paffuto e bianco per, ma scarno,
abbronzato, coperto di lentiggini. Aveva i capelli ispidi, gli occhi stretti, le labbra grosse,
in generale era parecchio brutto e, se non avesse avuto indosso la giubba dello
studente ginnasiale, all'apparenza si sarebbe potuto prendere per il figlio d'una cuoca.
Egli era cupo, tacque tutto il tempo e non sorrise neppure una volta. Le ragazzine,
guardandolo, capirono di colpo che doveva essere una persona molto intelligente e
istruita. Egli pensava continuamente a qualche cosa, ed era cos occupato dai suoi
pensieri che, quando gli domandavano alcunch, sussultava, scoteva il capo e pregava
di ripeter la domanda.
Le bambine osservarono che anche Volodia, sempre allegro e loquace, questa volta
parlava poco, non sorrideva affatto, e pareva addirittura che non fosse contento
d'esser venuto a casa. Mentre stavan seduti a bere il t, egli si rivolse alle sorelle solo
una volta, e per di pi con certe parole strane. Indic col dito il samovr e disse:
- In California, invece di t, bevono gin.
Egli pure era occupato da chi sa quali pensieri e, a giudicare dagli sguardi che ogni
tanto scambiava con l'amico suo Cecevitsin, i pensieri dei ragazzi eran gli stessi.
Dopo il t tutti passarono nella camera dei bambini. Il padre e le fanciulline sedettero a
tavola e si applicarono al lavoro ch'era stato interrotto dall'arrivo dei ragazzi. Essi
facevano con carta variopinta dei fiori e una frangia per l'albero di Natale. Era un lavoro
attraente e chiassoso. Ciascun nuovo fiorellino fatto le bambine lo accoglievano con
grida d'entusiasmo, perfino con grida di sgomento, come se quel fiorellino fosse caduto
dal cielo; il babbo pure si beava e ogni tanto gettava le forbici sul pavimento,
arrabbiandosi con esse perch erano spuntate. La mamma accorreva nella camera dei
bambini con un viso molto impensierito e domandava:
- Chi ha preso le mie forbici? Di nuovo tu, Ivn Nikolaic', hai preso le mie forbici?
- Signore Dio mio, perfin le forbici non ti danno! - rispondeva con voce piangente Ivn
Nikolaic' e, arrovesciandosi sulla spalliera della sedia, assumeva l'atteggiamento d'un
uomo offeso, ma di l a un minuto nuovamente andava in estasi.
Nelle sue venute precedenti anche Volodia si occupava dei preparativi per l'albero di
Natale, o correva in cortile a vedere come il cocchiere e il pastore facevan la montagna
di neve, ma ora lui e Cecevitsin non badarono punto alla carta variopinta e non
andarono nemmeno una volta nella scuderia, ma sedettero presso la finestra e presero
a bisbigliarsi qualcosa; poi tutt'e due insieme aprirono un atlante geografico e si misero
a esaminare una carta.
- Prima a Perm... - diceva piano Cecevitsin. - Di l a Tiumen...
poi Tomsk... poi... poi... nel Kamciatka... Di qua i samoiedi traversano su battelli lo
stretto di Behring... Eccoti anche l'America... Li ci son molti animali da pelliccia.
- E la California? - domand Volodia.
- La California pi gi... Purch si capiti in America, poi la California non lontana.
Procacciarsi di che vivere si pu con la caccia e il saccheggio.
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stanze e non mangi nulla. E una volta nella camera dei bambini, si ferm perfino
davanti all'icona, si segn e disse:
- Signore, perdona a me peccatore! Signore, preserva la mia povera, infelice mamma!
A sera scoppi a piangere. Andando a dormire, abbracci a lungo padre, madre e
sorelle. Katia e Sonia capivano di che si trattava, ma la minore, Mascia, non capiva
nulla, assolutamente nulla, e solo nel guardar Cecevitsin si faceva pensierosa e diceva
con un sospiro:
- Quand' giorno di digiuno, dice la bambinaia, bisogna mangiar piselli e lenticchie.
La vigilia di Natale per tempo Katia e Sonia si alzarono piano piano dal letto e
andarono a guardare come i ragazzi sarebbero scappati in America. Si appressarono
furtive all'uscio.
- Allora tu non verrai? - domandava iroso Cecevitsin. - Parla: non verrai?
- O Signore! - piangeva piano Volodia. - Come faccio a venire? Mi fa pena la mamma.
- Fratello mio viso pallido, ti prego, andiamo. Eri tu ad assicurarmi che saresti partito, tu
stesso mi hai invogliato, e quando s'ha da andare, ecco che ti sei preso paura.
- Io... io non mi son preso paura, ma mi... mi fa pena la mamma.
- Tu parla: verrai o no?
- Verr, soltanto... soltanto aspetta. Ho voglia di restare un po' a casa.
- In tal caso, andr io! - decise Cecevitsin. - Far anche senza di te. E volevi pure
andar a caccia di tigri, combattere! Quand' cos, ridammi i miei pistoni!
Volodia si mise a piangere cos amaramente che le sorelle non ressero e anche loro
piansero sommesso. Segu un silenzio.
- Allora non verrai? - domand ancora una volta Cecevitsin.
- Ve... verr!
- Allora vestiti!.
E Cecevitsin, per persuadere Volodia, lodava l'America, ruggiva come una tigre,
raffigurava il piroscafo, imprecava, prometteva di dare a Volodia tutto l'avorio e tutte le
pelli di leone e di tigre.
E questo ragazzo magrolino, abbronzato, dai capelli ispidi e con le lentiggini, pareva
alle bambine straordinario, meraviglioso. Era un eroe, un uomo risoluto, intrepido, e
ruggiva talmente che, stando dietro l'uscio, si poteva in effetti pensare che fosse una
tigre o un leone.
Quando le ragazzine rientrarono in camera loro e si vestirono, Katia con gli occhi pieni
di lacrime disse:
- Ah, ho tanta paura!
Fino alle due, quando sedettero a pranzare, tutto fu quieto, ma a pranzo d'un tratto
apparve che i ragazzi non erano a casa. Mandarono nella stanza della servit,alla
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NOTE:
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IVAN MATVEIC'
Tra le cinque e le sei di sera. Uno degli scienziati russi abbastanza noti - lo
chiameremo semplicemente lo scienziato - se ne sta seduto nel suo gabinetto e si
morde nervosamente le unghie.
- E' semplicemente rivoltante!-dice, guardando senza posa l'orologio. - E' il colmo del
disprezzo per l'altrui tempo e fatica.
In Inghilterra un tale individuo non avrebbe guadagnato un soldo, sarebbe morto di
fame! Ors, aspetta, verrai...
E, sentendo il bisogno di sfogar su qualcosa la sua collera e la sua impazienza, lo
scienziato si accosta all'uscio che mette in camera della moglie e bussa.
- Ascolta, Katia,-dice con voce sdegnata. - Se vedi Piotr Danilic', riferiscigli che la gente
perbene non fa cos! E' una schifezza! Raccomanda un copista, e non sa chi
raccomanda! Il ragazzaccio nel modo pi puntuale ritarda ogni giorno di due, di tre ore.
Via, forse che quello un copista? Per me queste due o tre ore sono pi preziose che
per un altro due o tre anni! Quando verr, lo coprir di contumelie come un cane,
denaro non gliene pagher e lo scaraventer fuori! Con tal gente non si possono far
cerimonie!
- Tu ogni giorno dici questo, e intanto lui viene e riviene.
- Ma oggi ho deciso. Ho gi perduto abbastanza per causa sua. Tu scusami, ma gliene
dir di quelle, al modo dei cocchieri gliene dir!
Ma ecco, infine, si sente il campanello. Lo scienziato fa il viso serio, si raddrizza e,
gettando indietro il capo, va in anticamera.
L, presso l'attaccapanni, gi sta il suo copista Ivn Matveic', un giovane sui diciott'anni,
dal viso ovale come un uovo, senza baffi, in un cappotto frusto, spelato, e senza
soprascarpe, Egli ansima e strofina con cura i suoi grossi, sgraziati stivali sullo stoino, il
che facendo si sforza di nascondere alla cameriera un buco in uno stivale, da cui
occhieggia una calza bianca. Vedendo lo scienziato, sorride di quel sorriso prolungato,
largo, un po' sciocco, che hanno sui visi solo i fanciulli e la gente molto bonaria.
- Ah, buon giorno! - dice, tendendo una grossa mano bagnata. - Che, vi passato il
mal di gola?
- Ivn Matveic'! - dice lo scienziato con voce vibrante, arretrando e intrecciando
insieme le dita di tutt'e due le mani. -Ivn Matveic'!
Dopo di che balza verso il copista, lo agguanta per una spalla e comincia a scuoterlo
debolmente.
- Che fate di me!? - dice, in preda a disperazione. - Tremendo, disgustoso individuo,
che cosa fate di me! Voi ridete, vi burlate di me? S?
Ivn Matveic', a giudicar dal sorriso, che non ha ancor del tutto lasciato il suo volto, si
aspettava tutt'altra accoglienza, e perci, vista la faccia spirante indignazione dello
scienziato, stira ancor pi in lunghezza la sua fisonomia ovale e stupefatto apre la
bocca.
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Lo scienziato detta ancora una ventina di righe, poi siede e s'immerge in una
meditazione. Ivn Matveic', nell'attesa che quello finisca di riflettere, sta seduto e,
allungando il collo, cerca di mettere in ordine il colletto della sua camicia. La cravatta
non sta a posto, i bottoni dei polsini sono saltati fuori e il colletto si apre continuamente.
- M-gi...- dice lo scienziato. - Cos ... E che, non vi siete ancora trovato un posto,
Ivn Matveic'?
- No. E dove lo trovi? Io, sapete, avevo pensato di andare volontario.
Ma il babbo consiglia d'entrare in una farmacia.
- M-gi... Meglio, se andaste all'universit. E' un esame difficile, ma con la pazienza e il
lavoro assiduo si pu superare. Applicatevi, leggete di pi... Leggete molto?
- Poco, lo confesso...-dice Ivn Matveic', accendendo una sigaretta.
- Turgheniev l'avete letto?
- N-no...
- E Gogol?
- Gogol? Uhm!... Gogol... No, non l'ho letto!
- Ivn Matveic'! E non vi vergognate? Ahi-ahi! Siete un cos bravo ragazzo, c' tanto di
originale in voi, e d'un tratto... Perfin Gogol non avete letto! Leggetelo! Io ve lo dar!
Leggetelo senza fallo!
Altrimenti ci guasteremo!
Di nuovo si fa silenzio. Lo scienziato semidisteso sulla sedia a sdraio e pensa, e Ivn
Matveic', lasciato in pace il colletto, rivolge tutta la sua attenzione agli stivali. Non s'era
nemmeno accorto che sotto i piedi, a causa della neve disciolta, gli s'eran formate due
grosse pozze. E' imbarazzato.
- Qualcosa non va oggi... - borbotta lo scienziato.-Ivn Matveic', a voi, mi sembra,
piace acchiappare anche gli uccelli?
- Questo in autunno... Qui non ne acchiappo, ma laggi, a casa, ne acchiappavo
sempre.
- Cos ... bene. Ma scrivere tuttavia bisogna.
Lo scienziato risolutamente si alza e comincia a dettare, ma di l a dieci righe torna a
sedere sulla sedia a sdraio.
- Sar forse il caso che rimandiamo a domattina, - dice. - Venite domattina, solo un po'
presto, verso le nove. Dio vi guardi dal tardare.
Ivn Matveic' posa la penna, si alza da tavola e siede su un'altra seggiola. Trascorrono
un cinque minuti in silenzio, ed egli comincia a sentire che per lui ora di andarsene,
ch'egli di troppo, ma nello studio dello scienziato si sta cos bene, cos luminoso e
caldo, ed ancor tanto fresca l'impressione dei biscotti al burro e del dolce t, che gli si
stringe il cuore al solo pensiero della casa. A casa c' povert, fame, freddo un padre
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brontolone, rimbrotti, e l c' tanta calma e quiete, e s'interessano perfino delle sue
tarantole e dei suoi uccelli.
Lo scienziato guarda l'orologio e mette mano a un libro.
- Allora voi mi darete Gogol? - domanda Ivn Matveic', alzandosi.
- Ve lo dar, ve lo dar. Soltanto, dove mai vi affrettate, colombello? Sedete un po',
raccontate qualcosa...
Ivn Matveic' siede e fa un largo sorriso. Quasi ogni sera si trattiene in questo
gabinetto e ogni volta sente nella voce e nello sguardo dello scienziato un che
d'insolitamente molle, attirante, come materno. Vi son fino minuti in cui gli sembra che
lo scienziato si sia affezionato a lui, gli si sia abituato, e se lo sgrida per i ritardi, solo
perch sente la mancanza del suo cicaleccio riguardo alle tarantole e a come sul Don
si acchiappano i cardellini.
NOTE:
1) In russo "forma" ha anche questo significato, richiamato alla mente d'Ivan Matveic'
dalle "forme" di cui parla lo scienziato.
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UN ESSERE INDIFESO
Per quanto violento fosse stato di notte l'attacco di podagra, per quanto poi
scricchiolassero i nervi, Kistunov tuttavia s'avvi la mattina in ufficio e cominci in
tempo a ricevere i postulanti e i clienti della banca. Egli aveva un'aria languida,
spossata, e parlava a stento, respirando appena, come un morente.
- Che desiderate? - si rivolse a una sollecitatrice in un mantello antidiluviano, molto
simile di dietro a un grosso scarabeo stercorario.
- Favorite vedere, eccellenza, - cominci con lesta parlantina la postulante, - mio
marito, l'assessore di collegio S'ciukin, stato malato cinque mesi e mentre, scusate,
era a letto in casa e si curava, lo hanno messo a riposo senz'alcuna ragione,
eccellenza, e quand'io mi recai a riscuotere il suo stipendio, loro, vedete un po',
detrassero dalla sua paga ventiquattro rubli e trentasei copeche! Per che cosa?,
domando. Ma lui, dicono ha percepito dalla cassa sociale e gli altri funzionari han
garantito per lui. Come mai ci? Forse ch'egli poteva prelevare senza il mio
consenso? E' impossibile, eccellenza. Ma perch codesto? Io sono una donna povera,
campo solo sui pigionali... Sono debole, indifesa... Patisco offese da tutti e non sento
una buona parola da nessuno...
La postulante cominci a batter gli occhi e ficc la mano nel mantello in cerca del
fazzoletto. Kistunov le prese la domanda e si mise a leggere.
- Permettete, come mai ci? - egli alz le spalle.-Io non capisco nulla. Evidentemente
voi, signora, avete sbagliato indirizzo.
La vostra richiesta, in sostanza, non riguarda affatto noi. Datevi la pena di rivolgervi al
dicastero dove faceva servizio vostro marito.
- I-ih, "btiuska" (1), sono gi stata in cinque posti e dappertutto neppur la domanda
hanno preso! - disse la S'ciukin. - Io ho bell'e perso la testa, meno male che il cognato
Boris Matveic', che Dio lo conservi in salute, mi ha suggerito di venir da voi. Voi,
dice, mammina, rivolgetevi al signor Kistunov: un uomo influente per voi pu far
tutto... Aiutatemi, eccellenza!
- Noi, signora S'ciukin, per voi non possiamo far nulla... Capite:
vostro marito, da quanto posso giudicare serviva nella sanit militare, e il nostro un
istituto assolutamente privato, commerciale, teniamo una banca. Come non capir ci!
Kistunov ancora una volta alz le spalle e si gir verso un signore in divisa militare col
catarro.
- Eccellenza, - cantilen con voce querula la S'ciukin, - che mio marito stato malato,
ci ho il certificato medico! Eccolo, favorite guardare!
- Benissimo, io vi credo, - disse in tono irritato Kistunov, - ma, ripeto, questo non ci
riguarda. E' strano e persin buffo! Possibile che vostro marito non sappia ove dovete
rivolgervi?
- Lui, eccellenza, non sa nulla. Non fa che dire una sola cosa: Non affar tuo!
Vattene!, e tutto l... Affare di chi, allora? L'ho pur io sulle mie braccia! Sulle mi-ie!
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Kistunov torn a girarsi verso la S'ciukin e prese a spiegarle la differenza che passa tra
l'ufficio di sanit militare e una banca privata. Quella lo ascolt attenta, fece col capo
un cenno d'assenso e disse:
- Gi, gi, gi... Capisco, "btiuska". In tal caso, eccellenza, ordinate di darmi anche
solo quindici rubli. Son d'accordo di non aver tutto in una volta.
- Uff! - sospir Kistunov, arrovesciando il capo. - A voi non la si fa intendere! Ma non
capite dunque che rivolgere a noi una simile richiesta strano come presentar
domanda di divorzio, per esempio, in farmacia o all'ufficio del saggio? Non vi hanno
pagato tutto, ma noi che c'entriamo?
- Eccellenza, fate ch'io preghi Dio in eterno, abbiate piet di me, orfanella, - si mise a
piangere la S'ciukin. - Sono una donna indifesa, debole... Mi sono sfinita a morte... E in
causa con gl'inquilini, e darsi da fare pel marito, e correre per le faccende di casa, e poi
ancora le mie devozioni e il cognato senz'impiego... E' solo di nome che bevo e
mangio, ma sto appena in piedi... Non ho dormito tutta la notte.
Kistunov sent palpitazione di cuore. Fatto un viso doloroso e premutasi una mano al
cuore, riprese a spiegare alla S'ciukin, ma la sua voce si spezz...
- No, scusate, io non posso parlare con voi, - disse, e agit una mano.-Mi gira perfino
la testa. Voi c'impacciate e perdete inutilmente il tempo. Uff!... Aleksi Nikolaic', - si
rivolse a uno degl'impiegati: - spiegate voi, per favore, alla signora S'ciukin!
Kistunov, eludendo tutti i postulanti, se n'era andato nel suo gabinetto e aveva firmato
una decina di carte, e Aleksi Nikolaic' tuttora si affaccendava con la S'ciukin. Stando a
sedere nel suo gabinetto, Kistunov ud a lungo due voci: la monotona, contenuta voce
di basso di Aleksi Nikolaic' e la voce piagnucolosa, gemebonda della S'ciukin...
- Io sono una donna indifesa, debole, sono una donna malaticcia, - diceva la S'ciukin. All'aspetto, forse robusta, ma se si va a esaminare, non c' in me una sola venetta
sana. A stento mi reggo in piedi e ho perduto l'appetito... Oggi ho bevuto il caff, e
senz'alcuna soddisfazione.
E Aleksi Nikolaic' le spiegava la differenza tra le amministrazioni e il complesso
sistema della trasmissione delle carte. Ben presto fu stanco e lo sostitu il contabile. Donna supremamente antipatica.-s'indignava Kstunov, torcendo nervoso le dita e
accostandosi di continuo alla caraffa con l'acqua. - E' un'idiota, una tonta! Ha sfinito me
e sfiancher loro, la vigliacca! Uff... mi batte il cuore!
Di li a mezz'ora son. Comparve Aleksi Nikolaic'.
- Che n' da voi, di l? - domand languidamente Kistunov.
- Ma non gliela facciamo intendere in nessun modo, Piotr Aleksandric'!
Siamo semplicemente sfiniti. Noi le bussiamo a picche e lei risponde a fiori...
- Io... io non posso sentir la sua voce... Mi sono ammalato... non ci reggo...
- Chiamiamo il custode, Piotr Aleksandric', che la faccia uscire.
- No, no! - si spavent Kistunov. - Lei lever alte strida, e in questa casa ci son molti
appartamenti, e il diavolo sa quel che posson pensare di noi... Piuttosto voi,
colombello, in qualche modo cercate di spiegarle.
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Dopo un minuto si riud il borbottio di Aleksi Nikolaic'. Pass un quarto d'ora e, dando
il cambio al suo tono di basso, prese a ronzare la robusta voce tenorile del contabile.
- Su-per-lativamente vigliacca!- s'indignava Kistunov, con un nervoso tremito di spalle.
- Stupida come un'oca, che il diavolo se la porti! Mi si scatena di nuovo la podagra,
pare... Daccapo l'emicrania...
Nella stanza attigua Aleksi Nikolaic', ridotto allo stremo, picchia infine un dito sulla
tavola, poi sulla propria fronte.
- Insomma, voi sulle spalle non avete una testa, - disse, - ma ecco che cosa...
- Be', non c', non c' da... - si risent la vecchia. - Dallo a tua moglie il picchio.. Citrullo!
Non ti prender troppa libert.
E, guardandola con astio, con esasperazione, come se volesse inghiottirla, Aleksi
Nikolaic' disse con voce bassa, soffocata:
- Via di qui!
- Che co-osa? - strill d'un tratto la S'ciukin. - Ma come osate?
Io sono una donna debole, indifesa, io non permetter! Mio marito assessore di
collegio! Ma che citrullo! Se vado dall'avvocato Dmitri Karlic', di te n manco il nome
rimarr! A tre inquilini ho fatto causa, e per le tue parole insolenti ai piedi mi dovrai
cadere! Andr fin dal vostro generale (2)! Eccellenza! Eccellenza!
- Vattene via di qui, canchero! - sibil Aleksi Nikolaic'.
Kistunov apr la porta e guard fuori nella sala. - Che c'? - domand con voce di
pianto. La S'ciukin, rossa come un gambero, stava in mezzo alla stanza e, roteando gli
occhi, puntava le dita in aria.
Gl'impiegati della banca stavano ai lati e, rossi del pari, visibilmente stremati, si
scambiavano occhiate smarrite.
- Eccellenza! - si precipit verso Kistunov la S'ciukin. - Ecco costui, questo stesso...
ecco costui... - (ella indic Aleksi Nikolaic'), - ha dato del dito in fronte, e poi sulla
tavola... Voi gli avete ordinato di esaminar la mia pratica, e lui si fa beffe! Io sono una
donna debole, indifesa... Mio marito assessore di collegio e io stessa son figlia d'un
maggiore!
- Bene, signora, - gem Kistunov, - esaminer... provveder...
Andate pure... dopo!...
- E quando riscoter, eccellenza? I denari mi occorrono oggi!
Kistunov si pass in fronte una mano tremante, sospir e riprese a spiegare.
- Signora, vi ho gi detto. Qui una banca, un istituto privato, commerciale... Che
dunque volete da noi? E capite chiaramente che ci disturbate.
La S'ciukin stette a sentirlo e sospira.
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- Gi, gi... - annu. - Solo, eccellenza, fate la grazia, fatemi pregar Dio in eterno,
siatemi padre, difendetemi. Se l'attestato medico non basta, posso presentare anche
un certificato della sezione... Ordinate di versarmi il denaro!
A Kistunov s'annebbi la vista. Egli esal tutta l'aria, quanta ne aveva nei polmoni e,
prostrato, si abbandon sulla seggiola.
- Quanto volete avere? - domand con voce flebile.
- Ventiquattro rubli e trentasei copeche.
Kistunov cav di tasca il portafogli, ne trasse un biglietto da venticinque e lo porse alla
S'ciukin.
- Prendete e... e andatevene!
La S'ciukin avvolse in un fazzolettino il denaro, lo nascose e, raggrinzando il viso in un
sorrisetto soave, delicato, perfin civettuolo, domand:-Eccellenza, e non potrebbe mio
marito riprendere il posto?
- Io vado via... sono malato... - disse Kistunov con voce languida.
- Ho una tremenda palpitazione di cuore.
Partito ch'egli fu, Aleksi Nikolaic' invi Nikita per le gocce di lauroceraso, e tutti, prese
venti gocce a testa, sedettero al lavoro, ma la S'ciukin poi rimase ancora un paio d'ore
in anticamera a discorrere col custode, aspettando che tornasse Kistunov.
Ella venne l anche il giorno dopo.
NOTE:
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LE SIGNORE
Fiodor Petrovic', direttore delle scuole elementari della provincia di N., che si stima
uomo giusto e magnanimo, riceveva una volta presso di s in ufficio il maestro
Vremionski.
- No, signor Vremionski,-diceva,-le dimissioni sono inevitabili. Con la voce che avete,
non si pu continuare il servizio d'insegnamento. Ma come vi scesa?
- Bevvi, sudato, della birra fredda... - sibil il maestro - Che peccato! Un uomo ha
servito per quattordici anni, e d'un tratto una iattura cos! Sa il diavolo per quale inezia
tocca troncar la propria carriera. E che cosa vi proponete ora di fare?
Il maestro non rispose nulla.
- Avete famiglia? - domand il direttore.
- Moglie e due figli, eccellenza... - sibil il maestro.
Segu un silenzio. Il direttore si alz dalla scrivania e cammin da un angolo all'altro,
agitato.
- Non raccapezzo quel che ho da fare con voi! - disse. - Maestro non potete essere,
alla pensione non siete ancor pervenuto...
lasciarvi in balia del destino, ai quattro venti, non punto agevole.
Per noi siete uno dei nostri, avete servito quattordici anni, dunque affar nostro
aiutarvi... Ma come aiutare? Che posso io fare per voi?
Mettetevi nei miei panni: che posso io fare per voi?
Segu un silenzio; il direttore camminava e continuava a pensare, e Vremionski,
oppresso dal suo affanno, sedeva sull'orlo d'una seggiola e pensava anche lui. D'un
tratto il direttore si fece raggiante e schiocc perfino le dita.
- Mi meraviglio come non mi sia venuto prima in mente! - prese a dire svelto. Ascoltate, ecco quel che posso proporvi... La settimana entrante il segretario del nostro
asilo se ne va a riposo.
Se volete, occupate il suo posto! Eccovi!
Vremionski, che non si aspettava una tal grazia, raggi egli pure.
- A meraviglia, - disse il direttore. - Oggi stesso scrivete la domanda...
Congedato Vremionski, Fiodor Petrovic' risent sollievo e perfin soddisfazione: davanti
a lui non stava pi la curva figura del sibilante pedagogo, e faceva piacere riconoscere
che, offrendo a Vremionski il posto vacante, egli aveva agito rettamente e secondo
coscienza, da uomo buono, perfettamente dabbene. Ma questa buona disposizione
non dur a lungo. Quand'egli torn a casa e sedette a pranzare, sua moglie, Nastassia
Ivnovna, d'un tratto si ramment:
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60
- Non mi verr a noia, eccellenza! -interruppe Polzuchin.- Parola d'onore, far del mio
meglio!
Il direttore si sdegn.
- Ascoltate, - domand, sorridendo sprezzante, - perch non vi rivolgeste di colpo a
me, ma stimaste necessario incomodar preventivamente le signore?
- Non sapevo che ci vi sarebbe spiaciuto, - rispose Polzuchin, e si confuse. - Ma,
eccellenza, se voi non date importanza alle lettere di raccomandazione, vi posso
presentar degli attestati...
Egli trasse di saccoccia una carta e la porse al direttore. In calce all'attestato, scritto in
stile e caratteri cancellereschi, stava la firma del governatore. Da tutto si vedeva che il
governatore aveva firmato senza leggere, giusto solo per sbrigarsi di qualche
importuna signora. - Non c' che fare, m'inchino... obbedisco... - disse il direttore, letto
ch'ebbe l'attestato, e sospir. - Presentate domani la domanda... Non c' che fare...
