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La pace, dono di Dio e profezia dei cristiani

di Enzo Bianchi

Il mio contributo, certo del primato dell'Evangelo, va alle fonti, alla parola di
Dio, per rileggere e ricomprendere lo shalom, la pace evangelica. Per arrivare
ad una visione cristiana della pace si possono percorrere due vie: la prima
quella di fare un discorso primario, diretto, senza mediazioni, un discorso che
nasce solo dall'ascolto della Parola; l'altra via quella di aprire un discorso che
tenga conto dei dati biblici ma che, volendosi capace di ricezione anche da
uomini non cristiani, si apra alla sapienza umanistica, cerchi un dialogo, un
confronto con essi. Questa seconda via quanto mai necessaria e urgente ed io
non penso affatto a minimizzarla, tuttavia in questa occasione preferirei
fermarmi alla prima possibilit, sia perch credo sia primaria ed essenziale per
percorrere poi la seconda, sia perch innanzi tutto a livello biblico che si
registra una scarsit di contributi sulla pace anche nel periodo (gli anni
sessanta) che vide una fecondit di interventi su questo tema; inoltre non vorrei
che restassero delle diffidenze nei confronti dell'annuncio di pace biblico,
soprattutto per quel che riguarda l'Antico Testamento, purtroppo cos sovente
ritenuto, nella storia della chiesa, fonte di teologia della guerra, almeno di
quella detta Guerra Santa. Occorre subito fare una precisazione sul
linguaggio biblico perch purtroppo il nostro termine pace nel linguaggio
corrente risulta molto depauperato rispetto ai termini shalom dell'Antico e
eirene del Nuovo Testamento. Queste precisazioni sono ovvie, ma vale la pena
di ricordarle sempre perch noi siamo troppo abituati a pensare la pace come
semplice assenza di guerra, come tranquillit, calma. In realt, lo shalom
biblico molto di pi, un concetto che positivamente esprime un valore
assoluto in una gamma amplissima di significati e in una dinamica che rende
sovente difficile la distinzione tra la pace di Dio e la pace con Dio e quella
molto pi materiale tra gli uomini. Gi i LXX han dovuto forzare la lingua
greca nel tradurre shalom con eirene dando a quest'ultimo termine un
significato pi esteso, un contenuto mai posseduto dal greco. Come cogliere la
portata del termine shalom non solo quale opposto di guerra (come in Qo. 3,8
shalom/milhama) ma nella fedelt al linguaggio biblico? Vale la pena di
riportare alcuni esempi presi direttamente dal testo biblico. Quando Assalonne,
ribellatosi al padre Davide, cade in battaglia, dei messaggeri ne portano la
notizia. Davide, che attendeva la fine delle ostilit, domand a quelli: c' pace

(shalom) per il mio figlio Assalonne?. Saputo che era caduto morto, Davide
piange. (cfr. 2 Sam. 18, 19-19,5). La pace allor qui non fine delle ostilit ma
vita piena e salvezza. La pace tra Davide e Assalonne poteva giungere non
con la semplice fine della ribellione, con la vittoria del re sul rivoltoso, ma con
la prosperit, con la vita piena di entrambi. Ma shalom anche salute fisica,
felicit, prosperit materiale. Non solo gli ebrei si salutano con la formula
shalom (cfr. Gn. 29,6; 2 Sam. 18,28) ma quando formulano una preghiera
chiedono la pace, augurano la pace per una persona, per il popolo, per gli
abitanti della citt santa di Gerusalemme (cfr. Sal. 122,6-9; 128,2-6; 147,15-14
ecc.). In questi casi la pace strettamente collegata con la benedizione; anzi
il segno della sua dilatazione sul popolo e sul credente insieme; non mai un
bene individuale, tanto meno un bene soltanto collegato con un'entit
collettiva. un bene promesso ai poveri, atteso dai poveri, capito dai poveri. A
volte c' una localizzazione dello shalom biblico in un soggetto, in una
persona, ma la sua destinazione il popolo di Dio e quando lo shalom sulla
citt, sulla terra, non lo in modo astratto, dovendo raggiungere ciascuno dei
credenti. N va dimenticato che lo shalom come calma, quiete, situazione in
cui si vive senza angoscia e in cui regna la felicit non una esperienza
soltanto psicologica ma concreta, quotidiana, integra, che tocca l'uomo
biblico tutto intero. Non c' una pace interiore, una pace spirituale senza che ad
essa corrisponda un'esperienza umana nell'esterno, nel concreto, nel materiale!
Perfino la situazione a volte invidiabile del malvagio che prospera, che sta
bene, che soddisfa i suoi bisogni detta shalom (cfr. Sal. 73,7 shalom
reshaim). Questa pace biblica, per, non un'utopia, non sta in un passato
perduto, ma una possibilit che Dio offre all'uomo, una pace nella storia!
Essa fa parte, dunque, dell'annuncio profetico e non accessoria rispetto
all'annuncio del Dio unico e fedele, il Dio dell'Alleanza fatta in ogni carne.
Quest'alleanza sar sempre alleanza di Pace (berit shalom) mentre la sua
rottura significher morte, distruzione, desolazione. Non han forse ragione gli
esegeti nel tradurre shalom quando esso appare col suo pi pieno significato
con il termine salvezza? Frutto e risultato dell'Alleanza con Dio la salvezza,
la pace, rapporto di riconciliazione e di scambio tra i credenti del patto, in cui
Dio d ci che possiede: la vita, la gioia, la pace, la salvezza! Il criterio
ermeneutico per cui pace e salvezza sono sinonimi ci fornito dal grande
annuncio dell'evangelo in Is. 57,7: Come sono belli sui monti i piedi del
messaggero di lieti annunzi, che annuncia la pace, messaggero di bene, ch
annuncia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio! e ancora in Is.
54,10: La mia grazia non ti abbandoner e il patto della mia salvezza (berit

