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nazionale

S, SCI
61 o

E 69/8
ROMA

ENCICLOPEDIA
era

MEDICA
ITALIANA
-

Seconda edizione

USES
Edizioni Scientifiche
Firenze
-

ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA

I edizione: Copyright (C) 1950 by Sansoni Edizioni Scientifiche S.p.A. - Firenze


II edizione: Copyright C 1980 by USES Edizioni Scientifiche S.p.A. - Firenze

ISBN 88-03-00111-5

ENCICLOPEDIA
MEDICA
ITALIANA
Volume VIII
IPECACUANA-LWELL

Comitato Scientifico Consultivo


Prof. GIULIO RAFFAELE
Presidente

MASSIMO ALOISI

ANIELLO FERRARA

Direttore dell'Istituto di Patologia generale, Universit di Professore incaricato di Ematologia, Universit Cattolica
Padova

del Sacro Cuore, Roma

ETTORE AMBROSIONI

CESARE GERIN

Professore di Farmacologia clinica, Universit di Bologna Direttore dell'Istituto di Medicina legale e delle Assicura
MICHELE ARSLAN

zioni, Universit di Roma

Direttore f r. della Clinica otorinolaringoiatrica, Universit

GIUSEPPE GIUNCHI

di Padova

Direttore della Clinica medica generale e Terapia medica,

ANTONIO ASCENZI

III Cattedra, Universit di Roma

Direttore del I Istituto di Anatomia e Istologia patologica,

FRANCESCO INGRAO

Universit di Roma

Primario dell'Istituto C. Forlanini, Roma

GIUSEPPE C. BALBONI
PIER LUIGI IPATA

Direttore dell'Istituto di Anatomia umana normale, Univer


Ordinario di Chimica biologica, Universit di Pisa
sit di Firenze
PAOLO LARIZZA
CARISSIMO BIAGINI

Direttore della Clinica medica generale e Terapia medica,


Direttore dell'Istituto di Radiologia, I Cattedra, Universit
Universit di Perugia

di Roma

GUERRINO LENARDUZZI
GIAMBATTISTA BIETTI

gi Direttore della Clinica oculistica, Universit di Roma

Professore f r. di Radiologia, Universit di Padova


GIUSEPPE MONTALENTI

PAOLO BIOCCA

Direttore dell'Istituto di Genetica, Universit di Roma


Direttore della Clinica chirurgica generale e Terapia chirur
gica, I Cattedra, Universit di Roma

PAOLO NAZZARO

MARIO BONI

Direttore della Clinica ortopedica, Universit di Pavia

gi Direttore primario dell'Istituto ospitaliero dermosifilo


patico S. Maria e S. Gallicano, Roma
ADRIANO OSSICINI

ROBERTO G. BURGIO

Direttore della Clinica pediatrica, Universit di Pavia

Ordinario di Psicologia dell'et evolutiva, Universit di


Roma

LUIGI CAPOZZI
VITO PATRONO

Direttore della Clinica odontoiatrica, I Cattedra, Universit


di Roma

Libero docente di Patologia medica, Universit di Roma


VINCENZO RICCI

ADRIANO CASTELLI

Direttore dell'Istituto di Chimica biologica, Universit Cat Professore di Clinica otorinolaringoiatrica, Universit di
tolica del Sacro Cuore, Roma

Padova, sede di Verona


GEO RITA

SERGIO CEROUIGLINI

Direttore dell'Istituto di Fisiologia umana, Universit di Direttore dell'Istituto di Virologia, Universit di Roma
Roma

CARLO ALFONSO ROSSI

Direttore dell'Istituto di Chimica biologica, Universit di


Bologna
gi Direttore della Clinica ostetrica e ginecologica, Univer
GIUSEPPE DELLEPIANE

sit di Torino

LORENZO SARTI

ANGELO DRIGO

Primario chirurgo cardiotoracico, Ospedale Buzzi, Milano

gi Direttore dell'Istituto di Fisica generale, Universit di

UMBERTO SERAFINI

Ferrara

Direttore della Clinica medica generale e Terapia medica,


I Cattedra, Universit di Roma
CORNELIO FAZIO

Direttore della Clinica delle Malattie nervose e mentali,

PIETRO VALDONI

I Cattedra, Universit di Roma

gi professore di Clinica chirurgica, Universit di Roma


V

Direttore
Prof. LUCIANO VELLA

Redazione
Prof. PIETRO D'ARCANGELO

Redattore Capo
Dott. MARIA LUIGIA PENNIELLO

Dott. ITALO ANTONOZZI


Dott. SERGIO BONINI

Prof. TINDARO RENDA

Prof. CARLO CAVALLOTTI

Prof. ARISTIDE SCANO

Prof. CLELIA COLLOTTI

Dott. FABRIZIO TOCCACELI

Prof. CESARE DE SANCTIS

Dott. GUIDO VALESINI

Prof. VINCENZO G. LONGO

Prof. GIUSEPPE VICARI

Prof. GINO MORISI

Dott. ADRIANO ZAFFIRO

MARIA LIZZADRI, Segretaria di Redazione

Consulenti Redazionali
Dott. PAOLO BALLATORE

Prof. GUGLIELMO PASSARO

Prof. DIONISIO BEDETTI

Dott. PAOLA PIVETTI PEZZI

Dott. ARMANDO BINI

Dott. MARCELLA PORRO

Dott. ANTONIO BISCARDI

Prof. ROMOLO PRIORI

Prof. PAOLO CAPRA

Prof. SERGIO ROMANI

Prof. GIUSEPPE CARDINALI

Dott. GIOVAN BATTISTA SERRA

Dott. ANTONIO PANDOLFI

Dott. GIUSEPPE VETRONE


GASTONE PETTENATI

Segreteria
ROSSANA FIZIALETTI

Ufficio Iconografico
Dott. STEFANO VELLA
RENZO MANGINI

ANTONELLA LIBERATI

Grafico

Segretaria

Disegnatori: SERGIO AVENALI; VITTORIO CAROLI;


GABRIELLA DI TRANI; MAURIZIO MORELLINI;
GIOVANNA ROTUNDI; PASQUALE TRUGLIO

Fotografi: UMBERTO FREDDI;


FULVIO SANTUS

Ufficio Revisione
IGEA D'AGNANO; Dott. LAURA MOSCATI; Dott. PIERO ROSSI; GIUSTO VAGLIERI
VI

Collaboratori dell'VIII volume

Norman ACCARDI

Italo ANTONOZZI

Dottore in chimica, esperto presso l'Ente Nazionale Idro


carburi, Roma ITTRIO.

Aiuto Ist. di Neuropsichiatria infantile, Univ. di Roma


IPERGLICINEMIA; IPERTIROSINEMIA.

Massimo AGLIETTA

Adolfo ARCANGELI

Assistente ord. I Cattedra di Patologia speciale medica e

Borsista Ist. di Patologia speciale medica III, Univ. di


Firenze ITTERI FAMILIARI CRONICI ANEMOLITICI; ITTERo.
Mario ARDUINI
Lib. doc., chirurgo-urologo, Roma IPosPADIA ED EPI

Metodologia clinica, Univ. di Torino LEUCEMIE.

f Angelo Mario AGRIFOGLIO


Direttore Ist. di Patologia chirurgica, Univ. di Genova
LABBRA.

SPADIA.

Giorgio AGRIFOGLIO
Direttore Ist. di Chirurgia vascolare, Univ. di Milano

Giacomo AZZALI
Professore ord. e direttore Ist. di Anatomia umana nor

LABBRA; LINGUA.

male, Univ. di Parma LINFATICO SISTEMA; LINFONODI.

Fernando AIUTI

Professore inc. di Malattie infettive; aiuto III Clinica me

f Brenno BABUDIERI
Lib. doc. in Patologia generale e Parassitologia medica,

dica, Univ. di Roma LINFOCITI.

Univ. di Roma LEPTOSPIRA GENERE; LEPTOSPIROSI.

Alfonso ALFIERI

Aldo BACCAREDDA-BOY

Primario medico OO.RR., Roma; lib. doc. in Genetica

Professore emerito di Clinica dermatologica, Univ. di

medica, Univ. di Roma LIPOEDEMA.


Massimo ALOISI

Genova LUCITI; LUPUS vULGARIS.

Direttore Ist. di Patologia generale, Univ. di Padova

Primario ospedaliero, Padova LoGoPEDIA.

ISTOCHIMICA; LIPOFANEROSI; LIPONECROSI.


Ettore AMBROSIONI

Marco BALDUCCI

Professore di farmacologia clinica, Univ. di Bologna

Laurian BALUS

IPOTENSIVE SOSTANZE.
Mostaf AMINI

cano, Roma LENTIGGINE.

Gino BALDAN

Lib. doc. in Virologia, Univ. di Roma LoUPING ILL.


Consulente Ist. dermosifilopatico S. Maria e S. Galli

Specialista in Anatomia e Istologia patologica; assistente

Vincenzo BARBARO

Cspedale S. Giovanni, Roma LEIoMIosARCoMA.

Primo ricercatore Ist. superiore di Sanit, Roma LASER.

Rodolfo AMPRINO

Paola BARSOTTI

Professore ord. di Anatomia umana normale, Univ. di

Ist. di Anatomia e Istologia patologica I, Univ. di Roma

Bari ISTORADIOGRAFIA E MICRORADIOGRAFIA.

- ISTOCHIMICA.

f Mario ANDERSON
Specialista in Malattie nervose e mentali, Roma LATIRI

Frederic C. BARTTER

Professor of Medicine, University of Texas Health


Science Center at San Antonio, Texas; Associate Chief

SMO; LETARGIA.
Antonio ANFOSSI

of Staff for Research, Audie L. Murphy Memorial Vete


rans Hospital, San Antonio, Texas, U.S.A. IPoFosFATA

Aiuto I Clinica chirurgica, Univ. di Genova LINFE


DEMA.

SIA; IPOFOSFATEMIA FAMILIARE.


Lidio BASCHIERI

Alberto ANGELI

Direttore Ist. di Patologia medica II, Univ. di Pisa


Professore inc. di Malattie del Ricambio, aiuto Clinica
medica B, Univ. di Torino IPERGONADISMO E IPOGONADI

IPERTIROIDISMI E IPOTIROIDISMI; LATS.


Francesco BASSETTI

SMO; KLINEFELTER, SINDROME DI.


Francesco ANGELICO

Aiuto Ist. dermosifilopatico S. Maria e S. Gallicano,

Centro per le Malattie dismetaboliche e l'Arteriosclerosi,


Ist. di Terapia medica sistematica, Univ. di Roma LI

Mario BATTEZZATI

PIDI.

DEMA.

Roma LUTZ-MIESCHER, MALATTIA DI.

Direttore I Clinica chirurgica, Univ. di Genova LINFE

VIII

Tullio BAZZI

Carlo CANGIANO

Lib. doc. in Neuropsichiatria, Univ. di Roma; presidente

Clinica medica generale e Terapia medica III, Univ. di

Italian Committee for the Study of Autogenic Training


(I.C.S.A.T.) LOGOTERAPIA.

Roma LATTULOSO.
Aurelio CAPPOZZO

Carlo Alberto BELTRAMI

Professore inc. di Fisica medica, Univ. di Roma LoCo

Aiuto Ist. di Anatomia e Istologia patologica, Univ. di


Ancona LINFADENOPATIA ANGIOIMMUNOBLASTICA.
Gaetano BENEDETTI

Titolare di Igiene mentale e di PSicoterapia, Facolt me


dica, Univ. di Basilea ISTINTI.

MOZIONE.

- Luigi CARENZA
Direttore II Clinica ostetrica e ginecologica, Univ. di
Roma ISTEROSCOPIA.
Carlo CARPI

Marina BENTIVOGLIO

Direttore Ricerche e Sviluppo farmacobiologico, I.S.F.

Borsista Ministero Pubblica Istruzione, Clinica neurolo

Italseber, Trezzano S. Nav., Milano KELLINA.

gica, Univ. cattolica S. Cuore, Roma IPOGLosso

Amilcare CARPI DE RESMINI

NERVO.

Alessandro BERETTA ANGUISSOLA

Dirigente di Ricerca, laboratorio di Farmacologia Ist. su


periore di Sanit, Roma IPNOTICI.

Direttore Clinica Medica, II Cattedra, Univ. di Roma

Emilio CARRARA

IPERTENSIONE ARTERIOSA.

Clinica delle Malattie nervose e mentali, Univ. di Firenze

Jean BERNARD

LEYDEN-WESTPHAL, SINDROME DI.


Carla CARTONI

Professeur d'Hmatologie l'Universit de Paris VII;


membre de l'Acadmie Franaise et de l'Acadmie des
Sciences LINFOCITOSI INFETTIVA ACUTA.
Rino BERTAMINO

Biologa, gi ricercatore Laboratori di Chimica terapeu


tica, Ist. superiore di Sanit, Roma IPNOTICI.
Patrio CASELLI

Assistente ord. Clinica dermatologica, Univ. di Genova

Professore ord. di Patologia generale, Univ. di Napoli

LEBBRA.

IPEREMIA; LISOZIMA.

Tito BERTI

Professore ord. di Farmacologia, Univ. di Padova KA

Giorgio CASTELFRANCHI
Lib. doc. in Chimica organica, Univ. di Milano Iso

NAMICINA.

MERIA.

Amico BIGNAMI
Professor of Neuropathology, Harvard Medical School -

Calogero CASUCCIO
Direttore di Clinica ortopedica, Univ. di Padova LoM

JAKOB-CREUTZFELDT, MALATTIA DI.

BAGGINE E LOMBALGIA; LORDOSI.

Sergio BONINI
Docente Scuola di Specializzazione in Allergologia e
Immunologia clinica, I Clinica medica, Univ. di Roma

Primario I Divisione e direttore Dipartimento dermatolo


gico, Ist. dermopatico Immacolata, Roma LINFoCI

Rino CAVALIERI

LEVAMISOLO.

TOMA BENIGNO DELLA PELLE.

Angelo BRANZI
Ist. di Cardiologia, Univ. di Bologna IPERTENSIONE AR

f Cesare CAVALLERO
Direttore Ist. di Anatomia e Istologia patologica II, Univ.

TERIOSA POLMONARE.

di Roma ISTOPLASMOSI.
Antonio CENTI COLELLA

Massimo Gilberto BUCCI

Direttore inc. di Clinica oculistica, Univ. dell'Aquila


IRIDOCORNEALE ANGOLO.

Professore inc. di Fisica nucleare applicata alla Medicina


(Medicina nucleare), Univ. di Sassari IsoToPI.

Paolo BUFFA

Francesco CERESA

Professore ord. di Patologia generale, Facolt di Medi

Professore ord. di Clinica medica generale e Terapia me

cina, Univ. di Modena LESIONE BIOCHIMICA.

dica, Univ. di Torino IPERGONADISMO E IPOGONADISMO;

Angelo BURLINA
Direttore Centro di Enzimologia clinica; primario Labo
ratorio di Patologia clinica, Istituti Ospitalieri di Verona

Pietro CERUTTI

ISOCITRICODEIDROGENASI;

LATTACIDEMIA;

LEUCINAMINO

KLINEFELTER, SINDROME DI.

Professore ord. di Clinica dermosifilopatica, Univ. di Na


poli LICHENIFICAZIONE; LICHEN RUBER PLANUS; LICHEN

PEPTIDASI; LIPASI.

SCROFULOSORUM; LICHEN SIMPLEX.

Luisa BUSINCO

Antonio CEVESE

Aiuto I Clinica pediatrica, Univ. di Roma LATTE.

Professore inc. stab. di Fisiologia umana, Univ. di Pa

Vito CAGLI

dova, sede di Verona LINFA; LINFATICO SISTEMA.

Dirigente Centro per l'Ipertensione arteriosa e le Nefro


patie, Policlinico Umberto I, Roma IPERTENSIONE

Luigi CHIECO-BIANCHI

NEFROVASCOLARE.

Federico CALIGARIS CAPPIO

Assistente ord. I Cattedra di Patologia speciale medica e


Metodologia clinica, Univ. di Torino LEUCEMIE.
Bruno CALLIERI
Lib. doc. in Clinica delle Malattie nervose e mentali e in

Professore ord. di Oncologia, Facolt di Medicina, Univ.


di Padova LEUCEMIE.
Luciano CIAMPALINI

Lib. doc. in Clinica medica generale ed Endocrinologia;


primario endocrinologo Ospedale S. Eugenio, Roma
LIPoDISTROFIA.
Enrico CIARANFI

Professore di Patologia generale, Univ. di Milano IPER


Psichiatria, Univ. di Roma IPoCoNDRIA; IsoLAMENTO,

TROFIA E IPERPLASIA; IPOTROFIA E IPOPLASIA; ISCHEMIA; LI

PSICOSI DA.
TIASI.

Domenico CALUORI

Elio CIARPELLA

Specialista in Anatomia e Istologia patologica, Roma

Lib. doc. e specialista in Chirurgia plastica; primario Di

LEIOMIOMA; LINFOMA BENIGNO DI CASTLEMAN.

visione di Chirurgia plastica e Centro Ustionati, Ospedale

Giovanni A. CANAPERIA

S. Eugenio, Roma LABBRo LEPoRINO; LIPoDISTROFIA.

Lib. doc. in Igiene, Univ. di Roma LEGISLAZIONE E oR

Giancarlo CIARPELLA
Roma LIPODISTROFIA.

DINAMENTO SANITARI.

VIII

Carlandrea CICCONETTI

S. Maria di Collemaggio, L'Aquila LEsCH-NYHAN,

Lib. doc. in Istologia ed Embriologia generale; aiuto pri

SINDROME DI; LEUCODISTROFIE; LowE, SINDROME OCULOCE

mario CO. RR., Roma LOMBoSACRALE PLEsso.

REBRORENALE DI.

Giulio Alberto CINOTTI

Ermete DE LONGIS

Direttore inc. IV Semeiotica medica, Univ. di Roma

Specialista in chirurgia plastica, Roma LABBRO LEPORINO.

IUXTAGLOMERULARE APPARATO.

Anna DE MATTEIS

Elisa CIRLA

Assistente ord. anatomo-patologo, Univ. di Roma

Primario di Laboratorio, Ist. Ortopedico Gaetano Pini,

IPOSTASI.

Milano IPERURICEMIA.

Alejandro F. DE NICOLA
Investigador Principal, Consejo Nacional de Investigacio
nes Cientficas y Tcnicas, Instituto de Biologa y Medi
cina Experimental, Buenos Aires, Argentina IPoFISI.

Giorgio COGLIATI DEZZA


Primario psichiatra Servizi di Salute Mentale, Roma
LITTLE, MORBO DI.
Clelia COLLOTTI

Cesare DE SANCTIS

Dirigente di Ricerca, Ist. superiore di Sanit, Roma

Primario chirurgo inc. Ospedale S. Spirito in Sassia,

LACTOBACILLUS GENERE.

Roma LINFATICO SISTEMA.


Claudio DE SIMONE

f Fabio COLUMELLA
Primario Divisione di Neurochirurgia I, Ospedale Mag
giore, Bologna LACERAZIONE CEREBRALE.
Pier Franco CONTE

Clinica delle Malattie tropicali e infettive, Univ. di Roma


IPERCOMPLEMENTEMIE E IPOCOMPLEMENTEMIE; ISOPRINOSINA.

LATTATODEIDROGENASI.

Giuseppe DI CHIARA
Dr. med., membro ordinario Societ psicoanalitica ita
liana; didatta Ist. milanese di Psicoanalisi, Milano LI

Augusto CORRADETTI
Gi direttore Laboratori di Parassitologia, Ist. superiore

Tommaso DI GIULIO

Oncologo e immunologo, Ist. di Oncologia, Torino

di Sanit, Roma LEISHMANIOSI.


Massimo CREPET

Professore ord. di Medicina del Lavoro, Facolt di Medi

cina e Chirurgia, Univ. di Padova LAvoRo, IGIENE E ME


DICINA DEL.

Giuliano D'AGNOLO

BIDO.

Lib. doc. in Anatomia e Istologia patologica, Univ. di


Roma; primario anatomopatologo; primario oncologo
OO. RR., Roma LINDAU, MALATTIA DI.
Giorgio DI PIERO
Primario pediatra; direttore Centro RH, Ospedale pro
vinciale generale, Velletri LACTARIUM.

Dirigente di Ricerca, Ist. superiore di Sanit, Roma LI

Andrea DOTTI

PIDI.

Aiuto I Clinica psichiatrica, Univ. di Roma LITIo.

Bruno DALLAPICCOLA

f Angelo DRIGO

Cattedra di Genetica medica, Univ. di Roma ISTIOCI

Ordinario di Fisica generale e sperimentale, Univ. di

TOSI X.

Ferrara LIQUIDO STATO.

Enzo DAL ZOTTO

Paolo DURAND

Gi assistente Ist. di Anatomia umana normale, Univ. di

Primario pediatra III Divisione e direttore Laboratori di

Padova LARINGE.

Ricerca Malattie metaboliche, Ist. Giannina Gaslini,

Hugh DAVSON
Honorary Research Fellow, King's College, London

Genova LEUCODISTROFIA METACROMATICA.


Gian Franco FENZI

LIQUOR.

Aiuto Ist. di Metodologia clinica e Medicina del Lavoro,

Bruno DE BERNARDI

Univ. di Pisa LATS.

Assistente Divisione IV Pediatria (Ematologia e Oncolo


gia pediatrica), Ist. Giannina Gaslini, Genova LEU

Eugenio FERRARI
Direttore I Clinica neurologica, Univ. di Bari IPERCINE

CEMIE.

SIA E IPOCINESIA.

Franco DE BERNARDIS

f Beniamino FISCHETTI
Ordinario di Farmacologia, Univ. cattolica S. Cuore,

Gi assistente Clinica chirurgica, Univ. di Padova LE


GATURA.

Roma ISOPROTERENOLO.

