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TEORIA DELLA POLITICA INTERNAZIONALE Kenneth Neal Waltz

I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.

Leggi e teorie
Le teorie riduzioniste
Approcci sistemici e teorie
Teorie riduzioniste e teorie sistemiche
Le strutture politiche
Strutture anarchiche ed equilibrio di potenza
Cause strutturali ed effetti economici
Cause strutturali ed effetti militari
La direzione degli affari internazionali

I. Leggi e teorie
Leggi: dati empirici, di osservazione, descrittivi, risultati sperimentali che permangono
vera?
Teorie: processi speculativi introdotti per spiegare le leggi, che pertanto possono mutare sa
spiegare?
La capacit di previsione di una teoria dipende dal grado di conoscenza delle regolarit delle
leggi.
Modello: dato che la realt non corrisponde mai esattamente alla teoria, neppure il modello
che deriver da questultima le sar vicino. In una prima accezione il modello rappresenta la
teoria, in una seconda descrive la realt semplificandola. Pi un modello lontano dalla realt,
maggiore il suo grado di astrazione e semplificazione pi capace di spiegare la stessa.
Luso del metodo induttivo (Kant ed Einstein) centrale per descrivere la realt e formulare
leggi, inoltre per mettere alla prova dellesperienza le teorie. Ma le teorie descrivono le cause e
perci non possono partire dallinduzione, ma bens dallisolamento cio isolare un campo
dazione per poterlo affrontare razionalmente. Lutilit di questa sar valutata in base alla
possibilit di spiegazione e previsione. Perci le teorie costruiscono una realt e non la realt.
Come nasce una teoria
- con creativit
- per passare da spiegazioni di rapporti causali basati solo sui fatti alla formulazione degli
stessi allinterno di una prospettiva teorica particolare si pu procedere:
(1) con isolamento (considerare solo azioni e interazioni di un numero ristretto di fattori e di
forze assumendo ceteris paribus),
(2) con astrazione (trascurare alcuni elementi per concentrarsi su altri),
(3) con aggregazione (raggruppamento di elementi disparati secondo criteri di un piano
teorico),
(4) con idealizzazione (agire come se fosse raggiunta la perfezione o il limite sapendo che
nessuno dei due possibile).
Se una teoria formata da affermazioni descrittive teoriche le seconde andranno oltre i fatti
spiegandoli, ma se per formarle ci serviremo del metodo deduttivo (da premesse costruisco
risultati logicamente necessari) avremo teorie certe ma non nuove, mentre se adotteremo il
metodo induttivo (da analisi della realt ne do una sua interpretazione) avremo risposte nuove
ma non certe. Una teoria ha utilit proprio perch supera lapproccio induttivo-deduttivo con
un forte elemento di creativit. Per nostra natura siamo propensi a vedere solo ci che
cerchiamo e a cercare ci che il nostro senso del perch delle cose ci fa ritenere significativo.
A questo punto si apre la questione metodologica, una teoria cambia il significato dei termini e
deve fornire le operazioni necessarie per indicare elementi e modalit di collegamento fra i
termini, ovvero debbono fornire unidea di come funzionano le cose, di quale struttura facciano
parte gli aspetti studiati. Ma prima di procedere a formare indici di correlazione necessario
rispondere a tre domande:
a) loggetto di indagine permette limpiego del metodo analitico della fisica classica?
b) possibile applicare la statistica come si fa con numerose variabili?
c) Loggetto di studio non consente n il metodo fisico n quello statistico e quindi bisogna
procedere con approccio sistemico?
Con un oggetto complesso e organizzato vi sar una risposta affermativa allultima domanda.

Itinerario metodologico per verificare una teoria:


1) esporre la teoria da verificare;
2) dedurne ipotesi;
3) sottoporre le ipotesi a prove sperimentali e di osservazione;
4) nei punti 2 e 3 utilizzare le definizioni dei termini;
5) eliminare o limitare le variabili di disturbo non comprese nella teoria;
6) escogitare numerose prove difficili e di diverso tipo;
7) se la teoria non supera una prova chiedersi se rifiutarla interamente, se richiede ritocchi e
una nuova esposizione o se vada ristretto lambito delle sue pretese esplicative.
Mai rifiutare la teoria fallita e ricordare che la sua credibilit strettamente legata alla diversit
e difficolt delle prove a cui stata sottoposta. La maggiore difficolt per Waltz consiste
nellenunciare le teorie con abbastanza precisione perch ne valga la pena verificarle. Se una
teoria generale pu essere applicata in un panorama molto ampio non si pu pretendere che
spieghi gli aspetti particolari e specifici. Una teoria degna di verifica solo se logica, coerente e
verosimile.
Sar quindi necessario legare concetti teorici ad un numero ristretto di variabili per potere
trovare spiegazioni a cui si possano dedurre ipotesi poi verificabili.
II. Le teorie riduzioniste
Teorie riduzioniste: teoria della politica internazionale che si concentrano sulle cause a livello
nazionale.
Teorie sistemiche: teoria della politica internazionale che si concentrano sulle cause a livello
internazionale.
Le teorie riduzioniste si basano sullo studio delle parti di un intero per giungere alla conoscenza
di questo ultimo. Spesso i riduzionisti utilizzano altre discipline per studiare un soggetto ed
impossibile a priori stabilire quale livello di riduzione sia sufficiente, perch questo verr
stabilito solo attraverso lesame del soggetto e losservazione dei risultati. In molti hanno
cercato di spiegare la PI in termini di fattori psicologici e socio-psicologici, economici e politici
di livello internazionale. Ma tali teorie non politiche hanno pi volte dimostrato la loro fragilit.
Seppur lincentivo concreto alla riduzione sia quindi debole spesso stata utilizzata la riduzione
da chi per esempio crede che azioni e decisioni nazionali siano alla base di avvenimenti
mondiali. Nella pratica le decisioni nazionali sembrano realmente le pi importanti e ci unito
allincapacit delle teorie politico-internazionali di fornire spiegazioni convincenti ha
rappresentato un adeguato incentivo verso il riduzionismo.
Teoria dellimperialismo di Hobson e Lenin
Per Waltz sicuramente il miglior sviluppo del riduzionismo, non solo fornisce spiegazioni degli
eventi internazionali ma indica anche le condizioni nelle quali possa prevalere la pace fino a
spingersi a delle previsioni. Inoltre ha stimolato la nascita di contro-teorie che pretendono di
spiegare gli stessi fenomeni.
Se vero che le teorie contengono assunti teorici non empirici e che devono giustificare ci
che sostengono, gli assunti di tale teoria saranno economici e non politici dato quel che
abbiamo detto delle teorie riduzioniste (non politiche). Limperialismo dipende dalle condizioni:
1) che la teoria economica sia valida,
2) che le condizioni previste dalla teoria si verifichino nella maggior parte dei paesi imperialisti,
3) che tali paesi siano effettivamente imperialisti.
Waltz parla di maggior parte dei paesi non perch voglia rendere pi semplice la prova di
veridicit della teoria ma perch le eccezioni non possono invalidare la teoria se possono
essere spiegate, ossia tale teoria pu essere valida anche nel caso in cui tutti i paesi a
capitalismo avanzato non pratichino sempre limperialismo.
Imperialismo di Hobson (1902): come Malthus, anche egli anticipa Keynes mettendo in
discussione leconomia classica e la sua avversione allintervento pubblico nelleconomia, anzi
ha superato Malthus in quanto ha fornito le ragioni di una possibile insufficienza della
domanda, sostenendo che le imprese possono trovarsi in equilibrio anche quando leconomia si
trova in disoccupazione. Infatti Hobson sosteneva che il ricco non sar mai cos intelligenze da
spendere abbastanza per prevenire la sovrapproduzione in quanto la ricchezza concentrata

nelle mani di pochi. Perci come per Keynes le disfunzioni delleconomia sono causate da una
cattiva distribuzione della ricchezza da correggere con lintervento dello stato. Il suo approccio
macroeconomico, come quello di Keynes. I soggetti economici esposti a un profitto
decrescente e ad una sottoutilizzazione delle risorse in patria cercano di investire allestero ove
ci sono migliori opportunit trovandole spesso dove le risorse sono state meno utilizzate ossia i
paesi economicamente arretrati, insomma un paese economicamente sottosviluppato ha
carenza di capitali e ci produce un pi alto premio. A ci si aggiunge che i governi dei paesi
capitalisti sono spinti a sostenere le rivendicazioni dei propri cittadini per un miglior
trattamento nei paesi in cui operano e se ci fatto da un paese verr presto posto in essere
da altri, perci la spinta di investire allestero e la competizione hanno prodotto naturali ondate
imperialiste. Limperialismo perci non altro che luso dellapparato di governo per interessi
privati solitamente capitalisti per assicurarsi guadagni allestero. Seppur non si negano altre
determinanti, quelle economiche sono le principali. Da qui limperialismo visto come causa
della maggioranza se non di tutte le guerre moderne (Lasky) in quanto nellottica imperialista
la ricchezza ottenibile dalla guerra maggiore a quella ottenibile in pace. Sebbene
limperialismo punti alla creazione di ricchezza le perdite per gli stati imperialisti sono maggiori
dei guadagni in quanto questi ultimi vanno in quantit rilevante agli investitori mentre le spese
sono sostenute dalla nazione intera, come disse James Mill limperialismo un vasto sistema di
assistenza a domicilio per le classi alte. Se poi addebitiamo allimperialismo anche i costi di
guerra i costi eccedono ampiamente i guadagni. Agli effetti prodotti allinterno vanno aggiunti
quelli prodotti allestero, innanzitutto esportando capitale e know-how un imperialista permette
ai paesi arretrati di sviluppare le proprie risorse, con ci questi paesi potranno poi essere
sempre pi competitivi (qui Waltz prevede la grande crescita economica cinese).
Dalla parte di Lenin vi sono solo due punti di differenza con Hobson in quanto questultimo
stato per il leader bolscevico fonte di ispirazione. Se per Hobson limperialismo poteva essere
eliminato con la redistribuzione, Lenin credeva che i capitalisti non avrebbero mai permesso
tali politiche, perci limperialismo non era pi un orientamento dei paesi capitalisti ma
diventava una politica di tutti i paesi capitalisti nella loro fase monopolista.
Inoltre mentre Hobson credeva che la competizione fosse la causa dei conflitti tra paesi
imperialisti, nonch la causa di continui aumenti nelle spese in armamenti, Hobson vedeva
comunque con orrore la possibilit che gli stati capitalisti cooperassero tra loro per sfruttare
quelli arretrati, da par suo Lenin credeva che le intese di cooperazione non avrebbero mai
resistito nel tempo considerando il destino mutevole del capitalismo e le mutevoli opportunit
di investimenti esteri, per lui il capitalismo produceva inevitabilmente imperialismo e questo
portava alla guerra tra imperialisti. Su questo concetto si svilupper poi lidea del c.d.
socialismo in un solo paese.
A differenza di Hobson, Lenin vedeva con favore lo scontro fra imperialisti perch questo
avrebbe portato alla fine del capitalismo indebolendo i paesi avanzati a favore delle aree
arretrate. Qui Lenin si inserisce nella tradizione marxista, infatti per primi Marx ed Engel
riconobbero che il capitalismo portava con se la scomparsa delle differenze, perci accanto
allinterpretazione hobsoniana dellimperialismo Lenin manteneva lottimismo marxiano nel
vedere nel capitalismo i semi di uno sviluppo positivo che avrebbe portato alluniformit delle
condizioni di vita.
Mettendo alla prova la teoria economica dellimperialismo dobbiamo per prima cosa
interrogarci sulla validit della teoria economica. Innanzitutto si deve riconoscere che la spinta
agli investimenti esteri, che per i due autori proveniva dal sottoconsumo nazionale, non include
la necessit che per fare profitti fuori dal proprio paese sia necessario creare un impero, ossia
non sempre necessaria una conquista imperialista per garantirsi profitti cosa che dipende
invece dalle condizioni interne ed esterne. Perci una teoria economica non pu spiegare quali
siano le condizioni interne che determinano un comportamento esterno, ma pu solo definire
lapparire o meno di certi surplus. Perci tale teoria non supera la seconda e la terza prova
(vedi cap.I). A ci va aggiunto che la maggioranza dei paesi imperialisti che dovremo
considerare nellanalisi dovranno essere capitalisti e produrre surplus. Possiamo dire che dal
1870 in avanti alcuni stati imperialisti esportarono poco capitale nelle loro colonie e altri non
furono produttori di surplus, come anche non furono neppure capitalisti. Gli imperi di fine 800
avevano tra loro una enorme diversit di condizioni esterne ed interne, per esempio: la Gb
investiva met del proprio capitale nelle colonie e la maggior parte di questo negli Usa e ci
dovrebbe essere sconcertante per chi segue la teoria economica dellimperialismo, la Francia