E quando Polzuchin fu uscito, il direttore si abbandon tutto a un sentimento di
disgusto.
- Essere dappoco! - sibilava, camminando da un angolo all'altro. - Ha pur ottenuto
l'intento, striscione buono a nulla, beniamino delle donne! Rettile! Canaglia!
Il direttore sput rumorosamente contro l'uscio dietro cui era scomparso Polzuchin, e di
colpo rimase male, perch in quel momento entrava nel suo studio una signora, la
moglie dell'intendente di finanza.
- Io per un minutino, un minutino... - cominci la signora.- Sedete, compare, e
ascoltatemi attentamente... Dunque, dicono, da voi c' un posto vacante... Domani,
oppur oggi, verr da voi un giovane, certo Polzuchin...
La signora cinguettava, e il direttore la guardava con occhi torbidi, intontiti, come uomo
che si prepara a venir meno, guardava e sorrideva per convenienza.
E il giorno dopo, ricevendo nel suo ufficio Vremionski, il direttore per lungo tempo non
si risolse a dirgli la verit. Esitava, s'impappinava e non trovava da che cominciare, che
cosa dire. Aveva voglia di scusarsi col maestro, di raccontargli tutta la pura verit, ma
la lingua gli s'ingarbugliava, come a un ubriaco, i suoi orecchi ardevano, e gli venne
d'un tratto vergogna e stizza di dover rappresentare una parte cos assurda: nel proprio
ufficio, davanti ai propri dipendenti. D'improvviso picchi un colpo sulla tavola, salt su
e grid iroso:
- Io non ho un posto per voi! No e poi no! Lasciatemi in pace! Non tormentatemi!
Spiccicatevi, insomma, fate il favore!
E usc dall'ufficio.
NOTE:
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POLINKA
L'una passata del pomeriggio. Nel gran negozio di mercerie "Novit parigine", che in
una delle gallerie, ferve la vendita. Si ode il monotono brusio delle voci dei commessi,
un brusio quale suol esserci a scuola, allorch il maestro obbliga tutti gli alunni a
mandar qualche cosa a memoria ad alta voce. E questo rumore uniforme non lo
spezzano n le risate delle signore, n i colpi della porta vetrata d'ingresso, n il correr
su e gi dei ragazzi.
In mezzo al negozio sta Plinka, figlia di Maria Andrievna, tenitrice d'un laboratorio di
mode, una piccola bionda magrolina, e cerca qualcuno con gli occhi. Accorre a lei un
ragazzo dai neri sopraccigli e domanda, guardandola con gran seriet:
- Che cosa volete, signora?
- Di me si occupa sempre Nikoli Timofeic', - risponde Plinka.
E il commesso Nikoli Timofeic', un bruno slanciato arricciato, vestito alla moda, con
una grossa spilla sulla cravatta, gi ha sgombrato il posto sul banco, ha proteso il collo
e con un sorriso guarda Plinka.
- Pelagheia Serghievna, i miei rispetti! - grida con bella, sana voce baritonale. Favorite!
- Ah, buon giorno, - dice Plinka, avvicinandoglisi. - Vedete, son di nuovo da voi...
Datemi qualche cordoncino.
- Per che cosa v'occorre propriamente?
- Per una vita, per un dorso, insomma una piccola guarnizione completa.
- Sul momento.
Nikoli Timofeic' mette davanti a Plinka parecchi tipi di cordoncino; quella sceglie
pigramente e comincia a mercanteggiare.
- Scusate tanto, a un rublo non punto caro! - cerca di persuaderla il commesso,
sorridendo indulgente. - Questo cordoncino francese, a otto canti... Volentieri, ne
abbiamo di quello ordinario, a peso...
Quello a quarantacinque copeche l'"arscn" (1), non pi la stessa qualit! Scusate
tanto!
- Mi occorre ancora un fianco di conteria con bottoni di cordoncino, - dice Plinka,
chinandosi sul cordoncino, e, chi sa perch, sospira.
- E non si troveranno qui da voi dei chicchi di conteria di questa tinta?
- Ci sono.
Plinka si china ancor pi gi verso il banco e domanda sottovoce:
- Ma perch voi, Nikoli Timofeic', gioved andaste via da casa nostra cos presto?
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- Uhm!... E' strano che ve ne siate accorta, - dice il commesso con un risolino. Eravate cos perduta dietro al signor studente che...
strano come ve ne siate accorta!
Plinka si fa di fiamma e tace. Il commesso con un tremito nervoso nelle dita chiude le
scatole e, senz'alcuna necessit, le pone una sull'altra. Un minuto trascorre in silenzio.
- M'occorrono ancora dei merletti di conteria,-dice Plinka, alzando due occhi da
colpevole sul commesso.
- Come li volete? I merletti di conteria su tulle neri e in tinta sono la finizione pi di
moda.
- E a quanto li vendete?
- I neri da ottanta copeche in su, e in tinta a due rubli e cinquanta copeche. E da voi io
non verr mai pi,-soggiunge sottovoce Nikoli Timofeic'.
- Perch?
- Perch? Semplicissimo. Voi stessa dovete capire. A che pro ho da torturarmi? Strana
faccenda! Forse che per me piacevole vedere come quello studente recita una parte
intorno a voi? Io, gi, vedo e capisco tutto. Fin dall'autunno vi fa la corte sul serio e
quasi ogni giorno passeggiate con lui, e quand' da voi in visita, gli tenete gli occhi
piantati addosso, come se fosse un qualche angelo. Ne siete innamorata, per voi non
c' miglior uomo di lui, e benissimo, non c' da far discorsi...
Plinka tace e, imbarazzata, passa un dito sul banco.
- Io vedo tutto benissimo, - continu il commesso. - Che ragione ho dunque di venir da
voi? Io ho dell'amor proprio. Non a tutti fa piacere esser la quinta ruota del carro. Che
cosa chiedevate?
- La mamma mi ha ordinato di prendere molte cose varie, ma ho dimenticato. Ci vuole
ancora del piumino.
- Quale volete?
- Il migliore, quello pi di moda.
- Il pi di moda adesso quello di piume d'uccello. La tinta di moda, se desiderate,
ora l'eliotropio o il color "kank", cio bord con giallo. Una scelta enorme. Ma a che
tenda tutta questa storia, proprio non capisco. Voi, ecco, vi siete innamorata, ma come
finir ci?
Sul viso di Nikoli Timofeic', vicino agli occhi, sono spuntate delle chiazze rosse. Egli
stazzona fra le mani una delicata fettuccia lanuginosa e continua a mormorare:
- V'immaginate di sposarlo, eh? Be', a questo riguardo levatevelo dall'immaginazione.
Agli studenti vietato prender moglie, e poi forse ch'egli viene da voi per terminar tutto
onestamente? Ma che!
Gi, loro, proprio questi studenti, noi non ci hanno in conto neppur di persone... Vanno
dai mercanti e dalle modiste solo per farsi beffe dell'altrui mancanza d'istruzione e
ubriacarsi. A casa propria e nelle buone case ci si vergogna di bere; s, ma da gente
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cos semplice, non istruita, come noi non han da vergognarsi di nessuno, si pu anche
camminare a gambe in su. Sissignora! Cos, che piumino dunque prenderete? E se lui
vi fa la corte e giuoca all'amore, si sa perch... Quando diventer dottore o avvocato,
rammenter: Eh, avevo una volta, dir, una certa biondina! Dov' adesso?. Chi sa
che anche ora, in casa sua fra gli studenti, non si vanti di avere in vista una modistina.
Plinka si mette a sedere su una sedia e guarda pensierosa la montagna di scatole
bianche.
- No, non lo prender il piumino! - sospira. - Prenda la mamma stessa quello che vuole,
io posso sbagliare. A me date sei "arscini" di frangia per un diplomatico, di quella a
quaranta copeche l'"arscn". Per lo stesso diplomatico mi darete dei bottoni di cocco,
coi fori da parte a parte... perch tengano meglio...
Nikoli Timofeic' le involta frangia e bottoni. Lei lo guarda negli occhi con aria colpevole
e visibilmente aspetta ch'egli continui a parlare, ma lui tace arcigno e rimette in ordine il
piumino.
- Che non dimentichi di prendere anche dei bottoni per una cappotta...
- ella dice dopo un po' di silenzio, asciugandosi col fazzoletto le labbra smorte.
- Quali v'occorrono?
- Lavoriamo per una negoziante, datemi dunque qualcosa che esca dall'ordinario...
- Si, se per una negoziante, bisogna sceglierli un po' variopinti.
Ecco i bottoni. Una combinazione di colori turchino, rosso, e oro di moda. I pi vistosi.
Chi un po' pi fine prende da noi quelli neri opachi con un sol cerchietto brillante.
Solo che io non capisco.
Possibile che voi stessa non possiate giudicare? Be', a che cosa condurranno quelle...
passeggiate?
- Io stessa non so... - bisbiglia Plinka, e si china sui bottoni.
- Io stessa non so, Nikoli Timofeic', quel che mi succede.
Dietro il dorso di Nikoli Timofeic', premendolo verso il banco, si apre un varco un
grave commesso dalle fedine e, raggiando della pi raffinata galanteria, grida:
- Siate cos gentile, "madm" (2), da favorire in questo reparto! Di camicette "dzerse"
(3) Si hanno tre tipi: liscia, con spighetta e con perline! Quale volete?
Nello stesso tempo accanto a Plinka passa una signora grossa, che dice con voce
pastosa, profonda, quasi di basso:
- Purch, per favore, siano senza cuciture, tessute, e che i piombini siano affondati
dentro.
- Fate mostra di osservare la merce, - bisbiglia Nikoli Timofeic', chinandosi verso
Plinka e sorridendo sforzatamente. Voi, che Dio v'assista, avete una cera pallida e
malata, vi siete del tutto mutata in viso. Vi lascer, Pelagheia Serghievna! E se mai vi
sposer, non sar per amore, ma per fame, lusingato dai vostri quattrini. Si far con la
dote un arredo decoroso, e poi si vergogner di voi. Agli ospiti e ai compagni vi
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nasconder, perch non siete istruita, e cos dir: la mia orsacchiotta. Forse che voi
sapete comportarvi in una compagnia di dottori o di avvocati? Voi per loro siete una
modista, una creatura ignorante.
- Nikoli Timofeic'! - grida qualcuno dall'altro capo del negozio.
Ecco, la "mademuasl" chiede tre arscini di nastro di "nikko" (4) Ce n'avete?
Nikoli Timofeic' si volge di lato, fa un viso sorridente e grida:
- Ce n'ho! Ci son nastri di "nikko", "atamn" (5) con raso e raso con "muar" (6)!
- A proposito, per non dimenticarmi, Olia m'ha pregata di prendere per lei una fascetta!
- dice Plinka.
- Negli occhi avete... delle lacrime!-si spaventa Nikoli Timofeic'. - Perch questo?
Andiamo verso i busti, io vi parer, se no una cosa imbarazzante.
Con un sorriso sforzato e con esagerata disinvoltura il commesso guida rapido Plinka
verso il reparto dei busti e la nasconde al pubblico dietro un'alta piramide di scatole...
- Che fascetta volete che vi dia?-domanda forte, e subito bisbiglia: - Asciugatevi gli
occhi!
- Io... io, di quarantotto centimetri! Soltanto, per favore, lei ha pregato che sia doppia
con fodera... di vera stecca di balena... Io ho bisogno di parlar con voi, Nikoli
Timofeic'. Venite oggi!
- Ma di che parlare? Non c' da parlar di nulla.
- Voi solo... mi amate e, tranne voi, non ho nessuno con cui parlare un poco.
- Non giunco, non osso, ma vera stecca di balena... Di che mai dovremmo parlare?
Parlare non c' di che... Vero che oggi andrete con lui a passeggio?
- Ci an... andr.
- Be', allora di che parlare in tal caso? Coi discorsi non si rimedia... Siete innamorata,
vero?
- S... - bisbiglia incerta Plinka, e dai suoi occhi sgorgano grosse lacrime.
- Che discorsi dunque ci posson essere? - mormora Nikoli Timofeic', alzando
nervosamente le spalle e impallidendo. - E nessun discorso occorre... Asciugate gli
occhi, ed ecco tutto. Io... io non desidero nulla...
In questo mentre s'avvicina alla piramide di scatole un commesso alto, magro e dice
alla sua acquirente:
- Non lo vorreste, un ottimo elastico per giarrettiera, che non ferma il sangue,
riconosciuto dalla medicina...
Nikoli Timofeic' fa da schermo a Plinka e, cercando di nascondere l'agitazione di lei
e la propria, storce il volto a un sorriso e dice forte:
- Ci son due qualit di merletti, signorina! Di cotone e di seta!
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L'"oriental", i britannici, la "valensin" (7), il "crosc" (8), il "torscin" (9): questi son di
cotone, e il rococ, la spighetta, il "cambr" (10): questi sono di seta... Per amor di Dio,
asciugate le lacrime! Vien gente!
E vedendo che le lacrime scorrono tuttavia, continua anche pi forte:
- Spagnuoli, rococ, spighetta, "cambr"... Calze di feldeks (11), di cotone, di seta...
NOTE:
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IL CORREDO
Molte case ho veduto in vita mia, grandi e piccine, in muratura e di legno, vecchie e
nuove, ma particolarmente mi s'impresse nella memoria una casa. Non una casa del
resto, ma una casetta. E' piccola, a un solo, piccolo piano e con tre finestre, e somiglia
oltremodo a una vecchietta piccina, gobba con la cuffia. Intonacata di bianco, con tetto
di tegole e un fumaiuolo scortecciato, tutta immersa nei verde dei gelsi, delle acacie
e dei platani piantati dai nonni e dai bisnonni degli odierni padroni. Non la si vede dietro
il verde. Questa massa di verzura non le impedisce per altro d'essere una casetta di
citt. Il suo ampio cortile allineato con altri, pure ampi e verdi cortili, ed entra a far
parte di via Moskvskaia. Nessuno passa mai in vettura per questa via, di rado
qualcuno a piedi.
Le imposte della casetta sono continuamente chiuse: gli inquilini non han bisogno di
luce. La luce non loro necessaria. Le finestre non si aprono mai, perch agli abitatori
della casetta non piace l'aria fresca. La gente che vive costantemente fra i gelsi, le
acacie e la bardana indifferente alla natura. Solo ai villeggianti Iddio ha dato la facolt
d'intendere le bellezze della natura, la restante umanit invece, per quanto riguarda
queste bellezze, ristagna nella pi profonda ignoranza. Gli uomini non apprezzano ci
di cui sono ricchi.
Quel che possediamo, non lo custodiamo (1); non basta: quel che possediamo, non
l'amiamo. Attorno alla casetta il paradiso terrestre, il verde, vivono uccelli giulivi, nella
casetta invece...
ahim! D'estate v' afa e si soffoca, d'inverno v' un caldo come al bagno, odor di
carbone e una noia, una noia...
Per la prima volta visitai questa casetta che ormai un pezzo, per un'incombenza:
portai il saluto del padron della casa, colonnello Cikamassov, a sua moglie e a sua
figlia. Questa mia prima visita la ricordo ottimamente. N possibile non ricordarla.
Immaginatevi una donna piccola, mencia, sulla quarantina, che vi guarda con
sgomento e stupore mentre voi entrate dall'anticamera in sala. Voi siete un "estraneo",
un visitatore, un "giovanotto", e questo gi sufficiente per piombarla nello stupore e
nello sgomento.
Nelle mani non avete n una mazza ferrata, n un'accetta, n una rivoltella, voi
sorridete amichevolmente, ma vi si accoglie con ansiet.
- Chi ho l'onore e il piacere di vedere? - vi domanda con voce tremante una donna
matura, in cui riconoscete la padrona di casa Cikamassov.
Dite il vostro nome e spiegate perch siete venuto. Sgomento e stupore cedono il
posto a un acuto, gioioso ah! e a uno strabuzzar d'occhi.
Quest'ah!, come un'eco, si ripercuote dall'anticamera in sala, dalla sala in salotto, dal
salotto in cucina... e cos fino alla cantina.
Ben presto tutta la casetta si riempie di svariati, gioiosi ah!. Di l a un cinque minuti
siete seduto in salotto, su un grande, soffice, ardente divano e udite come ormai
echeggia di ah! tutta la via Moskvskaia.
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Odorava di polvere contro le tarme e di scarpe nuove di capretto, che, avvolte in una
pezzuola, stavano accanto a me su una sedia. Alle finestre gerani, straccetti di
mussolina. Sugli straccetti delle mosche sazie. Su una parete il ritratto di un qualche
vescovo, dipinto a olio e coperto da un vetro con un angolino rotto. Dal vescovo parte
una fila di avi dalle fisonomie d'un giallo limone, zingaresche. Sulla tavola un ditale, un
rocchetto di filo e una calza non finita, sul pavimento modelli di taglio e una camicetta
nera imbastita. Nella stanza attigua due vecchie spaventate, intimidite piglian su dal
pavimento modelli e pezzi di "lankort"...
- Da noi, scusate, c' un tremendo disordine! - disse la Cikamassov.
La Cikamassov conversava con me e sbirciava, confusa, verso l'uscio, dietro al quale
tuttora stavan raccattando i modelli. L'uscio, come confuso anch'esso, ora si apriva per
un paio di dita, ora si chiudeva.
- Su via, che t'occorre? - si volt la Cikamassov verso l'uscio.
- "O est mon cravate, lequel mon pre m'avait envoy de Koursk?" (2) - domand
dietro l'uscio una vocetta femminile. - "Ah, est ce que, Marie, que..." (3) Ah, forse che si
pu... "Nous avons donc chez nous un homme trs peu connu par nous... (4)
Domanda a Lukeria...
Ma come parliam bene il francese, noi!, lessi io negli occhi della Cikamassov,
arrossita dal piacere.
Presto si apr l'uscio, e io vidi un'alta, magra ragazza sui diciannove anni, in un lungo
vestito di mussolina con cintura dorata, dalla quale pendeva, ricordo, un ventaglio di
madreperla. Ella entr, fece la riverenza e avvamp in viso. Avvamp dapprima il suo
lungo naso, alquanto butterato, dal naso il rossore pass agli occhi, dagli occhi alle
tempie.
- Mia figlia! - cantilen la Cikamassov. - E questo Mnec'ka, il giovanotto che...
Io feci conoscenza ed espressi la mia meraviglia a proposito del gran numero di
modelli. Madre e figlia chinarono gli occhi.
- Da noi all'Ascensione ci fu la fiera, - disse la madre. - Alla fiera noi comperiamo
sempre una quantit di stoffe e poi cuciamo tutto l'anno sino alla fiera seguente. Fuori
di casa non diamo mai a far nulla. Il mio Piotr Stepanic' non guadagna moltissimo e noi
non possiamo permetterci dei lussi. Tocca farci i vestiti noi stesse.
- Ma chi mai in casa vostra porta una tal massa di roba? Siete soltanto in due!
- Ah... forse che questo si pu portare? Non per portare! Questo il corredo!
- Ah, "maman", che dite? - domand la figlia, e si fece rossa. - Il signore davvero pu
pensare... Io mai prender marito! Mai!
Disse ci, ma a lei stessa, alla parola "marito", si accesero gli occhietti.
Portarono il t, biscotti, conserve di frutta, burro, poi mi rimpinzarono di lamponi con la
panna. Alle sette di sera ci fu una cena di sei portate, e durante questa cena udii un
rumoroso sbadiglio; qualcuno aveva sbadigliato forte nella stanza attigua. Io guardai
verso l'uscio con meraviglia: cos pu sbadigliare soltanto un uomo.
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- Mi accingo ad andar dal capo della nobilt, - mi disse la vecchia, dimenticando che
gi aveva parlato di ci. - Voglio lagnarmi! Jegr Semionic' ci porta via tutto quel che
cuciamo, e ne fa dono chi sa dove per la salvezza dell'anima. La mia Mnec'ka
rimasta senza corredo!
Mnec'ka si fece di fiamma, ma non disse pi nemmeno una parola.
- Tocca rifar tutto daccapo, e noi non siamo mica Dio sa che riccone!
Noi due siamo orfane!
- Siamo orfane! - ripet Mnec'ka L'anno passato il destino mi riport nella nota
casetta. Entrato in salotto, io scorsi la vecchia Cikamassov vestita tutta di nero, con le
manopole da lutto, era seduta sul divano e cuciva qualcosa. Accanto a lei sedeva un
vecchietto in soprabito color cannella e con le soprascarpe in luogo di stivali. Vedutomi,
il vecchietto balz su e corse via dal salotto...
In risposta al mio saluto la vecchietta sorrise e disse:
- "Je suis charme de vous revoir, monsieur" (6).
- Che cosa state cucendo? - domandai, dopo aver atteso un poco.
E' una camicina. La finir e andr a darla al reverendo che la nasconda, se no Jegr
Semionic' la porter via. Adesso nascondo tutto dal reverendo, - disse in un bisbiglio.
E gettato uno sguardo al ritratto della figlia, che stava davanti a lei sulla tavola, sospir
e disse:
- Noi, vedete, siam orfani!
Ma dov'era la figlia? Dov'era dunque Mnec'ka? Io non facevo domande; non avevo
voglia di far domande alla vecchietta vestita a gran lutto, e finch rimasi nella casetta, e
poi quando me ne andai, Mnec'ka non m'usc incontro, io non udii n la sua voce, n i
suoi cheti, timidi passi... Tutto era facile a capire e sentivo tanta pena nell'anima!
NOTE:
1) Adagio russo.
2) Dov' la cravatta che mio padre m'aveva mandato da Kursk?
(Questa frase come le due seguenti, in un francese sgrammaticato e stentato).
3) Ah, Maria, forse che...
4) Abbiamo dunque in casa nostra un uomo che noi conosciamo ben poco.
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5) La nobilt aveva una sua organizzazione legalmente stabilita, con assemblee e capi
provinciali e distrettuali (questi per lo pi indicati, nelle traduzioni occidentali, come
marescialli della nobilt.
6) Sono felice di rivedervi, signore.
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LE NOZZE
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Nelle ultime file risuonano voci concitate: qualcuno ha dimenticato qualcosa, qualcuno
ha il mazzo di fiori della sposina; le signore strillano, supplicando di non fare non so
che cosa perch di cattivo augurio.
All'ingresso gi da un pezzo aspettano una carrozza e un land. Sulle criniere dei
cavalli son fiori di carta e tutti i cocchieri hanno le braccia fasciate presso le spalle da
fazzoletti di colore. Sulla carrozza seduto a cassetta un meraviglioso eroe da fiaba,
dall'ampia barba fluente, in caffettano nuovo. Le sue braccia tese in avanti coi pugni
chiusi,la testa gettata all'indietro,le spalle straordinariamente larghe gli conferiscono un
aspetto non umano, non vivente; tutto come impietrito...
- Ferma! - dice con voce esile, e subito soggiunge con voce pastosa di basso: - Fai le
mattie! - (per il che sembra che nel suo largo collo ci sian due gole). - Ferma! Fai le
mattie!
La via da entrambe le parti assiepata di pubblico.
Fa' avanza-are! - gridano i paggi, sebbene non ci sia nulla da far avanzare, dato che la
carrozza gi da un pezzo venuta avanti. Spira con l'immagine, la sposa e due amiche
salgono in carrozza. Lo sportello sbatte, e la via echeggia dello strepito della vettura.
- Il land per i paggi! fa' avanza-are!
I paggi balzano in land e, quand'esso si mette in moto, si levano su a mezzo e,
contraendosi come nelle convulsioni, s'infilano i cappotti.
Si fanno avanzare le vetture seguenti.
- Sofia Denssovna, sedete! - si odono voci. - Favorite anche voi, Nikoli Mironic'!
Ferma! Non datevi pensiero, signorina, ci sar posto per tutti! Scansatevi!
- Senti, Makr! - grida il padre della sposa. - Al ritorno dalla chiesa, passate per un'altra
strada! Se no cattivo augurio.
Le vetture strepitano sul selciato, rumori, grida... Infine tutti sono partiti, tornata la
quiete. Il padre della sposa rientra in casa; in sala i domestici sparecchiano la tavola,
nell'attigua stanzetta buia, che tutti in casa chiamano di passaggio, si soffiano il naso
i musicanti, dappertutto tramestio, andirivieni, ma a lui sembra che la casa sia vuota. I
soldati musicanti si agitano nella loro piccola, scura stanzetta, in nessun modo
riescono a trovar posto coi loro ingombranti leggii e strumenti. Sono giunti da poco, ma
gi l'aria della stanza di passaggio s' fatta notevolmente pi densa, non c'
possibilit alcuna di respirare. Il loro capo Ossipov, in cui dalla vecchiezza baffi e
fedine son diventati un mucchio di stoppa, sta in piedi davanti a un leggio e guarda
irritato la musica.
- Tu, Ossipov, non vai alla fine, - dice il tenente colonnello. - Da quanti anni ormai ti
conosco? Una ventina d'anni!
- Di pi, alta signoria (1) Alle vostre nozze sonammo, se vi piace ricordarvene.
- S, s... - sospira il tenente colonnello e si fa pensoso - Cos, fratello, la storia... I
figli, grazie a Dio, li ho sposati, adesso, ecco, marito la figliuola, e restiamo io e la
vecchia soli...
Bambinelli non ne abbiamo pi. Abbiamo fatto piazza pulita.
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- Chi sa? Forse, Jefm Petrovic', Dio ve ne mander ancora, alta signoria...
Jefm Petrovic' guarda con meraviglia Ossipov e ride nella mano.
- Ancora?- domanda. - Come hai detto? Dio mi mander ancora bambini? A me?
Egli soffoca dalle risa e lacrime gli spuntano negli occhi; i musicanti per urbanit ridono
anche loro. Jefm Petrovic' cerca con gli occhi la vecchia per riferirle quel che ha detto
Ossipov, ma lei stessa gi piomba difilato su di lui, impetuosamente, irritata, con gli
occhi rossi di pianto.
- Non hai timor di Dio, Jefm Petrovic'! - ella dice, giungendo le mani. - Noi cerchiamo,
cerchiamo il rum, non stiamo pi in piedi, e tu stai qui! Dov' il rum? Nikoli Mironic'
non pu fare senza rum, ma tu non ci pensi pi che tanto! Va', vedi di sapere da Ighnt
dove ha messo il rum!
Jefm Petrovic' va nel sotterraneo dove situata la cucina. Per la scala sudicia van su
e gi donne e domestici. Un giovane soldato, con la giubba gettata su una spalla, ha
appoggiato il ginocchio a un gradino e gira la manovella della gelatiera; il sudore gli
cola dalla faccia rossa. Nella scura e angusta cucina, fra nuvole di fumo, lavorano i
cuochi, presi a nolo al circolo. Uno sventra un cappone, un altro con delle carote fa
stelline, un terzo, rosso come porpora, ficca nella stufa una leccarda. I coltelli
picchiano, le stoviglie tintinnano, il burro sfriggola; Capitato in quell'inferno, Jefm
Petrovic' dimentica di che gli ha parlato la vecchia.
