Sei sulla pagina 1di 26

ETERNO RITORNO: NIETZSCHE, BLANQUI E LA COSMOLOGIA DEL BIG BANG.

Tiziana Andina

LEterno Ritorno costituisce uno dei nodi problematici, oltre che tematici, pi suggestivi del
pensiero nietzschiano. Tale suggestione ha probabilmente diverse ragioni, ma certo una di quelle
immediatamente e meglio percepibili, ha a che fare con la strana identit di questa teoria, che
Nietzsche, piuttosto ostinatamente, si sforzato di legittimare come ipotesi scientifica1, e che i suoi
interpreti, spesso altrettanto ostinatamente, hanno cercato di ricondurre (o ridurre) a mito2. La
situazione che si venuta a creare perci abbastanza paradossale: da un lato abbiamo Nietzsche
che rivendica per la propria ipotesi teorica una qualche legittimazione scientifica, dallaltro, ci sono
molti dei suoi interpreti che, per lo pi, anzich tentare di ricostruire il percorso nietzschiano,
tendono a capovolgere il senso della questione, marginalizzando, nei casi migliori, la portata
dellEterno Ritorno, oppure reinterpretandolo secondo una direzione evidentemente antitetica
rispetto alle esplicite indicazioni di Nietzsche.
Si tratta di un problema abbastanza complesso, tuttavia forse possibile riformularne i termini
attraverso unanalisi che si applichi contemporaneamente alle fonti nietzschiane e alle indagini
aperte dalla cosmologia novecentesca. In buona sostanza, necessario necessario tentare di
chiarire almeno due questioni: in primo luogo, dove Nietzsche abbia voluto arrivare attraverso il
plesso tematico dellEterno Ritorno; in secondo luogo, se realmente loperazione teorica
nietzschiana sia stata cos eccentrica (come per altro apparso a molti dei suoi interpreti), oppure
se il Ritorno non costituisca piuttosto il portato finale di una metafisica ben precisa, per niente
assurda o visionaria, ma assolutamente consequenziale rispetto a una serie di importanti
acquisizioni fisico-cosmologiche ricordiamo che proprio in tema di Eterno Ritorno che pi si
intersecano i piani della scienza e del mito, anche a causa di precise scelte teorico-stilistiche di
Nietzsche, che non ha esitato a ricostruire la genesi del Ritorno utilizzando toni che richiamano una
sorta di vera e propria suggestione mistica, nata in una delle tante passeggiate davanti al lago di
Silvaplana nellagosto del 18813.
In sintesi vogliamo dimostrare soprattutto due cose: (1.) che lEterno Ritorno apparterrebbe alla
cosmologia fisica dellOttocento (o almeno a una sua particolare interpretazione), e (2.) che
Nietzsche non farebbe nulla di particolarmente originale (ma nemmeno di particolarmente
eccentrico o inspiegabile) nel momento in cui pensa al Ritorno come a una parte centrale della
propria ontologia. Anzi, probabilmente si pu tentare di andare anche pi in l, leggendo in
questipotesi la chiave teorica che permette al filosofo tedesco di ricostruire il passaggio effettivo e
consequenziale dalla fisica alletica. Proprio perch dispone dellEterno Ritorno Nietzsche pu
immaginare di derivare sia letica del superuomo che la critica alla morale cristiana (nonch
allassiologia tradizionale) dal proprio discorso ontologico. Prima per di entrare nello specifico
della speculazione nietzschiana, cercheremo di ricostruire il quadro di riferimento teoricoscientifico di cui Nietzsche poteva disporre attraverso le acquisizioni della cosmologia
1
Cfr. in questo senso F. Nietzsche, Frammenti postumi 1881-1882, Milano, Adelphi, vol. V, t. II, 1965: 11-[316], p.
382, Id., Frammenti postumi 1884, cit., vol. VII, tomo II, 1976: 26-[284], pp. 205-206, Id., Frammenti postumi 18841885, cit., vol. VII, t. III, 1975: 36-[15], pp. 233-234, Id., Frammenti postumi 1885-1887, cit., vol. VIII, t. I, 1975: 5-[54]
p. 194, Id., Frammenti postumi 1888-1889, cit., vol. VIII, t. III, 1974: 14-[188], pp. 163-165.
2
Cfr. per esempio M. Heidegger, Nietzsche, Pfllinger, Neske, 1961; trad. it. a cura di F. Volpi, Nietzsche, Milano,
Adelphi, 1994: pp. 217-218, B. Magnus, Nietzsches Existenzial Imperative, Bloomington & London, Indiana Univ.
Press, 1978: pp. 162 e sgg, R. Schacht, Nietzsche, London Boston, Routledge & Kegan Paul, 1983: pp. 258 e sgg., T. J.
Altizer, Eternal Recurrence and Kingdom of God, in D. B. Allison, a cura di, The New Nietzsche, New York, The MIT
Press, 1985: pp. 232-246.
3
F. Nietzsche, Ecce Homo, Milano, Adelphi, vol. VI, t. III, 1970: p. 345.

ottocentesca; cosa che, in primo luogo, dovrebbe consentirci di sottrarre il Ritorno nietzschiano al
mito4.
Il rapporto di Nietzsche con il pensiero scientifico parso spesso soprattutto dopo lesegesi
heideggeriana piuttosto problematico, almeno nel senso che gli interpreti nietzschiani hanno
frequentemente considerato, con un atteggiamento del tutto aprioristico, la riflessione di Nietzsche
profondamente e strutturalmente non scientifica. Ovviamente, in tema di Eterno Ritorno, questa
presa di posizione ha ingenerato pi di un problema, nel senso che gli interpreti molte volte hanno
forzato il discorso nietzschiano per supportare le proprie ipotesi di partenza ad esempio, appunto,
la sostanziale, complessiva, ascientificit della riflessione di Nietzsche. Per questo, ci che del
tutto ovvio per altri autori (nessuno si sognerebbe mai di contestare la legittimit filosofica della
cosmologia di Aristotele o di Epicuro5), non lo per Nietzsche non pochi interpreti hanno
associato la sostenibilit filosofica dellEterno Ritorno, alla possibilit di inserirlo in un approccio
complessivamente poetico-mitologico. A ben guardare per, la cosmologia il pi delle volte fonda
organicamente la metafisica cui appartiene; per Aristotele poi il dato anche storicamente evidente,
basti pensare che la tenacia con cui, ancora durante il Seicento, veniva difesa la cosmologia
aristotelica contro la concezione eliocentrica delluniverso, dipendeva in larga misura dalla volont
di evitare il ripensamento dellintera metafisica del filosofo greco. Questo per dire che non si
capisce bene perch Nietzsche, che pure prende le mosse da unidea della filosofia come filosofia
prima in senso aristotelico, non avrebbe dovuto pensare di costruire una propria cosmologia (che
derivasse cio dallontologia per quanto forse sarebbe pi corretto il procedimento inverso, che
cio risale dalle osservazioni fisico-empiriche, alla formazione di unontologia precisa6 e
soprattutto gli consentisse di trasporre le osservazioni di fisica molecolare in ambito cosmogonico,
oltre che cosmologico); e, analogamente, non si capisce neppure bene lo stupore di quegli interpreti
che di fronte allEterno Ritorno si esprimono con un laconico ignorabimus7. Ci pare perci
indispensabile, cominciare con il chiederci quali fossero le conclusioni generalmente accettate dai
cosmologi ai tempi in cui Nietzsche lavora; soprattutto perch le nuove acquisizioni della fisica
della materia e della teoria del calore (attraverso lipotesi dellentropia) non potevano non
riflettersi, con un movimento di retroversione teorica, sulle formulazioni cosmologiche,
4
Per unampia rassegna sulle mitologie legate, in ogni tempo, allosservazione celeste, si rimanda a J.-P. Verdet, Le
ciel ordre et dsordre, Paris, Gallimard, 1987; trad. it. di M. Buysschaert, Il cielo. Caos e armonia del mondo, Trieste,
Editoriale Libraria, 1993.
5
In realt proprio una riflessione sul pensiero cosmologico di Epicuro permette di comprendere tutta la portata
teorica delle antiche cosmologie che, ovviamente, potevano contare ben poco sui dati forniti dallosservazione
sperimentale. Nonostante alcuni limiti evidenti, Epicuro ha anticipato per molti aspetti importanti elementi della
cosmologia moderna; per esempio lidea di una sostanziale unificazione delle forze operanti in natura (ovvero, lidea
secondo cui la fisica terrestre e quella celeste seguirebbero leggi analoghe o addirittura uguali), oppure di una
conservazione, almeno stando a un macro livello, della materia. Cfr. su questo tema O. Longo, Luniverso stazionario di
Epicuro, in U. Curi (a cura di), Kosmos. La cosmologia tra scienza e filosofia, Ferrara, Gabriele Corbo Editore, 1989: pp.
28-38: le sole realt esistenti sono gli atomi e il vuoto. Atomi sono particelle indivisibili, ma non prive di estensione (ve
ne sono infatti di varia grandezza, oltre che di diverse forme), dotate di velocit assoluta (cio infinita), il cui aggregarsi
costituisce i corpi che vediamo, e le varie componenti di questo mondo, cos come di quella infinita somma di mondi
che luniverso. Fra atomo e atomo, fra corpo e corpo, fra mondo e mondo, il vuoto, che Epicuro non considera alla pari
del nulla [], ma come il luogo non occupato da materia atomica, una vera e propria sostanza [] la cui peculiarit
di non cadere sotto la percezione, di essere impalpabile. [] Aggiungeremo ancora due considerazioni, estrapolando
dalla cosmologia e dalla fisica moderne. Nelluniverso epicureo hanno infatti valore sia il principio cosmologico, sia
una rudimentale, ma non meno significativa, unificazione delle forze operanti in natura. Il principio cosmologico
valido in quanto, data la identit degli elementi (atomi e vuoto) in tutto luniverso, questo si presenta in ogni sua regione
come qualitativamente eguale. Non solo, ma, essendo luniverso epicureo soggetto bens allevoluzione delle sue singole
parti (i vari mondi nascono e muoiono), ma non ad una evoluzione generale, il principio cosmologico va qui assunto
specificatamente come principio cosmologico forte, o perfetto (luniverso rimane invariato non solo nelle sue parti,
ma anche nel tempo) (ivi: pp. 28-29).
6
Su questo punto si vedano le osservazioni di H. C. Harp, Come la filosofia pu far fronte alle mode mutevoli della
scienza, in U. Curi (a cura di), Kosmos. La cosmologia tra scienza e filosofia, cit.: pp. 80-85.
7
Cfr., per esempio, lesplicita dichiarazione di impotenza interpretativa di A. Danto, Nietzsche as Philosopher,
New York, McMillan Company, 1980: pp. 229-232.

imprimendo agli studi della macrofisica unaccelerazione fino a quel momento siamo in pieno
Ottocento decisamente impensabile.
La cosmologia ha proceduto in qualche misura per intervalla, almeno nel senso di aver alternato
a fasi piuttosto lunghe di stasi, dei periodi di sviluppo quasi frenetici. Tralasciando le grandi
costruzioni cosmologiche dellantichit, in cui davvero il mito si alterna e si sovrappone alle prime
acquisizione scientifiche, la svolta pi importante, che investe la cosmologia nella sua fase
moderna, deriva sicuramente dalle ricerche di Copernico (con il rovesciamento della struttura del
mondo) e di Keplero (il quale abolisce la supremazia del moto circolare e uniforme dei corpi
celesti), nonch dalle ulteriori sistematizzazioni di Galileo (con i suoi studi matematici sulla caduta
dei corpi e le primissime osservazioni telescopiche del cielo), e infine da Newton e della sua
scoperta della gravitazione universale: la riflessione sulla nascita delluniverso sembra essere
vecchia quanto le prime tracce del pensiero umano. Le leggende e i miti cosmogonici non si
contano: in tutte le epoche, in tutte le latitudini, e a tutti i livelli di civilt, luomo si interrogato
sulle proprie origini. La formazione della Terra, e dunque anche del sistema solare; la comparsa
della vita, e la nascita delluomo sono le domande capitali in questa ricerca delle origini; ma se le
fonti della cosmogonia si perdono nelle nebbie della preistoria, non comunque difficile
individuare lepoca in cui ha inizio la cosmogonia scientifica: i primi decenni del Seicento8.
Ora, se la legge della gravitazione aveva consentito dei passi avanti notevoli in primo luogo
rispetto alla teoria cartesiana dei vortici anche vero che lasciava aperti problemi per molti versi
fondamentali: per esempio, mentre le leggi di Newton permettevano di dare ragione in modo
abbastanza lineare del comportamento di due corpi posti luno alla presenza dellaltro, le cose si
complicavano non poco con lintroduzione di un terzo corpo; elemento questo che rendeva il
problema rapidamente irrisolvibile. Immaginiamo pertanto quali difficolt potessero sorgere dalla
descrizione di un sistema che, come quello solare, composto da una molteplicit di pianeti, le cui
orbite si influenzano reciprocamente. I problemi aperti, a questo livello, erano davvero ancora
molti: per esempio, si era stabilito che nessuna orbita poteva essere rigorosamente kepleriana;
tuttavia non si sapeva ancora se gli scarti determinati dalle orbite rispondessero, in linea di massima
(ovvero almeno approssimativamente), alla teoria. E ancora: la legge di gravitazione era davvero
cos semplice come Newton pretendeva, o non sarebbe invece stato il caso di applicare un
correttivo almeno nel caso dei corpi ravvicinati (come allinterno del sistema Terra-Luna); e,
parallelamente, non si sarebbe dovuta approfondire lidea del fluido che, almeno stando alla fisica
del tempo, in qualche modo bagnava lintero universo?
Un primo tentativo di risposta a questo genere di interrogativi venne da P. S. de Laplace9, che
tent di dimostrare: (1.) che la teoria di Newton bastava da sola a spiegare esaurientemente le
ragioni degli scarti osservati nelle traiettorie kepleriane, (2.) che la legge di gravitazione universale
era da considerarsi valida non solo su grande scala (il cosmo), ma era altrettanto utile per
descrivere lazione reciproca dei corpi (ivi compresa, a livello di microfisica, lazione di ciascuna
molecola di materia su ogni altra), e (3.) che il problema della stabilit del sistema solare poteva
essere risolto utilizzando gli strumenti messi a disposizione della teoria newtoniana (cosa in cui, di
fatto, non aveva creduto nemmeno lo stesso Newton che, proprio per questo motivo, pensava a Dio
come a una sorta di super-intelligenza, regolatrice dei sistemi del cosmo). A tutto il Seicento i
cosmologi si dividevano grossomodo in due categorie: da un lato cera il gruppo degli evoluzionisti
che si richiamava a Cartesio; dallaltro cera poi quello dei catastrofisti e di Buffon. A giudizio di
Cartesio, il mondo, cos come lo osserviamo, sottoposto a movimenti relativamente semplici, e il
suo stato attuale conserverebbe le tracce sia dellorigine, che dello sviluppo. Lidea cartesiana,
nelle sue linee fondamentali, implica la possibilit di ricostruire a posteriori, la storia del nostro
8
P. S. de Laplace, Prcis de lhistoire de lastronomie, Paris, V. Courcier, 1821, cfr., nella trad. it. di P. Repetti,
Compendio di storia dellastronomia, Roma, Theoria, 1982, lintroduzione di J.-P. Verdet: p. 8.
9
Cfr. la lettura che ne d H. von Helmohltz, Ueber die Entstehung des Planetensystems, in Id., Vortrge und Reden,
vol. II, Leipzig, Engelmann, 1903; trad. ing. R. Kahl (a cura di), Origin of the Planetary System, in Selected Writings of
Hermann von Helmholtz, Middletown, Wesleyan University Press, 1971: pp. 278 e sgg.