investiva nei propri territori e commerciava molto con loro, il Giappone in Asia e la Russia in
Asia ed Europa orientale furono imperialisti ma non furono n capitalisti n produttori di
surplus. Tali differenze dovrebbero essere sufficienti a confutare la teoria e per loro stessa
ammissione sia Hobson che Lenin dichiaravano di volersi limitare a spiegare limperialismo in
capitalismo avanzato, perci ci porta a chiederci quali condizioni precedenti siano venute
meno e siano state rimpiazzate dal capitalismo nellottica dellimperialismo. Ma sicuramente
limperialismo fu tutto tranne che nuovo, la teoria economica dellimperialismo non fu altro che
una facile e affascinante risposta al perch gli stati a capitalismo avanzato furono
violentemente imperialisti e se consideriamo che gli stati importanti durante la stesura della
teoria di Hobson erano capitalisti ci rendiamo conto che lesplosione dellattivit imperialista a
fine 800 non pu che essere legata ai cambiamenti economici e quindi tecnologici allinterno
dei paesi capitalisti. Ma questo argomento non coglie nel segno, anche se Waltz non ha
intenzione di negare il ruolo del capitalismo nellimperialismo. La critica di Waltz andr infatti a
concentrarsi sulla riduzione ovvero sul considerare soltanto aspetti interni per spiegare
comportamenti esterni. Considerando i 3 surplus della storia (popolazione, beni, capitali)
dobbiamo fare due considerazioni.
1) Un paese imperialista deve produrre una o pi combinazioni di tali surplus,
2) il modo in cui il surplus prodotto e la forma di governo appaiono poco importanti. Se nella
storia gli imperialisti hanno avuto quindi diverse forme di governo e diversi modi di produzione
di uno o pi di quei surplus, parlare di imperialismo capitalista assolutamente riduttivo,
sarebbe meglio considerare un imperialismo di grande potenza. Perci i paesi imperialisti sono
stati tali perch capaci di produrre in modo pi efficiente tale surplus e quindi naturale che
nel momento storico del capitalismo il paese che sa produrre surplus di capitale in maniera pi
efficiente pu controllare meglio gli altri. Ci ci porta a spiegare semmai le condizioni per le
quali una potenza non diventa imperialista piuttosto che il contrario. Insomma il fenomeno
pi vecchio e pi generale della teoria offerta per spiegarlo, limperialismo di grande potenza
la formula che esprime la sua origine.
Dopo la IGM Lenin e i suoi seguaci ebbero lopportunit di verificare la veridicit delle loro
opinioni. Secondo Trotsky gli Usa, che ormai avevano sottratto alla Gb il primato di forza
capitalista, sarebbero stati i pi grandi fautori dellimperialismo e quindi le loro politiche
imperialiste sarebbero coincise con le cause delle guerre. In quegli stessi anni Schumpeter
forn una spiegazione dellimperialismo pre-capitalista, dove non erano gli elementi economici
ma quelli militari a prevalere in quanto seppur gli apparati militari non erano pi cos utili come
in passato questi continuavano a cercare prestigio attraverso la guerra appoggiati da gruppi
sociali che ne condividevano lo spirito. Perci per Schumpeter tali forze ataviche erano alla
base delle tendenze imperialiste arrivando ad affermare che gli Usa avrebbero potuto avere
uninclinazione imperialista meno accentuata degli altri. Questa concezione militarista port
Schumpeter a ritenere ben pi pericolosi degli Usa Giappone e Germania. Perci per Trotsky
limperialismo non era altro che lultima espressione maligna del capitalismo, mentre per
Schumpeter il capitalismo era intrinsecamente pacifista e quindi avrebbe assorbito gli elementi
anacronistici della societ. Non vi dubbio che Schumpeter e con lui Veblen abbiano previsto
ci che stava per succedere ma questo non sufficiente per verificare una teoria. Inoltre
entrambi hanno posto il problema fondamentale per i marxisti della seconda met del 900
ossia come salvare la teoria leninista una volta che gli stati capitalisti smettono di perseguire
politiche coloniali o sciolgono i loro domini coloniali. La soluzione a questo problema fu trovata
nel neo-colonialismo, concetto che separa limperialismo dallesistenza degli imperi in armonia
con quanto detto da Lenin che fu disposto a differenziare limperialismo dagli imperi, vedendo
nel primo una condizione interna piuttosto che delle conseguenze esterne ossia limperialismo
come lo stadio monopolista del capitalismo anche se per Lenin sarebbe stato inimmaginabile
un imperialismo senza colonie e con politiche che richiedevano pochi sforzi. La teoria neocolonialista sottolinea infatti la possibilit di controllare le risorse di altri paesi senza che sia
necessario lintervento del governo tale era il livello degli strumenti economici privati. La
seconda differenza fra vecchie e nuove teorie marxiste consiste nellinterpretazione degli effetti
dellimperialismo nei pvs ossia se Marx riteneva che i capitalisti si stessero scavando la fossa
con le proprie mani, i neo-colonialisti sottolineano che i paesi capitalisti abbiano tutto
linteresse di mantenere arretrati i pvs. Seppur i teorici neo-colonialisti affermano di aver
identificato e spiegato unaltra forma di nuovo imperialismo, lesame del loro pensiero ci porta
allindividuazione di punti fondamentali della teoria politico-internazionale.

Teorie che si auto-verificano


Teorie che sono ideate sulla scia di avvenimenti accaduti e che mancano della capacit di
anticipare i fatti. Per mantenere intatta la teoria leninista infatti i neo-colonialisti hanno
adattato la vecchia definizione alle nuove attivit, perci dallidea originaria che un impero sia
fondato sulla costruzione fisica dello stesso allidea che un paese sia in grado di operare
allestero senza costruirlo. Inoltre il fatto che il neo-colonialismo non abbia pi bisogno della
forza militare porta a sostenere che limperialismo mantenga la sua caratteristica di base, ossia
linfluenza dei ricchi sui poveri cosa che il primo passo per salvare la teoria leninista, perci
sostenere che qualunque attivit di capitalista allestero imperialismo, come i neo-colonialisti
fanno nel loro attacco al libero scambio, aiuta a trasformare la teoria dellimperialismo in una
che si auto-verifica. Non si fatto altro che ridefinire il comportamento degli stati capitalisti
per adattare la definizione delloggetto della teoria ad avvenimenti gi accaduti.
Strutture senza comportamento o scomparsa della funzione
Galtung nella sua teoria strutturale dellimperialismo vede limperialismo come una relazione
tra stati ricchi economicamente in equilibrio e stati poveri in squilibrio pertanto fa confusione
tra elementi sistemici, ossia la distribuzione delle potenzialit, e attributi nazionali, perci pone
in essere una riduzione e questo comporta una perdita di utilit del concetto di struttura che
utile solo se visto nella capacit di influenzare il funzionamento del sistema e il modo in cui le
funzioni sono svolte. Definire la struttura in termini di attributi nazionali porta lidentificazione
di questi con i risultati che si cerca di spiegare. La costruzione di Galtung porta a identificare
nellaumento del divario delle condizioni di vita tra paesi ricchi e poveri la condizione per
limperialismo e quindi nello sfruttamento verticale tra paesi il motivo principale
dellimperialismo. Ma tali congetture sono vanificate dalla realt, infatti diversi paesi fornitori di
materie prime hanno avuto periodi di fertilit economica, perci non solo Galtung descrive e
non spiega ma le descrizioni sono anche errate. Per Galtung tutto si riduce in una relazione tra
sfruttati e sfruttatori dove paesi in squilibrio interno vengono sfruttati da paesi in equilibrio
interno. Non solo Galtung non spiega il perch ma inoltre sbaglia a descrivere la situazione in
modo cos semplicistico. Inoltre Waltz critica Galtung perch non si rende conto che senza
lintervento dei paesi avanzati le economie arretrate sarebbero state destinate ad una
situazione ancor peggiore di quella attuale. Infatti per Waltz le cause della ricchezza come
quelle della povert devono essere viste allinterno dei confini nazionali.
Il credo per cui i paesi ricchi si arricchiscono a spese dei poveri diventato permanente per i
neo-colonialisti e non pi condizione temporanea come era nelle prime analisi marxiste per i
motivi seguenti.
Eccesso di spiegazione e problema del cambiamento
Per salvare le tesi leniniane i neo-colonialisti hanno fatto entrare nella definizione di
imperialismo qualunque tipo di relazione ineguale. Per esempio i neo-colonialisti hanno
sostenuto che i guadagni provenienti da investimenti allestero, ben pi alti degli stessi
investimenti, venivano assorbiti dalle spese militari (improduttive) per evitare la stagnazione
economica. Ma questa spiegazione non si applica a diverse economie importanti come quella
tedesca o giapponese. Perci anche altri tipi di investimenti pubblici e privati possono svolgere
la stessa funzione della spesa militare. Quindi linvestimento estero degli stati non pi
considerato come sistema di compensazione del sottoconsumo interno, come anche provato
che i pvs non promuovano pi la crescita interna con il capitale straniero. Se i pvs non
acquisiscono capacit di resistere allinvasione del capitale straniero, lo squilibrio a favore dei
paesi ricchi sar sempre pi grande e perci lunico mezzo per combattere limperialismo
quello di ridistribuire a livello internazionale il reddito, per esempio attraverso lunione dei
paesi poveri (Galtung) anche se dallunione di poveri difficile che nasca una forza vera e
propria.
Lenin, Hobson e i neo-colonialisti offrono spiegazioni economiche del comportamento esterno
degli stati con differenze pi accentuate tra i neo-colonialisti e Lenin piuttosto che tra Lenin e
Hobson. Questi ultimi vedevano nel capitalismo la causa dellimperialismo e quindi nella sua
eliminazione o regolamentazione la soluzione del problema. I neo-colonialisti adattando una
vecchia teoria a nuovi scenari commettono errori meno perdonabili perch non offrono
spiegazioni ma ridefinizioni. Ovviamente lapproccio riduzionista fa di una teoria che pretende

di essere generale una teoria parziale. Ci aiuta ad analizzare alcune politiche imperialiste ma
non considera che le cause economiche non sono le sole e tanto meno le pi importanti, non
considera gli imperialismi passati non capitalisti e che linfluenza negativa del forte sul debole
vi sia solo quando il primo capitalista. Sostengono che cambiando le caratteristiche degli stati
la guerra non sar pi necessaria, ma dimenticano che stati non imperialisti e non capitalisti
hanno fatto tra loro guerre. Le stesse cause producono spesso effetti diversi ed effetti diversi
possono essere prodotti da cause identiche, perci necessario un approccio sistemico anche
se il fallimento dellapproccio riduzionista non spiega il possibile successo degli altri approcci.
Oltre a trovare una teoria sistemica pi convincente di quelle riduzioniste sar quindi
necessario esaminare le ragioni del fallimento di queste ultime.
III. Approcci sistemici e teorie
Innanzitutto va chiarita la distinzione tra la riduzione e la spiegazione dei risultati politici
attraverso sistemi differenti. Se Marx spiegava la politica degli stati in funzione delle loro
economie, Wallerstein cerca di spiegare le politiche statali in funzione delleconomia capitalista
mondiale intesa come unico sistema mondiale tra il IX e il XX secolo, ma tale modello viene
confuso con la realt. Per Waltz lobbiettivo di una teoria della politica internazionale quello di
spiegare i risultati di questa e solo poi fornire informazioni sulle politiche estere degli stati e
altro. Non detto che se una teoria politica pu dire qualcosa sulleconomia questa possa
essere sostituita da una teoria economica. Perci seguendo anche il contributo di Wallerstein
nel sottolineare le interazioni tra sistemi nazionali ed internazionali che coesistono Waltz ritiene
necessaria una teoria sistemica.
Una teoria sistemica potr essere tale solo se individuer parte della spiegazione degli effetti a
livello politico internazionale.
Approcci sistemici
Mettendo a confronto gli approcci analitici con quelli sistemici possiamo vedere che il metodo
analitico richiede la riduzione delle entit alle sue parti distinte e lesame delle propriet e delle
relazioni di tali parti. Lintero compreso attraverso lo studio dei suoi elementi e le relazioni
esistenti fra ogni coppia di variabili vengono studiate separatamente. Una volta fatto ci i
fattori sono combinati in unequazione in cui le coppie di variabili appaiono come le variabili
della legge causale. Tale metodo funziona dove vi sono relazioni tra parecchi fattori e inoltre
rende la procedura molto pi semplice ma spesso produce analisi non sufficienti, infatti potr
essere accettata solo laddove gli effetti sistemici sono assenti o deboli. Il metodo sistemico
definito come insieme di unit interagenti, considera un primo livello ossia la struttura che
consente di pensare alle unit come formanti un insieme distinto dalla semplice somma delle
parti e un secondo livello dove il sistema formato da unit interagenti. Lo scopo spiegare
come questi due livelli operano ed interagiscono pertanto necessario separarli in quanto un
approccio sistemico deve essere in grado di mostrare un livello strutturale separato dal livello
delle unit interagenti, insomma nelle definizioni delle strutture devono essere trascurati gli
attributi e le relazioni delle unit. Lo scopo di tale teoria, per alcuni, non solo quello di
definire le condizioni di equilibrio ma anche definire come possono essere mantenute, per altri
deve mostrare come i sistemi determinino il comportamento delle unit e le loro interazioni
come se le cause operassero soltanto verso il basso. Waltz ritiene che sia sbagliato limitare le
teorie sistemiche a questi soli due obiettivi, ritiene che per primo una teoria debba individuare
la prevedibile evoluzione delle strutture e la loro capacit di durata e di mantenimento della
pace, secondariamente devono mostrare come la struttura influenzi le unit e viceversa. Ma
passare da un approccio ad una teoria sistemica necessit di alcuni ulteriori approfondimenti.
Bisogner indicare il peso relativo delle cause sistemiche e sottosistemiche e il modo in cui tali
forze ed effetti cambiano da un sistema allaltro.
Analisi di tre importanti teorie
1) Rosecrance
La struttura costituita da 4 elementi: una fonte disgregante o imput, un elemento regolatore,
un insieme di costrizioni ambientali che modificano gli imput e il regolatore e dai risultati.
Gli stati sono il fattore disgregante seppur con diverse gradazioni (da stati rivoluzionari a stati
conservatori). Lelemento regolatore sono le istituzioni internazionali, lambiente linsieme

delle costrizioni fisiche che influenzano la politica. In questo caso non esiste nessun concetto di
sistema che influenzi il comportamento e le relazioni degli stati, perci Rosecrance ha descritto
una struttura non elaborato una teoria e inoltre la struttura fatta in modo tale da
determinare la conclusione. Sia la sua opinione riguardo linsicurezza interna delle lite che
tenderebbe ad essere correlata con linstabilit internazionale, sia gli stati visti come elementi
di disturbo sono punti di vista limitati. Successivamente Rosecrance cerca di spiegare i
mutamenti internazionali attraverso i mutamenti nelle componenti della sua analisi, ma ci
porta questa a divenire empirica ed analitica ma non sistematica in quanto le componenti sono
giudicate in grado di produrre le trasformazioni e nessuna di esse a livello sistemico, il
sistema per Rosecrance non ha alcuna influenza sulle azioni degli stati e sulle interazioni tra
essi, pone a livello sistemico i risultati e a livello sub-sistemico le cause e perci un approccio
riduzionista.
2) Hoffmann
Per lui il sistema internazionale un modello di relazioni fra unit di base della politica
mondiale ma la struttura vista in questo modo cos globale e vaga che perde il suo significato
e ci la conseguenza necessaria dei metodi e degli obiettivi di Hoffmann. Innanzitutto per
Waltz Hoffmann ha una visione del sistema come schema analitico o costruzione intellettuale,
ossia un modo per organizzare i dati e come postulato, ossia lesistenza di modelli di relazioni
distinguibili e variabili chiave distinguibili. Pertanto i sistemi sono anche delle realt, egli crede
allesistenza certa dei sistemi nazionali mentre considera ipotetica quella dei sistemi
internazionali. Il suo obiettivo la ricerca della realt, di relazioni regolari fra unit che
raggiungono un certo grado di intensit distinguendo la componente internazionale dagli affari
interni delle unit studiate come parzialmente consapevoli delle loro interdipendenze. In
Hoffmann non evidente la ragione per cui si dovrebbe postulare lesistenza reale dei sistemi
internazionali, perci necessario studiare lintero attraverso le sue parti, qui che Hoffmann
elogia Aron. La confusione che Hoffmann fa tra unit e struttura chiarisce il motivo del
fallimento di tale teoria, non distingue fra mutamenti derivati dalle parti e mutamenti derivati
dal passaggio di sistema. Hoffmann ritiene perci che lunico modo per comprendere un
mutamento di sistema sia la comparazione storica e che ogni cambiamento importante sia
cambiamento di sistema, perci qualunque cambiamento di grande portata negli stati diventa
un cambiamento della struttura, di sistema. Hoffmann parla di rivoluzione fondamentale
quando confonde il cambiamento nel sistema con un cambiamento di sistema, facendo
diventare il sistema la descrizione esaustiva di ogni elemento che serva a definirlo, ci
potrebbe portare alla convivenza possibile tra diversi sistemi in uno stesso momento.
Hoffmann include tutto nella struttura, le cause si confondono e seppur definisca la struttura in
parte come disposizione delle parti, ossia struttura del potere, e in parte secondo le loro
caratteristiche, ossia omogeneit ed eterogeneit degli stati, arriva per ad inserire le
caratteristiche concrete di questi dentro la definizione di struttura definendola come un insieme
di sistemi e confondendo cos cause ed effetti. Inoltre parlare di struttura di potere e di
eterogeneit ed omogeneit degli stati per Waltz significa combinare diversi livelli di astrazione
e dato che la definizione di struttura di Hoffmann descrittiva ci abbassa molto lastrazione.
Combinare differenti livelli vuol dire rendere impossibile una risposta. Anche Hoffmann come
Rosecrance descrive. La confusione di tale modello permette ad Hoffmann, per sua stessa
ammissione di determinare gli effetti in modo arbitrario, ma importante invece analizzare
come Hoffmann evoca i sistemi. Come Aron Hoffmann ritiene che gli attori principali
determinano il sistema pi di quanto questo non abbia fatto sui primi, da qui Hoffmann prende
in considerazione la possibilit di rileggere le opere rousseauiane, che ponevano laccento sulla
considerazione del contesto pi che degli attributi delle unit, in funzione dello studio di stati
ideali che producano la pace senza bisogno della c.d. lega mondiale di Kant. Il vero punto di
vista di Russeau era invece quello di considerare la pace tra gli stati possibile solo con uno
scarso livello di relazioni tra loro. Anche la previsione fatta da Hoffmann nel 1970 che il
sistema bipolare si sarebbe trasformato in sistema fatto da 5 potenze si rivel presto frutto
della confusione di elementi strutturali diversi. Tale cambiamento ipotizzato da Hoffmann era
figlio della convinzione che le politiche degli stati possano definire la struttura del sistema,
perci anche in questo caso si tratta di riduzione. Gli approcci sistemici analizzati fino ad ora
interrompono le analisi delle cause a livello sistemico, ma sostenere una teoria sistemica non
vuol dire che il sistema determini i comportamenti e gli attributi degli stati ma significa tenere
aperta la questione di quale sia il peso relativo dei fattori di livello unitario e sistemico. Lanalisi