Ettore DEBIASI

Aligi FIUMICELLI
Direttore II Cattedra di Radiologia, Univ. di Perugia

Professore emerito di Clinica ostetrica e ginecologica,


Univ. di Genova LEUCORREA.
Raffaele DE BLASI

LINFANGIOGRAFIA.

f Luois DE BROGLIE

Virgilio G. FOGLIA
Director del Instituto de Biologa y Medicina Experi
mental, Buenos Aires, Argentina IPOFISI.
Luigi FONTANA

Premio Nobel; Scretaire perptuel de l'Acadmie des

Aiuto Clinica medica IV, Univ. di Roma IPERCOMPLE

Sciences, Paris LUCE.

MENTEMIE E IPOCOMPLEMENTEMIE.

Luciano DE CAMILLIS

Geukes Fredrik FOPPEN

Direttore Ist. di Igiene, Univ. di Messina IsoLAMENTo;


LIQUAME DI FOGNA.

Gi aiuto dirigente Servizi di Radiologia, Ist. di Clinica

Lib. doc. in Biochimica applicata, Roma IsoPRENE.

ostetrica e ginecologica, Univ. di Roma; insegnante di

Giuseppe FRANCESCONI

Diagnostica Roentgen- e Radioterapia in Ostetricia e

Lib. doc. in Clinica delle Malattie nervose e mentali,

Ginecologia, presso I Scuola di Specializzazione in

Univ. di Roma; primario Servizi psichiatrici della Provin

Ostetricia e Ginecologia, Univ. di Roma ISTERosALPIN


GOGRAFIA.

cia di Roma IPERTENSIONE ENDOCRANICA.


Remo FUMAGALLI

Antonio DE FLORA

Aiuto di Farmacologia, Facolt di Medicina e Chirurgia,

Professore ord. di Chimica biologica, Facolt di Medicina

Univ. di Milano IPOCOLESTEROLEMICI FARMACI.


Elena GAGLIASSO

e Chirurgia, Univ. di Genova LATToso.


Manlio DE LELLIS

Ospedale

provinciale

specializzato

neuropsichiatrico

Ricercatore Cattedra di Filosofia delle Scienze, Facolt di


Filosofia, Univ. di Roma ISTINTI.
IX

Guido GAINOTTI

Professore inc. di Psicologia sperimentale, Facolt di Me


dicina e Chirurgia, Univ. cattolica S. Cuore, Roma

Costantito IANDOLO

Docente di Patologia medica, Univ. di Roma IPoTEN

LINGUAGGIO.

SIONE ARTERIOSA; LIPOTIMIA.


Antonio IMBESI

Pietro GALLO

Professore ord. di Farmacologia e Farmacognosia, Univ.

Assistente ord. I Cattedra di Anatomia e Istologia pato


logica, Univ. di Roma IPERPIREssIA FULMINANTE.

di Messina LIMONE.
Frank H. JOHNSON

Francesco GASPARINI

Ph. D., Professor of Biology, University of Princeton,

Gi aiuto Ist. di Anatomia umana normale, Univ. di Pa

U.S.A. LUMINESCENZA.
Eccleston A. KEAN

dova LABBRA.
Rosanna GATTI

Lib. doc. in Clinica pediatrica, Univ. di Genova

B.A.M. Sc., Ph. D., Reader in Biochemistry, University


of the West Indies, Kingston, Jamaica IPoGLICINA.

KRABBE, MALATTIA DI.


Paolo GENTILINI

Heinrich KOCH

Professore ord. di Patologia speciale medica, Univ. di

und Jugendpsychiatrie-Psychotherapie, Marburg IPNosI.


f Heinrich KRANZ
Gi Direktor, Neuro-Psychiatrische Klinik der Johannes
Gutenberg-Universitt Mainz ISTERISMo.

Firenze ITTERI FAMILIARI CRONICI ANEMOLITICI; ITTERO.


Michele GERBASI

Professore emerito di Clinica pediatrica, Univ. di Pa


lermo KWASHIORKOR.
Cesare GERIN

Leitender Medizinaldirektor i. R., Facharzt fr Kinder

Giacomo LAFFI

Borsista CN.R. presso Ist. di Patologia speciale medica

Direttore Ist. di Medicina legale e delle Assicurazioni,

2 r., Univ. di Firenze ITTERI FAMILIARI CRONICI ANEMOLI

Univ. di Roma LEGALE MEDICINA.

TICI; ITTERO.
Giancarlo LANCINI

Giorgio GHERARDI
Assistente Servizio di Anatomia e Istologia patologica,
Ente ospedaliero generale provinciale, Sondrio ISTo

Professore inc. di Chimica delle Fermentazioni e Micro

CHIMICA.

CLINDAMICINA.

Giorgio GHERLINZONI
Lib. doc. in Clinica ortopedica, Univ. di Bologna LUs

Antonio LANZARA

SAZIONI E SUBLUSSAZIONI.

Franco GHISELLINI

Lib. doc. in Clinica ortopedica, Univ. di Pavia; primario


ortopedico traumatologo, Ospedale Maggiore, Novara

biologia industriale, Univ. di Pavia LINCOMICINA E

Direttore Ist. di Clinica chirurgica generale e Terapia


chirurgica, I Facolt di Medicina e Chirurgia, Univ. di
Napoli IPERTENSIONE PORTALE.
Christian E. LATERRE

LEONTIASI OSSEA; LUSSAZIONI E SUBLUSSAZIONI.

Professeur ordinaire l'Universit Catholique de Lou


vain; chef du Service de Neurologie des Cliniques Uni

Bernardino GIACALONE

versitaires Saint-Luc, Bruxelles LIQUOR.

Dermatologo Ist. dermosifilopatico S. Maria e S. Galli

Gianfranco LENTI

cano, Roma LINFOGRANULOMATOSI INGUINALE sUB

Direttore Clinica medica generale A, Univ. di Torino

ACUTA.

IPERINSULINISMO E IPOINSULINISMO,

Carlo GIANFELICE

Assistente Centro di Igiene mentale, L'Aquila LEsCH

f Italo LEVI LUXARDO


Lib. doc. in Clinica dermosifilopatica, Univ. di Roma

NYHAN, SINDROME DI; LOWE, SINDROME OCULOCEREBRORE

LEUCOPLASIE.

NALE DI.

Alexandra M. LEVINE

Adriano GIANNOTTI
Psicoanalista LUTTO.
Ferdinando GIANOTTI

M. D., Assistant Professor of Medicine, University of


Southern California School of Medicine, Los Angeles,

Professore ord. di Dermatologia pediatrica, Univ. di


Milano ITTIOSI; LEINER, ERITRODERMIA DI; LICHEN

California LINFOMI.
Alberto LOIZZO

STRIATUS,

Ricercatore Laboratori di Chimica terapeutica, Ist. supe


riore di Sanit, Roma IRUDINA; LATTUCARIO.

Claudio GIOVANNINI

Tomaso LOMONACO

Aiuto I Cattedra di Patologia speciale medica e Meto


dologia clinica, Univ. di Roma IPERGLICEMIzzANTI FAR

Direttore Scuola di Specializzazione in Medicina aero


nautica e spaziale, Univ. di Roma; generale medico in
c. a. gi Capo Servizio sanitario dell'Aeronautica

MACI.

f Michele GIUA
Professore di Chimica organica industriale, Univ. di To

IPOSSIA E IPOSSIEMIA.

Vincenzo G. LONGO

rino LEGGI CHIMICHE.

Direttore Laboratorio di Farmacologia, Ist. superiore di

George W. GORHAM
M. D., gi Instructor in the Department of Medicine,

Sanit, Roma LISERGICO ACIDO E DERIVATI.

Cornell Medical College, New York Hospital, New York


- KARTAGENER, TRIADE DI.

Martino GRANDOLFO

Dirigente di Ricerca, Ist. superiore di Sanit, Roma

Biagio LOSCALZO
Professore ord. di Farmacologia, I Facolt di Medicina e
Chirurgia, Univ. di Napoli LECITINE.
f Tommaso LUCHERINI
Direttore Ist. di Reumatologia, Univ. di Roma ISPE
ZIONE.

LAVORO.

Robert J. LUKES
M. Caterina GRASSI

Docente di Tossicologia, Scuola di Specializzazione in

M. D., Professor of Pathology, University of Southern


California School of Medicine, Los Angeles, California

Tossicologia medica, Univ. di Roma IPODERMoCLISI.

LINFOMI.

Antonio GRIGNOLO

Gi direttore Clinica Oculistica, Univ. di Genova LA

Giorgio MACCHI
Direttore Clinica neurologica, Univ. cattolica S. Cuore,

CRIMALE APPARATO.

Roma IPOGLOSSO NERvo.

Luigi MACCHIARELLI
Incaricato Insegnamento di Medicina legale e delle Assi

di Torino; socio nazionale Accademia dei Lincei ISTO

curazioni, Univ. di Roma LESIONI PERSONALI.

Eugenio E. MULLER
Professore ord. di Farmacologia; direttore Cattedra

Giorgio MAGGIONI

LOGIA PATOLOGICA; LINFONODI.

Titolare II Cattedra di Puericultura, Univ. di Roma

di Saggi e Dosaggi farmacologici, Univ. di Cagliari

JAKSCH-HAYEM-LUZET, MALATTIA DI; LATTANTE; LINFATISMO.


Tomaso MAGGIORA VERGANO

IPOTALAMICI FATTORI.

Lib. doc. in Clinica ostetrica e ginecologica, Univ. di

Direttore Ist. anatomico, Univ. di Ferrara IPOFISI.

Roma KRISTELLER, SPREMITURA ALLA.

Luigi MUSAJO

Corrado MANNI
Professore ord. di Anestesiologia e Rianimazione, Univ.

Direttore Ist. di Chimica farmaceutica, Univ. di Padova

cattolica S. Cuore, Roma IPERBARICA TERAPIA.

Nicolas B. MYANT

Alberto MARCIALIS

D. M., B. Sc., F.R.C.P., Director Medical Research

Professore ord. di Chirurgia vascolare, I Facolt di Medicina


e Chirurgia, Univ. di Napoli IPERTENSIONE PORTALE.

London IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE; LI

f Giulio MURATORI

LOBELINA.

Council Lipid Metabolism Unit, Hammersmith Hospital,

Rodolfo MARGARIA

POPROTEINE.

Professore emerito di Fisiologia umana, Univ. di Milano;

Umberto NAIM

accademico dei Lincei LAvORO MUSCOLARE.

Specialista in Endocrinologia e Malattie metaboliche,

f Giuseppe MARIANI
Direttore Clinica dermatologica, Univ. di Genova LU

Antonino NATOLI

Roma LAURENCE-MOON-BARDET-BIEDL, SINDROME DI.

Lib. doc. in Endocrinologia e Medicina costituzionale;


aiuto I Clinica medica, Univ. di Roma IPERFOLLICOLINI

PUS VULGARIS.

Gianmario MARIUZZI

Professore ord. di Anatomia patologica, Facolt di Medi


cina e Chirurgia, Univ. di Ancona LINFADENOPATIA AN

SMO; IPERPITUITARISMO E IPOPITUITARISMO; IPERSURRENALI

GIOIMMUNOBLASTICA.

Giorgio NAVA
Primario medico; direttore Servizio di Endoscopia dige
stiva Ospedale S. Eugenio, Roma IPERCLoRIDRIA E

Tommaso MARULLO

Direttore I Clinica otorinolaringoiatrica, Univ. di Roma

SMO E IPOSURRENALISMO.

- LARINGOSPASMO.

IPOCLORIDRIA.

Cesare MASALA

Giuseppe NISTIC

Aiuto IV Clinica medica, Univ. di Roma; incaricato di

Direttore Ist. di Farmacologia, Facolt medica, Univ. di

Clinica delle Malattie tropicali e infettive, Univ. di Fi

Messina IPOTALAMICI FATTORI; ISTAMINA.

renze LUPUS ERITEMATOSO DISCOIDE; LUPUS ERITEMATOSO

Mario NISTRI

SISTEMICO.

Clinica delle Malattie nervose e mentali, Univ. di Roma

Luisa MASSIMO

JACOD, SINDROME DI.


Mario NUTI

Primario V Divisione di Pediatria (Ematologia e Oncolo


gia pediatrica), Ist. Giannina Gaslini, Genova-Quarto;
presidente Associazione italiana di Ematologia e Immu
noematologia pediatrica LEUCEMIE.
Renato MASSINI

Aiuto Clinica delle Malattie tropicali e infettive, Univ. di


Roma KURU; LEGIONARI, MALATTIA DEI.
Dario OLIVIERI

Marino MASSOTTI

Aiuto ord. Clinica Tisiologica e delle Malattie dell'Ap


parato respiratorio, II Facolt di Medicina e Chirurgia,
Univ. di Napoli LFFLER, SINDROME DI.

Medico chirurgo; ricercatore Ist. superiore di Sanit,

Corrado OLIVIERI-SANGIACOMO

Roma LORAZEPAM.

Direttore Ist. di Biologia generale,

Francesco MATRONOLA

S. Cuore, Roma IPOFISI.

Aiuto medico Ospedale S. Spirito, Roma IPOTERMIA.

Univ.

cattolica

Primario chirurgo Spedali Riuniti, Livorno LAPAROCELE;

Emanuela ORTOLANI

LINFANGITE E LINFADENITE; LINITE PLASTICA.


Carlo MAURI

Medico chirurgo, Roma IPECACUANA.


Gaetano OTTAVIANI

Direttore Clinica medica generale, Univ. di Modena

Direttore Ist. di Anatomia umana normale, Univ. di


Roma LINFATICO SISTEMA; LINFONODI.

LEUCEMIE.

John G. MERSELIS

Guido PALLADINI

M. D., gi Residentin Medicine at the New York Hospital


and Instructor in Medicine atthe Cornell University Me

Professore inc. stab. di Biologia e Zoologia generale, Fa

dical College, New York KARTAGENER, TRIADE DI.

SOSOMALI MALATTIE.

Mario MIDULLA

Emiliano PANCONESI

colt di Medicina, Univ. di Roma LEUCODISTROFIE; LI

Professore di Clinica pediatrica, Univ. di Roma KLIP

Direttore Clinica dermatologica, Univ. di Firenze

PEL-FEIL, SINDROME DI.

LYELL, SINDROME DI.

Quintino MINGOIA

Guglielmo PANDOLFO
Assistente ord. Facolt di Medicina e Chirurgia, Univ. di

Gi professore di Chimica farmaceutica, Univ. di San


RASO.

Torino IPERTENSIONE ARTERIOSA.


Ennio PANNESE

Mario MONACELLI

Direttore Ist. di Istologia, Embriologia e Neurocitologia,

Professore ord. Clinica Dermosifilopatica,Univ. di Roma

Univ. di Milano ISTOLOGIA.


Vincenzo PANTANO

Paolo, Brasile ITTIoLo; LANoLINA; LAssATIVI; LAURoCE

- LEISHMANIOSI.

Andrea MONTAGNANI

Specialista in Chirurgia plastica, assistente di Chirurgia

Direttore Clinica dermatologica, Univ. di Bologna KA

plastica Ospedale S. Eugenio, Roma LIPODISTROFIA.

POSI, MALATTIA DI.

Pina PAOLELLA

Giacomo MOTTURA

Professore ord. di Anatomia e Istologia patologica, Univ.

Assistente ord. I Clinica delle Malattie nervose e mentali,


Univ. di Roma IPOTENSIONE LIQUORALE, SINDROME DA.
XI

Leonello PAOLONI

Vincenzo RICCI

Professore ord. di Chimica teorica, Facolt di Scienze,

Direttore II Clinica otorinolaringoiatrica, Univ. di Pa


dova, sede di Verona LARINGE; LARINGITI; LARINGosco

Univ. di Palermo LEGAME A IDROGENO.

Domenico PARISI

Ricercatore, lst. di Psicologia, Consiglio Nazionale delle

PIA; LOGATOMI.
Alfredo RIVARA

Ricerche, Roma LINGUAGGIO.

Lib. doc. in Clinica oculistica e in Ottica fisiopatologica;

John W. PARKER

primario oculista Ospedale Celesia, Genova LAGoF

M. D., Professor of Pathology, University of Southern


California School of Medicine, Los Angeles, California

TALMO.

LINFOMI.

Membre de l'Acadmie des Sciences et de l'Acadmie

Eugenio PAROLI
Direttore Ist. di Farmacologia medica, Univ. di Roma

Nationale de Mdecine; professeur honoraire au Collge

IPODERMOCLISI.

ISOENZIMI; ISOMERASI; LIASI; LIGASI.


Vasco RONCHI

Daniele PARVIS

Professore f. r. di Igiene, Univ. di Pisa LATTE.


Guglielmo PASSARO
Lib. doc. in Clinica pediatrica e Puericultura, Univ. di

Jean ROCHE

de France; recteur honoraire de l'Universit de Paris

gi direttore generale Ist. nazionale di Ottica di Arcetri,


Firenze LENTI E OCCHIALI.
Cesare ROSSONI

Roma IPOGALATTIA.
Vito PATRONO

LATTE.

Endocrinologo, lib. doc. in Patologia medica, Univ. di

Giuseppe ROTILIO

Roma IPERPARATIROIDISMO E IPOPARATIROIDISMO; KINE

Ordinario di Chimicabiologica, Facolt di Scienze matema

Primario pediatra, Ospedale del Bambino Ges, Roma

KARD.

tiche, fisiche e naturali, Univ. di Roma LATTICo ACIDo.

Carlo PELOSIO

Filippo RUGGIERI
Medico-chirurgo, Roma LATTICI FERMENTI.

Lib. doc. in Patologia speciale medica; primario medico

OO. RR., Roma LAURENCE-MooN-BARDET-BIEDL, sIN

Salvatore RUSSO-CAIA

DROME DI.

Professore ord. di Istologia ed Embriologia, Facolt di

Maria Luigia PENNIELLO


Assistente inc. Ospedale S. Spirito in Sassia, Roma

LISOSOMI.

LASER; LAVAGGIO; LAVANDA GASTRICA.


Mariella PEVERINI STELLA

Primario anatomo-patologo idoneo; aiuto anatomo pato


logo OO. RR., Roma; specialista in oncologia LINFEPI
TELIOMA; LIPOMA.

Marcello PICCIONI

Scienze matematiche, fisiche e naturali, Univ. di Roma

Giuseppe SACCA
Lib. doc. in Parassitologia medica, Univ. di Roma; gi
primo ricercatore, Ist. superiore di Sanit, Roma LUCI
LIA GENERE.

Ugo SALERA
Cattedra di Ematologia, Univ. di Ancona IPERSPLE

Lib. doc. in Scienza dell'alimentazione, Univ. di Bologna

NISMO,

LIEVITO DI BIRRA; LUPPOLO.

Francesco SALVATORE

Aldo PINCHERA

Direttore Ist. di Chimica biologica, II Facolt di Medi


cina e chirurgia, Univ. di Napoli; titolare I Cattedra di
Chimica biologica, Univ. di Napoli IsoLEUCINA E LEU

Professore inc. di Patologia speciale medica e Metodolo


gia clinica, Univ. di Pisa IPERTIROIDISMI E IPoTIROIDISMI;
LATS.

Oreste PINOTTI

Direttore Ist. di Fisiologia umana, Univ. di Torino


LINFA; LINFATICO SISTEMA.
Paola PIVETTI PEZZI

CINA; ISTIDINA; LISINA.


Emanuele SALVIDIO

Ordinario di Ematologia, direttore Cattedra di Ematolo


gia, Univ. di Genova LEUCoCITOSI E LEUCOPENIA; LINFO
CITOSI.

Aiuto ord. II Clinica oculistica, Univ. di Roma IRITE E

Aristide SCANO

IRIDOCICLITE; LEBER, MALATTIA DI.

Docente di fisiologia umana presso l'ISEF statale di


Roma; vicedirettore Scuola di Specializzazione in Medi
cina aeronautica e spaziale, Univ. di Roma IPERCAPNIA;

Giuseppe PORCELLATI
Professore ord. di Chimica biologica, Facolt di Medicina
e Chirurgia, Univ. di Perugia LECITINE; LIPASI; LIPEMIA;
LIPOTROPI FATTORI.

Giorgio POZZO
Primario dermatologo e professore inc. di Clinica der
mosifilopatica, Facolt di Medicina, Brescia IPERIDRosi;

IPEROSSIA; IPOCAPNIA; KRYPTON; LOCOMOZIONE.


Umberto SCAPAGNINI

Direttore Ist. di Farmacologia, Facolt di Medicina e


Chirurgia, Univ. di Catania IPoTALAMICI FATTORI.
Raffaele SCAPINELLI

IPERTRICOSI; LINFANGETTASIE; LIVEDO.

Direttore inc. Clinica ortopedica e traumatologica, Univ.

Vittoria PRETO PARVIS

di Chieti LOMBAGGINE E LOMBALGIA; LORDOSI.

Direttore Ist. di Istologia ed embriologia generale, Univ.

J. P. SCHAD

di Milano LACRIMALE APPARATO.

Marcello QUINTILIANI

Netherlands Central Institute for Brain Research, Am


sterdam IPOTALAMO; LIMBICO SISTEMA.

Direttore di Ricerca, C. N. R., Roma ISOTOPI.

Grard SCHIAISON

Luciano RAUSA

Professeur agrg d'Hmatologie l'Universit de Paris

Straordinario di Farmacologia, Univ. di Palermo IPRo

VII LINFOCITOSI INFETTIVA ACUTA.

NIAZIDE; ISONIAZIDE.

Giuseppe RAVALICO

Eugenio SCHWARZ-TIENE
Professore f. r. di Clinica pediatrica, Univ. di Milano

Aiuto Clinica oculistica, Univ. di Trieste IPERMETROPIA.

ISTIDINEMIA.

Giorgio REALI
Primario Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale,
Ente ospedaliero Ospedale Galliera, Genova ISTo

Antonio SEBASTIANI

COMPATIBILIT.

CULAZIONE,

XIII

Direttore Ist. di Clinica delle Malattie tropicali e infet


tive, Univ. di Roma LINFORETICULOSI BENIGNA DA INO

Umberto SERAFINI

Professore ord. di Clinica medica generale e Terapia me


dica, I Cattedra Univ. di Roma IPERSENSIBILIT.

