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IL s divin 2.1L NIENTE Discorso di D. Luigi Manzini'. Allillusrissimo ed eccellentissimo signore il sig, Domenico da Molino” recitato nell'academia degl’Incogniti di Venezia, a Ca’ Contarini. Gli VIII Maggio MDCXXXIY, sotto 'I principaco dell'llustrissimo signore Angelo Michiele’, nobile viniziano. ‘ __ In Venezia, MDCXXXIY, appresso Andrea Baba, con licenza de Superiori ¢ privilegio. Ilustrissimo ed eccellentissimo signore, mio signor e patron colendiss- mo, Per attestare al mondo la grandezza della mia divozione verso di non ho pit efficace argomento del consagrarle il Niente 2 Lautorith di V. E. fut sovente predicata da’ maggiori letterati d Europa, quando raccomandarono Fimmortalita de’ loro scrtti al nome di lei. To Yogli, con questa offerta, passare un grado pis avanti nel venerata; lino sagrifcarono a V. E. scriti ripieni di loro merio, io le consageo un tratto di penna che non ha altro merito che Fessere stato da lei udito. Cs dichiaro in lei unfautorta che partecipa del divino, petché Iddio crearebbe nel Niente il merito col dire, ed ella ve 'ha creato coll udire, Ma se V. E. tanto fece ad un mio discorso colludirlo, che farebbe po! a te stesso col esaudirmi? Io la supplico a non laseiar l'autore in itato cape ¢e dinviiare alle foreane delle propre fatiche; «senza pit I facio um isin rere, " i S. Elena di Venezia il 24 Maggio 163: DiV.E illustssima, divrsimo e obligatsimo servidore, D. Luigi Manzini. lei, io 96 ACCADEMICIE LIBERTINI Che nina cesa fuor di Dio, ¢ pitt nobile né pia perfeta del Niet Sara nuovo, ma sara vero, VV. illustrissimi, s'io dird che ‘I Lusso glorioso degl'ingegni, fatt’ormai nauseante delle massime pitt dime- stiche, va peregrinando per le scuole innovatrici della liberta Luomo, per tanti secoli avezzo a calcar la pesta degli avi filoso- fanti, ora se ha per vergogna. Non si stimano pitt le sentenze che sono figlic dell'altrui giudicio. La novita ¢ quell'unico sole alla cui luce prova la gloria del nostro tempo gli occhi delle sue Bie Meschino quel letteraro che non innova. Il vero & "| men ricco fregio d'un intelletto che si allontana dal nuovo. E che applauso diam noi, signori, ad un libro che non ci guida sli occhi fuor del sentiero segnatoci dalla speranza? Che diletto ‘aviam noi dallarmoniche dolcezze d'una lingua che non ne addita al cuore disusati mostri d'eloquenza? ‘GTingegni de’ nostri tempi hanno voluto che la culla del lor ardi- re serva di feretro all'autorita, Si smascherata quella scrupolos: osservanza che compariva in abito di modestia ed era debolema. Tutti riconoscono le lor opinioni per figlie legittime della ragione ¢ dellintelletto. Condannasi per adultero quell’ingegno libidinoe che sipuiando {a sposa ch’é la ragione, ama la concubina ch’é lau orita, Ma non era ella, ¢ vaglia il vero, o signori, una fievolezza il non sapere che per fede umana? Il ristrigner Paudacia della mente dent 2 non plus ultra de’ maestri? E perché non avea egli da poters’inoltrare nel mar delle specolt- tioni chi si sentiva rapir dall'aure della sottigliezza ad abiti incogniti ¢ forse migliori? Dunque perché Aristotele avesse errato, doves Costui etrore, quasi un'ignoranza originale, trasfondersi in tutt® la Posteriti? Dunque aveano i moderni da vergognarsi di saper 4 che fu ignorato dagli antichi? é O altrettanro misera, quanto vergognosa condizione di quei vill: Sinn! womicciuoli che si sono fin ad ora pregiati di legarsi a pareti shi stimavano pitt dono, perch'era pitt antico! To mi congratulo con voi, signori, che abbiate parte incontia € parte fata unfeta degna della vostra grandezza d'animo ¢ del vost? Sapere. Mi lagnerei meco stesso, s'io vedessi Ia felicita