di Hoffmann definita da Waltz tolemaica perch come il sistema tolemaico proiettava i


movimenti terrestri sui corpi celesti, anche la teoria di Hoffmann proietta il comportamento
degli stati come unico determinante del sistema ed per questo che ogni volta che vi un
mutamento interno egli obbligato a parlare di mutamento internazionale, di una nuova
struttura. Ma i meriti di Hoffmann sono il fatto di ritenere il sistema come struttura di relazioni
e globale che influenzano il comportamento degli stati da cui la struttura formata. Ma di certo
basare lanalisi solo ed esclusivamente sullo studio della storia riduttivo.
3) Kaplan
Se Hoffmann e Rosecrance trovano a livello di unit le cause per i mutamenti di sistema,
Kaplan pone al centro della sua teoria un sistema di azione basato su principi organizzativi e su
configurazioni di potere. Diverse furono le critiche che autori come Lieber e Hoffmann
muovono a Kaplan in quanto questultimo opera semplificazioni per costruire una teoria e dal
punto di vista di Waltz questo un assoluto pregio. Seppur le pretese di Kaplan siano
straordinarie necessario analizzare i 6 sistemi che considera:
- di equilibrio,
- bipolare elastico,
- bipolare rigido,
- di unit-veto,
- universale
- gerarchico.
Le 5 variabili sufficienti a descriverli sono:
- le regole fondamentali del sistema,
- le regole della trasformazione,
- le variabili classificatorie degli attori,
- le variabili risorse
- le variabili informazione.
Data la mancanza di un modello di interazione tra le variabili quella di Kaplan non pu essere
definita una teoria, seppur la variabile regole fondamentali del sistema sembra essere
maggiormente importante.
Il sistema dellequilibrio quello a cui Kaplan ha dedicato maggiore attenzione, definendolo
come composto da 5 attori principali. Le regole di tale sistema sono:
- agire per incrementare le proprie risorse ma negoziare piuttosto che combattere,
- combattere piuttosto che rinunciare ad unopportunit,
- cessare di combattere piuttosto di eliminare un attore essenziale,
- opporsi ad ogni coalizione o singolo attore che tenti di assumere una posizione di
predominio del sistema,
- opporsi agli attori che sottoscrivono i principi dellorganizzazione sopranazionale,
- permettere allattore internazionale sconfitto o in difficolt di rientrare nel sistema come
partecipante accettabile
- agire per portare a questo livello un attore prima non essenziale, ossia trattare tutti gli
attori essenziali come partner accettabili.
Come sottolineato anche da Riker spesso queste regole possono rivelarsi contradditorie,
perci la riscrittura nel seguente modo potr renderle pi chiare:
- agire nel modo pi economico possibile per aumentare le proprie risorse (1 e 2),
- proteggersi dagli altri attori secondo i principi della regola a (4 e 5),
- agire per mantenere il numero di unit essenziali del sistema (3 e 6).
Come rivela Kaplan la regola a egoistica, la b razionale mentre la c basata sulla
socializzazione ossia sulladozione da parte degli stati di prescrizioni del sistema come
programma per le loro attivit. In altri termini le regole a e b sono il corrispettivo della
teoria microeconomica mentre la regola c in termini economici suonerebbe come non
portare nessuno al fallimento. Il fatto che gli stati producano un determinato risultato solo
se motivati a farlo porta lanalisi di Kaplan pi lontana dalla teoria sistemica pur senza
fornire una ragione di tale opinione. Kaplan non riuscito ad individuare i concetti che gli
avrebbero permesso di mettere sotto controllo la politica internazionale. Kaplan non
definisce n il sistema e lambiente in cui questo si colloca, n la struttura del sistema in
modo che la sua identit sia distinguibile dalle variabili interne e dalle loro interazioni. Dalle
definizioni di Kaplan pare che tutti gli elementi importanti per un sistema si trovino al suo
interno ma poi comincia a considerare dei c.d. elementi di disturbo esterno pur non

definendoli. Le variabili sistemiche di Kaplan sono le regole fondamentali e quelle di


trasformazione, seguendo queste il sistema rimarr in equilibrio in quanto Kaplan ha
equiparato le motivazioni ed il comportamento degli attori ai risultati delle loro azioni. Le
regole di trasformazione entrano in gioco solo quando le condizioni ambientali siano tali da
indurre mutamenti nel comportamento tipico, cio nelle regole fondamentali, perci non vi
sar nessun mutamento se gli attori continueranno a seguire tali regole. Perci se i
cambiamenti avvengono solo per mutamenti dei comportamenti degli stati questi
coincidono con lambiente e ci porta a una impossibilit di cambiamento. Kaplan definisce
gli stati come sottosistema dellambiente, perci questi diventano sia ambiente che
sottosistema. Infine, parla di sottosistema come mercato oligopolistico ma tale tipo di
mercato la negazione di un approccio sistemico perch quello in cui appare
indeterminata linfluenza delle aziende sul mercato e viceversa. Kaplan non definisce
lambiente come diverso dalla comunit di stati e non spiega come sistemi e sottosistemi si
influenzino. Kaplan incapace di stabilire unentit del sistema distinta dal suo ambiente e
dalle parti perci limitato nel distinguere tra realt e modelli finisce col dare peso solo
allinfluenza degli stati sul sistema e non viceversa e ci in contraddizione con la teoria che
ha intenzione di formulare. Perci Kaplan non riesce a distinguere tra linterazione delle
unit e la loro disposizione pur dichiarando che i suoi sistemi sono validi con qualunque tipo
di stato, questo spiegato in modo talmente vago da offrire scarse spiegazioni del
comportamento degli stati fino al punto che tutto finisce col dipendere dalle caratteristiche
degli stati e ci comporta un approccio riduzionista. Kaplan analizza funzioni e processi
soffermandosi sul comportamento e interazioni tra stati e ci porta la sua analisi ad un
livello riduzionista. Kaplan elabora un metodo sullesame del carattere delle interazioni
delle variabili e dallinsieme di queste preso come rappresentazione del sistema. Questo
ultimo punto pu essere spiegato nel modo seguente. Prendendo il concetto di feedback,
considerato come un qualcosa che opera solo allinterno di un organizzazione senza
significato tecnico distinto al di fuori di un ordine gerarchico, per esempio Kaplan utilizza
lesempio del termostato regolatore di una fornace: strumento controllore e uno controllato
che produce un determinato risultato, ma Kaplan usa il termine feedback senza
preoccuparsi della sua adeguatezza formale ossia il fatto che indichi solo che in certe
condizioni alcuni stati cambieranno con certe probabilit le loro politiche in risposta alle
mosse di altri stati i quali a loro volta saranno influenzati dai mutamenti altrui, ma in
questo caso no vi nessuna distinzione tra attore controllato e controllore.
In definitiva 3 sono le difficolt maggiori nel lavoro di Kaplan:
1) dimentica che lequilibrio trova applicazione in qualsiasi situazione ove due o pi unit
coesistono in un sistema fondato sullautodifesa, ossia in anarchia.
2) Un approccio sistemico dovrebbe considerare le cause a livello di sistema accantonando gli
attributi degli stati, invece Kaplan nega che gli attributi abbiano un posto nella struttura ma li
inserisce clandestinamente attraverso le regole da lui ideate, cosa che da a Kaplan parte della
responsabilit riguardante labitudine di includere le configurazioni di alleanze nelle strutture di
sistemi.
3) Un approccio sistemico necessario solo quando la struttura e le unit si influenzano
reciprocamente. Una struttura pu essere predominante sugli attributi o sulle interazioni tra
attori, ma lungi dallessere predominante una struttura sistemica agisce come limite delle unit
del sistema imponendo comportamenti che perpetuano il sistema. Questo limite evidente nel
momento in cui Kaplan definisce il sistema internazionale come sottosistemi dominanti ma
questi ultimi non sono un sistema e anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un approccio
riduzionista.
Tra chi utilizza il termine sistema o struttura come parole in voga nel gergo e chi struttura il
suo lavoro sul modello generale dei sistemi vi grossa differenza. Dato che il sistema un
organizzazione completa ordinata gerarchicamente e con parti differenziate che svolgono
funzioni specifiche assolutamente difficile definire il sistema internazionale come tale. La
politica internazionale manca di quellordine gerarchico che renderebbe appropriato un
approccio sistemico.

IV. Teorie riduzioniste e teorie sistemiche

Le teorie sono riduzioniste o sistemiche a seconda dellordine che danno al materiale che c a
disposizione. Quelle riduzioniste spiegano i risultati internazionali attraverso elementi e
combinazioni di elementi di livello nazionale e sub-nazionale. Intendono spiegare quindi le
conseguenze esterne attraverso cause interne, perci il sistema internazionale non altro che
una semplice conseguenza. Le teorie riduzioniste non sono altro che teorie sul comportamento
delle parti. Per esempio, le teorie dellimperialismo (cap. 2) vedono le conseguenze
internazionali come somma dei risultati prodotti da stati separati i cui comportamenti vengono
spiegati solo attraverso le caratteristiche interne. Hobson basa la sua analisi sulle
caratteristiche delle economie nazionali come causa del sistema internazionale. Abbiamo
appurato che ci non necessariamente vero. Durante tutto il XIX secolo fino allorientamento
tradizionale o moderno della scienza politica vi stata una tendenza alla reificazione dei
sistemi riducendoli alle parti interagenti, seppur i tradizionalisti erano pi orientati allo studio
della storia e i modernisti si attengono ad un approccio scientifico non deve sembrarci strano il
fatto di accomunarli in questo caso. La struttura interna differente da quella internazionale
per i tradizionalisti in quanto nella prima vi organizzazione, un governo, nella seconda vi
anarchia. I modernisti invece non sottolineano tale differenza in quanto se la differenza di
contesto trascurata o negata la differenza qualitativa tra politica internazionale ed interna
viene meno. Ma ci non deve farci perdere di vista la sostanziale identit metodologica che
porta Waltz a definire modernisti e tradizionalisti come dei riduzionisti. Sia tradizionalisti che
modernisti, pur partendo da considerazioni differenti arrivano a sostenere che il pericolo
maggiore per la instabilit internazionale sta nella presenza di stati rivoluzionari, portatori di
una morale che si contrappone a quella della comunit degli stati. Morgenthau Kissinger
(questultimo solo in qualit di politologo e non di segretario di stato) ritengono che un ordine
internazionale legittimo sia quello accettato da tutte le maggiori potenze mentre quello
rivoluzionario rifiutato da una o pi potenze, perci quello legittimo tende alla stabilit e alla
pace mentre quello rivoluzionario tende alla guerra e allinstabilit. Da qui la necessit di
intervenire allinterno degli stati per fare in modo di creare una morale comune, cosa che per
Kissinger non fece una volta giunto alla segreteria di stato Usa. Levy sostiene che ci siano delle
societ da modernizzare per portare stabilit nel mondo. Insomma, in questo modo abbiamo
provato che seppur da punti di vista diversi gran parte della dottrina considera linstabilit
come conseguenza della presenza di stati rivoluzionari e quindi bellicosi, ma a volte stati
rivoluzionari hanno avuto interesse alla stabilit cos come stati non rivoluzionari hanno avuto
interesse allinstabilit. Perci Veblen e Schumpeter spiegano limperialismo con lo sviluppo
sociale interno, Hobson con la struttura economica interna, Levy crede che sia la stabilit
nazionale a determinare quella internazionale, Kaplan parla di politica internazionale come
sottosistema dominante, per Aron le caratteristiche dei poli del sistema sono pi importanti del
numero di questi, e per Kissinger e Morgenthau necessario intervenire negli affari interni per
assicurare la stabilit internazionale, infine Rosecrance considera il sistema internazionale
come causa ed effetto trasformando lanalisi della politica internazionale in una correlazione tra
condizioni interne e risultati internazionali.
Per Waltz non sufficiente lo studio delle caratteristiche interne in quanto non possibile da
ci trarre alcuna generalizzazione, continueremmo a descrivere ma non a comprendere. Tutto
ci che non viene compreso a livello di sistema viene sostituito da nuovi attributi delle unit,
ci comporta una creazione infinita di variabili e di indici di correlazioni che sono solo
fuorvianti. Non si pu dire con certezza che tutti gli effetti prodotti dal sistema possano essere
attribuiti alle unit. Se attribuiamo il mutamento agli attori, a chi attribuire allora la continuit,
ovvero la politica internazionale vista spesso come regno del caso ma bench abbondino i
mutamenti le continuit sono ugualmente e anche pi impressionanti.
Per esempio, il primo libro apocrifo dei Maccabei pu essere visto in continuit con la IGM,
Tucidide viene considerato nelle analisi di Hobbes e addirittura Halle lo ritiene rilevante nellera
delle superpotenze. Lo stesso carattere anarchico della politica internazionale una continuit
nei millenni, le relazioni si modificano raramente per qualit o tipo. Dato che tale continuit
accettata dalla maggior parte degli studiosi ci si chiede perch lapproccio riduzionista abbia
avuto tanto successo. Tali approcci sono pi figli degli errori degli studiosi piuttosto che vere e
proprie teorie internazionali, per esempio come potremmo spiegare il comune destino di Usa e
Urss se non attraverso motivazioni sistemiche dato che le interazioni tra i due soggetti sono
scarse. Inoltre continuit e ripetizione mostrano anche il fallimento della c.d. formula del