Clive R. TAYLOR

M. B., B. chir., D. Phil., Associate Professor of Patho

Giuseppe SERMONTI

logy, University of Southern California, School of Medi


cine, Los Angeles, California LINFOMI.

Professore ord. di Genetica, Univ. di Perugia LIEVITI.

Tommaso TECCE.

Piero SERRA

Primario di Laboratorio, Ente ospedaliero Monteverde,

Direttore inc. di Semeiotica medica, Univ. di Roma

Roma LIPEMIA.
Gianfranco TIECCO

L-FORME.

Vittorio SILANO

Direttore Ist. di Ispezione degli Alimenti, Facolt di Me

Lib. doc. in Biochimica applicata; Dirigente di Ricerca,


Ist. superiore di Sanit, Roma LANTANIDI; LIOFILIzzA

dicina veterinaria, Univ. di Bari LISTERIOSI.


Fabrizio TOCCACELI

ZIONE.

I Clinica medica, Univ. di Roma LEVAMISOLO.

Christian Y. M. SINDIC

Paolo TOLENTINO

Aspirant Fonds National de la Recherche Scientifique

Professore ord. di Clinica delle Malattie infettive, Univ.

(FNRS), Bruxelles LIQUoR.

di Genova IPERVITAMINOSI.

Amelia SOLCIA TARTARA


Lib. doc. in Clinica delle Malattie nervose e mentali;

Egidio TOSATTI
Professore ord. di Clinica chirurgica, Univ. di Genova

aiuto ospedaliero di Neurologia, Clinica neuropatologica,

IPERIDROSI.

Univ. di Pavia LEUCOENCEFALITI.


Franco SORICE

Giuseppe TRIDENTE
Professore ord. di Immunopatologia, Univ. di Padova,

Direttore Ist. di Malattie infettive, Univ. di Roma ISO

sede di Verona LINFATICO TESSUTO.


Fabio TRONCHETTI

PRINOSINA; LEISHMANIOSI.

Aldo SOVENA

Gi direttore I Clinica medica, Univ. di Pisa IPOFISI;

Lib. doc. in Patologia chirurgica, Univ. di Roma; prima


rio chirurgo OO. RR., Roma LAPARoToMIA.
Pasquale SPINELLI
Direttore Servizio di Endoscopia, Ist. nazionale per lo

IPOTALAMO.

Studio e la Cura dei Tumori, Milano LAPAROSCOPIA;


LASER.

Giannantonio STEGAGNO

Aiuto Clinica pediatrica, Univ. di Roma LINFONODI; LI

Luigi VALENZANO
Aiuto Ist. dermosifilopatico ospedaliero S. Maria e
S. Gallicano, Roma LEUCEMIDI.

f Nino VALOBRA
Lib. doc. in Patologia medica e Patologia nervosa, Univ.
di Torino LOMBOSACRALE PLESSO.
Luciano VELLA

PIDOSI.

Lib. doc. in Microbiologia, Univ. di Roma 3-LATTAMICI

Emilia STELLA

ANTIBIOTICI.

Professore inc. di Idrobiologia, Univ. di Roma IxoDEs

Stefano VELLA

GENERE,

III Clinica medica, Univ. di Roma KAWASAKI, MALATTIA

Giovanni STIRATI

DI; 3-LATTAMICI ANTIBIOTICI.

Aiuto II Clinica medica, Univ. di Roma IPERIDRATA

Maffo VIALLI

ZIONE.

Professore emerito di Anatomia comparata, Univ. di

Antonio STRANO

Felix Gad SULMAN

Pavia ISTOCHIMICA; ISTOFISICA.


Romeo VIRGILI
Lib. doc. in Clinica delle Malattie nervose e mentali,
Univ. di Roma IPERESTESIA E IPOESTESIA; IPERTENSIONE

M. D., D. V. M., Head of Bioclimatology Unit, Hadas


sah-University Medical School, Jerusalem, Israel LAT

Adriano ZAFFIRO

TAZIONE.

Aiuto f. f. Ente ospedaliero regionale Trionfale-Cassia,

Ferdinando TADDEI

Roma LEUCEMOIDI REAZIONI.

Direttore Ist. di Clinica medica generale e Terapia me


dica I, Univ. di Palermo IPERTENSIONE vENOSA.

ENDOCRANICA; LANDRY, PARALISI ASCENDENTE DI.

Professore ord. di Chimica organica superiore, Univ. di

f Raffaele ZANOLI

Modena LEGAMI CHIMICI.


Pietro TAGARIELLO

Direttore Clinica ortopedica, Univ. di Bologna Loco

Direttore Clinica chirurgica generale e Terapia chirur

Carlo ZANUSSI

gica, Univ. di Bologna LEGATURA.


Guido TAMBURRANO
Assistente ord. Cattedra di Medicina costituzionale ed

MOTORE APPARATO,

Professore ord. Clinica medica IV, Univ. di Milano


IPERSENSIBILIT.
Ezio ZILLI

Primario medico Ospedale S. Giovanni, Roma IPER


Endocrinologia, Univ. di Roma IPoGLICEMIzzANTI FAR

TIMISMO E IPOTIMISMO,

MACI.

Primario Laboratorio Ospedale G. Casati, Passirana di

Giuseppe ZORZOLI
Lib. doc. in Chirurgia toracica e Chirurgia generale; pri
mario chirurgo Ospedale C. Forlanini, Roma IACo

Rho, Milano IPPURICO ACIDo.

BAEUS, INTERVENTO DI.

Mario TARANTINO

XIII

Abbreviazioni e simboli
ampre

FMIN

ngstrm
accelerazione

FSHI

ADHI
ADP
AMP
APD

(o LAP)
atnn
ATP
bar

atmosfera
adenosintrifosfato

millimetro quadrato

tomografia assiale

ITSCC

millisecondo

MSHI

ormoni melanotropi

mp.

millimicron

computerizzata
sinonimo
sul livello del mare
temperatura termodi

ormone

follicolosti

(o nm)
accelerazione di gra p (o um) micron
vit
microbar
ubar
GGT
y-glutammiltransfe (= dyn/
(o yGT) T3SI
cm)
microcurie
uCi
GLDH glutammicodeidroge
microgrammo
g
nasi
microlitro
ul
N
g./min
giri al minuto
normale (soluzione)
GOT
transaminasi glutam 0,1 N
decinormale

g
g

grammo

mico-ossalacetica

In

transaminasi glutam
mico-piruvica

Na;
Cat;

grado Celsius

gtt

gOCCe

PO

zazione

concentrazione
circa
caloria
candela

G (W, P) peso
glicoso-6-fosfatode
-PDHI
idrogenasi

Il.a.

fotone

NADP

y, a
h
Hb

OTa

N.R.

numero atomico
nicotinamide-adenin
dinucleotide
nicotinamide-adenin
dinucleotide fosfato
nome registrato

centimetro quadrato

emoglobina

v, f

HBsAg

antigene di superficie

OrtO

del virus dell'epatite

poise

pascal

gonadotropina corio

protone

nica umana

pressione

centinmetro cubo

creatinfosfato

NAD

HCG

tensione superficiale

creatinfosfochinasi

ciclo per secondo


HIGHI
ormone somatotropo
destro (riferito alla
(o
STH)
configurazione ste Hz
hertz
densit relativa

dose letale
DL

o (--)

I
ICSHI

dg

decigrammo

dl
dm
DML
DNA

decilitro
decimetro

dyn

dose minima letale


acido desossiribonu
cleico
dine
elettrone
viscosit

forza ionica

D, E,

relative classi

infrarosso

(o PK)

joule
grado Kelvin

p.m.

chilogrammo
chilogrammetro

km
L-

chilometro
levo riferito alla con

lattatodeidrogenasi

LHI
lm

ormone luteinizzante

luogo citato (riferi


mento bibliografico)
lipotropine

erg
et alii

Inn

cCCetera

pm2
m3
mbar
mCi

metro quadrato

mEq

milliequivalente
megaelettronvolt
milligrammo
minuto primo

FEEG

XIV

peso molecolare
peso/peso (per espri

parti per milione


prolattina
peso specifico

centi

(10-)

In

milli

(10-s)
(10-)
(10-)
(10-1)
(10)

micro

In

IlaIO

p
h
k
MI
G
T

pico
etto
chilo
mega

(10)

(10)
(10)
(101)

giga
tera

Simboli matematici

circa uguale
differente

p/v

r-

MeV
nng
min
ml

peso/volume (per
esprimere la concen

e =

infinito

==, 7
2718
CO

luzione)

logaritmo decimale log x

pressione osmotica
quantit di calore

logaritmo naturale ln x

di x

lumen

roentgen
densit

lunghezza d'onda
molare
pmetro

meta
metro cubo
millibar
millicurie

fetale

InnIT

elettroencefalogram

mmHg

millimetro di mer

ma fetale

(o torr)

curio

di x

carica elettrica

lux

millilitro
millimetro

elettrocardiogramma

volume/volume (per
esprimere la concen

trazione di una so

erg

fruttoso difosfato

ppm
PRL

(o LDH)

elettromiogramma
elettroretinogramma

FDP
FECG

eritrose

di

dimentazione

paratormone

EMG
ERG

farad
forza
flavin-adenin di nu
cleotide

prostaglandine
piruvatochinasi

litro

LPHI
lx
X
M

F
FAD

THFI)

figurazione sterica)
l
LAD

elettroencefalogram

energia

mere la concentrazio
ne di una soluzione)

D.S.

EEG

E, W

p/p

chilocaloria

loc. cit.

elettronvolt

PG
PIK

kgm

velocit

Watt
lavoro
ohm

genionica (log

kcal
kg

volume (come gran


dezza fisica)

trazione di una solu


zione)

immunoglubuline e

acido etilendiamino
tetracetico

etC.
eV

unit internazionale
ultravioletto

frequenza

Ig(A,

elettrocardiogramma

et al.

ormone tirotropo
triiodotironina

IncultrOne

concentrazione idro

ECG
EDTA

IIa

tirocalcitonina

ionizzazione: indice
dello stato di ioniz

ormone stimolante le
cellule interstiziali

G, M)
dose letale 50%
racemico (ottica I.R.
mente inattivo per J
compensazione ester oK
na)

tempo di dimezza
mento (half-life)

Prefissi per indicare i multipli


peso atomico
o i sottomultipli di una unit
punto di ebollizione
d
deci
(10-1)
punto di fusione

decibel

dose efficace 50%

vita media (mean-life)

para

rica)
deutone

temperatura

volt
G-6-

centigrammo
curie
centilitro
centimetro

namica
tonnellata

tiroxina
unit

GPT

bar
coulomb

cal

pmm*

tide
molante

grado di dissocia
zione elettrolitica
ormone adrenocorti
cotropo
ormone antidiuretico
adenosindifosfato
adenosinmonofosfato
leucina-arilamidasi

flavin-mononucleo

rep

maggiore
>
maggiore o uguale >,
InneInO

--

R.I.A.
RNA
SDHI

---

SeC

nome registrato
minore
-<
rad (dosimetria delle minore o uguale
<, s, ss
radiazioni)
molto maggiore
>>
rem (rad equivalent molto minore
3
man; dosimetria del per cento
/,
le radiazioni)
per mille
leo
rep (roentgen equiva pi
-lent physical; dosime pi o meno
tria delle radiazioni) proporzionale
-, oo
dosaggio radio-im
radice
quadrata
di
a
munologico
radice ennesima di a Wa
acido ribonucleico
X
sorbitolo deidroge sommatoria
nasi
uguale
minuto secondo

valore medio di x

&

IPECACUANA

F. ipcacuanha. - I. ipecac. - T. Ipekakuanha. - s. ipeca;


ipecacuana.

la droga costituita dalla radice della Uragoga ipeca


cuanha, rubiacea perenne nelle foreste del Brasile.
In terapia si usa la polvere, che contiene il 2% di al
caloidi tra cui emetina, psicotrina, cefelina.
L'ipecacuana era usata in passato, somministrata in
infuso o in polvere per os, come emetico. Essa, infatti, ha
la capacit di stimolare, per via riflessa attraverso le ter
minazioni vagali gastriche, il centro bulbare del vomito.
Attualmente l'i. non trova pi applicazione quale eme
tico poich esercita tale effetto dopo 30-60 min dall'in
gestione e tale lasso di tempo viene ritenuto troppo lungo
nel caso si voglia allontanare un prodotto tossico dall'ap
parato digerente.
La polvere di oppio e d'i. (polvere del Dover) trovava
impiego in passato come diaforetico ed espettorante; in
fatti l'i., a piccole dosi, insufficienti a provocare il vomito,
aumenta la secrezione bronchiale tramite la stimolazione

vagale (v. anche: DovER, POLVERE DEL).


L'emetina, alcaloide contenuto nell'i., viene ancor oggi
somministrata per via parenterale nella terapia della dis
senteria amebica a localizzazione extraintestinale (v. EME
TINA).
EMANUELA ORTOLANI

IPERACUSIA E IPOACUSIA

F. hyperacousie et hypoacousie. - I. hyperacusis and hy


poacusis. - T. Hyperakusie und Hypakusie. - S. hiperacu
sia e hipoacusia.
Iperacusia
Per iperacusia s'intende un disturbo per eccesso della
funzione uditiva, accompagnato da sensazione sgradevole,
talora dolorosa. Nell'ultimo caso si parla di iperacusia

minati medicinali (ad es. stricnina). Iperacusia dolorosa


pu riscontrarsi ancora: nelle lesioni del facciale che ca

dono al di sopra della diramazione del nervo stapedio (la


cui paralisi rende impossibile l'accomodazione dell'appa
rato timpanico alle onde sonore per mancata azione an
tagonista del muscolo della staffa sul muscolo del mar
tello tensore del timpano); nelle nevriti del trigemino,
per lo spasmo dello stesso tensore del timpano, innervato
dal trigemino. Fra le iperacusie alcuni AA. comprendono
anche l'autofonia e gli acufeni.
Il fenomeno dell'autofonia (v.) consiste essenzialmente
nell'esagerata risonanza nell'orecchio della propria voce;

pu essere attribuito o a una esagerata perviet o a una


stenosi della tuba eustachiana, e comunque si spiega con
un'aumentata conducibilit da parte delle pareti tubari

che, o sclerotiche, o infiltrate per processo flogistico.


Gli acufeni (v.) sono sensazioni acustiche che non si
riferiscono a un suono o a un rumore proveniente dall'e
SternO.

Ipoacusia

Per ipoacusia s'intende una diminuzione della capacit


uditiva che va dalle forme pi lievi alla sordit quasi
completa.
Di rado riferibile ad un disturbo puramente funzionale,

l'ipoacusia di solito dipende da lesioni a carico delle


strutture anatomiche che fanno parte dell'apparato di
trasmissione (dall'orecchio esterno alla membrana basi

lare), o di quelle appartenenti all'apparato di percezione,


(dall'organo del Corti ai centri corticali). Nel primo caso
si parla di ipoacusia di trasmissione; nel secondo caso di
ipoacusia di percezione; qualora le alterazioni anatomiche
interessino entrambi gli apparati si parla di ipoacusia di
tipo misto.
Nell'ipoacusia di trasmissione presente, all'esame li

minale per via aerea, un deficit che pu interessare le


frequenze basse e medie, o solo quelle acute, o tutte le

dolorosa.

frequenze. I valori della conduzione ossea si presentano,


nella quasi totalit dei casi, pressoch normali. Tale tipo

L'iperacusia si riscontra di frequente nel periodo ini


ziale delle flogosi auricolari, nelle nevriti del cocleare
specie in fase iniziale, nella nevrastenia e nell'isterismo,

di ipoacusia consegue, in genere, a stenosi o a occlusione


del condotto uditivo esterno, a processi flogistici acuti e
cronici dell'orecchio medio, a timpanosclerosi o a oto

in alcuni stati tossici provocati da elevate dosi di deter

sclerosi.

1. - VIII.

--

IPERACUSIA E IPOACUSIA

Nell'ipoacusia percettiva la curva audiometrica per via


aerea variabile; in genere prevale quasi sempre l'inte
ressamento delle frequenze acute, anche se talora tutta
la gamma tonale ad essere interessata. La conduzione
ossea sempre compromessa. Le ipoacusie percettive
sono per lo pi dovute a lesioni tossiche o infettive dege
nerative dell'organo del Corti, del nervo cocleare e del
labirinto; a lesioni di origine vascolare, tumorale o dege

con l'O, fino a una saturazione del 97% (1 g di Hb lega 1,34 ml


di O,) ed capace di trasportare ai tessuti ca. 20 ml di O, per
100 ml di sangue, mentre la quantit di O, fisicamente disciolta
modesta: 0,3 ml per 100 ml di sangue.
La quantit di O, legata chimicamente viene trasferita ai tes
suti attraverso la forma fisicamente disciolta, in misura di ca. 5

ml/100 ml di sangue, in condizioni di riposo. Lo stesso risultato

nerativa a carico del tronco cerebrale o delle aree corti

si pu ottenere con l'erogazione di O, sotto pressione, indipen


dentemente dalla quantit di emoglobina presente nel sangue.
Infatti ad una pressione di 3 ata si avr una quantit di O, di

cali e sottocorticali, etc.

sciolto nel plasma di 6,78 ml/100 ml di sangue, quantit neces

Nell'ipoacusia mista si associano le caratteristiche del


l'ipoacusia di trasmissione e di quella di percezione.
V. anche: AUDIOMETRIA (II, 1585); soRDIT; UDITO.

saria ai fabbisogni metabolici dei tessuti (v. IPERossIA, effetti sul


sangue).
La dimostrazione di questo importante fenomeno venuta da
pi AA. Haldane (1895) mantenne in vita un animale, intossi
cato da CO, erogandogli ossigeno a 2 atm. L'esperienza stata
poi ripetuta nella rana, sostituendone il sangue con soluzione
fisiologica.
Moderne ricerche intraprese dalla met del 1950 (Boerema,
Illingworth, Smith) hanno dimostrato l'azione terapeutica del
l'ossigeno iperbarico, determinando una crescente diffusione

RED.

IPERALDOSTERONISMI: v. ALDosTERoNISMI (I, 1082).


IPERAMMONIEMIA: v. AMMoNIACA (I, 1533); UREA.

della t. i.

IPERAZOTEMIA: v. AzoTEMIA (II, 1778); v. anche:


UREMIA.

IPERBARICA TERAPIA

F. thrapie hyperbarique. - I. hyperbaric therapy; hyper


baric oxygen. - T. berbarische Therapie. - s. terapia hi
perbrica.
SOMMARIO

Definizione e cenni storici (col. 3). - Cenni di fisiologia (col. 3).


- Modalit di impiego (col. 4). - Indicazioni (col. 4). - Compli
canze e rischi (col. 8).

Definizione e cenni storici

Modalit di impiego
Per poter respirare aria od ossigeno a pressioni superiori
a quella atmosferica necessario che il paziente sia posto
in ambienti stagni ai gas; questi ambienti vengono comu
nemente denominati camere iperbariche.
Fondamentalmente ne esistono di due tipi: camere
iperbariche multiposto e camere iperbariche monoposto.
1. Camere iperbariche multiposto. Sono costituite da
grandi serbatoi in acciaio ove oltre al paziente o ai pa
zienti trovano posto personale medico e paramedico. Le
camere possono essere utilizzate per trattamenti medico
internistici o per l'esecuzione d'interventi chirurgici in
condizioni iperbariche. Un complesso iperbarico risulta
costituito da due ambienti, in modo che la pressione
possa essere regolata indipendentemente. La pressurizza
zione avviene mediante aria, mentre il paziente pu re

Con il termine terapia iperbarica s'intende l'impiego cli


nico dell'ossigeno o di una miscela di ossigeno con altri
gas a pressioni superiori a quella atmosferica.

spirare ossigeno attraverso una maschera facciale e/o un

La t. i., anche se non ha ancora raggiunto un largo impiego,

tubo endotracheale. Queste installazioni implicano com


plessit di costruzione, dispositivi per la climatizzazione,
necessit di grandi compressori, impianti di monitoraggio

non una metodica curativa frutto dei nostri tempi, perch esi
stono esperienze che risalgono a molti decenni or sono, nelle
quali venne concepita la base concettuale e le indicazioni per
una sua pratica realizzazione. La prima camera iperbarica risale,
infatti, al 1662, quando un medico inglese, Henshow, costru un
primo modello nel cui interno la pressione atmosferica poteva
essere diminuita o aumentata allo scopo di aiutare la digestione,
promuovere la perspiratio insensibilis, facilitare la respirazione e

l'espettorazione e di conseguenza prevenire molte affezioni pol


monari. Da allora, anche se con alterne vicende, l'iperbarismo a
scopo terapeutico stato pi volte abbandonato e riproposto.
Tra i tanti AA. che si sono occupati dell'argomento, comun
que, un particolare ricordo merita Forlanini, che costru una ca
mera iperbarica ben impostata e ne fece uso per il trattamento
degli ammalati affetti da tbc.

La t. i., nonostante i molteplici tentativi, soltanto di re


cente ha assunto un ruolo di maggiore risonanza e im
piego, soprattutto per merito del Boerema di Amsterdam
e degli inglesi Smith e Illingworth, i quali ne hanno
messo a punto la tecnica e allargato l'utilizzazione me
diante la costruzione di grandi camere capaci di molte
plici impieghi.
Cenni di fisiologia
Il trasporto di O, nel sangue, in condizioni normali, avviene in
due modi diversi: a) chimicamente legato all'emoglobina; b) fisi
camente disciolto nel plasma.
Alla pressione atmosferica di 760 torr (1 ata) la pressione
parziale di O, di 159 torr nell'aria e di 100 torr a livello del
l'aria alveolare, per cui l'emoglobina si combina chimicamente
3

di alcuni parametri fisiologici, strumenti di controllo, im


pianti fonici, circuiti televisivi (fig. 1).

