La narrazione dei legami famigliari, pi o meno stretti, non mai un atto semplice e fine a se stesso. A maggior ragione quando, nei vissuti pi intimi e segreti, emergono realt difficili da accettare ma soprattutto da comprendere. In Beati i puri (Musicaos Editore, pp. 260, euro 15) prova a farlo Luciano Pagano. Gi autore di due romanzi, Re Kappa (Besa Editrice, 2007) e tutto normale (Lupo Editore, 2010), Pagano stato tra i vincitori, nel 2008, del premio Subway Letteratura e del premio Creative Commons in Noir, indetto da Stampa Alternativa. Dal 2004 dirige il sito Musicaos.it, e, dallinizio del 2015, la casa editrice Musicaos Editore. I protagonisti di questo romanzo, Andrea e Maria Bellomo, sono fratelli cresciuti dapprima nella provincia salentina e, in seguito ad una decisione risoluta della loro madre, trasferitisi a Lecce, citt pi grande che avrebbe dovuto, in qualche modo, mettere a tacere alcune dicerie sugli strani comportamenti domestici attuati dai due, soprattutto durante le ore di riposo notturno. Abitudini, queste, scaturite a seguito di un grave sopruso vissuto dai due fratelli durante linfanzia e che, nel tempo, li ha resi ancor pi uniti e dipendenti luna dallaltro. Un legame che non riesce a spezzarsi nemmeno quando le loro strade si dividono in un ennesimo trasferimento che Maria decide di intraprendere puntando direttamente alla capitale dItalia, la metropoli che le offrir, inaspettatamente, una nuova vita piena di opportunit lavorative proprio nel campo della recitazione in cui suo fratello Andrea, rimasto a vivere in Salento, stenta ad affermarsi. Ma sar proprio il teatro, dapprima fonte di continue delusioni, a far riavvicinare i due fratelli e a dare ad Andrea il giusto merito per i suoi sforzi da artista. Roma investe i due fratelli di una carica emotiva intensa ma allo stesso tempo ambigua, fatta di sforzi generosi ma anche di invidie latenti che porteranno i personaggi ad un incontro di corpi e menti cristallizzati in un passato doloroso che, dopo anni di silenzio, torna a presentare un conto amaro e un epilogo funesto. Angelo Urbano