universo, applicando le leggi dello sviluppo a un supposto caos iniziale. La cosmologia di


Descartes perci esemplarmente evoluzionista. Dallaltro lato abbiamo, come si detto, il lavoro
di Buffon che si colloca bene tra le cosmologie catastrofiste, e, anzi, ne costituisce lesempio
migliore. Lo spunto per le proprie riflessioni deriva a Buffon, nel 1860, dal passaggio della cometa
di Halley allinterno dellorbita terrestre. Tale passaggio diede luogo alle ipotesi pi fantasiose,
prima fra tutte quella di William Whiston10, che considerava la Terra un pezzo di Sole staccatosi
per lazione di una cometa. E proprio su questa idea che lavora Buffon. Le divergenze tra le due
posizioni levoluzionista e la catastrofista riguardano, nella sostanza, lorigine del sistema
solare (pi e prima ancora che la sua evoluzione). In breve, i catastrofisti sostengono che lo stato
attuale dellevoluzione del sistema solare deriverebbe da una lunga trasformazione le cui fasi, per
lo pi, possono essere spiegate come la risultanza dellevoluzione delle leggi di natura (pena, in
caso contrario, la vacuit di qualsiasi cosmologia scientifica). In questo senso, Buffon appoggia
lidea secondo cui sarebbero state delle cause lente a indurre i cambiamenti pi significativi,
rifiutando lapproccio che indicava nelle catastrofi a catena le supposte cause della formazione
della crosta terrestre. In pratica, gli evoluzionisti tendono a spiegare la comparsa della vita sulla
terra ivi compresa la nascita delluomo servendosi delle leggi della meccanica (trasponendo
dunque le leggi che governano la fisica terrestre allambito cosmologico), nonch delle
trasformazioni della fisica e della chimica terrestre.
A questo livello, le conseguenze di una tale impostazione erano evidentemente soprattutto due:
in primo luogo, si aveva lidea che la macrofisica rispondesse alle stesse leggi della microfisica
(ovvero della fisica terrestre). In secondo luogo erano poi fondamentali gli aspetti teleologici sottesi
dallintera questione; andava cio prendendo forma unidea che, a ben guardare, oltre a rivelare una
sorta di antropocentrismo latente e ancora abbastanza evidentemente diffuso, finiva per sollevare
concretamente il problema della redenzione: non sembrava poi troppo inverosimile pensare a un
cosmo pieno di milioni di pianeti, molti dei quali potevano addirittura essere abitati. Ma se le cose
stavano in questi termini, come poteva essere possibile che si salvassero anche quegli uomini che
non avevano mai udito la parola di Dio? Di fronte a problemi e a orizzonti teorici piuttosto stabili e
paludati (per esempio le questioni e i veti incrociati posti dalla teologia tradizionale), furono
soprattutto i nuovi impulsi apportati dalla fisica e, nello specifico, dalla termodinamica, a
determinare alcuni dei pi importanti sviluppi in ambito cosmologico. A tutto lOttocento,
limpianto cosmologico di riferimento senza dubbio dato dalla cosmologia laplaceana,
saldamente organizzata sui capisaldi della meccanica newtoniana Luniverso descritto da Laplace
ha le caratteristiche di un sistema stabile, costruito sullidea di una causa prima, che lo ha ordinato
e lo mantiene; per questo si colloca, con una certa evidenza, nellambito delle cosmologie
evoluzioniste. Lidea newtoniana di un tempo e uno spazio assoluti trova, nella costruzione
laplaceana, la sua perfetta applicazione11. I problemi di astronomia vengono perci riportati in toto
alle questioni della meccanica, e ovviamente, nel caso della cosmogonia o della cosmologia, alla
meccanica celeste. Lidea di Laplace in sintesi pressappoco questa: il Sole compie su se stesso un
movimento rotatorio completo in circa venticinque giorni. La superficie del Sole sarebbe ricoperta
da una particolare materia luminosa; al di l del Sole poi i pianeti, con i loro satelliti, si
muoverebbero in orbite quasi circolari, e su piani poco inclinati rispetto allequatore solare. Il Sole
pertanto condizionerebbe sia le orbite dei pianeti (i loro movimenti), che la loro illuminazione. In
questo quadro, Laplace postula lesistenza di unintelligenza originaria che non solo ha creato il
mondo, ma che anche lo mantiene: fenomeni cos straordinari non sono certo dovuti al caso.
Sottoponendo al calcolo la loro probabilit, si scopre che si pu scommettere duecentomila miliardi
contro uno che essi non sono effetto del caso; ed una probabilit molto superiore a quella della
maggior parte degli avvenimenti storici sui quali non ci permettiamo di esprimere alcun dubbio.

10

W. Whiston, A New Theory of the Earth, from its Original, to the Consummation of all Things, London, R.
Roberts, 1691.
11
P. S. de Laplace, Prcis de lhistoire de lastronomie, cit.: p. 102.

Siamo dunque portati a credere, almeno con la stessa fiducia, che una causa primitiva stata
allorigine dei movimenti planetari12.
Partendo da queste idee cosmologiche fondamentali ha lavorato gran parte della fisica
ottocentesca. La svolta dicevamo arriva gradualmente, con lapporto dei primi risultati
conseguiti dalla termodinamica, tramite la fisica sperimentale. Una delle questioni centrali era
ovviamente rappresentata dal problema dellirreversibilit nellenunciazione della seconda legge
della termodinamica, cos come era stata formulata da W. Thomson e dal fatto che
unimpostazione di questo genere apriva in pratica concrete possibilit di operare sul fronte di una
cosmologia progressista. E questo principalmente perch, nella formulazione della termodinamica,
lenergia era s conservata, ma anche irreversibilmente e progressivamente dissipata. In un articolo
del 185213, Thomson cerca di applicare questi presupposti a una serie di questioni largamente
cosmologiche, deducendone che la legge della dissipazione dellenergia, e la teoria del progressivo
raffreddamento della Terra avrebbero sancito, in un periodo di tempo finito, il progressivo
degradarsi dal sistema Terra che, a lungo andare, sarebbe certamente diventato inadatto alla vita
delluomo. In un futuro forse non molto prossimo, ma certo inevitabile, il nostro pianeta non potr
non esaurire il potenziale termico di cui dispone.
Gli anni Cinquanta sono anni di grande fermento per le idee cosmologiche; e proprio in questi
anni Thomson sviluppa una particolare accezione dellenergia solare, sostenendo che le meteore si
muoverebbero lungo una spirale posta allinterno dellatmosfera solare, per cadere da ultimo
allinterno del Sole, e contribuire a produrre parte del suo calore. Lungo questa linea, Thomson
ritiene in pratica che tutte le variazione energetiche interne al sistema solare possono essere
ricondotte allenergia solare, mentre il calore del Sole sarebbe mantenuto grazie allattrito tra la sua
atmosfera e un vortice etereo di meteore evaporate. Helmohltz contribuisce alla discussione
relazionando lipotesi nebulare di Kant-Laplace con le pi diffuse considerazioni energetiche. Per
Helmholtz, il Sole altro non sarebbe che una massa di metallo fuso e incandescente, nato dalla
collisione di alcune meteore; mentre, il calore solare, sarebbe stato prodotto proprio dal processo di
collisione meteoritico. In un secondo momento anche Thomson adotta la versione dellipotesi
meteoritica di Helmholtz, soprattutto perch era venuto gradualmente in chiaro come il livello
energetico del Sole non potesse perdurare solamente in forza delle meteore. Tuttavia, una cosa va
subito sottolineata. Questa versione modificata della teoria meteoritica implicava un limite evidente
allet del sistema solare. Cerano poi le conseguenze notate anche da Helmholtz del
principio di dissipazione: la trasformazione dellenergia meccanica in calore comportava, com
ovvio, che tutta lenergia avrebbe finito per trasformarsi in calore, imponendo la cessazione
completa di ogni processo naturale.
Luniverso in questottica, sarebbe prima o poi destinato a una condizione di eterno riposo14. Da
questo momento, il problema della morte termica delluniverso si impone (sia in una prospettiva
scientifica che etica) come un elemento costante e scarsamente eludibile. Per questo Clausius, nel
1867, si impegna a riformulare la conseguenza cosmologica della seconda legge della
termodinamica (ovvero il problema della morte termica delluniverso) con lausilio dellentropia15.
Stando a Clausius, allorch luniverso raggiunger la sua condizione massima di entropia non sar
12

Ivi: p. 104.
W. Thomson, On Dynamical Theory of Heat. On a Method of Discovering Experimentally the Relation between the
mechanical Work spent, and the Heat produced by the Compression of a gaseous Fluid, in Transactions of the Royal
Society of Edinburgh 20, 1850/53: pp. 475-82.
14
H. von Helmholtz, Poplar Vortrge, Braunschweig, F. Verweg und Son, 1865-76; trad. ing. di E. Atkinson,
Popular Lectures, New York, Appelton, 1881-1895: p. 154.
15
Vediamo di spiegare attraverso un esempio perch lentropia, concetto centrale della termodinamica classica,
finisca per condizionare pesantemente le ricerche cosmologiche: esso [lentropia] misura lo stato di disordine dei
parametri statistici che governano un sistema fisico costituito da un numero grandissimo di componenti. Ad esempio, una
certa quantit di profumo racchiusa in una boccetta sigillata: il sistema rappresentato dalla boccetta e dalla stanza un
sistema ordinato. L le molecole di profumo, qui quelle dellaria. Stappiamo il recipiente: gradualmente tutte le molecole
del liquido odoroso invadono la stanza, lordine scompare e lentropia del sistema bottiglia + stanza aumenta (V. Croce,
Luci e ombre sulluniverso, Torino, Paravia, 1981: pp. 58-59).
13

pi possibile alcun cambiamento, con la conseguenza che luniverso si trover in una condizione di
pressoch totale immutabilit. Lentropia, in ultima analisi, condurrebbe alla stasi proprio perch si
tratta di un processo irreversibile secondo lesempio riportato in nota (n. 15), non possibile far
rientrare il profumo nella bottiglia.
Quel che conta rilevare, nellambito del nostro discorso, che fin verso il 1920 luniverso era
pensato in forma statica: in pratica, uno spazio tridimensionale, descrivibile attraverso la geometria
euclidea e caratterizzato da una dimensione temporale assoluta ed omogenea, valida
contemporaneamente ovunque, e del tutto indipendente dalla geometria spaziale. In questo quadro
le leggi newtoniane della meccanica classica erano ovviamente prevalenti. I problemi tuttavia
derivavano da una serie di contraddizioni evidenti, e piuttosto imbarazzanti, tra gli assiomi della
fisica novecentesca e, per esempio, i principi fondamentali della termodinamica: convinti della
realt di spazio e tempo assoluti, gli astronomi del diciannovesimo secolo si videro costretti a
prendere una serie di posizioni piuttosto anomale. Per esempio: non era possibile ammettere una
quantit infinita di materia originaria semplicemente perch, stando alle acquisizioni della fisica
classica, la materia non avrebbe mai potuto differenziarsi per dare origine alle stelle (che invece,
con tutta evidenza, esistevano). Daltra parte, a dispetto del paradosso di Olbers16, risultava anche
difficile non ammettere che lo spazio, per sua natura infinito, non potesse essere riempito di
materia cosmica; e ancora, postulando linfinit del tempo, non si riusciva a spiegare come mai
esso non avesse ancora soppresso tutte le differenze di stato che pure continuavano a riscontrarsi
nelluniverso.
Come non manca di notare Zllner, in questo quadro non ha praticamente alcun senso pensare
ad un universo governato dallordine. In pratica, le condizioni finali delluniverso dovrebbero
coincidere con quelle iniziali, e siccome non c ragione di ammettere intervalli cronologici
preferenziali in un tempo infinitamente esteso, pi di quanta ce ne sia nellammettere punti
preferenziali in uno spazio infinitamente vasto, se ne conclude che, stando allopinione dei fisici
classici, la materia cosmica non dovrebbe subire trasformazioni. Dunque, ancora, un universo
stabile, non soggetto a evoluzione, in aperto contrasto con le acquisizioni della termodinamica e
dellentropia.

16

Olbers nel suo celebre paradosso per altro fondamentale per la cosmologia moderna nota come loscurit del
cielo notturno costituisca, a ben pensarci, un fenomeno piuttosto bizzarro. Quando infatti si guarda il cielo di notte si
vedono alcune stelle lucenti, altre, probabilmente pi numerose, di medio splendore, e, moltissime, poco luminose. Quale
la natura di un tale fenomeno? semplicemente la distanza delle stelle a determinarne lo splendore: le stelle che
sembrano pi lucenti sono le pi vicine, quelle di medio splendore sono ovviamente pi lontane, mentre le pi deboli
sono anche, in assoluto, le pi lontane. In questo modo si spiegherebbe non solo la diversa luminosit delle stelle, ma
anche il motivo per cui le deboli sembrano pi numerose di quelle di splendore medio o di quelle molto lucenti: lo spazio
lontano pi vasto di quello che ci pi vicino. Ma le stelle che si trovano ancor pi lontano, quelle che non possono
essere scorte nemmeno con lausilio del telescopio, non sono forse cos numerose da poter garantire una sorta di
illuminazione di fondo al cielo notturno? Olbers tent appunto di calcolare, su questa base, quale avrebbe dovuto essere
la luminosit di fondo del cielo. I presupposti del ragionamento di Olbers sono certamente interessanti, e ci permettono di
focalizzare i termini della questione cosmologica allinizio dellOttocento: come prima cosa presuppose, in base alle
conoscenze della sua epoca (1826), che le regioni distanti delluniverso fossero molto simili alla nostra. Suppose che vi
fossero stelle poste tra loro a una distanza media uguale a quella che c tra le stelle a noi vicine. Immagin che, sebbene
ogni stella avesse uno splendore intrinseco, lo splendore medio fosse quello osservabile nei nostri dintorni astronomici. In
altre parole, suppose che a noi si offrisse un panorama tipico delluniverso. Questo concordava perfettamente con le idee
comunemente accettate allepoca di Copernico, secondo cui non c nulla di speciale, nulla di prestabilito nella posizione
che occupiamo nel disegno delle cose. unipotesi conveniente dal punto di vista scientifico, ed anche molto feconda
perch presuppone che quello che succede intorno a noi succeda anche altrove, in media se non nei particolari (H.
Bondi, The Universe at Large, New York, Anchor Books Doubleday & C., 1964; trad. it. di L. Felici, Sguardi
sullUniverso, Bologna, Zanichelli, 1964: p. 18). Le ipotesi da cui parte lo studio di Olbers sono dunque, per la nostra
prospettiva, particolarmente significative: egli suppone 1. che le leggi della fisica, cos come erano comunemente
conosciute, siano estendibili a tutto luniverso e, soprattutto, applicabili anche a tempi diversi (e questo ovviamente a
motivo della velocit della luce). In buona sostanza Olbers aveva concretamente abbozzato lidea della staticit
delluniverso.