- E voi qui, fratelli, non siete allo stretto? - domanda.
- Non fa nulla, Jefm Petrovic'. Siamo allo stretto ma nessuno ci fa torto (2), state
tranquillo...
- Fate del vostro meglio, ragazzi.
In un angolo buio sorge la figura di Ighnt, il credenziere del circolo.
- State tranquillo, Jefm Petrovic'! - dice. - Presenteremo tutto nel migliore aspetto. Con
che cosa ordinate di fare il gelato: col rum, col "go-sotern" (3) o senza niente?
Tornato nelle stanze, Jefm Petrovic' gironzola a lungo, poi si ferma sulla soglia della
stanza di passaggio e torna ad avviare il discorso con Ossipov.
- Cos , fratello... - dice. - Rimarremo soli. Finch la nuova casa non sar asciutta, i
giovani vivranno con noi, e poi addio!
Abbiamo appena avuto il tempo di vederli...
Tutt'e due sospirano... I musicanti per urbanit sospirano pure, per il che l'aria si fa
anche pi densa.
- S, fratello, - continua fiaccamente Jefm Petrovic', - c'era una sola figlia, e diamo
anche quella. E' un uomo istruito, parla francese... Soltanto, ecco, sbevucchia, ma chi
oggigiorno non beve?
Tutti bevono.
- Non fa nulla, che beva, - dice Ossipov. - La principale qualit, Jefm Petrovic', che
sappia il fatto suo. E se, poniamo, berr, perch poi non bere? Bere si pu.
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- Certo, si pu.
Si odono singulti.
- Forse che lui pu sentir gratitudine? - si lagna Daria Danilovna con una vecchia. Vedete, noi a lui madre mia, abbiamo snocciolato diecimila rubli, copeca su copeca, la
casa l'abbiam messa in testa a Liboc'ka, un trecento "dessiatine" (4) di terra...
presto detto? Ma forse che lui pu sentir gratitudine? Non son cos fatti, oggigiorno, da
esser riconoscenti.
La tavola con le frutta gi pronta. Le coppe stanno, fitte, su due vassoi, le bottiglie di
sciampagna sono avvolte in tovagliuoli, nella sala da pranzo sibilano i samovr. Un
domestico senza baffi, con le fedine, annota su un foglietto i nomi delle persone alla cui
salute annuncer i brindisi durante la cena, e li legge, come li studiasse a memoria.
Dalle stanze caccian fuori un cane altrui, un'attesa ansiosa... Ma ecco, echeggiano
voci affannate:
- Vengono! Vengono! "Btiuska" Jefm Petrovic', vengono!
La vecchia, stupefatta, con un'espressione di estremo smarrimento, afferra il vassoio
col pane e sale, Jefm Petrovic' gonfia le gote, e tutt'e due insieme si affrettano in
anticamera. I musicanti, con ritegno, accordano frettolosi gli strumenti, dalla via giunge
lo strepito delle vetture. Di nuovo entrato dal cortile il cane, lo scacciano, esso
guaisce... Ancora un minuto d'attesa, e nella stanza di passaggio, scattando
bruscamente, rabbiosamente, echeggia un'assordante, selvaggia, furiosa marcia.
L'aria risuona di esclamazioni, di baci, schioccano i tappi, i domestici hanno facce
severe...
Liboc'ka e il suo consorte, un grave signore in occhiali d'oro, sono sbalorditi. La
musica assordante, la luce viva, l'attenzione generale, la moltitudine di facce
sconosciute li opprimono... Essi si guardano intorno ottusamente, senza veder nulla,
senza capir nulla.
Si bevono sciampagna e t, tutto si svolge con decoro e posatezza. I numerosi parenti,
certi insoliti nonni e nonne che prima nessuno mai aveva visto, persone del clero,
militari a riposo dalle nuche piatte, il padrino e la madrina di nozze dello sposo, i
compari stanno in piedi attorno alla tavola e, sorseggiando cautamente il t, discorrono
della Bulgaria; le signorine, come mosche, si stringono alle pareti; perfino i paggi
hanno perduto il loro aspetto inquieto e stanno pacifici presso l'uscio.
Ma passano un'ora o due, e tutta la casa gi trema per la musica e le danze. I paggi
hanno di nuovo un'aria come se avessero strappato la catena. Nella sala da pranzo,
dove stata imbandita in forma di p la tavola degli antipasti, si affollano i vecchi e la
giovent che non balla; Jefm Petrovic', che ha gi vuotato un cinque bicchierini, strizza
l'occhio, fa schiocchi con le dita e soffoca dal ridere. Gli venuto in mente che sarebbe
bello dar moglie ai paggi, e la cosa gli piace, gli sembra spiritosa, divertente, e lui
felice, tanto felice che non pu esprimerlo a parole, e sghignazza soltanto... Sua
moglie, che non ha mangiato nulla dal mattino ed ebbra per lo sciampagna bevuto,
sorride beatamente e dice a tutti - Non si pu, non si pu, signori, andar nella stanza
da letto! Non delicato andar nella stanza da letto! Non guardate l dentro!
Ci significa: favorite guardar la stanza da letto! Tutta la sua vanit materna e tutte le
sue capacit si sono profuse in quella camera! E c' di che vantarsi! In mezzo alla
camera stanno due letti con alte materasse; federe di pizzo, coperte di seta, trapunte,
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con complicati, incomprensibili monogrammi. Sul letto di Liboc'ka sta una cuffia dai
nastri rosei, e sul letto di suo marito una veste da camera di color topo con nappine
celesti. Ciascuno degli ospiti, dato uno sguardo ai letti, stima dover suo strizzar l'occhio
significativamente e dire: M-gi-a!, e la vecchia raggiante e bisbiglia:
- La camera un trecento rubli costata, "btiuska". E' uno scherzo?
Su via, andatevene, per gli uomini non sta bene venir qui.
Dopo le due servono la cena. Il domestico dalle fedine annuncia i brindisi e la musica
suona una fanfara. Jefm Petrovic' si ubriaca definitivamente e non riconosce pi
nessuno; gli pare di non essere a casa sua, ma in visita, e di essere stato offeso;
nell'anticamera indossa cappotto e berretto e, cercando le sue soprascarpe, grida con
voce rauca:
- Non desidero restar qui oltre! Siete tutti mascalzoni! Farabutti! Io vi smascherer!
E accanto a lui sta la moglie e gli dice:
- Calmati, anima empia che sei! Calmati, testardo, erode, castigo mio!
NOTE:
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IGNORANZA
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Manco male se avesse ammazzato, diciamo, o rubato dei cavalli, ma c' capitato cos,
per un bel nulla.
- Giusto, ma io che c'entro?
- Han messo dentro un uomo e loro stessi non san per che cosa. Aveva bevuto,
signoria, non aveva coscienza di nulla e perfino il padre aveva ferito all'orecchio, e
s'era picchiato una guancia contro un ramo, essendo ubriaco, e due dei nostri ragazzi gli era venuto voglia, vedi, di tabacco turco - presero a dirgli che entrasse con loro di
notte nella bottega dell'armeno, a pigliar tabacco. Lui, essendo ubriaco, diede retta, lo
stupido. Ruppero, sai, la serratura, entraron dentro, e avanti a fare il diavolo a quattro.
Misero tutto a soqquadro, ruppero i vetri, sparpagliarono la farina. Ubriachi, in una
parola! Be', subito il brigadiere... questo e quello poi dal giudice istruttore. Un anno
intero stettero in prigione, e una settimana fa, mercoled, fecero il processo a tutti e tre,
in citt. Un soldato andava dietro col fucile... venne gente a giurare. Vaska meno
colpevole di tutti, e quei signori giudicarono ch'era stato il caporione. I due ragazzi li
han mandati in carcere, e Vaska in una compagnia di detenuti (1) per tre anni. Ma per
che cosa? Giudica in coscienza!
- Ancora una volta io non c'entro. Va' dall'autorit.
- Son gi stato dall'autorit! Sono andato in tribunale, volevo presentare un'istanza,
loro anche l'istanza non la presero. Sono stato anche dal commissario, anche dal
giudice istruttore sono stato, e ognuno dice: non affar mio! Ma di chi affare? E qui
all'ospedale non c' nessuno superiore a te. Quel che tu vuoi, signoria, lo fai.
- Sei uno stupido tu! - sospir il dottore. - Una volta che i giurati l'han trovato colpevole,
non ci pu pi far nulla n il governatore, n il ministro perfino, altro che il commissario!
Brighi inutilmente!
- E chi l'ha giudicato?
- I signori assessori giurati...
- Ma che signori eran quelli? I nostri stessi contadini. Andri Guriev c'era, Alioska Chuk
c'era.
- Be', io prendo freddo a discorrer con te.
Il dottore scosse la mano e and rapido verso la propria porta. Kirila voleva gi andargli
dietro, ma, avendo visto la porta chiudersi con forza, si ferm. Una decina di minuti egli
rimase immobile in mezzo al cortile dell'ospedale, guardando, senza mettersi il
berretto, l'alloggio del dottore, poi fece un profondo sospiro, si gratt lentamente e si
avvi verso il portone.
Da chi andare dunque?, mormorava, uscendo sulla strada. Uno dice:
non affar mio, l'altro dice: non affar mio. Di chi dunque affare? No, certamente,
finch non ungi le ruote, non fai nulla. Il dottore parla cos, e intanto non faceva che
guardarmi il pugno: non gli avrei dato un biglietto turchino (2)? Be', fratello, io fino al
governatore arriver.
Appoggiandosi ora su un piede, ora sull'altro, voltandosi di continuo a guardare
senz'alcuna necessit, egli si trascinava pigramente per la strada e, visibilmente, era
incerto su dove andare... Non faceva freddo e la neve cricchiava debolmente sotto i
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suoi piedi. Davanti a lui, non pi in l d'una mezza versta, si stendeva su una collina la
cittaduzza distrettuale in cui di recente avevano giudicato suo fratello. A destra
nereggiava il carcere col tetto rosso e con le garitte alle cantonate, a sinistra c'era il
gran bosco municipale, ora coperto di brina. V'era silenzio, solo un certo vecchio in
giubbetto da donna e con un enorme berretto a visiera camminava pi avanti, tossendo
e ogni tanto gridando a una vacca che conduceva in citt.
- Nonno, salute! - profer Kirila, giunto a pari col vecchio.
- Salute...
- La porti a vendere?
- No, cos... - rispose pigramente il vecchio.
- Sei un cittadino, o che?
Si misero a discorrere. Kirila raccont perch era stato all'ospedale e di che cosa
aveva parlato col dottore.
- Certo, il dottore queste faccende non le conosce, - gli diceva il vecchio, quando
entrambi erano entrati in citt. - Lui, pur essendo un signore, stato istruito nel curare
con ogni sorta di mezzi, ma quanto a darti un vero consiglio o, diciamo, a scrivere un
verbale questo lui non lo pu. Per questo c' un'autorit speciale. Dal conciliatore e dal
commissario sei stato. Questi pure nella tua faccenda non son competenti.
- Dove andare dunque?
- Per le vostre faccende di campagnuoli c' un capo, e a quello addetto il membro
permanente. Va' dunque da lui. Signor Sineokov.
- Quello che sta a Zlotovo?
- Ma s, a Zlotovo. Lui il vostro capo. Se si tratta di qualcosa che riguarda le vostre
faccende, di fronte a lui perfino l'"ispravnik" (3) non ha pieni poteri.
- C' da andar lontano, fratello. Un quindici verste, penso, o anche pi.
- Chi ha bisogno, anche cento verste far.
- E' cos... Presentargli un'istanza, o che?
- L lo saprai. Se occorre un'istanza, lo scrivano te la far alla svelta. Il membro
permanente ha uno scrivano.
Separatosi dal "nonno", Kirila sost in mezzo alla piazza, pens un poco e torn
indietro dalla citt. Aveva stabilito di andare a Zlotovo.
Di l a un cinque giorni, rientrando, dopo le visite dei malati, nel suo alloggio, il dottore
vide nuovamente nel proprio cortile Kirila.
Questa volta il giovanotto non era solo, ma con un certo vecchio scarno, pallidissimo,
che senza posa ciondolava il capo, come fosse stato un pendolo, e biascicava con le
labbra.
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- Signoria, ricorro di nuovo alla tua grazia! - cominci Kirila. - Ecco, son venuto col
padre, fa' la carit, manda fuori Vaska! Il membro permanente non stato a discorrere.
Dice: Vattene via!.
- Alta signoria! - prese a sibilare in gola il vecchio, alzando i sopraccigli tremanti, - siate
misericordioso! Noi siam gente povera, non possiamo ricompensare il vostro onore, ma
se fa piacere a vostra grazia, Kiriuska o Vaska possono pagar col lavoro. E lavorino!
- Pagheremo col lavoro! - disse Kirila e alz la mano come volesse pronunciare un
giuramento.- mandalo fuori! Di fame crepano! A tutt'andare frignano, signoria!
Il giovanotto diede un rapido sguardo al padre, lo tir per la manica e tutt'e due, come
a un comando, si buttarono ai piedi del dottore.
Questi scosse la mano e, senza guardarsi indietro, and in fretta verso la propria porta.
NOTE:
1) Una delle pene sancite dalla legge del tempo era l'invio alle compagnie di detenuti,
organizzate militarmente e impiegate in lavori.
2) Cio da cento rubli: i biglietti di banca russi si distinguevano e s'indicavano, nell'uso
comune, secondo il colore (rossi, azzurri, grigi, iridati eccetera), in relazione col loro
valore.
3) Capo di polizia distrettuale.
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IL PENSATORE
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Pimfov lascia cader sui ginocchi il cucchiaio, guarda spaventato Jaskin, vuol
protestare, ma la lingua gli s' indebolita per l'ebriet e s' imbrogliata nella "kascia"
densa... In luogo del consueto cio, come sarebbe a dire?, non si ha che un
mugolio.
- Tutto superfluo... - continua Jaskin. - E le scienze, e gli uomini... e gli istituti
carcerari, e le mosche... e la "kascia"...
Anche voi siete superfluo... Bench siate un brav'uomo, e crediate in Dio, pure anche
voi siete superfluo...
- Addio, Ili Martinic'! - balbetta Pimfov, sforzandosi d'indossar la giacca e in nessun
modo riuscendo a infilar le maniche.
- Adesso, ecco, noi ci siamo rimpinzati, inghebbiati, e a che scopo questo? Cos...
Tutto ci superfluo... Mangiamo, e noi stessi non sappiamo per che cosa... Via via...
gi s' offeso! Io, vedete, solo cos... per discorrere! E dove avete da andare? Sediamo
un po', chiacchieriamo... beviamo!
Segue un silenzio, interrotto solo ogni tanto dal tintinnio dei bicchierini e da un ebbro
raschiare in gola... Il sole comincia ormai a volgere al tramonto, e l'ombra del tiglio
cresce sempre pi. Viene Feona e, sbuffando agitando bruscamente le braccia, stende
accanto alla tavola un tappetino. I due amici in silenzio bevono un'ultima volta, si
accomodano sul tappeto e, voltandosi il dorso a vicenda, cominciano ad assopirsi...
Sia lode a Dio, pensa Pimfov, che oggi non s' spinto fino alla creazione del mondo
e della gerarchia se no c'era da sentirsi rizzare i capelli e si sarebbero scandalizzati
anche i santi... .
NOTE:
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LA FIGLIA DI ALBIONE
Alla casa del possidente Griabov si accosta una magnifica carrozza aperta con
cerchioni di gomma, grasso cocchiere e sedile di velluto.
Dalla carrozza balz fuori il capo distrettuale della nobilt Fiodor Andreic' Otsv. In
anticamera lo ricevette un domestico assonnato.
- I signori sono in casa? - domanda il capo della nobilt.
- Nossignore. La padrona e i bambini sono andati in visita, e il padrone e "mamsl" (1)
la governante sono a pescare. Fin da stamane.
Otsv sosta un poco, riflett e and a piedi verso il fiume a cercar Griabov. Lo trova a
un paio di verste da casa, vicino al fiume. Avendo guardato gi dall'erta ripa e veduto
Griabov, Otsv scoppia a ridere... Griabov, un uomo grande, grasso, dalla testa
grossissima, era seduto sulla sabbia, con le gambe ripiegate sotto di s alla turca, e
pescava alla lenza. Il cappello gli stava sulla nuca, la cravatta gli era scesa da un lato.
Accanto a lui stava in piedi un'alta, sottile inglese dagli occhi convessi di gambero e dal
gran naso di uccello, simile piuttosto a un uncino che a un naso. Era vestita con un
abito bianco di mussolina, attraverso il quale fortemente trasparivano le spalle magre,
gialle. Da una cintura dorata le pendeva un orologio d'oro. Ella pure pescava alla
lenza. Intorno ai due regnava un silenzio di tomba. Entrambi erano immobili, come il
fiume su cui nuotavano i loro galleggianti.
- Una voglia da morire, ma un destino crudele! - si mise a ridere Otsv. - Buon giorno,
Ivn Kuzmic!
- Ah... sei tu?-domanda Griabov, senza staccar gli occhi dall'acqua. - Sei arrivato?
- Come vedi... E tu ti occupi ancor sempre della tua sciocchezzuola!
Non te ne sei ancora disavvezzato?
- Che diavolo... E' tutto il giorno che pesco, dal mattino... Non so perch, oggi si pesca
male. Non abbiamo preso nulla n io, n questa fantasima. Stiamo qui, stiamo qui, e
almeno si pigliasse un accidente!
C' addirittura da gridare al soccorso.
- E tu sputaci su. Andiamo a ber la vodka!
- Aspetta... Forse qualcosa acchiapperemo. Verso sera il pesce abbocca meglio.. Son
qui, fratello, fin da stamane! Una noia cos grossa che nemmeno te lo posso
esprimere. M'ha proprio trascinato il diavolo a prender quest'abitudine della pesca! So
ch' un'insulsaggine, e sto qui! Sto qui come un lazzarone qualunque, come un forzato,
e guardo l'acqua, come un qualunque imbecille! Alla falciatura bisogna andare, e io
pesco. Ieri a Chapanievo officiava Sua Eminenza, e io non ci andai, rimasi qui con
questa specie di storione... con questa diavolessa...
- Ma... sei impazzito? -domanda Otsv, sbirciando impacciato l'inglese. - Sparli davanti
a una signora... e di lei stessa...
- Ma che il diavolo la porti! Tant', di russo non capisce un'acca.
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Parlane bene, parlane male, per lei tutt'uno! Guarda il suo naso!
Soltanto il naso ti far svenire! Stiamo insieme giornate intere, e almeno dicesse una
parola! Sta l come uno spauracchio e sgrana le sue lanterne sull'acqua.
L'inglese sbadiglia, cambia il vermicciolo e getta l'amo.
- Mi meraviglio, fratello, non poco! - continua Griabov. - Vive questa scema in Russia
da dieci anni, e almeno sapesse una parola di russo!... Un nostro qualunque
aristocraticuccio va nel loro paese e ben presto impara a bestemmiarne la lingua, loro
invece... il diavolo li conosce! Tu guardale il naso! Il naso guardale!
- Su via, smettila.., Non sta bene... Perch dai addosso a una donna?
- Lei non donna, ma ragazza... Sogna, scommetto, i fidanzati, questa pupattola del
diavolo. E manda non so che odor di putredine... L'ho presa in odio, fratello! Non posso
vederla con indifferenza! Quando mi guarda coi suoi occhiacci, mi sento tutto
rimescolato, come se avessi dato del gomito contro una ringhiera. Le piace anche
pescare.
Guardala: pesca, e celebra un rito! Guarda ogni cosa con disprezzo...
Sta l, la canaglia, e ha coscienza di esser uomo e, per conseguenza, re della
natura. E sai come si chiama? Uilka Cirlsovna Tfais!
Poh!... non si pu nemmeno pronunciare!
L'inglese, avendo udito il suo nome, gira lentamente il naso dalla parte di Griabov e lo
misura con uno sguardo sprezzante. Da Griabov leva gli occhi su Otsv e lo inonda di
disprezzo. E tutto ci in silenzio, con gravit e lentamente.
- Hai visto? - domanda Griabov, ridendo forte. - To', dice, per voi! Ah, tu, fantasima!
Solo per i bambini tengo questo tritone. Se non ci fossero i bambini, anche a dieci
verste dalla mia propriet non la lascerei avvicinare... Il suo naso come quello
dell'avvoltoio...
E la vita? Questa pupattola mi rammenta un lungo chiodo. E cos, sai, la prenderei e la
pianterei in terra. Aspetta... Da me, pare, abbocca...
Griabov balza in piedi e solleva la canna. La lenza si tese... Griabov tira ancora una
volta e non pot trar fuori l'amo.
- S' impigliato! - disse e fece una smorfia. - A una pietra, probabilmente... Che il
diavolo lo porti...
Sul viso di Griabov si dipinse la sofferenza. Sospirando, movendosi inquieto e
borbottando maledizioni, egli comincia a tirar la lenza. Il tirare non valse a nulla.
Griabov impallid.
- Che seccatura! Bisogna scendere in acqua.
- E tu smetti!
- Non si pu... Verso sera si pesca bene... Guarda un po' che scocciatura, che il
Signore mi perdoni! Toccher scendere in acqua.
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"Miss" Tfais cambia freddamente il vermicciolo, sbadigli e gett l'amo. Otsv si volse
in l. Griabov sganci l'uncino, si tuff e, soffiando, usc dall'acqua. Di l a due minuti
era gi seduto sulla sabbia e tornava a pescare.
NOTE:
1) Per mademoiselle.
2) "Je vous prie" (vi prego).
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IN TERRA STRANIERA
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- No, non pu darsi, ma sicuro! Non c' da fare smorfie, dico la verit! L'intelligenza
russa un'intelligenza inventiva! Soltanto, certo, non la lasciano libera, ed essa non sa
vantarsi... Inventer qualche cosa e la romper, oppure l'abbandoner ai bimbetti, che
giochino, il vostro francese invece inventer qualche bazzecola e grider da farsi
sentire in tutto il mondo. L'altro giorno il cocchiere Iona fece col legno un omino: tiri
l'omino per un filo, e lui ti fa un atto indecente. Iona per non si vanta. In generale...
non mi piacciono i francesi! Non parlo di voi, ma in generale... Un popolo immorale! Di
aspetto esteriore si direbbe che somiglino a uomini, ma vivono come cani... Si prenda
magari, per esempio, il matrimonio. Da noi, se ti sei sposato, ti attacchi alla moglie e
non ci son discorsi, ma da voi il diavolo sa quel che . Il marito sta tutt'il giorno seduto
al caff, e la moglie riempie la casa di francesi e avanti a ballar con loro il cancan.
- Questo falso! - non regge Champougne, avvampando. - In Francia il principio
familiare sta molto in alto!
- Lo conosciamo quel principio! E per voi una vergogna difenderlo.
Bisogna essere spassionati: se ci sono i maiali, ci sono i maiali...
Un grazie ai tedeschi per avervi battuti... Aff di Dio, un grazie.
Che Dio li mantenga sani...
- In tal caso, "monsieur", non capisco, - dice il francese, balzando in piedi e con gli
occhi sfavillanti, - se odiate i francesi, perch mi tenete?
- E dove potrei ficcarvi?
- Mandatemi via, e andr in Francia!
- Che co-o-osa? Ma forse che ora vi lasceranno entrare in Francia? Voi infatti siete un
traditore della vostra patria! Da voi ora un grand'uomo Napoleone, ora Gambetta... il
diavolo stesso non vi raccapezzerebbe!
- "Monsieur",- dice in francese Champougne, mandando spruzzi e sgualcendo fra le
mani il tovagliolo.
- L'offesa che dianzi avete recato al mio sentimento non avrebbe potuto escogitarla
neppure un mio nemico! Tutto finito!!
E fatto con la mano un gesto tragico, il francese getta con affettazione il tovagliolo sulla
tavola e con dignit se ne esce.
Di l a un tre ore cambia l'imbandigione e la servit serve il pranzo.
Kamiscev si mette a tavola solo. Dopo il bicchierino che precede il pranzo si manifesta
in lui la sete del vaniloquio. Ha voglia di cicalare, ma un ascoltatore non c'...
- Che fa Alfns Liudvikovic'? - domanda al domestico.
- Sta facendo la valigia.
- Che stuppidone, mi perdoni il Signore!... - dice Kamiscev e va dal francese.
Champougne seduto in camera sua sul pavimento in mezzo alla stanza, e con mani
tremanti mette nella valigia biancheria, boccette vuote di profumi, libri di preghiera,
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bretelle, cravatte... Tutta la sua decorosa figura, la valigia, il letto e la tavola spirano
addirittura eleganza e femminilit. Dai suoi grandi occhi azzurrini gocciano nella valigia
grosse lacrime.
- Dove mai volete andare? - domanda Kamiscev, dopo aver sostato un poco.
Il francese tace.
- Partire volete? - continua Kamiscev. - Che c', come vi piace...
Non oso trattenervi... Soltanto, ecco quel che strano: come partirete senza
passaporto? Mi meraviglio! Voi lo sapete, io l'ho smarrito il vostro passaporto. L'avevo
ficcato in qualche posto fra le carte, e s' smarrito... E da noi riguardo ai passaporti si
severi.
Non avrete il tempo di far nemmeno cinque verste che vi acciufferanno.
Champougne alza il capo e guarda incredulo Kamiscev.
- S... Ecco, vedrete! S'accorgeranno dal viso che siete senza passaporto, e subito: chi
siete? Alfns Champougne! Li conosciamo questi Alfns Champougne! E non vi garba
andare a tappe in luoghi non tanto lontani (4)?
- Voi scherzate?
- A che proposito dovrei scherzare? Ne ho proprio bisogno! Soltanto, badate, facciamo
un patto: non vogliate poi piagnucolare e scriver lettere. Nemmeno un dito mover,
quando vi faran passare davanti a me coi ferri ai piedi!
Champougne balza su e, pallido, con gli occhi dilatati, comincia a camminare per la
stanza.
- Che fate di me?! - dice, afferrandosi nella disperazione il capo.
- Dio mio! Oh, sia maledetta l'ora che mi venne in testa il funesto pensiero di lasciar la
patria!
- Via, via, via... ho scherzato! - dice Kamiscev, abbassando il tono. - Che originale, non
capisce gli scherzi! Una parola non si pu dire!
- Mio caro! - strilla Champougne, tranquillato dal tono di Kamiscev.
- Vi giuro, io sono affezionato alla Russia, a voi e ai vostri figli... Lasciar voi per me
tanto penoso come morire! Ma ogni vostra parola mi ferisce il cuore!
- Ah bel tipo! Se io parlo male dei francesi, per qual motivo dovete offendervi? Quanti
sono quelli di cui parliamo male? cos, tutti dovrebbero offendersi? Bel tipo, davvero!
Prendete esempio, ecco, da Lasr Issakic', il fittavolo... Io gli d di questo e di quello, e
del giudeo, e del rognoso, e gli faccio l'orecchio di porco con la falda, e lo prendo per i
ricci delle tempie (5)... non s'offende mica!