rovesciamento. Per esempio, gli studiosi che hanno stabilito le cause delle guerre in funzione
delle forme di stato o delle ideologie di stato dovrebbero spiegare il perch la guerra si
sviluppa anche in presenza di condizioni differenti.
Dato che alcune cause interne spesso non corrispondono agli effetti osservati a livello
internazionale vi necessit di un approccio sistemico. Le cause di livello internazionale ed
interno interagiscono tra loro. Waltz a questo punto comincia a spiegare come si costruisce una
teoria sistemica.
Innanzitutto la necessit di astrarre dalla realt, ossia cercare la semplicit, trascurare ci che
vediamo e la nostra esperienza utilizzare un numero limitato di variabili, limitare lambito del
nostro interesse, organizzarlo e semplificare i materiali, concentrasi sulle tendenze centrali e
scegliere le forze propulsive pi importanti.
Innanzitutto una teoria sistemica spiega la regolarit di comportamento, creando aspettative
sui risultati prodotti dalle unit interagenti entro campi di variazione. Ovviamente il
comportamento degli stati indeterminabile e questa la questione irrisolta. Lapproccio
comportamentista procede elaborando proposizioni su comportamento, strategie ed interazioni
ma tali proposizioni sono a livello delle unit e non sistemiche. Perci fondamentale spiegare
le ragioni per cui i risultati attesi variano entro determinati limiti, spiegare le ragioni del
ricorrere di certi modelli di comportamento e di certi eventi inclusi quelli voluti da pochi attori o
nessuno. La struttura agisce come limite e forza ordinatrice. Una teoria sistemica deve
spiegare e prevedere le continuit e deve avere capacit esplicative e predittive senza
dimenticare la c.d. eleganza ossia una validit generale delle spiegazioni e delle predizioni. Una
teoria potr fornire spiegazioni sul ricorrere delle guerre ma non potr predire lo scoppio di
guerre particolari. La trascuratezza dello studio delle strutture dovuta al fatto che il
perdurare di queste le ha fatte percepire come statiche, quasi come un concetto vuoto. Ma le
strutture possono cambiare improvvisamente, infatti una teoria spiega il cambiamento da un
sistema allaltro. Gli stati europei passarono dal multipolarismo al bipolarismo e proprio grazie
a questo minore peso dei paesi europei questi hanno potuto immaginare una maggiore
cooperazione tra loro. Una teoria in definitiva spiega le trasformazioni da un sistema allaltro,
descrive e comprende in modo strutturale le pressioni al modo in cui sono soggetti gli stati ma
non pu prevedere le loro azioni. Sarebbe poco utile negare lesistenza di importanti
discontinuit, infatti una teoria sistemica deve spiegarle. Inoltre una teoria deve considerare le
forze in gioco a livello internazionale non a livello nazionale. Significa costruire una teoria della
politica internazionale senza costruire una teoria delle politiche estere. come il mercato che
viene inteso come forza ordinatrice senza necessariamente conoscere le politiche delle singole
imprese. necessario quindi spiegare la politica internazionale considerando la posizione degli
stati, la distribuzione del potere, considerando le politiche estere soltanto per spiegare alcuni
aspetti. Senza dubbio una teoria scritta nei termini di grande potenza di unepoca, ma senza
dubbio il destino degli stati pi influenzato dagli stati maggiori piuttosto che i piccoli anche se
concentrarsi sui grandi non vuol dire considerare i piccoli. La struttura una causa perci pu
essere intesa sia
(1) per designare un dispositivo che opera per produrre ununiformit di effetti a dispetto della
variet degli input, sia
(2) come insieme di condizioni e costrizioni.
Nel primo caso Waltz utilizza il termine agente o organizzazione nel secondo caso struttura. La
struttura influenza il comportamento degli agenti e quindi il risultato perci non bastano i
comportamenti e le intenzioni per analizzare i risultati, non producono gli effetti direttamente e
quindi non operano come agenti. Questi ultimi infatti operano in modo diverso ma sono
influenzati dalla struttura.
Due sono i modi attraverso i quali si producono effetti per influenza della struttura:
a) la socializzazione degli attori,
b) competizione tra gli attori.
Socializzazione: per esempio il comportamento di una coppia pu essere considerato solo
analizzando il comportamento di entrambi e non un comportamento unilaterale, ciascun
soggetto gioca una partita allinterno della partita. Il fatto che la struttura ci influenzi non
significa cessare di essere noi stessi ma diveniamo noi stessi e qualcosa daltro nello stesso
tempo, ci trasformiamo ma non possiamo attribuire la causa ad un agente. La socializzazione
porta dunque i membri di un gruppo ad agire in conformit con le sue norme, alcuni membri

agiranno in modo deviato perch riterranno repressive quelle norme e verranno ridicolizzati
dagli altri e ci potr sia rimetterli in linea che escluderli dal gruppo ma comunque si manterr
lordine.
Competizione: se la socializzazione avviene allinterno dei singoli segmenti la competizione
ha luogo fra i seguenti di una societ, anche se entrambe incoraggiano le similarit di attributi
e comportamento, la competizione genera ordine a cui le unit si adeguano. Per esempio
Smith nel 1776 crea una teoria in cui sono le costrizioni strutturali a dettare il comportamento
degli attori, partendo da alcuni assunti come la massimizzazione del profitto e anche quando
qualcuno non vorr massimizzare il profitto la razionalit della struttura del sistema (qualcuno
pi efficiente di un altro nelloffrire un bene o servizio) porter tutti a emuler il pi efficiente.
La regolarit va ricercata nei risultati e non negli input.
Socializzazione e competizione sono processi di riduzione della variet dei comportamenti,
lordine pu essere mantenuto grazie a reciproci adattamenti in assenza di un aggiustatore. In
definitiva strutture differenti possono produrre gli stessi risultati anche quando unit e
interazioni variano, per esempio concorrenza perfetta, collusione perfetta e controllo assoluto
producono gli stessi risultati. Cause differenti possono produrre effetti differenti e viceversa.
Un sistema che indipendente dalle condizioni iniziali si dice che mostri equi-finalit, perci il
sistema la migliore spiegazione di s stesso. La struttura va studiata di per s, necessario
mostrare il modo in cui i livelli di sistema e unit possono essere distintamente definiti e quindi
va marcata tale differenza, ed quello che Waltz fa nel capitolo V.
V. Le strutture politiche
Waltz propone prima lanalisi della struttura sociale per poi definirla in senso politico, sia a
livello nazionale che internazionale. Un sistema composto da una struttura e da unit
interagenti. La struttura lunit estesa a tutto il sistema che rende possibile pensare al
sistema come un intero. Sar necessario quindi distinguere, astrarre tale definizione dalle
caratteristiche delle unit, dal loro comportamento e dalle loro interazioni per arrivare a
concetti teoricamente utili. Inoltre sar utile trascurare tutto ci che non rilevante
teoricamente e a questo punto finisce la fase negativa.
Esclusi pertanto attributi e interazioni, ci che rimane come ricorda Nadel il doppio significato
di relazione, utilizzato sia per indicare le relazioni delle unit che le posizioni che esse
occupano luna nei confronti delle altre. Il primo significato linterazione, perci dovremo
considerare solo il secondo significato, perci il modo in cui le unit si combinano propriet
del sistema e non delle unit stesse.
Tre saranno le conseguenze di ci:
1) le strutture possono resistere anche quando variano le caratteristiche delle unit; 2) una
definizione di struttura pu essere applicata a diverse parti purch lordine sia simile;
3) le teorie sviluppate per un settore potranno rivelarsi utili anche per gli altri.
Una struttura quindi definita dallordine delle sue parti, solo i cambiamenti di tale ordine sono
strutturali e struttura e parti interagenti compongono il sistema. Essendo entit astratta non
pu essere definita attraverso caratteristiche materiali del sistema ma solo attraverso lordine
e i suoi principi regolatori.
Unit combinate e contrapposte in modo differente si comportano diversamente producendo
risultati diversi. La struttura della politica interna la prima analizzata da Waltz che comincia a
studiarla ponendosi una domanda, ovvero qual il principio ordinatore delle parti.
Considerando che la struttura definisce lordine o la disposizione delle parti e quindi non
costituita dalle istituzioni ma sulla loro disposizione.
La politica interna ordinata in modo gerarchico, gli attori politici differenziati in base
allautorit attraverso funzioni specifiche, in funzione di una posizione che muta al mutare del
potere relativo.
Pertanto la struttura politica interna definita:
1) attraverso il principio ordinatore,
2) secondo la specificazione delle funzioni di unit formalmente differenziate,
3) attraverso la distribuzione del potere fra le unit.
Qualunque altro elemento trascurabile dato che dobbiamo dare la possibilit al nostro
modello di individuare effetti prevedibili.

A questo punto Waltz inizia una disamina riguardante la figura del pm di Gb e il presidente Usa
e del loro rapporto con i rispettivi poteri legislativi, Camera dei Comuni e partito di
maggioranza, Congresso.
In Gb stato il rapporto tra partito e leader a modificare radicalmente la figura del pm, seppur
questa non abbia subito rilevanti modifiche formali. Il metodo di reclutamento del leader tale
da permettergli una volta arrivato alla dirigenza del partito una garanzia di stabilit ma non un
forte potere sulla maggioranza parlamentare. Il presidente Usa invece spesso figlio di settori
non propriamente politici in quanto non vi relazione tra una carriera al Congresso e lelezione
a presidente Usa. Riassumendo il presidente pu governare ma a problemi ad essere seguito
dal suo partito mentre il pm ha il sostegno garantito ma in una situazione di minore autonomia
dal partito. Un pm potr ben guidare la maggioranza parlamentare e quindi questa potr
sembrarci pi docile ma non detto che sia cos, la necessit di mantenere insieme il ruolo di
pm e di capo del partito limita lautonomia del leader, per esempio non permettendogli di
crearsi di volta in volta maggioranze variabili. Per il presidente vale la stessa cosa che per il
pm, ovvero il sistema a definire le caratteristiche della leadership. Data la sua indipendenza
dal legislativo egli pu chiedere al Congresso di approvare diversi suoi progetti di legge, ma
non detto che gli ottenga, a differenza del pm pu chiedere di pi di quanto non riesca ad
ottenere mentre questo ultimo pu ottenere tutto purch sia considerato accettabile dal
partito. Mentre in Gb lattenzione concentrata sul pm, negli Usa lo spettacolo offerto dal
Congresso spesso sottrae attenzione verso il presidente. Non un caso che leadership in Usa
sia identificata con luomo forte alla presidenza mentre in Gb con lauspicio che la volont del
pm si trasformi in legge. Inoltre le condizioni ambientali sono spesso fondamentali nella
decisione di quale sia il leader pi forte (es. vedi Churchill scelto come leader dei Tories
durante la IIGM).
Le strutture internazionali
I principi ordinatori
La questione di carattere strutturale concerne lordine delle parti. Se nel sistema interno vi
relazione di superiorit-subordinazione perci diritto di comando e dovere di obbedienza, li
abbiamo definiti gerarchici e centralizzati. Le parti internazionali sono invece sottoposte a
coordinazione, formale uguaglianza e quindi definiremo la posizione di tali parti come anarchica
e decentrata ossia senza governo, in cui agenti sopranazionali possono assurgere a certi livelli
di autorit ma sempre debole. La struttura quindi concetto organizzativo, ma in questo caso
manca ordine e dunque organizzazione. Pertanto si evidenzia il problema di come definire
lordine senza un ordinatore, in anarchia.
Waltz prende di nuovo a prestito la teoria microeconomica di Smith. La costruzione di una
microteoria, non significa che micro sia aggettivo dimensionale ma relativo a come la teoria
costruita. La microeconomia si fonda su concetti quali quello di unit economiche di mercato,
assumendo come scopo la massimizzazione del profitto, ma postulando concetti che
necessariamente sono astratti. Dopo un primo concetto di homo oeconomicus, definiamo il
concetto di mercato che seppur creato dai soggetti diventa limite per lazione degli stessi, ossia
viene postulato che legoismo sommato degli attori possa produrre buoni risultati (laissezfaire). Il bene comune della societ si realizza attraverso le meschine ambizioni dei suoi
membri. Il mercato diventa quindi causa strutturale, seleziona i comportamenti attraverso i
loro risultati, premiandone alcuni e condannandone altri. In quanto teoria la microeconomia
basata su proposizioni precedute e seguite dalle parole se e allora. Pertanto il livello di
generalit, le idealizzazioni ci permettono di vedere i fenomeni in via generale. Il sistema
politico internazionale somiglia a quello economico ma a differenza di questo il principio di
autodifesa si applica senza limiti imposti in quanto vi assenza di governo. Si assume che
lobiettivo degli stati sia assicurarsi la sopravvivenza, considerata come terreno dazione ossia
il prerequisito per gli altri obiettivi ma non per forza lobiettivo perseguito da qualsiasi azione
dello stato. Ma non necessario che tutti gli stati perseguano sempre questo obiettivo ma
sufficiente che la maggioranza degli stati lo faccia. Anche il sistema internazionale premia o
punisce chi si conforma o meno alle sue esigenze, perci la struttura seleziona.
Il carattere delle unit
Gli stati possono modificare il loro comportamento a causa della struttura che emerge
dallinterazione ma per capirlo necessario definire alcuni punti. Innanzitutto gli stati non sono
contraddistinti da funzioni diverse, lanarchia comporta uguaglianza formale e di funzione e

finche perdura resistono solo unit uguali. Le strutture variano solo attraverso un mutamento
del principio organizzativo ossia il potere delle unit.
Chi critica lidentificazione degli stati come unit lo fa in quanto
(1) gli stati non sono il solo attore importante,
(2) limportanza di questi in declino in favore degli altri attori.
Per Waltz comunque necessario definire le unit fondamentali per definire la struttura, per
esempio il mercato definito dal numero di imprese in concorrenza, limportanza di altri attori
ovvia ma ironico ritenere che gli stati siano in declino. Facendo analogia con le imprese
vediamo che il numero di imprese fondamentale per comprendere il sistema, pertanto sar
cos anche per il sistema internazionale che inoltre va considerato come luogo in cui non
sempre gli stati sono subordinati ai poteri economici, talvolta anche i pi piccoli riescono ad
essere soggetti autonomi dalleconomia, non fosse altro per il fatto che gli stati regolano
leconomia. Chi pretende di spiegare il declino degli stati attraverso la presenza di
multinazionali lo fa innanzitutto in assenza di teorie e se non vi sono queste non sufficiente
provare che certi poteri economici hanno influenzato moltissimi piccoli stati ma bisognerebbe
provare che ci successo anche per i grandi stati. Parlare di movimenti transnazionali
ignorando gli stati o ritenendoli in declino si ritorce contro lo studio stesso di tali movimenti.
Waltz propone inoltre di considerare che il tasso di mortalit degli stati ben pi basso di
quello delle imprese anche multinazionali.
Intendere gli stati come unit uguali vuol dire ritenerli unit politiche autonome ossia sovrane.
Secondo lantropologo Smith in un sistema di stati sovrani nessuno sovrano, ma lerrore sta
nel fatto di credere che la sovranit voglia dire potere assoluto, in assenza di influenza altrui.
Sovranit e dipendenza non sono condizioni contraddittorie.
La sovranit la possibilit di decidere come affrontare problemi interni ed esterni
considerando che gli stati sono influenzati dallesistenza di altri stati. Seppur due soggetti non
sono identici le loro funzioni sono simili e ci li rende comparabili. Quando si parla di
uguaglianza non si tratta di questioni fisiche, economiche o di potere ma semplicemente delle
funzioni che gli stati svolgono, tutti gli stati eccetto i pi piccoli svolgono pi funzioni allinterno
che allesterno, perci lapalissiana lesistenza di stati che imitano reciprocamente lattivit
degli altri.
La distribuzione delle potenzialit
In un sistema anarchico le unit sono funzionalmente indifferenziate ma vengono distinte
principalmente per la loro diversa capacit di svolgere funzioni simili, questa la differenza tra
una grande, una media e una piccola potenza. Gli studiosi della politica internazionale
definiscono i sistemi in funzione del numero delle grandi potenze e dalla distribuzione della
potenzialit allinterno di tali potenze. Va quindi riconosciuto che alcuni stati svolgono talvolta
funzioni differenti.
Si aprono a questo punto due problemi relativi alla potenzialit:
a) il fatto che ci ci dica qualcosa a proposito delle unit, seppur questo non il massimo
grado di astrazione e Waltz riconosca che ci va contro una visione particolarmente ortodossa
delle sue premesse ritiene comunque fondamentale considerare il potere degli stati
comparando le potenzialit di un certo numero di unit, pertanto il mutamento avverr in
funzione del cambiamento di potere relativo; b) necessario considerare inoltre che lalleanza
tra potenti non ne riduce il numero, solo la concentrazione o dispersione di potere in mano a
minori o maggiori unit diminuir o aumenter il numero delle potenze e quindi modificher il
sistema. Pertanto nellanalisi di Waltz tutto si astrae fuorch il potere.
La struttura del sistema e le unit interagenti sono quindi i due elementi essenziali del sistema.
Va quindi considerato che il sistema influenza sia linterazione tra gli stati che le loro
caratteristiche. Gli stati si limitano a vicenda e quindi utilizziamo la condizione preistituzionale
di Ashby in cui lorganizzazione una costrizione e la struttura il concetto che rende possibile
prevedere gli effetti organizzativi e il tipo di relazione di influenza reciproca fra la struttura
stessa e le unit. Ci permette di separare i mutamenti delle unit da quelle del sistema.
Le strutture saranno definite come segue:
1) in base al principio attraverso cui ordinato il sistema,
2) dalla specificazione delle funzioni delle singole unit,
3) dalla distribuzioni delle potenzialit delle unit.
Gli antipodi saranno quindi il sistema gerarchico e anarchico.

