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Ferdinando Taviani UN VIVO CONTRASTO. SEMINARIO SU ATTRICI E ATTORI DELLA COMMEDIA DELL’ARTE Probabilmente c’t stato un teatro italiano, fra la fine del Cinque- cento ed i primi anni del Seicento, basato sull’unione drammatica di elementi contrapposti, come i tagli di luce e tenebra nella pittura di quegii anni: maschio ¢ fermmina, vecchio ¢ giovane, tragico e buffo- nesco, Fiore ¢ guerriero. La notizia di que! teatro ¢ quasi persa del tutto, uniformata a cid che si dice della Commedia del’ Arte, un momento della storia dello spettacolo di cui nessuno nega la particolarissima importanza, ma che poi in pratica si riduce ad esser pensato come una galleria delle ma- schere animata dall’improvvisazione. Eppure, se ci sono storie utili a leggersi ed a scriversi, esse sono quelle delle immagini decadute. in queste storie si coglie il senso ed il valore del passato attraverso il vuoto che han lasciato andandose- ne. Cid di cui in fondo allora ragioniamo & lo stato di salute della no- stra vista: controlliamo se essa sia gia costretta ad adeguarsi al degrado, alla fama, 0 se sappia resisterle Doppia natura Anche il rifugio nell'esatta sicurezza dei document é cedere alla forza dissipatrice della fama: poco importa, infatti, se di essa si ac- cetta Papparato gonfio di luoghi comuni o cid che questo masvonde, il vuoto di poche ossa senza pid’ midollo. Le poesie seritte per le attrici e per gli attori, oggi che il loro nome ¢ loro successi sono passati di bocca in bocca, di notizia in notizi i libro in libro, da un'enciclopedia all'altra, paiono vuota retorica doccasione etitol spenti. Quanto pitt il nome si fa grande, tanto pi si perde la memoria delPartista e delle sue opere, D'altra parte, le notizie cette, gli scritti sicuri, Piconografia atten- dibile restano ossa bizzarre, secchi frammenti difficli da ripensare in vita. Traggono valore solo dal rapporto con il ricordo un po’ magni- ‘TEATRO E STORIA / a, fn. 1,eutobre 1985, 16 _sexonoo rata loquente che li circonda, cosiecheé la serie det secchi fatti ela magnilo- quenza dei «si dicen divengono le due facce d'una stessa medagtia. Il compito primo d’uno storico del teatro, o piuttosto il suo com- pito «ultimon, la causa finale del suc lavoro, dovrebbe consistere nel- 'immaginare una via filologicamente fondata per pensare i frammenti come poli di un vivo campo teatrale, come i punti fra i quali si eserci- 18 la virtd dell'arte. E pud tomnare ad esercitarsi, in concetto, Questo compito, invece, viene spesso considerato un sovrappit, il semplice ornamento d'un disegno scientifico. Infatt, allo storico del teatro pud far velo il riconoscimento scolastico, universitario, della sua disciplina. S'egli non arriva a eredere d’essere in tutto e per tutto ‘uno storico come un altro», non di rado crede d’esser diverso solo per la particolare mobilita dei confini nel suo terreno di lavoro. La sua ricesca, invece, ¢ quasi a riduzione all’assurdo della ricerca stori- ‘ca e pud rischiare persino d’esserne la parodia. Il riconoscimento sco- lastico non basta certo a dar sensatezza e consistenza agli oggetti della sua storia. Lo stato dei popolie delle nazioni, il loro passato, la loro mentalit o la genesi ed il contesto dei capolavori ancora ammirabili © delle scoperte scientifiche, sono tutti campi dotati, nella nostra cul- tura, d'un valore a sé stante. Questo valore (sia e880 realta o illusio- nee) si trasmette a tutti gli anelli della catena, Poiché nessuno mette in dubbio Pimportanza delle istituzioni famigliari che regolano la vi- ta della nostra societd, poiché si pud ancora godere delle opere di Raf- faello, poiché si sperimenta giorno per giorno il peso delle credenze diffuse, acquista anche senso studiare gli usi matrimoniali d’un fon- ‘ano villagaio in un tempo lontano, un’oscura santa andina, o le vi- cende perdute del dipinto d'un artista ignorato dai pid. E cost via. In campo teatrale questa genealogia del valore non c’8. C’é la ca- tena, ma non il gancio ed il suo ultimy anelio, Se lo storico del teatro ha un particolare privilegio, ha quetlo di non potersi in nessun caso illudere di non lavorare sul nulla, Il quale «nulla», poi, non si presen- ta come vuoto che sgomenta o acqua tion increspata, ma piuttosto come memoria declassata, come «roba dappocon. Torniamo, insom- ‘ma, alla Commedia dell’Arte, Per sfuggire i luoghi comuni che disperdono la Commedia dell’ Arte in una tradizione troppo maneggevole e smaneggiata, e per sfuggire alla complementare secchezza della filologia priva d'amor di teatro, é necessario individuare una fonte di energia che, agendo fra i docu- wxvmocosmst 27 smenti, ci permetta di farci un’idea del teatro del passato. Farsene un’i dea non significa, come lespressione sembra dire nel linguaggio quo- tidiano, giungere ad una visione all'ingrosso ed imprecisa. Significa, al contrario, raffigurarsi cid che raffigurato non &, ma disperso in frammenti La via pit stretta e pid sicura, nel nostro caso, é quella segnata dal concetto di «grottescon. E un punto di partenza che oggi non ha pi nulla d’originale, e che ha solidi fondamenti. Si basa sul modo in cui Mejerchol’d, quasi ottant’anni fa, riplasmd il rapporto fra attore e spettatore con una teoresi che era in diretta connessione con le immagini di Hoffmann € con una non arbitraria immaginazione intorno ai comici dell’ Arte. I discorso di Mejerchol'd sul grottesco & nel contesto di una pitt ampia discussione degli aspetti materiali dell'arte dell’attore, indiv duati lla luce della separazione fra comportamento scenico e prat che della vita reale. Vedremo che questo contesto é particolarmente significative ', Per la maggior parte dei contemporanei di Mejerchol'd, i comici dell'Arte erano stati tipi buffi ¢ sentimentali, grotteschi nel senso in ‘cui Gautier definiva grotteschi quei poveri diavoli divertenti e singo- lati destinati all’anonimato o a trasmettersi mummificati nel ricordo di qualcuno pit grande di loro? Per Mejerchol'd, invece, «grotte- sco» significa doppia natura, qualcosa che non & nevessariamente Ie- gato alla bizzarria del comico, ma che ¢ sintesi del reale, vita de contrasti, capacita quindi di proiettare lo spettatore da un piano ¢ sperienza all'altro. Questa visione fornisce, & vero, un buon punto di partenza, ma non basta. Quando cerchiamo di applicarla a cid che resta delle com- pagnie italiane di quattro secoli fa, rischiamo di non trovare un fon- do solido, Le parole di Mejerchol'd si delineano con concretezza nella nostra mente, ma le immagini della Commedia dell’Arte no. La vita * Le The de For in V. Meyerold Erte ur fe re, Lasson, La Cae U Aged Hom se, 113, pp. 182202 2 Teéophile Gautier pubblico Les Grotexues el 18h, Pr senza ier al Gautier, ened to Croce ne applica quas alla lever Vategpannto alla Comedia del Are, quando invidua i vale di queso teatro ael Fao d’sser stato wateoltae purfatenvel'snima & lie (B Cree, Irmo alls «Conrad del’ Arts, ie Posi poplar ¢ poesia dee, Ban, Later, 19574 pp. 51758) 28_sexoxw rasan ei contrasti rischia di apparirci solo attraverso i soggetti spesso tra- gicomici delle rappresentazioni, oppure per opera dello spettatore (quando gode a veder contraddetti i suoi canoni di teatro colto) pill che per il lavoro degli ator Con Pimmaginazione, corriamo agli esteem. 