2. Camere iperbariche monoposto. Sono costituite da


un solo serbatoio, nel quale viene introdotto il paziente.
L'ambiente viene pressurizzato solamente con ossigeno;

anche per questo tipo sono necessari sistemi di controllo


in quanto il paziente non pu essere assistito da perso
nale medico o paramedico.

Tali impianti hanno il vantaggio di essere meno in


gombranti e complessi per quanto riguarda l'installazione
e l'impiego, e di essere trasportabili; tuttavia presentano
delle limitazioni. Infatti, un'assistenza medica tempestiva
non pu essere attuata con tale tipo di camera, per cui i
pazienti devono essere coscienti e in buone condizioni
generali.
Indicazioni

In relazione alle indicazioni si distinguono due forme di


trattamento: l'ossigenoterapia iperbarica e la t. i. in aria.
Per la prima forma di trattamento, ossia la ossigenote
rapia iperbarica, le possibilit di impiego sono numerose:

possono comprendere tutte le patologie nelle quali sia


indicato aumentare i gradienti di O, tra sangue e tessuti.
L'esperienza clinica ha evidenziato che la t. i. elettiva
nelle intossicazioni da CO, nelle infezioni, nella radiote

rapia dei tumori; mentre in altre affezioni i risultati cli


nici non sempre corrispondono ai dati sperimentali.
Un'ulteriore indicazione, rappresentata dalla sindrome
4


IPERBARICA TERAPIA

Fig. 1. Complesso i rbarico multiposto, installato nel Centro di Rianimazione dell'Istituto di Anestesiologia e Rianimazione dell'U
niversit Cattolica del Sacro Cuore, Roma. Sono visibili: a sinistra, gli strumenti di controllo e le attrezzature di monitoraggio; a
- ---

destra, la camera di decompressione.

vertiginosa da insufficienza circolatoria vertebrobasilare,


attende tuttora il vaglio di un'ampia esperienza clinica.

chii e tetani), ma comprende lo Pseudomonas, il coli, lo

1. Intossicazione da ossido di carbonio. Nell'intossi

L'indicazione elettiva rimane tuttavia la gangrena gas


sosa, in cui l'ossigeno iperbarico in grado di arrestare la
moltiplicazione dei germi anaerobi responsabili e di fre

cazione da CO la t. i. trova indiczione di elezione in

quanto fornisce ai tessuti la quantit di ossigeno necessa


ria, favorendo la dissociazione della carbossiemoglobina e
l'eliminazione del CO. L'affinit dell'emoglobina per il
CO 250 volte maggiore rispetto all'O, per cui la disso
ciazione avviene lentamente.

Somministrando ossigeno al 100% a 3 ata, si avr una

stafilococco aureo, nonch infezioni micotiche e virali.

nare la liberazione delle tossine batteriche e tessutali.

Lo stesso principio condiziona l'efficacia del tratta


mento nei casi di tetano generalizzato.
Meritano di essere ricordati i discreti successi ottenuti

da questo tipo di trattamento in casi di osteomielite da

quantit di ossigeno sciolto nel plasma di ca. 6,5 ml/100

stafilococco.

ml di sangue, sufficiente alla respirazione cellulare in at

3. Radioterapia dei tumori. Il tessuto tumorale non


uniformemente vascolarizzato, per cui esistono in esso
zone di anossia; la sensibilit di tutte le cellule viventi,
normali o maligne, ai raggi X direttamente proporzio
nale alla concentrazione di ossigeno sciolto attorno ad
esse. Se la cellula priva di ossigeno, la sua radiosensibi
lit ridotta di 3 volte, mentre l'eccesso di ossigeno pro
voca il fenomeno contrario. L'ossigenoterapia iperbarica
consente per l'appunto di ottenere una maggiore ossige
nazione dei tessuti, anche di quelli tumorali, con conse
guente riduzione della dose tumore.
4. Stati di shock. Lo shock, qualunque ne sia l'etio
patogenesi, presenta come suo quadro dominante e co
stante una condizione di ipossia tessutale ingravescente.
La t. i. pu, in alcuni casi, essere associata con vantaggio

tesa della dissociazione della carbossiemoglobina. Nello


stesso tempo la dissociazione dell'ossido di carbonio dal
l'emoglobina e dalla mioglobina aumenter liberando il
sangue e i muscoli, soprattutto quello cardiaco, dal tos

sico. Questi effetti saranno maggiori con l'impiego tem


pestivo della t. i., cio intervenendo prima che l'edema

cerebrale, la congestione e l'emorragia perivascolare ab


biano provocato danni irreversibili. La t. i. non riduce
soltanto la mortalit, ma minimizza le sequele neurologi

che (parola, vista, motilit) che possono permanere per


mesi o anni.

2. Infezioni. L'ossigeno iperbarico trova specifica in


dicazione in una vasta gamma di tossinfezioni batteriche,
che non si limita alle forme anaerobie (Clostridium wel
5

IPERBARICA TERAPIA

ad altri trattamenti in quanto l'aumento dell'O, fisica


mente sciolto nel plasma, anche in condizioni di perfu
sione ridotta, pu correggere lo stato di ipossia.
5. Infarto del miocardio. Indipendentemente dai li
miti fisiologici che l'iperossia iperbarica pu avere nel
l'infarto miocardico, esistono innegabili effetti sulla sin
tomatologia, anche se limitati alla durata del trattamento,

sione. Sono disponibili tabelle di compressione e di de


compressione da seguire a seconda della gravit del qua
dro clinico (Van der Aue; Goodman).

che sono di facile rilievo e anche di immediato sollievo

possono essere sintetizzate come segue.


1. Tossicit di gas ad alte pressioni (ossigeno e azoto).
L'ossigeno iperbarico svolge un'azione tossica a livello

per il paziente. Questo trattamento, secondo alcuni AA.,


determina una riduzione del dolore, soprattutto se in
tenso, diminuzione della frequenza del respiro e del
polso; ha effetto inotropo positivo con aumento della
pressione sistolica e diminuzione di quella diastolica, ri
pristino del ritmo sinusale in molte aritmie sia sopra- che

Complicazioni e rischi
La t. i. comporta un grado di rischio sia per i pazienti che

per il personale medico e/o paramedico. Le complicanze

del sistema circolatorio determinando la vasocostrizione

dei distretti cerebrale, renale e periferico, e la vasodilata


zione del distretto polmonare; a livello cellulare inibisce i
sistemi ossidanti cellulari.

sottoventricolari.

6. Ulcera varicosa. La stasi sanguigna, secondaria al


l'incontinenza valvolare del sistema venoso profondo de
gli arti, responsabile dello stato anossico delle parti pi
declivi degli arti inferiori e dei conseguenti disturbi trofici
della cute, la cui maggiore espressione appunto l'ulcera
varicosa. In questi casi il trattamento con ossigeno iper
barico, con la conseguente iperossigenazione, consente di
raggiungere un duplice risultato: favorire cio la cicatriz
zazione dei tessuti e impedire l'infezione locale.
7. Asfissia dei neonati. Nei casi in cui il quadro non
tragga beneficio dalle manovre di rianimazione respirato
ria, la somministrazione di ossigeno a pressione, dopo
aver assicurato la perviet delle vie aeree, trova le pi
ampie giustificazioni.
8. Sindromi vertiginose da insufficienza circolatoria del
l'arteria vertebrobasilare. Questa sindrome, caratteriz

zata dalla frequente comparsa di vertigini, nausea, vo


mito, difficolt nella deambulazione e acufeni, conse
guente ad un'insufficienza circolatoria dell'arteria verte
brobasilare per arteriosclerosi o per compressione da
parte di osteofiti nell'artrosi cervicale. La t. i., riducendo
l'ipossia cronica distrettuale, determina la scomparsa o la
riduzione degli episodi vertiginosi.
Per quanto si riferisce alla seconda forma di tratta
mento ovvero alla t. i. in aria, essa trova indicazione as
soluta, insieme all'ossigenoterapia iperbarica, nella ma
lattia da decompressione.
Questo tipico incidente da errata decompressione si
pu manifestare nelle due forme: acuta, con uno stato di
shock, insufficienza cardiaca e morte; subacuta, con do
lori osteoarticolari, facile esauribilit muscolare, vertigini,
ipoacusia, emiplegia, paraplegia, turbe sfinteriche.

Tali effetti sono particolarmente temibili per i danni a


carico del S.N.C. (ipossia, acidosi) con comparsa di con
vulsioni epilettiformi; a carico polmonare (riduzione del
surfattante, danni funzionali dell'epitelio bronchiale) con
compromissione dell'ematosi e della ventilazione alveo
lare (atelettasia, edema polmonare).
L'azoto a pressioni superiori alle 3,5 atm provoca una
depressione sul S.N.C., determinando la comparsa della
narcosi da azoto. Inizialmente questa si manifesta con
uno stato euforico, diminuzione della capacit critica, ed
evolve nella perdita di coscienza.
2. Complicanze legate alla compressione e alla decom
pressione. Questo tipo di complicanze si identifica,
oltre che nella malattia da decompressione anche nei
barotraumi, che consistono in lesioni traumatiche a carico

delle cavit aeree (orecchio medio, seni paranasali, pol


moni, canale intestinale) che per affezioni ostruttive non
sono in grado di compensare le variazioni pressorie che si
stabiliscono durante la fase di compressione o di decom
pressione.
Per i casi in cui necessario raggiungere la pressione
voluta nel minor tempo possibile, qualche A. consiglia di
far precedere una miringotomia bilaterale, con la quale
si evita la lacerazione traumatica delle membrane timpa
niche.

La sintomatologia legata al tipo di danno dell'appa


rato colpito.
3. Esplosioni e incendi. Sono incidenti rari e sono le
gati alla propriet comburente dell'ossigeno. Risulta evi
dente che nella costruzione delle camere iperbariche si
devono impiegare materiali incombustibili e la costru
zione stessa deve essere tale da evitare che possano for
marsi fonti di scintille.

Diversi fattori concorrono all'instaurarsi della malattia

da decompressione:

Bibliografia

a) la decompressione rapida, non rispettando le pre

Boerema J., Brummelkamp W. M., Meijne N. G., Clinical Ap

scritte tappe, determina la formazione di bolle di azoto


nei tessuti e nel sangue. L'embolia gassosa pu interes
sare quindi l'apparato circolatorio, il distretto polmonare,
il midollo spinale e i tessuti;

plication of Hyperbaric Oxygen, 1964, Elsevier, Amsterdam.


Cameron J., Controlled Trial of Hyperbaric Oxygen in Treatment

b) l'eventuale stato di ipercapnia pu aumentare il vo


lume delle bolle;

of Myocardial Infarctation, in Ledingham I. M. ed., Hyperba


rC

se

1965, Livingstone, Edinburgh, p. 277.

Attar S et al. Ann' NY Acad"Sci, i965, 117,

Frajaville J. P., Ann. Anesthesiol. Fr., 1967, 8, 282.


M., Barois A., Bull. Soc. Md. Hp. Paris, 1965, 116,

Gon

c) il freddo, che determina una riduzione della perfu


sione distrettuale per vasocostrizione e increzione delle
catecolamine;

d) le reazioni neurormonali da stress.

L'associazione di questi fattori provoca un'ipercoagula


bilit ematica con formazione di agglomerati piastrinici e
liberazione di emboli grassosi, che sono cause determi
nanti la condizione patologica con quadri pi o meno
gravi secondo l'intensit del fenomeno e il distretto inte

Harrington J. U., Carter J. C., The H


Facility Funda
mentals of
Medicine, 1966, National Accademy of
Sciences, Washington.
Hedstrom S. A., Acta. Chir. Scand., 1975, 141, 582.

Hitschock C. R., Hyperbaric Oxygenation of Tissues as an Ad


junct to Systemic Cancer Chemotherapy, in Ariel I. ed., Pro
gress in % Cancer, 1966, Grune & Stratton, New York,
p. 199.

Lambertsen C. J., Respiratory and Circulatory Actions of High


Oxygen Pressure, 1955, National Research Council.
Nair

Nair K., Imbruce R., Lancet, 1973, 1, 184.

reSSatO.

La t. i. si prefigge il duplice scopo di correggere l'ipos


sia tessutale ed eliminare le bolle mediante la compres
7

Patte M., Brux. Med., 1973, 4, 237.


Young J. M., J. R. Nav. Med. Serv., 1970, 39, 47.
CORRADO MANNI

IPERCAPNIA

IPERCALCITONINISMO E IPOCALCITONINISMO

F. hypercalcitoninisme et hypocalcitoninisme. - I. hypercal


citoninism and hypocalcitoninusm. - T. Hyperkalzitoninis
mus und Hypokalzitoninismus. - s. hipercalcitoninismo e
hipocalcitoninismo.

Si intendono per ipercalcitoninismo e ipocalcitoninismo


dei quadri morbosi caratterizzati da un iper- e rispetti
vamente iposecrezione di calcitonina da parte delle cel
lule C tiroidee.

alterazioni

elettrocar
diografiche

SISTEMA
ADRENERGICO

| 4 CUORE | portata cardiaca

()

(-)portata renale
(-) riassorbimento
tubulare e

Dalla scoperta della calcitonina (v.) da parte di H.


Copp, nel 1962, si ipotizzato che questo ormone avesse
un ruolo, anche se secondario, nella patogenesi di diverse
malattie (pseudoipoparatiroidismo, carcinoma midollare

diuresi acquosa
(+)liquido extra
cellulare

CIRCOLAZIONE

edenni

della tiroide, iperparatiroidismo, malattie metaboliche


dell'osso). Studi successivi hanno permesso di accertare

()

POLMONARE

----------

che l'unico quadro in cui si osserva un'ipersecrezione di


calcitonina il carcinoma midollare della tiroide (v. TI

RoIDE, tumori).

(+)ventilazione polmonare
(+)volume corrente

L'ipocalcitoninismo non sembra portare nell'uomo a

CIRCOLAZIONE
SISTEMICA

IPERCAPNIA |-

ritenzione sali

REGOLAZIONE
RESPIRO

vasocostrizione

ipertensione polmonare

una sindrome clinica caratteristica.

Il rilievo di anomalie nella risposta al carico di calcio


nei soggetti sottoposti a tiroidectomia totale, in assenza
di alterazioni del rimodellamento osseo e della calcemia,
giustifica l'ipotesi che la calcitonina sia un ormone di se
condaria importanza nell'omeostasi calcemica, e che
quindi, in sua assenza, non si osservino gravi alterazioni
del metabolismo calciofosforico e osseo.

-s Ncl

SANGUE
X

tendenza all'acidosi

(+) Paco,
(-) bicarbonati

turbe coscienza

alterazione riflessi
cefalee, tremori

v)

Fig. 1. Schema degli effetti principali dell'i. sull'organismo. Le


RED.

frecce rivolte verso l'alto indicano un incremento dell'attivit

funzionale; quelle rivolte in basso, un decremento. Le frecce tra

parentesi si riferiscono in particolare alla forma cronica. Paco,


pressione parziale di CO, nel sangue arterioso.
IPERCAPNIA

F. hypercapnie. - I. hypercapnia; hypercarbia. - T. Hyper


kapnie. - s. hipercapnia.

cita sull'equilibrio acidi-basi (v. ACIDo-BASE EQUILIBRIO)

Aumentata concentrazione di anidride carbonica nel san

giacch il suo aumento porta ad acidosi respiratoria (v.


ACIDOSI E ALCALOSI, acidosi respiratoria).

gue arterioso e nei tessuti che si osserva, di regola,


quando i suoi meccanismi di eliminazione divengono in
sufficienti rispetto alla formazione o quando si inspiri una
miscela gassosa contenente pi del 3% di CO,. Iperca
pnia pu instaurarsi in modo acuto e cronico: nel primo
caso essa provocata da ipoventilazione alveolare (far
maci depressivi, riduzione brusca dell'area di diffusione)
o dalla respirazione sperimentale o accidentale di
aria normalmente ossigenata nella quale la pressione par
ziale del gas (Pco,) superiore ai 20 torr (corrispon
dente alla concentrazione di ca. il 3% a 1 atm, quindi
100 volte superiore a quella dell'aria normale): infatti,
valori inferiori causano solo minimi aumenti di pressione
nel sangue arterioso (Paco) e trascurabili effetti generali
in conseguenza dell'immediato aumento omeostatico

della ventilazione polmonare (v. RESPIRATORIo APPARATo;


RESPIRAZIONE). La forma acuta pu non essere pura
quando si associa all'ipossia, come avviene nell'asfissia
(v.), con effetti diversi e pi gravi, o quando si associa
all'iperossia, come pu avvenire nell'iperbarismo (v. sUB
ACQUEA MEDICINA). L'i. cronica, pi frequente, si osserva

La grandezza e, talvolta, il tipo delle manifestazioni


fisiopatologiche dell'i. possono differire sensibilmente a
seconda della rapidit o lentezza dell'accumulo di CO, e

della sua concentrazione finale, nonch per l'interferire di


altre condizioni (ipo- e iperossia, temperatura corporea,
azione di farmaci, pH del sangue, etc.). Esse interessano
primariamente (fig. 1): la funzione ventilatoria, con un in

cremento medio, nel soggetto sano, di 2,5 l/min per 1


torr di aumento acuto di Paco; la funzione cardiovasco
lare (modico aumento della frequenza cardiaca e della
pressione arteriosa sistolica e diastolica nel soggetto in
stato cosciente; caduta della pressione in anestesia e in

altre condizioni; aritmie ventricolari, se la Paco, elevata);


il S.N.C. (notevole vasodilatazione nel territorio encefalico;
alterazioni elettroencefalografiche; disturbi della co

scienza, che nella i. grave possono giungere al coma;


scosse muscolari, tremori e anche convulsioni); l'equili

brio acidi-basi del sangue e specialmente del liquido ce


falorachidiano, ambedue nel senso dell'acidosi.
V. anche: ACIDo-BASE EQUILIBRIO (I, 229); ACIDosI E

ALCALOSI, acidosi respiratoria (I, 225); RESPIRAZIONE.

nelle varie forme di insufficienza respiratoria e/o nella


stasi circolatoria ed quasi sempre accompagnata da
ipossia, a meno che questa non sia rimossa con ossigenote
rapia (v.). Poich la ritenzione di CO, si stabilisce lenta
mente, vi il tempo per l'instaurarsi di modificazioni
compensatorie dell'acidosi, per cui Paco, di ben 140 torr
possono essere compatibili con lo stato cosciente, mentre
causano certamente coma se provocate in modo acuto.

Bibliografia

Comroe J. H., Physiology of Respiration, 1974, 2 ed., Year


Book, Chicago.
ARISTIDE SCANO

IPERCHIERATOSI

INFUNDIBULOFOLLICOLARE

v. CHERATosI PILARE (III, 1998).

In ambedue le forme gli effetti dell'i. sono attribuiti,


pi e oltre che all'azione del CO, come tale, all'influenza

IPERCHIERATOSI

che il gas idrato e dissociato in H e HCO eser

ZATA: v. ITTIOSI.

ITTIOSIFORME

GENERALIZ

10

IPERCINESIA E IPOCINESIA

IPERCINESIA E IPOCINESIA

noforo sia affetto da patologia cronica di tipo irrita

Sin.: ipercinesi; ipocinesi. - F. hypercinsie; hyperkinsie.


- I. hyperkinesia; hyperkinesis. - T. Hyperkinesie; Hyper
kinesis. - s. hipercinesia; hipercinesis. - F. hypocinsie;
hypokinsie. - I. hipokinesia; hypokinesis. - T. Hypokine
sie; Hypokinesis. - S. hipocinesia; hipocinesis.

tivo.

Sono invece dovuti ad irritazione delle fibre periferi


che gli spasmi clonici: tipici quelli dei muscoli mimici,
frequentemente conseguenti a paralisi facciali a frigore
imperfettamente guarite. Comportano la continua, bru
sca, simultanea e iterativa contrazione di tutti i muscoli di

Ipercinesia
Questo termine, etimologicamente chiaro (eccessivo mo
vimento), si rivela semanticamente ambiguo in quanto

un emivolto, analoga a quella evocabile con la elettrosti

correntemente usato a definire fenomeni clinici estrema

Ipocinesia
Significa povert di movimento, in assenza di deficit di

mente difformi. E quindi didatticamente opportuno di

molazione faradica del nervo.

stinguere preliminarmente l'ipercinesia generica (attivit

forza elementare volontaria. utile distinguere le forme

motoria eccessiva per quantit o, eventualmente, per ra


pidit, ma qualitativamente normale) dalle ipercinesie spe
cifiche, caratterizzate da peculiari anomalie qualitative.

generiche dalla tipica ipocinesia parkinsoniana a respon


sabilit extrapiramidale.
Povert generalizzata e aspecifica di attivit motoria si
riscontra in varie affezioni psichiatriche quali lo stupore

Ipercinesia generica
Concomita, in genere, con affezioni psichiatriche (esalta
zione del tono dell'umore, agitazione psicomotoria); ri
guarda il versante motivazionale-intentivo dell'attivit
volontaria e comporta, spesso, accelerazione nel movi
mento (tachicinesi, tachifemia). Anche in sindromi d'in

catatonico, o la malinconia attonita. Si tratta di un di

dole neurologica (specialmente parkinsoniane iatrogene)


pu manifestarsi ipercinesi generica: in forma di akatisia,
tachicinesi paradossa, palilalia.
Ipercinesie specifiche
Alcune si situano ai limiti tra psichiatria e neurologia: ad
es. le ipercinesie ticcose, sia perch, in genere, prive di
dimostrabile substrato organico, sia perch ciascun tic ri
produce, caricaturalmente, un movimento eseguibile vo
lontariamente ed preceduto da un vissuto soggettivo di
impulso anancastico e seguito da un sentimento di di
stensione. Anche i crampi professionali (tipico e fre

quente quello degli scrivani), fenomenicamente simili agli


spasmi tonici a responsabilit extrapiramidale organica,
hanno, in realt, sostanziali affinit fisiopatologiche e psi
codinamiche coi tic.

sturbo riguardante il versante motivazionale (drive) del


l'iniziativa motrice, che sarebbe, forse, opportuno definire
acinesia abulica.
Fenomeni affini ma dovuti a ben documentabili danni

organici si riscontrano nel cosiddetto mutismo acinetico


(v. EXTRAPIRAMIDALE SISTEMA).
L'ipocinesia tipica riguarda il versante esecutivo della
motilit volontaria; , spesso, distrettuale (come ad es.
nelle sindromi emiparkinsoniane) e cede, caratteristica
mente, al trattamento dopaminergico che, totalmente
inefficace sulle forme di acinesia psichiatrica, influenza
parzialmente quelle apalliche: le quali, per questo e
altri caratteri, si pongono ai limiti tra le acinesie generi
che e la tipica ipocinesia parkinsoniana. A questa si ac
compagnano spesso bradicinesia (o lentezza nell'esecu
zione dei movimenti) e bradilalia: fenomeni tutti che,
particolarmente evidenti all'inizio di un movimento, nel
corso dell'esecuzione cinetica possono essere sostituiti da
sintomi sul piano formale opposti (tachicinesia, palilalia)
ma sul piano fisiopatologico sostanzialmente affini (v. Ex
TRAPIRAMIDALE sISTEMA [VI, 512]).

