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16 SETTEMBRE 2009
PALAZZO VECCHIO - SALONE DE’DUGENTO
h 9,30 – 13,30
Saluti e presentazione:
Arch. Marco Jodice
Presidente Ordine degli Architetti PPC di Firenze
Dott. Dario Nardella
Vicesindaco della Città di Firenze
Intervengono:
10,00 Prof. Arch. Marco Romano
"Come progettare una città: teoria e pratica"
10,45 Prof. Arch. Franco Purini
“ Oltre Palazzeschi”
11,45 Prof. Arch. Gabriele Tagliaventi
“Nuove città eco-compatte per il mondo che esce dalla crisi”
12,30 Prof. Arch. Sergio Los
“La città solare”
h 15,00 – 19,30
Intervengono sul tema del convegno e con delle relazioni sulla città di Firenze:
I Presidenti dei Quartieri 1,2,3,4,5, i Presidenti e Direttori di ConfCommercio, CNA,
ConfArtigianto, ConfEsercenti, Compagnia delle Opere, interventi di Architetti.
In ordine alfabetico :Luca Barontini, Stefano Capretti, Andrea Ceccarelli, Elena Ciappi,
Giuseppe D’Eugenio, Minu Emad, Leonardo Galli, Federico Giannassi , Laura Landi,
Roberto Maestro, Stefano Marmugi , Luigi Nenci, Marco Nestucci, Pietro Pagliardini, Elisa
Palazzo, Gianluca Paolucci, Francesco Pilati, Gianfranco Potestà, Uliano Ragionieri,
Antonio Saporito, Gianna Scatizzi, Massimiliano Silveri, Maurizio Talocchini, Maria Luisa
Ugolotti, Cristiana Valenti, Antonella Valentini, Sergio Ventrella, Giovanni Voto.
OLTRE PALAZZESCHI 25
Franco Purini
La città per come la conosciamo negli ultimi secoli non ha fatto altro che
crescere, crescere e ancora crescere e questa e l’unica cosa che la città sa fare
veramente bene in barba a qualsiasi PRG regolamento, Piano strutturale,
Previsione, Piano quinquennale o che so io. Se la città ha bisogno di crescere lo fa
punto e basta, lo fa con l’abusivismo selvaggio delle città del sud Italia (compresa
Sono molto contento per essere stato invitato a questo seminario qui a Firenze
anche perché il nuovo sindaco Matteo Renzi ha dichiarato che d’ora in avanti i
progetti urbanistici non li avrebbero più proposti i privati, come Ligresti, ma li
avrebbe studiati il Comune. È corsa infatti in questi ultimi anni questa bizzarra
teoria, non solo a Firenze ma anche a Milano o a Roma, che debbano essere gli
imprenditori edilizi a progettare i
nuovi quartieri della città, un
compito invece da mille anni tra
quelli fondamentali
dell’amministrazione pubblica,
orgogliosa manifestazione della
civitas. E proprio qui, nel salone
dei Cinquecento, Giorgio Vasari
ha voluto rappresentare
duecentocinquant’anni dopo - a
dimostrazione di quanto ancora i
fiorentini fossero consapevoli di
come il suo piano regolatore
avesse condizionato il destino
della città - Arnolfo di Cambio
che ne mostra il disegno ai suoi
reggitori.
Sono stato quindi molto contento
di questa dichiarazione di Renzi e
ho pensato che avrei potuto Arnolfo di Cambio che mostra ai maggiorenti di Firenze
il progetto delle nuova città
I cittadini tutti insieme esprimono poi il rango della loro città rispetto alle altre
attraverso i temi collettivi. Il palazzo municipale dove stiamo, la chiesa principale, il
teatro, il museo, la biblioteca, il giardino pubblico - e molti altri che elenco nel mio
primo libro, L’estetica della città europea - sono temi comuni a tutte le centomila
città europee, villaggi o capitali che siano, ciascuno con l’architettura più
elegante e rappresentativa che la manifestazione del proprio rango suggeriva a
RITORNO ALLA CITTA’ - ATTI DEL CONVEGNO - 12
ogni città, e li troverete sempre medesimi da Edimburgo a Trapani o da Siviglia a
Danzica.