1. Luis-Auguste Blanqui e i mondi possibili.


Un dato salta subito, piuttosto evidentemente, agli occhi; si tratta della progressiva
divaricazione tra i modelli teorici che interessavano la cosmologia, quasi tutti di natura ancora
pressoch statica, e i risultati della fisica sperimentale. La cosmologia continuava, in linea di
massima, a pensare a un universo sostanzialmente immobile, mentre la fisica teorica forniva
indicazioni di segno opposto; le stesse che successivamente andranno a supportare le teorie di un
universo non solo dinamico, ma addirittura in espansione17. Prima per di arrivare agli studi di
Edwin Hubble, e alla sua idea di un universo in espansione, sostenuta dalla prova sperimentale del
red-shift18, bisogna dar conto di altri tentativi volti ad avvicinare teoria e prassi; alcuni sicuramente
un po fantasiosi, altri dotati invece di una pregnanza scientifica che, in qualche modo, anticiper
molti dei risultati della cosmologia novecentesca. Tali posizioni, a met tra la scienza e la visione,
sintetizzavano esigenze antiche e nuovi slanci delle scienze, originando spesso dei percorsi di
ricerca originali e, per molti versi, alternativi. La cosmologia di Luis Blanqui si pone proprio al
confine di un crocevia in cui lonirico si incontra con la scienza, dando luogo a una sintesi teorica a
cui, come avremo subito modo di vedere, Nietzsche si rifatto costantemente. Un grande tentativo
di costruzione cosmologica dunque, quello di Blanqui, elaborato su basi teoriche precise. Anzitutto,
ed importante sottolinearlo, su di una serie di presupposti scientifici: luniverso infinito nel
tempo e nello spazio, eterno, senza limiti e indivisibile.
Un universo senza limiti spaziali e senza inizio temporale, in cui la materia esiste ab eterno: la
materia non uscita dal nulla. E non vi ritorner. Essa eterna, imperitura. Bench in continua
trasformazione, non pu diminuire, n aumentare di un atomo. Se infinita nel tempo, perch non
dovrebbe esserlo nello spazio? I due infiniti sono inseparabili19. Vediamo, concretamente, quale
limmagine del cosmo che Blanqui elabora. Anzitutto, il criterio che guida la sua teorizzazione ha a
che fare con un nodo fondamentale delle scienze sperimentali: la necessit di semplificazione.
Bisogna cercare di spiegare ci che complesso attraverso ci che semplice, di scomporre il tutto
per arrivare alle parti che lo formano; e questo criterio, che di fatto guida le ricerche della fisica
terrestre, pu (anzi, deve) investire anche le indagini (nel caso di Blanqui sono pi spesso
supposizioni) celesti. La qual cosa e si tratta abbastanza evidentemente di un principio
metodologico consente subito di avanzare un postulato: la composizione delluniverso
sostanzialmente uniforme; nel senso che gli elementi che lo costituiscono, pur nella diversit delle
combinazioni (come stato dimostrato dallanalisi spettrale), sono sostanzialmente sempre gli
stessi: sul nostro globo, fino a nuovo ordine, la natura dispone soltanto di 64 corpi semplici [].
Diciamo fino a nuovo ordine, perch questi corpi pochi anni fa erano solo 53. Ogni tanto, la loro
nomenclatura si arricchisce con la scoperta di qualche metallo [] Si arriver probabilmente a
scoprirne un centinaio. [] I primi quattro: idrogeno, ossigeno, azoto, carbonio, sono i grandi
17
Sono le conclusioni a cui, nel 1925, arriver Edwin Hubble che annunciava come le nebulose a spirale fossero una
sorta di universi-isola esterni e completamente indipendenti rispetto alla Galassia. Hubble forniva una prima stima delle
distanze basandosi, per lo pi, sul periodo di pulsazione delle stelle cefeidi, e scopriva la rotazione generale della nostra
Galassia, che sposta il Sole e i pianeti che vi si riferiscono, in direzione del Cigno, alla velocit di 200 km/s. Tenendo
conto di questo movimento, risultava che quasi tutte le Galassie eccezion fatta per la M 31 in Andromeda si stavano
allontanando.
18
Le righe dello spettro di una sorgente luminosa indicano altrettante lunghezze donda elettromagnetiche l. In un
moto relativo della sorgente con losservatore questi, nellunit di tempo, incontra pi onde se il moto di
avvicinamento, meno onde se il moto in allontanamento. Di conseguenza, nel primo caso le lunghezze donda sembrano
accorciarsi, mentre, nel secondo caso, appaiono allungate. Lallungamento apparente viene solitamente indicato con D l/
l in valore percentuale di l, ed legato alla velocit della sorgente v e a quella della luce c mediante la semplice

espressione

v
,
c

dove il segno + si riferisce allallontanamento. In tal caso le righe dello spettro risultano

spostate di Dl verso il rosso; mentre, il segno , relativo allavvicinamento e le righe dello spettro appaiono spostate di
Dl verso lestremit violetta.
19
L.-A. Blanqui, Lternit par les astres, hypothse astronomique, Paris, Libraire G. Baillire, 1872; trad. it. di D.
Pozzi, a cura di F. Desideri, Leternit attraverso gli astri, Roma, Theoria, 1984: p. 34.

agenti della natura20; e questi agenti sono presenti ovunque, per esempio, nella combustione
solare, che consuma idrogeno e ossigeno. Il riferimento teorico forte di Blanqui, come del resto di
gran parte della cosmologia ottocentesca, ovviamente la teorizzazione di Laplace21, che Blanqui
critica soprattutto in riferimento ai problemi di natura cosmogonica e di meccanica celeste.
Soprattutto, la gravitazione newtoniana a essere considerata palesemente insufficiente per
spiegare i mutamenti dei pianeti. In realt, il movimento dei corpi celesti obbedisce a due forze, la
centripeta o gravit, che li fa cadere o comunque li attira luno verso laltro, e la centrifuga che li
spinge in linea retta. Dalla combinazione di queste due forze deriverebbe il movimento ellittico
degli astri, in modo tale che, sopprimendo la forza centrifuga, la Terra cadrebbe nel Sole, mentre,
sopprimendo la forza centripeta, sfuggirebbe alla sua orbita seguendo la tangente e correndo dritto
davanti a s. Ora, mentre la causa dellazione centripeta nota (si tratta dellattrazione operata
dalla gravitazione), lorigine della forza centrifuga resta, ai tempi di Blanqui, problematica; e
Laplace sempre ovviamente secondo Blanqui avrebbe consapevolmente tralasciato di
approfondire questa questione. Nella teoria laplaceana la forza centrifuga deriverebbe dal
movimento di rotazione della nebulosa. Questo genere di risposta, se da un lato almeno
apparentemente soddisfacente, visto che spiega bene la natura dei moti planetari, dallaltro non dice
nulla a proposito dellorigine della rotazione della nebulosa.
Gi a questo livello, dunque, Blanqui riporta la teorizzazione al problema delle origini: da dove
vengono le nebulose? qual la loro causa diretta? E ancora: realmente un raffreddamento pu
trasformarle in Soli e pianeti? Laplace, come del resto molti altri prima di lui, pensava che nello
spazio dovesse esistere una specie di materia caotica che, con l'intervento del calore e della forza
gravitazionale, si condenserebbe, dando vita alle nebulose planetarie. Ma, a questaltezza, due
quesiti risultano abbastanza ovvi: il primo, investe il problema della datazione della materia; il
secondo, la provenienza dellenorme quantit di calore che rende possibile le trasformazioni
nucleari. Il problema, per Blanqui, dato prima di tutto proprio dalla disponibilit di calore: come
si pu pensare (e, soprattutto, con il supporto di quali prove sperimentali) che da qualche parte,
nelluniverso, esista una sorta di grande fornace, capace di operare a temperature di milioni di
gradi? Nello spazio e si tratta di uno dei presupposti di Blanqui il calore e la luce non si
accumulano, piuttosto si disperdono. La qual cosa risulta evidente dal fatto che tutti i corpi celesti
gradualmente tendono a raffreddarsi (nemmeno la nostra stella, il Sole, pu sfuggire a tale legge). Il
che significa che la materia, se eterna nel suo insieme o nei suoi elementi, risulta invece soggetta
a trasformazione nelle sue forme e nelle sue parti: tutte le sue forme, umili o sublimi, sono
transitorie e periture. Gli astri nascono, brillano, si spengono e anche se forse sopravvivono per
migliaia di secoli al loro splendore scomparso, alla fine sono solo delle tombe vaganti a
disposizione delle leggi di gravit. Quanti miliardi di questi cadaveri gelati si trascinano cos nella
notte spaziale, in attesa del momento della distruzione, che sar, contemporaneamente, anche
quello della resurrezione!22.
E siamo ad un nuovo elemento fondamentale del discorso di Blanqui: se il corpo (dunque la
forma particolare che assume una certa quantit di materia) destinato alla distruzione sia a
livello di micro, che di macro fisica , la materia, nella sua singolarit, destinata alla
rigenerazione, e dunque, presumibilmente, sar soggetta a un processo di continua trasformazione:
perch i trapassati della materia ritornano tutti nella vita, quale che sia la loro condizione. E per
quanto possa essere lunga la notte della tomba per gli astri finiti, verr il momento in cui la loro
fiamma si riaccender come folgore. Sulla superficie dei pianeti sotto i raggi solari, la forma che
muore si decompone in fretta, per poi restituire i suoi elementi a una nuova forma. Le metamorfosi
si succedono ininterrottamente23.

20

Ivi: p. 42.
Ivi: pp. 42-54.
22
Ivi: p. 59.
23
Ibidem.
21

Ma proviamo a seguire uno di questi astri lungo il viaggio, a met tra il reale e limmaginario,
che Blanqui ricostruisce. Allorch, dopo milioni di secoli, una di queste grandi stelle ha terminato il
suo ciclo vitale, dopo aver percorso per intero luniverso, si scontra, alle estreme regioni dello
spazio, con altri pianeti estinti, scatenando quella che Blanqui, attraverso una metafora piuttosto
efficace, definisce una battaglia furibonda, che ha come teatro un campo di battaglia vasto
miliardi di chilometri. Questa parte delluniverso, diventa allora una sola, vasta, atmosfera, dalle
temperature roventi; una specie di enorme fornace che trasforma la materia di interi Soli e pianeti.
Si tratta di un processo che ubbidisce ovviamente alle leggi naturali, in primis alla legge della
gravitazione universale: durante questo complesso ciclo termico-nucleare, scontri incessanti
riducono le masse solide a uno stato di vapore che, immediatamente, la gravitazione riorganizza in
nebulose che girano su se stesse per effetto dell'urto, e che poi vengano scagliate, con moto
circolare, nellorbita di nuovi centri. Il panorama che si presenta a un osservatore lontano
magari a quellosservatore che, con il suo telescopio, studia questi grandi eventi dalla Terra
consister allora in una specie di luce fioca, intercalata da tenui punti pi luminosi, che
testimoniano le trasformazioni incessanti di questi astri: ogni neonato sar dapprima una nuvola
infiammata e tumultuosa, e vivr uninfanzia solitaria. Quando, col tempo, sar diventato pi
tranquillo, il giovane astro produrr poco a poco dal suo seno una numerosa famiglia, che presto
lisolamento raffredder, e che potr continuare a vivere soltanto attraverso il calore paterno. Sar
allora lunica fonte di calore nel mondo che conoscer solo lui, e non scorger mai i suoi figli.
Questo il nostro sistema planetario, e noi abitiamo una delle figlie pi giovani, che ha soltanto
una sorella minore, Venere, e un fratellino piccolissimo, Mercurio24.
E i mondi nascono allo stesso modo? Blanqui azzarda unipotesi: forse le schiere morte di
pianeti che si scontrano per tornare a nuova vita sono meno numerose, ma di sicuro il problema
nei numeri e nelle dimensioni, non nella natura o nella modalit del processo. Certo,
sperimentalmente parlando, abbiamo poche certezze: per esempio, nessuno pu dire con sicurezza
se lo scontro investa due o pi gruppi stellari, oppure veri e propri sistemi in cui ogni stella (con il
suo seguito) sia gi ridotta a semplice pianeta; oppure ancora se non investa due centri di cui la
stella in questione, non altro che un satellite. Soltanto una cosa a questaltezza pu essere
affermata con una qualche contezza scientifica: la materia non pu diminuire n aumentare di un
atomo. Le stelle sono soltanto torce effimere. Se dunque non potessero riaccendersi una volta
estinte, la notte e la morte si impadronirebbero delluniverso. Ora, come potrebbero riaccendersi se
non attraverso una gigantesca trasformazione del movimento in calore, e cio attraverso uno
scontro reciproco che le volatilizzi e le richiami a nuova vita?25. A ben guardare, la ricostruzione
di Blanqui , piuttosto evidentemente, una versione per cos dire abbozzata e approssimativa
dellidea del Big Bang caldo. Luniverso immaginato come una sorta di grande fornace, le cui
temperature elevate permettono le trasformazioni della materia; una trasformazione continua e
incessante (ciclica), che evita in questo senso (a differenza, come vedremo, dal Big Bang) qualsiasi
teleologia pi o meno implicita.
Questa grande fornace a cielo aperto pressoch inesauribile dato che, per le sue trasformazioni
energetiche, dipende dal movimento (Blanqui rifiuta lidea della trasformazione del movimento in
calore che, se ammessa, introdurrebbe la possibilit di una stasi eterna del cosmo); mentre il
movimento, a sua volta, ha a che fare direttamente con la gravitazione (che, come si sa, una
propriet permanente di tutti i corpi) o, meglio, con gli scontri tra corpi celesti, che derivano da
perturbazioni evidenti della legge gravitazionale e, a questo proposito, Blanqui non giustifica (se
non per analogia con il comportamento dei meteoriti) le cause delle perturbazioni che indurrebbero
i corpi celesti a variare il comportamento indotto dalla forza gravitazionale.
Dunque, il postulato da cui Blanqui non intende prescindere chiaramente quello della
inalterabilit quantitativa della materia (che non pu essere n creata n distrutta), mentre, dal
punto di vista qualitativo, le trasformazioni sono non solo permesse, ma addirittura richieste.
24
25

Ivi: p. 60.
Ibidem.