VI. Strutture anarchiche ed equilibrio di potenza


Il compito che Waltz svolge in questo capitolo lesamina le caratteristiche dei sistemi
anarchici e ci che da essi occorre attenderci. Invece, lesame dei modi in cui i possibili risultati
variano col variare del sistema ossia col variare della distribuzione di risorse tra gli stati, verr
svolto nei successivi capitoli.
Violenza interna e internazionale
Fra gli stati, lo stato di natura uno stato di guerra ossia chiunque pu usare la forza perci
tutti devono essere pronti a difendersi. La minaccia della violenza e luso ricorrente della forza
sono gli elementi distintivi dellambiente internazionale da quello nazionale. La violenza c
anche a livello nazionale e luso della forza proprio sia dellordine internazionale che interno.
Non vi differenza nelloggetto ma nel modo in cui la si impiega, allinterno non accettabile
lautodifesa mentre a livello internazionale la forza corrisponde allautodifesa.
Interdipendenza e integrazione
In un settore organizzato formalmente le unit sono libere di organizzarsi e perseguire i propri
interessi perci il costo sar alto se qualcuno intender cessare questa interdipendenza,
mentre in abiti anarchici le unit uguali agiscono in modo congiunto, puntano allindipendenza
fino allautarchia, mentre un sistema formalmente organizzato le unit accrescono la
differenziazione per linterdipendenza. Il sistema interno agli stati viene definito da Waltz come
integrazione mentre quello tra gli stati lo definisce come interdipendenza data lampia
differenza di potenzialit seppur le funzioni siano uguali. Questo permette di legare pi
elasticamente i concetti di specificazione e potenzialit e di giustificare la divisione del lavoro
tra gli stati. Ma ovvio che Waltz sottolinea ci che limita la cooperazione tra gli stati.
Innanzitutto lautodifesa che si lega in modo evidente allo stato di insicurezza, fino a ci che gli
stati pi si domandano quando iniziano una cooperazione, ossia chi guadagna di pi da tale
cooperazione non in senso assoluto ma in senso relativo. Se qualcuno guadagna di pi di
qualcun altro ci mette in discussione la sopravvivenza di chi a guadagnato meno. La forza
relativa ci che preoccupa le nazioni, non il vantaggio assoluto, la paura di favorire gli altri
pi di noi stessi. Da qui si evidenzia il secondo limite alla cooperazione, ossia la preoccupazione
riguardo la dipendenza che nasce dalla cooperazione. Se per gli stati piccoli i costi
dellindipendenza sono eccessivamente alti, per gli stati grandi e possibile sia una spinta
imperialista sia un impegno autarchico. Se in una realt organizzata limperativo la
specializzazione, in anarchia provvedi a te stesso.
Lautodifesa subordina quindi il guadagno economico allinteresse politico, le spese per la
difesa pur essendo improduttive sono inevitabili. Questa la seconda grande differenza tra
sistemi politici internazionali e sistemi economici.
Strutture e strategie
A questo punto evidente che motivazioni e risultati possono essere disgiunti, spesso le
strategie non riescono ad ottenere i risultati voluti per alcune ragioni che Waltz mostra. Il
nostro comportamento produce risultati non voluti in quanto come dice Kahn gli uomini sono
vittime della tirannia delle piccole decisioni ovvero, per esempio se 100 consumatori scelgono
x, e quindi il mercato prende la decisione X, non necessariamente gli stessi opterebbero
per il risultato che consegue alla loro scelta se sottoposto a esplicito giudizio. Per evitare tale
problema si pu portare le unit dei produttori allo stesso livello di quelle dei consumatori.
Perci necessario, per evitare di essere schiavi delle piccole decisioni, modificare la struttura
e ci pu essere fatto solo cambiando la distribuzione delle potenzialit tra le unit. Altrimenti
si potrebbe imporre una serie di prescrizioni collettive laddove prima vi erano decisioni
individuali. A livello politico-internazionale fondamentale linteresse fondamentale, ma la
scena internazionale dominata da decisioni nazionali, pertanto non possibile occuparsi del
sistema se ciascuno si occupa del proprio stato. La necessit di un attore o ente globale per la
soluzione dei problemi internazionali non crea la possibilit di farlo e ci porta spesso i grandi
stati a farsi carico della sopravvivenza del mondo contemporaneamente al principale obiettivo,

la conservazione di se stessi. La struttura richiede di porre gli interessi internazionali sopra


quelli nazionali e anche lelaborazione di una macro teoria avrebbe scarsa utilit perch non
esiste unagenzia che possa muovere gli aggregati economici e non solo a livello mondiale
come invece succede a livello nazionale con la presenza di un governo. Comunque anche se
tale teoria ci fosse sarebbero i governi gli attori principali e quindi ci sarebbe sempre un
contrasto tra interessi nazionali e internazionali. Ancora una volta un forte rimedio ai problemi
strutturali un forte mutamento della struttura.
I pregi dellanarchia
Waltz ha detto che lautodifesa il principio necessario dellazione in anarchia, ci comporta
sicuramente alti rischi ma bassi costi mentre i costi di una ipotetica organizzazione
internazionale
regolamentatrice
sarebbero
molto
alti.
Tali
organizzazioni
hanno
fondamentalmente due scopi: svolgere le proprie funzioni e conservare se stessi. Ma il secondo
obiettivo preponderante perch per prendere decisioni politiche il primo obiettivo assicurare
continuit allorganizzazione.
I rischi della guerra sono insopportabilmente alti e si crede possano essere ridotti attraverso
unorganizzazione centralizzata, ma questo significa portare un conflitto fra i diversi istinti di
conservazione e quindi potenzialmente a defezioni allinterno di tale organizzazione e
disgregazione di questa agenzia mondiale, col risultato che un governo mondiale come un
invito alla guerra civile mondiale. Gli stati affiderebbero poteri ad organi centrali solo se tali
organi fossero capaci di proteggere i propri membri, perci maggiore la potenza dei membri
pi grande la minaccia per gli altri e pi forte deve essere il potere centrale. Ma pi forte il
potere centrale pi alto lincentivo ad iniziare un conflitto per averne il controllo. Come
sempre stato nella storia il rapporto tra libert e sicurezza inversamente proporzionale. Un
organismo che interviene per innalzare dallo stato di natura gli stati e per imporre il diritto, pi
riesce a controllare pi sar oggetto dellinteresse dei singoli stati mentre gli stati in anarchia
possono decidere di non avere rapporti tra loro, fino ad un accordo minimo che permetta la
loro esistenza, ovviamente se la forza a decidere al posto del diritto possono essere evitate
lotte sanguinose. In anarchia non vi nessun regime da rovesciare, la forza a livello
internazionale usata solo per i propri interessi. Esclusa la spinta verso una posizione
egemonica difficile che la forza minacci il sistema ma al massimo i suoi membri. I forti
possono essere deterrente contro eccessive pretese dei deboli, mentre i deboli possono godere
di un vantaggio in quanto pi piccoli si meno si pu infastidire i grandi stati e quindi si pi
liberi di agire, perch la crescita di un attore debole non vista come un pericolo.
Se a livello nazionale le decisioni vengono prese dallalto a livello internazionale sono prese
dalla parte pi bassa e difficilmente esistono altri livelli. La competizione tra stati ha
unintensit che dipende dal livello di desiderio e di abilit delle parti che sono al tempo stesso
separate e interagenti, con o senza forza ogni stato segue il corso che meglio serve i propri
interessi. Se uno stato user la forza potr senza dubbio aspettarsi una reazione violenta. Se
in politica la forza ultima ratio, a livello internazionale prima e ultima e costante. Tale
costante limita gli interventi e modera le domande e serve come incentivo per la risoluzione
delle dispute.
Anarchia e gerarchia
Per molti scienziati politici il sistema internazionale anarchia puntellata di particelle di
governo e di comunitarismo. Chi vede il mondo come anarchia modificata lo fa per due ragioni:
1) lanarchia non solo assenza di governo ma anche presenza di disordine e caos, ma tali
visioni confondono la struttura con il processo;
2) gerarchia e anarchia sono insoddisfacenti data la variet sociale.
Per Waltz non esistono sistemi totalmente anarchici e totalmente gerarchici, in quanto in
anarchia le unit non sono perfettamente uguali e in gerarchia le unit non sono tutte
perfettamente specializzate. Ma ritenerle esistenti fondamentale per creare una teoria. Un
sistema a due concetti permette maggiore astrazione e quindi maggiore capacit di spiegare. I
casi limite, ossia quelli non totalmente gerarchici e non totalmente anarchici, non fanno parte
di un terzo sistema. Nella realt elementi gerarchici a livello internazionale ed elementi
anarchici a livello nazionale frenano sovranit da una parte e controllo dallaltra. Dato che le
eccezioni non fanno un terzo sistema sono sufficienti e necessari due modelli.

I comportamenti dei soggetti internazionali spiegati dalla struttura ci si attende siano guidati
da concorrenza e forza, strettamente legati alla visione di realpolitik i cui elementi sono:
linteresse dei governanti e dello stato fonte dazione, le necessit della politica derivano
dalla concorrenza senza regole fra gli stati, il calcolo basato sulle necessit individua le
politiche che servono gli interessi degli stati. Il successo vi in funzione del risultato che deve
essere innanzitutto la conservazione dello stato. La realpolitik d i metodi per la politica estera
e il suo fondamento mentre una teoria dellequilibrio dovrebbe spiegare il risultato di tali
metodi. Diversi studiosi tra cui Hass, Wight e Morghentau hanno cercato e trovato diversi
significati della parola equilibrio sulla quale non vi accordo.
Se qualcuno vede lequilibrio di potenza come trasposizione dello stato di natura, altri ne
danno una definizione fondamentalmente violenta, alcuni lo considerano guida per gli uomini di
stato altri maschera per limperialismo, alcuni lo ritengono fonte di sicurezza altri fonti di
guerra.
Waltz cerca di superare tali divisioni: una teoria contiene almeno un assunto teorico che deve
essere utile non vero, le teorie devono essere valutate per ci che possono spiegare, la teoria
non pu spiegare le particolarit. Una teoria dellequilibrio considera gli assunti sugli stati:
obiettivo minimo di conservazione e obiettivo massimo di dominio universale, successivamente
vengono decisi i mezzi con cui operare che possono essere di due categorie: sforzi interni e
sforzi esterni (crescita del potere economico, allargare le proprie alleanze). La politica di
equilibrio continua anche in una situazione bipolare, non necessariamente ci vogliono pi di
due stati, inoltre mancanze su un tipo di mezzi vengono compensate con laltro tipo. A tali
assunti aggiungiamo la c.d. condizione di operativit ossia lassenza di organizzazioni
internazionali che limitino i mezzi per raggiungere i loro scopi. Tale teoria non richiede n
razionalit n costanza agli attori, ma solo che questi agiscano per il loro interesse e che la
struttura proprio come nella microeconomia premi i pi efficienti. Ovviamente non necessario
assumere che tutti gli stati siano interessati alla conservazione oppure che debbano usare la
forza, infatti la teoria contiene assunti teorici non empirici. Ovviamente il risultato che
cerchiamo di spiegare con tale teoria non necessariamente deve corrispondere alle intenzioni,
lequilibrio tende a formarsi anche quando gli stati non lo vogliono. Sostenere come Hium che
gli stati siano interessati allequilibrio, non significa che gli stessi agiranno in modo cosciente
rispetto a questo interesse, insomma non bisogna confondersi, non bisogna tanto meno
deificare un concetto perch distorce la teoria, fa di un effetto la causa. Perci se lequilibrio
la conseguenza dellegoismo degli stati non si pu dire che ci si realizza solo quando questi lo
vogliono. fondamentale perci la differenza tra intenzioni e risultati. Un atteggiamento
analitico porter a considerare tante condizioni che non servono agli obiettivi di una teoria.
Lequilibrio prevale ovunque basta soddisfare due esigenze: che lordine sia anarchico e che le
unit agiscano come scopo primario per la propria sopravvivenza. Perci la teoria non pu
spiegare ci che fuoriesce dalla generalit e la teoria della politica internazionale non teoria
della politica estera. La percezione delle costrizioni ci aiuta a prevedere le reazioni ma non a
spiegarle, la teoria spiega perch ci si attende un certo comportamento tra stati posizionati in
modo simile, come anche una teoria della politica estera non deve prevedere il contenuto
dettagliato della politica ma condurre ad aspettative differenti a seconda dei paesi.
A questo punto Waltz prima di perfezionare la teoria esamina la sua validit. Innanzitutto la
questione della coerenza interna: seguendo lidea popperiana che le teorie vanno provate
falsificandole Waltz rigetta le conferme alla sua teoria. Le teorie strutturali sono plausibili
quando si osservano similarit nei comportamenti seppur in differenze sostanziali. Il tentativo
di falsificazione fatto da Waltz comincia chiedendosi se le aspettative nate dalla sua teoria,
ossia lequilibrio ricorrente e il fatto che gli stati emulino le politiche di successo altrui, possano
essere falsificate e si rende conto della difficolt nel farlo, in quanto le predizioni dellequilibrio
sono indeterminate e vi sono condizioni interne che influenzano. Se osserviamo i risultati che
la teoria induce ad attenderci e vediamo che molte forze tendono a lavorare contro questa
potremmo ritenerla credibile. Waltz porta ad esempio lalleanza Francia-Russia del 1894, come
caso di alleanza in cui la teoria offre diverse ragioni contro tale cooperazione. Tale esempio si
riveler poco utile e sostituito dal rapporto Usa-Urss dopo la IIGM. Questi esempi forniscono la
verifica della teoria in quanto tali stati volenti o nolenti hanno formato equilibri di potere. Come
ovvio non ragionevole attendersi da una teoria la spiegazione dei tempi e dei modi ma solo
la previsione di un comportamento. La collaborazione e non la formazione di equilibri diventa
un comportamento tipico.