shalom) non vaciller!. L'annuncio della pace dunque annuncio della buona
notizia, dell'evanghelion, riservato ai poveri. Quando Dio regna, quando il suo
regno viene tra gli uomini, allora si manifesta la pace! Luca 4,18: ai poveri un
lieto messaggio (evanghelion) l'annuncia della pace. Per questo chi
annuncia il regno, annuncia la pace, chi mostra di essere sotto la signoria di
Dio si mostra servo e artefice della pace, chi accoglie il Regno di salvezza
accoglie la pace. A questo punto se noi dovessimo fare la storia della pace nella
rivelazione dovremmo percorrere tutta la storia di salvezza. Mi limito, dunque,
a fissare alcuni rapporti che servano di riferimento essenziale ad un discorso
biblico.
Pace e violenza
Di fronte allo shalom, alla pace veterotestarnentaria non sta la guerra
(milhama) ma la violenza (hamas). La guerra una delle forme che
minacciano la pace, il pericolo pi grande e manifesto, ma ve ne sono altri
analoghi e tutti possono convergere nell'espressione hamas indicante la
violenza essenziale, radicata nel cuore dell'uomo ma capace di ferire tutto
l'ordine di relazioni tra gli uomini, tra l'uomo e le cose, tra l'umanit e Dio.
Non dimentichiamo che il messaggio biblico ci proviene proprio da un
ambiente di violenza, il Medio Oriente, dove la storia fatta di guerre, di
rivoluzioni, di invasioni e dove sovente la violenza legalizzata, eretta a
sistema. L'esperienza di Israele si colloca in questo spazio, anzi la nascita
stessa di Israele e della sua coscienza di popolo avvengono nella violenza
patita nella schiavit egiziana. Una delle prime domande che si pone il
credente israelita proprio questa: da dove viene la violenza? Chi l'ha
introdotta nel mondo? Perch il rapporto personale tra uomo e uomo
minacciato dall'odio e dalla violenza? La risposta formulata a pi riprese e in
forte crescendo nei primi capitoli della Genesi. C una violenza primaria
insediata nel cuore dell'uomo che si manifesta addirittura nell'immagine e nella
somiglianza di Dio ormai perduta, nell'Adam maschio e femmina. Il rapporto
stesso uomo e donna minacciato dal dominio, da un atteggiamento di
violenza, e questo per una presa di posizione di entrambi nei confronti di Dio.