1 Ball di Sfessanio a Cello 1-8: Da taeques Calo, / Bla Sfessanie, 24 inion pubblicaeintarna al 1620-21 wero rosmsta 29 Il concetto di Mejerchol'd & articolato, flessibile, potenzialmente adatto a permetterci di immaginare una vita teatrale multiforme, dal- le innumerevoli sfumature, Ma applicato in mancanza d’altri sussidi documentari alla Commedia dell Arte inisce pet irtigiirsi nelle estre- me contorsioni di Callot: il grottesco diventa una buffonaggine che confina con la tortura. Quest’idea, pet la sua forza drammatica ed evocativa, pud ben essere il punto di arrivo duna raffigurazione non pedissequa della Commedia dell’Arte, ma certo non é una buona immagine-guida, (Quasi per non restare isolato sulle vette d’una fantasia senza pen- dici, Hoffmann concentrd a volte l'attenzione su quelle figure dei Ball di Sfessania in cui si trovano i fronte uno Zanni ed una signora: I'In- nnamorata. La vita dei contrasti non si manifesta, allora, con Pimme- diatezza d’una contorsione fisica, ma attraverso due persone opnoste ¢ in qualche modo intimamente legate*, Su questo legame, Hoff- ‘mann costrui la storia d'un romanzo, si invento (come farebbe un co- scienzioso attore) una serie di avvenimenti € di motivazioni atti a spiegare, fra amori etravestimenti, gli strani gesti con cui Callot ave- va legato lo Zanni e 'Innamorata?. Lo stesso legame ¢ lo stesso con- trasto permisero @ Mejerchol'd ¢ dopo di lui a Vachtangov di aprire verso allusioni metafisiche le trame sentimentali dei loro spettacoli con ‘masehere italiane. I! legame fra lo Zanni eI" Innamorata, infatti, non @ necessariamente tematico, amore fra i personaggi. Pud anche essere un legame formale, scenico, fa compresenza di due gamme teatrali — buffonesca e sentimentale, comica e tragica — che danno luogo, per il fatto stesso d’essere accostate, ad una discorde armonia. Questo dettaglio pud guidarci verso una comprensione storica de! teatro deli’ Arte. Esso, infatt, si adatta bene alle conoscenze filologi- che ¢ allo stato dei document Lo Zanni e I'Innamorata creavano davvero, sulle scene delle com- pagnie italiane della fine del XVI secolo, una coincidenza degli oppo- sti che prababilmente non trovava l'eguale in nessun altro prodotto artistico della cultura tardo cinguecentesca. > Vedi sopratto la bls page di Cragin Sens (192} in E.G, Cri Ht mi er, Milano, Fela, 980, p_ 206. “Cir F, Taian © M. Schin, tf certo delle Comedie dele, Firenze, La casa Usher, 192, pp. 5682. > Iden 30 _ rrp ran L'uno, lo Zanni, professava le pratiche verbali ¢ gestuali burle- sche, era esperto nelle danze dei carnevali, nei detti dei buffoni, nel- Veloquio basso, nell’arte dei doppi sensi e delle storpiature; 'altra era portatrice della cultura alta delle meretrices honestae, poetessa colta, all'improvviso, esperta nella danza e nel canto aulici, educata all’arte dell'innocenza artificiale ¢ seducente, abbigtiata secondo il gusto del- le aristocratiche. Questa coincidenza degli opposti é pid qualcosa che va spiegato che non qualcosa che serva a spiegare. Come mai, infatti, il contrasto poteva resistere senza stridere? Quali procedimenti artistici rendeva- no solidali ed armonici quegli estremi? Le condizioni storicamente accertabill in cui avveniva quell’intrec- cio scenico dello Zanai con I'Innamorata lo rendono a distanza ancor pill strano. Non si pud pensare, infatti, ad una composizione di insie- ime, registica, capace di dare unita artistica allo spettacolo, smmussan- do gli attri. Anche quello delle compagnie dell'Arte era uno spettacolo in cui si congiungevano, senza fondersi, pratiche e saperi diversi, con criteri non dissimili da quelli che fondavano gli spettacolieccezionali delle corti e delle accademie Nelle prime compagnie dell’ Arte, zlmeno dagli anni Sessanta alla fine del secolo XVI, da Vincenza Armani (morta nel 1569) ad Isabel- la Andreini (morta nel 1604), le attrci, ke Innamorate, non erano sol- tanto parti, sia pur preminenti, di una compagine comiica, ma forze ‘autonome, creatrici. Interpret di tragedie, pastorali e commedie, erano anche e soprattutto interpreti d'un proprio mondo culturale, d’un pa- trimonio artistico individuale, Tanto pit difficile, quindi, doveva i- sultare l'incontro con quell'altro patrimonio artistico incarnato dagli specialisti dei dialoghi burleschi di Magnifici e Zanni e di simili parti fidicole e da buffoni Benché fossero colleghi, benché fossero wuiti dal fatto d'essere am- bedue cultori mercenari delle arti del balio e della parola, lo Zanni € Inmamorata sono pi facilmente immaginabili separat!. La loro uunione in scena fa pensare a qualcosa di inconciiabile sia per loc- chio che per Vorecchio’. Sul ema, si veda osu Franco Rul sa Fete « Conmdie nl Rinscimento, dedi: (la ala rpprsenaione ela Calas el 113, dimmicenlepoblsloepreso Ted Anche i contmporansicordsno sparen. Come vedero pid evan, quando rcordano si Zann ccanto ali innamorate lo fanno pee stoinat lari’ que ulin, nom tfc, a Gal eontesto vege wemnoconresto 3 L'eterogeneita dei materiali che essi conducevano nello spettacolo cra assai pill radicale di quella, per esempio, per cui potevano convi- vere — negli spettacoli di corte e d’accademia — atti comici ed inter- tnezzi mitologici,trame di personagsi cbassi» ed apparati aulicie, nelle commedie a doppio intreccio, beffe di vecchi e servitori,e vicende sen- timentali, In tutti questi casi pit che di veri e propri contrasti si do- vrebbe parlare di varieta di generi e di sti. Ma nel caso di Zanni Innamorata l'eterogeneita degli stli doveva penetrare fin nei minuti dettagli, riguardava non solo indole e la formazione culturale dei due diversi attori, ma modi differenti di parlare, di porgere, di compor. tarsi in scena e insomma la qualité stessa della loro presenza fisica. Per comprendere come questo contrasto potesse vivere e non dat Iuogo ad una semplice disarmonia, dobbiamo interrogarci intorno ai caratteri di base della recitazione di quegli attori. E questo obbliga il discorso ad un nuovo giro, ¢ a tipartire dall’ogsi. Gorghegei fisici Come recitavano gli attori della Commedia dell’ Arte? Se sirispon- de in quanto storici del teatro si dira che se ne sa poco o nulla. Ma la prima cosa che si fa, nel rispondere cosi, é spingere da parte una ‘quantita di immagini che si mettono automaticamente in moto appe- na posta la domanda. Infetti possiamo vedere ancor oggirecitare Pul- cinella, Pantaloni e Arlecchini. La prudenza filologica avverte che tutto questo non riguarda il teatro di quattro secoli fa. Ma l’esperienza del teatro che oggi conosciamo non pud non spingere sull'idea che ci fac- ciamo del passato. Si dira che il problema non é diverso da quello d’ogni storico. E vero fino ad un certo punto, L'analogia fra esperienza del presente € avvenimenti del passato é probabilmente pid fondata nei campi del- la storia politica, economica, religiosa, sociale, di quanto non lo sia nel campo del teatro, D'altra parte, a storia del teatro non pud mo- dellarsi sulle storie delle altre arti se non a patto di limitarsi ad esser storia della letteratura drammatica. Per Jo storico del teatro, quindi, da un lato vi é la troppo facile affermazione secondo cui larte dell’attore muore con lui ¢ dallaltro vié lincontenibile tendenza a prolungare nel