Tutte le restanti ipercinesie specifiche riflettono

danni organici di neuroni o extrapiramidali o piramidali o

Bibliografia

mielomuscolari, e riguardano il versante esecutivo del

Per la bibliografia,v. ExTRAPIRAMIDALE SISTEMA (VI, 522).


EUGENIO FERRARI

movimento.

Ipercinesie extrapiramidali. I movimenti coreici, bal


lici, atetosici e torsionistici; gli spasmi tonici, il paraspa
smo facciale; le discinesie oro-linguo-mimiche; le mioclo
nie ritmiche e aritmiche; il tremore statico: rappresentano
altrettante ipercinesie i cui specifici caratteri semeiologici
sono riferiti alle voci rispettive e il cui substrato anato
mofisiopatologico (con particolare riguardo alle recenti
acquisizioni sinaptologiche) discusso nella voce ExTRA
PIRAMIDALE sISTEMA (VI, 513).

F. hyperchlorhydrie et hypochlorhydrie. - I. hyperchlorhy


dria and hypochlorydria. - T. Hyperchlorhydrie und Hy
pochlorhydrie. - s. hiperclorhidria e hipoclorhidria.

Ipercinesie piramidali. L'iperattivit parossistica

Per ipercloridria e ipocloridria s'intendono quelle situa


zioni funzionali caratterizzate, rispettivamente, da un

epilettica di neuroni rolandici determina nei muscoli

IPERCLORIDRIA E IPOCLORIDRIA

Generalit

aumento e da una diminuzione della concentrazione del

funzionalmente dipendenti la comparsa di clonie: iperci


nesie ad esordio distrettuale, sporadiche, aritmiche che,
ad opera di fattori facilitanti di varia natura, possono su
bire un incremento di frequenza ed estendersi, con la ti
pica marcia jacksoniana, alla muscolatura di un emi
soma per coinvolgere, infine, tutto l'apparato somato
motore. Rientrano tra le ipercinesie epilettiche anche gli
automatismi psicomotori (tipiche e frequenti le gesticola
zioni alimentari) da focolai tempororinencefalici paleo
corticali.

l'ac. cloridrico nel succo gastrico.

Essendo l'attivit secretiva gastrica ad andamento fa


sico, il criterio di iper- e di ipocloridria va riferito ad
una normalit funzionale, variabile a seconda che lo

stomaco si trovi in fase interdigestiva o di stimolo dige


stivo.

Non potendosi calcolare la secrezione cloridrica nel corso di


una normale digestione prandiale, si cercato di riprodurre la

situazione digestiva con pasti di prova o con l'impiego di so


Ipercinesie motoneuronali. Le fascicolazioni sono ra
pide, aritmiche contrazioni che coinvolgono simultanea
mente i fascicoli di una singola unit motoria il cui pire
11

stanze eccitosecretrici (istamina, betazolo, pentagastrina, insu


lina, caffeina, alcol etilico). L'ambito di una normocloridria
peraltro variabile a seconda della metodica seguita.
12

IPERCLORIDRIA E IPOCLORIDRIA

Valori normali

acidit libera

acidit totale

fase interdigestiva

0-40 mEq/l
(0-1,45 glo)

15-60 mEq/l

zione incongrua, troppo dotata di sostanze stimolanti, pu


essere responsabile di un'ipercloridria temporanea. In tutte
queste situazioni la mucosa gastrica risponde sul piano fun

stimoli blandi

30-60 mEq/l
(1,1-2,2
)

40-75 mEq/l

zionale, senza modificare la sua struttura cellulare.

stimoli medi

60-90 mEq/l

70-105 mEq/l

(2,2-3,3
90-120 mEq/l

100-135 mEq/l

stimoli massimi

Un'ipercloridria permanente si associa invece a varia

(33-44 glo)
Nella fase interdigestiva la secrezione gastrica ha la sola sti
molazione del sondino. Tra gli stimoli blandi sono usati il pasto
di Ewald, un bicchiere di alcol etilico al 7%, una dose di caf

feina di 250 mg; stimoli medi sono l'istamina alla dose di 0,01

mg/kg, il betazolo alla dose di 0,5 mg/kg e 12U. di insulina en


dovena; stimoli massimi sono l'istamina alla dose di 0,04 mg/kg,
il betazolo alla dose di 1,5 mg/kg e la pentagastrina alla dose di
6 g/kg o la bombesina (15 ng/kg/min), un polipeptide di re
cente individuazione in grado di promuovere la liberazione di
gastrina, renina, ormone somatotropo (?) e probabilmente anche
colecistochinina (polireleasing factor).
Negli ultimi anni si attribuito minor significato ai valori di
concentrazione cloridrica e si cercato di valutare la secrezione

gastrica come portata secretoria nell'unit di tempo. A tale


scopo si sono impiegati degli indicatori di diluizione (rosso-fe
nolo; PEG: glicole polietilenico), in grado di calcolare la perdita
di succo gastrico attraverso il piloro durante il periodo di studio,
in modo da poter risalire all'effettivo volume secreto; con meto
dica meno indaginosa pi recentemente si cercato di ottenere
la portata secretiva con un recupero continuativo del succo ga
strico. Sotto questo angolo visuale, la secrezione interdigestiva

zioni strutturali stabili della mucosa fundica, con un au

mento relativo o assoluto delle cellule parietali; un tale


iperparietalismo pu essere anche geneticamente preco
stituito o essere, al contrario, una conseguenza anatomica
di una sollecitazione funzionale protrattasi nel tempo. La
mucosa gastrica rivela inoltre altre modificazioni struttu
rali, quali un'iperattivit e un esaurimento delle cellule
epiteliali di rivestimento, un'iperplasia delle cellule fon
damentali secernenti la pepsina e la mucoproteina, un'i
perplasia delle cellule G della zona mucosa antropilorica.
Esistono certamente ipercloridrie primitive su base gene
tico-familiare ed esistono anche situazioni ipercloridriche
secondarie a situazioni stressanti psichiche protratte o al
l'uso continuativo di farmaci con effetto eccitosecretore

gastrico. Tutte queste situazioni, primitive o secondarie,


sono note come stati preulcerativi, ma di essi si ignorano
l'effettiva frequenza e i caratteri evolutivi (v. anche: UL
CERA GASTRODUODENALE).
Un'ipercloridria paradigmatica quella che si ritrova
nell'ulcera duodenale, ove riveste un ruolo patogenetico
fondamentale dato che la lesione peptica dovuta ad una
protratta iperacidit del contenuto bulbare. L'iperclori
dria certamente dovuta ad un aumento delle cellule

mEq/h; la secrezione dopo stimoli massimali (Maximal Acid


Output: MAO) varia tra 10 e 20 mEq/h; nella mezz'ora di mas

parietali e ad una loro iperreattivit agli stimoli submas


simali (ipertono vagale favorente), e soprattutto ad un'e
levata stimolazione gastrinica, dovuta ad una deficiente

sima risposta secretiva (Peak Acid Output: PAO) i valori nor

inibizione a livello antrale, ad una minore o inefficace

(Basal Acid Output: BAO) varia nei soggetti normali tra 1 e 5

mali oscillano tra 15 e 30 mEq/h.


Per dare un significato funzionale ai valori della secrezione

cloridrica, espressa come concentrazione o come portata, ne


cessario considerare il valore semplicemente relativo dei dati. In
effetti la cloridria endoluminale il risultato di un complesso si

stema di fattori interferenti, uno dei quali la secrezione acida


delle cellule parietali delle ghiandole del fondo gastrico. Fattori
antagonisti, egualmente importanti, sono la secrezione mucoal

calina neutralizzante dell'epitelio di rivestimento e delle cellule


ghiandolari delle zone antropilorica e cardiale, la secrezione
neutralizzante della mucosa duodenale e del secreto biliopan
creatico per reflusso transpilorico, la secrezione salivare ingerita,
la capacit di recupero di valenze acide della mucosa antropilo
rica per retrodiffusione transmucosa. L'entit del vuotamento at
traverso il piloro influisce anche sulla concentrazione cloridrica,

inibizione da parte della secretina duodenale, e ad


un'effettiva iperplasia delle cellule G dell'antro. L'iper
cloridria nelle ulcere duodenali non costante, docu

mentabile in poco pi della met dei casi, poco evi


dente nelle ulcere recenti e diventa pi accentuata nelle
ulcere inveterate o complicate. Anche se l'ulcera duode
nale non stata mai descritta con portate secretive infe

riori a 15 mEq/h, la coesistenza di un'ulcera con uno


stato normocloridrico deve essere attribuita all'interfe

renza di altri fattori che potenziano l'azione lesiva acida a


livello bulbare; si ammette in effetti l'influenza di un ra
pido e non regolato svuotamento gastrico, di una stasi
duodenale da ipertono sfinterico, di una diminuita secre

in quanto pi esso rapido e pi finisce per esaltare le componenti


secretive gastriche pi attive a spese di quelle pi lente.

zione mucoalcalina duodenale, di una ridotta secrezione

Per quanto riguarda la secrezione acida delle cellule parietali


non pochi sono ancora i punti oscuri sulla sua regolazione; si sa
che le cellule parietali sono dotate di tre recettori diversi (coli
nergico, gastrinico e istaminico) e a livello di questi recettori si
svolgono interferenze favorenti o inibenti, competitive o non
competitive. La risposta secretiva non pertanto legata solo al
numero delle cellule parietali della zona mucosa fundica ma al
loro stato di reattivit agli stimoli e al loro grado di autonomia

Johnson) la situazione disfunzionale del tutto sovrap


ponibile a quella delle ulcere duodenali. Nelle altre ul
cere gastriche a localizzazione angolare o soprangolare,
l'ipercloridria rilevabile solo in un limitato numero di
casi e molto pi spesso si hanno situazioni di normo- o

pancreatica da difetto di stimolo secretinico.

Nell'ulcera gastrica a sede prepilorica (tipo III di

funzionale. Si devono al riguardo ricordare le interferenze neuro

gene corticoviscerali e le interferenze ormonali; quasi tutti gli


enterormoni sinora noti (soprattutto il GIP e la somatostatina)
antagonizzano l'azione secretagoga della gastrina antroduode
nale (v. GASTROINTESTINALI oRMONI; GASTRIco sUcco; sToMAco).

Ipercloridria

Uno stato ipercloridrico pu essere dovuto ad una situa


zione disfunzionale temporanea o permanente.
Un'ipercloridria temporanea si pu verificare o per
un'ipertonia vagale psicogena (stress emotivi, stati psi
chici di tensione o di risentimento) o per effetto farma
cologico (corticoidi, reserpina, ac. nicotinico, Vit. A, etc.)
o per squilibri acidobasici (acidosi); anche un'alimenta
13

anche di ipocloridria. La diversificazione dalle ulcere


duodenali tanto maggiore quanto pi alta la localizza
zione dell'ulcera. Effettivamente, considerando che l'ul
cera gastrica s'impianta sempre su mucosa non secer
nente ac. cloridrico, a poca distanza dal limite con la
zona secernente, la localizzazione pi alta comporta una
riduzione della zona fundica secernente e un allarga
mento corrispondente della zona a secrezione mucoalca
lina a potere neutralizzante, ed una pi ampia superficie
di riassorbimento delle valenze acide. La secrezione clo

ridrica resta pertanto anche nelle ulcere gastriche con

normoipocloridria un fattore patogenetico determinante,


anche se non apparente. L'ipersecrezione cloridrica, in
tutti questi casi, mantenuta soprattutto da un iperincre

zione gastrinica; nelle ulcere del I tipo di Johnson (a sede


14

IPERCLORIDRIA E IPOCLORIDRIA

angolare o soprangolare) l'ipergastrinismo mantenuto


dal costante reflusso duodenogastrico per incontinenza

pilorica e nelle ulcere del II tipo, cio quelle associate ad


ulcera duodenale, dalla presesenza di una relativa stasi
gastrica.

Le ipocloridrie temporanee sono conseguenti a situa


zioni psichiche di tipo inibitorio (stati di paura o di sco
raggiamento) o a situazioni dolorose o ad alimentazione
incongrua, povera di sostanze estrattive stimolanti o ec
cedente di sostanze irritanti; ipocloridrie temporanee si

hanno anche per azione di farmaci inibenti (vagolitici o


Johnson suddivise le ulcere gastriche in 3 tipi. Il I tipo, che

rappresenta un poco pi della met delle ulcere, localizzato in


sede angolare o soprangolare e si associa a uno stato ipersecre
tivo gastrico; il II tipo dato dall'ulcera gastrica associata all'ul
cera duodenale (attiva o cicatriziale); il III tipo dato dall'ul

cera gastrica sottoangolare. Sia il II che il III tipo sono associati


a uno stato ipersecretivo gastrico.

Nelle ulcere gastriche l'azione lesiva della secrezione


acida potenziata dalla presenza della bile nel lume ga
strico e dalla ridotta capacit di difesa della mucosa ga
strica. Secondo un'ipotesi patogenetica recente di Fid
dian-Green, tutte le ulcere peptiche deriverebbero da un

primitivo deficit duodenale di adattamento all'acidit


(difetto di secrezione mucoalcalina e d'increzione secreti
nica, e difetto di degradazione gastrinica); un abnorme
reflusso duodenogastrico e un'iperincrezione gastrinica
sarebbero una conseguenza patogeneticamente impor

tante; l'iperparietalismo e l'ipercloridria lesiva sarebbero


infine l'ultimo anello della sequenza patogenetica.
L'ipercloridria locale anche il motivo patogenetico
determinante delle ulcere anastomotiche postoperatorie;
come per le ulcere gastriche, l'ipercloridria non appare

sia per la fuga del secreto attraverso la stomia sia per il


reflusso biliare. L'ipersecrezione conseguente ad
un'insufficiente resezione della zona mucosa fundica

(BAO ridotta e MAO elevata) e/o alla persistenza di una


zona gastrinosecernente antrale o duodenale (BAO e
MAO elevate). In qualche caso anche ipotizzabile una
carente azione neutralizzante del flusso biliopancreatico,
scarso, ostacolato o deviato.

L'ipercloridria elevata presente in tutte le ipergastrin


emie primitive: BAO maggiore di 15 mEq/h con un

rapporto BAO/MAO eguale o maggiore di 0,6; secre


zione notturna superiore a 100 mEq. Di esse, raccolte
nella sindrome di Zollinger-Ellison, conosciamo due tipi:
il I tipo, molto raro, sostenuto da un'iperplasia ac
centuata delle cellule G dell'antro; il II tipo, pi fre

quente, dato da gastrinomi localizzati nel pancreas o


nel duodeno. L'ipergastrinemia, sempre superiore ai 300

x-bloccanti, etc.) o negli stati di alcalosi.

Le ipocloridrie permanenti di natura cosiddetta funzio


nale sono state descritte in varie affezioni addominali

dolorose (epatobiliari, pancreatiche, renali, coliche) ed


attribuite nel passato a riflessi visceroviscerali inibenti.
Oggi la loro interpretazione riesce meno facile; non si
pu infatti escludere che una pi approfondita cono
scenza degli enterormoni non dia una spiegazione fisio
patologica pi completa di queste interrelazioni digestive.
Le ipocloridrie permanenti organiche si hanno in varie
situazioni. Esiste certamente un ipoparietalismo primitivo

su base genetico-familiare, nell'ambito di un'ipoadenia


gastrica globale, ed stato descritto con frequenza nei
familiari di soggetti affetti da gastrite atrofica e neoplasie
gastriche. Ipocloridrie costituzionali si avrebbero con
maggiore frequenza nei soggetti con gruppo sanguigno A.
Le ipocloridrie pi frequenti si hanno nelle gastriti
croniche sia di tipo superficiale sia a carattere preatrofico
o atrofico. Nelle forme superficiali l'ipocloridria si stabi
lisce con un meccanismo di retrodiffusione idrogenionica

legato alla sofferenza della barriera mucosa; nelle forme


gastritiche pi avanzate un tale meccanismo resta valido
ma ad esso si aggiunge il graduale depauperamento delle
strutture ghiandolari. L'ipergastrinemia, a carattere com
pensatorio, si associa all'ipocloridria gastritica ma rap
presenta un fenomeno del tutto transitorio in quelle
forme cosiddette ascendenti, nelle quali la sofferenza
strutturale dell'antro, dovuta al reflusso biliare, coinvolge

precocemente le cellule G. Nelle pi rare gastriti primi


tive della regione fundica, da probabile danno autoim
mune delle cellule parietali, l'ipergastrinemia invece un
atteggiamento persistente e discriminante.
Le ipocloridrie da ipersecrezione mucoalcalina si pos
sono verificare nelle gastriti superficiali ma riconoscono la
loro forma paradigmatica nella malattia di Mntrier
(metaplasia gastrica gigantoplicare con iperadenia delle
cellule mucosecernenti ghiandolari ed epiteliali) (v. GA
sTRITI; GASTRoENTERoPATIE PROTEINoDISPERDENTI), nella

ng/ml, nelle forme del I tipo aumenta notevolmente dopo

quale la dispersione di materiale proteico nel secreto ga


strico rappresenta l'aspetto fisiopatologico di valore dia

un pasto proteico mentre nelle forme del II tipo viene

gnostico discriminativo.

notevolmente incentivata da un'infusione di calcio o dopo

Le ipocloridrie nelle neoplasie dello stomaco sono un


reperto di grande frequenza, ma nella grande maggio

la somministrazione di secretina. La sindrome di Zollin

ger-Ellison, secondo l'opinione di molti AA., sarebbe


sempre secondaria e successiva ad una situazione iper
cloridrica protratta; l'ipergastrinismo antrale porterebbe
alle forme del I tipo, mentre l'ipergastrinismo duodenale

ranza dei casi sono dovute all'involuzione atrofica della

mucosa preesistente all'insorgenza della neoplasia. In


realt la mutazione cellulare neoplasica e lo sviluppo tu
morale ancora circoscritto non influenzano certamente la

sarebbe la causa determinante dei gastrinomi duodenali o

secrezione cloridrica; in alcuni tumori gastrici insorti su

pancreatici (v. anche: zoLLINGER-ELLISON, SINDROME DI).

cicatrici ulcerose o in zone limitate di metaplasia non

Con una certa frequenza si hanno anche ipergastrin


emie secondarie, associate spesso ma non sempre ad un'i

raro trovare una normocloridria o anche un'ipercloridria.

percloridria: nelle stenosi piloriche di qualsiasi natura,


per stimolazione antrale da stasi; negli stati ipercalcemici
da iperparatiroidismo primitivo o secondario ad affezioni
renali croniche, per stimolazione gastrinica duodenale;
dopo anastomosi porto-cava e dopo by-pass o ampie re
sezioni tenuali, per difetto di degradazione gastrinica;
nelle rare mastocitosi.

L'estensione del processo neoplastico a zone sempre pi


ampie della parete gastrica si associa ad ulteriori motivi
di iposecrezione,sia per un effetto inibente o lesivo sulle
cellule G antrali e sulle ghiandole fundiche superstiti, sia
per l'immissione nel lume gastrico di materiale muco
proteico di provenienza neoplasica.

Le ipocloridrie dello stomaco operato derivano ovvia


mente dalla drastica riduzione della superficie secernente

o dalla resezione dei vaghi; in effetti la stabilit della si


tuazione iposecretiva e l'efficacia preventiva dell'inter

Ipocloridria
Uno stato ipocloridrico pu essere temporaneo o perma

vento sulle recidive ulcerose sono soprattutto legate alla

nente.

resezione della zona gastrinosecernente antroduodenale.

15

16

IPERCOMPLEMENTEMIE E IPOCOMPLEMENTEMIE

Una rara ma molto interessante categoria di ipoclori


drie quella ormonale, da iperproduzione di ormoni ini
benti la gastrina; ricordiamo la sindrome di Verner-Mor
rison (v. vERNER-MORRIsoN, sINDROME DI) sostenuta da
vipomi enterici o pancreatici e i rarissimi somatostati
nomi; anche nei carcinomi midollari della tiroide l'ipo
cloridria dovuta all'effetto antigastrinico della calcito

plementemie familiari, talora asintomatiche, talora asso


ciate ad una sindrome convulsiva.

In corso di processi infiammatori e infettivi acuti quali


osteomielite, pielonefrite, foruncolosi, ascessi perianali,
polmonite, e in una particolare entit nosologica dell'in
fanzia l'otite media pneumococcica recidivante
stato dimostrato un aumento del CHgo, del fattore B, del

Tlla.

C4, del C2, del C3 e del C9.


