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Sulmona IN Provincia - Facebook forum

argomento 4 (sicurezza e prevenzione)

4.2. Chi ci assicura che...


quando di necessità si fa virtù

Assistere, come nel recente passato, a delle polemiche


sterili sulle riparazioni dei danni subiti dagli edifici scolastici a
seguito del terremoto del 6 aprile 2009, offende l'intelligenza
delle parti che si rinfacciano le responsabilità, offende i cittadini
e, ancora di più, offende quella parte dei cittadini che delle
scuole se ne serve, tutti i giorni.
Qui il problema non è “chi” caccia i soldi: se a pagare è un
ente pubblico (Stato-Regione-Provincia-Comune), i soldi sono
sempre di tutti! Il punto è: “perché” dobbiamo cacciare questi
soldi.
Partiamo da questo per alcune considerazioni.

Ci siamo già detti che la prevenzione e la mitigazione dei rischi ambientali è fatta di Ricerca,
Manutenzione (del territorio e del costruito) e, non ultimo, da adeguate Coperture assicurative.
Riguardo alla ricerca, di studi ne abbiamo a iosa: per la nostra città basta cercare; sulla manutenzione
abbiamo già detto. Un discorso a parte meritano le coperture assicurative del patrimonio (pubblico e privato)
contro le calamità naturali.

Partiamo dalla nostra Provincia.


La Corte dei Conti (delibera 650/2008, del
10.12.2008), osservava la "[...] mancata dotazione di un
inventario aggiornato sullo stato di effettiva consistenza del
patrimonio. Sul punto l’Organo di revisione precisa che
“l’Ente è dotato della procedura dell’aggiornamento delle
variazioni ed è in corso l’operazione di rilevazione
dell’effettiva consistenza del patrimonio provinciale”."

Abbiamo una certezza: a dicembre 2008 (4 mesi


prima del sisma) l'inventario del patrimonio non è
pronto. A parte il mancato adempimento ad un obbligo di
legge (non è questo che ci interessa), c'è spazio per qualche
riflessione:
1. se non conosco l'esatta consistenza dei beni patrimoniali,
ossia se non ho un inventario con una stima puntuale ed aggiornata del valore dei singoli fabbricati, come
posso stipulare un contratto di assicurazione contro gli eventi naturali? O dobbiamo pensare che non
fossero assicurati?
2. se non c'è un inventario, è da presumere che i beni fossero riportati in bilancio al costo storico (di
costruzione o d'acquisto). Se riscuoto un certo fitto da un fabbricato, la sua redditività è adeguata? In ogni
caso, quanto rendeva il patrimonio (pubblico) provinciale prima del sisma? Oggi siamo in grado di
quantificare la perdita (patrimoniale e reddituale) dovuta al sisma?
Forse sono preoccupazioni infondate; però sarebbe interessante sapere qualcosa di più sull'argomento.
Nessuna speculazione: il terremoto non era e non è prevedibile. Quello che non deve sorprenderci, però, è la
certezza di vivere in un territorio ad altissimo rischio.

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argomento 4 (sicurezza e prevenzione)

Al di là delle questioni (più o meno) tecniche, il problema si fa squisitamente politico; il discorso -è


chiaro- va allargato all'intero territorio nazionale ed investe l'opportunità di una copertura assicurativa
obbligatoria (dai rischi da calamità naturali) per i fabbricati e i manufatti, pubblici e privati.
La questione è ormai vecchia (e mai risolta), ma assume
nuovo rilievo alla luce degli ultimi travagli dei mercati finanziari
internazionali, dei disastri (Eyjfjallajokull o Golfo del Messico) e dalle
ancora attuali conseguenze del terremoto del 6 aprile 2009: lo Stato
non è in grado di coprire i disastri naturali.
Il piatto piange. Allora che si fa?
Come sempre, basta guardarsi attorno; gli altri Paesi (vedi
Stati Uniti e Giappone, ma potremmo parlare di quasi tutte le nazioni
europee) che fanno? Hanno adottato coperture attraverso modelli
di collaborazione tra pubblico e privato, cercando di ridistribuire
il rischio (sociale ed economico) derivante dalle calamità naturali,
riducendo l'esposizione finanziaria del settore pubblico.
Due esempi per tutti: CEA (California Earthquake Authority) e
TCIP (Turkish Catastrophe
Insurance Pool), partnerships pubblico-privato preposte alla
prevenzione e protezione contro le calamità naturali.
Quindi che si fa? Ci si assicura, ma non senza aver prima distribuito il rischio (ed il relativo premio) su
larga scala: se l'assicurazione è obbligatoria, non deve trasformarsi in una tassa a carico solo di chi ha la
(s)fortuna di vivere in zone a rischio. D'altro canto non è giusto che sia chiamato a pagare chi di rischi ne corre
meno.
L'uovo di Colombo: e se, per una volta, le tasse che paghiamo servissero per la prevenzione,
piuttosto che per l'emergenza? Se volessimo seguire l'esempio californiano o turco e, per finanziare il fondo
assicurativo, impiegassimo le accise sui carburanti? Da quanto ci risulta la guerra in Abissinia è agli sgoccioli...

Intanto, cosa ne pensate di una Regione o una nazione broker?


Una cosa è certa, cogliamo tre piccioni con una fava:
1. la copertura assicurativa è garantita solo se l'ente pubblico si comporta in modo virtuoso (evita
abusivismo, non consente costruzioni in zone a rischio, adempie agli obblighi di legge, programma e mette
in atto le necessarie manutenzioni sul patrimonio, ecc.);
2. nello stesso tempo i cittadini -che sono comunque obbligati ad assicurarsi- hanno accesso alle tariffe
agevolate solo se rispettano le regole (niente abusi, strutture a norma, ecc.);
3. lo Stato (cioè NOI) non tira fuori tanti bei soldini. E, non ultimo, il territorio ed il patrimonio (sempre NOI)
se ne giovano.
Cittadini meno irresponsabili (per obbligo), territorio più tutelato, minore (forse nulla) la spesa
straordinaria per lo Stato.
Parliamone.
A voi la tastiera!

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Sulmona, 10 maggio 2010

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