de’ vost inge Be qeustiata fra le carceri delfaltrui opinioni. Era troppo neo Tia di precsevaliberea per mortificare i secoli, insuperbiti nell ae Obbligha sary LePPo inumano era quel giogo, che noM * 'nder poco, ma anche piegava a intender male. ILNIENTE 7 Questillustrissimo teatro academico, ove quasi 'n_ propria sfera eremano congiunti la novita e la verita, ha 'n gran parte disarmata la forza dell’antichita, la quale gid fra le catene del dispregio accresce qui'l numero de’ trofei al vitcorioso carro della specolazione. I pomi d'oro dell'albero della verita non sono qui guardati dal dragone della riverenza. Si risolvono le difficolta a requisizione della ragione, non dell’osservanza. S'inchinano ma non si seguono que’ pareri ch’ebbero per base il corso, non il discorso del tempo Quando autorita del nostro illustrissimo principe, o signori, mi astrinse a dar pascolo alla vostra erudizione col porgerle materia di specolare, io corsi coll’ingegno dov'era arrivato col merito. Mi affisai nel Niente, perché niente mi parea di sapere. Mi proposi di favellarvi di niente, perché a prima faccia mera «reduto di poter soddisfare a questo debito col silenzio* Mintrond l'orecchie alla mente quell’antico ¢ ruginoso assioma: ‘Non si sa cid ch’é niente’, Ma Dio buono, quant? ella indegna dell'academico quella superstiziosa riverenza dell antichit lo ho ritrovato di vantaggio, o signori, chregli ¢ forza ch’ella si suota dall'animo come pregiudicio della cognizione, ¢ come sarzind. © impedimento della scienza. Ho scoperto che Nina cosa fuor di Dio? pitt nobile né pir perfetta del Niente. Spero anche d'inconcrare in cid il parere d'un s chiaro ed erudito consesso, Lo spero, anzi aspetto, perché se non manea al numero delle virti, che ’n voi, signori, risplendono, la sola equita, io non ispero da voi la sentenza del vostro giudicio favorevole, ma la chicg- Bio. La spererei, quand’io la stimassi un favore, ma la richieggio pet chéla ‘ntendo per un debito. f Non si pud da voi negare la nobila la perfetione del Nien. ne andate per oracolo al tempio, egli stesso vi confessera Ia nobilta del Niente, col predicarlo pitt antico di sé medesimo. Era per anche la divina onnipotenza gravida del mondo, ¢ pet conseguenza del moto, di cui & misura il rempo® non si aggiravane’ Pet anche, anzi non erano quell'ampie sfere che o contengon® & compongono l'universo, che 'l Niente maggiore solo di se stess? ‘ampeggiava, nde, i comparare Vantchita del Niente col rempo & un file timbambire canuto, To lo compararei pi costo coll'eterniti, ms MY Sirene che eternita non pud separarsi dll Eten®y Pot eee moda fosse I Eterno, ad ogni modo pure a Ne a at che vene in certa guia ad eser quasi ms iro Eterno, Or, se la nobilta vien riputata figlia del tempo» 98 ACCADEMICI E LIBERTINE nobile sari egli quel Niente che precede al tempo e pareggia I'eter nie? Ma che diteste, signori, quand’io vel facessi vedere anche pitt uni- versale dell'onnipotenza? Considerate la natura di questa, € vi sv verra chella non ha per oggetto che o I’Ente o quel Niente solo ch possibile. E pure il Niente include in sé tutto cid ch’ possibile ¢ tutto cid che impossibile. Dunque il Niente 2 pitt universale de- Vonnipotenza, sella non si estende che a’ possibili. Tialascio di rammentarvi ch’egli ¢ quell’erario fecondo dalle cu eteme miniere cavd l'onnipotenza tutti gli efferti della sua vaglia. Ella ¢ pure una perfezione che ha del sommo, il non poter Dio senza 1 Niente divenir Creatore. Distruggete il Niente, bisogna generate non creare’, Quindi se volete conceder in Dio la possanza del creare, ¢ neces sario che lo poniate appresso la materia del Niente. Anzis se suppo- nete che possa Iddio crear cose infinite, anche