passato le immagini del 32_pexpivnse rasane teatro presente con il rischio di sovrapporre fenomeni legati da nessu- na analogia. In altre parole: benché si dica che dell’arte degli attori non soprav- vive nulla, ognuno di noi poi non fa che associare immagini alle noti- zie che ali giungono atteaverso i document storici, Nel riferirne potra nascondere I'anacronismo, che non per questo cesserd perd di nuttire 6 di inquinare ta narrazione starica Se dobbiamo fermarci a considerare la qualité delle immagini che abbiamo negli occhi a proposito di Commedia dell’ Arte @ appunto perché l'anacronismo @ ineliminabile. Esso pud essere trasformato in tuna congiuntura amica, in uno sirumento scientifico, oppure pud es- sere ignorato, In questo secondo caso sirinuncia @ dominarlo e quin- di siottiene Popposto: lo si lascia trionfare fino all" arbitrio, e poiché si crede di non immeginare nulla, di seguir soltanto i documenti, si finisce con I'immaginare tutto. Porteremo dunque in campo le immagini che automaticamente ven- sgono suscitate dalla domanda «Come recitavano ali tori della Com- media dell’Arte?» e cercheremo di utilizzarle non come sfondo inopinato ma come strumento per reagire, Tanto pii che c’é una certa continuita fra le maschere sceniche la cui memoria é tramandata dai testi e dale illustrazioni antiche e le ma- schere della Commedia dell"Arte che ritornano nel teatro oggi vivo. Recitano, queste maschere, secondo uno stile o un «canonie» co- mune. E facile illudersi quindi, che sia tradizionale. E un canone ba- sato sull'intreccio fra stilizzazione del gesto e gorgheggio fisico: passano da un’azione all’altra attraverso pi o meno lunghe disgres- sioni gestuali quasi codificate diverse a seconda del tipo scenico, ma simili per la loro funzione di passaggio. Fanno, per I'appunto, cid che illcantante fa con la voce quando sviluppa velocemente un grappolo di note da wna vocale, Sard facile richiamare alla mente almeno i pitt noti ed evidenti di questi gorghegai fisici: i movimenti rotatori delle mani ¢ degli avambracci di Arlecchino, quei movimenti di danza mi- niaturizzata che fa con i pied quando sposta il peso del corpo dal’ na all'altra gamba, Lo stesso critetio presiede alla definizione del «gestire tradizionale» delle altre maschere anche se quasi sempre a li velli meno macroscopici. Peril resto, lo stile Commedia dell’ Arte, di- vulgato ¢ commerciato in scuole e corsi per mimo e per attore, ¢ basato sulla stiizzazione caricaturale. wevnocomrest 38 Ma osserviamo pill da vicino questo modo di recitare: 8 in ess0 qualeosa di pit e di meglio, quasi una leggerezza della fantasia che allontana l'attore dal mondo della realta quotidiana. Questa legge- rezza, che si comunica al pensiero, ha basi fisiche ed ha in comune con il balletto una scelta di fondo: nasconde la forza dell'attore, le sue tensioni muscolari, il peso. Tanto pit Ii nasconde quanto pit la recitazione é acrobatica e virtuosistica. Se guardiamo un danzatore classico — ha scritto Suzanne K, Langer una trentina d’anni fa — ci sembra che «lo muovano forze puramente virtuali [...] Forze im- ‘material, che spingono e tirano, tengono ¢ plasmano la sua vita». Co- me avviene nel percepire un arco 0 una cupola, la sensazione cinestesica inverte il reale rapporto delle forze: ele forze reali, fisiche che stanno alla base del movimento spariscono» *. La Langer pensa che questa inversione delle forze sia qualeosa che ccaratterizza in generale la danza (e la recitazione danzata)’. Se cost fosse, ne uscirebbe rafforzata limpressione secondo cui la continuita che indubbiamente lega le maschere det passato ai loro adierni cano- ni gestuali nasconde anche una tradizione sostanzialmente uniforme. Ma non é possibile generalizzare. Vi sono danze e basi recitative fondate su principi diametralmente opposti, che non danno lillusio ne di «Forze immaterialin, ma rivelano ¢ amplificano forze reali fi: siche, che invece d'esser sostitute da forze sorprendenti, sono rese esse stesse sorprendenti A voler essere precisi, dovremmo perd utilizzare un’altra formu- lazione. La distinzione fra due famiglie di danze corrispondenti a due diverse categorie di sensazioni cinestesiche (aderenti al reale rapporto di forze o invertite di segno), pur essendo ignota alla Langer (che par- la di danza in generale ma pensa al solo balletto) discende perd dal suo modo di vedere, ¢ proietta troppo direttamente sull’attore-dan- SK, Lange, Probions of Ar, New Vor, 1957 rd, Prolene, iar, (See: ‘Batre, 1962, p- 2 5 aitore «dante indiano due diferent specie di perfemes soo el eto oxcerak rmodert, Asien loieato 6 freon ura sess eager anisiea (come ui portedoe die ‘ost ¢prosiore pace snovebee érammaturphiv) 9 una eifereaza 6 grado nel wo dela ‘sca, dlinreaso drammsticn, dl gest otic eet et ose aon moderna panicolare per la Comme delArte), peri eterna, pr la pantemina, per imo per ‘eas cau anomali eapisesla, le dsiuione fea atte e damacorerigutda le fumstare, | contrn, i espe della quai €noa quello dels quali BM rena ravan zatore una distinzione che serve per discutere la percezione cinestesi- ca delParchitettura. Per 'attore-danzatore dovremmo, forse, cercate di distinguere fra ‘modi diversi di edificare finte condizioni fisiche e ambiental, In un caso il corpo agisce come se ogni impulso muscolare potesse svilup- parsi in uno spazio in cui il vincolo della gravita é contraddetto dalla leggerezza della materia. Nell’altro, il corpo agisce come se la graviti, Josse maggiore, e maggiore la resistenza opposta dall'ambiente, Co- me se lo spazio fosse pieno, elastico, viscoso e pitt teso dovesse essere lo sforzo interiore per muoversie reggersi in piedi. Questa distinzione appare particolarmente evidente se si esaminano casi di virtuosismo acrobatico inseriti nel corso della danza o della cecitazione: il volo di Nijinskij é l’embiema della sua danza, mentre il volo e la caduta di tun attore N6 é un lampo che per un attimo coniraddice la resistenza ¢ il lavoro di forze contrapposte ®, Seé vero, allora, che i canoni recitativi oggi vigenti per le masche- re della Commedia dell’Arte si inseriscono nella famiglia della legge- rezza della materia, ¢ se ¢ vero che ad essa pud essere opposta l'altra famiglia basata sullo spazio come reticolo di resistenze, dobbiamo chie- derci se la genealogia delle maschere e del loro modo di recitate si sia basata su un'evoluzione uniforme o sia passata per sali ed inversioni di tendenza. Cid che oggi chiamiamo «stile» o «tecnica» della Commedia del- Arte é un modo di recitare che si fonda soprattutto sui modelli del- "harlequinade e della pantomima sette ed ottocentesca, filtcati pid tardi dall"invenzione artistica dei creatori del mimo moderno. Harlequinade, pantomima ¢ mimo moderno non sono certo tra- dizioni italiane. Eppure, attraverso i esse si trasmette 'llusione che un teatro tradizionale italiano sia ancora vivo. Si irrobustisee, inol- tre, la simpatica leggenda secondo cui, anche presso di noi, in Ocei- dente, esiste una forma di teatro codificato, trasmesso attraverso i secoli, le cui radici affondano nella cultura del popolo e i cui rami possono comporre aristocratiche e raffinate figure. Abbiamo gia ac- cennato al paralogismo che regge questo miraggio, che come tutti i miraggi, a seconda di come venga