Perci, esclusa lipotesi, avanzata dalla termodinamica, della trasformazione del movimento in
calore (ipotesi che Blanqui considera unidirezionale, nel senso che il movimento si trasformerebbe
in calore, ma il calore non tornerebbe a trasformarsi in movimento), rimane quella dellevento
relativamente eccezionale (scontro tra astri oramai privi del loro potenziale energetico), che
dovrebbe giustificare la produzione di calore e, dunque, la trasformazione della materia: s, la
gravitazione li ha lasciati, li lascia e li lascer cadere, cos come ha fatto, fa e far scontrare gli uni
contro gli altri, vecchi pianeti, vecchie stelle, vecchi defunti insomma, [] e allora i trapassati
esplodono come un fuoco dartificio, e nuovi fuochi risplendono per illuminare il mondo. Se il
sistema non vi piace trovatene uno migliore. Ma state attenti. Le stelle hanno una vita limitata e,
insieme con i pianeti, costituiscono lintera materia. Se non riuscite a resuscitarle, luniverso
finito26.
Ed proprio su questa fine che Blanqui non pu che esprimere le proprie perplessit, dato che
un concetto di questo tipo richiama evidenti implicazioni teleologiche e, a un secondo livello,
anche propriamente teologiche. L'universo non pu avere una fine, per la stessa ragione per cui non
pu avere avuto un inizio e a questo proposito la differenza rispetto alla cosmologia
contemporanea ancora una volta evidente, soprattutto in tema di inizio. In caso contrario, in quel
processo di ricerca delle cause tipicamente filosofico, sarebbe difficile evitare di concedere lazione
di un Dio che, anche se non si deve occupare di mantenere il mondo (che a ci dovrebbero
provvedere le leggi della fisica), certo avrebbe dovuto avere a che fare per lo meno con il suo
inizio. Dunque luniverso se non il mondo eterno (ingenerato e senza fine). Blanqui
considera chiaramente due livelli: un macro-livello, che corrisponde alluniverso nel suo
complesso, e che, considerato nella sua totalit, pressoch immobile. Da un punto di vista
quantitativo, in questambito nulla muta, dato che spazio e tempo sono grandezze infinite, e in
questo spazio e in questo tempo la materia si conserva. A un altro livello (un micro-livello),
abbiamo poi gli astri o i mondi che vivono la loro esistenza (questa s limitata nello spazio la
Terra in migliaia di anni non ha mai deviato dalla propria orbita, anche se ci non significa che,
concluso il suo ciclo vitale, non dovr farlo e nel tempo), si consumano, e si trasformano.
Questo processo dar poi origine in eterno a nuovi mondi: luniverso organizzato cos in eterno.
Non mai cambiato di un capello, n si fermato un secondo. Il caos non esiste, neppure su quei
campi di battaglia dove miliardi di stelle si scontrano e si infiammano per secoli e secoli, per
riportare i morti alla vita. [] Simili cataclismi sono rari in tutti gli angoli delluniverso [].
Luniverso eterno, gli astri sono mortali, e poich costituiscono lintera materia, ciascuno di essi
passato attraverso miliardi di esistenze. La gravit, attraverso i suoi chocs rinnovatori, li divide, li
rimescola, li rimodella incessantemente, tanto che ognuno di loro composto dalla polvere di tutti
gli altri. Ogni pollice di terreno che calpestiamo ha fatto parte dell'intero universo27. Dunque, tutto
in tutto, o, comunque, fa parte di (del) tutto: tutti i corpi celesti, senza eccezione, hanno la stessa
origine, lincendio provocato da uno scontro. Ogni stella implica un sistema solare, uscito da una
nebulosa volatilizzata nellurto. il centro di un gruppo di pianeti gi formati, o in via di
formazione. La funzione delle stelle chiara: un focolaio di luce e di calore che si accende, brilla
e si spegne. Soltanto i pianeti, che sono stati consolidati da un raffreddamento, hanno il privilegio
della vita organica, che sorge dal calore e dalla luce del focolaio, e che si estingue con esso. La
composizione e il meccanismo di tutti gli astri sono identici. Variano soltanto il volume, la forma e
la densit. Lintero universo esiste, cammina e vive in questo modo. Non c nulla di pi
uniforme28.
Anche in Blanqui la materia non un postulato logico o rappresentativo, ma una realt dotata di
precisa sostanza ontologica, che ha come attributi calore, luce e movimento. Inoltre, tra materia
terrestre e materia celeste pare ci sia analogia; almeno nel senso che entrambe risulterebbero dalla
composizione dei medesimi elementi naturali (Blanqui ne ipotizza almeno un centinaio), e di
26

Ivi: p. 61.
Ivi: pp. 62-65.
28
Ivi: p. 68.
27

10

questa materia sarebbero poi sempre composti gli astri sparsi per luniverso. Pochi elementi,
dunque, che si sintetizzano, originando numerosissime combinazioni (di esseri viventi, piuttosto
che di organismi inanimati); ci che va notato per che queste combinazioni non possono essere
infinite, sono s numerosissime, ma formano sempre un numero definito, mai indefinito. Dunque: il
tempo infinito, lo spazio ugualmente infinito, ma la materia che entra nelle composizioni delle
cose, nonch le composizioni stesse, sono assolutamente finite, pur essendo eterne. Gli esemplari
prodotti dalla natura dovranno perci ripetersi, dato che il numero finito di combinazioni, collocato
in un tempo infinito, una volta che il limite di possibilit stato raggiunto, non potr che ricreare i
medesimi esemplari, per leternit: questo dato ci fa affermare che le combinazioni differenziate
della materia sono limitate e, di conseguenza, insufficienti per disseminare il campo spaziale di
corpi celesti. Queste combinazioni, per quanto possano essere numerose, terminano e, da quel
momento, devono ripetersi per poter essere infinite. La natura stampa miliardi di esemplari di ogni
sua opera. Nella struttura degli astri, la somiglianza e la ripetizione sono la regola, la diversit e la
variet, leccezione. [] Si contrappongono due soli elementi: il finito e linfinito. La nostra tesi
che i cento corpi semplici non potrebbero formare infinite combinazioni originali. Suddividiamo
cos i corpi celesti tra originali e copie. Gli originali sono costituiti da tutti i raggruppamenti di
globi che formano un tipo speciale. Le copie sono le ripetizioni, esemplari o bozze di questo tipo.
La quantit di tipi originali limitata, quella delle copie o ripetizioni, infinita29. In sintesi: il
numero delle combinazioni tipo incalcolabile, ma pur sempre finito.
In una prospettiva nietzschiana, sono per soprattutto interessanti le conseguenze che Blanqui
deriva dalle sue premesse. Vediamo per un attimo di circoscrivere la natura del nostro discorso,
prendendo in esame la Terra e gli esseri (uomo, ma anche animali e vegetali) che la popolano, e
facciamo, con Blanqui, un po di statistica. Se seguiamo le premesse cosmologiche di Blanqui la
situazione potrebbe essere pi o meno questa: la legge di gravit chiaramente la forza sovrana
delluniverso; ora, seguendo i dettami ineludibili di questa legge, i sistemi stellari disporranno in
scala i loro pianeti intorno al Sole ovviamente un Sole che sempre un altro Sole rispetto a
quello del nostro sistema solare. In questo modo, ogni pianeta avr un posto simmetrico a quello
occupato in ogni gruppo dal pianeta simile. La Terra il terzo pianeta a partire dal Sole, posizione
questa che dipende da tutta una serie di condizioni particolari (dimensione, densit, atmosfera,
ecc.). Ora, chiaro che il nostro sistema solare non un unicum, anzi, probabilmente esistono
milioni di sistemi solari del tutto analoghi (nel numero e nella disposizione degli astri) a quello che
noi possiamo direttamente osservare; e questo perch la legge di gravit pone comunque dei limiti
ben precisi al comportamento e alla disposizione delle masse planetarie. Perci, in ogni gruppo che
disponga di un numero di otto/dieci pianeti, esistono molte probabilit che il terzo pianeta abbia
caratteristiche almeno simili a quelle della Terra: sia posto cio a una distanza simile dal Sole (cosa
che determiner una serie di altre conseguenze pi o meno importanti; per esempio stessa luce e
stesso calore); inoltre, qualora si supponga il caso di una nebulosa dorigine pi o meno simile alla
nostra, se ne deriver uno sviluppo probabilmente del tutto coincidente con quello del nostro
sistema solare.
Finora abbiamo parlato degli elementi di somiglianza, che per non presuppongono ancora
unidentit assoluta, n unassoluta coincidenza: per ogni caso di completa somiglianza esisteranno
miliardi di globi che, con il nostro, potranno vantare solamente un certo grado di analogia in
tutti questi globi ci saranno, come nel nostro, terreni sovrapposti, una flora, una fauna, dei mari,
unatmosfera, degli uomini. Ma la durata dei periodi geologici, la ripartizione delle acque, dei
continenti, delle isole, delle razze animali e umane, offriranno innumerevoli variet. Andiamo
avanti. Nasce infine una terra che ha la nostra stessa umanit, ma che presenta sue proprie razze,
migrazioni, lotte, imperi, catastrofi. Tutte queste peripezie cambiano il suo destino, e la mettono su
una strada diversa da quella del nostro globo. In ogni minuto in ogni secondo, questo genere umano
ha davanti a s migliaia di direzioni diverse. Quando ne sceglie una, abbandona per sempre le altre.
Quante deviazioni a destra e a sinistra possono modificare gli individui, la storia! [] Mettiamo da
29

Ivi: pp. 73-74.

11

parte questi confusi tentativi. Percorreranno comunque la strada e saranno dei mondi. Arriviamo
comunque al punto. Ecco un esemplare completo nelle cose e nelle persone. Ogni sasso, ogni
albero, ogni ruscello, ogni animale, ogni uomo, ogni incidente, esistito nel duplicato allo stesso
posto e allo stesso minuto. Ecco una vera terra-sosiafino ad oggi almeno. Perch domani, gli
avvenimenti e gli uomini andranno avanti. E, a questo punto, non si pu pi sapere nulla.
L'avvenire della nostra Terra, cos come il suo passato, cambier strada milioni di volte. Il passato
un dato di fatto, ci appartiene. Lavvenire sar fissato soltanto alla morte del globo. Da oggi fino a
quel momento, ogni secondo porter a un bivio, costituito dalla strada che si prender, e da quella
che si sarebbe potuta prendere. Ma, qualunque sia la strada che il pianeta seguir fino allultimo
giorno della sua esistenza, gi stata percorsa miliardi di volte. Sar una copia il cui originale
stato stampato con secoli di anticipo30.
Pensiamo per un attimo alle conseguenze che questa poderosa visione del cosmo implica
tanto a livello micro-storico, quanto etico. Il piano della storia, che di per s gi saturo di
alternative, diventa interamente percorribile: da qualche parte, nelluniverso, ci sar infatti un altro
noi (che fino allistante di quella scelta aveva avuto e, entro certi limiti, scelto un destino
esattamente coincidente con il nostro) che opter per quella alternativa che noi avevamo scartato
per sempre, diventando per ci stesso un altro noi, con un nuovo destino che per, qualcun altro, da
qualche altra parte, ha gi da sempre sceltoLe stesse dinamiche ovviamente varranno per quei
grandi avvenimenti che hanno intessuto la storia del genere umano: miliardi di volte Cesare stato
ucciso da Bruto, ma, anche, altrettante volte sar scappato, oppure avr ucciso il traditore e
continuato a governare Roma, e cos via. La storia dunque, almeno in senso lato, in qualche modo
vincolante? La risposta deve tenere conto della duplicit dei piani che si aprono in questa
prospettiva: da un lato, non c nulla di pi vincolante di ci che stato scelto almeno una volta,
dallaltro, per, ogni alternativa (dunque non soltanto quella per cui si optato nel modello
originario) verr prima o poi tipicamente in atto, e sar scelta in una delle numerosissime varianti
della nostra Terra. Se certo la prospettiva della ripetizione infinita non pu che essere opprimente
(da qualche altra parte si ripeter ogni singolo individuo, con tutti i suoi pensieri, i suoi errori, le
sue scelte), essa per anche solo una possibilit, nel complesso (ovvero nel calcolo delle
probabilit) anche abbastanza remota (per quanto, ovviamente, mai impossibile) di fronte a miliardi
di alternative praticabili e, di fatto, da qualche parte anche praticate.
Cerchiamo di riassumere, evidenziando, per facilitare il raffronto con il Ritorno nietzschiano,
presupposti e conclusioni della cosmologia di Blanqui:
1. Spazio e tempo sono infiniti.
2. La materia, quantitativamente inalterabile, composta stando alla chimica da una serie
di elementi semplici, limitati e invariabili (circa un centinaio); che dunque potranno formare
numerosissime combinazioni, la cui variet sar sempre e comunque finita. Inoltre la materia
solamente in grado di generare nebulose che, con il tempo, si trasformeranno in gruppi stelloplanetari; n potr, malgrado la sua fecondit, andare al di l del numero stabilito di
combinazioni speciali.
3. Ogni tipo originario si ripete allinfinito perch lo spazio infinito (e qui gioca un vecchio
argomento leibniziano, per cui la materia comunque sempre meglio del nulla), cos come il
tempo.
4. Il nostro sistema solare un tipo originale, e come tale esiste in miliardi esemplari. In ogni
esemplare esiste una Terra identica alla nostra: stessa costituzione ambientale, stesso mondo
animale e vegetale. Le modifiche rilevanti saranno introdotte dagli uomini che, attraverso il
loro arbitrio, opereranno scelte differenti. Dunque, malgrado sia costantemente uguale
30

Ivi: pp. 77-78.