un infinito Niente sopravanza, si come infinita sopravanza la onnipotenza. Che diri ora quella canuta e rancida filosofia che stima no® Potersi conoscer il Niente? Avera ella ardire di non soscrivere a qu” ste perfezioni del Niente, col professarlo tanto soggetto della cogni- Zione quant egli ¢ della maraviglia? Ma io la veggo pur anche ostina- ta nella contumacia. Feriamola per grazia, o signori, colle sue pro prie arme. ___Ella sostiene che non si pud sapere cid che non & ¢ per 'oppost®> insegna che la scienza @ delle cose universalit. Le chieggio io: gli uni Yersali son eglino alcuna cosa 0 pur niente? To so chiella medesima vorra che non sia attualmente ed esistente tro che la cosa individua o singolare’. Dunque gli universali i qual soli ponno sapersi, son niente. Chi toglie dunque il Nienre allt Cognizione, se solamente d'esso pud aversi scienza? Eophlt Bet Brazia, signori, compassioniamo le massime delle cus ae Pit osto che rifiurarle. Elleno forse neanche inh hom sha pueeete la veritd del Niente. Forse, quando dicono che he Ly atttendono d’onorarlo non di deprimerlo. Forse confess! Fe a ela nobilta del Niente ¢ un abisso, la ole mente intellepeibale gon tte: Neanche Iddio, ch’é pure int non dell soe eet si sa. Ma questa & imperfezione dellitellet® Ihe inagi B8*t*®: E chi pud comprendere con la mente quella v4 che involve un infinito? Vero dunque che 'l Niente non si sa, ma per debolezza dell scienza, non dell oggett, ILNIENTE me Jo non mi maraviglio ora perché la provida natura abbia con tanta industria slontanato il Niente da quegli occhi, la cui mente non avea da poterlo intendere. Era di mestiere, per servar l'ordine delPuniverso, che ciascun semplice e composto sortisse il sito ¢ la sfera a proporzione della sua nobilra. E facile il confessarlo degli cle- menti ¢ de’ cieli, ciascun de’ quali tanto sovrasta allaltro, quant egli &d'esso pitt degno. Cosi giace gravemente torpendo intorno al centro quella pigra terra che, involvendo pitt di materia, meno partecipa di perfezione, Cosi poggia sopra tutte le sfere luminoso I'Empireo, stanza incorrut- tile della felicita, meta dell’umanitd e reggia dell’Altissimo, Mereé chea Lui era dovuto il pits sublime sito, perch’ Egli avea sortita la pit perfeta sostanza. Il che se @ vero, chi mi neghera la nobilta ¢ la per- fezione di quel Niente al cui sito la natura sottopose Empirco, ¢ con esso tutto Puniverso? E che ritroverete voi, signori, glammai sopra TEmpireo, fuorché gli spazii imaginari, eterna e propria sfera del Niente? Chi pud dissimular d'intendere che "| mondo tutto sia alla natura fatto quasi strumento od apparato alle grandezze del Niente? Non vi par egli, signori, che la Providenza abbia soggettato al Niente quasi un augusto trono, |'Empireo, al quale con tanti gracl st ascende per quanti sfere o celesti o elementar si saglie? Jo mi scandalizo di quell’altra massima delle scuole, abborrsca il vacuo. La natura non abbortisce, ma riversce il Niente Vero & che, se per divina possanza rimanesse vuoto ¢ senza od aria od altro riempimento questo teatro, le mura, il tetto el pavimento stes- $0 precipitosi ruinarebbono a riempirlo. nace Ma non 2 cid perché la natura abbortisca il yuoro o | Niente, ma Perché lonora si, che vedendolo quasi rammingo peregunds lungi daglispazii imaginarii, con provido instinto ordinerebbe che og! compo corresse a fargli di se stesso sgabello e scala sin’ alla prope sfera, E v& chi detragga a quest’amore, ‘mascherando col nome di abborrimento, gli affetti della riverenza? A Ma abborrisca la natura il Niente, su. Alla fac Sae ne paventi, su. Che si argomenta posc Gspreo, © pure amore ¢ stima? Temono don 7 ella flict i bea spirit Odiano ¢ gate lddio? Essi