utilizzato, pud essere utile, disutile "Su qt tem E, Barba eN.Saarese, Anatomie de acer, Cals - Rema, BouTorerie: Conse, 1985, sswo courte 38 ‘0 dannoso: si crede che la Commedia dell’ Arte sia un teatro «popola- ren italiano: si vedono gli Arlecchini, i Pulcinella, i Pantaloni d’ogsi recitare secondo regole grosso modo communis ci si illude che siano re- gole tradizionali; le si accredita come antiche. Se questo ragionamento procedesse allo scoperto, a chiare lettere, sarebbe Facile contraddirlo, ma esso si svolge in genere nel retroterra del pensiero: diventa quast invincibile. E cosi fa vita dei contrasti di cui parlava Mejerchol"d non mette radici in immagini basilari (nel mo- do in cui pensiamo la recitazione degli attori, nel modo in cui ci raffi- guriamo il succo di cid che materialmente si vedeva nel teatro dell? Arte) ed entra a far parte delle visioni disincarnate che servono ben poco a chi vogtia immaginarsi con fondatezza la forza del teatro passato. Come potrebbe, infatti, una recitazione buffa, morbida e aggra- ata incarnare quei principi del agrottescom di cui parlava Mejer- chol'd? E se non lo pu, il principio euristico che Mejerchol'd propone @ adatto solo per raffigurare i procedimenti drammaturgici ¢ la com- posizione dei personaggi-maschere? Parrebbe di si. Se egli cita Arlecchino lo fa solo per ricordare co. me quella maschera si prestasse a riunire tratti psicologici distanti in tuna sintesi impossibile all'attore realista Un sapere velato dai sentimento La coesistenza degli opposti nom si verifica solo nelle forme estre- ‘me ¢ strane (di cui cio non ci spieghiamo il «come» di Innamorata e Zanni. In altre forme, pity personalizzate e sfumate, la siritrova nel Seicento avanzato e nel Settecento, interiorizzata nel gioco di un solo tipo scenico, capace di intrecciare buffoneria € umor nero, riso € pianto. Si penser, innanzi tutto, allo Scaramuccia di Tiberio Fiorilie pit tardi a Tommaso Visentini ¢ Carlo Bertinazzi Del primo, Giovanni Macchia, raccogliendo sparse e minuscole te stimonianze in una visione d’insieme, ha potuto tracciare un profilo odierno, mosso ed ambiguo, sospeso fra la risata e lo sgomento, 'a- trabile ed il silenzio comico ". 1G, Mace feo d a re, Milan, Mondader, 1975, yp. 119, 36_ raison Degli altri due si ricorda la capacita di far piangere recitando Ar- lecchino. Un’eco sembra legare Vinizio de Le Sicilien di Moliére: Hill -{..) 11 fat noir comme dars un four: le ciel c'est habillé ce soir en Scars mouche, ¢l'entrata in scena di Arlecchino (Tommaso Visentini} ¢ Lelio (Luigi Riccoboni), il 3 maggio 1722, nella seconda scena de Le Surprise de amour di Marivaux: Lélio- Le temps est sombre aujourd'hui Arleguin ~ Ma (oi, oui, il est aussi mélancolique que nous. In occasione della morte di Tommaso Visentini, nell'agosto del 139, Vautore delle Annales du Thédure alien ricordava: Souvent méme on rioit de la Faron grotesque dont il exprimoit soa chagein; ‘mais sa tristesse eoit si naturelle qu‘ensuite on ne pouvoit sen parteger Una cinquantina danni pi tardi, nel terzo volume delle stesse Art- rales, M. d°Origny fissd uno degli ultimi ricordi di Carlo Bertinazzi, detio Carlin, anch’egli Arlecchino, nella commedia Le Bon ménage di Florian: «a fait verscr de larmes». E aggiunse: «Ce peu de mot doit suffire a son élogen Soffermiamoci sulla qualita di questi elogi: non affermano sem- plicemente la versatiita di quei grandi attori, capaci di lavorare su gamme diverse. Centrate @, invece, il senso del contrasto tra recita Zione larmoyante e convenzioni arlecchinesche, E questo inatteso tuffo in un dominio che sembra vietato agli Arlecchini a creare ’impressio- ne d'un prodigio teatrale, Leggeremo ora per intero una pagina tratta dai Mémoires di Char- les Collé. Vi compare il ricordo della doppia gamma di Tommaso Vi- sentini (Thomassin), ed @ una delle piti chiare dimostrazioni della futilita dei tentativi di definire I'indole di Arlecchino come tipo fisso eg AERA: Bhi Aad Ti Hain, 3 sel, Par, Due 8,91» AoL-BA, D'Ovigny, Annes dy Thre alin, ct, vl eximocusteoro 37 a sé stante, Arlecchino non 2 doppio, animalesco e sentimentale, mma lo diventa solo per l'arte d'un particolarissimo attore. L’annotazione & del giugno 1751: Le unai 21 do courant je fus & la Comedie-Ialienne voir un nouvel arlequin ‘ui y joucit depuis plusieurs jours. C'est un coquin assez Iéger, un seltimbanaue, tune espice de danscur de corde, un bateleur, un froid comédien: comme il n'est ici qu'en passant, les Ialiens n'auroient pas cu la maladresse dele laisser monter sur leur thédtre, 57 edt été meilleur ou miéme edt pu balancer Carlin, leur arle- dquin actuel. Ce dernier, qu’est depuis quelques années en possession de ee réle, ze s'en tte point mal quoiqu’i soit souvent lourd dans I'ation, et toujours béte dans le propos, quoi qu'on disent ls partisans de ce mauvais spectacte. Thomas- sin, son prédecesseur, doit au moins aussi Bete que Carlin, et méme, si 'on veut, ii Pétoit davantage: mais il réparoit ce défaut par un feu continue! dans lection. ct des grices inimitables. Ce comédien avolt méme une partie singuligre dans us arleguin, je veus dice le pathétique; il touchoit jusqu’auy larmes dans de cert nes pidces, elles que la Double Fnconstance, Timon, Mie des Esclaves et autres ce qui ma toujours paru un prodige sous le masque d'arlequin Come abbiamo visto, Carlo Bertinazzi (che al momento in cui Collé setive é ancora un Arlecchino bravo, convencionale e un po” pesante) conguistera anch’egli Parte di recitare gli opposti. Nel suo caso, pili che fe immagini (che ci trasmettono una figura cosi grassa, aggraziata e molle da divenire sgradevole) sono le testi- monianze scritte a conservare traccia del valore, come se e parole po- tessero rimettere in moto quella figura che nell"immobilité del disegno @ solo stucchevole. 114 Febbraio 1763, la Comédie Italienne recitd "Amor Paterno di Carlo Goldoni, con Camilla Veronese (Camilla) ¢ Carlo Bertinazzi (Ar- lecchino), particolarmente apprezzati nella 2° scena dell atto III, una scena di dispetto ¢ d'amore, in cui si intrecciavano lazzi ¢ tenerezza, La scena, non pid di due paginette, é in realta la miniaturizzazio- ne di un grande intreccio. Camilla ¢ Arlecchino sono stretti da un amore pit forte di loro, ‘ma hanno litigato: "una ha ospitato in casa un vecchio con due fi- aliuote, stranieri a Parigi; Paltro con prepotenza le impone di cactiarli via, pena 'abbandono. Camilla é sensible e gentile, Arlecchino é co- tmicamente in preda alla gelosia ¢ alle sue rabbie senza metodo. Da 6, Col, Jounal ef murs 178-172), Pass, Fimin Dit, 1658, ep 328 (prs edvione: Pais, 157), tempo non si parlano pi. Vengono fatti incontrare. Qui ha inizio la scena: né l'uno né Valtea vuol cedere e cominciare a parlare. Parlano fra sé sé. Si guardano. Si salutano freddamente. Tornano a tacere, ‘ognuno insultando Ialtro in cuor suo. Ariecchino, infine, risolve dan darsene, Camilla, vedendosi abbandonata, dopo tanta tensione d'a- nimo, si getia su una sedia: — Ahi, mi sento morire. Le manca il tespiro. E Arlecchino si spaventa, si precipita, la soccorre, cerca di farla alzare. Camilla non si regge in piedi, ripiorba a sedere e fa per- dere lequilibrio ad Arlecchino, che capitombola, Camilla balza su dak ta sedia: — Thai fatto male? ~ Estu