- Ma quello, gi, uno schiavo! Per una copeca pronto a ogni bassezza!
- Via, via, via... basta! Andiamo a pranzare! Pace e buon accordo!
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Champougne incipria il suo viso rosso di pianto e va con Kamiscev in sala da pranzo.
La prima portata la si consuma in silenzio, dopo la seconda comincia la medesima
storia, e in tal modo le sofferenze di Champougne non han fine.
NOTE:
1) Governante.
2) "C'est trs joli" ( molto carino).
3) Capo di polizia distrettuale.
4) Espressione del linguaggio amministrativo, che si usava per indicare l'invio al
confino in luoghi della Russia Europea, di qua dagli Urali, in contrapposto alla
deportazione nelle lontane regioni siberiane.
5) I cosiddetti "pissi o pissiki": i due lunghi riccioli che molti ebrei russi portano tra
l'orecchio e la guancia, uno per parte.
92
LA CUOCA SI SPOSA
Griscia, un piccolo tombolino di sette anni, stava vicino all'uscio della cucina, origliando
e gettando occhiate dal buco della serratura.
In cucina avveniva qualcosa, a parer suo, d'inconsueto, di mai veduto fin allora.
Davanti alla tavola di cucina, su cui di solito si affetta la carne e si trita la cipolla, era
seduto un grosso, robusto campagnuolo in caffettano da vetturino, rosso di capelli,
barbuto, con una grossa goccia di sudore sul naso. Egli teneva sulle cinque dita della
mano destra un piattino e beveva il t, e nel far ci mordeva cos rumorosamente lo
zucchero (1) che a Griscia correva per la schiena un brivido. Di fronte a lui, su un
sudicio sgabello, stava a sedere la vecchia bambinaia Aksinia Stepnovna e beveva
pure il t. La faccia della bambinaia era seria e, nello stesso tempo, raggiante d'una
certa qual solennit. La cuoca Pelagheia s'affaccendava attorno alla stufa e
visibilmente cercava di nascondere il pi lontano possibile la sua faccia. Ma sulla sua
faccia Griscia vedeva un'intera luminaria: essa ardeva e passava per tutti i colori,
cominciando dal rosso porpora e terminando con un color pallido di morte. Senza posa
ella afferrava con le mani tremanti coltelli, forchette, pezzi di legna, stracci, si moveva,
borbottava, picchiava, ma, in sostanza, non faceva nulla. Alla tavola, dove si stava
bevendo il t, non gett nemmeno uno sguardo, e alle domande rivoltele dalla
bambinaia rispondeva a scatti, rudemente, senza voltar la faccia.
- Bevete, Danilo Semionic'!- diceva la bambinaia, offrendo al vetturino. - Ma perch
sempre t e t? Dovreste prendere un po' di vodka!
E la bambinaia avvicin all'ospite un quartuccio e un bicchierino, e intanto il suo viso
assunse un'espressione maliziosissima.
- Non ne faccio uso... no, - si schermiva il vetturino. -Non forzatemi, Aksinia
Stepnovna.
- Come siete... Vetturino, e non bevete... Per l'uomo scapolo impossibile non bere.
Prendete!
Il vetturino sbirci la vodka, poi il viso malizioso della bambinaia, e il suo viso stesso
assumeva un'espressione non meno maliziosa: no, pareva dire, non mi pigli, vecchia
strega!
- Non bevo, dispensatemi... Nel nostro mestiere non sta bene questa debolezza. Un
artigiano pu bere, perch rimane sempre allo stesso posto, ma noi altri siamo sempre
in vista, in pubblico. Non cos?
Vai alla bettola, e intanto il cavallo se ne va; se t'ubriachi, anche peggio: da un
momento all'altro t'addormenti, o caschi gi da cassetta. La faccenda cos.
- E voi quanto guadagnate al giorno, Danilo Semionic'?
- Secondo i giorni. Un giorno fai vetture per una carta verde (2), e un'altra volta vai in
rimessa addirittura senza un "grosc" (3).
Capitan giornate diverse. Oggid il nostro mestiere non val proprio nulla. Di vetturini, voi
stessa lo sapete, ce n' un buscherio, il fieno caro, e il passeggero di poco conto,
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tira sempre ad andare in tram (4). Tuttavia, ringraziando Dio, non c' da lagnarsi.
Siamo sfamati e vestiti, e... possiamo perfino far felice qualcun altro...
- (il vetturino sbirci Pelagheia) - se ci gli va a genio.
Quel che fu detto poi, Griscia non intese. S'avvicin all'uscio la mamma e lo mand
nella stanza dei bambini a studiare.
- Va' a studiare. Non affar tuo ascoltar qui!
Giunto nella stanza dei bambini, Griscia si mise davanti la "Parola natia", ma non
poteva leggere. Tutto ci che dianzi aveva visto e udito aveva destato nella sua testa
una massa di problemi.
La cuoca si sposa... , pensava. Strano. Non capisco perch mai si sposi. La
mamma ha sposato il babbo, la cugina Vroc'ka Pavel Andreic'. Ma il babbo e Pavel
Andreic', sia pure, li si pu sposare:
hanno catenelle d'oro, bei vestiti, hanno sempre gli stivali lucidati; ma sposare questo
terribile vetturino dal naso rosso, in scarpe di feltro... poh! E perch la bambinaia vuole
che la povera Pelagheia si sposi?.
Quando dalla cucina se ne fu andato l'ospite, Pelagheia comparve nelle stanze e
attese a rassettare. L'agitazione non l'aveva ancor lasciata.
Il suo viso era rosso e come spaventato. Ella toccava appena i pavimenti con la scopa
di betulla e scopava cinque volte ogni angolo.
Per lungo tempo non usc dalla stanza in cui era seduta la mamma.
Evidentemente le pesava la solitudine e voleva confidarsi, dividere con qualcuno le sue
impressioni, dare sfogo all'anima.
- Se n' andato! - borbott, vedendo che la mamma non cominciava il discorso.
- Ma lui, si vede, un brav'uomo, - disse la mamma, senza staccar gli occhi dal ricamo.
- Cos sobrio, posato.
- In fede mia, signora, non lo sposer!-grid a un tratto Pelagheia, facendosi di fuoco. In fede mia, non lo sposer!
- Tu non dir sciocchezze, non sei una bambina. E' un passo serio, bisogna rifletterci
bene, ma cos, a vanvera, non c' da gridare. Ti piace?
- Che cosa andate a immaginare, signora! - si vergogn Pelagheia. - Diranno tali cose
che... in fede mia...
Avresti dovuto dire: non mi piace!, pens Griscia.
- Come sei schizzinosa per... Ti piace?
- Ma lui, signora, vecchio! Hi-i!
- Inventa anche! - s'incoller contro Pelagheia dall'altra stanza la bambinaia. Quarant'anni non li ha ancora compiuti. E che te ne fai d'un giovane? La faccia,
sciocca, non ti d da bere (5). Sposalo, ecco tutto!
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Fatto capolino in cucina la mattina d'una domenica, Griscia tramort dalla meraviglia.
La cucina era piena zeppa di gente. C'erano le cuoche di tutto il cortile, il portiere, due
guardie di citt, un sottufficiale coi galloni, il ragazzo Filka... Questo Filka di solito si
struscia alla lavanderia e giuoca coi cani, adesso invece era pettinato, lavato e reggeva
l'icona guarnita di rame battuto. In mezzo alla cucina stava Pelagheia in un abito nuovo
di percalle e con un fiore in testa. Al suo fianco era il vetturino. Entrambi i novelli sposi
erano rossi, sudati e battevano intensamente gli occhi.
- Be'... pare, tempo... - cominci il sottufficiale dopo un lungo silenzio.
Pelagheia batt gli occhi movendo tutto il viso e si mise a piangere... Il sottufficiale
prese sulla tavola un grosso pane, si pose al fianco della bambinaia e cominci a
benedire. Il vetturino s'avvicin al sottufficiale, gli fece un grande inchino e gli schiocc
un bacio sulla mano. La stessa cosa egli fece anche davanti ad Aksinia. Pelagheia lo
seguiva macchinalmente e faceva pure inchini.
Infine si apr la porta esterna, nella cucina soffi una nebbia bianca, e tutto il pubblico
si mosse con rumore dalla cucina verso il cortile.
Poveretta, poveretta!, pensava Griscia, tendendo l'orecchio ai singhiozzi della
cuoca. Dove l'han condotta? Perch pap e mamma non intervengono?.
Dopo lo sposalizio, fin proprio a sera, nella lavanderia si cant e si son la fisarmonica.
La mamma in tutto quel tempo fu arrabbiata perch la bambinaia mandava odor di
vodka e, a causa di quelle nozze, non c'era nessuno per preparare il samovr. Quando
Griscia and a dormire, Pelagheia non era ancora tornata.
Poveretta, adesso piange in qualche posto al buio!, egli pensava. E il vetturino le
fa: Ssst! Ssst!.
La mattina del giorno dopo la cuoca era gi in cucina. Entr per un momento il
vetturino. Ringrazi la mamma e, data un'occhiata severa a Pelagheia, disse:
- E voi, signora, tenetela d'occhio. Fatele da padre e madre. E voi pure, Aksinia
Stepanna, non lasciatela, guardate che tutto sia come si deve... senza scappate...
Favoritemi anche, signora, un cinque rublini in conto del suo salario. Bisogna comprare
un nuovo collare da cavallo.
Un altro problema per Griscia: Pelagheia viveva in libert, come voleva, senza render
conto ad alcuno, e d'un tratto, di punto in bianco, era comparso non so quale estraneo,
che da chi sa dove aveva ricevuto un diritto sulla sua condotta e sulla sua roba! Griscia
prov amarezza. Gli venne una voglia appassionata, fino alle lacrime, d'essere
affettuoso con quella, com'egli pensava, vittima dell'umana violenza. Scelta nella
dispensa la mela pi grossa, entr furtivo in cucina, la ficc in mano a Pelagheia e a
precipizio torn indietro.
NOTE:
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Con una troica privata, per strade vicinali, osservando il pi rigoroso incognito, Piotr
Pvlovic' Possudin s'affrettava verso la cittaduzza distrettuale di N., dove lo chiamava
una lettera anonima da lui ricevuta.
Sorprenderli... Come tegola sul capo... , pensava egli, nascondendo il suo viso nel
bavero. Han fatto un mucchio d'infamie, gli sporcaccioni, e trionfano, scommetto, si
immaginano d'aver fatto sparire ogni traccia... Ah-ah!... Immagino il loro sgomento e la
loro meraviglia quando, sul pi bello del trionfo, si udr: "Si faccia venir qui TiapkinLiapkin!". S che succeder uno scompiglio! Ah- ah!... Dopo aver fantasticato a
saziet, Possudin entr in discorso col suo guidatore. Da uomo bramoso di popolarit,
innanzi tutto gli domand di s:
- E Possudin lo conosci?
- Come non conoscerlo! - fece un sorrisetto il guidatore. -Lo conosciamo!
- Ma perch ridi?
- Che bizzarria! Conosco fin l'ultimo scrivano, e non dovrei conoscere Possudin!
Appunto stato messo qui perch tutti lo conoscano, cos...
Ebbene? Com', secondo te? Bravo?
- Non c' male... - sbadigli il guidatore. - Un bravo signore, sa il fatto suo... Non sono
ancora due anni che lo mandarono qua, e gi ha fatto un mucchio di cose.
- E che ha fatto di tanto speciale?
- Molto di bene ha fatto, che Dio lo conservi in salute. La ferrovia ci ha procurato, nel
nostro distretto ha mandato via Chochriukv...
Non c'eran limiti per questo Chochriukv... Era un briccone, uno scroccone, tutti quelli
di prima gli tenevan mano, ma arriv Possudin, e Chochriukv se n'and al diavolo,
come se mai ci fosse stato...
Ecco, fratello! Possudin, fratello, non lo comprerai, no-o! Dagliene magari cento,
magari mille, ma lui non si prender un peccato sulla coscienza... No-o!
Sia lode a Dio, almeno da questo lato m'hanno capito, pens Possudin, esultando.
Ci bene.
- Un signore istruito... - continu il guidatore, - non superbo...
I nostri andarono da lui a lagnarsi li tratt come i signori: la mano a tutti: Voi,
sedete... Cos impetuoso; pronto... Una parola sensata non te la dir ma sempre: uff!
uff! Che ti vada al passo, o altrimenti, Dio mio, non c' verso, ma tira a far tutto di
corsa, tutto di corsa! I nostri non fecero in tempo a dirgli una parola, che lui: I cavalli!,
e difilato qua... Arriv e regol tutto... nemmeno una copeca prese. Quanto meglio del
precedente! Certo, anche il precedente era bravo. Di cos bella apparenza, grave,
nessuno gridava pi sonoramente di lui in tutta la provincia... Quando veniva, lo si
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stesso sistema tornava indietro... Quello di adesso invece, come sente dire qualcosa,
cerca di partire di soppiatto, in fretta, perch nessuno veda n sappia...
E' uno spa-as-so! Esce inosservato di casa, in maniera che gl'impiegati non lo vedano,
e via in treno... Arriva alla stazione che gli occorre, e non gi dei cavalli di posta, o
qualcosa di meglio, ma un contadino cerca di noleggiare. S'avviluppa tutto, come una
donna, e per tutta la strada borbotta rauco, come un vecchio cane, perch non
riconoscano la sua voce. C' semplicemente da strapparsi le budella dal ridere,
quando la gente racconta. Viaggia il babbeo e crede che sia impossibile riconoscerlo.
E riconoscerlo, per uno che se n'intende, poh!, come sputare una volta!...
- Ma come fanno a riconoscerlo?
- E' semplice assai. Prima, quando viaggiava alla chetichella il nostro Chochriukv, noi
lo riconoscevamo dalle sue mani pesanti. Se il passeggero ti picchia sui denti, vuol dire
che quello Chochriukv.
Ma Possudin lo si pu scoprir subito... Un semplice passeggero si comporta anche
semplicemente, ma Possudin non fatto per osservare la semplicit. Arriva, mettiamo,
a una stazione di posta, e comincia!..
Per lui c' puzzo, e si soffoca, ed freddo... A lui servi pure pollastrini, e frutta, e
conserve d'ogni sorta... Cos alle stazioni lo sanno: se qualcuno d'inverno chiede
pollastrini e frutta, quello Possudin. Se qualcuno dice al mastro di posta:
Carissimo, e fa correr la gente per varie bazzecole, si pu giurare ch' Possudin. E
non manda l'odore dell'altra gente, e si corica alla sua maniera... Si stende alla
stazione su un divano, intorno a s spruzza profumi e ordina di porre accanto al
guanciale tre candele. Sta coricato e legge delle carte... Qui poi non solo il mastro di
posta, ma anche un gatto raccapezzer che uomo quello.
E' vero, vero... -, pens Possudin. E come mai prima non lo sapevo?.
- Ma quello a cui occorre lo riconoscer anche senza frutta e senza pollastrini. Per
telegrafo tutto noto... Comunque t'imbacucchi il grugno, comunque ti nasconda, qui
tutti gi sanno che vieni.
Aspettano... Possudin non ancora uscito di casa sua, e qui ormai:
favorisci, tutto pronto! Lui arriva per coglierli sul fatto, mandarli sotto processo, o
sostituire qualcuno, e son loro a farsi beffe di lui. Anche se tu, eccellenza dicono, sei
arrivato alla chetichella, guarda pure: da noi tutto pulito!... Lui si rigira, si rigira, poi se
ne va come venuto... E li loda anche, stringe le mani a tutti, chiede scusa per il
disturbo... Ecco com'! E tu che cosa credevi? Oh-oh, signoria! La gente qui furba,
uno pi furbo dell'altro!... Fa piacere veder che razza di diavoli! S, ecco, prendiamo
anche solo il caso odierno... Me ne vado stamane senza carico, e dalla stazione mi
vola incontro un giudeo, il credenziere.
Dove va, domando, vossignoria giudaica?. E lui dice: Porto vino e antipasti nella
citt di N. L oggi aspettano Possudin. Furbi, eh?
Possudin forse si prepara ancor soltanto a partire, o s'avviluppa la faccia perch non lo
riconoscano. Forse gi in viaggio e pensa che nessuno sa ch'egli viene, e gi per lui,
dimmi di grazia, son pronti e vino, e salmone, e formaggio, e antipasti svariati... Eh?
Lui viaggia e pensa: Va male per voi, ragazzi!, e i ragazzi se n'infischiano.
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NOTE:
1) Traduzione libera del titolo russo: La lesina nel sacco, sottinteso: non la
nasconderai. E' questo un proverbio che corrisponde al nostro, con cui l'abbiamo
pertanto sostituito nel titolo.
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UN DRAMMA
- Pavel Vassilic', c' l una certa signora ch' venuta e chiede di voi, - rifer Luk. Aspetta gi da un'ora buona...
Pavel Vasslievic' aveva appena fatto colazione. Avendo sentito della signora, fece una
smorfia e disse:
- Ma vada al diavolo! Dille che sono occupato.
- Lei, Pavel Vassilic', gi venuta cinque volte. Dice che ha un gran bisogno di
vedervi... Per poco non piange.
- Uhm... Be', va bene, falla passare nello studio.
Pavel Vasslievic' indoss senza fretta la giubba, prese in una mano la penna, nell'altra
un libro e, facendo mostra d'essere occupatissimo, and nello studio. L gi l'aspettava
la visitatrice:
una grossa pingue signora dal viso rosso carnoso e con gli occhiali, all'aspetto assai
rispettabile e vestita pi che decentemente (aveva uno sgonfio con quattro cannoncini
e un alto cappello con uccellino rossiccio). Veduto il padron di casa, ella stravolse gli
occhi verso la fronte e giunse le mani in atto di preghiera.
- Voi, certo, non vi ricordate di me, - cominci con un'alta voce tenorile da maschio,
agitandosi visibilmente. - Io... io ebbi il piacere di conoscervi in casa dei Chrutski... Io
sono la Muraskin...
- A-a-ah... uhm... Sedete! In che posso esser utile?
- Vedete, io... io... - continu la signora, mettendosi a sedere e agitandosi anche pi. Voi non vi ricordate di me... Io sono la Muraskin... Vedete, io sono una grande
ammiratrice del vostro ingegno e leggo sempre con delizia i vostri articoli... Non
pensate che vi lusinghi - Dio me ne guardi - io rendo solo il dovuto... Vi leggo sempre,
sempre! Io stessa fino a un certo punto non sono estranea al mestiere d'autore; cio,
certo... non oso chiamarmi scrittrice ma...
tuttavia c' nell'arnia anche la mia goccia di miele. Ho pubblicato in vari momenti tre
racconti per bambini - voi non li avete letti, certo- ho tradotto molto e... e il mio defunto
fratello lavorava all'"Azione".
- Ah, s... e-e-e... In che posso esser utile?
- Vedete... - (La Muraskin abbass gli occhi e si fece rossa).Io conosco il vostro
ingegno... le vostre vedute Pavel Vasslievic', e vorrei sapere la vostra opinione o pi
esattamente... pregarvi d'un consiglio. Io, bisogna che vi dica, "pardon pour
l'expression" (1), mi sono sgravata d'un dramma e, prima di mandarlo alla censura,
vorrei conoscere la vostra opinione.
La Muraskin nervosamente, con l'espressione d'un uccello acchiappato, si frug nel
vestito e ne tir fuori un grosso, unto scartafaccio.
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A Pavel Vasslievic' non piacevano che i suoi articoli, gli altrui invece, quand'era in
procinto di leggerli o di ascoltarli, gli davan sempre l'impressione d'una bocca di
cannone puntata direttamente contro la sua faccia. Veduto il quaderno, si spavent e
s'affrett a dire:
- Bene lasciatelo... legger.
- Pavel Vasslievic'! - disse languidamente la Muraskin, alzandosi e giungendo in atto
di preghiera le mani.- Lo so, voi siete occupato... per voi ogni minuto prezioso, e so
che voi in questo momento nell'anima vostra mi mandate al diavolo, ma... siate buono,
permettetemi di leggervi subito il mio dramma... Siate gentile!
- Lietissimo... - si turb Pavel Vasslievic', -ma, signora, io... io sono occupato... Mi... mi
necessario andar via subito.
- Pavel Vasslievic'!-gemette la signora, e gli occhi le si riempirono di lacrime. - Io
chiedo un sacrificio! Sono sfacciata, sono importuna, ma siate generoso! Domani parto
per Kasn, e vorrei conoscer oggi il vostro parere. Donatemi mezz'ora della vostra
attenzione... solo mezz'ora! Vi supplico!
Pavel Vasslievic' era nell'anima un cencio e non sapeva dir di no.
Quando prese a sembrargli che la signora stesse per singhiozzare e mettersi in
ginocchio, egli si confuse e mormor smarrito:
- Bene, sia pure... ascolter... Per mezz'ora son pronto.
La Muraskin mand un grido di gioia, si tolse il cappello e, accomodatasi, cominci a
leggere. Dapprima lesse di come un domestico e una cameriera, rassettando un
lussuoso salotto, parlavano lungamente della signorina Anna Serghievna, che aveva
costruito al villaggio una scuola e un ospedale. La cameriera, quando il domestico fu
uscito, pronunci un monologo sul fatto che l'istruzione luce e l'ignoranza tenebra;
poi la Muraskin fece tornare il domestico in salotto e l'obblig a recitare un lungo
monologo sul padrone, un generale, che non tollerava le convinzioni della figlia, si
proponeva di darla in moglie a un ricco gentiluomo di camera ed era d'avviso che la
salvezza del popolo stesse in una crassa ignoranza. Dopo che la servit fu uscita,
comparve la signorina in persona e dichiar allo spettatore di non aver dormito tutta la
notte e d'aver pensato a Valentn Ivnovic', figlio d'un povero insegnante, che aiutava
gratuitamente il proprio padre malato. Valentn aveva studiato tutte le scienze, ma non
credeva n all'amicizia n all'amore, non conosceva scopo nella vita e anelava la
morte, e perci bisognava che lei, la signorina, lo salvasse.
Pavel Vasslievic' ascoltava e con angoscia rammentava il suo divano.
Esaminava con astio la Muraskin sentiva come sui suoi timpani batteva la voce tenorile
da maschio di lei, non capiva nulla e pensava:
Il diavolo t'ha portata qua... Ho proprio un gran bisogno d'ascoltare le tue
insulsaggini!... Be', che colpa ci ho io, se tu hai scritto un dramma? O Signore, che
quaderno spesso! Ecco un bel castigo!.
Pavel Vasslievic' gett uno sguardo al muro di tramezzo, dove pendeva il ritratto di
sua moglie, e si ricord che la moglie gli aveva raccomandato di portarle in villa un
"arscin" (2) di fettuccia, una libbra di formaggio e della polvere da denti.
103
Purch non perda il campioncino della fettuccia pensava, Dove l'ho ficcato? Mi
pare, nella giacchetta turchina... Ma quelle vigliacche di mosche son pur riuscite a
cospargere di segni d'interpunzione il ritratto di mia moglie. Bisogner ordinare a Olga
di lavare il vetro.
Legge la scena dodicesima, dunque presto la fine del primo atto.
Possibile che con un tal caldo, e per giunta con una corpulenza come ha questa massa
di carne, si possa avere ispirazione? Anzich scriver drammi, farebbe meglio a
mangiare okroska (3) fredda e a dormire in cantina... - Non credete che questo
monologo sia un po' lungo? - domand a un tratto la Muraskin, alzando gli occhi.
Pavel Vasslievic' non aveva sentito il monologo. Egli si confuse e disse con un tono da
colpevole, come se non la signora, ma lui stesso avesse scritto quel monologo:
- No, no, per nulla... Molto carino...
La Muraskin si fece raggiante di felicit e seguit a leggere:
- "Anna": Siete corroso dall'analisi. Troppo presto avete smesso di vivere col cuore e vi
siete affidato all'intelligenza. "Valentn": Che cos' il cuore? E' un concetto anatomico.
Come termine convenzionale designante ci che chiamiamo sentimenti, io non lo
riconosco. "Anna" (turbata): E l'amore? Possibile che anch'esso sia il prodotto di
un'associazione d'idee? Dite francamente: avete amato qualche volta?
"Valentn" (con amarezza): Non tocchiamo le vecchie ferite, non ancora rimarginate
(pausa). A che cosa pensate? "Anna": Mi pare che voi siate infelice.
Durante la scena sedicesima Pavel Vasslievic' fece uno sbadiglio e inavvertitamente
emise coi denti il suono che emettono i cani, quando acchiappano le mosche. Si
spavent di questo suono sconveniente e, per mascherarlo, diede al suo viso
l'espressione di una compunta attenzione.
Scena diciassettesima... Ma quando la fine?, pensava.
Oh, Dio mio! Se questo tormento continuer ancora dieci minuti, grider al soccorso...
E' una cosa insopportabile! Ma ecco, finalmente la signora si mise a leggere pi in
fretta e pi forte, alz la voce e lesse: - "Tela".
Pavel Vasslievic' sospir lievemente e s'accinse a sollevarsi, ma subito la Muraskin
volt la pagina e continu la lettura...
- Atto secondo. La scena rappresenta una via di paese. A destra la scuola, a sinistra
l'ospedale. Sui gradini di quest'ultimo son seduti campagnuoli e campagnuole.
- Scusate...- interruppe Pavel Vasslievic'. - Quanti atti in tutto?
- Cinque, - rispose la Muraskin, e subito, come temendo che l'uditore andasse via,
continu rapidamente. - Da una finestra della scuola guarda Valentn. Si vede che in
fondo alla scena i campagnuoli portano le loro robe alla bettola.
Come condannato a morte e sicuro dell'impossibilit d'una grazia, Pavel Vasslievic
non aspettava pi la fine non sperava pi in nulla, e si sforzava solo che i suoi occhi
non si chiudessero e che l'espressione attenta non lasciasse il suo viso. Il futuro in cui
la signora avrebbe terminato il dramma e se ne sarebbe andata gli pareva cos remoto
ch'egli nemmeno ci pensava.
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- Tru-tu-tu-tu. - gli sonava agli orecchi la voce della Muraskin. - Tru-tu-tu... Zzzz... Ho
dimenticato di prendere il bicarbonato, pensava. A che cosa dunque io... S, al
bicarbonato... Con tutta probabilit, ho il catarro di stomaco... E' stupefacente
Smirnovski tracanna vodka tutto il giorno, e finora non ha il catarro... Sulla finestra s'
posato un uccellino... Un passero.
Pavel Vassilievic' fece uno sforzo per dissigillare le palpebre tese che s'appiccicavano,
sbadigli, senz'aprir la bocca, e guard la Muraskin. Quella prese ad annebbiarsi, a
oscillare davanti ai suoi occhi, divenne tricipite e s'appoggi con una testa al soffitto.
- "Valentn": No, permettetemi di partire. "Anna" (spaventata):
Perch? "Valentn (a parte): E' impallidita! (A lei) Non obbligatemi a spiegarvene le
ragioni. Piuttosto morir, ma voi non saprete queste ragioni. "Anna" (dopo una pausa):
Voi non potete partire...
