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Terapia Meccanica secondo McKenzie e Manipolazione Fasciale: confronto intermetodica per un approcc

Scritto da Zanella F, Stecco A, Stecco C


Marted 26 Aprile 2011 12:53 - Ultimo aggiornamento Marted 26 Aprile 2011 18:52

Terapia Meccanica secondo McKenzie e Manipolazione Fasciale: confronto


intermetodica per un approccio integrato al trattamento delle lombalgie

Zanella F.*, Stecco A.**, Stecco C.***

*Fisioterapista, **Medico Specializzando in Medicina Fisica e Riabilitativa, ***Medico Specialista


Ortopedico

Introduzione Lapproccio terapeutico al paziente con lombalgia viene effettuato con


tecniche di trattamento molto differenti tra loro(1-7). La diversit che intercorre tra una tecnica e
laltra si basa essenzialmente sulle diverse ipotesi diagnostiche che vengono reputate stanti alla
base del disturbo, e che vengono elaborate dal terapista in funzione della sintomatologia riferita
dal paziente. Si spazia pertanto dal semplice massaggio, allapplicazione di terapie fisiche
strumentali (come Tecar o laserterapia), dalle manovre della Scuola Ostepatica, alla
Rieducazione Posturale Globale, dalla Manipolazione Fasciale, alla Terapia meccanica di
tipo McKenzie.
Nel presente studio, si ritenuto opportuno concentrare lattenzione sulle due ultime tecniche
citate
, in quanto pur essendo entrambe di comprovata efficacia, partono da presupposti
anatomopatologici molto diversi, e differiscono in modo notevole per il tipo di manualit e
approccio adottati. Lo scopo dello studio, pertanto, quello di effettuare una descrizione delle
principali caratteristiche delle due metodiche nel trattamento della lombalgia, illustrandone,
secondo la nostra esperienza, le maggiori indicazioni e i limiti, e valutare, tramite lindagine
sperimentale su un campione di pazienti, la differenza di efficacia attraverso la Verbal Numeric
Scale.
1.1) Terapia Meccanica secondo McKenzie
La tecnica di Terapia meccanica McKenzie un metodo di trattamento sviluppato dal
fisioterapista neozelandese Robin McKenzie. Questo metodo negli ultimi anni ha conseguito un
ampio riconoscimento nel mondo quale metodo conservativo per il trattamento dei disturbi
meccanici della colonna vertebrale, anche grazie alla capacit di rilettura critica della
bibliografia scientifica mondiale relativa ai disturbi della colonna vertebrale(8-12). Secondo
lipotesi di McKenzie, il principio anatomopatologico che sta alla base del disturbo rachialgico
da ricercarsi nelle errate posizioni assunte dal paziente durante la giornata, che costringono la
colonna vertebrale a posizioni fisiologicamente innaturali, e dalla prevalenza della attivit in
flessione rispetto a quella in estensione nella vita quotidiana. Le posture non fisiologiche