I modelli di comportamento politico a livello interno e internazionale sono in forte contrasto,


nel primo vi possono essere vantaggi anche per i perdenti mentre nel secondo no. Addirittura a
livello internazionale per le coalizioni dopo la vittoria usuale disintegrarsi in quanto nessuna
vuole che laltra diventi egemone.
In anarchia la sicurezza il fine pi alto e solo attraverso la sopravvivenza si potranno pensare
altri obiettivi, il potere un mezzo non un fine e perci gli stati forti preferiscono coalizzarsi
con i deboli e non ad alleanze forti, per combattere i loro competitor. Non si pu permettere
che il potere diventi il fine perch la prima necessit quella di conservare la propria posizione
nel sistema. La sicurezza, non legemonia, il primo fine degli stati e il comportamento di
questi basato sulla loro posizione nel sistema (es. Tucidide nel raccontare la guerra del
Peloponneso dice che le citt greche vedevano la forte Atene come tiranno e la debole Sparta
come liberatore, ma non escluse come disse Jaeger che cambiati gli equilibri di potere
sarebbero cambiate le posizioni delle citt greche).
La teoria descrive la politica internazionale come realt competitiva, vengono imitate le
innovazioni militari dei pi forti, ma la competizione non solo militare. Ma in competizione
una parte pu avere bisogno dellaltra ed escludersi dal gioco politico vuol dire rischiare la
propria distruzione (es. Russia alla Conferenza di Genova del 1922). La contrapposizione degli
stati promuove la loro uniformit attraverso gli svantaggi derivati dallincapacit a conformarsi
alle pratiche di successo. E tale conformit consiste proprio nel uniformare il comportamento e
quindi anche i governanti si conformano, che siano o no rivoluzionari perch anche questi
secondi sono allinterno di un processo di socializzazione. La teoria produce molte aspettative
sul comportamento e i risultati, gli equilibri si formano continuamente. In quanto basata sulla
competizione prevedr che gli stati si conformino. Sar compito dei prossimi capitoli mostrare
altre proposizioni probabili.
VII. Cause strutturali ed effetti economici
Questo capitolo analizza i motivi per cui sia preferibile, pi o meno numerosa, la presenza di
grandi potenze. Prima sviluppando ulteriormente la teoria e poi passando alla pratica.
Numero dei poli e misurazione del potere
In quale modo bisogna calcolare le potenze: tutti sono daccordo che lattuale sistema sia
bipolare, solo pochi lo mettono in discussione data la loro affezione verso il mondo in
equilibrio. Lequilibrio di Metternich e Bismarck fu quello di 5 grandi potenze definite in
funzione del loro potenziale. Oggi invece gli studiosi guardano ad altre condizioni, labilit o
lincapacit degli stati di risolvere problemi visto come elemento capace di modificare le
posizioni, le relazioni possono essere considerate al posto delle potenzialit e poich queste
sono multilaterali cos sar anche per taluni il mondo. Da qui alcuni studiosi ritengono che
lipotetica dissoluzione dei blocchi possa porre fine al bipolarismo, ma tale sistema esiste in
funzione di due grandi potenze non di due blocchi. Durante la sua segreteria di stato Kissinger
sottoline che dal punto di vista economico non vi erano solo due potenze ma almeno cinque,
sicuramente il potere non pi omogeneo, ma la proiezione di ci questione che riguarda il
futuro non il presente, lo stesso Nixon fece lerrore secondo Waltz di trattare la Cina come
superpotenza, in quanto influenzato dalla politica estera americana verso la Cina, non capendo
che un paese pu anche diventare superpotenza se lo si tratta come tale. Insomma non si
possono calcolare le potenze in funzione di ci che potrebbero essere nel futuro. Ancora una
volta Waltz sottolinea che non bisogna confondere struttura e processi in quanto la prima la
distribuzione del potere fra le unit e gli stati non raggiungono posizioni di vertice per una
singola caratteristica positiva ma c bisogno di essere potenti in tutti gli ambiti. Tuttavia il
problema per Waltz empirico e perci pu essere risolto col senso comune. Mentre Waltz
scriveva gli stati erano circa 150 ma da Westfalia in avanti solo 8 avevano tentato di
raggiungere la supremazia.
I caratteri dellineguaglianza
Pochi paesi al vertice significa un grande gap tra loro e la maggior parte del mondo. Lo
squilibrio di potere pu rappresentare la tentazione ad intraprendere avventure pericolose,
perci la sicurezza pare dipendere dal mantenimento di equilibrio tra gli stati. Se luguaglianza

la possibilit di provvedere a s stessi, vista come moralmente desiderabile mentre


lineguaglianza viola il senso di giustizia perci da un certo punto di vista sarebbe preferibile un
sistema con un gran numero di potenze ma non dimentichiamo che lineguaglianza
caratteristica intrinseca del sistema internazionale, solo pochi stati uguali possono coesistere.
Le virt dellineguaglianza possono essere viste in contrapposizione agli aspetti negativi
dellineguaglianza, innanzitutto lestrema uguaglianza porta instabilit, mentre lineguaglianza
rende possibili almeno la stabilit e la pace.
Il carattere dei sistemi di piccolo numero
Usando unanalogia economica Waltz ci propone di analizzare la concorrenza e il duopolio, in
cui le strutture di mercato sono uguali data lorigine individualista, la generazione spontanea e
la composizione omogenea. La variazione di struttura prodotta dal differenziale di potere
relativo pertanto il numero di imprese cos importante per spiegare. In concorrenza perfetta
il produttore libero da costrizioni tattiche ed soggetto solo a quelle strategiche, mentre nei
sistemi a minor numero egli sottoposto ad entrambe. In sistemi ristretti gli attori non hanno
la libert di stabilire il loro assetto interno in quanto devono considerare le conseguenze sugli
altri, seppur qualunque impresa comunque alla ricerca del proprio interesse. Pertanto il
modello dazione dipende solo dalla struttura del mercato nella quale si colloca limpresa. Lo
stesso vale per gli stati seppure questi abbiano come primo interesse la loro sopravvivenza e
come in un mercato oligopolistico il risultato di azioni e reazioni indeterminato. In tutto
questo non deve sfuggirci limportanza dei guadagni relativi. La sicurezza degli stati come
necessit fondamentale va programmata in funzione della situazione.
Il numero delle grandi potenze quindi sempre piccolo ma quale preferibile?
Perch piccolissimo pi bello che piccolo
La stabilit economica aumenta col diminuire dei settori oligopolistici. La diminuzione del
numero dei concorrenti avviene per 9 principali ragioni che nascono da ci: minore il numero
delle parti meglio si controlla e quindi collusione e contrattazione diventano pi facili
(proposizione principale).
1) Le imprese grandi sono pi capaci di sopravvivere,
2) poche imprese vuol dire imprese grandi e quindi alte barriere allentrata,
3) maggiore il numero delle parti maggiori sono i costi di contrattazione
{[(n-1)n]/2},
4) pi alto il numero delle parti minore linteresse a sostenere i costi della contrattazione,
5) minore il numero delle parti maggiore linteresse alla conservazione del sistema,
6) maggiore la prevedibilit dei costi per gli accordi e la raccolta dei guadagni quando vi sono
grandi gruppi,
7) pi vi diversit tra le parti pi difficile contrattare,
8) pi alto il numero delle parti maggiore dovr essere la sorveglianza reciproca,
9) maggiore il numero delle parti pi difficile predire gli accordi tra gli altri.
Questi nove punti hanno spiegato perch piccolissimo meglio che piccolo, tali sistemi sono
infatti pi stabili e pi capaci di dirigere gli affari con mutuo beneficio.
Due sono i limiti di tali argomentazioni:
a) non detto che due sia meglio,
b) un numero piccolo ideale per la stabilit ma non detto che lo sia anche per altri fini.
Con gli attuali armamenti per esempio un sistema che offre stabilit importante solo se offre
migliori possibilit di coesistenza pacifica tra le grandi potenze, se oltre a ci fornisce anche
benefici altamente desiderabile. Se a livello economico linteresse per il prodotto e quindi
lefficienza centrale per la creazione dellequilibrio, nel sistema internazionale ci che
fondamentale sono i produttori, la competizione potr portare perci questi ad offrire agli altri
stati migliori servizi, ma tutto nellottica del proprio interesse e i restanti benefici sono
sottoprodotti. La sorte delle unit conta pi della quantit e della qualit dei servizi. La
necessit di considerare la sopravvivenza delle unit ci porta a dare ragione a Keynes quando
diceva che i liberi processi di selezione naturale che per qualcuno conducono al progresso sono
spesso analizzati senza considerare il costo della lotta, ovvero quando uno stato aggressivo si
rafforza o uno forte diventa aggressivo gli altri ne pagheranno le conseguenze, ma malgrado
ci la morte delle unit rara nella politica internazionale. Ci che si deplora in economia ci
che desiderabile in politica. Nel successivo paragrafo Waltz metter sotto analisi sistemi
piccolissimi e sistemi piccoli. Il sistema basato sulla autodifesa tende a fare allentare

linterdipendenza al diminuire del numero delle parti e a farlo diventare pi ordinato e pacifico.
Ovviamente in un sistema fortemente interdipendente vi sono grandi possibilit di conflitti
occasionali che per essere evitati per qualcuno sarebbe necessario lo sviluppo di un controllore
centrale, ma se linterdipendenza crescer pi velocemente di questo accresceranno i rischi di
guerra. Mentre Waltz crede che lattuale sistema sia meno incline allinterdipendenza e quindi
pi stabile, altri studiosi ritengono che lesistenza di attori non statali importanti, linsufficienza
del potere militare, la necessit di risolvere i problemi in modo multilaterale, e laumento della
dipendenza dalle risorse altrui, volendo cos dimostrare che le grandi potenze non sono pi
distinguibili dagli altri attori. La presenza di attori non statali e linsufficienza del potere militare
verranno analizzati nei prossimi due capitoli mentre la questione multilaterali e la dipendenza
dalle risorse viene analizzato in seguito.
Interdipendenza come sensibilit
Innanzitutto le parti che rispondono in modo sensibile a mutamenti avvenuti o registrati
altrove sono strettamente interdipendenti, Cooper parlava di rapida rispondenza al
differenziale delle opportunit di guadagno avente come conseguenza unacuta riduzione delle
differenze nella remunerazione dei fattori. Linterdipendenza chiama alla mente i liberi mercati
descritti nel XIX secolo, le regioni economiche atlantiche interdipendenti dopo la sconfitta di
Napoleone. Molti autori credevano nellinterdipendenza come agente di pace, ma questo vale
per la misura dellinterdipendenza, non per le sue conseguenze. Oggi la sensibilit ai
cambiamenti potrebbe essere molto pi forte che in passato seguendo gli scritti di molti
studiosi, ma guardando i dati del commercio mondiale fra le potenze di una volta e per
esempio dellUrss vediamo che la dipendenza delle grandi potenze del passato era maggiore di
quanto non sia oggi tra le maggiori potenze. La sensibilit pi alta se i paesi hanno
unelasticit di movimento nella produzione degli investimenti allinterno e allesterno delle
frontiere in risposta a margini di vantaggio relativamente piccoli, in questo caso
linterdipendenza vista come vulnerabilit diminuisce, diminuisce il commercio. Ovviamente la
sensibilit riduce lautonomia degli stati ma non in misura uguale per tutti, per esempio la
posizione degli Usa data pi dallautonomia che dallinfluenza sugli altri. Ovviamente
linterdipendenza vista come sensibilit porta a una visione economicistica del mondo,
lineguaglianza rappresenta la parte predominante della politica internazionale, non solo per
assenza di un governo ma anche perch le ineguaglianze esterne sono maggiori di quelle
esterne. Due sono le confusioni che si fanno nellintendere linterdipendenza come sensibilit:
come la struttura influenza le interazioni e come varia linterdipendenza al variare delle
potenzialit delle nazioni, da ci nascono due errori ossia considerare il mondo come un intero
e mescolare relazioni e interazioni mettendo insieme variabili di dipendenza e di indipendenza
sotto la voce interdipendenza.
Interdipendenza come mutua vulnerabilit
In questo caso parliamo di costi e dipendenze simili, dipendenza quasi simmetrica. Ma
linterdipendenza pu essere qualitativa, a seconda dellimportazione dei beni, e quantitativa, a
seconda della quantit dei beni. La struttura muta col mutare delle distribuzioni dei potenziali e
ci fa mutare anche linterdipendenza. Le due grandi potenze post-IIGM sono molto pi
autonome dei loro predecessori perci molto strano che oggi si voglia definire il mondo come
interdipendente. Per capire se linterdipendenza attuale sia rigida o elastica va visto il rapporto
tra le due potenze. Minore il numero delle potenze minore linterdipendenza, Waltz ritiene il
numero 2 perfetto ma ci avverte che se la Cina adotter uneconomia moderna e se lEuropa si
unir anche queste diventeranno potenze autosufficienti, sottolineando che la competizione
possibile solo su dimensioni continentali.
Le condizioni economiche
A questo punto Waltz passa alla pratica. Considerando gli Usa fa tre osservazioni:
1) in ogni sistema linterdipendenza varia,
2) alcune materie scarse comportano allaumento per la dipendenza dal loro
approvvigionamento, la dipendenza un problema da esaminare in termini comparativi e
quando lo facciamo con un solo paese dovr essere una comparazione cronologica,
3) maggiore il commercio assoluto maggiori sono i fornitori ma gli Usa sono un paese che ha
grande influenza sui fornitori.