Nell'infarto del miocardio, nelle ustioni e in altre con

Cenni clinici

dizioni patologiche caratterizzate da necrosi tessutale si


pu osservare un'ipercomplementemia che ben si correla
con gli altri indici di attivit della malattia.
Nel reumatismo articolare acuto, nella spondilite an
chilosante, nella gotta, nell'artropatia psoriasica, nella

Le iper- e le ipocloridrie non hanno un corrispettivo


sintomatologico sicuro, che ne consenta un'individuazione
clinica senza un adeguato studio funzionale; non rara
mente si trovano quadri clinici simili in soggetti con at
teggiamenti funzionali antitetici ed sempre impossibile
stabilire una proporzionalit tra l'evidenza dei disturbi
digestivi e l'entit delle deviazioni funzionali. Queste di
scordanze trovano una logica spiegazione nel ruolo se

sindrome di Reiter, nella connettivite mista, nell'osteoar

trosi, nell'arterite gigantocellulare e nella sindrome di


Behet il CHgo e i valori sierici delle singole componenti
del sistema complementare sono spesso elevati. Concen
trazioni sieriche normali o aumentate del C4 e del C3

condario dei disordini secretivi nel determinismo della

sintomatologia dispeptica, rispetto al ruolo preponderante


dei disordini tonici e dinamici della parete gastroduode
nale. In un certo numero di casi, comunque, la situazione
ipercloridrica si accompagna ad una sintomatologia do
lorosa postprandiale tardiva, a pirosi e a stipsi, anche
senza la reale presenza di una lesione ulcerativa; la situa
zione ipocloridrica pi spesso asintomatica e semmai si
rivela pi con disturbi dell'alvo che con sintomi dispe
ptici. Un corretto studio funzionale gastrico, corredato
con una indagine gastrinemica completa, resta pertanto
una tappa indispensabile della diagnostica gastroentero
logica, ricca di prospettive fisiopatologiche e di pratica
utilit, per una corretta terapia funzionale medica o chi
rurgica.

C4 sono ai limiti bassi della norma.

Nel lupus eritematoso disseminato il complemento


quasi sempre ridotto; tuttavia nei pazienti con interessa
mento renale e in remissione clinica e sierologica la con
centrazione sierica del C9 spesso aumentata.
Anche nella patologia epatobiliare dimostrabile tal
volta un'ipercomplementemia dovuta ad un incremento
nella sintesi piuttosto che alla liberazione di componenti
preformate.

In particolare l'aumento del C3 sembra essere un in


dice significativo di ostruzione biliare; nell'epatite virale
tale frazione spesso aumentata, indipendentemente
dalle modificazioni degli enzimi sierici; nella cirrosi bi

liare l'aumento del C3 spesso associato a quello del C5,

Bibliografia
Baron J. H., Scand. J. Gastroenterol., 1976.

Blum A. L., Peter P., Kreis G. J., Acta Hepatogastroenterol.,


1975, 22, 47; 123.
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Rovelstad R. A., Am. J. Dig. Dis., 1976, 21, 165.

Sun D. C. H., Roth J. L. A., in Bockus H. L., Gastroenterology,


I, 1974, Saunders, Philadelphia.

sono rilevabili nella maggior parte dei pazienti con artrite


reumatoide, mentre nel liquido sinoviale il C1q, il C3 e il

H., Grossman M. I., N. Engl. J. Med., 1975, 292,


GIORGIO NAVA

IPERCOMPLEMENTEMIIE E IPOCOMPLEMENTE
MIE

F. hypercomplmentmies et hypocomplmentmies. - I.
hypercomplementemias and hypocomplementemias. - T.

del C7 e del CHgo.


Lo studio dell'attivit complementare nei pazienti
portatori di neoplasie ha dato risultati contrastanti sia per
la disomogeneit delle casistiche esaminate, sia per le
modificazioni indotte dalla terapia immunodepressiva o
immunostimolante cui tali pazienti sono sottoposti. Sia
ipercomplementemie sia ipocomplementemie sono state
riscontrate in corso di morbo di Hodgkin, di linfomi non
Hodgkin, nella leucemia linfoblastica acuta e nelle neo
plasie solide.
Alcuni farmaci quali l'eparina, i derivati corticoidi di

tipo cortisonico e il levamisolo sembrano in grado di de


terminare un aumento dell'attivit litica del siero.

Ipocomplementemie

Uberkomplementmien und Hypokomplementmien. - s.

hipercomplementemias e hipocomplementemias.

La riduzione del CHso e/o di una o pi frazioni del si

Ipercomplementemie

stema complementare pu riconoscere diversi meccanismi


etiopatogenetici. Fra questi, ricordiamo il difetto conge
nito o acquisito nella sintesi delle componenti comple

Un aumento dell'attivit emolitica del siero (CHso) o di

mentari e/o dei meccanismi di controllo, la fissazione o

una o pi frazioni del sistema complementare (v. COM


PLEMENTo) di frequente osservazione nella pratica cli
nica e spesso si associa a manifestazioni patologiche pi
severe di quelle descritte in corso di ipocomplementemia.
Tale incremento pu essere attribuito sia ad un'au
mentata produzione ad opera delle cellule capaci di sin
tetizzare le varie frazioni del complemento, consumate o

l'attivazione in vivo, l'aumentato catabolismo non com

pensato da un'aumentata sintesi, la perdita passiva.


Secondo Rother, i sintomi clinici che pi frequente
mente si associano ad ipocomplementemia sono: l'ema
turia, le infezioni ricorrenti, la dermatite generalizzata
seborroica, la sindrome di Raynaud, le alterazioni cuta
nee a farfalla, l'edema angioneurotico, l'orticaria, le

fissate dai meccanismi immunologici che caratterizzano la

artropatie, la dermatomiosite, la porpora anafilattoide

malattia di base, sia ad un difetto del catabolismo.

cronica e la lipodistrofia.

In condizioni fisiologiche, elevati titoli del CHso sono


stati osservati durante la gravidanza e in soggetti sotto
posti a sforzi fisici prolungati. Esistono altres ipercom

voce IMMUNoDEFICIENZE, deficit del sistema complemen


tare (VII, 1490).

17

Dei difetti congeniti del complemento si trattato alla

18

IPERCOMPLEMENTEMIE E IPOCOMPLEMENTEMIE

Nella glomerulonefrite acuta post-streptococcica si assi


ste ad una precoce riduzione di tutte le componenti del
complemento tranne che del C1; dopo due o tre giorni
eccezione del C3 e del C5, aumentano sino a raggiungere
i limiti della norma. La terza e la quinta componente del
complemento e la properdina ritornano ai livelli normali
pi tardi, di solito entro uno o due mesi.
Reperto costante della glomerulonefrite cronica mem
branoproliferativa o mesangiocapillare o glomerulonefrite
cronica ipocomplementemica o nefrite progressiva la

normali del CHgo e del C3 parallelo ad una riduzione de


gli immunocomplessi circolanti. Nel lupus con angioite
necrotizzante si osservano, inoltre, tassi ridotti di CHgo,
C1, C4, C2, C3, C9 e fattore D. Per quanto riguarda la
prognosi, questa pi grave nei pazienti con livelli parti
colarmente bassi di C1q, relativamente favorevole in
quelli senza notevoli alterazioni complementari. La pre
senza in alcuni pazienti con deficit ereditari del comple
mento di sindromi simillupiche ha posto il problema se il
disordine complementare osservato nel lupus sia solo
conseguenza o anche uno dei fattori etiopatogenetici

bassa attivit emolitica del siero e la riduzione del C3,

della malattia.

del C5 e la presenza di prodotti di clivaggio del C3


(C3d); il C4 e il C2 sono spesso ai limiti bassi della

Nell'artrite reumatoide l'attivit del complemento


stata studiata nel siero, nei liquidi sinoviali e nei versa
menti pleurici e pericardici. Il siero generalmente pre
senta valori normali o aumentati delle varie componenti
complementari (v. sopra). In un 5% dei casi sono rilevabili,
tuttavia, un ridotto CHgo ed una diminuzione del C3, del
C4 e del C1q; riduzioni pi evidenti si osservano nei pa

dall'esordio clinico i valori sierici dei diversi fattori, ad

norma o lievemente ridotti. Il fattore B diminuito e

cos il fattore D; la properdina pu essere quantitativa


mente normale o ridotta. Secondo Ruddy possibile
differenziare dal punto di vista ultrastrutturale due va
riet di glomerulonefrite membranoproliferativa; nella
prima, in cui i depositi sono subendoteliali, il C3 e il C4
sierici sono ridotti; nella seconda, in cui i depositi sono
intramembranosi, mentre il C3 ridotto, il C4 normale.

Nel siero di questi pazienti stata dimostrata la presenza


di un'immunoglobulina in grado di clivare il C3 di un
siero umano normale ma non il C3 purificato, denomi
nata fattore nefritogeno o C3NeF. Il C3NeF, per poter
svolgere la sua azione, sembra richiedere la presenza del
fattore B, ed in grado di generare la C3-convertasi so
lubile in presenza di C3 nativo, fattore B e fattore D.
In patologia umana frequente l'osservazione della
comparsa di glomerulonefrite in pazienti con deficit del
C1 inibitore (C1INH), del C2 e del C3 nonch in sog
getti con lipodistrofia parziale e ipocomplementemia.
probabile che tale ipocomplementemia instauri una con
dizione di immunodeficienza in cui la persistenza dell'an
tigene pu portare ad un'infezione cronica o ad una ma
lattia da immunocomplessi.
Nella malattia di Berger o glomerulonefrite focale pro
liferativa ipotizzabile l'interessamento della via alterna
tiva del complemento, come dimostrano i depositi nella
biopsia renale a livello del mesangio, di C3 e properdina
spesso associati a quelli di IgA e talora di IgG.
Numerosi dati clinici e sperimentali evidenziano l'in
teressamento del complemento nel lupus eritematoso
sistemico (LES).
Tra questi la frequente osservazione di un'ipocomple
mentemia associata a depositi di alcuni fattori comple
mentari nelle biopsie renali e cutanee, la dimostrazione
nel siero di alcuni pazienti di due fattori in grado di atti
vare la via alternativa e la recente osservazione di una

particolare incidenza di sindromi simillupiche con o senza


anticorpi antinucleo in pazienti con deficit ereditari di al
cune componenti complementari.
Le modificazioni del complemento sierico interessano
sia i fattori della via classica sia quelli della via alterna
tiva, come dimostra la riduzione del C1, del C2, del

C3, del C4, della properdina e del fattore B. Durante le


fasi di attivit della malattia i fattori del complemento,
gi depressi, subiscono un'ulteriore diminuzione, correla
bile spesso con un evidente impegno renale e talora con
uno sfavorevole significato prognostico. In particolare,
una forte riduzione del C4 pu preannunciare un immi
nente aggravamento, durante il quale anche il CHso, il
C1q e il C3 si riducono. Se la riduzione del C3 marcata
e sono contemporaneamente interessati il C9, il fattore D
e talora il C5 e il C6, sospettabile l'interessamento re
nale. La remissione clinica indotta da terapia corticoste
roidea spesso accompagnata da un ritorno ai valori
19

zienti con alto titolo di fattore reumatoide, interessa

mento vascolare, noduli sottocutanei e sindrome di Felty.


stata talora dimostrata una riduzione dei livelli sierici
di properdina e di fattore B, la presenza di prodotti di
clivaggio del fattore B e quella di prodotti di degrada
zione del C3b(C3c e C3d) dovuta all'azione sul C3b del
C3bIN o del KAF presenti in eccesso.
Nelle anemie emolitiche autoimmuni da anticorpi caldi,
sia nelle forme idiopatiche sia in quelle secondarie, gli
anticorpi sono del tipo IgG e spesso in grado di fissare il
complemento. In questi casi sia il CHgo sia il C3 sono al
di sotto della norma, per un aumento dell'utilizzazione
eritrocitaria e per un incremento del catabolismo non
compensato da un'aumentata sintesi. Nelle anemie emo
litiche autoimmuni da anticorpi freddi l'anticorpo anti
eritrocitario spesso diretto verso l'antigene ubiquitario I
e come tale fissa il complemento. A 37C sulla superficie
delle emazie dimostrabile solo il complemento ma non
l'anticorpo, che viene eluito e si ritrova libero nel siero;
dei fattori del complemento spesso sono dimostrabili il
C3, il C4 e talora il C2.

Un'ipocomplementemia stata talvolta dimostrata


nella emoglobinuria parossistica notturna di Marchiafava
Micheli in cui la lisi eritrocitaria la conseguenza dell'a
zione del complemento su eritrociti che presentano alte
razioni di membrana tali da renderli particolarmente
sensibili alla sua azione.

In corso di anemia drepanocitica stata segnalata una


riduzione del fattore B, probabilmente dovuta ad un
consumo in vivo per attivazione della via alternativa ad
opera delle emazie lisate. Nella coagulopatia da consumo
la riduzione di alcuni componenti del sistema emocoagu
lativo (fattore V, VIII, fibrinogeno, piastrine, plasmino

geno) si accompagna ad una diminuzione del C3, C4 e


del C3 proattivatore. Nella crioglobulinemia frequente
la riduzione funzionale del C1, del C4 e del C2.
In corso di cirrosi epatica e di epatiti croniche, Inai e
coll. hanno posto in evidenza un ridotto CHgo del siero e
un normale CHgo del plasma. Nelle forme di epatite virale
con stadio prodromico caratterizzato da artralgie, artrite

e rashes cutanei di tipo orticarioide, i livelli del C4 sono


marcatamente ridotti, moderatamente quelli del C3 men

tre il C1q pu essere normale, aumentato o diminuito.


Nello shock che sopravviene in corso di dengue si assi
ste ad una riduzione dei valori sierici del C3, C4, C5 e
del fattore B.

Nella tripanosomiasi sono caratteristici i bassi valori del


C3, del C4 e del fattore B; dopo terapia presente un
aumento del C3.

20

IPEREMIA

Nell'asma bronchiale stato riportato un aumento dei


livelli sierici del C4 nei bambini, una diminuzione di

questo fattore e un aumento del C7 negli adulti.


Anche in corso di infarto del miocardio stata dimo
strata la partecipazione del complemento. Le membrane

plezione ematica di un distretto la conseguenza di fe


nomeni di vasodilatazione arteriolare, in seguito alla
quale si verifica un aumentato flusso di sangue arterioso
nel distretto interessato, che assume un colorito rosso

vivo (proprio dell'emoglobina ossigenata).

mitocondriali di fibrocellule miocardiche consumano le

La i. passiva o venosa invece la condizione di conge

prime componenti del complemento C1, C4, C2 e C3 ma


non le ultime da C6 a C9. Accanto ai casi, gi segnalati,
di ipercomplementemia, nel siero di pazienti infartuati,

stione ematica locale dovuta a ostacolato deflusso di san

il flusso di sangue nella zona diminuito e rallentato,per

studiati entro 72 h dal ricovero, sono stati riscontrati casi

cui il distretto iperemico ha colorito rosso-scuro, livido

con bassi livelli di C1, C4 e C3.

(proprio dell'emoglobina ridotta).

Bibliografia

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gue in corrispondenza dei piccoli vasi venosi; in tal caso

Le i. attive possono essere osservate soltanto in tessuti


viventi, poich esse scompaiono dopo la morte. Quelle i.
che, invece, persistono dopo la morte hanno certamente
profili patogenetici passivi.

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LUIGI FONTANA E CLAUDIO DE SIMONE

Iperemie attive
Le i. attive possono essere classificate nelle forme se
guenti.
Iperemie funzionali. In condizioni normali si ha va
sodilatazione in un organo che lavora. Ci rilevabile in
particolare in corrispondenza di alcuni organi ad attivit
discontinua come lo stomaco, la cui mucosa si arrossa

nelle fasi digestive, e il muscolo durante il lavoro musco


lare. I. funzionale anche quella dei tessuti erettili, che si
produce per stimolazione delle fibre colinergiche para
simpatiche (v. sotto).
Una particolare forma di i. funzionale l'i. compensa
toria, che si stabilisce in un organo simmetrico (testicolo,
rene, polmone) dopo asportazione dell'omologo contro
laterale.

Iperemie da cause fisiche e chimiche. Sono dovute ad


azione diretta, localizzata, del calore, delle radiazioni U.
IPEREMIESI GRAVIDICA

F. hypermse gravidique. - I. hyperemesis gravidarum. T. Hyperemesis gravidarum. - s. hiperemesis gravidica.

V. e gamma, dei raggi X. Anche fattori meccanici, quali


ad es. il massaggio e il grattamento, possono causare i.
Alcuni fenomeni iperemici cutanei, ad es. quelli da esposi

S'intende col termine iperemesi gravidica la comparsa nel


corso della gravidanza di uno stato patologico caratteriz
zato da vomito frequente, incoercibile. Alcuni AA. dif

ferenziano l'i. g. dal vomito semplice della gravidanza in


base ad un criterio di gravit del quadro clinico: nell'i.g.
il vomito, cospicuo e ripetuto, darebbe luogo a un quadro
generale di gravit variabile, caratterizzato da dimagra
mento, ipotensione, aumento delle pulsazioni, dispnea,
vertigini e spasmi. Nel vomito semplice, invece, non si
avrebbero ripercussioni sullo stato generale della gravida.

zione al sole e da scottatura di primo grado, vengono indicati


con il termine eritema. L'eritema (v.) si presenta come semplice
arrossamento e rientra fra le lesioni dermatologiche elementari
(v. TEGUMENTARIO sISTEMA).

La produzione di eritema cutaneo un modo per misurare


biologicamente i raggi X, valutandoli come dose iperemizzante
cutanea (dose eritema).

Tra gli agenti chimici capaci di provocare i. si ricor


dano le sostanze caustiche, vescicanti e rubefacenti.

Iperemia flogistica. L'i. costituisce un fenomeno fon

Per la trattazione dell'i. g., v. GESTosi.


RED.

damentale dell'infiammazione, ed stata da Celso indi

cata come segno cardinale di essa col sostantivo latino


IPEREMIA

F. hypermie. - I. hyperemia. - T. Hypermie. - s. hiper


emia.

rubor (v. INFIAMMAZIONE).


Di natura flogistica anche l'i. attiva che accompagna
alcune reazioni immunitarie, naturali o sperimentali

(ipersensibilit ritardata, fenomeno di Arthus, etc.).


SOMMARIO

Definizione (col.21). - Iperemie attive (col. 22). - Iperemie pas


sive (col. 23). - Patogenesi (col. 24). - Conseguenze dell'ipere
mia (col. 25).

Definizione

Si definisce iperemia o congestione (v.) quella condizione


nella quale si verifica un aumento della quantit di san
gue contenuta in un organo o in parte di esso. L'i. si di

stingue in i. attiva e i. passiva. Il termine congestione


usato maggiormente nel riferimento all'i. passiva.
Si parla di i. attiva o arteriosa quando la notevole re
21

Iperemie neurogene. Le i. di origine nervosa (neuro


gene) sono determinate da un'alterata funzione vasomo
toria. Si distinguono in neurotoniche e in neuroparalitiche,
a seconda che siano dovute a eccitazione dei nervi vaso

dilatatori (parasimpatici) con depressione dei vasoco


strittori (simpatici) o alla paralisi dei nervi vasocostrittori.
I. neurogene si possono produrre nell'uomo in conse
guenza della sezione accidentale di fibre nervose periva

scolari (con soppressione dell'innervazione simpatica),


quale pu verificarsi in seguito a ferite o in corso di in
terventi chirurgici, o in seguito all'asportazione di gangli
paravertebrali; artificialmente esse possono essere provo
cate da stimoli chimici e biologici agenti sul parasimpa
tico e sul simpatico (v. sotto).
22

IPEREMIA

Sono anche considerate neurogene le i. a distanza che


interessano il volto nel corso di infezioni generali, quali

legature, sclerosi degli organi (ad es. cirrosi epatica), ci


catrici, ectasie venose (ad es. varici), etc. I. passiva pu

meningite e polmonite, le i. riflesse che accompagnano

essere determinata anche dalla diminuzione dell'afflusso

lesioni flogistiche dei nervi (ad es., arrossamento della


met omolaterale del viso in caso di nevralgia del trige
mino) e le i. dei tessuti in attiva rigenerazione persistenti
dopo la completa ricostruzione del tessuto.
Rientrano in questo gruppo alcune i. di origine psi
chica, come ad es. l'improvviso rossore della faccia (Bell,

arterioso: in questa evenienza l'eccessivo rallentamento


della corrente sanguigna e le alterazioni endoteliali che
derivano dall'ischemia facilitano il ristagno venoso nella
parte interessata: i. peristatica. Con l'aggravarsi del di
sturbo circolatorio locale, da questa forma di i. peristatica
si passa facilmente verso l'i. prestatica. Questa corri
sponde a una fase di alterazione circolatoria dei piccoli
vasi, la quale precede la cessazione della circolazione
ematica o stasi e si accompagna a profonde alterazioni
del sangue (separazione del plasma dagli elementi figu
rati) e delle pareti vascolari, con conseguenti soffusioni
emorragiche (Dietrich, 1937).

1952).
Con un gioco dei nervi vasomotori si spiega anche l'i.
di un distretto conseguente all'ischemia di un altro di
stretto: la diminuzione dell'irrorazione ematica di tessuti

superficiali, quale si verifica ad es. per incidenza sulla


cute di stimoli refrigeranti vasocostrittori, comporta con
gestione di tessuti profondi.
Iperemia ex vacuo. Si verifica in seguito allo svuota
mento troppo rapido da cavit naturali di abbondanti
raccolte di liquido (essudato o trasudato dalle cavit
pleurica o peritoneale, urina dalla vescica). I vasi delle
pareti, i quali sotto l'azione della compressione avevano
perso il tono muscolare, non lo riacquistano immediata
mente all'improvvisa sua cessazione e si dilatano, dando
luogo talvolta anche a piccole emorragie capillari (petec
chie).
I. ex vacuo si provocano artificialmente per mezzo di
coppette o di suzioni.
Iperemia postischemica. Analoga alla precedente
l'i. che segue a un'anemia da compressione o da farmaci;
anch'essa si accompagna spesso a emorragie capillari, do
vute a sofferenza degli endoteli vasali causata dall'ische

Con l'estrema riduzione del flusso ematico di un distretto cir

colatorio si arriva alla stasi quasi completa e si determina spesso


una notevole replezione di sangue nei capillari, nelle venule e
nelle piccole vene; si ha, cio, l'i. da stasi, che comporta sempre
alterazioni trofiche delle pareti vascolari, le quali divengono
permeabili al plasma (per cui l'i. da stasi si complica con feno
meni edematosi) e si lasciano persino attraversare dalle cellule
ematiche (per cui l'i. da stasi tende ad assumere inizialmente
carattere emorragico e a distanza di tempo si arricchisce di ma
teriale emosiderinico).