Le scelte dell'uomo non sono mai concluse e irrelazionate nella sfera umana
ma sono inerenti al rapporto con il Creatore (cfr. Gn. 23,24). La storia di Caino
e di Abele una risposta successiva. La relazione tra uomo e uomo, la
relazione profonda tra fratelli, si spezza per una rivalit, una lotta. Caino
agricoltore e Abele pastore impersonano due condizioni sociali tra cui scoppia
la violenza. Caino fa il sacrificio a Dio separato da quello di suo fratello, si
separa nel riconoscimento dell'Unico Creatore e nella sua libert uccide il
fratello. Il monoteismo non poteva essere che una fraternit; spezzata questa
fraternit, appare l'omicidio (Gn. 4, 3-16) La violenza si espande
vertiginosamente e si costruisce sulla crudelt e sulla vendetta. Lameck pu
cantare: Ho ucciso un uomo che mi aveva graffiato, un ragazzo per un mio
livido. Se Caino sar vendicato sette volte, io Lameck, settantasette (Gn.
5,23-24). Dal rifiuto di Dio cresce la violenza e si estende a tal punto che la
terra era corrotta e piena di violenza (Gn. 6,11). Dio, frustrato nella sua
qualit di creatore, constata che la terra per causa degli uomini era piena di
violenza (Gn. 6,13), che con il suo male poteva solo meritare il diluvio. Dio
per non accetta che questa violenza separi per sempre l'uomo da Lui e
ricompare la pace con la nuova umanit sfuggita al diluvio. Dio si vincola
all'uomo, a ogni carne, e gli garantisce la salvezza attraverso l'alleanza. In
questa alleanza cosmica Dio non chiede altro che il rispetto della vita
dell'uomo: Domander conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo
fratello! (Cfr. Gn. 9,5). Cos Dio non abbandona l'umanit omicida a se stessa
ma ascolta il grido di quelli che patiscono violenza, si china su di loro e
promette pace, salvezza. Anche nell'alleanza mosaica al Sinai, alleanza con cui
Dio si sceglie un popolo tra tutte le genti, una delle clausole del patto : Tu
non ucciderai (Es. 20,13), formula categorica senza repliche n eccezioni.
L'israelita non dovr esercitare la violenza, dovr invece, attraverso
l'osservanza dei Comandamenti, creare una situazione di vita sociale e
familiare in cui la violenza non abbia spazio per introdursi. Non esiste
nell'Antico Testamento nessuna giustificazione per la violenza e quando si
prescrive quel famoso codice del taglione (Es. 21,23-24) in realt si cerca di
arginare la violenza, di metterle un limite, affinch non si estenda come nel

caso di Lameck e di tutta lesperienza medioorientale antica. Anche le guerre


di conquista della terra da parte di Israele sono narrate non come resoconto di
guerre storiche ma come un preludio del giudizio delle Nazioni alla fine del
mondo. La Guerra Santa non mai esistita come tale e il suo racconto contiene
un senso profetico ed escatologico assunto dai redattori nel rileggere il passato
di Israele per proclamare il giudizio di Dio sui malvagi. A Israele nel grande
messaggio deuteronomistico Dio mette davanti lo shalom e la violenza, la
benedizione e la maledizione, la vita e la morte. Ora qui evidente (basta
leggere il capitolo 28 del Deuteronomio) che la pace, lo shalom, fa parte della
costituzione di Israele. Ci che Dio enuncia sotto forma di benedizione
esattamente la definizione piena della parola pace, shalom. Questo significa
che la violenza pu solo sorgere per libera scelta dell'uomo che percorre le vie
dell'infedelt a Dio e alla sua legge. La guerra sar nient'altro che una delle
punizioni per l'infedelt: Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei
comandi e li metterete in pratica... io metter pace nel Paese: nessuno vi
incuter terrore e la spada non passer per il vostro Paese (Lv. 26,3.6) ma se
non mi ascolterete e non metterete in pratica tutti questi comandi... mander
contro di voi la spada vindice della mia alleanza (ib. v. 14; 25). Le vie della
pace sono dunque praticabili, la violenza, le guerre non sono un fato
ineluttabile che pesa sugli uomini: Israele sa e annuncer che la pace una
possibilit per l'uomo che rimane in alleanza con Dio.