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inducono un mal posizionamento dei dischi intervertebrali, uno stiramento dei tessuti molli
circostanti, con conseguente trasmissione di percezioni nocicettive da parte dellanulus discale
e dei tessuti stirati.
Linquadramento del paziente avviene tramite una anamnesi ed un esame obiettivo in cui si
valuta soprattutto la postura seduta, eretta e la qualit dei movimenti. La diagnosi meccanica si
baser essenzialmente sul meccanismo di produzione del dolore.
Lintervento fisioterapico consiste prevalentemente su esercizi correttivi di tipo posturale,
insegnati dal terapista e praticati successivamente in via autonoma dal paziente. Affinch il
movimento ottenga il risultato previsto, occorre che il paziente impari ad eseguire i movimenti in
maniera corretta ed abbia la costanza di ripeterli spesso nel corso della giornata. Questa
terapia mira non solo a risolvere la sintomatologia algica del paziente, ma a prevenire le
recidive, grazie alleducazione posturale ed allenfatizzazione della necessit di continuare con
lautotrattamento.
1.2) Manipolazione Fasciale
La Manipolazione Fasciale una terapia manuale profonda che si focalizza sul trattamento del
tessuto connettivo denso (fascia). un metodo relativamente recente (le prime pubblicazioni
risalgono al 1988), sviluppato dal fisioterapista italiano Luigi Stecco(13-16). Negli ultimi anni tale
metodica ha visto una notevole diffusione sia in Italia che allestero, anche grazie alle ricerche
anatomiche su cadavere che hanno dimostrato la continuit della fascia e gli specifici rapporti
con i muscoli sottostanti(17-26).
Secondo lipotesi di Stecco, il principio anatomopatologico che sta alla base dei disturbi, sia
dellapparato locomotore che viscerali, da ricercarsi nelle densificazioni che si formano sul
tessuto fasciale a seguito di traumi, microtraumi ripetuti, sovrauso, scompensi posturali,
problemi metabolici. Le zone fasciali densificate, oltre a trasmettere percezioni nocicettive,
impediscono il corretto scorrimento degli strati connettivali durante il movimento, inducendo
anche limitazioni articolari, riduzione di forza e problemi di coordinazione motoria.
Lintervento fisioterapico si basa su un trattamento manipolativo manuale di tipo cinetico e
termico, mirato allinnesco dei fisiologici processi infiammatori e riparativi con conseguente
ripristino della fluidit fasciale e corretto riallineamento delle fibre connettivali.
2) Materiali e metodi
Per lo studio sono stati analizzati 35 pazienti affetti da lombalgia, intesa come sintomatologia
dolorosa riferita al rachide inferiore, con interessamento o meno degli arti inferiori, inviati dal
medico curante con una prescrizione generica, non urgente, di FKT. La lombalgia poteva
essere indifferentemente di tipo acuto o cronico. Linclusione nel campione dello studio si
basata solo sulla sintomatologia riferita soggettivamente dal paziente, e non sullorigine
anatomopatologica del disturbo rivelata da eventuali indagini strumentali. Sono stati esclusi dal
campione pazienti che avessero iniziato terapie farmacologiche per la riduzione del dolore, che
avessero diagnosi di tumori, patologie del sistema nervoso centrale o gravi malattie infettive,
che fossero gi stati sottoposti a interventi chirurgici alla colonna vertebrale, o che avessero gi
seguito cicli di Manipolazione Fasciale o Terapia McKenzie. Lassegnazione era nascosta, in
quanto il medico di base prescrittore indicava solo la necessit di ciclo di FKT senza essere a
conoscenza a quale gruppo il paziente avrebbe fatto parte. Di questi, 5 pazienti sono stati
esclusi in quanto avevano gi precedentemente effettuato trattamenti di Manipolazione
Fasciale, e pertanto non rispettavano i criteri di inclusione (Fig. 1).