Chi possiede ci di cui gli altri hanno bisogno privilegiato, ma la dipendenza una strada a
doppio senso, perch dipende quanto gli altri hanno bisogno di chi detiene le risorse. Per
analizzare meglio la situazione vanno separate la vulnerabilit nazionale da quella delle
imprese allestero, se le imprese sono deboli non detto che lo sia anche lo stato, chi rischia
molto pu permettersi piccole perdite e chi forte non ha bisogno di preoccuparsi delle attivit
altrui, negli Usa minore il trend degli investimenti per lestrazione nei pvs e maggiore quello
per la manifattura interna, in quanto lestrazione rende pi vulnerabili; nei settori
manifatturieri la situazione favorevole agli interessi americani, spesso imprese americane nei
paesi stranieri sono chiave per la loro economia, perci questo forza al ribasso lautonomia di
tali paesi, essere esclusi dal capitale e dalla tecnologia americana vuol dire indebolirsi (vedi De
Gaulle 1964).
Ma non confondiamo linterdipendenza a livello di impresa con quella a livello statale, certo
che per i tentativi di fusione tra imprese straniere siano visti con sfavore dai governi in
quanto maggiori sono i benefici nei rapporti con gli americani. Si possono preferire le imprese
nazionali ma non quando sono pi arretrate. Lo stesso multinazionale errato, la buona parte
sono americani e quindi adottano quella prospettiva, necessario un centro per lattivit
economica che oggi sono gli Usa.
Gli effetti politici
Linterdipendenza questione politica, il ragionamento di Kissinger riguardo la c.d. bassa
politica che avrebbe sostituito quella militare non ha tenuto davanti a conflitti come quello
arabo-israeliano. Ossia ritenere che leconomia possa colmare mancanze militari e politiche
un errore. Il debole o si fa prendere dal panico oppure svolge il suo ruolo. Il susseguirsi di una
crisi militare dopo quella petrolifera ha mostrato quanto sia scarsa limportanza politica
dellinterdipendenza definita come sensibilit. La politica collegata alleconomia ma anche
allaspetto militare. Gli Usa intervennero dopo la crisi petrolifera perch meno dipendenti dalle
risorse energetiche mediorientali rispetto allEuropa. necessario quindi scomporre
linterdipendenza in combinazioni di dipendenza relativa per comprenderla, non si pu
continuare a considerare linterdipendenza come cosa a s stante, come riteneva Kissinger una
rete che considera anche gli Usa, per Waltz lo stato di dipendenza differente tra paesi. Gli
Usa sono meno dipendenti degli altri. Ma senza dubbio lautarchia troppo costosa anche se
potrebbe essere normale per gli Usa. Da qui si fanno diverse osservazioni. Per esempio
lobiettivo del presidente Ford dellindipendenza totale, che alla portata degli Usa, doveva
essere maneggiato con cautela. Il paese che produce la maggioranza dei beni pu trovare
diversi modi per curare i propri interessi, ma ci non vuol dire che certe scelte siano diventate
pi costose. A questo punto la contraddizione tra la reale situazione americana e la pretesa di
un mondo interdipendente ovvia per due ragioni: 1) linterdipendenza una parola utilizzata
in modo tale che possa andar bene per diversi tipi di relazioni, la sua asimmetricit sta nel
fatto che le parti si influenzano reciprocamente ma non nella stessa misura. Anche in questo
caso si va verso un approccio descrittivo e non esplicativo. 2) ritenere che vi sia una trappola
che comprenda anche gli Usa sposta linterdipendenza dalla condizione delle nazioni alle
politiche seguite da queste. Ma proprio in questo caso vediamo che gli Usa hanno una forte
tendenza ad occuparci degli altri e ci conferma quello che sostiene Waltz, ossia il fatto che gli
Usa sono una grande potenza unica nel suo genere. Linterdipendenza una condizione non
una politica, sono le parti dipendenti ad adeguarsi da quelle indipendenti e non il contrario.
Perci gli Usa utilizzano la loro posizione economica, leconomia dellindipendenza per gli
obiettivi Usa.
Quando le potenze erano geograficamente piccole erano pi dipendenti delle attuali grandi
potenze anche geografiche. Linterdipendenza fra le nazioni europee era motivo di scontro,
mentre la scarsa dipendenza americana vuol dire che il costo di perdere partner molto pi
basso. Sanzionare la grande potenza vorrebbe dire automutilarsi da parte dei piccoli. Anche
lUrss meno indipendente degli Usa e ha meno strumenti di pressione economico-politica.
Lineguaglianza produce equilibrio e bassa interdipendenza, chi dice che qualsiasi cosa pu
danneggiarci direttamente adotta una posizione tradizionalista per la quale bisogna sempre
essere pronti a reagire, ma questo avviene solo nel caso in cui linterdipendenza sia forte. Tale
versione economica della teoria del dominio funziona solo con un elevata interdipendenza che
Waltz ha dimostrato non esserci.

VIII. Cause strutturali ed effetti militari


Se per alcuni pochi meglio ma non detto che due sia la situazione ideale, per Waltz non
cos in quanto i vantaggi sono per lui evidenti.
Per stabilire le virt di un sistema bipartitico necessario fare un confronto. Nel precedente
capitolo Waltz si soffermato solo sui sistemi piccoli e piccolissimi. Per esempio ha sostenuto
che un sistema a due fosse pi stabile in base ai seguenti criteri: la necessit che il sistema
politico internazionale rimanga anarchico e che il numero delle parti principali non vari, in uno
stretto legame fra destino delle grandi nazioni e anarchia e quindi trasformazione del sistema.
Lattuale sistema bipolare durato 30 anni perch nessuno stato capace di sviluppare
potenzialit come quelle americane e sovietiche. Ma la relazione tra sopravvivenza delle grandi
potenze e stabilit del sistema indebolita dal fatto che non tutti i cambiamenti di numero
sono cambiamenti di sistema. Tra un sistema multipolare e uno bipolare la differenza maggiore
consiste nel modo diverso di trovare lequilibrio. In un sistema a due gli squilibri nella
competizione possono essere corretti da sforzi interni. In un sistema con pi parti la correzione
degli squilibri avviene sia per sforzi interni che attraverso allineamenti. Una soglia viene
riconosciuta da Waltz come passaggio da bipolarismo a multipolarismo, ossia quella di 4
potenze. Infatti nel caso di 3 potenze possibile che una si allei con unaltra contro la terza,
pertanto il numero minimo per parlare di multipolarismo 4 e neppure 5 perch entrerebbe in
gioco un c.d. equilibratore, ovviamente oltre il numero 5 non vi sono pi soglie.
Un sistema di equilibrio con due sole potenze quindi instabile, perci saranno necessarie 4 o
5 potenze. Abbiamo gi detto che il quinto pu fungere da equilibratore, per esempio la Gb tra
il XVIII e il XIX secolo. Lo fu in quanto vi erano tre condizioni:
1) che nessun potenziale aggressore era cos forte da rendere insufficiente la forza britannica
accanto a quella dellaggredito,
2) che gli interessi britannici sul continente europeo fossero di tipo negativo, in quanto se
fossero stati positivi avrebbero determinato allineamenti, infatti chi ha mire territoriali deve
allearsi con chi ne ha altrettante,
3) per essere riequilibratore doveva comunque essere almeno potente quanto il competitor pi
grande.
Fu capace inoltre di rimanere in disparte per giocare un importante ruolo di tipo diplomatico.
Lequilibratore non deve identificarsi con gli altri stati. Inoltre non ovvio che con 5 potenze ve
ne sia una equilibratrice infatti vi sono delle condizioni specifiche perch vi sia. Per esempio
uno stato potente dovr allinearsi con gli aggrediti contro un aggressore che potrebbe avere
mire egemoniche, insomma farebbe ci che il sistema gli chiede.
Perch molti ritengono difficile che uno stato passi con i pi deboli? Innanzitutto perch
perseguire un fine quando ci potrebbe essere qualcun altro che lo fa per noi, inoltre pi alto il
numero degli stati pi incerta la minaccia. Insomma perch sostenere i costi se si possono
avere solo i benefici. Tali studiosi pongono come impossibile conciliare il proprio interesse con
gli interessi del sistema. Chi suggerisce flessibilit di schieramenti aumenta lincertezza,
restringe le possibilit di scelta e porta ad una strategia che tenta di accontentare il partner
potenziale o soddisfare quello attuale. Analogamente alla politica nazionale vanno mantenute
certe alleanze aggiungendone altre. Perci in multipolarismo molto difficile un alto grado di
coesione nei blocchi, vi necessit che il compromesso venga diretto da persone esperte, solo
nel caso in cui la presenza in una certa coalizione coinvolge questioni vitali per lo stato allora
sar un suicidio lasciare la propria coalizione. La IGM un perfetto esempio del fatto che una
totale interdipendenza fra paesi obbliga tutti ad entrare in guerra. Solo la pressione della
guerra pu portare potenze in equilibrio ad allinearsi in due blocchi contrapposti e il fatto che
dopo due anni dallinizio della IIGM si trov la forza di riallineare un blocco contro un altro.
Comunque la creazione di due blocchi non porta inevitabilmente ad un bipolarismo, anche nei
casi di grande pressione esterna. Abbiamo quindi visto che i sistemi multipolari hanno al loro
interno troppe instabilit per potere arrivare ad una chiara definizione dei nemici e degli alleati.
Per alcuni questa forte flessibilit in multipolarismo creava le condizioni per una maggiore
prudenza, ma in multipolarismo c una forte incertezza cosa che stimola le guerre, e tutto il
contrario succede in bipolarismo. Un bipolarismo nato dallalleanza di stati eguali non visto
con favore da Waltz perch rende necessaria la presenza di tutti. Mentre un bipolarismo in cui i

blocchi si costituiscono in modo ineguale rende meno pericolosa la defezione dei piccoli, le
alleanze diseguali hanno un minor grado di incertezza.
La Germania nel 1914 come gli Usa nel 1954 furono obbligati ad unentrata in guerra date
alleanze eguali. Anche la figura del leader di unalleanza nel caso del mondo bipolare viene ad
essere dispensabile. Nel bipolarismo in cui scriveva Waltz le alleanze sono utili e non
indispensabili come in multipolarismo. Gli Usa ancora oggi hanno un distacco tecnologico
militare ampio, cosa che va inserito in una situazione di interdipendenza militare molto bassa
in bipolarismo ma alta in multipolarismo. Se in multipolarismo ogni singola parte potente pu
spostare gli equilibri, in bipolarismo ci non pu accadere. Le potenze in multipolarismo hanno
politiche e strategie rigide e poco libere, in bipolarismo gli Usa e lUrss possono fare quello che
vogliono. Nella politica dellequilibrio di vecchio stile la flessibilit dei blocchi produceva quanto
detto, in un mondo mulipolare si uniscono le proprie forze per servire gli interessi individuali,
ossia vi un minimo comune denominatore di interesse. Al contrario in bipolarismo vi totale
libert del leader.
N gli Usa n lUrss debbono rendersi accettabili agli occhi degli altri, inoltre in bipolarismo vi
la certezza della fonte di pericolo lesatto contrario vale per il multipolarismo. Qualunque
interesse di una delle due forze anche interesse dellaltra. In un sistema multipolare i pericoli
sono invece diffusi, le responsabilit non chiare e la definizione di interessi nazionali nascosta.
In mondo multipolare le politiche estere sono pi audaci perch il rischio che gli altri si
uniscano pi basso, far qualcosa per attirare il favore di uno stato e lo sfavore degli altri
meno rischioso, ossia i guadagni sono maggiori dei costi. Interdipendenze delle parti,
diffusione dei rischi e confusione delle risposte sono le caratteristiche delle politiche estere
delle potenze in multipolarismo, se interessi sono contrastanti lassenza di crisi pi
preoccupante per il loro ripetersi. Infatti la in multipolarismo la crisi usata per resistere al
cambiamento che gli altri vogliono. In bipolarismo le potenze non possono stare ferme devono
agire, perch non esistono periferie, tutto pu interessare alle due parti. Lautodipendenza
delle parti, i pericoli chiari e la certezza di chi li deve affrontare sono le caratteristiche della
politica estera delle grandi potenze in bipolarismo. Nel multipolarismo c meno interesse a
rispondere alle crisi.
In bipolarismo il pericolo la reazione spropositata dellaltro, tutto trasformato in crisi ma
molte di poche importanza. Le due potenze sono pi interessate alla pace che a farsi la guerra.
Lerrore di calcolo rischia di stimolare la crisi di pi che la reazione eccessiva. La dinamica
bipolare fornisce una misura di correzione. In guerra domina la situazione esterna, gli stati
neutrali per esempio molto criticati dalle potenze in pace furono incoraggiati nei momenti di
crisi. Chi riteneva che lo scontro ideologico fosse preponderante non considerava che Usa e
Urss si sono comportati pi come potenze tradizionali che come leader di movimenti
messianici. Lattenzione e il calcolo sono diventati fondamentali per due stati isolazionisti.
Contano molto i comportamenti tradizionali e il potere e gli interessi degli stati, anche le
ideologie si sono piegate alle forze perenni della politica: i sovietici nella loro politica estera
sono ritornati ad essere russi e i liberali americani sono tornati ad essere americani. Vi un
processo di normalizzazione dei concorrenti principali che rende le relazioni pi facili.
Quali sono i vantaggi delle coppie? In due si tratta solo in due e c il rischio di
danneggiare molto laltro perci vi prudenza, con pi di due vi invece il rischio
dellabbandono, linterdipendenza causa ostilit e paura mentre in bipolarismo vi una forte
pressione per moderare i comportamenti. Il problema del disarmo per esempio possibile
risolverlo solo se il vincitore di una possibile corsa al riarmo abbia la volont di disarmare e
solo se laccordo tra due possibile senza che la presenza di terzi dia preoccupazioni. In
bipolarismo le pressioni rendono conservatrici le potenze. Ma la struttura non pu spiegare
tutto, Waltz si soffermato su questa perch stata spesso trascurata. Reciprocit e prudenza
sono alla base del rapporto Usa-Urss e tra loro si influenzano molto pi di quanto non possano
fare i paesi che sono sottoposti al loro potere. La preoccupazione per la stabilit rende le parti
unite ma la paura le separa. Se con piccoli numeri pu essere pericoloso optare per la
moderazione, con due sole potenze diverse sono le pressioni verso la responsabilit. Non un
caso che negli Usa e in Urss il leader sia scelto in funzione della posizione nel mondo e Waltz
invita allottimismo finch vi sicurezza della minaccia.
In bipolarismo la stabilit dinamica, pi difficile entrare nel club delle potenze, la discesa
ipotetica di Urss e Usa sar comunque lenta e ne passer di tempo fino a che un terzo stato
avr superato le numerose barriere allentrata. Per Waltz molti uomini politici di allora

sopravvalutavano le potenzialit economiche (per primi Nixon e Sulzberger) e leggevano i dati