che lo veggiono sommamente Yt ente grande? Ah che questo ¢ un timor riveren "sa invita, e mentre disunisce congiugne: che Ja natura d’esso inortidi 1a quest orrore? Arguisce epi forse odio Ssibat Teno ae fanche Iddio fra le ssi dunque © vilipen- te buono ¢ somma- le, che mentre 100 ACCADEMICT E LIBERTINI Or, se le cose insensate nel riverire il Niente emulano la stima con che le intellettuali ammirano Dio, qual cecita non vede la nobiltd ¢ la perfezione del Niente esser somma dopo quella di Dio? Né mi opponete, signori, che assolutamente sia pitt perfetto "Ente del Niente, perch'io non intendo questa massima per dist zione, ma per fondamento del mio discorso. ‘ To non nego che cid che ha I’Essere sia pits nobille di cid chi niente, quando perd tal Essere sia suo proprio, non altrui. Non intendo per Ente quello il cui Essere & PEsser dPaltri. Datemi un Ente che sia col suo proprio Essere, io vel concedo pitt nobile de! Niente, Ma qual cosa vi ha che non sia coll’ Essere della prima Cagione comunicatogli da lei? Tanto é dire quello che & quanto a dire Iddio, di cui solo pro Prictd ed essenza 'Essere. Vede Egli dal punto della sua eterniti Ene Possible, che nella mente di Lui ha I'Essere obbiettivo. Quindi rol ve liberamente di dargl’in tempo IEssere attuale e 'n effetto lo pone fuori delle sue cagioni. E perch non vie altr’Essere che '! suo, Fgi medesimo gliele comunica. Né potendo I’Esser di Dio, che pet a sua infinita infinite perfezioni racchiude, cutto comunicarsi, Ei ne parte ipa pitt ¢ meno'". Onde, secondo i pitt o i meno gradi di perfezion livina partecipati, pitt anche e meno perfetta risulta la creatura. da quest altra filosofia scuopresi, o signori, la cagione perché naturalmente l'uomo senta rapirsi alla riverenza verso ‘I principe i Padre, il stcerdote I virtuoso. E difficile il render ragione petché Sovrasti un uomo ad un altro, s'ambo nel medesimordine di nature son post ,, Dicono i saggi che la dignita @ un carattere morale, che pitt 10s" S'intende che naturalmente si ; A me pare, signori, che con pit: soda ragione possa rispondess he la umanita da se stessa, per instinto da Dio commessole, come dovuto a natura intellecuale, discerne i gradi delle perfezioni ce nell'uomo risplendono; e perchiella inchina e rivetisce il somme re, ivi maggiormente si atterra ov’ Egli con pitt gradi di perfezion! Patticipato si scuopre. Or ch’e "I dominio, se non dote di quel sommo ¢ vero Principe che I tutto cred? Ch’ 'l generare, quel sommo Bene ch. et’ di Se non comunicar sé medesimo, propriet omt al tutto da I’Essere? i ve 1 ministrare agli altar, se non uno assistere a Dio, fli infi init di quel sommo Amore che, amando se stesso, a se stes0 Pe tutta eternita bed? IL NIENTE 101 Che & finalmente la scienza che un raggio di quel sommo Sole che, riflertendo in sé medesimo la luce della sua cognizione, figlid alla Deita una consustanziale imagine di se stesso? Partecipando dunque Iddio ad alcun'Ente queste sue gran doti, che a moltaltre non partecipa, queste naturalmente s'inchinano a quelle, come rispettando maggiormente in esse Iddio. Che se tu dll creatura andrai levando or l'una or Valtra delle perfezioni del sommo Ente, arriverai finalmente a distruggerla, ¢ di cosa perfetta a riduela in niente, Ben ebbe dunque il latino Omero ragione di esclamare Tutte le cue di Giove escer ripiene, perché, tolto il nume dalle cose natural il tutto @ yuoto, non rimane che 'l Niente, bastando egli solo per empire luniverso, Soscrisse pure a questa verita quel Serafino della terra che meglio intese Dio, perché meglio lama: Dio mio ¢ tutte le cose ®. Cercava gli Dio solo, perch? Dio solo era il tutto, ¢ fuor di Dio non Vera che’l Niente. Ma non & egli pur questo