La Muraskin cominci a gonfiare, gonfi diventando una massa sola e si fuse con l'aria
grigia dello studio; si vedeva soltanto la sua bocca in movimento, poi d'un tratto ella si
fece piccina come una bottiglia, si mise a ondeggiare e insieme con la tavola se ne
and in fondo alla stanza...
- "Valentn" (tenendo Anna fra le braccia): Tu mi hai risuscitato, mi hai mostrato lo
scopo della vita! Mi hai rinnovellato, come la pioggia primaverile rinnovella la terra
ridestata! Ma... troppo tardi, troppo tardi! Il mio petto roso da un male inguaribile...
Pavel Vassilievic' sussult e fiss gli occhi appannati, torbidi sulla Muraskin; per un
minuto la guard immobile, come se non capisse nulla...
- Scena undicesima. Detti, il barone e il commissario coi testimoni...
"Valentn": Prendetemi! "Anna": Io sono sua! Prendete anche me! S prendete anche
me! Io l'amo, l'amo pi della mia vita! "Il barone":
Anna Serghievna, voi dimenticate che con ci rovinate vostro padre...
La Muraskin riprese a gonfiare... Guardandosi attorno bizzarramente, Pavel Vassilievic'
si sollev, gett un grido con voce profonda, innaturale, afferr sulla tavola un pesante
fermacarte e, inconscio di s, colp con esso a tutta forza la testa della Muraskin...
- Legatemi, l'ho uccisa! - disse di l a un minuto ai servi accorsi.
I giurati l'assolsero.
NOTE:
1) Scusatemi l'espressione.
2) Unit russa di misura lineare: metri 0,711.
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3) Piatto, molto vario e ghiotto, di carne o pesce tritato, con cetriuoli, cipolle, uova
sminuzzate, con panna e altri ingredienti: una specie d'insalata russa.
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UN'OPERA D'ARTE
Tenendo sotto il braccio qualcosa avvolto nel n. 223 della "Gazzetta della Borsa",
Sascia Smirnv, figlio unico di mamma sua, fece un viso agro ed entr nel gabinetto
del dottor Koscelkv.
- Ah, caro ragazzo!- l'accolse il dottore. - Be', come ci sentiamo? Che mi direte di
bello?
Sascia batt gli occhi, si pose una mano sul cuore e disse con voce agitata:
- La mammina vi saluta, Ivn Nikolaievic', e ha detto di ringraziarvi... Io sono l'unico
figlio della mamma e voi m'avete salvato la vita... m'avete guarito da una grave
malattia, e... noi tutt'e due non sappiamo come ringraziarvi.
- Basta, ragazzo! - interruppe il dottore, fondendo dal piacere. - Io ho fatto soltanto ci
che ogni altro avrebbe fatto al mio posto.
- Io son l'unico figlio di mamma mia... Noi siam gente povera e, certo, non possiamo
ripagare le vostre fatiche, e... ne siamo assai mortificati, dottore, bench, del resto, la
mammina ed io... unico figlio suo, vi preghiamo vivamente d'accettare in segno della
nostra gratitudine... ecco, questa cosa che... E' una cosa di gran valore, di bronzo
antico... una rara opera d'arte.
- Mal fatto! - il dottore fece una smorfia. - Be' perch questo?
- No, per favore, non rifiutate, - continu a mormorare Sascia, svolgendo l'involto. Offendereste col vostro rifiuto me e la mammina... E' una cosa bellissima... di bronzo
antico... Essa ci pervenne dal babbo buon'anima e noi la custodivamo come un caro
ricordo... Il mio babbo acquistava bronzi antichi e li vendeva agli amatori... Adesso la
mammina ed io ci occupiamo della stessa cosa...
Sascia cav fuori l'oggetto e lo pos solennemente sulla tavola. Era un candelabro
poco alto, di vecchio bronzo, d'artistica fattura.
Raffigurava un gruppo: sul piedestallo stavano due figure femminili nel vestito di Eva e
in pose per descriver le quali non mi basta n l'ardire, n il temperamento adeguato. Le
figure sorridevano civettuole e, in generale, il loro aspetto era tale che, se non
avessero avuto l'obbligo di reggere il candeliere, pareva che avrebbero fatto un balzo
gi dal piedestallo e combinato nella stanza un baccanale a cui, lettore, sarebbe
indecente anche pensare.
Dato uno sguardo al regalo, il dottore si gratt lentamente dietro l'orecchio, fece un
raschio e, incerto, si soffi il naso.
- S, una cosa veramente bellissima, - borbott, - ma come esprimermi? non ...
troppo poco letteraria... Questa, gi, non scollacciatura, ma il diavolo sa che cosa...
- Cio, perch poi?
- Lo stesso serpente tentatore non avrebbe potuto immaginare nulla di peggio...
Vedete, mettere sulla tavola una simile fantasmagoria vuol dire profanare tutta la casa!
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- In che strano modo, dottore, considerate l'arte! - s'offese Sascia. - Ma questa una
cosa artistica, guardatela! C' l tanta bellezza ed eleganza, che un senso di reverenza
riempie l'anima e le lacrime vengono in gola! Quando vedi una tal bellezza, dimentichi
ogni cosa terrena... Guardate quanto movimento, che massa d'aria, d'espressione!
- Tutto ci lo capisco benissimo, mio caro, - interruppe il dottore, ma io, vedete, sono
un uomo di famiglia, qui da me corrono i bimbetti, vengono delle signore.
- Certo, se si guarda dal punto di vista della folla, - disse Sascia, - allora, certo, questa
cosa altamente artistica si presenta in un'altra luce... Ma, dottore, siate al disopra della
folla, tanto pi che col vostro rifiuto amareggereste profondamente me e la mammina.
Io son l'unico figlio di mamma mia... voi m'avete salvato la vita... Noi vi diamo la cosa
per noi pi preziosa, e... e io rimpiango soltanto che voi non abbiate il riscontro per
questo candelabro...
- Grazie, colombello, io vi sono molto grato... Salutate la mammina, ma, in fede mia,
giudicate voi stesso, qui da me corrono i bimbetti, vengono delle signore... Be', del
resto, rimanga pur qui! Tanto a voi non si fa capir la ragione.
- E non c' niente da far capire, - si rallegr Sascia. - Questo candelabro mettetelo qui,
ecco, vicino a questo vaso. Che peccato che non ci sia il paio! E' un tal peccato! Be',
addio, dottore.
Uscito Sascia, il dottore guard a lungo il candelabro si gratt dietro l'orecchio e riflett.
Una cosa superba, non si discute, pensava, e buttarla via rincresce... Ma lasciarla
in casa mia impossibile... Uhm!... Ecco un problema! A chi regalarla od offrirla?.
Dopo lunga riflessione, si ricord d'un suo buon conoscente, l'avvocato Uchov, verso il
quale era in debito per la trattazione d'una causa.
- Benissimo, - concluse il dottore. - Per lui, come conoscente, imbarazzante prender
da me del denaro e sar una cosa molto corretta, se gli far dono dell'oggetto. Porter
dunque a lui questa diavoleria!
A proposito, lui scapolo e spensierato...
Senza rimandare alle calende greche, il dottore si vest, prese il candelabro e si rec
da Uchov.
- Salve, amico! - diss'egli, avendo trovato l'avvocato in casa. - Eccomi da te... Son
venuto a ringraziarti, caro, per le tue fatiche...
Denaro non ne vuoi prendere allora accetta almeno questa cosetta...
ecco qui, mio caro... La cosetta una magnificenza!
Veduta la cosetta, l'avvocato fu colto da un entusiasmo indescrivibile.
- Questa s una trovata! - si mise a rider forte. - Ah, che il diavolo lo scortichi (1), solo
i diavoli possono avere una trovata simile! Stupendo! Delizioso! Dove ti sei procurato
un tal gioiello?
Dato sfogo al suo entusiasmo, l'avvocato volse un'occhiata timorosa all'uscio e disse:
- Tu per, caro, portati via il tuo regalo. Io non lo accetto.
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NOTE:
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LA DECORAZIONE
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NOTE:
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LA MORTE DELL'IMPIEGATO
Una magnifica sera un non meno magnifico usciere, Ivn Dmitric' Cerviakv, era
seduto nella seconda fila di poltrone e seguiva col binoccolo "Le campane di
Corneville. Guardava e si sentiva al colmo della beatitudine. Ma a un tratto... Nei
racconti spesso s'incontra questo "a un tratto". Gli autori han ragione: la vita cos
piena d'imprevisti! Ma a un tratto il suo viso fece una smorfia, gli occhi si stralunarono,
il respiro gli si ferm... egli scost dagli occhi il binoccolo, si china e... ecc!!! Aveva
starnutito, come vedete.
Starnutire non vietato ad alcuno e in nessun posto. Starnutiscono i contadini, e i capi
di polizia, e a volte perfino i consiglieri segreti. Tutti starnutiscono. Cerviakv non si
confuse per nulla, s'asciug col fazzolettino e, da persona garbata, guard intorno a
s:
non aveva disturbato qualcuno col suo starnuto? Ma qui, s, gli tocc confondersi. Vide
che un vecchietto, seduto davanti a lui, nella prima fila di poltrone, stava asciugandosi
accuratamente la calvizie e il collo col guanto e borbottava qualcosa. Nel vecchietto
Cerviakv riconobbe il generale civile (1) Brizzalov, in servizio al dicastero delle
comunicazioni.
L'ho spruzzato!, pens Cerviakv. Non il mio superiore, un estraneo, ma
tuttavia seccante. Bisogna scusarsi.
Cerviakv toss, si sporse col busto in avanti e bisbigli all'orecchio del generale:
- Scusate, eccellenza, vi ho spruzzato... io involontariamente... - Non nulla, non
nulla...
- Per amor di Dio, scusatemi. Io, vedete... non lo volevo!
- Ah, sedete, vi prego! Lasciatemi ascoltare!
Cerviakv rimase impacciato, sorrise scioccamente e riprese a guardar la scena.
Guardava, ma ormai beatitudine non ne sentiva pi. Cominci a tormentarlo
l'inquietudine. Nell'intervallo egli s'avvicin a Brizzalov, passeggi un poco accanto a
lui e, vinta la timidezza, mormor:
- Vi ho spruzzato, eccellenza... Perdonate... Io, vedete... non che volessi...
- Ah, smettetela... Io ho gi dimenticato, e voi ci tornate sempre su!
- disse il generale e mosse con impazienza il labbro inferiore.
Ha dimenticato, e intanto ha la malignit negli occhi, pens Cerviakv, gettando
occhiate sospettose al generale. Non vuol nemmeno parlare. Bisognerebbe spiegargli
che non desideravo affatto... che questa una legge di natura, se no penser ch'io
volessi sputare. Se non lo penser adesso, lo penser poi!....
Giunto a casa, Cerviakv rifer alla moglie il suo atto incivile. La moglie, come a lui
parve, prese l'accaduto con troppa leggerezza; ella si spavent soltanto, ma poi,
quando apprese che Brizzalov era un "estraneo", si tranquill.
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Nel ventre di Cerviakv qualcosa si lacer. Senza veder nulla, senza udir nulla, egli
indietreggi verso la porta, usc in strada e si trascin via... Arrivato macchinalmente a
casa, senza togliersi la divisa di servizio, si coric sul divano e... mor.
NOTE:
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FILASTROCCA
Nel coro sta in piedi il sagrestano Otlukavin e tiene fra le dita grasse distese una penna
d'oca rosicchiata. La sua piccola fronte s' fatta tutt'una ruga, sul naso gli svariano
chiazze di tutti i colori, cominciando dal rosa e terminando con l'azzurro cupo. Davanti
a lui, sopra la rilegatura rossiccia del Triodion (1), ci sono due pezzi di carta. Su uno di
essi scritto: Per la salute, sull'altro: Per il riposo, e sotto a ciascuno dei due titoli
una filza di nomi... Vicino al coro sta una piccola vecchierella dal viso impensierito, con
una bisaccia sul dorso. E' meditabonda.
- Poi chi? - domanda il sagrestano, grattandosi pigramente dietro l'orecchio. - Fa'
presto, meschina, ch io non ho tempo. Subito mi metter a legger le ore.
- Subito, "batiuska"... Su via, scrivi... Per la salute dei servi di Dio: Andri e Daria coi
figli... Mitri, di nuovo Andri, Antp, Maria...
- Un momento, non troppo in fretta... Non corri mica dietro la lepre, farai in tempo.
- Hai scritto Maria? Be', adesso Kirll, Gordii, l'infante da poco defunto Gherassim,
Panteli... Hai scritto il fu Panteli?
- Un momento... Panteli morto? morto... - sospira la vecchia - Allora come mai lo fai
segnare per la salute? - si arrabbia il sagrestano, cancellando Panteli e trasferendolo
nell'altro pezzo di carta.-Ecco, ancora questa... Tu parla sensato, e non far confusioni.
Chi altri per il riposo?
- Per il riposo? Subito... un momento... Su via, scrivi... Ivn, Avdotia, ancora Daria,
Jegar... Prendi nota... il soldato Zachr... Da quando and in servizio nell'anno quarto,
da quel tempo non se n' sentito pi nulla...
- Dunque morto?
- E chi sa! Forse morto, e forse vivo... Tu scrivi...
- Ma dove lo segner? S' morto, diciamo, allora qui: per il riposo, s' vivo, qui: per la
salute... Come si fa a capirvi, voi altre?
- Uhm!... Tu, caro, segnalo in tutt'e due i foglietti, e poi si vedr.
Ma per lui lo stesso, comunque tu lo segni un uomo sviato...
perduto... L'hai segnato? Adesso, per il riposo: Mark, Leonti, Arina... be', e anche
Kuzm con Anna... l'inferma Fedossia...
- L'inferma Fedossia per il riposo? Oil!
- Me segnarmi per il riposo? Sei ammattito, o che?
- Poh! Tu, torso di cavolo, m'hai fatto sbagliare! Se non sei ancora morta, dillo, che non
sei morta, non c' da cacciarsi qui, per il riposo! imbrogli le cose! Ora va' a cancellare
Fedossia e a scriverla in un altro posto... tutta la carta ho sciupato! Su, ascolta, te li
legger... Per la salute di Andri, di Daria coi figli, ancora di Andri, di Antp, di Maria,
di Kirll, dell'infante da poco defunto Gher... Un momento, come capitato qua questo
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Gherassim? Da poco defunto, e poi: per la salute! No, m'hai fatto imbrogliare,
meschina!
Che Dio t'assista, m'hai fatto proprio imbrogliare!
Il sagrestano crolla il capo, cancella Gherassim e lo trasferisce nella sezione "per il
riposo".
- Ascolta! Per la salute di Maria, di Kirll, del soldato Zachr...
Chi altri?
- Avdotia l'hai segnata?
- Avdotia? Uhm!... Avdotia... Jevdoka... - il sagrestano ripassa entrambi i foglietti. Ricordo di averla segnata, ma adesso lo sa il diavolo... in nessun modo si pu
trovare... Eccola! Segnata per il riposo!
- Avdotia per il riposo?- si meraviglia la vecchia. - Non ancora un anno che ha preso
marito, e tu gi chiami su di lei la morte!...
Sei tu stesso, caro, che fai confusione, e ti arrabbi con me. Tu scrivi con la preghiera in
cuore, ch se in cuore avrai la rabbia, farai contento il diavolo. E' il diavolo che ti guida
e ti confonde...
- Un momento, non disturbare...
Il sagrestano aggrotta le ciglia e, dopo aver riflettuto, lentamente cancella Avdotia nel
foglietto Per il riposo. Sulla lettera d la penna stride e fa un grosso sgorbio. Il
sagrestano si confonde e si gratta la nuca.
- Avdotia, dunque, via di qua... - borbotta turbato - e segnarla qui... Cos? Un momento.
Se la si mette qui, sar per la salute, se invece qui, per il riposo.., M'ha fatto proprio
confondere questa donna! E anche questo soldato Zachr venuto a ficcarsi qua...
L'ha portato il diavolo... Non ci raccapezzo nulla! Bisogna daccapo...
Il sagrestano cerca nell'armadietto e ne cava fuori un ottavo di foglio di carta bianca.
- Scarta Zachr, s' cos... - dice la vecchia. - Che Dio sia con lui, scartalo...
- Zitta!
Il sagrestano intinge lentamente la penna e trascrive da entrambi i pezzi di carta i nomi
sul nuovo foglietto.
- Io li segner tutti in mucchio, - dice, - e tu portali al padre diacono... Distingua il
diacono chi vivo qui, e chi morto; lui ha studiato in seminario, e io di queste
faccende... anche se mi ammazzi, non ci capisco nulla.
La vecchia prende il pezzo di carta, porge al sagrestano una copeca e mezzo di
vecchio conio e a passettini va verso l'altare.
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NOTE:
1) Libro liturgico della Chiesa greca, contenente gli uffizi per ordine, cos detto, dal
greco, perch comprende numerosi inni di tre strofe. Qui si tratta pi precisamente di
quella sua parte che contiene gli uffizi dalla Pasqua a Ognissanti.
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CHIRURGIA
L'ospedale provinciale. In assenza del dottore, che partito per prender moglie, riceve
i malati l'aiuto medico Kuriatin, un uomo grasso, sui quaranta, in giacchetta lisa di seta
greggia e calzoni frusti di tessuto a maglia. Sul suo viso c' l'espressione d'un
sentimento di dovere e di soavit. Tra l'indice e il medio della mano sinistra un sigaro
puzzolente.
Nella sala di visita entra il sagrestano Vonmiglassov, un vecchio alto, tarchiato, in
tonaca color cannella e con una larga cintura di cuoio. L'occhio destro, con la cateratta,
semichiuso, sul naso egli ha un porro, simile da lontano a una grossa mosca. Per un
secondo il sagrestano cerca con gli occhi un'icona e, non trovandola, si segna davanti
a una damigiana di soluzione fenica, poi cava fuori da un fazzolettino rosso un'ostia e
con un inchino la pone dinanzi all'aiuto medico.
- Per che cosa siete venuto?
- Buona domenica a voi, Serghi Kuzmc'... Vengo da vostra grazia...
Vero e giusto quel ch' detto nel salterio, scusate: La mia bevanda diluii col pianto
(1) -. M'ero messo l'altro giorno con la vecchia a bere il t e, Dio mio, non una goccia,
non un boccone potei mandar gi, avrei potuto coricarmi e morire... Se mangiavo un
tantino, non ci reggevo pi! Ma oltre a quel che c' nel dente, anche tutta questa
parte... Mi sento cos rotto, cos rotto! Mi risponde nell'orecchio, scusate, come se
dentro ci fosse un chiodino o un qualche altro oggetto: mi d tali fitte, tali fitte! Abbiamo
peccato e agito contro la legge (1) Giacch indurii l'anima con vergognosi peccati e
nell'ignavia spesi la vita mia (1) Per i peccati, Serghi Kuzmc', per i peccati! Il padre
prete dopo la liturgia mi rimprovera: Balbuziente sei diventato, Jefim. e la voce s'
fatta nasale. Canti e non ci si capisce niente. Ma che canto, giudicate voi, ci pu
essere, se non possibile aprir la bocca, ch' tutta gonfia, scusate, e la notte non s'
dormito?...
- Ma gi... Sedete... Aprite la bocca!
Vonmiglassov siede e apre la bocca.
Kuriatin aggrotta le ciglia, gli guarda in bocca e, fra i denti ingialliti dal tempo e dal
tabacco, scorge un dente ornato di una sbadigliante cavit.
- Il padre diacono mi disse di applicarci del rafano con vodka: non ha giovato. Glikeria
Anssimovna, che Dio la conservi in salute, mi diede da portare al braccio un filo recato
dal Monte Athos (2), e mi disse di risciacquare il dente con latte tiepido, e io, se devo
confessare, il filo me lo son messo, ma in quanto al latte, non ho seguito il consiglio: ho
timor di Dio, c' il digiuno...
- Pregiudizio... - (pausa). - Bisogna estrarlo, Jefim Micheic'!
- Voi sapete meglio il da farsi, Serghii Kuzmc'. Apposta siete stati istruiti, per capir
bene questa faccenda com', se s'ha da estrarre o da curare con gocce o con altro...
Apposta, benefattori, siete stati messi qui, che Dio vi conservi in salute, perch noi
giorno e notte per voi, padri cari... fino alla tomba...
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- E tu perch mi afferri con le mani? - si adira l'aiuto medico. - Io tiro, e tu mi urti sotto il
braccio e dici varie stupidaggini. Scioccone!
- Scioccone sei tu!
- Tu credi, contadino, che sia facile estrarre un dente? Prova un po' tu! Non mica
come salir sul campanile e dar nelle campane! - (gli fa il verso). - Non sai, non sai!.
Di' un po', che istruttore s' trovato! Ve', tu... Al signor Jeghpetski, Aleksndr Ivanic', lo
estrassi, e quello niente, non una parola... Un uomo un po' pi distinto di te, e non
m'afferrava con le mani... Siedi! Siedi, ti dico!
- Non vedo pi la luce... Lasciami tirare il fiato... Oh! - (siede).
- Soltanto non tirare a lungo, ma da' una stratta. Non tirare, ma da' una stratta... Di
colpo!
- Tu insegna a chi sa! Ma che gente incolta, o Signore! Vivi un po' con costoro...
diventerai scemo! Apri la bocca... - (applica le pinze).- La chirurgia, fratello non uno
scherzo... Non come leggere in coro... - (esercita una trazione). - Non dimenarti...
E' un dente incarnito, si vede, ha messo profonde radici... - (tira). - Non muoverti...
Cos... cos... Non muoverti... Su via, su via... - (si sente uno scricchiolio). - Lo sapevo!
Vonmiglassov sta a sedere immobile per un minuto come privo di sensi.
E' intontito... I suoi occhi guardano senza espressione nello spazio, sulla sua faccia
pallida c' il sudore.
- Avrei dovuto farlo col pi di capra... - borbotta l'aiuto medico.
- Che disdetta!
Tornato in s, il sagrestano si ficca le dita in bocca e, in luogo del dente malato, trova
due rilievi sporgenti.
- Diavolo rrognoso...- proferisce. - Vi hanno piantati qui, erodi, per la nostra rovina!
- Dimmi anche delle insolenze...-borbotta l'aiuto medico, riponendo nell'armadio le
pinze.- Ignorante... Troppo poco in seminario ti han trattato a sugo di betulla... Il signor
Jeghpetski, Aleksndr Ivanic',visse a Pietroburgo un sette anni...
l'istruzione... il suo abito solo varr cento rubli... eppure non insolentiva... E tu che
pavone sei? Hai quel che meriti, non creperai!
Il sagrestano prende sulla tavola la sua ostia e, premendosi la guancia con la mano, se
ne va a casa...
NOTE:
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1) Tutte queste espressioni sono, nel testo, in slavo ecclesiastico, che , nei tempi
moderni, la lingua della chiesa ortodossa, come da noi il latino per la chiesa cattolica.
2) Il celebre santuario all'estremit sud-est della Penisola Calcidica meta di
pellegrinaggi, con la sua ventina di conventi, per tutto il mondo ortodosso, la Russia
compresa.
3) L'uso del nome di battesimo seguito dal patronimico, nel rivolgersi a una persona, o
nell'indicarla, per i russi la forma di riguardo; a differenza dall'uso del solo cognome o
del solo nome di battesimo.
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IL VINT (1)
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Stato, re, le consorti dei funzionari di quarta e quinta classe, regine, i consiglieri di
collegio, fanti, i consiglieri di corte dieci, e cos via. Io, per esempio, ecco la mia
fotografia sono un tre, poich, essendo segretario provinciale...
- Guarda un po'... Io dunque sono un asso?
- Di fiori, e la moglie di vostra eccellenza regina...
- Uhm!... E' originale... Su via, giochiamo un po' Guarder...
Peressoln si tolse il cappotto e, sorridendo incredulo sedette davanti alla tavola. Anche
gl'impiegati sedettero a un suo ordine, e il giuoco cominci...
Il custode Nazr, giunto alle sette di mattina per scopare la stanza del servizio di turno,
rimase stupefatto. Il quadro ch'egli vide, entrando con la spazzola, era cos
impressionante che adesso se lo ricorda perfin quando, ubriaco fradicio, giace in stato
d'incoscienza.
Peressolin, pallido, assonnato e spettinato, stava in piedi davanti a Nedoiechov e,
tenendolo per un bottone, diceva - Capisci dunque che non potevi buttar Scepellv, se
sapevi che io avevo in mano me stesso con altri tre. Svizdulin aveva Rbnikov con la
moglie, tre insegnanti del ginnasio, pi mia moglie, Nedoiechov quelli della Banca e tre
piccoli impiegati della giunta provinciale. Avresti dovuto buttar Kriskin! Tu non ci
badare, se quelli buttano l'intendenza di finanza!
Loro son dei volponi!
- Io, eccellenza, ho buttato un titolare, perch pensavo che loro avessero un effettivo
(4).
- Ah, colombello, ma non si pu mica pensar cos! Questo non giuoco!
Cos giuocano soltanto i calzolai. Tu ragiona!... Quando Kulkevic' butta un consigliere
di Corte della direzione provinciale, tu dovevi gettare Ivn Ivnovic' Grenlandski,
perch sapevi che lui aveva Natalia Dmtrievna e due altre, con Jegr Jegoric'... Hai
guastato tutto! Te lo prover subito. Sedete, signori, giocheremo ancora un "rober" (5)!
E mandato via il meravigliato Nazr, gl'impiegati si accomodarono e proseguirono il
giuoco.
NOTE:
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LA DIVISA DI CAPITANO
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- Ma che disdetta, dimmi di grazia! - egli brontol infine. - Dove dunque prender i soldi
per il panno? Aksinia, dammi un po' tu, mia cara, in prestito quei soldi che ti
sborsarono per la vacca!
Aksinia gli fece cucc e sput. Poco dopo ella lavorava di attizzatoio, rompeva dei vasi
sulla testa del marito, lo tirava per la barba, correva in strada e gridava: Difendetemi,
chi crede in Dio!
M'ha ammazzata!... . Ma a nulla giovarono le sue proteste. La mattina seguente ella
giaceva in letto e nascondeva ai garzoni i suoi lividi, e Merkulov andava per le botteghe
e, ingiuriando i negozianti, sceglieva il panno adatto.
Per il sarto cominci una nuova era. Svegliandosi al mattino e girando gli occhi torbidi
sul suo piccolo mondo, egli non sputava pi esasperato... E, quel ch'era pi
stupefacente di tutto, smise di andare alla bettola e si occup del suo lavoro. Recitata
piano una preghiera, inforcava i grandi occhiali montati in acciaio, aggrottava le ciglia
e, come celebrando un rito, spiegava il panno sopra la tavola.
Di l a una settimana la divisa era pronta. Stiratala, Merkulov usc in strada, l'appese su
una siepe e attese a spolverarla; ne toglieva un peluzzo, si scostava di una tesa,
strizzava l'occhio a lungo sulla divisa e tornava a toglierne un peluzzo: e cos per un
paio d'ore.