Questo ha fatto sì che i problemi dell’immigrazione per mille anni siano stati
attenuati dal fatto che chi si spostava da una città all’altra e nella nuova
prendeva possesso di una casa, trovava anche i medesimi temi collettivi della sua
città d’origine e quindi era immediatamente ipso facto integrato nella nuova
dalla sua capacità di comprenderla. E’ uno dei grandi problemi che abbiamo
con gli immigrati da altre civiltà, per esempio gli immigrati della civiltà islamica,
perché mancando altrove questi temi collettivi manca anche il loro meccanismo
di integrazione simbolica, sicché per loro oggi la città non funziona più come ha
funzionato per secoli, come veicolo di integrazione degli immigrati.
Tutto questo però non ci autorizza ancora a dire che la città sia un’opera d’arte,
perché se lo sono le case e se lo sono i temi collettivi, fatti esplicitamente per
essere i più belli possibile nel confronto con gli altri cittadini e con le altre città, non
potremmo asserire che la città nel suo insieme sia un’opera d’arte se noi in
Europa non avessimo inventato le piazze e le strade tematizzate, che non esistono
in nessun altro paese, in nessun’altra civiltà.
Le piazze sono una specifica invenzione europea, che le città dell’Islam o della
Cina non hanno né conoscono. La piazza principale è nata alla fine del
dodicesimo secolo davanti al palazzo municipale come sede appropriata
dell’assemblea cittadina che eleggeva il consiglio la cui sede appropriata era nel
suo salone d’onore, nel salone dei Cinquecento. In seguito sono nate altre piazze
ciascuna con il suo nome: la piazza del mercato, la piazza davanti al convento -
davanti a Santa Croce, a Santa Maria Novella, a San Marco -, poi la piazza della
chiesa, poi le piazze monumentali, con un’architettura coordinata intorno come
la piazza dell’Annunziata, infine le piazze nazionali, dedicate alla gloria della
nazione.
Poi ci sono le strade tematizzate: la strada principale con i negozi di maggiore
rilievo, come via dei Calzaiuoli, poi la strada monumentale dove si addensano i
palazzi dei maggiorenti di una città oppure, come gli Uffizi, progettata apposta
con un’architettura unitaria; poi ci sono le strade trionfali, che a partire dal
Duecento hanno in fondo una porta o se possibile un tema collettivo o comunque
un edificio rilevante; e infine le passeggiate, i boulevard, i viali alberati che escono
dalla città nella campagna. Queste strade tematizzate si distinguono dalle strade
dove semplicemente si affacciano le case, sicché ogni città è immaginabile
come una grande rete simbolica di strade e di piazze tematizzate sullo sfondo
delle vie minori:
Questa è Firenze4: vedete qui gli Uffizi disposti in sequenza con la piazza
principale cui segue la strada principale, via de Calzaiuoli, che arriva davanti al
duomo (Firenze non avrà mai una vera piazza del duomo – le piazze davanti alla
chiesa sono state inventate agli inizi del Quattrocento, sicché molto spesso le
chiese costruite prima non hanno una piazza davanti). Di seguito la strada
Il problema è stato quello di ridisegnare l’intera rete delle strade e delle piazze
tematizzate nella misura umana, cioè con la varietà e con le distanze con le quali
sono state disegnante le città di una volta. Naturalmente le dimensioni sono un
po’ diverse da quelle del centro storico, ricopiarle sarebbe una stravaganza, ma
vedete che abbiamo una sequenza, ad esempio la piazza di una chiesa, un
boulevard che è più stretto, poi diventa più largo nella piazza dove c’è una
scuola, poi incontriamo una passeggiata che ci conduce al centro. Poi
incontriamo un tema collettivo là dove le strade divergono, qui c’è una piazza
monumentale, là c’è una piazza del mercato. Qui ci sarà una piazza con le
scuole, qui c’è il teatro con di fronte una sua piazza, qui l’ingresso del giardino
Note:
1
Indica il soffitto a cassettoni del Salone de’ Dugento.
2
Indica fuori dalle finestre le faccite di piazza della Signoria.
3
Indica nuovamente fuori dalle finestre.
4
Comincia la proiezione di immagini
Perché dobbiamo farlo? Perché è una priorità. Solo negli Stati Uniti?
Ovviamente no.
Questo è sintomatico
del cambiamento. Ma
che cosa si fa al suo
posto?