il mottivo che spopula le reege per far ali cremi abitati, che profonde i tesori perché impreziosisca la poverti, che toglie al decoro tanti eroi per consagrargli alla nudita: Felice sordidezza, beata poverta che, mentre riconosce, fuor di Dio, i ‘utto niente, niente ha, ma possiede il tutto, perché possiede Ido. Fermiamoci, per grazia, 0 signori, nell'uomo solo che a noi mag- siormente appartiene. Fortunati noi il cui Essere & Dio! Ma mescht Ai noi, che fuor di Dio siam niente. lo non istimo che la providenza del caso abbia trascurato d'im- Primere all'uomo caratteri di questa verita né anche nel nome. Prendete la voce HOMO nella lingua del Lazio, la quale fu destinara dalle forcune di Roma ad esser la favella dell universo. Se considerate le note di questa voce, elleno stesse predican non esser nell uomo, fuor di Dio, che ’l Niente. La prima nota ¢ un’H, aspirazione, che ton élettera. La seconda ¢ Pultima sono due O, che sono duo niet ti, duo zeri, Vi resta dunque nell HOMO una sola M. Considerate uesta M, che la vedrete una figura di Dio, perché si come in cst sono tre gambi distinti, che perd sono una sola lertera, cosi sono 1 io tre distinte Persone, che pur sono una sola natura. Trartone dungue I'M, Iddio, dall’ HOMO, non sopravanza che niente’ vogliam noi credere che i penetrali della fortuna dispensin® suoi oracoli ¢ i suoi misteri? lo per me stimo che non sen molto di studio concertasse l'antichita un nome per l'uome ¢e fos composto dun avviso dello stato di lui che ad imprese desne Yani i 102 ACCADEMICI E LIBERTINI di cosa divina il risvegliasse, ammonendolo insieme che ’n lui fuor che Dio non che'l Niente. Ma che? Pud forse 'uomo porre in dubbio segli sia niente 0 no? Egli che non ha origine, non abito, non operazione che 0 non nag- guardi al Niente o nol supponga? Se parliamo dell’origine, non nasce egli l'uomo dalla corruzione? Misera nobilta di questo perfetco animante, s egli non & generat che dal cadavero d’una forma passata in niente per farlo passare all Essere™. Che gli alti men nobili composti riconoscan tut il pro prio Essere per effetto dell'altrui Non essere, bene sta alligaobiitt della loro natura. Ma che I'uomo, tanto degna sostanza, sorga sol mente al cesare del suo principio, & pur grande, ma vera miseta, Quindi egli forse, nato appena, comincia ad inclinare al Niente,€ gid in eta capace di discorso, non iscienza, non arte, non abito abbraccia che 'n gran parte al Niente non pieghi. Povera umanitl Se la veggiamo sudar nelle fabbriche de’ sofismi e degli Enti di ragions la chiamiamo logica 0 metafisica. Né ci avvediamo che tutte queste vanied sono un puro niente, e che 'l nostro intelletto, architettando 2 sé medesimo i mondi imaginasi, si pavoneggia d’esser grande perché sofistica i gran nienti Che la filosofia? Una studiosa catena degl'ingegni, che prim di strascinargli a intendere il molto, gli necessita a intendere il Nient® Non ha gia come speculare le vicende della natura chi non si fermaa intendere i principii dessa. Or, fra questi non viha ella la privazion® che tanto a dire il Niente, 0 | Non essere della forma, nel sogget®? che n’é capace? Perla porta dunque del Niente @ forza che la filosolia enttia scoprire i moti della natura, NE pitt vantaggiosa condizione 2 quella della teologia. Di quant nienti ha ella necessiti per intender Dio? Quante precisioni, quan formalita, quante distinzioni usa ella, che se non fossero intse Pe sents lla medesima le condannerebbe per empie? Le operszioni« le petferioni divine non son elleno una semplicissima units di co8 con Dio? E pur ella le separa col suffragio del Niente, perché nien'® sono le distinzioni di ragione ch’ella vi scuopre. i per cataties poi, vets sublime che