12

allinizio della sua storia, lumanit non la stessa su ogni Terra-sosia. Il che significa,
ovviamente, che ogni Terra prender strade differenti, creer storie differenti, dando luogo a
possibilit anchesse differenti.
5. Ma ogni Terra non pu variare oltre un certo limite, dato che dispone di un numero
(originariamente) limitato di abitanti. In questo senso, esisteranno miliardi di Terre sosia, in cui
non muta, nel tempo e nello spazio, assolutamente nulla rispetto alla Terra dove anche noi, che
stiamo facendo queste considerazioni qui e ora, viviamo.
6. Per queste Terre-sosia o per queste varianti dellumanit, vale quanto si detto a proposito dei
sistemi stellari originali. Il loro numero limitato, poich gli elementi a disposizione sono
finiti, e gli uomini di una terra, come i sistemi stellari originali, sono formati da un numero
finito di elementi, i cento corpi semplici. Comunque, ogni variante esiste in miliardi di
esemplari.
7. Avremo perci una quantit enorme di infiniti parziali (un qualcosa di simile al concetto di
multi-verso utilizzato dalla cosmologia del Big Bang), che a loro volta confluiscono in una
specie di ultra universo che li contiene tutti una sorta di articolazione gerarchica dell'infinito
in sotto-infiniti.
8. Gli astri non rimangono sempre identici: ognuno disporr di una ben precisa vita fisicobiologica; esauritasi, verr rinnovata, certo in proporzioni specifiche differenti, grazie a
conflagrazioni interplanetarie, che origineranno nuovi e diversi sistemi stellari, dotati di altri
pianeti e altre combinazioni.
9. Dato che, in una prospettiva temporale, luniverso infinito, e i materiali sono sempre gli stessi
i cento corpi semplici , ogni corpo semplice ha la stessa probabilit di ritornare, cos
come ogni cosa ha la stessa probabilit di riprendere a esistere. Ne risulta che linsieme si
mantiene invariato, attraverso la continua trasformazione delle parti.
Luniverso infinito tanto nel suo insieme quanto in ogni sua frazione, che sia stella o un
granello di polvere. cos nel minuto presente, cos stato e sar sempre, senza che cambi un
atomo o un secondo. Non c niente di nuovo sotto tutti i soli31. Perci i sistemi stellari finiscono,
e poi ricominciano, con elementi simili e associati in diverse combinazioni; in una infaticabile
riproduzione di esemplari identici ricavati da differenti rottami. In questo imponente teatro, luomo
un dettaglio, che condivide mobilit e permanenza del Tutto. Tutti gli uomini sono gi esistiti, da
qualche parte, su qualche altro globo: sarebbe inutile cercare linizio di questo processo dato che
non hanno avuto un inizio n luniverso, n, tantomeno, luomo. In questo modo, ogni uomo
possiede nello spazio un numero infinito di doppioni che vivono la sua stessa identica vita da
sempre e per sempre scriver quello che sto scrivendo (non solo su questa Terra, ma, anche, su
migliaia di altre Terre identiche a questa), seduta a questa scrivania, con questo computer, in
questa giornata di pioggia. Tutto si ripete dunque con ineludibile necessit, lunica variabile data
dalle biforcazioni possibili: in pratica quelle alternative da sempre scartate, ma anche da sempre
attualizzate da qualcuno, in qualche altro posto.
Complessivamente dunque, Blanqui costruisce limmagine di un universo dinamico (i mondi
nascono e muoiono continuamente), non espansivo32 (a differenza della cosmologia moderna
31

Ivi: p. 89.
Su questo punto, la posizione di Blanqui del tutto allineata alle idee della cosmologia del suo tempo: un
indizio interessante sul clima del pensiero generale dominante prima del XX secolo che nessuno abbia mai suggerito che
luniverso sia in espansione o in contrazione. Tutti accettavano lidea che luniverso o fosse esistito da sempre in uno
stato sempre uguale o che fosse stato creato, in un tempo finito in passato, pi o meno come losserviamo oggi. In parte
tale credenza in un universo immutabile era forse dovuta all'inclinazione della gente a credere in verit eterne, oltre che al
conforto che si trovava nel pensare che, anche se le persone potevano invecchiare e morire, luniverso eterno e
32

13

linfinito gi infinito, perci non pu accrescersi ulteriormente), in cui la quantit complessiva di


materia si conserva; e che non pu avere una fine, esattamente come non ha avuto un inizio.
Evidentemente, in questo quadro, il racconto mitico affianca e si sovrappone allanalisi scientifica,
che pure Blanqui mantiene sempre in primo piano, ad esempio, attraverso la riflessioni sulle
indagini spettrali o sui risultati della chimica e dalla cosmologia di Laplace. Blanqui opera ancora
con i concetti tipici della fisica newtoniana (spazio e tempo assoluti), perci lo spazio non pu
essere che un unico spazio (infinito), mentre il tempo sostanzialmente unidirezionale si
estende cio come una linea retta che prosegue, senza interruzione, sovrapponendosi allo spazio.
Mancano i concetti della fisica einstaniana per potere elaborare una cosmologia differente da
questa; tuttavia, Blanqui si sforza di portare nel suo mito la scienza, e di correggerlo attraverso i
risultati dellosservazione o della deduzione scientifica.
Il prospettivismo che Lange pensa per la fisiologia, e che Nietzsche estende al piano
dellinterpretazione complessiva della realt (dunque alla sfera culturale), ancora completamente
assente dalla fisica dello spazio-tempo monodirezionali; tanto che la realt, micro o macro cosmica,
si presenta, di fatto, come un unico blocco: ununica realt (in uno spazio-contenitore finito o
infinito che sia), che si svolge in un tempo direzionale (quello caratteristico della tradizione
cristiana), e che si presenta come un mono-verso tipicamente eliocentrico. Questa cosmologia non
piaceva a Blanqui, e, per ragioni ancora pi ovvie, non poteva piacere nemmeno a Nietzsche che,
come vedremo, fa del prospettivismo langeano (debitamente riformulato), uno dei concetti tipici
della propria costruzione filosofica. Blanqui, in questa fase, rappresenta perci lunica alternativa
cosmologica possibile per un pensiero che, come quello di Nietzsche, aprir, a pi livelli, allidea
della pluralit delle prospettive.
2. Uno sguardo sul Big Bang caldo.
Successivamente in pratica, a partire dagli anni trenta del nostro secolo il panorama degli
studi cosmogonici molto mutato; per questo, una comparazione tra i risultati delle ricerche
odierne e il materiale di cui poteva disporre Nietzsche (per esempio, e prima di tutto, attraverso le
ipotesi di Blanqui) dovrebbe aiutarci nel definire con pi precisione le ipotesi nietzschiane.
Solo nel nostro secolo sono state formulate le prime sistematizzazioni scientifiche sullorigine
delluniverso. Lidea della nascita dellatomo primordiale del Lematre33 non fornisce in merito che
una descrizione molto approssimativa e poco chiara; e, per giunta, non elabora alcuna ipotesi su di
un elemento assolutamente centrale per qualsiasi teoria cosmogonica: i livelli termici che dovettero
caratterizzare la primissima formazione della materia. Bisogner attendere il 1946, gli studi di G.
Gamow, per arrivare alla prima teoria formulata su solide basi di fisica atomica e nucleare. Questi
immutabile (S. Hawking, A Brief History of Time, London, Bantam Books, 1988; trad. it. di C. Segan, Dal Big Bang ai
buchi neri, Milano, Rizzoli, 1988: p. 18).
33
Su questo tema si rimanda a H. Bondi, The Universe at Large, cit.: pp. 26-31. La teoria lematreiana inaugura la
serie della teorie relativistiche, che sistematicamente pensano luniverso in una direzione espansionistica. Il modello di
Lematre dunque un modello in evoluzione, ovvero si struttura secondo lidea di un universo soggetto, nel suo insieme,
a cambiare con il passare del tempo. Nellipotesi di Lematre luniverso finito, ma illimitato. Secondo gli studi del
ricercatore belga, sebbene il volume complessivo delluniverso sia attualmente immenso, allinizio (su per gi 40 milioni
di anni fa) era probabilmente abbastanza ridotto. La stessa quantit di materia che adesso si espande per luniverso e che
attualmente molto rarefatta, all'origine era concentrata in uno spazio assolutamente esiguo, e, per questo motivo,
probabilmente era assai densa e calda. Il cambiamento di stato potrebbe essere stato prodotto da una violentissima
esplosione nucleare, che avrebbe comportato lespansione di tutto il modello. In una prima fase, a causa della grande
densit della materia e della notevole forza gravitazionale, lespansione avvenne abbastanza lentamente. Nella fase
successiva invece quando oramai il modello era pi espanso e la forza di repulsione universale (che, ricordiamolo,
aumenta con laumentare della distanza) bilanciava di fatto la forza di gravitazione il movimento rallent fino quasi
ad arrestarsi. Ora, se luniverso avesse arrestato la sua espansione, sarebbe probabilmente rimasto inalterato a causa
dellequilibrio tra la forza di repulsione e quella gravitazionale. Ma poich lespansione continu, sia pure a regime
bassissimo, si giunse a un punto in cui questo sostanziale equilibrio si ruppe, a tutto vantaggio delle forze repulsive. Il
risultato fu linnescarsi di un processo espansivo (lespansione infatti non solo continu, ma addirittura acceler
divenendo in sostanza pi rapida) destinato a durare in eterno.

14

confidava di poter spiegare lorigine dellidrogeno e dellelio, nonch di tutti gli altri elementi,
assumendo come condizioni di partenza livelli di temperature e densit sufficientemente elevati, e
tali da far presumere linnesco di alcuni, necessari, processi di nucloesintesi. Gamow immagin che
la temperatura delluniverso, nel suo primo secondo di vita, doveva raggiungere su per gi i
quindici miliardi di gradi, mentre lenergia cinetica delle particelle doveva essere cos elevata da
impedire di fatto qualsiasi concentrazione stabile di elementi. Questa specie di fluido nucleare
caldo (Ylem) risultava in questo modo talmente addensato che, in pratica, finiva per allungare oltre
i sedici minuti la vita media caratteristica dei neutroni (dunque lo stesso processo che sappiamo
verificarsi per le stelle a neutroni), cosicch la reazione di decadimento n p + e- ebbe il tempo di
essere bilanciata dalla reazione inversa p + e- n almeno durante i primi minuti del processo
nucleare.
Le reazioni erano accompagnate da un enorme tasso di radiazione g, e dalla conversione di
radiazione g in coppie di elettroni e di antielettroni. Al decrescere, al seguito dellespansione, della
temperatura, anche la reazione p + e- n prese a trasformarsi in quella inversa: a questo punto i
neutroni avrebbero iniziato a scarseggiare, mentre, simultaneamente, i valori (ovviamente
diminuiti) dellenergia cinetica delle particelle erano in grado di causare i primi processi
daggregazione fra neutroni e protoni.
Va notato per che la natura puramente quantitativa di questo discorso non sufficiente a
stabilire un raccordo tra la teoria dellYlem e labbondanza, che riscontriamo in natura, degli
elementi chimici. Daltra parte, trascorso un lasso di tempo assai breve (circa unora), la
temperatura delluniverso dovette aggirarsi attorno a qualche centinaio di milione di gradi. Si
trattava, in sintesi, della primissima formazione di nuclei atomici, cos come del resto li
conosciamo anche oggi. La debolezza pi evidente dellipotesi di Gamow (a cui, con il tempo, si
aggiunsero anche gli apporti di R. Alpher e H. Bethe) era nella spiegazione della formazione del
litio, un elemento che contiene sette nucleoni quattro neutroni e tre protoni.
La teoria dellYlem, nonostante le lacune che finivano per renderla praticamente insostenibile,
dimostr di possedere una funzionalit del tutto particolare; indic infatti agli scienziati la necessit
di abbandonare lidea delluniverso statico, per cominciare a pensare che lorigine delluniverso
debba essere ricondotta a una vera e propria esplosione. Allorch Wilson e Penzias ottennero la
prova decisiva dellesistenza di una sorta di prima, enorme, radiazione fossile (quella che derivava
dal Big Bang) che si aggirava, molto raffreddata, per luniverso, lipotesi dellesplosione originaria
trov una conferma importante. Lesame del comportamento della radiazione cosmica di fondo
suggerisce alcune osservazioni interessanti: anzitutto sia la Terra che la Galassia si troverebbero
immerse in una sorta di fluido, animato da un processo di continua espansione. Se comparassimo
Terra e Galassia con questo fluido, scopriremmo che esse sono in realt mediamente e localmente
immobili. In questo senso, la radiazione cosmica di fondo pu essere utilizzata come un sistema di
riferimento locale, rispetto al quale verificare il movimento del nostro pianeta, nonch del sistema
solare e della stessa Galassia. Si riaffaccia dunque lantica ipotesi delletere cosmico che, attraverso
varie riformulazioni, ha unorigine lontana, e che, nella versione del Big Bang sostituisce la materia
con una sorta di fluido abbastanza singolare.
La seconda considerazione importante da fare che un fotone, che viene avvistato nella nostra
fase temporale, ha viaggiato attraverso gli spazi cosmici fin dallepoca in cui venne alla luce; il che
vuol dire, che la visione allinverso dellevoluzione del cosmo ci presenta un processo di
contrazione che si svolge a velocit crescente: vediamo le galassie avvicinarsi tra loro, poi
dissolversi in un fluido caotico di nuclei atomici, che, a sua volta, sembra sparire quasi subito nel
nulla. Nello spazio, almeno apparentemente vuoto, la temperatura sale sensibilmente, e cresce a
livelli assolutamente intollerabili, finch lo spazio stesso in un certo istante (che corrisponde
piuttosto ovviamente anche a un certo grado di temperatura) prende a illuminarsi di una luce
rossastra, omogenea e diffusa. Infine luniverso, notevolmente rimpicciolito e addensato, pare
tornare vuoto sia di luce che di materia. La temperatura supera il migliaio di gradi e cresce ancora; i
fotoni della luce acquistano energia e tendono verso i colori estremi dello spettro: giallo, blu e