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Let media totale del campione era di 38.2 anni, con un massimo di 60 e un minimo di 20 aa,
equamente distribuito tra maschi e femmine. Una volta stabilito che i pazienti rispettavano i
criteri di inclusione, sono stati suddivisi in tre gruppi attraverso randomizzazione sistemica
semplice, scegliendo, dalla popolazione di pazienti lombalgici, i 10 pazienti che costituivano
ciascun singolo campione ad intervalli regolari di 3. I pazienti reclutati avevano tutti simili
prescrizione e diagnosi (lombalgia aspecifica) del proprio medico, pertanto non era presente
alcun fattore nella popolazione studiata che potesse influenzare lassegnazione ai diversi
sottogruppi. In questo modo si potuto assumere che eventuali miglioramenti spontanei nella
sintomatologia fossero in tal modo equamente distribuiti fra i tre gruppi. I pazienti studiati erano
in cieco, in quanto, non avendo gi effettuato cicli di trattamento con le metodiche utilizzate, non
erano in grado di distinguere le diverse tecniche di terapia manuale. La VNS prima e dopo il
trattamento veniva richiesta dallo stesso fisioterapista che aveva effettuato il trattamento.
Ciascun gruppo stato sottoposto ad un ciclo differente di trattamento. In particolare:
- il primo gruppo stato trattato solo con tecnica McKenzie (et media: 38 anni, range: 20-58
aa).
- il secondo gruppo stato trattato solo con la Manipolazione Fasciale (et media: 37 anni,
range: 20-60 aa)
- il terzo gruppo stato trattato con le due tecniche integrate. In particolare era previsto prima il
trattamento attraverso Manipolazione Fasciale, e poi attraverso Terapia Meccanica di tipo
McKenzie allinterno della stessa seduta (et media: 39.5 anni, range: 24-56 aa).
I pazienti dei gruppi trattati con tecnica McKenzie erano inoltre invitati a svolgere a domicilio,
individualmente, gli esercizi e le correzioni posturali che venivano loro insegnati durante le
sedute. Tali esercizi, che prevedevano serie di estensioni o flessioni del rachide da proni, da
seduti o in ortostatismo, o posture mantenute, venivano assegnati in funzione della
sintomatologia del paziente, e ricontrollati ad ogni seduta successiva. Ogni soggetto stato
sottoposto ad una seduta di trattamento alla settimana per un massimo di 5 sedute, pi una
seduta di controllo a un mese di distanza dallultima, in cui non veniva effettuato alcun
trattamento, ma semplicemente si chiedeva al paziente il livello di VNS attuale. Il trattamento si
considerava concluso anche prima delle 5 sedute se il paziente riferiva la scomparsa della
sintomatologia algica.
I risultati ottenuti sono stati valutati tramite Verbal Numeric Scale, che una scala numerica
che d un punteggio da 0 a 10 in funzione del livello attuale percepito di sintomatologia algica
(0 = nessun disturbo, 10 = massimo dolore immaginabile). A ciascun paziente veniva richiesto
di comunicare verbalmente la VNS relativa al proprio disturbo a ogni seduta, sia prima che dopo
il trattamento. I risultati ottenuti sono stati analizzati con il Wilcoxon Signed Ranks Test tramite
lo Statistical Package for the Social Sciences (SPSS) (versione 17 per Windows, SPSS Inc.
Chicago, IL). stato stabilito il valore di Minimal clinical importance difference pari a 0.5 VNS.
3) Risultati
Il gruppo di pazienti trattati con solo metodo McKenzie (Tab. 1) ha evidenziato un calo medio
del dolore, riferito alla VNS, di 3.8 punti. Durante ciascuna seduta in media il dolore diminuito
di 0.46 0.26 punti (ad eccezione della prima seduta, in cui in media c un calo della
sintomatologia di 0.85), a cui va aggiunto un lieve miglioramento (0.3 0.15 punti della VNS)
registrato tra una seduta e laltra, legato allesecuzione degli esercizi a domicilio. In media sono
state necessarie 4 sedute per poter la sintomatologia dolorosa del 50% (nVNS50) (Fig. 2).
Lintervallo di confidenza al 95% per una riduzione della VNS maggiore di 3.8 in una