ha le repgi per iscule oa la giustzia per guida, i popoli to bee er guida, i popoli per soggetto, la civil f° Ta pe PO: Bi scetri ele corone per apparat, ditemi, signoth % Prem gant Niente? Consise ella pure nel ben dispensife oa Brn dante le pene per losservanza delle leggi. Or, che son0 4" {f premi che eaduchi pegni della forcuna, o andorati dalla bili S’ Natizia nell'oro, o glorificati dal bombo della fama nella glot ILNIENTE 103 .on son eglino questi beni imaginati della vana avidita d'un cuore che stabilisce su Vopinione la felicita de’ suoi disegni? Quel metallo, che piace ad alcuni per mercede, fu da molti abborrito per sarzina, Quel carico, che aggrada ad alcuni per premio, fu da molti disprea- rato per catica. Eccoti il Niente delle civili grandezze, identificato allopinione di chi le imagina. Le pene poi che sono, se non tutte azioni che tendono al niente? Quel rapace, che ’ngiustamente occupd l'alerui, non si dev-egli id= durre collaristituzione ad annihilare alle proprie arche i tesori ch'al- trai rapi? Quel vile, che per sordida malizia si soctrasse dal buon ser- vizio del publico, non dev’egli con publica infamia esser esposto per~ ché gli si riduca in niente Ponore? Quellaltro crudele omicida, che ha potuto imperversare contro ‘| sangue innocente d'un uomo, non ha egli da prostituire al ferro o al laccio d’un carnefice tutti i residui dell sua vita, per riddurla a un esemplare ¢ necessario niente? Tutte in somma le imprese della giustizia vendicativa non tendon elle a distruggere e a ridurre in niente l'ingiustizia colla soddisfazione? Passiam ora ad alcuna dell'arti. Che direste della grammatical Infelce, che non suda intorno ad altro che a formar le voc alla rozaez- rade fanciulli, Le voc, che non si tosto vengono esposteal'ara, che impetuosi i turbini le disperdono e, se di esse pietose le menti non ne taccolgono alcuna, anche fantastica, reliquia, tutte su lo stesso punto dl nascere, nella vasta tomba del Niente svanendo, si dleguano. Laritmetica anchella tanto nobile e misteriosa che, accoppiande le unit, fa risultare il numero, quanto sarebbiella meschina senza i Niente? Fate ch’ella pervenga alle nove unit, quivi senza sulfragio del Niente si arresta: L'2 necessario il ero, il Nulla, coll auto del quale poggia poi animosa a regolare fra le sue leggi anche i milioni. Privatela di quel Nulla o di quel Niente, che non solo la mutilate maanche la distruggete. ult Prospertiva ove riguarderebbe; quando n Niente? Sella non sindustriase di guidarti con piacevoletradimen- t0 de gli occhi alla meta d'un punto, d'un indivisible imaging Re pure un niente, come la conteresti tu fa le pompe ches ll strando le maraviglie dell'arte, felicieano il luso degli oechi? La pitcura poi, vana cteatrice d’imagini, alero aon intende che, fingendoti una figura, dissimularti un niente A ggetstltura non & gi eceelente se non sa. con proporoes fat _ a toro la superficie d’un sasso 0 d'un tronco a co) Dallarte militare non pud dubitarsi. Qualora poderes! 9 gli on ricorresse all 104 ACCADEMICL E LIBERTINI citi aggravano le campagne, o le armate sepeliscono i mari a che st- ‘mate voi che inferociscano? Se gli erarii per essi si svenano, sei fumi si seccano, se le campagne si spogliano, se i popoli si disperdono,a che stimate voi tanti apparati, tante forze raccorsi? Certo non ad altro che a ridurre in niente o un esercito che si combatte 0 un dominio che si contrasta, Quellarte, quell'arte stessa 1a quale, componendo ripari all umz- nita, le promuove la sicurezza dall ingiurie delle stagioni e dall'ince- menze del cielo, quella ch’e tutta rivolta a componer ricovr alluo- mo, ovegli sotto la fede delle mura si riduca in grembo alla segreter za ed al