15

violetto. Infine, questuniverso vuoto e assolutamente addensato, sembra tornare privo di luce e di
materia, ma la temperatura che sale vertiginosamente ci avverte che, qualora fossimo in grado di
osservare al microscopio ci che avviene, vedremmo che dal vorticoso movimento di particelle e di
fotoni c e g scaturisce una radiazione, che d luogo al progressivo e successivo generarsi e
annichilirsi di coppie di elettroni. In questo stadio, luniverso non altro che un oceano di plasma
nucleare caldo, in cui la probabilit che un fotone si liberi dalla cattura elettronica diminuisce, fino
a scomparire pressoch del tutto. Da questo momento, siamo alle soglie dellopacit assoluta, anche
se la temperatura continuer a salire, impennandosi verso le decine di miliardi di gradi, e lintero
complesso dar luogo ai primi processi che porteranno alla nascita dei nucleoni.
Come si vede, la scoperta della radiazione di fondo34 costituisce una delle prove pi solide a
sostegno dellidea di un universo in espansione. Perci, secondo questipotesi, luniverso, con il
suo spazio e il suo tempo, ebbe origine in unepoca che le osservazioni sulla velocit di recessione
delle galassie, e su quelle (incerte) della densit del fluido cosmico, consentono di collocare fra i 15
e i 20 miliardi danni or sono. A questaltezza, la tesi di un universo stazionario35, in espansione
permanente, caratterizzato dalla creazione continua di materia, ha perso quasi del tutto di
credibilit. In pi va precisato che lipotesi del Big Bang caldo lavora a sostegno della stabilit
della quantit di materia disponibile: ci fu un momento in cui dalla grande fornace che era
luniverso usc lultima particella nucleare; da allora, il patrimonio materiale delluniverso non sub
pi alcuna variazione. In seguito, si verificarono solo pi trasformazioni nucleari di tipo
quantitativo, ma il numero dei barioni iniziali permase immutato, ovvero non crebbe n diminu.
La radiazione di fondo senza dubbio uno dei tasselli sperimentali, oltre che teorici, che meglio
fondano la cosmologia del XX secolo. Newton, e tutti gli scienziati che si sono dedicati a ricerche
fisico-cosmologiche, avrebbero probabilmente dovuto pensare al fatto che un universo statico
avrebbe preso a contrarsi immediatamente, per effetto della forza di gravit. Se ipotizziamo invece
che luniverso in espansione, avremo, in linea di massima, due possibilit: nel caso in cui
lespansione sufficientemente lenta, la forza di gravit potrebbe costringere luniverso a rallentare
progressivamente, determinandone, a un certo stadio, larresto, e ricreando una fase di successiva e
nuova contrazione. Allinverso, nel caso in cui si suppone che lespansione delluniverso sia
superiore a una certa velocit critica, la gravit non arriverebbe mai a por fine allespansione e, di
conseguenza, luniverso continuerebbe a espandersi per sempre un po quanto accade a un razzo
lanciato verso lalto dalla superficie della Terra. Se il razzo dotato di una velocit inferiore
rispetto a un certo quoziente critico, la gravit finir per avere la meglio sul movimento
ascensionale ributtando il razzo al suolo; nel caso in cui, invece, la velocit sia superiore al valore
critico, il razzo potr vincere la gravit e allontanarsi dalla Terra.
Questa propriet espansiva delluniverso avrebbe potuto essere predetta, sulla base della teoria
gravitazionale, in un qualsiasi periodo dellOttocento, o, forse, anche nel corso del Settecento.
Eppure la fede in un universo statico era cos radicata da coinvolgere persino Albert Einstein
quando, nel 1915, elabor le linee portanti della teoria generale della relativit. Einstein cerc
fattivamente di conciliare la relativit con lidea di un universo statico utilizzando, appositamente
per questo scopo, la cosiddetta costante cosmologica; in pratica lidea di una forza antigravitazionale che, diversamente dalle altre forze conosciute, non sembrava provenire da una
particolare sorgente, ma andava piuttosto ricondotta al tessuto spazio-tempo. Lunico a considerare
la relativit generale in quella che era la sua dimensione pi propria fu Aleksander Fridman, un
matematico russo che formul due ipotesi piuttosto semplici: (1.) luniverso apparirebbe uguale in
qualsiasi direzione lo si osservi; (2.) il che varrebbe anche se noi lo osservassimo da una qualsiasi
altra posizione diversa dalla nostra. Sulla base di queste due semplici ipotesi, Fridman anticip di
circa ventanni le scoperte di Edwin Hubble. Il primo postulato di Fridman, che sembra contrastare
34

Per maggiori dettagli su questo tema si rimanda a M. Rees, Before the Biginning: our Universe and Others,
London, Simon and Schuster, 1997; trad. it. di P.D. Napolitani, Prima dell'inizio, Milano, Cortina, 1998: pp. 67-72.
35
Per le teorie alternative a quella del Big Bang caldo si rimanda a S. Hawking, A Brief History of Time, cit.: pp. 6567.

16

piuttosto evidentemente con la realt, va considerato facendo riferimento alle vaste scale delle
distanze tra Galassie, e comunque prescindendo dalle differenze visibili su scale minori la
radiazione di fondo va poi senzaltro intesa come una conferma importante di questo assunto. Ora,
lidea che dal nostro punto di osservazione (la Terra), luniverso appaia pressoch omogeneo, in
qualsiasi direzione lo si osservi, potrebbe portare a concludere proprio la sostanziale eccezionalit
di questo punto di osservazione. In particolare, potremmo concludere che lallontanamento di tutte
le Galassie da noi (red-shift) dovuto al fatto che ci troviamo al centro di questo nostro universo.
Ma si pu formulare una spiegazione alternativa in pratica una sorta di prospettivismo
traslato al piano della cosmologia : luniverso potrebbe sembrare uguale in tutte le direzioni, da
qualsiasi parte lo si osservi. Non disponiamo, in questo caso, di molte prove empiriche a sostegno,
ma possiamo contare sullaiuto che ci viene offerto dal buon senso, per evitare che una posizione
vagamente antropomorfica torni a insidiarsi tra le nostre letture del cosmo. Luniverso perci
potrebbe sembrare uguale anche se osservato da un qualsiasi altro punto di una qualsiasi altra
Galassia e si tratta, come si visto, del secondo assunto di Fridman. Nel modello del
matematico russo, le Galassie si allontanano luna dallaltra: un po come nel caso di un palloncino
in cui sono disegnati, a distanze non regolari, dei puntini. Se immettiamo costantemente aria nel
pallone, i puntini prenderanno ad allontanarsi senza che uno di essi debba (o possa) essere
considerato il centro dellespansione; inoltre, quanto pi i puntini saranno distanti tra loro, tanto
maggiore sar la velocit di allontanamento reciproca. Una cosa pi o meno simile potrebbe
accadere allespansione del nostro universo; e in effetti (risultato questo a cui arriver anche
Hubble) due Galassie qualsiasi si allontanano con una velocit proporzionale alle loro distanze.
Esistono tre diversi modelli che obbediscono ai due assunti fondamentali di Fridman. Nel
primo, lespansione delluniverso sufficientemente lenta per arrivare a provocare in un primo
momento un rallentamento, e poi un vero e proprio blocco dellespansione gravitazionale delle
Galassie. Terminata lespansione, le Galassie cominceranno a muoversi luna verso laltra, e
luniverso entrer in una fase di contrazione.
La fig. 1 mostra come la distanza fra due Galassie vicine muti al passare del tempo. In principio
la distanza reciproca pari a zero si tratta ovviamente del secondo zero di massima contrazione
delluniverso, quello che precede il Big Bang , poi cresce fino a un massimo e, infine, torna a
diminuire nuovamente fino a zero.
Nel secondo tipo di soluzione elaborata da Fridman, luniverso si espande cos rapidamente che
lattrazione gravitazionale non riuscir mai ad arrestare lespansione, anche se, certamente, riuscir
in qualche misura a rallentarla.
La fig. 2 illustra la separazione fra due Galassie vicine. Nella fase iniziale la distanza , anche in
questo caso, pari a zero; ma, al termine del processo, le Galassie prenderanno a separarsi a una
velocit costante.
C poi un terzo tipo di soluzione, in cui luniverso si espande alla velocit richiesta per evitare
la successiva ricontrazione.
In questo caso (fig. 3), il fattore discriminante dato ovviamente dalla distanza tra le Galassie
che, pur essendo allorigine pari a zero, destinata ad aumentare progressivamente e
indefinitamente. La velocit a cui le galassie si allontanano diminuisce progressivamente, anche se
non diventa mai zero. I tre modelli hanno ovviamente caratteristiche differenti: nel primo,
luniverso non infinito nello spazio, ma, ci nonostante, lo spazio non ha limite. La gravit cos
consistente che lo spazio si incurva su se stesso, finendo per assomigliare vagamente alla superficie
della Terra se si continua a viaggiare in una certa direzione sulla superficie del nostro pianeta,
non ci si imbatte mai in un confine invalicabile, n, tantomeno, si scivola gi da un bordo; piuttosto
si ritorna esattamente al punto di partenza. Lo spazio, nel modello di Fridman, riproduce la
superficie terrestre, ma con tre dimensioni anzich due. La quarta dimensione (il tempo) ha

17

anchessa unestensione finita, che per si presenta come una linea dotata di due estremi o anche
due limiti, ovvero un inizio e una fine noto che, combinando la relativit generale con il
principio di indeterminazione della meccanica quantistica, tanto lo spazio, quanto il tempo,
possono essere finiti, e permanere comunque illimitati. Nel primo modello, in cui in cui alla fase di
espansione ne seguir una di collasso (fig. 1), lo spazio chiuso su se stesso (proprio come la
superficie della Terra); esso ha perci unestensione finita. Nel secondo modello (fig. 2), in cui
lespansione dura per sempre, lo spazio incurvato pressappoco come la superficie di una stella. In
questo caso perci infinito. Infine, nel terzo modello (fig. 3), in cui lespansione possiede
esattamente la velocit minima richiesta per evitare limplosione, lo spazio piatto (e, perci,
infinito).
Ovviamente la domanda che si sono posti i cosmologi, a questaltezza, stata pi o meno
questa: quale dei modelli descrive il nostro universo? Abbiamo a che fare con un universo che
smetter di espandersi per cominciare a contrarsi, oppure con un universo che si espander per
sempre? Per rispondere a domande di questo tipo abbiamo bisogno di una serie di elementi: in
primo luogo dobbiamo conoscere la velocit attuale di espansione delluniverso, nonch la sua
attuale densit media se la densit inferiore a un preciso valore critico (determinato dalla
velocit di espansione), lattrazione gravitazionale sar troppo debole per arrestare lespansione; se
invece la densit superiore al valore critico, arriver un momento in cui la gravit arrester
lespansione provocando il successivo collasso delluniverso. Oggi siamo in grado di ottenere
questa misurazione in maniera abbastanza precisa. Invece, le distanze tra le Galassie, non sono
misurabili con precisione, n possiamo conoscere con certezza la densit media delluniverso.
Dunque, almeno per ora, non possibile formulare una risposta certa per questa domanda; tuttavia,
i dati disponibili suggeriscono [] che probabilmente luniverso si espander per sempre, ma
tutto ci di cui possiamo essere veramente sicuri che, quandanche dovesse tornare a contrarsi,
non lo far per almeno altri dieci miliardi di anni []. Tutte le soluzioni di Fridman hanno in
comune il carattere che in qualche periodo in passato (fra dieci e venti miliardi di anni fa) la
distanza fra galassie vicine devessere stata nulla. A quel tempo, che noi chiamiamo il Big Bang, la
densit delluniverso e la curvatura dello spazio tempo devono essere state infinite36.
La parentesi che abbiamo aperto sui risultati di cui pu disporre la cosmologia contemporanea
riveste una precisa funzionalit di raffronto rispetto al discorso nietzschiano. Fermiamoci un
istante, e cerchiamo di riassumere quali sono gli elementi di cui la scienza pu disporre con una
qualche certezza: luniverso si espande ( un fatto), probabilmente ha avuto origine da una
colossale esplosione originaria (si tratta anche in questo caso di un fatto su cui concorda la quasi
totalit dei cosmologi), in cui la densit della materia che attualmente compone il nostro universo
era spaventosamente concentrata. Probabilmente (ma non si pu dire con assoluta certezza), il
movimento espansivo si protrarr in eterno.
A questo punto abbiamo qualche risposta, e ancora molte domande che la scienza spesso
condivide, com per altro abbastanza logico, con la filosofia. Ovviamente, in questa seconda fase
non ci si muove pi soltanto servendosi di dati e numeri (verificabili), ma utilizzando dati e numeri
per formulare ipotesi che siano il pi possibili coerenti con ci che stato rinvenuto nella fase
sperimentale. Potremmo pensare di prescindere dalle ipotesi, per fermarci alle poche, ma certe
risposte che ci forniscono, nel caso specifico, la fisica e la cosmologia sperimentali? Come si vede,
si tratta di un problema di metodo che investe la scienza nella sua totalit. Il dato sperimentale
ma del resto lo sapeva gi Kant deriva sempre da un progetto preventivo, o, per utilizzare la
terminologia heideggeriana, da una certa pre-comprensione del mondo. Il progetto di ricerca che
possiamo pensare anche come un problema aperto guida e indirizza la verifica sperimentale per
prove ed errori, mentre la situazione contraria non accade quasi mai. Piuttosto pu verificarsi il
caso in cui una certa acquisizione possa indurre a rivedere e a riformulare una data teoria,

36

Ivi: p. 64.

18

ingenerando il pi delle volte un nuovi problema37. La conoscenza umana non pu perci


prescindere dalle ipotesi teoriche, e non perch sia fisiologicamente impaziente o immodesta, ma
perch il suo stesso procedere in una direzione accrescitiva implica, com ovvio, la formulazione
di ipotesi, il cui compito quello di (ri)orientare la ricerca stessa.
Sulla base di questi elementi, sar perci possibile elaborare varie ipotesi provvisorie, una delle
quali quella del multiverso ci pare abbastanza significativa. Pensiamo a un fatto. Il nostro
universo possiede alcune, determinate, caratteristiche per esempio longevo, stabile, e lontano
dallequilibrio termico che in pratica si caratterizzano come dei veri e proprie prerequisiti alla
base della nostra esistenza. Inoltre, lesistenza della vita biologica stata resa possibile dalla
sostanziale sincronizzazione di tutte le costanti fisiche fondamentali: lintensit delle forze fisiche,
le masse delle particelle elementari ecc. Possiamo interpretare questi fatti in due modi: da un lato,
possiamo scegliere di evitare di stupirci, dato che le leggi fisiche debbono pur avere un qualche
valore, e in fondo potrebbe essere un caso il fatto che possiedano proprio quei valori che hanno
permesso levoluzione della vita. Oppure, con Dennis Sciama, possiamo risolvere la questione
facendo un po di statistica: supponiamo di entrare in una stanza, e di vedere, davanti a noi, un
tavolo su cui sono disposti in fila un milione di cartoncini. Decidiamo di voltarli e troviamo che sul
primo c scritto 1, sul secondo 2, poi 3, fino ad arrivare a 1.000.000. possibile pensare a una
disposizione casuale, visto che ogni ordinamento ha, in fondo, la stessa probabilit (e dunque
possibilit) di ogni altro?
Lipotesi ovviamente improbabile, per la semplice ragione che questa particolare disposizione
dipende da una base matematica oggettiva, che ne fa un ordinamento speciale. Certo, lordinamento
delle leggi fisiche, che regolano il comportamento del micro e del macrocosmo, non salta agli occhi
con la medesima evidenza della nostra pila ordinata di cartoncini; tuttavia, per larga parte, si tratta
di qualcosa di analogo, che, quantomeno, indica la necessit di cercare una spiegazione per
giustificare un fatto che ha scarse possibilit di essere fortuito. Sembra come minimo degno di
nota che le leggi fisiche che governano il nostro universo abbiano permesso lemergere di cos
tanta interessante complessit. Specialmente se pensiamo quanto sia facile immaginare universi
nati morti, in cui niente si potrebbe evolvere. Se qualche essere cosmico si mettesse a girare le
manopole che controllano le varie costanti della fisica e costruisse un intero insieme di universi,
chiaramente solo uno di loro sarebbe come il nostro. Non solo: non ci sentiremmo a casa nella
maggior parte di essi. una banalit, si dir. Meno banale per, e potrebbe forse avere un
significato profondo, che solo un ristrettissimo insieme di questi universi ipotetici offrirebbe alla
complessit una qualche possibilit di emergere38.
Facciamo mente locale per focalizzare ci di cui stiamo parlando. Abbiamo gi detto (modelli di
Fridman) che a un universo si presentano grossomodo due alternative: lespansione eterna o il
collasso (Big Cranch); e abbiamo gi detto che la scienza, al momento, non ancora in grado di
chiarire quale sar il destino del nostro universo. A questaltezza i problemi non investono soltanto
ci che sar, ma riguardano anche ci che gi stato. Ad esempio: i presupposti che possono aver
condotto al nostro universo sono di fatto molto ristretti e assolutamente particolari se confrontati
con la gamma di universi in espansione che possiamo immaginare. Il nostro universo si sta ancora
37

Su questo tema si rimanda a K. R. Popper, Knoledge and the Body-Mind Problem. In Defence of Interaction, ed.
by M. A. Notturno, London New York, Routledge, 1994; trad. it. di F. Laudisa, La conoscenza e il problema corpomente, Bologna, Il Mulino, 1996. Popper riassume questa serie di passaggi epistemologici attraverso lo schema tetradico :
P1 TT EE P2. Dove con P1 indica il problema di partenza che pu essere sia pratico che teorico; TT la teoria
provvisoria che avanziamo per risolvere il problema, mentre EE denota il processo di eliminazione degli errori, attraverso
controlli critici, o anche attraverso una discussione critica. P2 infine indica la serie di problemi con i quali concludiamo
ovvero i problemi che emergono dalle discussioni e dai controlli: lintero schema indica che partiamo da un problema
pratico o teorico. Tentiamo di risolverlo creando una teoria provvisoria come nostra soluzione provvisoria: questa la
nostra prova. Sottoponiamo poi la nostra teoria al controllo, tentando di falsificarla: questo il metodo critico di
eliminazione degli errori. Il risultato di tutto questo lemergere di un nuovo problema, P2 (o magari di svariati nuovi
problemi []. In breve, il nostro schema dice che la conoscenza parte da problemi e si conclude con problemi (se mai si
conclude) (ivi: p. 22).
38
M. Rees, Before the Biginning, cit.: p. 331.