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popolazione trattata con un ciclo di 5 sedute di Terapia McKenzie risultato pari a 3.8 0.854.
Il gruppo di pazienti trattati con solo Manipolazione Fasciale (Tab. 2) hanno evidenziato un calo
medio della sintomatologia, secondo la VNS, di 4.8 punti. In particolare durante la prima seduta
il dolore diminuito in media di 2.35 punti, mentre nelle altre sedute di 1.06 0.9 punti (Fig. 3).
Tra una seduta e laltra si registrato in media una lieve perdita del risultato ottenuto (?VNS
interseduta: -0.1 0.41). Mediamente, per ottenere una riduzione del dolore iniziale del 50%
sono state necessarie 2.5 sedute. Lintervallo di confidenza al 95% per una riduzione della VNS
maggiore di 4.8 in una popolazione trattata con un ciclo di 5 sedute di Manipolazione Fasciale
risultato pari a 4.8 0.949.
Il gruppo di pazienti che sono stati sottoposti ad entrambi i metodi (Tab. 3) hanno evidenziato
una riduzione media del dolore di 5.55 punti, con una diminuzione media della VNS in prima
seduta di 2.4 punti. Nelle sedute successive si registrato un calo di VNS medio per seduta
(?VNS intraseduta) di 0.86 0.9, mentre il calo di VNS medio tra una seduta e laltra (?VNS
interseduta) stato di 0.25 0.22 (Fig. 4). Il numero medio di sedute necessario a ridurre la
VNS del 50% (nVNS50) stato di 1.9. Lintervallo di confidenza al 95% per una riduzione della
VNS maggiore di 5.55 in una popolazione trattata con un ciclo di 5 sedute di Manipolazione
Fasciale + Terapia McKenzie risultato pari a 5.55 0.927.
4) Discussione
Dai risultati emersi dallo studio si pu notare come il calo medio di VNS totale sia lievemente
superiore nel gruppo di Manipolazione Fasciale (4.8) rispetto al gruppo trattato con tecnica
McKenzie (3.8), anche se tale valore non statisticamente significativo, essendo il p-value pari
a 0.1230. Il Gruppo Manipolazione Fasciale presenta un calo medio di VNS per seduta pari a
1.06, rispetto allo 0.46 del gruppo McKenzie, assieme ad una maggiore efficacia della prima
seduta (calo VNS in prima seduta 2.35 rispetto a 0.85 del gruppo McKenzie), dato che
conferma la maggiore applicabilit della Manipolazione Fasciale a situazioni di blocco acuto. I
pazienti del gruppo trattato con Manipolazione Fasciale, inoltre, sembravano ridurre il dolore a
un livello soddisfacente (calcolato come riduzione al 50% della VNS iniziale) in un numero
inferiore di sedute (2.5 contro le 4 del gruppo McKenzie).
Il calo di VNS ottenuto nel gruppo McKenzie risultato essere pi costante nel tempo, con una
maggiore ripetibilit allinterno delle sedute, dato ricavato dal valore della deviazione standard
calcolata sul calo di VNS intra- e interseduta (rispettivamente 0.26 e 0.15), mentre la
variazione di VNS dei pazienti trattati con Manipolazione Fasciale presentava una variabilit pi
elevata (??VNS intraseduta 0.9 e ??VNS interseduta 0.41), segno che gli effetti del
trattamento variavano da paziente a paziente e tra una seduta e laltra. Inoltre, confrontando il
valore del calo medio di VNS tra una seduta e laltra, nel gruppo Manipolazione Fasciale si
registrato un valore medio di -0.1, quindi un aumento del dolore, probabilmente da attribuirsi
alla reazione infiammatoria insita nella metodica stessa, mentre nel gruppo McKenzie, si
registrato un +0.3, che indica un progressivo miglioramento, probabilmente correlato
allesecuzione degli esercizi a casa. Si evidenzia quindi lutilit dellautotrattamento domiciliare,
come consigliato dal Metodo McKenzie. Il fatto che il ?VNS tra una seduta e laltra per il gruppo
Manipolazione Fasciale assuma valore negativo, evidenzia la necessit di associare anche una
corretta educazione motoria. Il paziente, infatti, nel momento in cui sente di stare meglio, in
assenza unadeguata educazione motoria e senza consigli preventivi, recidiva nelleseguire
quelle pratiche motorie che in molti casi stavano alla base del suo disturbo lombalgico.
Il gruppo trattato con le due tecniche combinate, infatti, ha dato i risultati migliori, con un calo

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medio di VNS pari a 5.55, un calo di VNS in prima seduta pari a 2.4 e un numero medio di
sedute necessarie a dimezzare la VNS iniziale pari a 1.9. In questo caso, il calo di VNS medio
tra una seduta e laltra di +0.25, dimostrando che lauto-trattamento domiciliare contribuisce a
mantenere i benefici ottenuti in seduta.
Alla luce di questo studio, pur avendo un campione limitato, possiamo affermare che la tecnica
della Manipolazione Fasciale richiede un numero inferiore di sedute e un minor impegno da
parte del paziente in termini di tempo. Da un punto di vista tecnico, una metodica che richiede
una lunga curva di apprendimento per poter sfruttare appieno le sue potenzialit terapeutiche, e
necessita di una maggiore iniziativa e individualit di trattamento da parte del terapista.
La terapia meccanica di McKenzie molto meno impegnativa per il terapista sia da apprendere,
sia da applicare nella pratica clinica, non richiedendo una particolare abilit manuale e non
essendo fisicamente stancante per il terapista. Inoltre sembra pi efficace nel prevenire recidive
quando sono presenti visibili scompensi posturali, specialmente sul piano sagittale, e permette
lautotrattamento, che invece molto limitato nella Manipolazione Fasciale.
Unendo i dati emersi da questo studio e dallesperienza accumulata dagli Autori negli anni,
possiamo sintetizzare le principali caratteristiche delle due metodiche come riportato nella
Tabella 4.
Risulta evidente che i due metodi sono molto ben integrabili tra di loro, aumentando in questo
lefficacia terapeutica. infatti probabile sia che gli esercizi posturali della tecnica McKenzie
facilitino il fisiologico riallineamento delle fibre del tessuto fasciale manipolato, sia che la
migliorata motilit ottenuta con la Manipolazione fasciale permetta una pi corretta esecuzione
degli esercizi McKenzie.
Nell'allegato: le immagini e le tabelle Contatto: dottzanell
a@gmail.com
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