guarida? Sirappacificano. Arlecchino tibadisce, ma quietamente, la sua opie nrione: non vuole che Camilla tenga in casa tanta gente. Sta per spo. sarla; non ¢'8 spazio per estrane! intorno. La situazione generale della commedia ritorna, cosi, al punto di partenza, ma il conflitto di base s'é trasformato da un comico urto di maschere nel conflitto fra buon cuore e tenero egoismo di innamo- rai, Questa trasformazione poneva dei problemi, sembrava infatticon- traddire le delimitazioni silistiche del genere teatrale della Comédie Italienne, II signor Meslé, in una lettera di elogi indirizzata pubblica- mente al Goldoni, contrappose il «Theatre Italien de Paris» al tea- tro che cera davvero in Italia: qui s'era gia fatta sentire l'azione riformatrice di Goldoni, che aveva adottato — dice Meslé — «notre genre noble et délicat (...] non notre gente italien»: li, « Parigi, alla ‘Comédis Italienne, erano invece ancora schiavi della maschera, Co- ‘me pud risultare accettabite, in queste condizioni, innesto di una re- citazione «patetica» sul ceppo d’una fisicita buffonesca? Come pud Arlecchino diventare a tratti un personaggio commovente? Meslé si spiegd il fenomeno facendo ricorse alla forza delle convenzioni ¢ al tipo di percezione che esse inducono: ‘Une des plus grandes contradictions de esprit humain, est sans doute la diff é. Tente disposition, dans laquelle nous nous trouvons aux deux Comedies de Pais, "Nows sommes aux Haliens avec un autre goit, d'auires yeux, et méme una autre me qu’aux Francois, On dirait qu'il y ait ua talisman aux portes des deux thea. (Fes, qui av moment que nous y mettons le pied nous transforme Leer pecedeve un opisoo che sume, peril pubblice fancse, Pavone él om ‘medi. Lap legtere lv. VI di Tate le Oper d Cf Galion, a cara 8G, Orla Milano, Mondader, 1955, pp, 1267-1273, 7 Mejerchol'd (non si avr& l"ingenuita di credere, spero, che questi, dalla sua Casa degli Intermezzi di Pietroburgo, avesse meno possibi- litd di capire quel che accadeva 150 anni prima sul palcoscenico pari- gino della Comédie Italienne di quante ne avesse lo spettatore abituale € appassionato di quegli spettacoli), Mejerchol'd, dungue, propende per un’altra spiegazione. Il «talismanon che permette la coesistenza non stridente di elementi discord non sta in mano alo spettatore, non é la sua indulgenza per convenzione, ma sta in mano agli attori. Gli spettatori accettano alla Comédie Italienne cid che mai accetterebbe- ro alla Frangaise, perché eli attori italiani hanno un’alta capacita di sintesi, che deriva loro dall’ uso della maschera e di altri elementi non realistic. Non sitratta, dunque, di notare semplicemente l'assenza di realismo, il contrasto fra il modo in cui lattore raffigura un perso- naggio e cid che il personaggio serebbe nella realt’, ma di valutare il grado della sintesi che W'attore riesce ad operare a partire dalla real- 12 di riferimento. Gif italian riescono a sintetizzare ancor pri dei fran- eesi € si spiega cost perché lo spettatore accetti di fatto cid che astrattamente considera inaccettabile, Potremmo aggiungere che lo spettatore accetta nell'atto di percepire cid che poi magari rifiuta ne Iatto di ricordare e giudicare. Si comprendono in questo modo i giu- dizi spesso duplici sul teatro deg italian (simifi a quelli che sitrovano molte altre volte nella storia del teatro per spettacoli capaci di tenere il pubblico ma estranei ai suoi paradigm ideologici). Ne abbiamo vi sto un esempio nel brano di Collé, Ne troviamo traccia anche in cid che il signor Meslé sctive a Goldoni Adoperare il concetto di «sintesin significd, per Mejerchol’d, su- perare antinomia fra teatro «realisticon ¢ teatro «convenzionalen, trasformando quest’ultimo in un «complesso ed organico sistema di tecniche teatrali» , Ma al di lé di questa sua posizione nella storia di Mejerchol’d, il concetio di «sintesi» mostra anche in un contesto teorico generale la fallacia delle usuali distinzioni fra attore realista (o naturalista) ed attore «simbolista», castratto», «straniaton, «sti- lizzato»... Sono distinzioni all'ingrosso, che non permettono poi di apie, quando si passa dalla catalogazione dei fenomeni teatrali alla loro discussione, all'indagine. Accostando ¢ sintetizzando in un montagaio artificiale elementi sparsi e diversi, I'attore non si allontana dalla realté della vita, ma "eV, Majebol Bris, t,t ined. Béaice Pion Vain, p28 40 exinsanso rasan ud riprodurne la «pienezzan (anche questa é un'osservazione di Me- jerehol'd}. Potremmo dire, in altre parole, che Pattore di allo spetta- tore limpressione della realta, sia nel senso comune della parola — illusione —, sia in quello etimologico di marchio e impronta. Quel che lo spettatore vede, allora, non é um'immagine della vita, ma an. cor di pid: vede che qualcosa di vivo ha lasciato il segno, Quali che siano i suoi preconcettio le sue idee in merito all’estetica teatrale, cid che vede lo cattura e lo commuove. L"impronta del lupo fa pit paura del Fantocclo che lo rappresenta, Dopo quella del signor Meslé, disponiamo dunque di un'altra in- terpretazione per capire cosa accadesse in quel caso non tanto sempli- ce in cui un Arlecchino, restando Arlecchino, diventava pero anche un personaggio commovente e realistico. C’almeno na terza spiegazione, quella di Carlo Goldoni. Le di- verse spiegazioni aon si elidono a vicenda, semmai si affitano. L*acutezza delio sguardo di Mejerchol'd nasconde a sua volta un inganno: proietta su un'intera tradizione i caratteri che ha scoperto in un fatto dante individuale, E un impaccio che si presenta spesso a chi cerca di farsi un’idea del teatro del passato: una sorta di enfasi che trasforma Pattista nell’esempio d’una tradizione Mejerchol’d ragionava per scuole (era appena uscito dal Teatro d'Arte), per poetiche, per stili e per generi. Era portato a contrappor- re tradizioni di teatro, epoche intere, movimenti colletivi. In manie- a molto meno giustificata, anche noi spesso cediamo ad un simile riflesso condizionato del pensiero: poiché il teatro é un fenomeno col- lettivo, pensiamo che si fondi sempre su tradizioni d’arte collettive. Cio che riusciamo a sapere di un atiore ci appare, cosi, come l'esem- pio di cid che non sappiamo degli altri suoi compagni. Quasi sempre, pensiamo le tradizioni ad immagine e somiglianza di cid che invece le contraddisse Se la Commedia dell’Arte fosse stata nel suo complesso la tradi zione recitativa di cui parla Mejerchol'd, dovremmo aspettarci ben altre testimonianze da quelle che invece sono giunte fino a noi. Mejerchol'd non inventa (come siamo portati a credere che fac- ciano gli «artisti»): capisce. E lo fa con un'esperienza da storico, cioe da interprete e narratore del passato, che non hanno generalmente gli storici che lavorano solo sui documenti. Ma cid che capisce non ca. ratterizza un movimento teatrale, ma alcuni artist isolat wxvnocnetasta al Quel che noi chiamiamo Commedia dell’Arte non era una tradi- zione né tanto meno una scuola, Non lo era stata mai. Le diverse com pagnie ed i diversi attori avevano in comune usi e costumi scenici € produttivi, non una via allarte. Questa, quando c'era, era patrimo- nio individuale € segreto. Gli Arlecchini che fan piangere ci spiegano la tradizione arlecchi- nesca solo per contrasto: non sono un