- E' un guaio con questi signori! - diceva ai passanti. - Non ne posso pi, mi sono
strapazzato! Gente istruita, delicata: va' un po' a contentarli!
Il giorno dopo la spazzolatura Merkulov si unse la testa di olio, si pettin, avvolse la
divisa in una pezza nuova di calic e si diresse dal capitano.
- Non ho tempo di discorrer con te, allocco! - diceva, fermando ogni persona che
incontrava.- Non vedi forse che porto la divisa al capitano?
Mezz'ora dopo torn dalla casa del capitano.
- Mi rallegro con voi per la riscossione, Trifn Panteleic', - lo accolse Aksinia, facendo
un ampio sorriso e vergognandosi.
- Ma che sciocca! - le rispose il marito. - O che i veri signori pagano subito? Non mica
un qualche mercante, da mettersi l e snocciolarti subito i soldi! Sciocca...
Per un paio di giorni Merkulov rimase a giacere sulla stufa, senza bere n mangiare, e
si abbandon al sentimento della soddisfazione di s, punto per punto come Ercole
dopo il compimento di tutte le sue imprese. Al terzo giorno si avvi per riscuotere.
- Sua signoria s' alzata? -bisbigli, entrando striscioni in anticamera e rivolgendosi
all'attendente.
E, ricevuta una risposta negativa, si piant come un palo vicino allo stipite e si mise ad
aspettare.
- Caccialo fuori! Digli che venga sabato! - egli ud, dopo una lunga attesa, la voce
rauca del capitano.
La stessa cosa ud il sabato, un primo sabato, poi un altro... Per un intero mese and
dal capitano, pass lunghe ore aspettando in anticamera e, invece dei soldi, ricevette
l'invito di andarsene al diavolo e di venire il sabato. Ma egli non si abbatteva, non
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stucco... Per un minuto ella ristette immobile, come la moglie di Lot, trasformata in
statua di sale, poi and avanti e timidamente gett un'occhiata alla faccia del marito...
Con sua grande meraviglia, sul viso di Merkulov aleggiava un sorriso beato, nei suoi
occhi ridenti brillavano le lacrime...
- Si vedono subito i veri signori! - egli mormorava. - Gente delicata, istruita... Punto per
punto, fu cos... in questo stesso posto, quando portavo la pelliccia al barone Sputsl,
Edurd Karlic'... Alz il braccio e trac. E il signor sottotenente Zembulatov pure... Ero
andato da lui, e lui balz su e a tutta forza... Eh, passato, moglie, il mio tempo! Non
capisci nulla tu! E' passato il mio tempo!
Merkulov scosse la mano e, raccolto il carbone, si trascin a casa.
NOTE:
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CRONOLOGIA VIVENTE
Il salotto del consigliere di Stato Sciaramikin avvolto in una piacevole penombra. Una
grande lampada con paralume verde tinge di verde " la" notte ucraina (1) pareti,
mobili, visi... Ogni tanto nel camino prossimo a spegnersi s'infiamma un ciocco che
arde lento e per un attimo inonda i visi d'un bagliore d'incendio, ma ci non guasta la
generale armonia delle luci. Il tono generale, come dicono gli artisti, mantenuto.
Davanti al camino, in poltrona, nella posa dell'uomo che ha appena pranzato, seduto
lo stesso Sciaramikin un signore maturo con fedine brizzolate da impiegato statale e
miti occhi azzurrini. Sul suo volto soffusa la tenerezza, le labbra sono atteggiate a un
malinconico sorriso. Ai suoi piedi, con le gambe protese verso il camino e stirandosi
pigramente, siede su un panchetto il vicegovernatore Lopnev, un brav'uomo, sulla
quarantina. Attorno a un pianino (2) si danno da fare i bambini di Sciaramikin: Nina,
Kolia, Nadia e Vania.
Dall'uscio socchiuso che mette nello studio della signora Sciaramikin s'insinua una
timida luce. L, dietro l'uscio, seduta alla propria scrivania la moglie di Sciaramikin,
Anna Pvlovna presidentessa del locale comitato di dame, una vivace e piccante
damina, sui trent'anni con giunterella. I suoi occhietti neri, vispi corrono attraverso gli
occhiali a molla sulle pagine d'un romanzo francese. Sotto il romanzo giace il
rendiconto squinternato del comitato per l'anno trascorso.
- Prima la nostra citt sotto questo aspetto era pi fortunata,dice Sciaramikin,
strizzando i suoi occhi miti sulla brace che va consumandosi. - Non un inverno passava
senza che giungesse una qualche stella. Venivano famosi attori e cantanti, ma oggi... il
diavolo sa quel che ! tranne i prestigiatori e i sonatori d'organetto, non arriva nessuno.
Nessun godimento estetico... viviamo come in un bosco. Sissignore... E ricordate,
eccellenza, quel tragico italiano... come si chiamava?... ed era un bruno, alto... Dio,
fammi ricordare... Ah, s! Luigi Ernesto de Ruggiero. Un talento ragguardevole... Che
forza! Una parola che dicesse, e il teatro andava in visibilio. La mia Anitoc'ka pigliava
molto interesse al suo talento. Gli aveva procurato il teatro e venduto i biglietti per dieci
spettacoli... Lui, in cambio, le insegnava declamazione e mimica. Un uomo d'oro! Era
venuto qui... per non dir bugia... una dozzina d'anni fa... No, sbaglio... Meno, una
decina d'anni... Anitoc'ka, quanti anni ha la nostra Nina.
- Nove compiuti! - grida dal suo studio Anna Pvlovna. - Ebbene?
- Nulla, mammina, domandavo cos... Venivano anche dei buoni cantanti... Ricordate il
tenore di grazia (3) Prilipcin? Che uomo d'oro! Che esteriore! Un biondo... un viso cos
espressivo, dei modi parigini... E che voce, eccellenza! Un solo guaio: alcune note le
cantava col ventre e il re lo prendeva in falsetto, ma tutto il resto andava bene.
Aveva studiato, diceva, da Tamberlk... Io e Anitoc'ka gli avevamo procurato la sala
del circolo sociale, e per riconoscenza lui soleva cantare per noi intere giornate e
nottate...
Ad Anitoc'ka insegnava il canto... Era arrivato, come adesso rammento, in quaresima,
un... un dodici anni fa. No, di pi... Ma che memoria, il Signore mi perdoni! Anitoc'ka,
quanti anni ha la nostra Ndec'ka?
- Dodici!
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IL PUNTO ESCLAMATIVO
(RACCONTO DI NATALE)
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S... Proprio cos, giovanotto... Prima bisogna vivere un poco, far servizio un poco, e
solo poi giudicare i vecchi... Negli occhi scusi di Perekladin che si stava
addormentando, attraverso una massa di scure nuvole sorridenti pass a volo come
una meteora una virgola infocata. Dopo di essa un'altra, una terza, e ben presto tutto lo
sfondo buio, illimitato, che si stendeva davanti alla sua immaginazione si copr di fitte
schiere di virgole volanti...
Prendiamo magari queste virgole... , pensava Perekladin, sentendo le sue membra
dolcemente intorpidirsi a causa del sonno sopravveniente.
Io le capisco benissimo... Per ciascuna posso trovare il posto, se vuoi... e... e
consapevolmente, e non a casaccio... Esaminami, e vedrai... Le virgole si mettono in
vari posti, dove occorre e anche dove non occorre. Quanto pi imbrogliata riesce la
carta, tante pi virgole ci vogliono. Si mettono davanti a "il quale" e davanti al "che". Se
nella carta si devono enumerare degli impiegati, ciascuno di essi va separato con
virgola... Lo so!.
Le virgole dorate presero a girare e fuggirono in disparte. Al posto loro giunsero a volo
dei punti infocati...
E il punto si colloca alla fine della carta... Dove necessario fare una grande pausa e
gettare un'occhiata all'ascoltatore, l pure ci vuole il punto, affinch il segretario,
quando legger, non resti senza saliva. In nessun altro posto si mette il punto... -.
Tornano a piombar le virgole... Si mescolano coi punti, turbinano, e Perekladin vede
tutta una schiera di punti e virgole e di due punti...
Conosco anche questi... , egli pensa. Dove la virgola non basta e il punto troppo,
l ci vuole il punto e virgola. Davanti al "ma" e al "conseguentemente" metto sempre il
punto e virgola... Ebbene, e i due punti? I due punti si mettono dopo le parole:
"abbiamo stabilito", "abbiamo deciso"... .
I punti e virgola e i due punti si spensero. Venne la volta dei punti interrogativi. Questi
balzarono fuori dalle nuvole e si misero a ballare il cancan...
Che rarit: il punto interrogativo! Ma fossero anche mille, per tutti troverei il posto. Si
collocan sempre quando c'e da fare una richiesta o, poniamo, informarsi di un
documento... "Dove stato riportato il residuo delle somme per il tale anno?", oppure:
"Non riterrebbe possibile la direzione di polizia che la detta Ivnova eccetera?"...
.
I punti interrogativi presero ad accennare in segno di approvazione coi loro uncini e
istantaneamente, come a un comando, si allungarono in punti esclamativi...
Uhm!... Questo segno d'interpunzione nelle lettere si colloca spesso.
"Mio egregio signore!", oppure: "Eccellenza, padre e benefattore!"...
Ma nelle carte, quando?.
I punti interrogativi si allungarono anche pi e si fermarono in attesa...
Nelle carte si mettono, quando... cio... questo... come sarebbe?
Uhm!... In realt, quando mai si mettono nelle carte? Un momento...
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nei suoi occhi chiusi, ma davanti a lui, nella camera, presso la specchiera della moglie,
e gli ammiccava beffardamente...
- Macchina scrivente! Macchina! - sussurrava il fantasma, soffiando sull'impiegato un
freddo secco. - Pezzo di legno insensibile!
L'impiegato si copr con la coperta, ma anche sotto la coperta vide il fantasma;
appoggi il viso alla spalla della moglie, e anche di dietro quella spalla spuntava la
stessa cosa... Tutta la notte si torment il povero Perekladin, ma anche di giorno il
fantasma non lo lasci. Egli lo vedeva dappertutto: negli stivali che infilava, nel piattino
del t, nella croce di Stanislao...
E altri sentimenti... -, pensava. - E' vero che non ci fu mai alcun sentimento... Ora
andr dai superiori a metter la firma... forse che ci si fa con sentimento? Cos, a
casaccio... Macchina da far gli auguri... .
Quando Perekladin usc in strada e chiam una vettura, gli parve che, in luogo della
vettura, gli rotolasse incontro il punto esclamativo.
Giunto nell'anticamera del superiore, invece dello svizzero vide quello stesso segno...
E tutto ci gli parlava di entusiasmo, di sdegno, di collera... Il portapenne col pennino
aveva pure l'aspetto d'un punto esclamativo. Perekladin lo prese, intinse il pennino
nell'inchiostro e firm:
Segretario di collegio Jefim Perekladin!!!.
E collocando questi tre segni, egli provava entusiasmo, indignazione, gioia e ribolliva di
collera.
- To' questo! To' questo! - mormorava, premendo sul pennino.
Il segno infocato fu pago e scomparve.
NOTE:
138
EH, IL PUBBLICO!
- Basta, non berr pi!... Per... per nulla al mondo! E' tempo ormai di metter giudizio.
Bisogna lavorare, darsi da fare... Ti piace ricever lo stipendio, lavora dunque
onestamente, con zelo, in coscienza, noncurante della quiete e del sonno. Smetti di
gingillarti... Ti sei avvezzato, caro, a riscuoter lo stipendio per nulla, e questo ecco, non
bene... non bene...
Fattosi alcuni predicozzi consimili, il capotreno Podtiaghin comincia a sentire
un'invincibile aspirazione al lavoro. E' gi l'una di notte passata, ci nonostante egli
sveglia i controllori e insieme con essi va per le carrozze a verificare i biglietti.
- I vvostri... biglietti!-egli grida, facendo allegramente schioccar le pinze.
Figure assonnate, avvolte nella penombra della carrozza, sussultano, scuotono il capo
e porgono i loro biglietti.
- I vvostri.. biglietti! - si rivolge Podtiaghin a un passeggero di seconda classe, un uomo
scarno avviluppato in pelliccia e coperta e circondato da guanciali. - I vvostri... biglietti!
L'uomo dalle vene grosse non risponde. E' immerso nel sonno. Il capotreno lo tocca in
una spalla e ripete impaziente:
- I vvostri... biglietti.
Il passeggero sussulta, apre gli occhi e guarda sgomento Podtiaghin.
- Che cosa? Chi? eh?
- Vi si dice in linguaggio umano: i vvostri... biglietti! Da-a-tevi la briga!
- Dio mio!-geme l'uomo dalle vene grosse facendo un viso piagnucoloso. - O Signore,
Dio mio! Soffro di reumatismi... per tre notti non ho dormito, apposta ho preso la
morfina per addormentarmi, e voi... ce l'avete col biglietto! Ma questo spietato,
inumano! Se sapeste come mi difficile prender sonno, non mi avreste incomodato per
una simile bazzecola... E' spietato, assurdo! E che bisogno avete del mio biglietto? E'
perfino sciocco!
Podtiaghin pensa se ha da offendersi o no, e risolve di offendersi.
- Voi qui non gridate! Questa non una bettola! - dice.
- Ma alla bettola la gente pi umana...-e il passeggero tossisce. - Ho voglia io adesso
di addormentarmi una seconda volta!
E cosa stupefacente: ho viaggiato dappertutto all'estero e l nessuno mi chiedeva il
biglietto invece qui, come se il diavolo li spingesse sotto il gomito, non si fa altro, non si
fa altro!...
- Be', allora andate all'estero, se l vi trovate bene.
- E' una cosa sciocca, signore! S! Non basta che facciano morire i passeggeri col
fumo, con l'afa e le correnti d'aria vogliono anche, che il diavolo lo porti, accopparli col
139
formalismo. Ha sentito bisogno del biglietto! Dite un po', che zelo! Meno male se ci si
facesse per controllo, ma invece met del treno viaggia senza biglietti!
- Date ascolto, signore! - s'infiamma Podtiaghin. - E se non la smetterete di gridare e di
disturbare il pubblico, sar costretto a farvi scendere alla stazione e a stender verbale
sul fatto!
- E' rivoltante!- s'indigna il pubblico. - Si attacca a una persona malata! Ascoltate,
abbiate dunque compassione!
- Ma il signore stesso a insolentire! - s'intimidisce Podtiaghin.
- Bene, non mi far dare il biglietto... Come volete... Solo che, lo sapete anche voi, il
mio servizio esige ci... Se non fosse il servizio, allora certo... Potete anzi domandare
al capostazione...
Domandate a chi volete...
Podtiaghin si stringe nelle spalle e s'allontana dal malato. Dapprima si sente offeso e
un po' bistrattato, ma poi, attraversate due o tre carrozze, comincia ad avvertire nel suo
petto di capotreno una certa inquietudine, simile ai rimorsi di coscienza.
Realmente, non bisognava svegliare un malato, pensa. Del resto, io non ci ho
colpa... Quei l pensano ch'io lo faccia per capriccio, non avendo niente da fare, e non
sanno che lo esige il servizio... Se non credono, io posso condur da loro il
capostazione.
La stazione. Il treno si ferma cinque minuti. Prima del terzo squillo di campanello, nella
descritta carrozza di seconda classe entra Podtiaghin. Dietro a lui incede il capostazione, in berretto rosso.
- Ecco, questo signore, - comincia Podtiaghin dice che non ho il diritto di chiedergli il
biglietto e... si offende. Vi prego, signor capostazione, di spiegargli se io pretendo il
biglietto per dover di servizio o a capriccio. Signore. - Podtiaghin si rivolge all'uomo
dalle vene grosse. -Signore! Ecco, potete domandare al capostazione, se a me non
credete.
Il malato sussulta, come punto, apre gli occhi e fatto un viso piagnucoloso, si rovescia
sulla spalliera del divano.
- Dio mio! Ho preso un'altra polverina e ho appena cominciato ad assopirmi, che lui di
nuovo... di nuovo! Vi supplico abbiate piet!
- Ecco, potete parlare col signor capostazione... Io ho il diritto di chiedere il biglietto o
no?
- E' una cosa insopportabile! To' il vostro biglietto! To' io prender altri cinque biglietti,
lasciatemi soltanto morire in pace! Possibile che voi non siate mai stato malato? Gente
insensibile!
- Lasciate... - si acciglia il capostazione, tirando Podtiaghin per la manica.
Podtiaghin si stringe nelle spalle e se ne va lentamente dietro il capostazione.
Hai voglia qui di compiacerli!, pensa perplesso. E' per lui che ho chiamato il
capostazione, perch capisse, si calmasse, e lui...
140
insolentisce.
Un'altra stazione. Il treno si ferma dieci minuti. Prima del secondo segnale, mente
Podtiaghin sta in piedi vicino al ristoro e beve dell'acqua di seltz, gli si accostano due
signori, uno in divisa d'ingegnere, l'altro in cappotto militare.
Sentite, capotreno! si rivolge l'ingegnere a Potdiaghin. - Il vostro contegno verso un
passeggero malato ha indignato tutti i presenti. Io sono l'ingegnere Pusitski, ed ecco...
il signor colonnello. Se voi non vi scuserete col passeggero, presenteremo un reclamo
al capo del movimento, nostra comune conoscenza.
- Signori, ma se io... ma se voi... - s'intimor Podtiaghin.
- Non ci occorrono spiegazioni. Ma vi avvertiamo che, se non vi scuserete, noi
prenderemo il passeggero sotto la nostra protezione.
- Bene, io... io, sia pure, mi scuser... Come volete...
Di l a mezz'ora Podtiaghin, escogitata una frase di scusa che soddisfi il passeggero e
non sminuisca la sua dignit, entra nella carrozza.
- Signore! - si rivolge al malato. - Ascoltate, Signore!
Il malato sussulta e balza in piedi.
- Che cosa?
- Io, gi.. come dire?... Non offendetevi...
- Oh... dell'acqua... - ansima il malato, afferrandosi il cuore. - Ho preso la terza dose di
morfina, mi sono assopito e... di nuovo!
Dio, quando mai finir una buona volta questa tortura?
- Io, gi... Scusate...
- Sentite... Fatemi scendere alla prossima stazione... Non sono in grado di sopportar
oltre... Io... io muoio...
- Ci vile, ignobile! - si rivolta il pubblico. - Alzate i tacchi da qui! Una simile presa in
giro la pagherete! Fuori!
Podtiaghin fa un gesto con la mano, sospira e esce dalla carrozza. Va nella vettura di
servizio, si mette a sedere esausto davanti alla tavola e si lagna:
- Eh, il pubblico! Ecco, cercate di compiacerlo! Ecco. cercate di fare il vostro servizio, di
darvi da fare. Per forza forza sputi su tutto e ti dai a bere... Non fai nulla: si arrabbiano,
ti metti a fare: si arrabbiano pure... Bere!
Podtiaghin vuota in una volta una mezza bottiglia e pi non pensa al lavoro, al dovere
e all'onest.
141
LA LOTA
Mattino estivo. Nell'aria c' silenzio; solo una cavalletta stride ogni tanto sulla riva e in
qualche posto timidamente brontola un aquilotto. Nel cielo stanno immobili delle nubi
piumose, simili a neve sparpagliata... Vicino al bagno in costruzione, sotto le verdi
fronde di un salcio, si dibatte nell'acqua il carpentiere Gherassim, un contadino alto,
scarno, dalla testa rossa ricciuta e il viso irto di peli. Egli sbuffa, riprende fiato e,
strizzando fortemente gli occhi, si sforza di tirar fuori qualcosa di sotto le radici del
salcio. La sua faccia coperta di sudore. A una tesa da Gherassim, nell'acqua fino alla
gola, sta il carpentiere Liubm, un giovane contadino gobbo dal viso triangolare e gli
occhietti stretti, da cinese. Entrambi, Gherassim come Liubm, sono in camicia e
mutande. Sono illividiti dal freddo, perch ormai da pi d'un'ora stanno nell'acqua...
- Ma tu perch tasti sempre con la mano? - grida il gobbo Liubm, tremando come nella
febbre. - Testa di cavolo che sei! Tu tienila, tienila, se no scapper, la maledetta!
Tienila, dico!
- Non scapper... Dove dovrebbe scappare? S' cacciata sotto le radici... - dice
Gherassim con voce arrochita, sorda di basso, che viene non dalla laringe, ma dal
profondo del ventre. - E' viscida, questa diavola, e non si sa per che cosa acchiapparla.
- Tu chiappala per le branchie, per le branchie!
- Non si vedon le branchie... Aspetta, l'ho acchiappata per qualche cosa... Per il labbro
l'ho acchiappata... Morde, questa diavola!
- Non tirarla per il labbro, non tirarla: la lascerai andare! Per le branchie acchiappala,
per le branchie acchiappala! Di nuovo s' messo a tastar con la mano! Ma che
contadino senza cervello, perdonami, Regina dei Cieli! Chiappala!
- "Chiappala"... - lo contraff Gherassim. - Che comandante s' trovato!... Dovresti
venire e acchiapparla tu stesso, diavolo gobbo...
Perch stai l?
- Io l'avrei acchiappata, se fosse stato possibile... O che, con la mia bassa corporatura,
si pu stare in piedi sotto la riva? L profondo!
- Non fa nulla che sia profondo... Tu a nuoto...
Il gobbo agita le braccia, nuota verso Gherassim e si aggrappa ai rami. Ma al primo
tentativo di mettersi in piedi, va con la testa sott'acqua e manda fuori delle bolle d'aria.
- Lo dicevo ch' profondo! - egli dice, rotando con ira il bianco degli occhi. - Monto sul
collo a te, eh?
- E tu sali sopra una radice... Di radici ce n' molte, come una scala...
Il gobbo tasta col tallone una radice e, aggrappatosi saldamente ad alcuni rami ad un
tempo, ci sale sopra... Equilibratosi bene e consolidatosi nella nuova posizione, si
curva e, cercando di non ingerire acqua, comincia con la mano destra a frugare tra le
radici.
142
Imbrogliandosi nelle erbe acquatiche, scivolando sul musco che riveste le radici, la sua
mano incontra le chele pungenti d'un gambero.
- Ci mancavi ancora tu qui, diavolo! - dice Liubm e con rabbia scaglia il gambero sulla
riva.
Infine la sua mano trova a tastoni il braccio di Gherassim e, calando gi lungo quello,
arriva a qualcosa di lubrico, di freddo.
- E-eccola!...- sorride Liubm. - E' gro-ossa, la diavola...
Allarga un po' le dita, io subito.. per le branchie... Aspetta, non urtarmi col gomito... io
subito la... subito... lascia solo che l'afferri... S' cacciata lontano sotto la radice, questa
diavola, non c' nemmeno dove aggrapparsi... Non si pu arrivare alla testa... Si tocca
soltanto la pancia... Ammazzami sul collo una zanzara: mi punge!
Io subito... sotto le branchie la prender... Va' un po' di fianco, spingila, spingila!
Punzecchiala col dito!
Il gobbo, gonfiate le guance, trattenuto il respiro, sgrana gli occhi e, a quanto pare, gi
insinua le dita sotto le branchie, ma a questo punto i rami a cui si abbranca la sua
mano sinistra si spezzano, ed egli, perduto l'equilibrio, capitombola nell'acqua! Come
spaventati, corron via dalla riva dei cerchi ondeggianti e nel punto della caduta vengon
su delle bolle. Il gobbo viene a galla a nuoto e, sbuffando, si afferra ai rami.
- Affogherai ancora, diavolo, toccher rispondere per te!... - dice rauco Gherassim. Esci fuori, su, e vattene alla malora! Io stesso la tirer via!
Cominciano gl'improperi... E il sole brucia, brucia. Le ombre si fanno pi brevi e
rientrano in se stesse, come le corna della lumaca...
L'erba alta, scaldata dal sole, comincia a emanare un odore denso, stucchevolmente
dolciastro. Ben presto mezzogiorno, ma Gherassim e Liubm tuttora si dibattono sotto
il salcio. La voce rauca di basso e quella tenorile infreddolita, stridula rompono senza
posa il silenzio della giornata estiva.
- Tirala per le branchie, tirala! Aspetta, io la spinger fuori! Ma dove ficchi il tuo
pugnaccio? Tu fa' col dito e non col pugno, grinta!
Vieni di fianco! Da sinistra vieni, da sinistra, ch a destra c' una buca! Servirai di cena
al lupo mannaro! Tira per il labbro!
Si sente lo schioccar d'una frusta... Per la riva in pendio si trascina pigramente
all'abbeveratoio un armento, cacciato avanti dal pastore Jefm. Il pastore, un vecchio
decrepito con un occhio solo e la bocca storta, cammina a capo chino e si guarda sotto
i piedi. Per prime s'avvicinano all'acqua le pecore, dopo di esse i cavalli, dopo i cavalli
le vacche.
- Spingila un poco dal basso! - egli ode la voce di Liubm. - Ficcaci un dito! Ma sei
sordo, dia-avolo, o che? Poh!
- Ma chi fratelli? - grida Jefm.
- Una lota! Non c' verso di tirarla fuori! Sotto una radice s' cacciata! Vieni di fianco!
Vieni, vieni!
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Jefm per un minuto strizza il suo occhio sui pescatori, poi si toglie i "lapti" (1), getta gi
dalle spalle un sacchetto e si leva la camicia. Di togliersi le mutande non ha pazienza,
segnatosi, bilanciando le braccia magre, scure, entra in mutande nell'acqua...
Per una cinquantina di passi procede sul fondo melmoso, ma poi si butta a nuoto.
- Aspettate, ragazzi! - grida. - Aspettate! Non tiratela fuori a casaccio, la lascerete
scappare. Bisogna saper fare!...
Jefm si unisce ai carpentieri, e tutt'e tre, urtandosi l'un l'altro coi gomiti e coi ginocchi,
sbuffando e imprecando, si pigiano nello stesso punto... Il gobbo Liubm inghiotte
acqua e l'aria echeggia di una tosse aspra, convulsa.
- Dov' il pastore?- si sente un grido dalla riva - Jef-m!
Pastore! Dove sei? L'armento entrato in giardino! Caccialo, caccialo dal giardino!
Caccialo! Ma dov' dunque, il vecchio brigante?
Si odono voci maschili, poi una femminile... Di dietro il cancello del giardino padronale
si mostra il padrone Andri Andreic' in veste da casa di seta persiana e con un giornale
in mano... Egli guarda interrogativamente dalla parte delle grida che giungono dal
fiume, e poi trotterella rapido verso il bagno...
- Che c' qui? Chi bercia? - domanda severamente avendo scorto attraverso i rami del
salcio le tre teste bagnate del pescatori. - Perch vi affannate qui?
- Un pe... un pesce acchiappiamo... - balbetta Jefm senz'alzare il capo.
- Te lo dar io il pesce! L'armento entrato in giardino, e lui: un pesce!... Ma quando
sar finito il bagno diavoli? Son due giorni che lavorate, e dov' il vostro lavoro?