19

espandendo dopo circa dieci miliardi di anni, e gi questo un fatto abbastanza eccezionale. Altri
universi potrebbero essere collassati prima, senza aver lasciato alle stelle abbastanza tempo per
evolversi. Se ad esempio un universo collassasse prima di un milione di anni, non avrebbe il tempo
per portare la sua temperatura al di sotto di 3000 gradi; mentre, unespansione iniziale appena pi
lenta, porterebbe a un universo molto diverso dal nostro. Lo stesso effetto causerebbe
unespansione troppo veloce: in questo caso lenergia dellespansione finirebbe per imporsi alla
legge di gravit, con la conseguenza che le Galassie non potrebbero ovviamente condensarsi. In
termini newtoniani, le energie cinetica e potenziale iniziali devono essere state accoppiate con
molta precisione. come se stessimo nel fondo di un pozzo e lanciassimo una pietra in alto
facendola arrivare a fermarsi esattamente allimboccatura39. certo un mistero fondamentale il
motivo per cui, dopo 1010 anni, il nostro universo si stia ancora espandendo con un valore
(chiamato valore W) non troppo discosto da 1; ovvero dallunico valore che, di fatto, consente
unespansione tale da non portare n al collasso, n a un movimento espansivo troppo veloce.
Correlato a questo problema c poi quello dellorizzonte, che lascia, se possibile, anche pi
perplessi. Per quale motivo lespansione delluniverso sembra ovunque cos uniforme e
simmetrica? Perch tutte le sue parti si sono sincronizzate, per cominciare a espandersi allo stesso
modo, obbedendo, da quel che ci dato vedere, alla medesima dinamica? Ogni deviazione, ogni
difformit, se pure ci fu, sembrerebbe essere stata spazzata via. Si tratta, anche in questo caso, di un
fatto.
Problemi sul genere di quelli appena sintetizzati aprono sfide importanti per la cosmologia; tali
da chiamare in causa le imponenti sintesi organizzative degli elementi fisico-concettuali di cui
disponiamo. I cosmologi, nei loro primi abbozzi di risposta, si sono rifatti a una linea di pensiero
che vanta unorigine antica, e che si basa su ci che viene denominato principio antropico40.
Esistono due versioni del principio antropico, la debole e la forte. Il principio antropico debole
tiene conto della selezione effettuata da chi osserva. In sintesi: si tratta di accettare il fatto che
creature come noi (spazialmente e temporalmente determinate, con una sensibilit e un intelletto
del tutto particolari), non siano di fatto in grado di vedere (n tantomeno di sperimentare)
luniverso in ogni parte del tempo e dello spazio; con linevitabile conseguenza che la nostra
prospettiva non pu che essere particolare. Alcune derivazioni della versione debole del principio
antropico sono piuttosto importanti: per esempio, fondamentale ricordare che noi viviamo in un
universo che sta attraversando una fase fisica ben precisa, che non necessariamente del tutto
analoga a quella, per esempio, di qualche milione di anni fa.
La versione forte ancora pi speculativa e, dunque, controversa: si tratta dellidea che le leggi
fondamentali di qualsiasi universo debbano essere tali da permettere lesistenza di ipotetici
osservatori. Un po una riformulazione aggiornata dellantica teoria di Berkeley: perch esista
luniverso, deve esistere anche chi lo osserva. Questa concezione tipicamente partecipativa stata
proposta da John Wheeler41, e apre una serie di problemi anche complessi. A che tipo di
osservatore dobbiamo pensare: a una qualche forma di vita umana, o sufficiente far riferimento a
forme di vita animale o vegetale? Le osservazioni di Wheeler ricordiamolo, uno dei teorici dello
spazio / tempo pi originali al di l della prima, facile ilarit che possono muovere, ci indicano
soprattutto una cosa: la prospettiva aperta dalla meccanica quantistica pu essere volta in una
direzione meno antropica, e, dunque, meno antropocentrica. Anzich domandarci quali sono le
condizioni necessarie alla nostra evoluzione, possiamo chiederci, per esempio, quali sono le
condizioni indispensabili a che si sviluppi un universo che permetta la nascita di una qualche forma
di coscienza.
39

Ivi: p. 228.
Linteresse odierno per il principio antropico stato innescato dagli studi di B. Carter negli anni 70. Carter lavor
a un composito manoscritto, rimasto inedito e tuttavia ugualmente molto discusso, in cui elencava alcune delle
coincidenze nei valori delle costanti fisiche fondamentali.
41
J. Wheeler, A Journey into the Gravity and Spacetime, Scientific American Library/ Freeman, New York, 1990;
trad. it. di F. de Alfaro, Gravit e spazio-tempo, Bologna, Zanichelli, 1993.
40

20

Unaltra possibilit quella di pensare la meccanica quantistica nella direzione dei molti
mondi, proposta da Hugh Everett negli anni cinquanta. Lidea dei molti mondi intende il nostro
universo come un unico sistema quantistico una variante aggiornata di questa formulazione
sostituisce allidea di diramazione degli universi, un insieme infinito di universi che si evolvono
parallelamente. Quel che stupisce in questo approccio che a molti fisici non pare affatto
eccessivamente inverosimile, ma che anzi pare offrire unipotesi di lavoro interessante la
somiglianza, piuttosto evidente, con lipotesi di Blanqui. Ma soprattutto, stando alle nostre attuali
possibilit teoriche, va notato che la convergenza con le ipotesi di Blanqui non pu affatto venire
elusa. Spieghiamo in che senso. Torniamo a riflettere sul dato su cui gi stata richiamata la nostra
attenzione: lo straordinario accordo delle costanti fisiche fondamentali. Senza questo accordo non
si sarebbe sviluppata sulla Terra nessuna forma di vita per intenderci, n vegetale, n animale, n,
tantomeno, umana. Se tentiamo di spiegare le cause allorigine di questa situazione, siamo in grado
di formulare grossomodo due alternative praticabili: o scegliamo la via finalistica che conclude in
un teleologismo piuttosto evidente; oppure, dato che il puro caso, stando alla statistica del nostro
milione di cartoncini, ci parso altamente improbabile, lalternativa logicamente praticabile rimane
sempre quella dei molti mondi (ovviamente in una versione aggiornata rispetto a quella di Blanqui
prima, e di Nietzsche poi).
Proviamo, con Charles Pantin, a traslare in ambito cosmologico una variante della selezione
naturale darwiniana: le propriet delluniverso materiale sono adatte in modo unico per
levoluzione delle creature viventi. Se potessimo sapere che il nostro universo solo uno fra un
numero indefinito di altri in cui le propriet possono variare, potremmo forse invocare una
soluzione analoga al principio della selezione naturale: solo in certi universi, fra cui il nostro, ci
sono condizioni adatte per lesistenza della vita; e a meno che tali condizioni non siano soddisfatte,
non ci saranno osservatori per poter annotare il fatto42. Questo per dire che, se non si condivide la
soluzione teleologica, lidea di Pantin sembra davvero, almeno a livello teorico, la pi praticabile.
Non si tratta di moltiplicare indefinitamente gli enti (in questo caso gli universi), dato che tuttoggi
lantica massima di Ockham non sunt moltiplicanda entia praeter necessitatem tenuta in
grande considerazione dalla scienza, e costituisce un imprescindibile caposaldo metodologico;
tuttavia, se si considera la prospettiva del multiverso nella giusta dimensione (unidea regolativa
che pu dirigere alcune ipotesi scientifiche), molti elementi difficilmente spiegabili possono forse
trovare una prima, provvisoria giustificazione.
Esiste unipotesi scientifica (ma dotata, allo stesso tempo, di una forte carica speculativa) che in
qualche modo indica nella strada del multiverso una prospettiva praticabile. Si tratta dellidea
dellinflazione eterna, che ha a che fare con il problema dellorizzonte (di cui si gi detto), e con
la possibilit, che una serie di fenomeni (per esempio, onde di pressione, ecc.) che regolano la
sostanziale uniformit delluniverso, si siano diffusi tutti nello stesso momento, quando luniverso
aveva la concentrazione di una pallina da golf. Questi problemi di comunicazione allinterno
delluniverso primordiale sono di soluzione tuttaltro che semplice, dato che lo scambio di
informazioni in uno spazio/tempo molto compresso , se non impossibile, certo molto
difficoltoso43. Per intenderci: dato che la comunicazione tra le varie parti delluniverso primordiale
sembra comunque esserci stata, secondo quali modalit ha potuto articolarsi? Il problema sarebbe
risolto qualora si ammettesse che luniverso, nel suo primissimo stadio espansionistico, potrebbe
aver attraversato una fase accelerata di espansione potenziale. Nella sua primissima fase,
luniverso era, come si detto, decisamente pi compresso e si espandeva pi velocemente, perci
il tempo disponibile per trasmettere segnali o stabilire contatti casuali era molto ridotto. Invece, in
un universo accelerato, sarebbe stato favorito il contatto casuale; in modo tale che le parti che
compongono il tutto, e che oggi si trovano separate da distanze eccezionali, avrebbero potuto
sincronizzarsi e coordinarsi tra loro prima di separarsi accelerando.

42
43

Citato in M. Rees, Before the Biginning, cit.: pp. 336-337.


Ivi: p. 229.

21

Stando perci alla teoria inflazionistica, il motivo per cui il nostro universo cos grande e, allo
stesso tempo, la gravit e lespansione sono cos ben equilibrate, andrebbe ricercato in qualcosa che
accadde durante i primi 10-36 secondi della sua vita. Probabilmente, stando alle ipotesi provvisorie,
ma serie dei fisici teorici, un tipo di repulsione cosmica ancora sostanzialmente sconosciuta si ,
almeno in questa fase, imposta sulla gravit ordinaria. A questo livello, lespansione sarebbe andata
accelerando esponenzialmente, in modo tale da gonfiare un universo embrione uniforme, e dotato
dellequilibrio tra energia cinetica e gravitazionale. La repulsione si sarebbe verificata proprio
perch lo spazio (il vuoto) avrebbe di fatto conservato, in forma latente, unenorme riserva di
energia. Tale energia avrebbe mantenuto la propriet (a prima vista paradossale) di creare una
pressione negativa: in altri termini, lo spazio sarebbe stato percorso da una certa tensione. Secondo
la teoria dellinflazione, luniverso ultraprimordiale attravers una fase i cui lenergia del vuoto era
enorme, e lespansione cosmica sarebbe stata, di conseguenza, paurosamente rapida. Il
decadimento dellenergia del vuoto ha poi, probabilmente, portato allesaurimento del processo
inflativo. Di qui la radiazione di fondo a 2,7 gradi: la transizione descritta avrebbe liberato quel
calore che sopravvive tuttoggi, raffreddato e diluito nello spazio cosmico, sotto forma di
radiazione di fondo44.
Ricapitolando: nella primissima fase, tutto avrebbe avuto inizio a causa di unesplosione,
seguita da un processo inflativo, che avrebbe disteso luniverso in tutte le direzioni. Il fattore
inflativo necessario sarebbe stato pari a circa 1030. Tale fattore per potrebbe essere stato anche
molto maggiore; in questo caso, la piccola regione iniziale si sarebbe sicuramente allungata e
stirata ben oltre lorizzonte che possiamo osservare. Il nostro universo sarebbe perci destinato ad
espandersi ancora a lungo, e molte altre Galassie diventeranno probabilmente visibili solamente
con il tempo e attraverso lespansione progressiva. Ci che ancora non sappiamo se
questespansione proseguir allinfinito, o se invece non terminer in un collasso non prima
comunque che luniverso si espanda di un fattore pari a 101.000.000.
3. Multiversi, Eterno Ritorno e duplicazione.
Lidea di un universo inflativo (che , lo ripetiamo, ancora ampiamente teorica) ha dato lavvio
a una serie di prese di posizione collaterali. Per esempio (e nel nostro caso ci sembra lelemento pi
importante), lidea che luniverso possa comportarsi ovunque allo stesso modo. Il cosmologo russo
Andrej Linde45 ha avanzato lidea di uninflazione caotica; uno scenario abbastanza complesso in
cui lintero universo (il nostro multiverso), potrebbe di fatto essere infinito ed eterno, generando
continuamente regioni gonfiate dallinflazione, che si evolvono in universi separati. Dunque: ci
che chiamiamo il nostro universo potrebbe non essere altro che un dominio di un eterno ciclo
riproduttivo degli universi. Questi altri universi sono oggi sconnessi dal nostro, ma possono essere
fatti risalire a un antenato comune46.
Uno dei capisaldi teorici essenziali di questidea ha a che fare con lassunto secondo cui le
costanti fondamentali che governano il nostro universo gravit, interazioni nucleari, forza
elettromagnetica sarebbero aspetti differenti di ununica forza. Le transizioni che si verificano
nellambito delle propriet dello spazio con il raffreddarsi delluniverso, provvederebbero poi a
differenziare la forza originaria, e a stabilire le masse delle particelle elementari. Questi
cambiamenti dello spazio vuoto assomigliano alle transizioni di fase che si verificano passando, per
esempio, dallo stato gassoso a quello liquido; oppure da quello liquido a quello solido, allorch i
normali materiali incorrono in un processo di raffreddamento. Ma altri universi potrebbero essersi
raffreddati in maniera diversa, in modo tale da essere sottoposti a costanti fisiche differenti.
Tuttavia lo spazio reale non divisibile allinfinito. Lattuale raggio di Hubble, che sancisce
44

Questidea stata proposta per la prima volta da A. Guth, The Inflationary Universe: the Quest for a New Theory
of Cosmic Origins, London, Johnatan Cape, 1997.
45
A. Linde, Particle Physics and Inflationary Cosmology, Reading, Harwood, 1990.
46
M. Rees, Before the Biginning, cit.: p. 235.