punto di artivo, ma la rottura degli sehemi. Non si tratta solo di attori pit bravi degli altri, ma di lingue diverse. | Benché la 2* scena delPatto III dell’ Amor Paterno fosse piaciuta, nell’insieme la commedia di Goldoni non ebbe successo alla Comédie Italienne di Parigi. Piacquero, fra il settembre ed il dicembre del 1763, gli Amori di Arlecchino e ai Camilla, La gelosia ai Arlecchino e Le inquiecudini di Camilla, tre canovacci che Goldoni scrisse per Camil- Ja Veronese ¢ Carlo Bertinazzi ¢ che componevano «une espéce de Roman comique, partagé en trois parties, dont chacune renfermoit un sujet isolé et achevén ", Da qui Goldoni trasse, in seguito, la tri logia italiana Gli amori di Zelinda e di Lindoro, La gelosia di Lindo- 10, Le inguietudini di Zelinda. I tre canovacci scritti per i comict italiani in Francia, cosi come le tre commedie composte a partire da essi per i comici veneziani uni- vano Vinteresse d'un intreccio ben complicato al gusto per Ie situa- zioni patetiche e sentimentali. Ma nel passaggio da Parigi a Venezia, PAtlecchino servo bergamasco diventa un Lindoro «giovine civile in- Raccltal varie ine lade dele Si. Orsole Cocca malls compapnia del Acces da Flaninia. Al ot isso Sig. Alessandro Brivo, Mano, Gi, Batista Ae, 160 (Nt no, Biblioteca Braldense) 66 _nxor00 avant in qualche modo obiettiva: si riferisce, cio, al carattere del rapporto teso fra Ja scena ¢ la platea € non ad impressioni unilaterali. Che cosa ricordano, dunque, questi ricordi di istanti pungenti? Rossori, pallori Ecco, a p. 36 del nostro libretto: lun] ancor si tinse insotito rossor I'onesto viso ond’ia restai conquiso, Eap. 34: Quel vago rosseggiar del casto viso che voi scopristeal"hora Hl Finto sposo vostro il bacio eolse [el Bap. 60: Qual cosa, chimé, Flaminia, ti contrista ‘onde pallor di morte in te s'investa? Forse amorosa cura ti molesta, fond’ hai neve infra le rose mista? Anche per la rivale di Orsola Cecchini, Virginia Ramponi, detta, Florinda, moglie di Giovan Battista Andreini, un ammiratore sctive: Se impalliisce il fir del tuo bel viso Flora gentil, vago di quel pallore si fa ghiaccio il mio care Se poi ripelia i suoi vivi color, tosto ripiglia i core i primi ardori. LU.componimento, anonimo, é in un manoscritto — Poesie in lode dei Coniugi Andreini —composto anch’esso, come illibretto in onore i Orsola Cecchini, in Milano, e citato da Luigi Rasi®, Un idillio in lode della Ramponi annota: tl il bel candor, il bel vermiglio sale, che dir non si pud:I'un Paco prevale °° L, Resi, /Comiett, 2 vol, eto, Bose, 1857-1905, elf 1 1, Bio, La Siena del Mar Teno, stanz ined dele Signora Veni Rempon,comlea Fedele, deta Hein, Milo, Gi, Bata Bde, 1618. noceanessta 67 Anche di Maria Malloni, detta Celia, che il grande Marino inserira fra le Grazie nel canto XVII dell’ Adone, un poeta minimo, spettatore ammirato, ricordé i pallori ed i rossori in scena. Scrisse Pace Pasini: ‘Scoprit a neve e suscitar gli ardori Cl sono in Celia damor forze e stupor Si dira: l’emozione peril rosa edil bianco sulle guance della donna comune a tutta la poesia amorasa e non distingue l'ammirazione del- lo spettatore per lattrice, Certo: ma non si dimentichi che qui i poeti (0 piuttosto i versificatori) non parlano di un dettaglio fisico dell’attri- ‘ce —Iasua bocca di rubino 0 i stoi occhi come stelle — ma di un'azio- rne senica. La loro emozione deriva proprio dal veder improvvisamente sbocciare nell'artficio del teatro, vera, un'immagine cara alla poesia. Non sitratta di un dettaglio fra cento altri. E Punico dettagtio che, in maniera ricorrente, venga ricordato come vertice dell’arte dellat- trice. Se c’8 una concordanza con il epertorio di immagini della poe- sia amorosa é perché a que! repertorio si éispirata Iattrice nel recitare, non lo spettatore nel ricordare. In alcune stanze in onore di Vincenza Armani (e siamo proprio al- Vinizio dell'esperienca delle attrci dell’ Arte) un gesto pudico & ram- mentato come la punta pili acuta che trafigge lo spettatore. Chi scrive é quasi certamente Leone de’ Sommi, L’atto fuggevole che affida ai versi non Varrossire, ma il suo naturale contesto: Che, sea qualche parola, © poco onesta 6 poco sagzi, vergognosa gira i fulgenti occhi, che a Malteuirchiest in vece dato dir race esospir: que! volger occhi, e quel china la testa ancide pur, chi in tal ato la mira, si dolce exprime, co" ilenaio grat Tonesto Sdegn, cha nel cor ceato, * © 1, Ras, {Come Hain, it, vp 88 © L.de'Somm, Quartet area vappresenionscniche, cared F. Moti Mi lun, 1 Polio, 8S. 91. arom a tures Leone ce Sammi con agomes concent le Sani el Signore Vicenza Arman sige |S. (art scope! Leone ce’ Somml Hebieos)e pablo da Adina Valin el opsclo ecto el 1570, per rlarare tie Vice An, ‘ora se tes pra: Oraoned Adina Valen Veronese in morte dea Divina Vincenza Arma, Comic Ecclntsinneatcane rine dl'isessoe oto ade dle adina, onagvante ‘eyjadre bale composon dl deta Sirare Vncnez, Vero, Basan cele Donte, se deca 4 Vall a Antonio Pit data 8 marzo 157), Le Stance ai LS, con qe 6 eppeione Pune posta HINA, el Stree al carionedicipaga iL SH, sno, a ibreio ga 15, alec. mete aoesoo HN I fascino femminile delPattrice, cui spesso fa riferimento in ma- niera sbrigativa, eta, in realta, vera e propria poesia scenica in grado i guidate lo spettatore in un’esperienza complessa e sorprendente. Ripercorriamone i gradi, dalla base alla vetta. Alla base, doti general: l'eleganza del portamento, avvenenza, Vrarditezza e il buon gusto nella scelta degli abiti e delle pettinature, la facondia. Sul fondamento di tutto cid, il fascino teatrale si costrui- Va attraverso contrast. E la prima cosa che le testimonianze degli spet tatori ci comunicano: la forza delle grandi attrici non era il semplice fascino di una donna seducente esposta in scena, cosi come la forza comica degli zanni e dei vecchi non derivava dalla semplice esposizio- ne del ridicolo, Sia gli spettatori che godono del piacere del teatro, che quelli che {0 temono come un veleno dello spirito, concordano innanzi tutto nel privilegiare i casi in cui I'attrice compare in vesti maschili. E questo un tema ampio, europeo, che implica anche il suo rovescio (I'uomo in vesti femminili) e che percorre non solo le poesie d'occasione, i trattati ¢ le prediche dei moralisti, le trame delle commedie e delle tragedie, ma Vintera letteratura ¢ V'immaginazione sul teatro fino ai giorni nostri. E evidente il valore erotico del travestimento maschile delta donna, molto in uso, fra altro, nel mondo delle prostitute. Ma proprio perché ¢ evidente, non bisogna esagerarlo fermandosi ad es- so soltanto. La donna in abiti maschili pud sottotineare cost la propria fem- rminilitd; oppure pud quasi distillaria attraverso rovesciamenti succes- sivi, quando non rappresenta una donna travestita, ma un personageio Wuomo, giovane, alla frontiera del suo sesso, come era il caso, per esempio, di Isabella Andreini, abituale interprete del protagonista ma- schile dell’ Aminca di Tasso“; oppure pud contraddire, con un atteg~ giamento anticonformista, il temperamento tradizionalmente attribuito al sesso femminile. In quest’ ultimo caso, il fascino dell'attrice non ¢ pi di tipo erotica, o almeno non lo é pitt direttamente. La donna cche mostra la forza crea un contrasto scenico molto vicino, per