La pace dono di Dio


Nella formula di benedizione sacerdotale sta scritto: Il Signore rivolge a te il
suo volto, il Signore ti concede la pace! (Nm. 6,26) mostrando chiaramente
che la pace un dono di Dio, il suo dono pi prezioso. Dicendo questo non si
deve sminuire la portata concreta, materiale, storica, infraumana della pace, ma
si deve insistere che se questa viene concessa all'uomo, insieme viene data
anche la pace con Dio, la riconciliazione con il Signore. qui che si misura la

portata teologica e religiosa della pace! Ed proprie questa qualit della pace
che testimoniata in una singolare espressione del Salmo 85,9; 11: Il Signore
annuncia la pace per il suo popolo, i suoi fedeli. Si incontrano amore e verit,
si baciano pace e giustizia. Pu essere per noi scandaloso ma nella Bibbia la
parola pace, pur essendo anche impegno umano essenzialmente dono di Dio,
qualcosa che l'uomo da se stesso non pu darsi, per il quale l'uomo pu
predisporre situazioni, per il quale deve invocare il Signore ma in definitiva
quando le aspirazioni degli uomini alla pace. Sono corrisposte, ci appare
sempre come dono di Dio. Lo shalom non nasce da un regolamento
internazionale dei conflitti n dalla coesistenza pacifica perch la pace nella
storia ma non della storia nel mondo ma non del mondo. Noi siamo
portati a pensare che essa possa nascere da un'evoluzione di fattori storici, di
cause interne al mondo ma non cos. Potrebbe anche darsi che un'evoluzione,
un nuovo ordine politico internazionale, un ulteriore sviluppo dei rapporti tra le
nazioni possa offrire dei mezzi diversi dalla guerra per la risoluzione dei
conflitti ma noi per questo cesserebbe la violenza e forse assisteremmo, e gi
vi assistiamo, al sorgere di vinti e vincitori senza che si siano prima schierati
degli eserciti e si siano messe in moto le macchine micidiali della guerra
atomica. La guerra non che un aspetto del confronto crudele e violento tra i
poteri. Questa illusione di pace infraumana l'aveva gi avuta come tentazione
Israele quando pens che avere un re significasse garantirsi la pace. In nome
dell'ideologia monarchica dominante Israele avr un re, ma il profeta non
attender mai la pace da lui! Il profeta ammonisce che il re non dovr avere
un gran numero di cavalli, n dovr accrescere la sua cavalleria, la sua armata
(cfr. Dt. 17,16; 1 Sam. 8,11-18) ma a questo programma il re non si atterr e
non sar mai degno di essere un ministro di Dio. Neanche Davide sar degno
di edificare un tempio al Signore avendo guerreggiato durante la vita e avendo
sparso il sangue davanti a Dio sulla terra. Solo il re pacifico, solo Melkisedeck
Re di Salem, solo il Sommo Sacerdote Ges saranno degni di edificare al
Signore una vera dimora tra gli uomini (cfr. 1 Re 5,17; 1 Cr. 22,7; 10; Eb. 7,128). Neanche Davide, avendo usato violenza, pu rappresentare interamente la
missione religiosa di Israele. La pace che annunciano i profeti quale menuha,

riposo gioioso e pacifico, dono storico e salvifico ad Israele e in particolare ai


poveri, agli umili, ai curvati (anawim) di quel popolo verr solo da Dio; a tal
punto che i profeti attendono questo dono da un bambino appena nato, il cui
nome principe della pace (per shalom) e nel cui regno la pace non avr fine.
Sar lo zelo del Signore Shevaot a fare questo (Is. 9,5-6) con un intervento
diretto, divino! In quei giorni la parola del Signore, il devar Adonai, parolaevento, far s che gli uomini forgeranno le loro spade in aratri, le loro lance
in falci, un popolo non alzer pi la spada contro un altro popolo e non si
eserciteranno pi nell'arte della guerra (Is. 2,4). Cosa devono fare allora gli
uomini? Non restare passivi ma salire verso Gerusalemme, visione di pace,
camminare nella luce del Signore, ascoltare e mettere in pratica la sua parola.
La pace, lo shalom, dipende da questo, non da uno sforzo umano che vorrebbe
procurare la pace a partire dalla volont, dalle operazioni umane. Appare
chiaro a questo punto che la pace una persona, il Messia, l'Emmanuele, il
Dio-con-noi! ed una pace non solo per Israele, ma una pace internazionale,
tra tutti i popoli, tutti i figli di Adamo, una pace cosmica che riconcilia il Cielo
e la Terra, la Creatura e il Creatore. una pace in cui i nemici storici di Israele,
i grandi imperi di Egitto e di Assiria, saranno solo popoli accanto a Israele, una
benedizione in mezzo alla terra e saranno benedetti dal Signore quali popoli
che gli appartengono (Is. 19,23-25). Il Messia dunque la pace e la pace
l'opera del Messia il quale toglier i carri da guerra da Efraim, i cavalli da
Gerusalemme e far sparire l'arco da guerra. Egli annuncer la pace alle
nazioni e il suo regno si estender dall'uno all'altro mare... (Zac. 2,10). Egli
apparir giusto e vittorioso, cavalca sopra un asino e sopra un asinello (Zac.
9, 9-10). La pace allora non pu essere altro che dono non utopico ma
profetico, non atemporale ma storico, non celeste ma nel mondo. I poveri: i
soli soggetti ad annunciare la pace. Gli uomini che vogliono farsi annunciatori
di questa pace non potranno fare altro che adottare, in tutta la storia di Israele e
poi nella storia cristiana, i metodi e le qualificazioni della pace messianica: essi
dovranno essere operatori di pace nella mitezza e non nella violenza, nella
debolezza non nella forza, nella povert non nel possesso, nel servizio non nel
potere. Se un credente annunciasse una pace diversa da questa non sarebbe