- Sa... sar finito... - gracchia Gherassim. - L'estate lunga, farai ancora in tempo,
signoria, a lavarti... Brrr... In nessun modo qui possiamo venir a capo d'una lota... S'
cacciata sotto una radice ed come in una tana: non va n su n gi...
- Una lota? - domanda il padrone e i suoi occhi si fanno lustri. - Allora tiratela fuori alla
svelta!
- Poi ci darai un mezzo rubletto... Ti serviremo da amici se... Una lota enorme, che la
tua mercantessa... Vale, signoria, un mezzo rublo... per le fatiche. Non brancicarla,
Liubm, non brancicarla, se no la farai morire! Spingi dal basso! Tira un po' la radice
all'ins brav'uomo... come ti chiami? All'ins, e non all'ingi diavolo! Non agitate le
gambe!
Passano cinque minuti, dieci... Il padrone non ne pu pi dall'impazienza.
- Vassili! - grida, voltandosi verso la casa padronale. - Vaska!
Chiamatemi Vassili!
Accorre il cocchiere Vassili. Sta masticando qualcosa e respira pesantemente. - Scendi
in acqua, - gli ordina il padrone,- aiutali a tirar fuori la lota... Non possono tirar fuori una
lota!
Vassili si spoglia rapidamente e scende in acqua.
144
145
NOTE:
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IL CAMALEONTE
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148
- E qui non c' da far tante domande, - dice Ociumielov. - E' un cane randagio! Non C'
da far lunghi discorsi... Se ho detto ch' randagio, vuol dire ch' randagio...
Sopprimerlo, ecco tutto.
- Non nostro, - continua Prochor.-E' del fratello del generale, ch' arrivato l'altro
giorno. Il nostro non amante dei levrieri. Suo fratello ci ha passione... - Ma che
arrivato suo fratello? Vladimir Ivanic'? - domanda Ociumielov, e tutta la sua faccia
s'inonda d'un sorriso d'intenerimento.-Guarda un po', Signore! E io che non lo sapevo!
E' venuto in visita per un po' di tempo?
- In visita...
- Guarda un po', Signore!... Sentiva la mancanza del fratello... E io nemmeno lo
sapevo! Cos questo il suo cagnolino? Molto piacere...
Prendilo... Il cagnuzzo non male... E' cos vispo... Ha dato un morso a costui nel dito!
Ah-ah-ah!... Su via, perch tremi? Rrr...
Rr... Si arrabbia il briccone... un tal cagnetto...
Prochor chiama il cane e s'allontana con esso dal deposito di legna...
La folla ride forte di Chriukin.
- Arriver ancora fino a te! - lo minaccia Ociumielov-e, chiudendosi nel cappotto,
continua il suo cammino per la piazza del mercato.
149
UNA CALUNNIA
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Achineiev arross.
Il diavolo sa quel che , pens. Ora andr, il mascalzone, a far pettegolezzi.
M'infamer per tutta la citt, l'animale... Achineiev entr timidamente in sala e guard
in tralice da un lato: dov'era Vankin? Vankin stava accanto al pianoforte e, piegatosi
con bravura, bisbigliava qualcosa alla cognata dell'ispettore che rideva.
Di me sta parlando!, pens Achineiev. Di me, che possa scoppiare! E quella ci
crede... ci crede! Ride! O Dio mio! No, cos non si pu lasciar la cosa... no... Bisogner
fare in modo che non gli credano...
Parler con tutti loro e gli far far la figura dell'imbecille pettegolo.
Achineiev si gratt e, senza cessar di confondersi, si avvicin a Padeku.
- Dianzi ero in cucina e davo disposizioni riguardo alla cena, - diss'egli al francese. - A
voi, lo so, piace il pesce, e io ci ho, "Btenka", un certo storione! Lungo due arscini! Eheh-eh!... S, a proposito... gi me ne dimenticavo... In cucina poco fa, con quello
storione... un vero aneddoto! Entro poco fa in cucina e voglio osservar le vivande...
Guardo lo storione e dal piacere... per l'odore piccante faccio uno schiocco con le
labbra! Ma in quel momento entra a un tratto quest'imbecille di Vankin e dice... ah-ahah!... e dice: O- o-oh... vi baciate qui? Con Marfa, con la cuoca! Che cosa andato a
pensare, lo sciocco! Quella donna non ha grazia n garbo, somiglia a ogni sorta
d'animali, e lui... baciarla! Stravagante!
- Chi stravagante? - domand Tarntulov che s'era avvicinato.
- Ma eccolo l, Vankin! Entro in cucina...
E raccont di Vankin.
- M'ha fatto ridere lo stravagante! Ma secondo me pi piacevole baciare un can
barbone che Marfa, - soggiunse Achineiev, che si volt a guardare e vide dietro a s
Mzda.
- Stiamo parlando di Vankin, - gli disse. - Uno strambo! Entra in cucina, mi vede al
fianco di Marfa, e avanti a immaginare varie facezie. Che cosa?, dice, vi baciate?.
Ubriaco com', gli era parso. E io, dico, bacer piuttosto un tacchino che Marfa. E poi
ho anche moglie, dico, imbecille che sei. M'ha fatto ridere!
- Chi vi ha fatto ridere?-domand il prete insegnante di religione, avvicinatosi ad
Achineiev.
- Vankin. Me ne sto, sapete, in cucina e guardo lo storione...
E cos via. Di l a forse mezz'ora tutti gli ospiti gi sapevano della storia di Vankin e
dello storione.
Adesso glielo racconti pure!, pensava Achineiev, fregandosi le mani.
Racconti pure!. Lui comincer a raccontare, e io subito: Smettila, imbecille, di dir
scempiaggini! Sappiamo gi tutto!.
E Achineiev si tranquill al punto che, dalla gioia, vuot quattro bicchierini di troppo.
Accompagnati dopo cena i giovani sposi nella loro camera, egli si ritir e s'addorment
come un bimbo di nulla colpevole, e il giorno dopo pi non ricordava la faccenda dello
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storione. Ma, ahim! L'uomo propone e Dio dispone. La mala lingua aveva fatto la
mala opera sua, e nulla giov ad Achineiev la sua astuzia! Dopo una settimana giusta,
e precisamente il mercoled dopo la terza lezione, mentre Achineiev stava in mezzo
alla sala degli insegnanti e parlava delle viziose tendenze dell'allievo Vissekin, gli si
avvicin il direttore e lo chiam in disparte.
- Ecco che , Serghi Kapitonic', - disse il direttore. Scusate...
Non affar mio, ma tuttavia devo farvi capire... E' mio dovere...
Vedete, corrono voci che voi vivete con quella... con la cuoca... Non affar mio, ma...
Vivete con lei, baciatevela... fate quel che volete, soltanto, per favore, non cos
pubblicamente! Vi prego! Non dimenticate che siete un educatore!
Achineiev si sent gelare e rest di stucco. Come punto da tutto uno sciame d'api ad un
tempo e come annaffiato con acqua bollente, and a casa. Andava a casa e gli pareva
che l'intera citt lo guardasse, come se fosse spalmato di catrame... A casa lo
attendeva un nuovo guaio.
- Come va che non ingozzi niente? - gli domand a pranzo la moglie.
- A che cosa ti sei messo a pensare? Pensi agli amoretti? Senti la mancanza di
Marfuska? Tutto mi noto, maometto (2)! Della brava gente mi ha aperto gli occhi! Uu-uh... bbarbaro!
E gi un ceffone sulla sua guancia!... Egli s'alz da tavola e, senza sentirsi la terra
sotto i piedi, senza berretto n pastrano, si trascin da Vankin. Lo trov in casa.
- Sei un farabutto tu! - si rivolse Achineiev a Vankin. - Per che cosa m'hai infangato
davanti a tutto il mondo? Per che cosa m'hai lanciato una calunnia?
- Che calunnia Che andate a inventare!
- E chi ha spettegolato dicendo che ho baciato Marfa? Non sei tu, mi dirai? Non sei tu,
brigante?
Vankin prese a batter gli occhi e ad ammiccare con tutte le fibre del suo viso frusto,
alz gli occhi all'immagine e profer:
- Che Dio mi castighi! Che i miei occhi possano scoppiare e io restare stecchito, se ho
detto anche solo una parola di voi! Che io non abbia pi n letto n tetto! Sarebbe poco
il colera!...
La sincerit di Vankin era fuori di dubbio. Evidentemente, non era stato lui a
spettegolare.
Ma chi dunque? Chi?, si diede a pensare Achineiev, passando in rassegna nella
sua memoria tutti i propri conoscenti e battendosi in petto. Chi dunque?.
- Chi dunque? - domanderemo anche noi al lettore...
152
NOTE:
153
IL FIAMMIFERO SVEDESE
(RACCONTO POLIZIESCO)
La mattina del 6 ottobre 1885 si present nell'ufficio del commissario di polizia rurale
della seconda sezione del distretto di S. un giovanotto decorosamente vestito e
dichiar che il suo padrone, la cornetta della guardia a riposo Mark Ivnovic' Kliausov,
era stato ucciso. Facendo tale dichiarazione, il giovanotto era pallido e oltremodo
agitato. Le sue mani tremavano e i suoi occhi eran pieni di sgomento.
- Con chi ho l'onore di parlare? - gli domand il commissario.
- Psekov, l'intendente di Kliausov. Agronomo e meccanico.
Il commissario e i testimoni (1) giunti sul luogo insieme con Psekov trovarono quanto
segue. Vicino all'ala della casa in cui dimorava Kliausov s'affollava una massa di gente.
La notizia dell'accaduto era volata con la celerit del lampo per i dintorni, e la gente,
grazie alla giornata festiva, si riversava verso la casa da tutti i villaggi circonvicini. C'era
chiasso e vocio. Qua e l s'incontravano delle facce pallide, rosse di pianto. L'uscio
della camera di Kliausov fu trovato chiuso. Dall'interno sporgeva la chiave.
- Evidentemente, i malfattori si sono introdotti da lui per la finestra, - osserv Psekov
durante l'esame dell'uscio.
Andarono nel giardino, dove riusciva la finestra della camera. La finestra aveva un
aspetto tetro, sinistro. Era munita d'una tendina verde, scolorita. Un angolo della
tendina era lievemente accartocciato, il che dava la possibilit di guardar nella camera.
- Qualcuno di voi ha guardato per la finestra?-domand il commissario.
- Per nulla, signoria, - disse il giardiniere Jefrm, un piccolo vecchietto canuto con un
viso di sottufficiale a riposo. - S'ha ben altra voglia che di guardare, quando ti tremano i
ginocchi!
- Eh, Mark Ivanic', Mark Ivanic'!-sospir il commissario.
guardando la finestra. - Te lo dicevo io che saresti finito male! Te lo dicevo, anima
cara, - non m'hai dato ascolto! Gli stravizi non menano a bene!
- Va ringraziato Jefrm, - disse Psekov, - senza di lui non ce ne saremmo neppur
accorti. A lui per primo venne in mente che qui qualcosa non fosse in regola. Viene da
me stamattina e dice: Ma perch il nostro padrone dorme cos a lungo dopo la
sbornia? E' un'intera settimana che non esce di camera!. Come mi ebbe detto questo,
fu come se qualcuno m'avesse colpito col dorso d'una scure...
Subito mi balen un pensiero... Lui non si faceva vedere da sabato scorso, e oggi
domenica! Sette giorni: uno scherzo a dirlo!
- S, poveretto... - sospir ancora una volta il commissario. Un ragazzo intelligente,
istruito, tanto buono in compagnia, si pu dire, il primo degli uomini. Ma un dissoluto, si
abbia il regno dei cieli!
154
Io mi aspettavo tutto! Stepn! - si rivolse il commissario a uno dei testimoni: - passa sul
momento al mio ufficio e manda Andriuska dall'"ispravnik", gli riferisca! Di': "hanno
ammazzato Mark Ivanic'!".
Corri anche dal brigadiere: perch sta l a crogiolarsi? Che venga qui! E tu stesso
recati, al pi presto possibile, dal giudice istruttore: Nikoli Jermolaic' e digli di venir
qua! Aspetta, gli scriver una lettera.
Il commissario dispose delle guardie all'ala della casa. Scrisse la lettera al giudice
istruttore e and dall'intendente a prendere il t.
Di l a una decina di minuti era seduto su uno sgabello, mordeva cautamente nel pezzo
di zucchero e sorbiva un t caldo come i carboni ardenti.
- Ecco-diceva egli a Psekov. - Ecco... Nobile, ricco...
beniamino degli di, si pu dire, come si espresse Puskin, e che n' venuto fuori?
Nulla! Si ubriacava, faceva vita dissoluta e...
eccoti!... l'hanno ammazzato.
Due ore dopo giunse in carrozza il giudice istruttore Nikoli Jermolaievic' Ciubikv (cos
si chiama il giudice), un vecchio alto, robusto, sui sessanta, si esercita nella sua
carriera ormai da un quarto di secolo. E' noto a tutto il distretto come uomo onesto,
intelligente, energico e amante del suo mestiere. Arriv sul luogo insieme con lui anche
il suo immancabile compagno, aiutante e segretario Diukovski, un giovanotto alto, di
circa ventisei anni.
- Ma possibile, signori? - prese a dir Ciubikv, entrando nella stanza di Psekov e
stringendo alla svelta la mano a tutti. - Possibile? Mark Ivanic'? L'hanno ucciso? No,
impossibile! Im-pos-si- bi-le!
- Guardate un po'... - sospir il commissario.
- O Signore Dio mio! Ma se lo vidi la scorsa settimana alla fiera di Tarabnkova! Con
lui, scusate, bevvi la vodka!
- Guardate un po' - sospir un'altra volta il commissario.
Sospirarono, inorridirono, bevvero un bicchiere di t a testa e andarono verso l'ala
della casa.
- Scostatevi! - grid il brigadiere alla gente.
Entrato dentro, il giudice istruttore attese innanzi tutto all'esame dell'uscio che metteva
nella camera. L'uscio risult di pino, dipinto in giallo e intatto. Segni particolari, che
potessero offrire qualche indicazione, non ne furono trovati. Si procedette a forzarlo.
- Prego, signori, gli estranei di allontanarsi! - disse il giudice istruttore, quando, dopo un
lungo battere e lunghi scricchiolii, l'uscio cedette alla scure e allo scalpello. - Prego
nell'interesse dell'inchiesta... Brigadiere non lasciate entrar nessuno!
Ciubikv, il suo aiutante e il commissario aprirono l'uscio e, incerti, uno dopo l'altro,
entrarono nella camera. Ai loro occhi si present il seguente spettacolo. Presso l'unica
finestra stava un gran letto di legno con un'enorme materassa di piume. Sulla
materassa ammaccata giaceva la coperta sgualcita, ammucchiata. Il guanciale in
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federa di percalle, pure fortemente gualcito, era buttato sul pavimento. Su un tavolino
davanti al letto c'erano un orologio d'oro e una moneta d'argento del valore di venti
copeche. Stavan l anche degli zolfanelli. Oltre il letto, il tavolino e un'unica sedia, non
c'era nella camera altra mobilia. Dato uno sguardo sotto il letto, il commissario scorse
un paio di decine di bottiglie vuote, un vecchio cappello di paglia e un quarto di vodka.
Sotto il tavolino giaceva uno stivale coperto di polvere. Abbracciata con uno sguardo la
stanza, il giudice istruttore aggrott le ciglia e si fece rosso.
- Furfanti! - borbott, stringendo i pugni.
- Ma dov' Mark Ivanic'? - domand piano Diukovski.
- Vi prego di non immischiarvi! - gli disse rudemente Ciubikv. - Vogliate osservare il
pavimento! il secondo caso del genere nella mia pratica, Jevgrf Kuzmc', - si rivolse al
commissario, abbassando la voce - Nel 1870 mi accadde un caso uguale. Ma voi di
sicuro ricorderete... L'assassinio del mercante Portretov. L pure fu cos. I furfanti
l'avevano ucciso e avevan portato via il cadavere attraverso la finestra...
Ciubikv si avvicin alla finestra, tir da una parte la tendina e spinse cautamente la
finestra. Questa si apr.
- Si apre, dunque non era stata chiusa.... Uhm.... Tracce sul davanzale. Vedete? Ecco
le tracce d'un ginocchio... Qualcuno s'arrampic di l... Sar necessario esaminare la
finestra come si deve.
- Sul pavimento non si nota nulla di speciale, - disse Diukovski - N macchie, n
graffiature. Ho trovato soltanto un fiammifero svedese bruciato. Eccolo. Per quanto
ricordo, Mark Ivanic' non fumava; nella vita quotidiana poi usava zolfanelli, e
nient'affatto fiammiferi svedesi. Questo fiammifero pu servire d'indizio...
- Ah. state zitto, per piacere. -scosse la mano il giudice istruttore. - Vien fuori col suo
fiammifero! Non posso soffrire le teste vulcaniche! Invece di cercar fiammiferi, fareste
meglio a esaminare il letto.
Dopo l'esame del letto Diukovski rifer:
- N macchie di sangue, n altre d'alcun genere... Strappi freschi pure non ce ne sono.
Sul guanciale tracce di denti. La coperta stata bagnata con un liquido che ha l'odor
della birra e ne ha anche il gusto... L'aspetto generale del letto d il diritto di pensare
che su di esso sia avvenuta una lotta.
- Lo so anche senza di voi che ci fu lotta! Non vi si domanda della lotta. Invece di
cercar la lotta, fareste meglio...
- Uno stivale qui, l'altro non risulta presente.
- Be'. che c'?
- C' che l'hanno soffocato quando si cavava gli stivali. Non fece in tempo a cavarsi
l'altro stivale che...
- Gi ha preso la mano! E come fate a sapere che l'hanno soffocato?
- Sul guanciale ci son tracce di denti. Il guanciale stesso stato fortemente brancicato
e scagliato a due "arscini" e mezzo dal letto.
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- Che immaginativa, guarda un po'! - sogghign Ciubikv. - E parla cos reciso, cos
reciso! Ma quando perderete l'abitudine di venir fuori coi vostri ragionamenti? Invece di
ragionare, fareste meglio a prendere un po' d'erba col sangue.
Dopo il sopralluogo e la rilevazione della pianta del sito, gl'inquirenti si diressero
dall'intendente per redigere il verbale e far colazione. Durante la colazione si misero a
discorrere.
- L'orologio, il denaro e il resto... tutto intatto. - cominci la conversazione Ciubikv. Come due per due fa quattro, l'assassinio non stato commesso a fin di lucro.
- E' stato commesso da persona evoluta, - mise bocca Diukovski.
- Da che cosa lo deducete?
- Viene in mio aiuto il fiammifero svedese, il cui uso i contadini del luogo ancora non
conoscono. Usano tali fiammiferi solo i proprietari, e anche non tutti. A proposito, non
lo uccise uno solo, ma furono al minimo tre: due lo tenevano, e il terzo lo soffocava.
Kliausov era forte, e gli assassini dovevano saperlo.
- A che poteva servirgli la sua forza, s'egli, poniamo, dormiva?
- Gli assassini lo sorpresero mentre si cavava gli stivali. Stava cavandosi gli stivali,
dunque non dormiva.
- Non il caso d'inventare! Mangiate piuttosto!
- Ma secondo il mio concetto, alta signoria (2), - disse il giardiniere Jefrm, mettendo in
tavola il samovr - proprio questa infamia non l'ha fatta nessun altro che Nicolaska.
- Possibilissimo, - disse Psekov - E chi questo Nikolaska?
- Il cameriere del padrone, alta signoria, - rispose e Jefrm. - Chi altri poteva farla, se
non lui? Un malfattore, alta signoria! Un ubriacone e un libertino che ce ne preservi la
Regina dei Cieli! Al padrone lui portava sempre la vodka, il padrone lui lo metteva in
letto... Chi dunque, se non lui? E ancora per giunta, mi prendo l'ardire di farlo presente
a vossignoria, si vant una volta alla bettola, il furfante, che avrebbe ammazzato il
padrone. Tutto venuto per causa di Akulka per causa d'una donna... Lui ci aveva una
tale, moglie d'un soldato... Al padrone era piaciuta-egli l'aveva avvicinata a s, be', e
lui, si sa, s'era adirato... Adesso sdraiato in cucina. Piange... Va cianciando che il
padrone gli fa pena...
- Ma realmente per Akulina ci si pu adirare, - disse Psekov. - E' moglie d'un soldato,
una campagnuola ma... Non per nulla Mark Ivanic' l'aveva soprannominata Nan (3).
C' in lei qualcosa che ricorda Nan... un che d'attirante...
- L'ho vista... So... - disse il giudice istruttore, soffiandosi il naso in un fazzoletto rosso.
Diukovski arross e abbass gli occhi. Il commissario prese a tamburellare col dito sul
piattino. L'"ispravnik" ebbe un accesso di tosse e cerc qualche cosa nella borsa delle
carte.
Sul solo dottore, evidentemente, non aveva fatto alcuna impressione il ricordo di
Akulka e di Nan. Il giudice istruttore ordin che si conducesse Nikolaska. Nikolaska,
un giovanotto di campagna, spilungone, dal naso lungo, butterato e dal petto incavato,
in giacca smessa dal padrone, entr nella stanza di Psekov e s'inchin al giudice fino a
terra. Il suo viso era assonnato e rosso di pianto.
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- Donnetta del diavolo! - la ingiuri Diukovski, uscendo dalla casa grande.Evidentemente, sa qualcosa e lo nasconde. Anche la cameriera ha qualcosa scritto in
faccia... Ma aspettate, diavoli!
Decifreremo tutto!
La sera Ciubikv e il suo aiutante, illuminati da una pallida luna, se ne tornavano a
casa; erano seduti nel sarabachino e facevano nelle loro teste il bilancio della giornata
trascorsa. Entrambi erano affaticati e tacevano. A Ciuhikv, in generale, non piaceva
parlare in viaggio, e il chiacchierone Diukovski stava zitto per far piacere al vecchio.
Alla fine del cammino per l'aiutante non resse pi al silenzio e si mise a dire:
- Che Nikolaska abbia parte in questa faccenda, - diss'egli, - "non dubitandum est" (5).
Anche dal suo muso si vede che tomo sia...
L'alibi ce lo d mani e piedi legati. Non c' dubbio anche che in questa faccenda non
lui l'iniziatore. Egli stato soltanto uno stupido, prezzolato strumento. Siete d'accordo?
Non rappresenta l'ultima parte in questa faccenda nemmeno il modesto Psekov. I
calzoni azzurri, il turbamento, il dormir sulla stufa dalla paura dopo l'assassinio, l'"alibi"
e Akulka...
- Macina! Jemelia, la tua settimana (6)! Secondo voi, dunque, l'assassino colui che
conosceva Akulka? Eh, testa calda! Il poppatoio dovreste succhiare, e non istruir
cause! Voi pure corteggiavate Akulka: allora anche voi siete complice in questa
faccenda?
- Anche in casa vostra Akulka stata un mese come cuoca, ma... io non dico nulla. La
notte avanti quella domenica giocai con voi a carte e vi vidi, altrimenti mi sarei
attaccato anche a voi. La faccenda, "btenkca", non sta nella donna. La faccenda sta
in un sentimento vigliacchetto, sudicetto, bruttino... Al modesto giovanotto dispiacque,
vedete, che non fosse stato lui ad aver la meglio. L'amor proprio, vedete... Gli venne
voglia di vendicarsi. Poi... Le sue grosse labbra parlano fortemente della sua
sensualit. Ricordate che schiocchi faceva con le labbra, quando paragonava Akulka a
Nan? Che lui, il farabutto, arda di passione indubitabile! E cos: amor proprio offeso
e passione inappagata. Ce n' a sufficienza per commettere un assassinio. Due sono
nelle nostre mani; ma chi il terzo? Nikolaska e Psekov lo tenevano. Ma chi l'ha
soffocato? Psekov timido, impacciato, in generale un vile. I Nikolaska poi non
sanno soffocar con un guanciale; essi agiscono con la scure, col dorso della scure...
L'ha soffocato un qualche terzo, ma chi e?
Diukovski si calc il cappello sugli occhi e si mise a pensare. Egli tacque fino a che il
sarabachino non s'accost alla casa del giudice istruttore.
- "Eureka"! (7) - disse, entrando nella casetta e togliendosi il pastrano. - Eureka, Nikoli
Jermolaic'! Non so soltanto come ci non mi sia venuto in mente prima. Sapete chi il
terzo?
- Lasciate, per favore! Ecco, la cena pronta! Sedete e cenate!
Il giudice istruttore e Diukovski si misero a cena. Diukovski si vers un bicchierino di
vodka, si sollev, si protese e, con gli occhi sfavillanti, disse:
- Allora sappiate che il terzo che ha agito di concerto col furfante Psekov e l'ha
soffocato stato una donna! Sissignore! Parlo della sorella dell'ucciso, di Maria
Ivnovna!
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A Ciubikv la vodka and per traverso ed egli fiss gli occhi su Diukovski.
- Voi... non siete un po'...? La vostra testa... non un po'...? Non vi duole?
- Io sto benone. Va bene, sar impazzito, ma come spiegate voi il suo turbamento al
nostro apparire? Come spiegate la sua riluttanza a farci dichiarazioni? Ammettiamo
che queste sian bazzecole: sta bene!
d'accordo! allora ricordatevi dei loro rapporti. Lei odiava suo fratello! Lei una vecchia
credente (8), lui era un dissoluto, un ateo... Ecco dove s'annida l'odio! Dicono ch'egli
fosse riuscito a convincerla d'essere lui un angelo di satana. In sua presenza
s'occupava di spiritismo!
- Be', e che c'?
- Non capite? Lei, vecchia credente, l'ha ucciso per fanatismo! Nonch aver soppresso
la mala erba, un dissoluto, ha liberato il mondo dall'anticristo, e in ci, ella pensa, il
suo merito, la sua grande impresa religiosa! Oh, voi non conoscete queste vecchie
zitelle e vecchie credenti! Leggete un po' Dostoievski! E quel che scrivono Leskov,
Pecerski! (9)... E' lei, lei, anche se m'ammazzaste! Lei l'ha soffocato! Oh, perfida
donna! Forse che non stava presso le icone, quando noi entrammo, solo per stornare i
nostri sguardi? Come a dire: ecco, mi metto l a pregare, e loro penseranno che io son
tranquilla, che non li aspetto! E' il metodo di tutti i criminali novellini. Colombello, Nikoli
Jermolaic'! Diletto mio! Affidate a me questa faccenda! Lasciate che io personalmente
la conduca a termine!
Mio caro! Io l'ho cominciata, e io la condurr a termine.
Ciubikv tentenn il capo e si accigli.
- Sappiamo anche noi decifrare le faccende difficili, - disse. - E non affar vostro
impicciarvi dove non tocca. Scrivete sotto dettatura, quando vi si detta: ecco il vostro
compito!
Diukovski s'infiamm, sbatt la porta e usc.
- Testa fina, il briccone! - borbotta Ciubikv, seguendolo con lo sguardo.-Gra-an testa
fina! E' soltanto focoso a sproposito.
Bisogner comprare alla fiera un portasigari per fargliene un presente...