riposo, quell’arte stessa, (chi ’l credaria?) ha di mestiere del Niente, Osservate per grazia, signori, l'architettura d'un vasto edificio deliziosamente addattato all'abitazione. Che pud imaginarsi di pit utile o di pit: usuale all’uomo s'egli quivi consuma la maggior patte i quell’eta che gli fabbrica la necessita del sepolcro? Or, se nelle cio di quest albergo i fabbro, dissimulando il difecto delle murs @ luogo a luogo non vi ammettesse il Niente, tolerandole discontinue € mancanti, onde penetrereste voi al godimento di quellarifcioo beneficio? Se 'l Niente quinci a te, quindi alla luce non aprisse0 Porte o balconi, onde si aprirebb'egli I varco all’abitazione? _ Ma in vano vado io ritentando il bisogno che ha ciascunlarte de Niente, Non permette oggimai, o signori, quel tempo che mi sete destinato per obbedirvi, ch'io lo distragga per aggravarvene. Tropp? lungo sarebbe I'esame di questa veritA a chi volesse ventilar glint ressi di ciascun'arte. Contentatevi che, raccogliendole tutte sot Benere, vi richiami 'l pensiere a considerare che cutti hanno in qu che guisa per fine un medesimo Niente. : Non @ egli vero, signori, che 0 Pavarizia o la necesita ha pos? fare nelle mani de’ mercenarii? Chi suda artfic, chi machina i ic) per qual fine il fa egli? Io lo dird. Per potere, adulandovi occhi ¢ lusingandovi la volonta, ridurvi gentilmente in niente ‘Quant oro, © vi munisce lo scrigno, o vi provede la borsa. Ean natene pid! lungamente i vostri giornali, e s{io mento abbiatel Perché cos voi siete pt icc mene Dio! Eun Niente dunque, che luonio si prosttuise - e © per fine d'ogni sua facolta od abito, si tacciono T'ecelle e Si negano le perfezioni? : ve oon che trascuri la memoria dell’'uomo la cou fs 5 non ve The he ant? congiunto alle sue operazioni, che ad esso non appartenga? ILNIENTE 105 Cieco, s'egli non vuol rammentarsi che la natura il compose di qualita contrarie, che di continuo, con odiose vicende sfidandosi, hanno per premio ¢ per castigo insieme delle lor lutte il Niente; con- sideri almeno ch'egli non opera azione che al Niente nol tragga. Al Niente, il quale, avwegna che sommo di nobilt’ ¢ di perfezione in se stesso, pure in ordine alla nacura ¢ miseria somma, perché, tendendo alla perfezione dell’Essere tutto cid che ha I'Esser participato, non pud intender che per suo male cid che slontana dall Essere, ch’& sto bene E pure & vero che, se 'uomo vive, declina quella vita ogn’ora inverso il Niente della morte. Ogni momento di vita ch’é stato sva- aisce col passato e sminuisce il futuro. S'ei dorme, non & quel sonno chun Niente della vigilia, anzi un Niente dell'umanied. Il tempo consagrato a questo vano ozio & la notte della ragione, che accieca uomo all’uomo, un fratello della morte, chiin assenza di lei tiene il Possesso della vita. Se 'uomo prende il cibo, cerca di riparare il Niente di quelle qualita che, per l'andato abbattimento delle nemiche, agonizzano nella necessita del ristoro. S'ci non si muove, niente fa. Se si muove, tende al riddurre in niente lo spazio che in fra lui e I termino intercede. Se gode il giorno, egli tende ad annihilarsi in grembo alle tene- bre. Se tolera la notte, ella consiste nel Niente 0 nella privazione della ce. Se favella, subito nata la parola, dal Niente @ assorbita. Se tace, niente persuade. Se finalmente muore, ecco quell’ultimo Niente, che sul carro della corruzione trionfa nel Campidoglio d'un sepolcro, mente Buida per esercito i vermi, per insegne il pallor delle ceneri, per wrofei 'emembra, per cattiva P'umanita. Parrebbe che al trionfo di questo Niente potesse la sola _ mana sottrarsi dall'accrescer colle proprie vergogne il numero oe

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