altro che un banditore di pseudo-profezie. chiaro percepire come sia pi


facile, pi realistico per un cristiano che si crede capace di dialogo umanistico
con gli uomini indicare altre vie di pace, ma questo sarebbe un annuncio falso.
Anche per il popolo di Dio ci fu la tentazione di ascoltare questi profeti
chiamati tecnicamente profeti di pace (hannavi asher jinnave leshalom: Ger.
28,9). Essi annunciano la pace a basso prezzo, la collocano nelle alleanze e nei
trattati internazionali, la ricercano presso i potenti regni vicini di Israele, la
proclamano in una situazione di ingiustizia che non pu lasciare spazio
all'autentico shalom. Costoro che hanno visioni personali di pace (Ez.
13,16), che gridano pace, pace quando pace non c' (Ger. 6,14) peccano non
tanto nel promettere la pace (anche i profeti autentici la promettono!) quanto
nel cercarla e dichiararla trascurando il peccato, non discernendo il giudizio di
Dio, non attendendola da lui come dono (cfr. Is. 6,13 5.; Ger. 14,13 e 26,16,
28; 1Re 22,5 Mi. 3,5 s.). Purtroppo quanti ministri di falsa pace, obbedienti
allo pseudos della profezia, sono ancor oggi numerosi tra i cristiani e sovente
sono tali in buona coscienza e con retta intenzione. Ma costoro che ingannano
il popolo dicendo: pace! pace! e pace non c'! hanno avuto visioni false,
hanno detto parole del Signore mentre il Signore non li ha inviati (Ez. 13,6).

Pace e giustizia
Se vero che la pace un dono di Dio e non un problema tecnico, funzionale,
intramondano, pur vero che esistono delle condizioni per la pace. Ma guai a
noi se cercassimo ancora una volta di mettere noi queste condizioni, di essere
noi a determinarle con le nostre forze! Di nuovo restiamo scandalizzati perch
vorremmo essere protagonisti e artefici della pace, armati della sola volont di
pace. Ma la parola di Dio ci svela che queste nostre paci sono tutte fittizie
essendo la pace strettamente legata alla nostra condizione di giustizia. Ma
quale uomo giusto se Dio non lo previene con il dono della sua sedaga? Per
la Bibbia l'ingiustizia misconoscimento di Dio, generata dall'idolatria,