Le cause generali di i. passiva sono le malattie del


cuore e dei polmoni. Tutte le malattie cardiache in stato
di scompenso determinano i. venosa periferica e spesso
anche polmonare ed epatica.
La patogenesi dell'i. venosa o congestione da insufficienza cir

IT1a.

colatoria piuttosto complessa. Vi in ogni modo implicato

Iperemia angiogena. Si tratta di i. conseguenti a le


sioni vascolari. Nel campo delle i. attive rientrano in
questo gruppo le i. glomiche (apertura di cortocircuiti
glomici), le i. da lesioni plessiformi dei vasi e l'i. collate
rale.

I glomi (il termine di Masson, 1924) sono dei recettori


neuromiomatosi, i quali sono sensibili alle variazioni di tempe
ratura e regolano il flusso arteriolare. Sono situati ovunque nella
pelle, particolarmente nella porzione distale delle dita delle mani
e dei piedi, specie sotto le unghie. La struttura del glomo com
prende un'arteria afferente, un'anastomosi arterovenosa e una
vena efferente; questa anastomosi vasale circondata da cellule
endoteliali piuttosto atipiche e di aspetto simile in parte a cellule
epitelioidi, in parte a cellule muscolari lisce; nello stroma vi
sono anche fibre nervose amieliniche.

Le i. glomiche sono alla base di sindromi dolorose de


gli arti, accompagnate da spiacevole sensazione di calore:
sono dovute a scarico localizzato, in corrispondenza della
malformazione glomica, di sangue arterioso direttamente
nella rete dei vasi venosi. Si risolvono soltanto con l'a

sportazione della malformazione glomica.


L'i. collaterale si verifica in seguito ad occlusione,

spontanea (da compressione, emboli, trombi, etc.) o pro


vocata (legatura), di un'arteria, quando a monte della le
sione occlusiva esiste la possibilit anatomica di un cir
colo collaterale. Questo argomento stato trattato nella

l'aumento della pressione venosa (v. cUoRE, scompenso cardiaco


congestizio).

Tra le malattie polmonari si ricorda in questo contesto


l'enfisema essenziale del polmone che, attraverso la note
vole riduzione del letto capillare polmonare, finisce col
determinare un ostacolo nel piccolo circolo, causa a sua
volta di ipertrofia fino allo sfiancamento del ventricolo
destro; ne segue i. venosa che interessa particolarmente
le parti declivi del corpo e gli organi pi vascolarizzati
(fegato, rene, milza).
Patogenesi
Numerosi fattori entrano nel gioco del determinismo dell'i.
(Scott et al., 1970): circolatori, nervosi, umorali e metabolici.
Nei tessuti, durante l'attivit metabolica, si producono so
stanze che diffondono verso le pareti dei piccoli vasi e vi indu
cono fenomeni di vasodilatazione; tra queste sostanze sono da
considerare innanzitutto il CO, e altri cataboliti acidi (ac. piru
vico, ac. lattico), importanti per la regolazione del flusso ematico
nel tessuto nervoso centrale, meno importanti per quella del
l'irrorazione ematica del tessuto muscolare, anche se in epoca
pi recente si provato sperimentalmente che l'acidosi iperca
pnica locale capace, nel cane, di condizionare i. nel tessuto

muscolare scheletrico (Deal e Green, 1954; Kontos et al., 1971).

cedono la formazione di ponfi nelle reazioni allergiche e


le i. generalizzate in relazione all'inoculazione endove

Nel caso dell'i. funzionale dei muscoli ha una certa parte il fe


nomeno dell'ipossia associato a quello della liberazione di po
tassio, poich entrambi aboliscono la normale vasocostrizione
simpatica (Skinner e Costin, 1969).
Le sostanze metaboliche vasoattive vengono di continuo
asportate dal flusso ematico e soprattutto da quello linfatico. Se
s'interrompe la circolazione del sangue, detti metaboliti si accu

nosa di farmaci (ad es. preparati di calcio).

mulano nei tessuti; quando si rimuove la causa dell'interruzione

VOCC

INFARTO,

I. da azione diretta sui vasi sono le i. cutanee che pre

l'i. reattiva postischemica che si verifica da riferire all'accu

mulo dei metaboliti nella parete dei vasi (Hilton, 1962).


Iperemie passive

Le i. passive riconoscono cause locali e cause generali. Le


cause locali sono rappresentate da trombi, compressione,
23

Durante l'attivit metabolica delle ghiandole salivari,fra le

varie sostanze che si producono si trovano alcune kinine, indi


stinguibili dalla bradikinina. Si ha motivo di ritenere che la bra
24

IPEREMIA

dikinina sia il mediatore chimico dell'attivit dei nervi vasodila

tatori; in effetti con la bradikinina si producono fenomeni iper


emici funzionali perfettamente corrispondenti a quelli da sti
molazione dei nervi vasodilatatori (Hilton e Lewis, 1955). Le
kinine intervengono anche nella vasodilatazione cutanea da
esposizione al calore (Fox e Hilton, 1958) e sono presenti nella
secrezione delle ghiandole sudoripare e lagrimali e in quella
nasale.

Per quanto si riferisce all'i. funzionale dei muscoli scheletrici,


si gi accennato che il determinismo dev'essere concepito pre
valentemente sulla base di effetti nervosi riflessi. Tuttavia questi
sono messi in moto da varie sostanze; ad es., il riflesso vasodila
tatore muscolocutaneo degli arti stimolato da istamina, colina
e noradrenalina. Le prime due agiscono attraverso la stimola
zione delle sezioni istaminergiche e rispettivamente colinergiche
del simpatico, mentre la noradrenalina attiva i barocettori
(Zimmermann, 1969; Brody e Shaffer, 1970).
L'implicazione delle fibre simpatiche istaminergiche e coliner
giche confermata dal fatto che alcune forme di i. sono inibite,
rispettivamente, da antistaminici (ad es. tripelennamina) o da
atropina.
Circa la patogenesi dell'i. reattiva postischemica, si deve an
cora dire che oltre all'accumulo di cataboliti e all'azione della

bradikinina, gi presi in considerazione, intervengono altri fe


nomeni patologici, quali la ridotta distruzione delle kinine ad
opera delle kininasi e la mancata asportazione dei cataboliti e
delle kinine stesse per mezzo del drenaggio linfatico, che nella
fase dell'ischemia risulta bloccato (Hilton, 1962).
Per la patogenesi dell'i. flogistica, v. INFIAMMAZIONE.
In conclusione, nel determinismo delle i. pi francamente pa
tologiche intervengono molteplici fattori, alcuni dei quali sono

gli stessi, nervosi e umorali, che determinano i fenomeni iper


emici fisiologici, mentre altri, in forma di sostanze che si origi
nano dalle cellule danneggiate (Gross, 1958; Hilton, 1962;
Walter e Israel, 1965), sono peculiari di una condizione patolo
gica.

Effetti patologici possono verificarsi quando l'i. inte


ressa estesi distretti circolatori: in corrispondenza della
microcircolazione di quasi tutti i tessuti si verifica allora
una riduzione delle resistenze al flusso ematico, con ipo
tensione (shock); questi sono generalmente fenomeni
transitori. Cos pure un'i. attiva che s'instauri rapida
mente nel cervello pu provocare disturbi (ad es. cefalea,
ottundimento), e un'i. che interessi vasi alterati per arte
riosclerosi o aneurismi pu favorire la rottura dei vasi o
dell'aneurisma.

L'i. attiva non mai durevole, essendo presto o tardi


rimossa da fenomeni di compenso.
Pi temibili sono le conseguenze dell'i. passiva. Come
si gi detto, nell'i. passiva c' sempre un rallentamento
del flusso sanguigno con relativa anossia, alla quale gli
endoteli capillari sono particolarmente sensibili, dive
nendo permeabili al plasma e agli elementi figurati del
sangue. Nei tessuti interessati si determina quindi una
condizione di edema; se l'imbibizione edematosa si pro
lunga nel tempo pu provocare l'instaurarsi di alterazioni
permanenti.
Si sa infatti che la congestione ematica e l'edema sono fattori
patogenetici delle displasie disemiche, cio di lesioni consistenti
in proliferazioni dei tessuti parenchimali e soprattutto stromali.
A livello di alcune mucose (nasale, uterina, etc.), in particolare,
si finiscono col determinare ispessimenti, talora notevoli, come
anche accrescimenti poliposi; a livello dello stroma si determina
fibroplasia dei connettivi interessati, quale si osserva, ad es., a
carico del fegato in caso di i. da stasi perdurante a lungo, con
esito nel quadro del fegato noce moscata, caratterizzato da
fenomeni fibrosclerotici diffusi e atrofia delle cellule epatiche.

Caratteristico anche l'aspetto del polmone da stasi (induri


mento bruno del polmone).

Conseguenze dell'iperemia
Anche per le conseguenze dell'i. occorre distinguere tra i.
attiva e i. passiva.
Le i. attive molte volte hanno conseguenze fisiologiche:
aumento di attivit funzionale specifica, aumento del ca

lore (se si tratta di distretto superficiale, come si verifica


specialmente nel caso di apertura di cortocircuiti glo
mici), aumento del volume e della consistenza dei tessuti,
come avviene nella mucosa pituitaria per fenomeni con
gestizi (fig. 1), e soprattutto nei tessuti cavernosi, au
mento della motilit viscerale negli organi a muscolatura
liscia (intestino, vescica, bronchi).

Ovviamente l'iperplasia del connettivo e l'atrofia parenchimale


si riflettono in maniera negativa sulla funzionalit degli organi,
cosicch al disturbo meccanico di circolo si aggiunge anche un
deficit funzionale.

L'essudazione di liquido plasmatico a livello delle cavit sie

rose causa di versamenti (pleurici, peritoneali). Tipica della


stasi a livello del circolo portale l'ascite.
L'i. passiva pu anche danneggiare direttamente i vasi
venosi, provocandone la dilatazione (flebectasia). Ci pu
verificarsi a livello di vene quali quelle degli arti infe
riori, che vengono a trovarsi in condizioni idrodinamiche
particolarmente sfavorevoli, oppure di vene attraverso le
quali si realizza un circolo venoso collaterale (ad es., le
vene esofagee in caso di ostacolo al deflusso nel circolo
portale).
Nei distretti nei quali un'intensa i. passiva si protrae a
lungo si verificano frequentemente petecchie e soffusioni
emorragiche e pertanto si viene a produrre nei tessuti
infiltrazione di emoglobina, anche se non sempre facil

mente apprezzabile sotto l'aspetto macroscopico. Gli


esami microscopici di tali tessuti consentono di rilevare
spesso la presenza di cellule macrofagiche il cui citopla

sma carico di emosiderina (il pigmento emosiderinico


istologicamente viene caratterizzato dalla presenza di
ferro trivalente). Gli infiltrati emosiderinici conferiscono
ai tessuti una particolare caratteristica pigmentazione
bruna (Boyd, 1970).
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Ipoestesia
Col termine ipoestesia si indica la diminuzione della sen
sibilit nelle sue varie forme, mentre il termine anestesia

(in senso stretto) dovrebbe essere riservato all'abolizione


della sensibilit. In pratica, il termine anestesia com
prensivo anche del significato di ipoestesia, tanto che si
parla correntemente di anestesie lievi, moderate,
totali (Purves-Stewart). Quando non tutte le forme di
sensibilit sono colpite, al termine ipoestesia va aggiunta
la denominazione del tipo di sensibilit compromesso
(tattile, termica, dolorifica, etc.).
Per ulteriori particolari, v. ANESTESIA (I, 2040).
ROMEO VIRGILI

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IPERFOLLICOLINISMO

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F. hyperfolliculinisme. - I. hyperfolliculinism. - T. Hyper


follikulinismus. - s. hiperfoliculinia.

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PATRIO CASELLI

Definizione
IPERESTESIA E IPOESTESIA

F. hyperesthsie. - I. hyperesthesia. - T. Hypersthesie. - s.


hiperestesia; F. hypoesthsie. - I. hypoesthesia. - T. Hy
psthesie. - s. hipoestesia.
Iperestesia
S'intende per iperestesia l'eccessiva sensibilit a stimoli
normali (Purves-Stewart). L'aumento di finezza del tatto,
come si verifica in particolari condizioni (ad es. nei ciechi),
non rientra in questo concetto in quanto fenomeno fisio
logico (Djerine), mentre l'iperestesia un fenomeno
patologico.
In genere, in ogni iperestesia esiste una componente spiace
vole, un senso di fastidio che pi vicino al dolore che alla
semplice accentuazione della sensibilit normale che si sta
esplorando (Sacchi); perci l'iperestesia ha spesso molta affinit
con l'iperalgesia.

L'iperfollicolinismo, o iperestrogenismo, una sindrome


clinica dovuta ad un eccesso di effetto estrogenico.
Etiopatogenesi
L'i. colpisce tanto gli uomini che le donne. In via gene
rale, le condizioni che lo scatenano possono essere cos
schematizzate.

a) Iperproduzione di estrogeni per affezioni interessanti


primitivamente l'ovaio (tumori a cellule della teca o della
granulosa o di tipo coriale; cisti follicolari; ovaie micro
policistiche; errori steroidogenetici); il testicolo (tumori a
cellule interstiziali o leydigiomi, eccezionalmente a cellule
di Sertoli o a cellule germinali o di tipo coriale; errori
steroidogenetici come in alcuni ipogenitalismi); il corti
cosurrene (adenomi e carcinomi estrogenosecernenti o
misti, rari, e proporzionalmente molto pi frequenti nei
maschi e nelle fanciulle in periodo prepuberale). In que
sto stesso gruppo rientrano le forme sostenute da corio
carcinomi extraendocrini.

L'iperestesia generalizzata rara: pu riscontrarsi in


malattie organiche (tetano, avvelenamento da stricnina,

meningiti); o istituirsi con meccanismi psicogeni (isteria


nevrastenia). Emi-iperestesia si riscontra nella sindrome

talamica, in cui pu osservarsi sia una esagerata sensibi


lit a stimoli dolorosi, sia emozione piacevole per stimoli
differenti (come, ad es., il caldo), applicati sull'emicorpo
interessato (iperpatia talamica). Iperestesie localizzate
possono riscontrarsi in tutte quelle affezioni che com
portano irritazione di vie nervose sensitive: mieliti, com
pressioni midollari e radicolari, radicoliti, meningiti acute,
herpes zoster, ganglioradicoliti, tabe dorsale, radicolone
vriti, nevriti e polinevriti di varia etiologia. La distribu
zione dell'iperestesia dipende dalla formazione nervosa

interessata (ad es., distribuzione radicolare nell'herpes


zoster). Tale iperestesia pu mettersi in particolare evi
denza con la stimolazione faradica: scorrendo con l'elet

trodo lungo la colonna vertebrale, viene accusato un do


lore pi acuto in corrispondenza della zona iperestesica
(segno di Neri).

Va ricordato anche che, in caso di affezioni di organi


interni, il dolore viscerale spesso accompagnato o so
stituito da dolori riflessi o da iperestesia dell'area cutanea
innervata dallo stesso segmento midollare cui giungono
gli impulsi afferenti dall'organo malato (ad es., ipereste
sia del quadrante superiore sinistro dell'addome nell'ul
cera gastrica, emi-iperestesia dello scroto nella calcolosi

b) Iperproduzione di estrogeni da parte delle gonadi per


aumentata stimolazione da parte del sistema ipotalamo
ipofisario (affezioni neoplastiche o flogistiche o malfor
mative della regione diencefalo-ipofisaria, causa non in

frequente di pubert precoce), o nel corso di neoplasie di


organi non endocrini producenti gonadotropine, nel qua
dro delle sindromi endocrine paraneoplastiche (carcinomi
del polmone, del fegato, del rene).

c)Aumento del tasso di estrogeni circolanti non per ec


cesso di produzione ma per difetto di inattivazione so
prattutto a livello epatico (epatopatie in genere, cirrosi

epatica in particolare), o per difetto di aggancio alla pro


teina vettrice (nefrosi, ipertiroidismo, etc.).
d) Aumento dell'effetto estrogenico, non per eccesso di
estrogeni circolanti, ma fondamentalmente per deficienza
di progesterone: iperfollicolinismo relativo che sarebbe
pi esatto far rientrare nel capitolo degli ipoluteinismi
(ipoluteinismo, ipoprogestinismo).
e) Aumento dell'effetto estrogenico per aumentata re
sponsivit degli effettori fisiologici (utero, vagina, mam
melle).

f) Eccessiva assunzione a scopo terapeutico (perfollico

renale, zone iperestesiche al disopra di un'appendice in

linismo iatrogeno) di estrogeni o di altri farmaci ormonali


e non, che in estrogeni, nell'organismo, possono trasfor
marsi in grande quantit (testosterone, metiltestosterone,
steroidi proteino-anabolici, Vit. D, digitale, strofantina,
spironolattone, ciproterone), o che possono indurre
un'aumentata produzione di estrogeni (gonadotropine;

fiammata, etc.).

farmaci neurolettici e psicotropi, come la rauwolfia, i

27

28

IPERGEUSIA E IPOGEUSIA

promazinici, il metil-DOPA, i meprobamati, il solfato di


anfetamina, etc.). L'assunzione di estrogeni pu anche
essere legata a tossicomania o essere accidentale (operai
dei cicli di lavorazione degli estrogeni, ingestione di carne
di animali trattati con steroidi anabolizzanti; contatto con

prodotti, medicinali e non, inquinati con estrogeni nel


corso della lavorazione, come alcuni shampoo o pomate,
compresse vitaminiche, secondo alcuni l'isoniazide, etc.).
Sintomatologia
La sintomatologia quella legata alla malattia o alla
condizione che ha dato origine all'i. Come manifestazioni
specifiche, sia nell'uomo che nella donna, un segno molto
prezioso e precoce la pigmentazione delle areole
mammarie e dei capezzoli, che appaiono facilmente eret
tili; nella donna frequenti e caratteristici il disturbo me
struale (dall'amenorrea alla polimenorrea) e la tensione
spesso dolorosa dei seni; nell'uomo la ginecomastia e la
rarefazione, fino alla caduta, dei peli sessuali.
Diagnosi
La diagnosi, oltre che sull'anamnesi e sui dati obiettivi, si
basa sull'aumento del tasso ematico e/o dell'eliminazione
urinaria degli estrogeni e deve essere completata da tutte
quelle indagini necessarie per stabilire la causa dell'iper
estrogenismo; visita ginecologica, pneumoginecografia,
ecografia, celioscopia, retropneumoperitoneo diagnostico,
esame radiografico del cranio, studio dello stato anato

crina delle ghiandole sessuali. Pi propriamente questi


termini dovrebbero essere usati per indicare il solo dato
fenotipico dello sviluppo sessuale.
I casi di ipergenitalismo sono in genere difficilmente
diagnosticati nell'adulto di ambo i sessi, e sono in genere
secondari a tumori funzionanti del testicolo o a neoplasie
ovariche estrogenosecernenti. La sintomatologia rap
presentata da oligospermia o azoospermia nel maschio,
da menometrorragie nella femmina. Ove l'ipergenitalismo
insorga in et prepubere si avr invece il quadro della
pubert o pseudopubert precoce isosessuale; nelle fem
mine talora un quadro di pseudopubert precoce etero
sessuale.

I casi di ipogenitalismo presentano una sintomatologia


pi facilmente evidenziabile anche se di gravit molto
variabile. Nel sesso maschile si pu osservare una dimi
nuzione della libido, ipotrofia dei caratteri sessuali secon
dari, oligo- e azoospermia, etc. Nel sesso femminile il
sintomo cardinale l'amenorrea.

I termini suddetti sono attualmente poco usati e sosti


tuiti dai pi corretti ipergonadismo e ipogonadismo (v.
IPERGONADISMO E IPoGoNADISMO).
L'argomento dell'ipergenitalismo e dell'ipogenitalismo
anche svolto nelle seguenti voci: ADRENOGENITALE sIN
DROME (I, 719); ERMAFRoDrTISMo E PsEUDoERMAFRoDrTISMo
(VI, 105); EUNUCoIDISMo (VI, 439); GoNADICHE DISGENE
sIE (VII, 549); GoNADoTRoPI oRMoNI (VII, 559); INFANTI
LISMO; IPERFOLLICOLINISMO; PUBERT.
RED.

mofunzionale del fegato, determinazione delle gonado


tropine ematiche e urinarie, etc.
IPERGEUSIA E IPOGEUSIA

Prognosi
La prognosi dell'i. legata alla natura della causa che lo
ha indotto e alla possibilit o meno d'istituire un'effi
ciente terapia.
Terapia

La terapia etiopatogenetica deve essere volta all'elimina


zione della causa o alla correzione delle condizioni che

hanno portato all'i.:- di essa, come della terapia sintoma


tica, viene riferito nelle relative singole voci.
V. anche: IPERGONADISMo E IPoGoNADISMo; IPERPITUITA
RISMO E IPOPITUITARISMO; IPERSURRENALISMO E IPOSURRENA
LISMO; IPOFISI; OVAIO; SURRENALI GHIANDOLE.
Bibli

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Botella Llusi J., Le malattie dell'apparato genitale femminile,

F. hypergueusie et hypogueusie. - I. hypergeusia and hypo


geusia. - T. Hypergeusie und Hypogeusie. - s. hipergeusia
e hipogeusia.
Sono le due opposte alterazioni quantitative della fun
zione gustativa. Esse vengono difficilmente avvertite dal
paziente se sono unilaterali.
L'ipergeusia l'accentuazione, in senso lato, della per
cezione dei sapori; essa si pu presentare in forma com
pleta o parziale. Il suo riscontro meno frequente di
quello dell'ipogeusia; tuttavia ambedue le forme sono
abbastanza rare e non sempre distinguibili da altri di
sturbi qualitativi e tonali. L'ipergeusia pu talora far se
guito ad un notevole affinamento del gusto per ragioni
professionali (assaggiatori di vino, cuochi, etc.). In condi
zioni patologiche pu presentarsi in corso di paralisi pro
gressiva, di tabe, di morbo di Basedow, etc. Pi fre
quentemente l'ipergeusia trova la sua causa nell'isteria e
nella nevrosi.