La mattina del giorno dopo fu condotto al giudice istruttore da Kliausovka un ragazzotto
di campagna dalla testa grossa e il labbro leporino che, qualificatosi il pastore
Danilka,fece un'interessantissima deposizione. - Avevo bevuto, - disse. - Fino a
mezzanotte ero stato dalla comare. Andando a casa, ubriaco com'ero, entrai nel fiume
per bagnarmi. Mi bagno... e che vedo? Vanno lungo la diga due uomini e portano
qualcosa di nero. Ol!, gridai loro.
Quelli si presero paura e a tutte gambe via verso gli orti di Makrievo. Che Dio mi
fulmini, se non trascinavano il padrone!
In quello stesso giorno verso sera Psekov e Nikolaska furono arrestati e inviati sotto
scorta al capoluogo del distretto. In citt furon messi in carcere.
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contro di voi. Ci irragionevole. La confessione allevia la colpa. Oggi discorro con voi
per l'ultima volta. Se oggi non confesserete, domani sar troppo tardi. Su via,
narrateci...
- Io non so nulla... E i vostri indizi non li conosco, - bisbigli Psekov.
- Avete torto! Be', allora permettete a me di narrarvi come fu la cosa. Il sabato sera voi
vi tratteneste nella camera di Kliausov e beveste con lui vodka e birra. - (Diukovski
affond il suo sguardo nel viso di Psekov e non ne lo distolse per tutta la durata del
monologo).-Vi serviva Nikoli. Verso l'una Mark Ivnovic' vi espresse il suo desiderio di
coricarsi. Verso l'una si coricava sempre. Mentre si cavava gli stivali e v'impartiva gli
ordini per l'azienda, voi e Nikoli, a un segno dato, afferraste il padrone alticcio e lo
rovesciaste sul letto. Uno di voi gli sedette sulle gambe, l'altro sulla testa. In questo
momento entr dall'andito la donna a voi nota, vestita di nero, che in precedenza s'era
accordata con voi circa la sua partecipazione a quest'azione criminosa. Ella afferr il
guanciale e prese a soffocarlo. Durante la lotta si spense la candela. La donna tir fuori
di tasca una scatoletta di fiammiferi svedesi e riaccese la candela. Non cos? Io vedo
dalla vostra faccia che sto dicendo la verit. Ma poi... Dopo averlo soffocato ed esservi
convinti che non respirava pi, voi e Nikoli lo trascinaste fuori attraverso la finestra e
lo posaste vicino alla bardana. Temendo che non si riavesse, lo colpiste con qualcosa
di tagliente. Quindi lo portaste via e lo posaste per un certo tempo sotto il cespuglio di
lilla. Dopo esservi riposati e aver riflettuto, lo portaste fuori...
Lo faceste passare attraverso la siepe... Poi seguiste la strada...
Pi in l viene la diga. Vicino alla diga vi spaventa un certo contadino. Ma che avete?
Psekov, pallido come un cencio, si solleva e barcoll. - Soffoco! - disse. - Bene... e
sia... Ma io esco fuori... per favore.
Psekov fu condotto fuori.
- Ha pur confessato infine! - e Ciubikv si stir dolcemente. S' tradito! Come l'ho fatto
cascare abilmente per! L'ho tempestato addirittura...
- E la donna vestita di nero non la nega! - si mise a ridere Diukovski. - Mi tormenta per
enormemente il fiammifero svedese! Non posso pazientare pi a lungo!
Diukovski si mise il berretto e part. Ciubikv cominci a interrogare Akulka. Akulka
dichiar di non saper nulla di nulla...
- Io son vissuta soltanto con voi, e con nessun altro! - Disse.
Verso le sei di sera torn Diukovski. Era agitato come non mai. Le sue mani tremavano
a tal punto che non era in grado di sbottonare il pastrano. Le sue guance ardevano. Si
vedeva ch'era tornato non senza novit.
- "Veni, vidi, vici"! (10) - disse, piombando nella stanza di Ciubikv e lasciandosi cadere
in una poltrona. - Vi giuro sul mio onore che comincio a credere nella mia genialit!
Ascoltate, che il diavolo ci porti! Ascoltate e meravigliatevi, vecchio mio! E' una cosa
buffa e triste! Nelle nostre mani ce ne sono gi tre... non cos? Io ho trovato il quarto
o, pi esattamente, la quarta, poich anche questa una donna! E che donna! Solo
per poterle toccare le spalle darei dieci anni della mia vita! Ma... ascoltate... Sono
andato a Kliausovka e mi son messo a descriverle intorno una spirale. Ho visitato in
cammino tutte le bottegucce, le bettole, le cantine, chiedendo dappertutto dei
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Ciubikv e Diukovski li accolse sulla soglia una donna alta, pingue, di forse ventitr
anni, dai sopraccigli neri come la pece e le labbra carnose, rosse. Era Olga Petrovna in
persona.
- Ah... molto piacere! - ella disse, sorridendo con tutto il viso.
- Siete arrivati proprio in tempo per la cena. Il mio Jevgrf Kuzmc' non in casa... S'
trattenuto dal pop (12)... Ma noi faremo anche senza di lui... Sedete! Venite da
un'inchiesta?...
- S... Ci saltata una molla, sapete, - cominci Ciubikv, entrando in salotto e
accomodandosi in una poltrona.
- Sbalorditela... di colpo! - gli bisbigli Diukovski.
- Una molla... Mm... s... E difilato siam venuti qua.
- Sbalorditela, vi si dice! Indoviner, se la tirerete in lungo!
- Be', allora fa' tu come sai, e me dispensami! - borbott Ciubikv, alzandosi e andando
verso la finestra. - Non posso! Tu hai cucinato questo pasticcio, e tu pappatelo!
- Si una molla... - cominci Diukovski, avvicinandosi alla moglie del commissario e
raggrinzando il suo lungo naso. - Siamo venuti non gi... e-e-e.. per cenare, n per
trovare Jevgrf Kuzmc'. Siamo venuti per domandarvi, egregia signora, dove si trova
Mark Ivnovic' che voi avete ucciso.
- Che cosa? Che Mark Ivanic? - balbett la moglie del commissario, e il suo largo viso
d'un tratto, in un attimo, s'inond di una tinta vermiglia. - Io... non capisco.
- Ve lo domando in nome della legge! Dov' Kliausov?
- Per mezzo di chi? - domand piano la signora, non reggendo allo sguardo di
Diukovski.
- Vogliate indicarci dov'!
- Ma da chi avete saputo? Chi vi ha raccontato?
- A noi tutto noto! Lo esigo in nome della legge.
Il giudice istruttore, rinfrancato dall'imbarazzo della moglie del commissario, s'avvicin
a lei e disse:
- Indicatecelo e ce ne andremo. Altrimenti noi...
- Ma che bisogno avete di lui?
- A che scopo queste domande, signora? Vi preghiamo d'indicarcelo! Voi tremate, siete
turbata... S, lui stato ucciso e, se volete, ucciso da voi! I complici vi hanno tradita!
La moglie del commissario impallid.
- Andiamo, - ella disse piano, torcendosi le mani. - E' nascosto da me nel bagno.
Soltanto, per amor di Dio, non ditelo a mio marito!
Ve ne supplico! Non ci reggerebbe.
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La signora tolse dal muro una grossa chiave e condusse i suoi visitatori, attraverso la
cucina e l'andito, in cortile. In cortile era buio. Piovigginava. La moglie del commissario
and avanti.
Ciubikv e Diukovski si avviarono dietro a lei per l'erba alta, respirando gli odori della
canapa selvatica e delle rigovernature che sciaguattavano sotto i loro piedi. Il cortile
era grande. Ben presto finirono le rigovernature e i piedi sentirono sotto di s la terra
coltivata. Nell'oscurit apparvero i contorni di alberi e, fra gli alberi, una piccola casetta
dal fumaiuolo storto.
- E' il bagno, - disse la moglie del commissario.-Ma vi supplico, non ditelo a nessuno!
Accostatisi al bagno, Ciubikv e Diukovski videro sulla porta un enorme lucchetto che
pendeva.
- Preparate un pezzo di candela e dei fiammiferi! -bisbigli il giudice istruttore al suo
aiutante.
La moglie del commissario apr il lucchetto e fece entrare i visitatori nel bagno.
Diukovski sfreg un fiammifero e illumin l'entrata del bagno. In mezzo all'entrata stava
una tavola. Sopra la tavola, accanto a un piccolo samovr panciutello, c'erano una
zuppiera con minestra di cavoli raffreddata e un piatto coi resti d'un qualche intingolo.
- Pi avanti!
Entrarono nella stanza seguente, il bagno. L pure c'era una tavola.
Sulla tavola un gran piatto con prosciutto, una damigianetta di vodka, piatti, coltelli,
forchette.
- Ma dov' dunque... lui? Dov' l'ucciso? - domand il giudice istruttore.
- E' sul palco di sopra! - bisbigli la moglie del commissario, tuttora pallida e tremante.
Diukovski prese in mano il moccolo e s'arrampic sul palco superiore.
L vide un lungo corpo umano che giaceva immobile sopra una gran materassa di
piume. Il corpo emetteva un lieve ronfio...
- Ci prendono in giro, che il diavolo mi porti! - grid Diukovski.
- Non lui! Qui disteso non so che tanghero vivo. Ehi, chi siete, che il diavolo vi
porti?
Il corpo inspir l'aria con un fischio e si mosse Diukovski lo urt col gomito. Quello lev
in alto le mani, si stir e alz il capo.
- Chi viene a ficcarsi qui? - domand una voce arrochita, greve, di basso. - Che ti
occorre?
Diukovski port il moccolo al viso dello sconosciuto e mand un grido.
Nel naso porporino, nei capelli arruffati, spettinati, nei baffi neri come pece, dei quali
uno solo era baldanzosamente arricciato e guardava con insolenza il soffitto, aveva
riconosciuto il cornetta Kliausov.
- Voi... Mark... Ivanic'?! Non possibile!
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nel bavero, come temendo che il buio e la pioggia che cadeva minuta non gli
leggessero la vergogna in viso.
Giunto a casa, il giudice istruttore trov l il dottor Tiutiuev. Il dottore era seduto
accanto alla tavola e sospirando profondamente, sfogliava la "Niva" (14).
- Ma quali cose avvengono al mondo! - diss'egli, accogliendo il giudice con un
malinconico sorriso. - Di nuovo quell'Austria!... E anche Gladstone (15) in certo qual
modo...
Ciubikv butt il cappello sotto la tavola e si scroll.
- Scheletro del diavolo! Non mi seccare! Mille volte t'ho detto di non seccarmi con la tua
politica! Non s'ha la testa alla politica qui! E a te, - si rivolse Ciubikv a Diukovski,
scotendo il pugno, - e a te... per tutti i secoli del secoli non dimenticher!
- Ma... e il fiammifero svedese! Potevo io sapere?
- Strozzati col tuo fiammifero! Vattene e non irritarmi, se no di te lo sa il diavolo quel
che far! Non metter pi piede qui!
Diukovski sospir, prese il cappello e usc.
- Andr a berci su! - stabil, uscito dal portone, e si trascin tristemente in trattoria.
La moglie del commissario, giunta dal bagno in casa, trov il marito in salotto.
- Perch venuto il giudice istruttore? - domand il marito.
- E' venuto a dire che Kliausov l'hanno trovato. Figurati che l'hanno trovato presso la
moglie d un altro!
Eh, Mark Ivanic', Mark Ivanic'! - sospir il commissario di polizia rurale, levando gli
occhi in alto.-Te lo dicevo che il libertinaggio non mena a nulla di buono. Te lo dicevo:
non hai dato ascolto!
NOTE:
1) Pi precisamente, persone del luogo prese con s dalla polizia come testimoni, per
le constatazioni di rito.
2) Titolo che competeva ai gradi sesto, settimo e ottavo (contando dall'alto) della
gerarchia burocratica russa.
3) La famosa eroina dell'omonimo romanzo di Emilio Zola (1879).
4) Cos nel testo.
5) Non c' da dubitare (in latino).
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L'ARTE
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Non ha fatto in tempo a tracciar la circonferenza che gi si sente attirato su, nel
villaggio, a bere il t, a gironzolare, a menar la lingua.
- Io verr subito... - dice, mettendosi a fumare. - E tu qui intanto invece di startene cos
a contar le cornacchie, dovresti portar qualcosa per sederci su, e spazzare.
Matvi resta solo. L'aria grigia e rigida, ma calma. Di dietro le isbe sparpagliate sulla
riva occhieggia affabilmente la chiesa bianca.
Intorno alle sue croci dorate volteggiano senza posa le gracchie. In disparte dal
villaggio, dove la riva si fa scoscesa e ripida, proprio sopra l'erta, un cavallo
impastoiato sta immobile, come di pietra:
probabilmente dorme, o s' messo a pensare.
Anche Matvi sta immobile, come una statua, e attende paziente.
L'aspetto pensosamente assonnato del fiume, il volteggiar delle gracchie e il cavallo
gl'infondono sonnolenza. Passa un'ora, un'altra, e Serioska non c'e ancora. Da un
pezzo ormai il fiume spazzato ed stata portata una cassa, per sederci, ma
l'ubriacone non si fa vedere.
Matvi aspetta e sbadiglia soltanto, tratto tratto. Il senso della noia gli ignoto. Se gli
ordineranno di star sul fiume un giorno, un mese, un anno, lui ci star.
Infine Serioska spunta di dietro le isbe. Cammina dondoloni, posando appena i piedi.
Di camminare a lungo non ha voglia, e non scende per la strada, ma sceglie il
cammino pi breve, dall'alto al basso in linea retta, e intanto affonda nella neve,
s'impiglia negli arbusti, striscia sul dorso, e tutto ci lentamente, con pause.
- Ma tu che fai? - si scaglia contro Matvi. - Perch stai in ozio? Quando dunque s'ha
da spezzare il ghiaccio?
Matvi si segna, prende con le due mani il paldiferro e comincia a frangere il ghiaccio,
seguendo rigorosamente la circonferenza tracciata. Serioska si mette a sedere sulla
cassa e osserva i pesanti, goffi movimenti del suo aiutante.
- Pi leggermente ai margini! Pi leggermente! - comanda. - Se non sai, non ti ci
mettere, ma se ti sei messo, fa'! Ohi tu!
In alto si raduna una folla. Serioska, alla vista degli spettatori, si agita anche pi!
- Prendo su e smetto di farlo... - dice egli, accendendo una sigaretta puzzolente e
sputacchiando. - Vedr come farete qui senza di me. L'anno scorso a Kostikovo
Stiopka Gulkv s'incaric di costruire il Giordano alla mia maniera. E che? Riusc una
cosa tutta da ridere. Quelli di Kostikovo stessi vennero da noi: un visibilio di gente! Da
tutti i villaggi ne accorse.
- Perch in nessun posto, tranne che da noi, c' un vero Giordano...
- Lavora, non c' tempo di discorrere... S, nonno... In tutta la provincia non troverai un
altro Giordano cos. I soldati dicono che hai un bel cercare, perfino nelle citt peggio.
Pi leggero, pi leggero!
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Innanzi tutto Serioska si applica al leggio. Egli lavora con raspa, scalpello e lesina. La
croce sul leggio, il vangelo e la stola che scende dal leggio gli riescono appieno. Quindi
passa alla colomba.
Mentr'egli si sforza di improntare la testa della colomba a mansuetudine e umilt,
Matvi, rigirandosi come un orso, rifinisce la croce costruita con travi. Egli prende la
croce e l'immerge nella buca. Dopo aver atteso che l'acqua sopra la croce sia gelata,
l'immerge un'altra volta, e cos fino a che le travi non si sian coperte d'uno spesso
strato di ghiaccio. E' un lavoro non facile, che esige esuberanza di forze e pazienza.
Ma ecco, il fine lavoro terminato. Serioska corre per il villaggio come un ossesso.
Incespica, impreca, giura che or ora andr sul fiume e far a pezzi tutto il lavoro. Gli
che va cercando le tinte adatte.
Le sue tasche son piene d'ocra, di turchino, di minio di verderame; senz'aver pagato
nemmeno una copeca, egli corre a precipizio fuori da una bottega e corre in un'altra.
Dalla bottega in un salto alla bettola. Qui beve, agita la mano e, senz'aver pagato,
vola oltre. In una isba prende delle barbabietole, in un'altra delle bucce di bulbi, coi
quali fa una tinta gialla. Egli impreca, d urtoni, minaccia e...
almeno un'anima viva gli mostrasse i denti! Tutti gli sorridono, gli han simpatia, gli
danno del Serghi Nikitic' (2), tutti sentono che l'arte non una faccenda sua
personale, ma di tutti, del popolo. Uno fa, i rimanenti l'aiutano. Serioska di per s una
nullit un pigraccio, un beone e uno sciupone, ma quand'egli ha in mano il minio o il
compasso, allora qualcosa di superiore, il servo di Dio.
Spunta il mattino dell'Epifania. Il recinto della chiesa e le due sponde per un vasto
spazio brulicano di gente. Tutto ci che costituisce il Giordano accuratamente
nascosto sotto stuoie nuove.
Serioska passeggia quieto vicino alle stuoie e si sforza di reprimere la sua agitazione.
Egli vede migliaia di persone: ce ne sono molte anche di altre parrocchie; tutta quella
gente ha percorso col gelo, nella neve, a piedi, non poche verste, soltanto per vedere il
suo famoso Giordano. Matvi, che ha terminato la sua facchinesca, orsina fatica, gi
di nuovo in chiesa; non lo si vede, non lo si sente; di lui gi si sono scordati... Il tempo
magnifico... In cielo nemmeno una nuvoletta. Il sole splende accecante.
In alto echeggia un suono di campane... Migliaia di teste si scoprono, si muovono
migliaia di mani: migliaia di segni di croce!
E Serioska non sa dove cacciarsi dall'impazienza. Ma ecco, infine scampanano per il
"Gloria"; poi, mezz'ora dopo, sul campanile e nella folla si nota una certa agitazione.
Dalla chiesa, un dietro l'altro, portano fuori gli stendardi, echeggia un vivace, affrettato
scampanio.
Serioska con mano tremante tira via le stuoie... e il popolo vede un che d'inconsueto.
Leggio, cerchio di legno, piuoli e croce sul ghiaccio svariano di migliaia di tinte. La
croce e la colomba mandano tali raggi che guardare fa male... Dio misericordioso,
com' bella!
Nella folla corre un rombo d'ammirazione e d'entusiasmo; lo scampanio si fa anche pi
forte, il giorno pi luminoso. Gli stendardi oscillano e si muovono sopra la folla, come
sulle onde. La processione, rifulgendo per le guarniture (3) delle icone e le pianete del
clero, scende lentamente gi per la strada e si dirige verso il Giordano. Si fa cenno con
le mani verso il campanile, perch lass smettano di sonare, e la benedizione delle
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NOTE:
1) Cos era detto il punto, appositamente delimitato, dei fiumi gelati dove ogni anno. il 6
(18) gennaio, cio il giorno dell'Epifania, aveva luogo la benedizione delle acque, come
pure l'altare che ivi s'improvvisava.
2) L'uso del nome di battesimo seguito dal patronimico, nel rivolgersi a una persona, o
nell'indicarla, per i russi la forma di riguardo, a differenza dell'uso del solo cognome o
del nome di battesimo.
3) Rivestimenti metallici, per lo pi d'oro o d'argento, che guarniscono le icone,
lasciando scoperti solo i volti e le figure del santi.
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SOPPRESSI!
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Vvertov voleva domandare qualcosa, ma non pot. Sotto la bocca dello stomaco gli
venne freddo, i ginocchi gli si piegarono, la lingua non si rigirava. Poich stava
masticando il salame, questo gli rimase in bocca, non finito di masticare.
- Non hanno agito bene con voi, che dire! - disse il geometra e sospir. - Sta bene
tutto, ma questo provvedimento non posso approvarlo. S che adesso, penso, se ne
parler nei giornali stranieri! Eh?
- Di nuovo torno a non capire... - articol Vvertov. - Se ora non sono pi alfiere, chi
sono mai? Nessuno? Uno zero? Dunque, se vi capisco, ognuno adesso pu
insolentirmi, pu darmi del tu?
- Questo non lo so. Ma noi adesso ci prendono per conduttori! L'altro giorno il capo del
movimento sulla linea locale va in giro, sapete, nel suo cappotto d'ingegnere, senza
spalline al modo di oggi, e non so che generale gli grida: Conduttore, partir presto il
treno?. Si presero per i denti! Uno scandalo! Di ci nei giornali non si pu scrivere,
ma... noto a tutti! Non c' fuoco senza fumo!
Vvertov, sbalordito dalla novit, non beveva e non mangiava pi.
Prov una volta a bere del "kvas" (3) freddo, per tornare in sentimento, ma il "kvas" gli
si ferm in gola e torn indietro.
Accompagnato alla porta il geometra, il soppresso alfiere si mise a girare per tutte le
stanze e a pensare. Pens, pens e non venne a capo di nulla. La notte se ne giacque
in letto sospirando e del pari pensando.
- Ma smettila di far le fusa! - disse la moglie Arina Matvievna, e l'urt col gomito. Geme come se stesse per partorire! Fors'anche non neppur vero. Tu domani fa' una
scappata da qualcuno e domanda.
Straccio!
- Gi, ma quando rimarrai senza qualifica e senza titolo, allora anche a te daranno
dello straccio. S' distesa qui come una balena, e poi:
straccio! Non sei stata tu credo, a versare il tuo sangue!
La mattina del giorno dopo, Vvertov, che non aveva dormito tutta la notte, attacc il
suo sauro chiaro al calesse e and a prendere informazioni. Aveva risoluto di passare
da qualcuno dei vicini, e, se si fosse presentata la necessit, anche dal capo della
nobilt in persona. Attraversando Iptievo, s'incontr l con l'arciprete Pafnuti
Amalikitianski. Il padre arciprete andava dalla chiesa a casa e, agitando con ira il
bastone, non faceva che voltarsi verso il sagrestano che lo seguiva e borbottare:
Ma sei un bell'imbecille, fratello! Guarda che imbecille!.
Vvertov scese dal calesse e gli s'accost per ricevere la benedizione.
- Buona festa a voi, padre arciprete! - lo salut, baciandogli la mano. - La messa l'avete
officiata?
- S, la liturgia.
- Cos... A ciascuno il suo compito! Voi pascolate il gregge spirituale, noi concimiamo la
terra nella misura delle nostre forze...
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letame, ma Vvertov non capiva, non sentiva e guardava tutto come attraverso un
reticolo. Incoscientemente si accomiat, sal nel suo calesse e grid con disperazione:
- Dal capo della nobilt! Svelto! Frusta a gran forza!
Il capo della nobilt, il consigliere di Stato effettivo Jgodiscev, non abitava lontano. Di
l a forse un'ora Vvertov gi entrava nel suo studio e gli s'inchinava. Il capo della
nobilt era seduto su un sof e leggeva il "Tempo nuovo". Scorto colui che entrava,
fece un cenno col capo e indic una poltrona.
- Io, eccellenza,- cominci Vvertov, - avrei dovuto innanzi tutto presentarmi a voi, ma,
trovandomi all'oscuro circa la mia qualifica, ho l'ardire di ricorrere a vostra eccellenza
per uno schiarimento...
- Permettete, stimatissimo, - lo interruppe il capo della nobilt.
- Prima di tutto non chiamatemi eccellenza. Ve ne prego!
- Che dite?... Noi siamo piccola gente...
- Non di ci si tratta! Scrivono, ecco... - (il capo della nobilt indic il "Tempo nuovo" e
lo for col dito), - scrivono, ecco, che noi, consiglieri di Stato effettivi, non saremo pi
eccellenze. Lo danno per sicuro! Ebbene! Non neppur necessario, grazioso sovrano!
Non necessario! Non chiamateci cos! Non ce n' neppur bisogno!
Jgodiscev si alz e fece orgogliosamente un giro per lo studio...
Vvertov emise un sospiro e lasci cadere sul pavimento il berretto.
Se ormai son giunti fino a loro, pens, non il caso di far domande circa gli alfieri e
i maggiori. Far meglio ad andarmene....
Vvertov borbott qualche cosa e usc, dimenticando nello studio del capo della nobilt
il berretto. Di l a due ore arriv a casa sua pallido, senza berretto, con una
espressione ottusa di sgomento sul viso. Smontando dal calesse, gett un timido
sguardo al cielo: e se avessero ormai soppresso anche il sole? La moglie,
impressionata dal suo aspetto, lo tempest di domande, ma a tutte le domande egli
rispose soltanto scotendo la mano...
Per una settimana non bevve, non mangi, non dorm, ma and come un demente da
un angolo all'altro e pens. Il viso gli si affil, il suo sguardo si fece fosco... Non si
metteva a parlar con alcuno, non si rivolgeva ad alcuno per nulla, e quando Arina
Matvievna lo importunava con domande si schermiva soltanto con la mano e... non un
suono... Che cosa non gli fecero per farlo tornare in sentimento! Gli facevan bere il
decotto di sambuco, gli davano per uso interno dell'olio tolto dal lumino dell'icona, lo
facevan sedere su un mattone ardente, ma nulla giovava, egli deperiva e si schermiva
con la mano.
Chiamarono infine, per fargli intender ragione, padre Pafnuti.
L'arciprete per mezza giornata si arrabatt, spiegandogli che tutto tendeva ora non
all'annullamento, bens all'esaltazione, ma il buon seme cadde in un terreno ingrato.
Prese cinque rubli per le sue fatiche, e cos se n'and, senz'aver ottenuto nulla.
Dopo essere stato zitto una settimana, Vvertov parve mettersi a parlare.
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- Perch taci, grintaccia?-si scagli improvvisamente sul servitorello Iliuska. Insolentisci! Scherniscimi! Indica a dito un uomo annientato! Trionfa!
Detto questo, si mise a piangere e tacque di nuovo per una settimana.
Arina Matvievna risolse di fargli cavar sangue. Arriv l'aiuto medico, che gli cav due
piatti di sangue, e ci parve sollevarlo. Il giorno dopo la cavata di sangue, Vvertov
s'avvicin al letto su cui giaceva la moglie e disse:
- Io, Arina, non la lascer cos. Adesso mi son risolto a tutto... Il mio grado me lo son
meritato e nessuno ha il diritto di attentarvi.
Ecco quel che ho escogitato: scriver a qualche persona altolocata un'istanza e
firmer: l'alfiere tale... alfie-re... Capisci? Per di- spet-to! Al-fiere... E sia! Per di-spet-to!
E questo pensiero tanto piacque a Vvertov ch'egli si fece raggiante e chiese perfino da
mangiare. Adesso, illuminato dalla nuova decisione, gira per le stanze, sorride
sarcasticamente e fantastica:
- Al-fie-re... Per di-spet-to!
NOTE:
1) Si allude alla gradazione alcoolica della vodka, che formava oggetto di monopolio
governativo.
2) Anche gli impiegati delle amministrazioni civili dello Stato portavano un'uniforme.
come i militari. Ai loro superiori competevano anche i titoli militari corrispondenti.
3) Bevanda fermentata, fatta con farina o pane di segala e malto.
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