mentre la giustizia legata alla conoscenza di Dio (daat Ihwh). Quando i


profeti con le loro invettive e minacce attaccano i ricchi, i nobili, i prepotenti,
gli oppressori, i gaudenti, non si fermano mai nello spazio dell'etica e della
morale ma denunciano la radice dell'ingiustizia che sta nell'errato
atteggiamento verso Dio. La conoscenza di Dio non determina soltanto
l'atteggiamento intellettuale dell'uomo ma tutto il suo operare, il suo stare nella
societ umana. significativa a questo proposito la minaccia di Geremia verso
il re Joakim che costruiva case sontuose facendo lavorare il prossimo senza
pagare il salario per il lavoro compiuto. Geremia lo condanna facendo il
confronto con il padre, il quale mangiava e beveva certo, ma praticava il
diritto e la giustizia e c'era pace. Questo non significa conoscermi? (Ger.
22,15-16). La pratica della giustizia, la liberazione dell'oppresso mostrano la
conoscenza di Dio e portano la pace. Ma se tale conoscenza di Dio non c', se
c' idolatria, allora la pace non possibile perch la giustizia infranta.
L'uomo deve essere integrato nella conoscenza di Dio se vuole essere un
operatore di giustizia e avere il dono della pace, non in virt di una
disposizione arbitraria ed estrinseca, ma in virt del legame che vi tra i
differenti aspetti della stessa realt storica. La pace esige di fatto un uomo
nuovo, un uomo rifatto da Dio. Israele cap questo dopo la distruzione di
Gerusalemme, l'olocausto, la distruzione dei tempio, la deportazione a
Babilonia. Geremia, Ezechiele e il terzo Isaia saranno i profeti che aiuteranno
il popolo a capire questo legame inscindibile tra pace e giustizia. La morte, la
devastazione sono diventate ineluttabili a causa dell'ingiustizia di Israele ma
Dio promette un cuore nuovo, un'alleanza nuova, una nuova legge inscritta nel
cuore in una economia che non prevede pi l'assoluta fedelt di Israele ma
soltanto l'assoluta fedelt di Dio (Ger. 31,31-33). L'uomo nuovo con un cuore
di carne (Ez. 36,25 s.), munito di un nuovo spirito, abbandonando l'idolatria e
l'ingiustizia, trover lo shalom che verr esteso a tutti i popoli pagani che
riconosceranno il Signore, anche all'Egitto (Is. 19,21). Le nazioni fatte
discepole del Signore avranno abbondanza di pace perch nell'osservanza della
volont del Signore meriteranno la pace. La pace sar opera della giustizia,
frutto della giustizia sar la tranquillit e la fiducia per sempre (Is. 32,17) e

sulla terra giustizia e pace si baceranno perch verit germoglier dalla terra e
giustizia si affaccer dal Cielo (Sal. 85,11-12). Solo nella conoscenza di Dio
la tua pace diventa come un fiume e la tua giustizia come onde del mare, dice
il Signore (Is. 48,18) e Gerusalemme sar fondata sulla giustizia (Is. 54,14)
avendo per sovrano la pace, per governatore sedaga (Is. 60,17). Il credente non
dovr mai darsi pace finch non sorga la giustizia come stella sul popolo di
Dio (Is. 62,1): una giustizia vista da tutti i popoli come dono dell'Amante
all'Amata, elargizione della sua santit, della sua fedelt, della sua misericordia
che salva in radice l'uomo e il popolo. Noi siamo tentati di dire che la Pace
possibile solo quando esiste la giustizia intersoggettiva tra le componenti
sociali, nazioni o persone: questo vero in una certa misura ma non dobbiamo
pensare che la pace sia dono alla nostra giustizia perch gi dono questa
stessa possibilit di giustizia, la giustizia di Dio!

Pace e vangelo
Il Nuovo Testamento non aggiunge un'ulteriore rivoluzione a questa pace
veterotestamentaria che abbiamo delineato in alcuni punti focali. Il Nuovo
Testamento proclama semplicemente che questa pace in atto dal momento in
cui Dio ha visitato il suo popolo guidando i nostri passi sulla via della pace
(Lc. 1.79). L'intervento di Dio teso a evangelizzare la pace diventato
definitivo attraverso Ges di Nazareth perch intervento messianico. Quando il
bambino principe della pace ci stato dato a Betlemme, gli Angeli non
possono far altro che annunciare la pace agli uomini oggetto della benevolenza
divina (Lc. 2,14) e quando Ges appare ad annunciare il Regno di Dio,
annuncia la realizzazione possibile della pace nella sua signoria. Dunque il
Vangelo non altro che annuncio della pace compiuta in Cristo, pace resa
possibile dalla presenza in mezzo agli uomini del Figlio di Dio. Con la sua
morte in croce, subendo la violenza che il mondo intero scaricava su di lui,
Ges effondeva il suo spirito che spirito di pace distruggendo in s
l'inimicizia, abbattendo il muro di separazione che teneva separati giudei e
pagani, creando un uomo nuovo (Ef. 2,13-18). La pace ormai Cristo, Ges
di Nazareth, quella parola che Dio ha mandato ai figli di Israele per