economici mondiali senza rendersi conte che comunque gli Usa durante gli anni 70 produceva
del prodotto mondiale. Ci non deve neppure farci dimenticare che gli Usa hanno un forte
gap economico anche nei confronti del loro principale competitor (Urss) anche se considerato
unitariamente alla terza economia mondiale (Giappone). Pertanto la crisi economica per Waltz
era ben lontana dallarrivare e comunque gli Usa sarebbe rimasti paese leader.
Successivamente Waltz si chiede se la posizione di leader fosse costosa, in quanto paesi come
Urss e Giappone hanno basato la loro produzione sullimitazione di tecnologie avanzate altrui.
Tuttavia ci non pi facilmente possibile in quanto: le competenze sono sempre pi settoriali,
i cambiamenti tecnologici sono veloci, il mercato interno americano molto grande, la
supremazia economica e tecnologica sempre pi importante. Gli Usa hanno diversi problemi
ma il suo principale competitor ha per esempio la met del PNL Usa, spende di pi in
armamenti in proporzione del reddito nazionale e perci rischia pi facilmente di scomparire.
La Cina una potenza economica ma non di certo militare, Waltz non credeva in una sua
crescita militare, solo lEuropa occidentale nella sua ottica era un potenziale competitor degli
americani, ma solo con la costruzione dellUe. Negli affari internazionali la forza rimane larbitro
finale ma nulla pu mettere in discussione le differenze esistenti tra gli stati i altri ambiti che
non siano quelli della forza. Non sono le armi nucleari a rendere uguale il potere delle nazioni,
semmai rendono pi stabile una situazione che preesiste loro. LUrss sarebbe comunque il
competitor degli americani anche senza la bomba atomica. Tutte le potenze bipolari hanno la
preoccupazione di prevenire un possibile attacco altrui, ma la situazione delle potenze nucleari
minori ben pi preoccupante. Se prima ci si alleava tra piccole potenze per diventare pi forti
in bipolarismo gli armamenti nucleari non sono sommabili, la tecnologia pi importante della
dimensione della forza.
Come diceva De Gaulle con armi nucleari sono impossibili le alleanze, semmai la Nato pu
essere intesa come garanzia. Linteresse ad unirsi pu essere solo delle piccole potenze per
diventare grandi ma piccole potenze pur nucleari non modificano gli equilibri. La guerra in
bipolarismo non fra potenze ma fra piccoli stati in conflitti limitati, perci se tra i coinvolti vi
sono piccole potenze nucleari ci sar assolutamente pericoloso. Ma laumento di potenze
piccole con latomica non varia la disposizione del sistema. Una potenze tale perch ha le
potenzialit in tutti i campi non solo a livello militare.
Non poi cos fantasiosa la definizione di Usa e Urss come grandi Gulliver immobilizzati dal
loro potenziale nucleare con il risultato che piccole potenze possono spesso comportarsi
liberamente come se non ci fossero differenziali di potere.
Usando le parole dei Herz il potere assoluto equivale ad assoluta impotenza, le potenze si
annullano, sono frustrate dalla loro forza. certo che tutta questa libert dei piccoli stati
dovuta allinesistente considerazione da parte delle due potenze, anche se anche la sicurezza
degli irresponsabili poi garantita dalle due potenze. Lutilit degli armamenti ovvia per
Waltz, perci tende a non definirle improduttive, perch mantenere lordine senza usare la
forza il vero obiettivo, luso della forza un segno di fallimento. I forti usano la forza meno
dei deboli e non va considerato luso con lutilit della forza, investire non vuol dire usare,
perci la forza utile solo quando dissuade senza essere utilizzata. Le minacce fanno il mondo
pi ordinato e ci fa tendere lordinamento internazionale verso una naturale condizione di
necessit di basarsi sulla pura coercizione. Herz ha coniato il termine dilemma della
sicurezza, se sono incerto sugli altri mi armo. Tale dilemma non pu essere risolto semmai
affrontato. Non si pu eliminare la forza, il nucleare funge da ritorsione senza che lo si usi, la
sua presenza ne previene luso. Insomma sembra che la condizione di potenza sia invidiabile,
ma va considerato che le potenze sono sempre coinvolte in guerra. Ritenere che grande
potenza significhi grande fortuna assolutamente riduttivo. Non solo il potere della forza serve
a limitare le escalation ma in certi casi potrebbe essere usato, ma spesso con risultati poco
positivi. Con molte potenze difficile stabilire in modo definitivo relazioni tra i concorrenti
(Simmel) e inoltre come ricorda Hume necessario lappoggio dei governati perch l la
forza. bene ricordare che lingovernabilit interna non si risolve con sforzi esterni,
necessaria la coesione interna per la pace non sufficiente la forza. La difficolt anche dei
grandi stati di riportare gli altri in pace quando cadono in guerra non sintomo di debolezza
militare perch la questione politica e il Vietnam un esempio perfetto dei limiti della forza.
Vanno poi considerati gli scarsi benefici economici di una guerra: vengono sovrastimati sia i
risultati positivi che i risultati delle imprese in guerra, inoltre non si capisce perch gli Usa

debbano ad esempio usare la forza quando hanno ben altri strumenti, oppure sforzi interni
aumentano pi di quelli esterni il reddito nazionale. Bisogna astenersi dal lottare quando la
posta in gioco limitata, come per esempio lo fu in Vietnam dove una vittoria o una sconfitta
non cambiavano lassetto del sistema.
Inoltre diverso conquistare e governare, per la seconda non mai servita la forza che
strumento obsoleto. La confusione generata dal fatto che la forza identificata col suo uso, e
che il potere inteso in modo diverso, per esempio il controllo degli Usa un mezzo
insufficiente a risolvere i problemi. Usa e Urss per la loro posizione e indipendenza usano meno
la forza delle potenze passate.
Se il potere coincide col controllo i fallimenti sono delle debolezze ma non cos per Waltz in
quanto un attore potente influenza gli altri pi di quanto non succeda in senso contrario. Il
potere un mezzo e il risultato incerto, va definito come distribuzione di potenzialit e non in
funzione dei risultati.
Abbiamo quindi visto che il sistema internazionale necessariamente a piccolo numero. Il
problema dei sistemi a 3 va ancora risolto e senza dubbio possiamo sostenere che le attuali
grandi potenze sono molto pi autosufficienti del passato e inoltre possono risolvere i problemi
molto pi di quanto non possano farlo gli altri. Fino a questo punto Waltz considera in visione
negativa il potere perch non produce controllo ma nel prossimo capitolo verr considerata la
questione della necessit di una direzione e controllo degli affari internazionali.
IX. La direzione degli affari internazionali
Quel che produce il potere : la conservazione della propria autonomia, un ampio raggio
dazione, una maggiore sicurezza (si hanno meno interessi ad agire con cautela), linteresse
nel difendere il sistema. normale che gli stati deboli non possano restare inattivi ma neppure
possono porre in essere politiche avventate.
Waltz ci mostra quindi come vengono svolte le funzioni internazionali. In un sistema che come
sappiamo si fonda sullautodifesa, i guadagni relativi sono pi importanti di quelli assoluti, ci
si pu invertire solo se si abbassa il livello della competizione. Due sono le condizioni per cui
Usa e Urss sono meno interessati ai guadagni relativi rispetto a quelli assoluti: la stabilit
dellequilibrio bilaterale, la distanza tra le due potenze e gli altri. Quando lequilibrio stabile i
vantaggi assoluti possono sostituire le preoccupazioni per quelli relativi. Waltz analizza prima
come si conducono gli affari internazionali malgrado le difficolt, poi analizzer tre funzioni che
gli attori possono svolgere.
Sempre pi una direzione degli affari internazionali sembra urgente, chiedersi se gli stati
possono mantenere le loro relazioni senza cadere nel rischio della guerra chiedere troppo ai
sistemi internazionali. Pensare a unaspettativa di direzione centralizzata significa che si ritiene
questa meno costosa delle guerre e allo stesso tempo significa che ad oggi tali funzioni sono
svolte in modo inefficiente. Cominciamo col chiederci perch in un sistema internazionale sia
cos difficile porre gli interessi di tutti sopra quello dei singoli. Le difficolt sono essenzialmente
due: solo con lobbligo i soggetti si muovono per garantire utilit a tutti e solo obbligando tutti
i soggetti questi pagheranno i beni pubblici e quindi verranno goduti da tutti in modo corretto.
Seppur difficile agire per il bene comune lo in misura diversa a seconda dei sistemi a cui ci
riferiamo. Per Waltz maggiore la differenziazione del lavoro pi difficile regolamentare gli
affari internazionali. Ci pu essere risolto o dal crollo stesso del sistema fino a che qualcuno
non emerga, oppure quando linterdipendenza diventa integrazione la divisione del lavoro si fa
politica oltre che economica, questo ci che succede allinterno degli stati. Ci non poi cos
facile nel sistema internazionale perch molti stati sono recalcitranti.
Ma allo stesso tempo lorganizzazione di un sistema coercitivo verso i free-riders impossibile,
con il risultato che la tirannia delle decisioni individuali non viene eliminata e i beni pubblici non
sono offerti in misura adeguata. Anche in questo caso Waltz si rif al numero delle potenze. Se
la maggioranza degli studiosi ritiene che pi ci sono grandi potenze meglio per la direzione
degli affari, Waltz sottolinea il fatto che gli affari di tutti sono poi di nessuno. Come ricordano
Olson e Baumol minore il numero dei soggetti potenti maggiore linteresse ad assicurare il
bene collettivo, il caso limite quando una unit elimina tutte le altre.
Ma se le funzioni sistemiche sono le pi complesse perch uno dovrebbe farsene carico?
Innanzitutto lunico che pu farlo e inoltre lobiettivo di qualunque soggetto diminuire le

incertezze del proprio ambiente, le grandi potenze hanno interesse in questo pur pagandone
un costo spesso sproporzionato.
Poche potenze quindi debbono sobbarcarsi il costo fino ad occuparsi anche degli affari dei
piccoli e le probabilit di fare ci sono tanto pi alte quanto maggiore la tendenza verso un
bipolarismo. Per due potenze tutti gli interessi sono globali.

Waltz ora passa allanalisi delle funzioni.


I sistemi si trasformano o persistono. Il caso di trasformazione molto probabile in quanto non
esiste unistituzione in grado di limitare i tentativi degli stati a modificare il sistema, chi
costituisce un sistema lo dirige. Un sistema pu essere trasformato ad esempio attraverso la
guerra (IIGM). Attualmente Waltz sostiene che gli Usa stiano tentando di divenire egemoni
perci come oggetto di analisi prender la politica estera americana. Gli Usa possono
giustificare la loro politica estera attraverso lesagerazione del pericolo dellUrss, lagire
nellinteresse degli altri per trovare e conservare lordine. Lanticomunismo non solo un fine
ma anche il mezzo per rendere pi tollerabile il mondo. Diversi presidenti americani posero
laccento sulla responsabilit americana di riordino del mondo, oppure sui benefici di ununione
euro-americana. Ma questa cosa molto difficile da istituire in quanto molti americani hanno
paura che ci possa far venire meno limperativo di aver cura innanzitutto di s stessi. Il ruolo
dei paesi deboli in una situazione bipolare quello di equilibrare le due potenze, non favorirne
una allaltra. Unire gli stati affascinante e il potere fa credere che tale obiettivo sia di facile
portata, addirittura con luso della forza, ma i pericoli della tentazione del potere sono pari a
quelli della debolezza. Semmai gli Usa abbiano pensato di iniziare una redistribuzione delle
responsabilit e quindi del potere si sono presto resi conto che riallocare delle responsabilit in
seno ad unipotetica Ue potrebbe comportare una serie di problemi in quanto come ricorda
Kissinger le principali afflizioni di una grande potenza derivano dagli effetti internazionali non
voluti. Insomma, lUe utile contro lUrss ma per gli Usa pi facile e meno pericoloso trattare
con i singoli stati, gli interessi americani sarebbero stati comunque garantiti e lUe e gli Urss
sarebbero comunque rimasti in una posizione di debolezza nei confronti degli Usa. Ma noi
ricordiamo che in base alla teoria potenze minori tendono ad unirsi contro la maggiore e lUe e
lUrss hanno diversi interessi che potrebbero coincidere. Contemporaneamente sappiamo che
un mondo di tre potenze il peggiore che gli studiosi ritengano poter esistere e inoltre le due
potenze hanno scarsi interessi a farne nascere una terza. Pertanto se a livello sistemico
sarebbe impossibile la nascita di un terzo polo bisogna chiedersi se ci pu diventare probabile
a livello di unit, cio se una questione interna pu portare uno stato ad assurgere ad un grado
di grande potenza. La risposta affermativa, gi solo un armamento pi imponente pu
portare a questo risultato. Ma abbiamo gi detto che alle potenze attuali non attrae unipotesi
di terzo polo e inoltre conservare il sistema significa mantenere rapporti pacifici e ci andrebbe
anche a favore delle nazioni europee.
La funzione degli Usa nel sistema quindi quella di conservare un bipolarismo maturo, ovvero:
un sistema che distribuisca le potenzialit in modo meno asimmetrico, dove le due potenze
siano un duopolio consapevole considerando che non va confusa la maturit con il declino. Ma
quali sono i problemi di un sistema a due una volta considerata la sua conservazione?
Innanzitutto non detto che una realt interna caratterizzata dallordine sia meno
problematica di una realt esterna anarchica. In un sistema multipolare ciascuno difende la
propria autonomia e talvolta ci si allea e ci si combatte, la guerra riequilibratrice, ma il
risultato positivo non garantito. Pertanto in un sistema multipolare non vi sono incentivi a
realizzare una direzione centralizzata, mentre in una situazione bipolare pi facile perch le
due potenze sono molto interessate al mantenimento dellequilibrio. Uno stato con grande
potenzialit le pu usare a favore o contro gli altri, ma Waltz ci consiglia di stare attenti a
quelli stati che si propongono come difensori del bene comune in quanto sono questi a definirlo
anche per gli altri. La sola speranza che glia attori potenti non adottino politiche sbagliate.
Per esempio gli Usa hanno adottato politiche cos efficaci da permettere la sostituzione del
vecchio yankee go home con please stay e ci avvenuto soprattuto in Europa dove la
presenza americana fortissima.
Ma ancora non si risolta la questione della necessit della direzione degli affari internazionali.
Per Waltz ad oggi gli Usa sono gli unici ad avere qualche possibilit di fornire tale

regolamentazione in modo efficace. Neppure dopo il Vietnam gli Usa si sono liberati delle loro
responsabilit globali, infatti linteresse al consumo dei beni collettivi forte per le potenze
(Olson: sfruttamento dei grandi da parte dei piccoli), inoltre se gli altri si possono preoccupare
della credibilit americana questi ultimi non hanno il problema contrario, infine le abitudini
direttive negli ultimi decenni si sono ormai radicate nella politica americana.
Verso la fine del libro Waltz ammette che il grosso deficit di cui soffre la sua analisi lo studio
pi approfondito dellUrss. Ci che dice Waltz dellUrss pi che altro al suo rapporto con gli
Usa, per esempio la facilit con cui lUrss agisca in Europa orientale perch un intervento
americano sarebbe pericolassimo. anche merito dellUrss se il mondo pi stabile col
bipolarismo piuttosto che col multipolarismo.
Waltz conclude dicendo che maggiore linterdipendenza maggiore il bisogno di governo e si
augura che gli Usa abbiamo compreso che la teoria del dominio non applicabile n a livello
economico n a quello militare.
Ma dato che Waltz sostiene che il basso livello di interdipendenza, naturale che ritenga non
necessaria la costruzione di un regolatore mondiale ma al pi di alleanze elastiche sottoposte
al controllo dei grandi per garantire pace e stabilit. Insomma sono sufficienti controllo e
prevenzione e tra le forme di controllo la principale la minaccia della forza.
Oggi gli Usa sono meno forti che nellimmediato secondo dopoguerra hanno necessit di
collaborazione con altri paesi, ma chi fornir i mezzi e chi ne pagher i costi in misura
maggiore sono proprio gli Usa perch tale relazione sar sempre di misura e ad effetti limitati.
Gli altri paesi tenderanno a lasciare le responsabilit agli Usa e ci mostra che laumento di
interdipendenza non produce un manager capace di gestirla, ma ne aumenta solo la necessit.
Pertanto gli Usa devono svolgere il loro ruolo di leader, perch per Waltz in definitiva non conta
unagenzia di direzione ma il potere effettivo degli stati, cio capire come variano le possibilit
delle grandi potenze di governare in modo costruttivo gli affari internazionali al variare del
sistema.

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