i suoi criteri, a quello del vecchio cadente dal corpo ¢’atleta + FTaviath Bela dasa. Torquato Tess, gt eerie Vmmortaltd in sParagoc/ Lees tara, mn, 40-4, fedtraioaprle 1988, pp. 3-15, m panicle pp. 69, weve commit _ 6 Uno spettatore in versi della meta del Seicento, per esempio, citra- smette l'stantanea dell’attrice Angela D’Orso che guida i soldati al Vattacco nelle vesti di un Capitano Generale, ¢ un altro, nel libretto del 1608 per Orsola Cecchini, ricorda l'attrice quando compare in sce- ra con larchibugio e spara “. Icarattere ferminile non spariva dietro il temperamento forte del guerriero. La presenza scenica delle attrci, infatti, pud essere ricon- dotta ai due archetipi di Angelica e di Clorinda: i'una preda seducen- te, laltra vergine armata la cui femminilita e il cui erotismo sono ridefiniti attraverso [a risolutezza e il vigore della loti. Per Vincenza Armani, gli Accademici Intronati di Siena avevano seritto questo sonetto: CCostei che Citerea somiglia tanto nel saper sede 2 Minerva a lato, quando ride delle Gratie dato PPE il presio, e vince delle Muse il canto, se si mostra tal’hor in viel manto cinta la spada, sembra Marte armato, se s'adiratallhor par Gioveiravo, e parlande a Mercurie toglie il vant. ‘Qual meraviglia or 2, sella il valore delle Dive Celeste de" gli Dei Sfaltro vinto riman, s'ltri'sdora, E se dal proptlo albergo uscendo fuore volang Mame ad annidars in lei oi ch’apre in scena un paradiso ognora Nell'Oratione in suo onove pubblivate uel mat 20 1670, sei meri do- po la morte della Armani, Adriano Valerini scrivera: [Nelle pastoral interseriva acuni fayolos intermedi, or da Mercurio, or da Ve- rere, or da Apollo et or da Minerva vestita, e mentre quests Dei rappresentava, d'elaquenzs, di bellezza, d'srmonia e di sapienza gli era supeciore, 45 F, Batol, Notte iorcke de’ coma! che feviono intr alana MDC fino el siomnipresot,2v0l, Padova, Coat 1782, sl Ml p 68. Clr ache L, Ras, Cori ato, St, vol fp. 8 Racola dl van ie it 9.38. © Oratione d'Adhane Vlei Veronese 6.179 70_rexsnco rain wnrocormasro TL E pit avanti ‘Avera del virile nel volt e nei portamenti, onde setallora in abito di giovanet- to si mostrava in Scena, non era alcuno cke donna lavesse giudicata ®, Anche il grado ulteriore del fascino dell’attrice, la rappresentazio- ne della pazzia, ¢ basato sull’incontro e lo scontro fra gli opposti L'episodio della pazzia ¢ una variazione quasi obbligata di tutte le grandi storie d’amore. E vero, come notava il gesuita Pietro Gam- ‘bacorta nel 1585, cheesso in teatro permetteva all’attrice di «compari- re mezzo spogliata econ veste trasparenten ®, ma anche in questo caso non dobbiamo permettere che I'erotismo resti in superficie, nascon- endo la sua vita pit segreta, che era nell'estremizzazione dei contrast Nelle scene di pazzia 'attrice non solo contraddiceva, e quindi cor- roborava, immagine della fermminilita, ma poteva persino addentrarsi in una recitazione estranea al suo ruolo, ed assumere la lingua deali zanni®, Era la compresenza di elementi contraddittorii che poteva rendere conturbante la trasparenza della veste, non viceversa, Ela forza della recitazione che permette la costruzione d’un rapporto erotico con lo spettatore, non il carattere erotico dellesposizione scenica a dar forza alla recitazione. Non capire questo, significa ragionare sulle grandi at- tricie i grandi attori del passato con la mentalit’ duno spettatore di bocea buona e — non diversamente dai peggiori guitti — ridurre la comicita a smorfie ¢ schiaffi, ed il fascino ed il turbamento scenico a diretta provocazione sessuale. Se ne resero conto anche i moralisti im- pegnati a combattere la presenza della donna in scena, che spesse volte sottolinearono ch'era il teatro, la recitazione, a far seducente Pattrice. Estremizzazione dei contrasti significa presentazione — o rappre sentazione — di una tensione in alto, una tensione che puo essere fist ca, come nei casi dei servi e dei vecchi del Recueil Fossard, o mentale, come nel caso delle scene di pazzia. Qui, lo spettatore vede il disordine rappresentato nel momento stesso in cui gode dell ordine profondo che guida la sapiente recitazione dell'attrice. Sotto i suoi occhi vive una contraddizione in termini: la danza del comportamento scomposto. threno de" Oraione de! Velen pant, con skit, nF, Tevan eM. Seino, 1 Segre, cpp. 114. “© F Tavian, Le farcinccione del tar, Roma, Bulon, 196, 9, XCI * C. Molina, £2 Commedia delat, Milano, Mendados, 1985, pp. 19-122. Si pud ben dire che sia questo uno dei vertici dell’arte teatrale: il superamento dialettico della perfezione tecnica, I versi di Gabriello Chiabrera sulla scena di pazzia di Isabela An- dreini sono fra i pid noti seritti per un'attrice dell’Arte, Nelle prime due quartine il poeta ripercorre il cammino che passando attraverso termini contrastanti conduce all'emozione dello spettatore: Nel giorno che sublime in bassi manti Isabella imitava alto furore, fe stolta in angelici sembient ‘bbe dal senno alii gloria maggiore: Allor saggia tra "I suon, soggia trai conti, fron mosse pié che non sorgesse Amore, né voce apr, che non creasse amanti, né iso Teche non beasse un core ‘Ancor pit efficaci, benché d’un poeta infinitamente meno bravo, iversi di Ridolfo Campeggi per una scena di pazzia di Marina Dorotea Antonazzoni: bel E trai portent lia vaga i tuo fora, ch ogni pensiro acches, la tua follia, chogni deste appaga Le convenzioni del parlare in versi sono le pil adatte a conservare il icordo di un*unita in sé discorde, che si trasmette meno bene, inve- ce, nel linguaggio discorsivo, | Due madrigali, 'uno dell'Oimpico, l'altco del Sofferente Incognito, sono dedicatiad una scena di pazzia nel libretto in onore di Orsola Cec- chini (pp. 15 17), ma non hanno alcuna efficacia. L’uno gioca scola- sticamente su concetti pugnanti,|’altro fa qualche paragone classico, attesta che nella sua seena di pazzia Orsola Cecchini era una sposa ab- bandonata dopo la prima notte di nozze, probabilmente in una trage~ dia o in una tragicommedia, e spreca quasi del tutto il ricordo della ‘ugrazian dell’attrice «nel colmo del furore», quando impazza «squar- ciando forsennata il crine ¢ i] seno». 2 Ripotato, per exempi, in F. Tanase ML Shino, 1! Sepreto, cit p13 SL. Rai, 1 Com Jaan, cit. vl 1 p11 72_rexoaaroo rave Procedendo dal generale al particolare, dall’eleganze, dalla bellez- za, dalla facondia dell’attrice ai suoi singoli ruoli, a singole scene, a singole parti di scene, i ricordi degli spettatori sembrano muoversi lungo uno stesso filo, seguono I'intensificarsi sempre pit esplosivo di un con- trasto fra arte e natura che nella professione d’eleganza che costituisce il comportamento di base del'attrice resta placido ed inattivo. Vengono spesso fissati dettagti ancor pit! minut, apparentemente «pisodici, eppure ripetutamente presenti nelle lodi dele attrici: La cioc- cadi capelli che sfugge all’ordine della chioma, come se cedesse al ca- £0; il pianto che sembra sgorgare naturale. A proposito del pianto, gli spettatori in versi di Orsola Cecchini ‘operano na scelta sintomatica: ricordando una scena che dovette im: pressionarli — quella in cui Delfa, nella iragedia omonima, scoppia 2 piangere la morte del figlio — sottolineano non solo l'improvvisa commozione, ma