evangelizzare la pace! (At. 10,36). La pace dono di Dio; la pace legata alla
giustizia, la pace messianica non solo annunciata ma donata, lasciata ai
discepoli di Cristo risorto che si presenta con il saluto della pace: Pace a voi
(Lc. 24,36; Gv. 20,19 s.). Ma Ges non solo portatore di pace, anzi proprio
perch porta la pace autentica, prima anche portatore di divisione, di spada:
segno di contraddizione (Lc. 2,31-34; 12,51; Mt. 11,12). Egli non pu essere
uno di quei profeti di pace e per questo richiede ai discepoli una violenza
contro le loro membra (Mc. 8; 9,42-48), contro la loro vita (Mc. 8,34-36)
contro i loro possessi (Mc. 10,29-30). Come lui entrato nella pace di Dio
dopo un aver sofferto la morte, il discepolo che non pi del maestro deve
entrare nella volont del Padre attraverso il carico della propria croce, luogo di
violenza, patibolo reale; questo ci scandalizza ancora di pi che l'annuncio
della pace veterotestamentaria e dobbiamo confessare che come cristiani
abbiamo sovente un concetto errato della pace evangelica. Ha pace chi entra in
comunione con Dio, chi accetta di essere amato da Dio, chi confessa realmente
Ges come Signore e lo attende come il Veniente, Colui che mette fine alla
scena di questo mondo per aprire Cieli nuovi e Terra nuova. Solo chi sa di
essere stato amato da Dio quando gli era ancora nemico e riconosce
quest'amore nella Croce di Cristo (Rm. 5,10) sa distinguere la pace del mondo
dalla pace dono di Dio del Messia (cfr. Gv. 14,27). Se il discepolo ha accolto
questa pace pu e deve proclamarla come primo annuncio, deve farsi
messaggero del Vangelo: Pace a questa casa (Lc. 10,5-7) e pu soprattutto
mostrarla, farsi esegeta dello shalom nella vita concreta, nella compagnia degli
uomini. Possedendo il Regno di Dio pur nella povert, nell'afflizione, nella
fame e nella sete di giustizia, rester mite, misericordioso e sar operatore di
pace, un figlio di Dio! (Mt. 5,3-10). vero che Ges non porta nessun
cambiamento delle forze storiche, ma d ai poveri, agli umiliati, una potenza
che sta tra le componenti della storia: una potenza disarmata, una violenza
dei pacifici che per efficace. Questi poveri che sono la chiesa autentica
dovranno amare i nemici, fare del bene ai delinquenti e perdonare settanta
volte sette, quante le volte della vendetta di Lameck che presente in ogni
generazione umana. Costoro, sull'esempio di Ges, non ricorreranno alla forza,
non useranno la spada, non impareranno l'arte della guerra, non si
difenderanno. Sono infatti seguaci di un Signore che Agnello sgozzato ma
ritto in piedi, vincitore del male. questo il luogo in cui si verifica la fedelt
della chiesa al Signore, il luogo in cui noi possiamo misurare la nostra qualit
di discepoli! L'unico modo per vincere la violenza non sar mai quello di
difenderci o di prepararci a fare una violenza difensiva. Il cristiano dovrebbe

avere un tale orrore delle armi da non dare mai il suo contributo per la corsa
folle agli armamenti, per l'installazione di missili che vorrebbero difendere la
pace. una vergogna questa nostra timidezza in questi giorni e si pu solo
comprendere se sappiamo vedere tutta l'ambiguit della nostra martyria di pace
nel quotidiano, nella vita di ogni giorno, fraterna, sociale, politica. Il cristiano
sa che questo fa parte della scena del mondo che passa e per questo deve uscire
in fretta dal sistema della violenza inserendosi nell'economia della pace
messianica. Di fronte alla guerra, alla violenza, il cristiano deve fare un
discernimento e, sapendo che il mistero di iniquit in atto nella storia umana
(2Ts. 2,7), non aggiungere la voce a quanti dicono: pace e sicurezza come se
il mondo di per se stesso potesse giungere alla pace (cfr. 1Ts. 5,3). Di fronte
alla violenza subita il cristiano non pu far altro che diventare ministro del
perdono di Dio: questa la sua iniziativa di pace che immette nella storia
energie divine, forze messianiche capaci di vincere il male con il bene (Rm.
12,14), Forse in questo caso il cristiano rischia di vedere elevarsi contro di se
tutto l'odio del mondo, pu anche essere ucciso, perseguitato, ma sar colui che
non ha adorato n la bestia n la sua immagine (Ap. 20,4). Il Regno di Dio
consiste nella pace portata da Cristo al mondo, ma pegno e anticipazione
profetica di questa pace dobbiamo essere noi cristiani, la chiesa, noi portatori
della pace di Cristo nella compagnia degli uomini.

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