Chiedetevi se non esiste
un’immagine migliore
della crisi se non
l’ipermercato. E' mai
esistita, nella storia
millenaria della nostra
civiltà, ma anche di
quella cinese, o di quella
indiana, giapponese,
maya, inca, l’idea che uno
prenda dieci ettari di
territorio, costruisca su un
terzo di questi ettari e, per
di più, costruisca a un solo
piano?
Neanche il più stupido al
mondo avrebbe mai fatto
una cosa di questo
genere.
E’ un idea brutale, che è il
simbolo della crisi, come la
Prendiamo il South Glenn Mall (fig. 14). Hanno fatto anche una festa quando
l’hanno demolito. Che cosa si fa dunque al posto di questi mall? Si fa questo. (fig.
15) Che cos’è?
E gli unici edifici alti sono gli edifici pubblici: il simbolo del comune, il simbolo della
collettività, l’edificio sacro.
Questa è la piazza
centrale con il caffè
progettato da Léon Krier
(fig. 29), questa è Place
d’Arianne (fig. 30), una
delle piazze centrali, con
negozi, caffé, b a r,
ristoranti, uffici.. Questa è
Ritorno alla città: oggi abbiamo la chance di un ritorno alla città? Sì, se
guardiamo bene la situazione, se facciamo un'analisi corretta. Viviamo un’epoca
completamente diversa da quella degli anni 20 del secolo passato. Siamo
radicalmente differenti, usiamo questi fantastici strumenti come il computer e l'i-
Phone, viaggiamo in aereo (sei ore da Parigi a New York). Possiamo fare tantissime
cose che nel ‘900 non facevamo. Abbiamo anche conosciuto i terribili errori del
‘900, nessuno di noi si sogna di riproporci di andare in giro in camicia nera o rossa,
abbiamo capito che il sistema migliore è la Democrazia:
Questo cambiamento, dal Totalitarismo alla Democrazia, lo possiamo realizzare
anche in architettura e quindi abbiamo davanti un compito che è anche
affascinante, costruire la città di domani.
Una città accessibile, efficiente, compatta e, lasciatemi dire, migliore di quella del
Passato.
Grazie.
Voglio anch’io ringraziare per l’invito a tornare alla città. Il titolo “Ritorno alla città”
mi sembra infatti molto pertinente, anche se tornando alla città, oggi, troviamo le
rovine della città, perché noi non siamo una generazione e una cultura capaci di
costruire le città. A fare le città erano i cittadini che, a loro volta, erano prodotti
dalle città.
Oggi le città producono
utenti di servizi urbani che -
non essendo più cittadini –
non sono in grado di fare le
città. Basta ricordare le
ingenue utopie urbane del
secolo scorso, nessuno dei
loro autori pensava ai
cittadini ma a rendere più
funzionale l’accesso ai servizi
urbani. Essi non desideravano le città, non avevano nessun rammarico per la loro
progressiva scomparsa, erano soprattutto impegnati a fare qualcosa che non
assomigliasse a quelle città che producevano cittadini: consideravano antiquate
le città e volevano fare qualcosa di diverso. Oggi sappiamo fare di tutto:
Tutta quell’energia che abbiamo consumato per climatizzare oltre che essere
utilizzata nel modo più irrazionale e antiscientifico, inquina moltissimo ed è la
causa dell’effetto serra. Dobbiamo quindi ridurre drasticamente questa energia
da combustibili fossili usata nella climatizzazione, sia perché il petrolio sta finendo
(finalmente direi io, credo che dovremmo festeggiare la sua fine), sia perché
Portoghesi tra l’altro proponeva delle torri di acciaio che assomigliano più
all’architettura di Renzo Piano che alla sua. Non si capisce perché sia venuto a
Bassano a proporre queste torri, come non aveva mai fatto durante la sua vita. Il
nostro progetto propone un tessuto urbano, comprendente pure una torre, per far
capire che il problema non riguardava la tipologia edilizia ma l’architettura
civica, il sistema reticolare di spazi pubblici che rende sociale la vita della città,
che produce capitale sociale e i cittadini che lo costituiscono. La progettazione
bioclimatica dell’architettura civica oltre che proporre il modello duale di
circolazione definisce anche il corretto orientamento degli edifici e le loro
variazioni tipologiche situate nell’isolato. Nella figura a sinistra si vede questo
tessuto come lo vede il sole in dicembre a mezzogiorno, in alto alle nove del
mattino, in basso alle due del pomeriggio. Si evidenzia così quanto le facciate