Pimmediato contrapporsi di pianto ¢ riso L’episodio per toro pit significativo non &, preso in sé, il pianto dell'attrice, e neppure il fatto che il planto finto generasse vera com- ‘mozione e vere acrime fra gli spettatori, ma il contrasto fra una parte degli spettatori che, appunto, piansero per lelacrime da teatro dell’at- tice, e ali altri che invece risero o sorrisero per quell’ingenua commo- zione. A ben guardare, la compresenza dei due opposti comportamenti non servea distinguere sensibili ed insensibil. Rappresenta, piuttosto, in una dimensione ampia, la tensione, la doppiezza che é gia custodita nella recitazione dell'attrice, la quale — é vero — piange, fa piangere i pit sensibili tra gli spettatori, eppure conserva — dice il Sofferente Incognito — la gioia il riso della persona sotto il volto lacrimoso del personageio Alla fine di questo viaggio nel binocolo rovesciato verso il detta- alio esplosivo, vié rimprovviso pallore, improvviso rossore, il fore sulla neve da cui siamo partiti, Abbiamo visto con quanta frequenza ¢ precisione questo dettagtio si fissasse nella memoria degli spettatori in versi, Anche neli’elogio pronunciato da Adriano Valerini in morte di Vin- cenza Armani si ricorda che la grande attrice «diventava pallida a qual- che avviso strano che era daton e adi vermiglio color tingea le guance alle nuove liete ecco d vari rimesci. 9.1, Slo stesso esl anche unset dl stato p18. wxvocomasra 13 Leone de’ Sommi, nel terzo dei suoi Dialoghi, ricorda l'arrossire el'impallidire come gli apici della recitazione, una di quelle virti arti- stiche che «sono del tutto impossibili da imparare, se dalla natura non si apprendono» * II mutar colore non emozionava solo per il suo inatteso realism, Anzi: non era affatto realistico. Era reale. ‘Quell’atto minuscolo ma fortissimo siisolava dalle atre azioni dello spettacolo, campegaiava senza confronti nella memoria dello spetta- tore proprio perché un’azione che in genere non si puo fingere accade- va realmente in un contesto finto. Per questo, forse, come dicono i versificatori, «innamoravay, Non era pit una parte dell'azione sceni ca. Bra un tutto: l’apparite dell’Idea della donna in colori assoluti — sangue sti neve *. Un vivo contrasto Dalla dimensione pit ampia a quella pit puntuale, dalla contrap- posizione di due diverse tradizioni di mestiere (Zanni ¢ Innamorata), alla astrazione araldica del puro incarnato («niveum candore, rubore sanguinis penitus diffusum), abbiamo toccato alcuni punti di discor- de armonia, la vita, cio’, che lasciava la sua impronta nel teatro delle compagnie italiane. L'immagine di quelle attrici di cui ancora sopravvive il nome viene soffocata se pigreggiamo a pensare che la forza del loro rapporto col 5, De’ Seri), Qvaieallog t., . 2 © Una eppestsione pt vl ewan dlls donna che profondamente ects nel rensira pnerle. Nelle tre goced sane lls neve appre ides dela sus donee a Perceval che, Fassona Chien ce Troyes, dentist conterpil econua co itera matin ind sd abbattere ere changuetee ci dstopiero da quel pasta che perl émendo. Questo rondo ‘iroteritoad uncolreasoltacondesa molt deg ase ce convegone olde dela donna ‘eslgiele cottradiionsin uni alo, ardor, aris, pis, Frere, eos, fra, ta, sn ‘ve, emocagi...B incarnate, cei Giappce cro») venta sinonine 6 ascno,senwali, Sex appeal mache arche nl mmasnazioneerepe, pt so, bx evocatol razant inci rept laDonna feamoree avbandon,eazia eli, fale fora senza ipa, Int pacer pei (ef. G, Cochin, 1 posed cuccegro, Torino, Boring 1980, 1 ed, 195) sbeaiano leMabe ci prisipi ches ericene ad une ino, vedanoil loro sang sulla neve ul eta, so late, econeepicono ides una done ancora nen coroscit, ma amata. Nala iba Schnee: ‘witch (Bancavee sent erazrontat dai Cec, puogers lta Guna madre ches figura la figiacontampando ire gsved sangue sla neve tanteguante qual di Pace _ so nwooranan pubblico consistesse nella bravura accademica e nella naturalita del- Peccitazione erotica. Si tratta, piuttosto, di Eros, nelle sue diverse incarnazioni. O pitt semplicemente d’un mestiere addestrato ad esplorare tutte le differen- tie contrastanti figure della donna raccoltenel?"immaginazione del tem- po, dall’alto al basso, dal candore all’oltraggio. Pasimenti, immagine del'intera Commedia dell’ Arte soffoca nella stereotipia maschere + improvvisazione. Fra i molti equivoci cui il termine Commedia dell’ Arte dé luogo c*e anche quello che induce l'idea di un periodo lungo, sostanzialmen- te uniforme, che dalla fine del Cinquecento arriva al Settecento. Fra il momento delle «origini» e quello della «decadenzan, Papice sarcbbe al centro del XVI secolo, all'epoca di Tiberio Fiorili, detto Scaramuc- cia e di Domenico Biancolelli, Arlecchino, Insomma: sarebbe a Pari- ai. Abbiamo constatato, invece, che basta un fare attenzione ai dettagli, per vedere che non ci fu uniformita, non ci fu continuita di stile e di scuola, non evoluzione, ma salti. C’era Scaramuccia, comico ¢ atrabiliare; |'Arlecchino danzante, béte e appassionato di Biancolelli, Sacchi, Visentini, Bertinazzi; e Ca nlla, soubrette larmoyante. Ma prima del loro teatro, della loro co- médic italienne, ci fu un teatro assai diverso, inventato da alcune compagnie italiane alle fine del XVI secolo, teatro delle attrici pia an- ora che degli attori, di commedie ma anche di tragedie e pastorali, Gella veste suntuosa, del dialogo e delle rime d’amore, della donna- guerriero, della danza della follia fino all’astrazione estrema dell’im- provviso fiorire dell'incarnato. E tutto questo intreeciato con la «poe- sia muscolaren *, la lingua energica degli zanni e dei veechi. Da cid che possiamo capire ad una cosi grande distanza di tempo, fu un tea- tro di un'energia sconcertante ¢ che durd poco. M nostro compito non era ¢ non poteva essere esplorare l’ampia gamma di quei confliti che tennero in vita le diverse e migliori forme di Commedia dell’ Arte. Abbiamo seguito solo alcuni fil, ma il pid a lungo possibile, lasciando che si assottighassero sempre pid, fino al pun- to in cui la traccia svaniva e ci lasciava ai confini dell'immaginazione slegata dai documenti 2 Lespresioe at PL. Dackanre (La Commedia della, Pais, Eton Art Indu sti, 1885, p26) wenocaresre 15 Ma pur svanendo, & un percorso che finisce in nulla, Conduce, 0 sipropone di condurre, alla costruzione di un*immagine mentale, che in fondo é la duratura opera dell’attore. La sua poesia, per esser dav= vero tale, non pud esaurirsi (come troppo spesso ci si compiace i dire) rell’atto scenico, né nello sguardo dello spettatore. Si traspone, inve- ce, nella memoria, il solo ambiente in cui trovi da vivere € mutare Per questo non sbbiamo cercato di accumulate molte immagini, né troppo numerose testimonianze o copia di document, prefetendo un eriterio simile a quello che trova da sé la mente dello spettatore, che delle due o te ore di spettacolo (se é un buon teatro) conserva poi nel ricordo poche figure, ma solide e intrecciate, quasi degli emblemi che la accompagneranno a lungo. Probabilmente, trannelo spettacolo, nulla perduto del teatro delle prime compagnie italiane, quattro secoli fa, se vive ancora l'emblema del veechio col volto corrotto dal tempo ¢il vigoroso corpo greco, ac- canto alla rosa sulla neve,

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