22

possibilit e limiti di qualsiasi nostra osservazione, a tuttoggi di circa 40 potenze di 10 al di


sopra della scala atomica. Ma, quel che pi conta, che non esiste un limite a ci che pu apparire:
al di l del raggio di Hubble potrebbero trovarsi diversi strati di strutture sempre pi grandi. Il che
vuol anche dire che la luce che ci arriver un giorno, da parti lontanissime delluniverso, potr forse
rivelarci che di fatto occupiamo una sezione ridotta magari anche atipica immersa in un
insieme pi vasto e complesso. Potremmo anche scoprire che viviamo in un universo finito, i cui
confini potranno diventare prima o poi visibili. Ma non tutto: anche un universo che collassi
dopo aver percorso un grande ciclo cosmico potrebbe non essere affatto la realt tutta intera; nella
pi ampia prospettiva del multiverso, esso rappresenterebbe solo un episodio, un dominio. Un
multiverso in perenne inflazione potrebbe far germogliare domini separati; e le leggi della fisica
potrebbero variare fra un universo e laltro. Inoltre allinterno di ogni buco nero che collassa
potrebbero trovarsi i semi di un nuovo universo in espansione47.
Lidea del multiverso apre perci su di una prospettiva di collazione dei mondi, molto simile a
quella di Blanqui; in questo caso per, anzich moltiplicare semplicemente i pianeti, si pensa ad
uno spazio-tempo stratificato, in cui ogni singola sezione potrebbe funzionare con sue proprie leggi
fisiche, governata da differenti forze fondamentali e, magari, strutturata attraverso sue proprie
particelle di materia. Gli universi non vivrebbero tutti ugualmente a lungo, n, tantomeno,
sarebbero soggetti alla medesima storia (biologica o naturale); alcuni tipo il nostro
potrebbero espandersi per miliardi di anni, altri potrebbero, per cos dire, nascere morti, o perch
collassano dopo unesistenza molto breve, o perch le leggi fisiche che li governano non
permettono evoluzioni complesse. In questottica, solo alcuni universi il nostro tra questi
disporrebbero di condizioni tali da consentire levoluzione della vita. Le equazioni di Einstein
considerano, com noto, il tempo legato allo spazio (e entrambi, ovvero spazio e tempo, correlati
allosservatore). Nella prospettiva del multiverso, che ne sar allora del tempo? In breve: possiamo
pensare a un tempo ciclico? Esiste una sorta di freccia universale del tempo, capace di distinguere
passato e futuro? Ci sono limiti alla durata del tempo?
evidente che questo genere di domande avr un senso e una risposta differente (nei casi in cui
oggi possibile averla), allorch le si riferisca al piano del nostro orizzonte storico o a quello del
mondo subatomico, piuttosto che alla scala delluniverso. In qualche modo, il tempo psicologico ci
suggerisce che in linea di massima possiamo anche pensare a un futuro infinito; mentre lidea di un
passato infinito molto pi difficile da ammettere e sostenere. Ci sembra abbastanza naturale aver
avuto un inizio, anche solo per non essere costretti a retrocedere allinfinito lungo la catena delle
cause; mentre non poi cos difficile immaginare di non avere una fine. Anche la fisica su questo
punto avalla sostanzialmente il senso comune. La seconda legge della termodinamica infatti ci
insegna che i sistemi diventano disordinati con il passare del tempo, e che i corpi caldi
riequilibrano la loro temperatura. Ora e si tratta, come vedremo dellargomento nietzschiano
se fosse gi trascorso un tempo infinito, perch mai questo famigerato equilibrio non stato ancora
raggiunto? Piuttosto evidentemente siffatta argomentazione risulta cogente nel caso di un sistema
chiuso, complessivamente statico (per intenderci la Blanqui); mentre decisamente meno
convincente allorch si fa riferimento a un sistema dinamico aperto, magari anche infinito, come
nel caso del nostro universo. In questa seconda tipologia, esistono un paio di condizioni (o anche
prerequisiti) che sono in grado di alterare il secondo principio della termodinamica: (1.)
lespansione che, per parte sua, stabilisce unasimmetria precisa tra passato e futuro, e (2.) la
gravit, che consente ai contrasti di densit di intensificarsi, portando la struttura ad emergere
mano a mano che luniverso si espande. Il sistema chiuso, isolato e finito, in cui non agisce la
gravit, ammette perci lidea della ripetizione ciclica del tempo, dal momento che non esiste
nessuna tendenza complessiva in grado di scegliere per il tempo una direzione particolare
ricordiamo che, con Einstein, lo spazio-tempo inizia a essere concepito organicamente come un
tuttuno.
47

Ivi: p. 237.

23

Ludwing Boltzmann, per esempio, si domandato in che modo un universo come il nostro
potuto emergere dalla scena cosmica va ricordato che il fisico austriaco lavora in una fase in cui
le Galassie esterne al nostro sistema solare non erano ancora conosciute. Secondo la sua idea, tutto
ci che si d a vedere ai nostri telescopi, rappresenta la fluttuazione incredibilmente rara di un
cosmo eterno e infinito. Allinizio di questo secolo Henri Poincar osservava che ogni sistema
chiuso ritorna (anzi, di pi, ritorna infinite volte) al suo stato attuale; perci, se le teorie di
Boltzmann sono fondate, questa ricorrenza ciclica dovrebbe verificarsi anche per lintero universo
osservabile. Lunico problema che il tempo di ricorrenza di Poincar, se confrontato con le scale
temporali della cosmologia contemporanea, avrebbe dovuto essere, nei fatti, immensamente lungo:
in questottica, tanto per il micro quanto per il macro cosmo, occorrerebbe un arco di qualche
miliardo di anni perch la loro effettiva ripetizione possa essere possibile. Lipotesi dunque,
soprattutto per i sistemi che non hanno una dimensione fissa, sembra piuttosto improbabile. Certo
per un universo infinito potrebbe contenere dei duplicati di noi stessi, che avrebbero seguito
unevoluzione esattamente parallela per dieci miliardi di anni. Questi signori si troverebbero per
ben al di l dellattuale orizzonte delle osservazioni. La luce proveniente da questi duplicati
potrebbe anche finire con il raggiungerci. Ma anche se la loro storia avesse mimato la nostra per i
dieci miliardi di anni trascorsi, non c alcun motivo perch continui a tallonare la nostra
evoluzione anche nel futuro remoto. Da qui ad allora ci sar stato assai pi tempo perch si sviluppi
una diversit. Sistemi la cui intera storia si sia dipanata parallelamente alla nostra possono anche
esistere, ma si andrebbero facendo sempre pi dispersi: il nostro duplicato pi vicino si
troverebbe sempre pi lontano nei territori posti oltre i limiti del nostro orizzonte48.
Con il che si vuole evidentemente mostrare come, non solo lipotesi della pluralit dei mondi,
ma anche quella della ciclicit del tempo, non sia poi cos astrusa. Si tratta in fondo di ipotesi molto
ben conciliabili con quellidea di universo chiuso accettata ancora nella prima parte del Novecento,
perch in sostanziale accordo con gli sviluppi della fisica del periodo. Ma soprattutto lidea della
pluralit dei mondi (che, nella moderna cosmologia, si trasforma in quella di una pluralit di
universi) a essere tuttoggi utilizzata come una chiave interpretativa passibile di nuovi sviluppi. In
particolare la grande uniformit delle leggi fisiche, quelle leggi che furono scritte nel corso del
Big Bang e che, a quel che ci dato fin qui di sapere, si applicano a tutto luniverso visibile, a
suggerire questa formulazione. Certo, potrebbe trattarsi di una coincidenza almeno a livello
statistico per, si tratta di uneventualit piuttosto remota. Articolando ulteriormente la visione
teorica potremmo daltra parte formulare una nuova ipotesi di lavoro, che ammetta, in linea di
principio, lesistenza di altri (innumerevoli) universi, di cui il nostro sarebbe solamente un
rappresentante. In questi altri universi le leggi e le costanti fisiche potrebbero anche essere
eterogenee; ma qualora esistessero effettivamente altri universi (magari infiniti, altri universi), non
ci sarebbe poi troppo da stupirsi dellesistenza di un universo che ha le caratteristiche del nostro, in
cui cio le leggi fisiche appaiono, per lo pi, teleologicamente organizzate in vista dellevoluzione
della vita.
Esattamente come per altro aveva gi intuito Blanqui, si tratta di un discorso che ha a che fare
con problemi di probabilit: pi sono numerosi gli universi che esistono, meno eccentrica o
particolare lesistenza del nostro universo, in cui le leggi della natura sembrano organizzate
secondo finalit precise. E non si tratta di unidea puramente speculativa: linterpretazione dei
molti mondi della meccanica quantistica offre un approccio praticabile al concetto di multiverso.
Le costanti fisiche fondamentali gravit, forze nucleari, elettromagnetiche ecc. probabilmente
si sono organizzate, nel modo in cui le conosciamo, durante il lasso di tempo in cui luniverso si
raffreddato. Discorso analogo vale ovviamente per le particelle di materia: al termine dellera
inflazionaria, lo spazio incorso in cambiamenti consistenti. In questo senso, linflazione potrebbe
aver portato alla creazione di universi separati in pratica domini indipendenti allinterno del
multiverso. Tali universi, raffreddatisi con modalit differenti, avrebbero innescato leggi fisiche
eterogenee. Ovviamente, stando a queste premesse, levoluzione complessa (sul tipo di quella del
48

Ivi: p. 302.

24

nostro universo) avrebbe avuto luogo solamente in domini specifici e particolarmente favorevoli.
Forse un giorno potremo direttamente osservare questi altri universi (non prima comunque che
siano trascorsi almeno 1012 anni da oggi); oppure potr anche succedere che rimarranno
completamente disgiunti rispetto al nostro universo, con levidente conseguenza di non poter essere
visti nemmeno dagli osservatori futuri49.
In una prospettiva di questo genere il Big Bang perde tutta la sua centralit: esso infatti non
sarebbe che un evento allinterno di una struttura composita e complessa. Di pi: lo stesso nostro
universo sarebbe, in questi termini, soltanto un episodio del multiverso infinito. Tale multiverso
potrebbe abbracciare tutti i valori delle costanti fisiche fondamentali, di conseguenza potrebbero
esistere universi che seguono cicli vitali di durata assai diversa tra loro e rispetto al nostro. Alcuni
universi, analogamente al nostro, potrebbero espandersi per molto tempo; altri potrebbero invece
morire molto velocemente, perch le leggi fisiche che li governano potranno non essere, ad
esempio, sufficientemente complesse per garantire lo sviluppo della vita. I ragionamenti antropici
(sul modello di quelli che abbiamo appena riportato), hanno evidentemente caratteristiche e
funzionalit assolutamente specifiche. Anzitutto sono spesso scarsamente verificabili sul piano
sperimentale la stessa idea del multiverso soltanto unipotesi di lavoro, che tuttavia riveste una
funzionalit euristica del tutto particolare: serve cio a indirizzare la ricerca verso prospettive
teoriche nuove. Si tratta perci di ipotesi guida, che verranno corrette o confutate con il procedere
dellosservazione sperimentale e dellacquisizione di nuovi dati, ma che, comunque, indirizzano la
ricerca, proponendo, gi da subito, una direzione precisa.
Proviamo ora a riflettere su di un punto: quali sono i risvolti etici di quei ragionamenti antropici
che immaginano il cosmo popolato da una serie (pi o meno infinita) di universi sincronici o
semplicemente compossibili? Perch riempire il cosmo di mondi ipotizzabili, certo, con qualche
buona ragione, ma altrettanto certamente, al momento, del tutto inverificabili? Nel nostro caso, non
ci interessa tanto stabilire se il modo di procedere che abbiamo appena illustrato sia
sufficientemente scientifico, piuttosto vogliamo capire perch lipotesi della pluralit dei mondi (o,
nella sua versione moderna, degli universi) venga costantemente vagliata e utilizzata in chiave
esplicativa. Forse e azzardiamo un tentativo di spiegazione perch si tratta dellunica alternativa
plausibile, almeno stando ai parametri della logica umana, al teleologismo creazionista. In pratica
le alternative sembrano essere grossomodo due: o si ritiene che luniverso, cos come (e fin dove)
possiamo osservarlo, sia il risultato di una creazione consapevole e finalizzata alla nascita e alla
conservazione dellessere umano e del mondo naturale, organizzando in questo senso una
prospettiva in cui il caso ha davvero scarso valore (ricordiamoci di quel milione di carte allineate su
di un tavolo: se, nello scoprirle, ci accorgiamo che sono sistemate in perfetto ordine crescente,
pressoch impossibile, secondo una logica statistico-matematica, che si tratti di una semplice
coincidenza); oppure si costretti servendosi per altro anche di qualche buona ragione
scientifica a moltiplicare statisticamente i mondi o gli universi. Aumentando le possibilit, ci
che altrimenti apparirebbe come un unicum per molti versi inspiegabile, in fondo potrebbe essere
pensato come lattuazione di un possibile. In questo modo, possiamo evidentemente escludere il
finalismo, e il caso (assieme alla statistica) pu essere considerato un criterio del tutto sufficiente.
La differenza fondamentale dei ragionamenti antropici rispetto alla posizione nietzschiana
semmai nellidea della ciclicit del tempo, ma si tratta, piuttosto evidentemente, di una diversit
che consegue direttamente dalle nuove acquisizioni della cosmologia di cui Nietzsche, allepoca,
ancora non disponeva. Se pensiamo alluniverso in termini statici (sul modello di quello disegnato
dal filosofo tedesco, e teorizzato del resto dalla fisica, sulla base delle acquisizioni della
termodinamica, nonch dellestensione delle leggi fisiche del micromondo allintero universo),
dobbiamo prima di tutto intenderlo con precise limitazioni temporali ricordiamoci che la
coincidenza spazio-tempo introdotta solamente da Einstein.
Le ragioni della scelta di Blanqui e di Nietzsche sono dunque abbastanza chiare, e, soprattutto,
sono le stesse che guidano la teorizzazione della cosmologia contemporanea: se impossibile
49

Ivi: pp. 337-338.

25

pensare, per motivi semplicemente statistico-matematici, che questo universo sia il risultato di una
composizione puramente casuale, non per questo detto che esso sia retto da un teleologismo
provvidenzialistico e creazionista. In questottica, allora come oggi, lunica alternativa praticabile
almeno per la mente umana sembra essere quella della moltiplicazione dei mondi prima e
degli universi poi; in modo tale che ci che altrimenti parrebbe straordinario, finisca per essere un
semplice dato numerico, per giunta del tutto coerente con un generale andamento statistico.

26

Potrebbero piacerti anche