964, Leonardo, Roma.

Danowsky T. S., Clinical Endocrinology, 1962, Williams & Wil


kins, Baltimore.
Lindenmeyer D., Krner F., Voigt K. D., Acta Endocrinol.,
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Timonen S., Krokfors E., Acta Endocrinol., 1959, 32, 545.
ANTONINO NATOLI

L'ipogeusia, cio la diminuzione del gusto, pu essere


di vari gradi, pu accompagnare le stesse malattie o le
sioni che determinano l'ageusia, della quale rappresenta
un grado meno intenso (cause locali, disturbi neurologici
centrali o periferici, affezioni endocrine e metaboliche).
Si manifesta talora nelle prime ore che seguono ad una
crisi epilettica. Una diminuzione del gusto di natura non
patologica si riscontra di frequente in corso di gravidanza
e nell'et avanzata.

IPERGENITALISMO E IPOGENITALISMO

F. hypergnitalisme. - I. hypergenitalism. - T. Hypergenita

lismus. - s. hipergenitalismo; F. hypognitalisme. - I. hy


pogenitalism. - T. Hypogenitalismus. - s. hipogenitalismo.

Con i termini ipergenitalismo e ipogenitalismo si indica


vano due stati morbosi antitetici, conseguenti il primo ad
aumento, il secondo a diminuzione della funzione endo
29

Si deve distinguere la diminuzione o la mancanza della


sensazione gustativa dai difetti di rappresentazione e
della capacit di riconoscere la qualit dei sapori.
V. anche: GUSTo (VII, 980).
REID.

IPERGLICEMIA: v. GLICEMIA, iperglicemia (VII, 291);


coMA (IV, 791); DIABETE MELLrTo (IV, 2301); GLICosU
RIE (VII, 418).
30

IPERGLICEMIZZANTI FARMACI

IPERGLICEMIZZANTI FARMACI

F. mdicaments hyperglycmiants. - I. hyperglycemic


drugs. - T. hyperglykmische Heilmittel. - s. frmacos hi
perglucmicos.

ipotesi: la sua azione potrebbe esplicarsi attraverso la


stimolazione dei recettori x-adrenergici delle cellule 8
pancreatiche; l'effetto iperglicemizzante potrebbe essere
secondario ad una maggiore produzione di glucagone in
dotta dal farmaco. Una possibile genesi extrapancreatica

I farmaci iperglicemizzanti sono sostanze che, con mec


canismi spesso complessi, determinano l'aumento dei li
velli glicemici. Il loro effetto iperglicemizzante si esplica
soprattutto attraverso due meccanismi: diminuendo la

emerge dagli studi di altri AA.: la somministrazione del


farmaco provoca la liberazione di adrenalina; nell'ani
male surrenectomizzato l'iperglicemia da diazossido
meno evidente che nell'animale integro. Il ruolo svolto

concentrazione ematica dell'insulina o attivando i pro

dalla midollare surrenalica viene per confutato da

cessi neoglicogenetici e/o glicogenolitici epatici.

Fayans e coll. (1967), i quali nell'uomo, alle dosi in cui il


farmaco viene somministrato in clinica, non hanno rinve
nuto aumenti significativi dell'adrenalina.

Alla luce delle attuali conoscenze non possibile una

qualsiasi classificazione. In rapporto al loro impiego tera


peutico si possono suddividere in 3 gruppi: 1) farmaci
utilizzati elettivamente nel trattamento delle sindromi

ipoglicemiche (diazossido, glucagone, streptozotocina,


allossana, etc.); 2) farmaci utilizzati nelle ipoglicemie se

condarie a insufficienza ipofisaria e/o surrenalica (corti


sonici, STH, ACTH, etc.); 3) farmaci che pur avendo
un'azione iperglicemizzante non hanno in tal senso una

specifica applicazione clinica (tiazidici, fenotiazine, etc.).


Tra i farmaci del primo gruppo meritano, per il loro

impiego clinico, particolare rilievo il glucagone, il diazos


sido, l'allossana, la streptozotocina, il mannoeptuloso.
Il glucagone viene impiegato, in associazione al glicoso,
nel coma ipoglicemico indotto dall'insulina. Esplica
azione cronotropa e inotropa positiva sul miocardio: tale
effetto particolarmente importante in caso d'insuffi
cienza cardiaca acuta indotta da farmaci bloccanti i re

cettori 3-adrenergici e svolge anche un'azione miorilas

Attualmente il diazossido il farmaco di elezione nella

terapia delle ipoglicemie (da insulinomi, da anemie emo

litiche neonatali, idiopatiche, da glicogenosi epatiche, se


condarie a neoplasie extrapancreatiche).
La posologia varia in rapporto all'et e alla malattia;

orientativamente vengono somministrati 5-10 mg/kg/die.


I pi importanti effetti collaterali sono rappresentati dal
l'irsutismo e dall'edema: il primo scompare o si riduce
con la sospensione della terapia, il secondo viene con
trollato con i diuretici tiazidici che, potenziando l'effetto

del diazossido, permettono di ridurre il dosaggio.


L'allossana, ureide dell'ac. mesossalico, distrugge le
cellule 3 delle isole di Langerhans determinando una
sindrome diabetica da carenza insulinica. La sommini

strazione del farmaco ormai limitata alle neoplasie 8


cellulari maligne per i suoi effetti tutt'altro che costanti e
la sua tossicit sul fegato e sul rene.

sante sul tubo digerente, che viene sfruttata per eseguire


la duodenografia ipotonica. Il glucagone un polipeptide
costituito da 29 aminoacidi, per cui attivo solo per via
parenterale. Le dosi usuali sono 1-2 mg preferibilmente

H
No

per via endovenosa. Per pi ampie informazioni, si rinvia


alla voce GLUCAGONE.

Il diazossido (3-metil-7-cloro-1,24-benzotiadiazina
1,1-diossido) un analogo des-sulfamoilico struttural
mente simile alla clorotiazide; una polvere cristallina
bianco-giallastra, solubile in soluzione acquosa di idrato
di sodio e nell'alcol etilico e metilico; stato sintetizzato

allossana

Tuttavia anche in questa malattia oggi si preferisce im


piegare un farmaco che ha fornito risultati migliori del
l'allossana: la streptozotocina o streptozocina.

nel 1961 nell'ambito delle ricerche sui derivati dei diure


CH, OH
O
OH

tici benzotiadiazinici (Rubin, 1962). In un primo tempo,


per l'azione inibente sulla muscolatura liscia vasale,
venne impiegato come antipertensivo e vasodilatatore; le
successive indagini fecero rilevare come il farmaco inter

HO

OH

o N=o
NHCNCH,

ferisse sia sulla diuresi e sulla natriuresi, sia, soprattutto,


sul metabolismo glicidico, aggravando gli stati diabetici
preesistenti oppure determinando la comparsa di ipergli
cemia e glicosuria nei soggetti normali. Stante la capacit

streptozotocina

neamente abbandonato come farmaco antipertensivo


(attualmente stato rivalutato) e portato a rango di so

La streptozotocina (N-metil-N-nitroso-carbamil-glicos
amina) un chemioterapico antitumorale ottenuto da
Streptomyces achromogenes; strutturalmente deriva dalla
glicosamina (che avrebbe azione specifica per le cellule

stanza elettiva nella terapia delle ipoglicemie.

pancreatiche) e dalla nitrosourea (forse responsabile del

di indurre iperglicemia, il diazossido venne momenta

CH,

l'attivit antitumorale). Il meccanismo d'azione potrebbe


essere spiegato con un'interferenza del farmaco nella

sintesi o nella degradazione 8-cellulare del NAD. Junod


(1967) ha dimostrato che il farmaco provoca la necrosi
O* *O
diazossido

Il diazossido inibisce la secrezione dell'insulina basale e

quella stimolata dal glicoso; la sua azione ben evidente

delle cellule 8-pancreatiche con vacuolizzazione delle


strutture citoplasmatiche. Sperimentalmente stato di
mostrato che il farmaco, oltre ad avere una generica
azione cancerogena, indurrebbe alterazioni della placenta
e del feto. Nonostante questi inconvenienti la streptozo

in vivo e in vitro, reversibile con la sospensione del

tocina si rilevata assai utile nel trattamento delle neo

farmaco e non comporta alterazioni istologiche delle

plasie 8-insulari. La posologia consiste in iniezioni endo

isole. Il farmaco non interferisce nella sintesi dell'insulina

venose di 1 g per m2 di superficie corporea somministrate


1 volta alla settimana per ca. 10 cicli.

ma agisce sulle due fasi della secrezione dell'ormone.


Sul meccanismo d'azione sono state formulate varie
31

Nelle ore seguenti la somministrazione del farmaco


32

IPERGLICINEMIA

(dalla 4 alla 10 ora) pu aversi un aggravamento dell'i


poglicemia verosimilmente in rapporto alla liberazione di
insulina da parte delle cellule danneggiate; altri effetti
collaterali sono rappresentati da disturbi gastroenterici,
renali e midollari.

Il mannoeptuloso un farmaco particolarmente indi


cato nelle ipoglicemie sostenute da iperinsulinismo orga
nico. un chetoeptuloso presente in numerose frutta,

specie nell'avocado. Blocca il metabolismo del glicoso


allo stato di glicoso-6-fosfato per inibizione dell'esochi
nasi e della glicochinasi; inibisce pertanto la liberazione
d'insulina indotta dal glicoso. La scarsa disponibilit in
commercio del farmaco ne limita per l'uso clinico.

dio, il cianuro di potassio riducono o bloccano la fosforilazione


ossidativa e, di conseguenza, la produzione, nelle cellule 3, di
composti fosforilati ricchi di energie (anossia cellulare = ridu
zione della secrezione insulinica).
Lo iodoacetato blocca la glicolisi allo stato di gliceraldeidefo
sfato per inibizione dell'enzima gliceraldeide-3-fosfatodeidroge
nasi; provoca anche una rilevante deplezione di ATP dalle cel
lule 8.
Anche il 2-desossi-glicoso, il litio e, forse, la glicosamina, de
terminano iperglicemia interferendo sul metabolismo del glicoso.
L'oligomicina e l'antimicina A inducono iperglicemia per ridu
zione di ATP nei mitocondri, la cicloesimide e la puromicina per
blocco della sintesi proteica.
Bibliografia
Burr I. M., Balant L. et al., Eur. J. Clin. Invest., 1971, 1, 216.

CH,OH

co
HO --

ho-HCOH

-o

co
mannoeptuloso

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Bartorelli A., Faglia G., Acta Diabetol. Lat., 1969, 4,

Pinter E. J., Pates C. J., Lancet, 1967, 2, 101.

Per i farmaci del secondo gruppo, ormoni iperglicemiz


zanti, si rimanda alle rispettive voci. tuttavia da ricor
dare l'impiego dei cortisonici e dell'ACTH nelle ipogli
cemie da insufficienza surrenalica e nell'ipoglicemia idio
patica dell'infanzia, dell'ormone somatotropo nelle ipo
glicemie da ipopituitarismo, dell'adrenalina nei bambini
ipoglicemici figli di madri diabetiche.
Tra i farmaci del terzo gruppo (iperglicemizzanti non
usati a tal fine) meritano particolare rilievo il proprano
lolo e l'atropina, in quanto sono stati impiegati anche nel
trattamento di alcune forme di ipoglicemia.
Il propranololo (cloridrato di 1-isopropilamino-3-[1

naftilossi]-propan-2-olo) un farmaco la cui azione iper


glicemizzante ancora molto controversa. Nel soggetto
normale i risultati ottenuti con la somministrazione del

farmaco non sono univoci: iperglicemizzante secondo


Pinter, ipoglicemizzante secondo Kotler.
Neri e coll. (1969) hanno tuttavia dimostrato che nel
portatore di adenoma pancreatico la somministrazione di
propranololo in grado di diminuire l'insulinemia e di

elevare nettamente la concentrazione del glicoso ematico.


Tale comportamento viene attribuito all'inibizione della

sola esagerata secrezione insulinica; questo effetto


prevarrebbe su quello antiglicogenolitico esercitato dal
propranololo a livello epatico. La sua utilizzazione nel

trattamento delle sindromi ipoglicemiche spontanee ha


fornito risultati incostanti.

L'atropina e altri farmaci parasimpaticolitici (specie la


propantelina) hanno anch'essi un'azione iperglicemiz
zante, tanto da essere stati somministrati, con buoni ri

sultati, nei casi di ipoglicemia reattiva postprandiale; la


stabilizzazione dei livelli glicemici non sarebbe dovuta al
l'azione diretta del farmaco sull'attivit vagale del pan
creas ma al miglioramento da essi indotto sulla funziona
lit gastroduodenale.

inoltre da segnalare l'effetto

iperglicemizzante indotto dalla

L-DOPA (attiva la liberazione del glucagone), dai tiazidici (ini


biscono la secrezione insulinica), dalle fenotiazine (l'effetto do
vuto alla necrosi 8-cellulare).
Altre sostanze inoltre inducono iperglicemia interferendo sul
metabolismo del glicoso: il 2-4-dinitrofenolo, il salicilato di so
33

Rubin A. A., J. Pharmacol. Exp. Ther., 1962, 136, 344.


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CLAUDIO GIOVANNINI

IPERGLICINEMIA

F. hyperglycinmie. - I. hyperglycinemia. - T. Hyperglyzi


nmie. - s. hiperglicinemia.
S'intende per iperglicinemia l'aumento nella concentra
zione plasmatica di glicina. In passato questo termine
stato impropriamente usato per definire due sindromi a
patogenesi diversa, l'i. chetosica e la forma non chetosica.
Si tende oggi a considerare la forma non chetosica come
un'i. primitiva e la forma chetosica come una i. seconda
ria a disturbi primitivi del metabolismo del metilmalo
nato, del propionato e dell'isoleucina (v. oRGANICHE ACI
DURIE).
Iperglicinemia non chetosica (primitiva)
Sono stati descritti, a partire dal 1965, oltre quindici casi
di questa sindrome, che appare essere trasmessa come
una caratteristica autosomica recessiva. I pazienti affetti
da i. primitiva presentano una sindrome neurologica e
metabolica grave che compare in periodo neonatale o nei
primi mesi, con letargia, ritardo psicomotorio e fisico
grave, ipotonia, epilessia generalizzata e mioclonie. Ta
lora, in periodo neonatale, la sintomatologia pu essere
cos grave da richiedere una terapia intensiva e il rico
vero in rianimazione. La gravit del quadro, anche in pa
zienti della stessa famiglia, pu variare da una forma
acutissima, che porta a morte entro i primi giorni di vita,
a una forma grave ma meno acuta, che permette la so
pravvivenza, con grave ritardo, anche ben oltre l'anno.
Si osservano gravi turbe elettroencefalografiche, segni

di paralisi cerebrale spastica. stata descritta neutrope


Il1d.

Un caso osservato dall'A. dimostrava una relativa minor gra


vit del quadro: il quadro clinico era dominato fino al 3 anno
34

2. - VIII

IPERGLICINEMIA

Come per molte aminoacidopatie, resta di difficile in


terpretazione il nesso patogenetico tra lesione biochimica
e lesione clinica; anche in questa malattia pu essere
ipotizzata o un'azione di tipo tossico di eventuali prodotti

(G)o2
FH4 [C-Ho

NH3

H2

N.

del metabolismo intermedio finora sconosciuti o un'ef

H, CooH|C|NH2
l

(C)ooH

glicina

l
-2

[c-cooH - [CcooH
||

II

HcNH, | H3c-c-CooH

OH

KRE

nistrando benzoato di sodio: si anche tentato di som

H2 H2
C- C

OH NH2

ministrare metionina, per fornire gruppi metilici liberi e


CO2

gliossilato

glicolato

acidi nel fluido extracellulare. I dati finora disponibili non


permettono un'ulteriore valutazione di questa ipotesi.
La diminuzione della glicinemia pu essere ottenuta o
attraverso una riduzione dell'apporto dietetico o sommi

serina

||
-

fetto nocivo sulle cellule e in particolare quelle ner


vose dello squilibrio nella composizione degli amino

etanolannina

Fig. 1. Le vie metaboliche della glicina e l'interconversione gli


cina-serina. La prima via metablica di interesse patogenetico
nell'i. la reazione 1, in cui, ad opera di una decarbossilasi, si
ha la liberazione di una molecola di CO,: dopo la decarbossila
zione (e una deaminazione) l'atomo di carbonio residuo forma
un composto con tetraidrofolato; questo composto, unendosi a
una nuova molecola di glicina, forma la serina. Questo aminoa
cido, interconvertibile con la glicina attraverso numerose vie
metaboliche, schematizzate nella freccia blu al centro, pu tra
sformarsi in ac. piruvico (e qui entrare nel ciclo di Krebs) o in

etanolamina che, a sua volta, si trasforma in glicolato e glicossi


lato; quest'ultimo si ritrasforma in glicina. Nel corso di questa
via metabolica si vengono liberando molecole di CO, a livello

della reazione 1 e deI ciclo di Krebs. Nei soggetti affetti da i.


non chetosica appaiono alterate la liberazion di CO, a livello
della reazione
e l'incorporazione del tetraidrofolato nella
molecola di glicina, con formazione di una molecola di serina;
ambedue queste alterazioni potrebbero essere spiegate con un

cos diminuire la glicinemia. L'utilit di queste terapie


scarsa: se anche si osserva una diminuzione della glici
nemia, il fenomeno non accompagnato da significativi
miglioramenti del quadro clinico.
Iperglicinemia chetosica (secondaria)
L'associazione i. e chetosi pu osservarsi in diverse ma
lattie del metabolismo degli aminoacidi, quali: l'acidemia
propionica, quella metilmalonica, e anche in un disturbo
del metabolismo dell'isoleucina (v. ORGANICHE ACIDURIE).
Il quadro clinico che si osserva in queste situazioni ca
ratterizzato da episodi di chetosi e di acidosi ricorrenti,
talora provocati da cause scatenanti banali, quali stati
infettivi o pasti iperproteici. La sintomatologia epilettica
non grave e costante come nell'i. non chetosica, il ri
tardo psicomotorio appare pi lieve.
A stretto rigore l'i. secondaria chetosica non esiste
come entit nosografica a s stante; il reperto di una i.

dovr per far porre la diagnosi differenziale tra la forma

blocco a livello della reazione 1.

chetosica e quella non chetosica. Tale diagnosi differen


ziale dovr valersi, specie nei casi dubbi, del dosaggio
degli acidi organici plasmatici e urinari.
dalla sintomatologia epilettica, con mioclonie, convulsioni gene
ralizzate e spasmi in flessione resistenti alla terapia, che per si
sono attenuati dopo i tre anni. Gravissimo il ritardo psicomoto
rio; era anche presente un'intensa ipotonia diffusa simmetrica,
associata a un'ipermotilit continua, semiautomatica. Il paziente

Bibliografia
Nyhan W. L., Nonketotic
cinemia, in Stambury J. B.,
Wyngaarden J. B., Fredrikson
S., The Metabolic Basis of
Iniherited Disease, 1978, 4 ed., McGraw-Hill, New York.

tuttora vivente e ha 7 anni.

Scriver C. R., Rosemberg L. E., Amino Acid Metabolism and Its


Disorders, 1973, Saunders, Philadelphia, p. 400.
ITALO ANTONOZZI

La lesione biochimica non appare ancora definitiva


mente chiarita. La glicina si trova a un crocicchio me
tabolico molto importante e complesso (fig. 1) ed
quindi difficile valutare con sicurezza i meccanismi pato
genetici dell'i.
La somministrazione di glicina marcata a soggetti af
fetti da i. ha dimostrato un rallentamento nella forma

IPERGONADISMIO E IPOGONADISMIO

F. hypergonadisme et hypogonadisme. - I. hypergonadism


and hypogonadism. - T. Hypergonadismus und Hypogo

nadismus. - s. hipergonadismo e hipogonadismo.

zione di CO, a partire dalla glicina (fig. 1). Si pensa che

SOMMARIO

sia bloccata la via metabolica della decarbossilazione

della glicina responsabile per la conversione dell'atomo di


carbonio in posizione 1 in CO, e della molecola di gli
cina in CO, NHa e tetraidrofolato. Al blocco di questa
via metabolica consegue un notevole aumento della gli
cina plasmatica (ca. 10 volte la norma): all'i. consegue
una spiccata iperglicinuria con prolinuria e idrossiproli

Definizione. Generalit. Classificazione (col. 36). - Ipergonadi

smi (col. 38): Quadri clinici. - Semeiotica funzionale. - Etiopato


genesi. - Terapia. - Ipogonadismi (col. 44): Quadri clinici. - Se
meiotica funzionale. - Etiopatogenesi. - Terapia.

nuria, dovuta a saturazione del sistema di riassorbimento

Definizione. Generalit. Classificazione

tubulare comune ai tre aminoacidi. Anche la concentra

I termini indicano due stati morbosi antitetici, caratteriz

zione liquorale di glicina appare aumentata (ca. 10 volte


la norma).
Le successive tappe patogenetiche non sono ancora del
tutto chiare: resta di difficile spiegazione, anche se di

zati da disordine quantitativo della funzione delle gonadi


nel senso, rispettivamente, di un eccesso e di un difetto

notevole interesse, l'effetto della valina che, in dosi va

rispetto alla norma.

L'attivit delle gonadi si esplica su due piani distinti,


ormonale e gametogenetico. Ma, mentre nel sesso femmi

riabili da 50 a 100 mg/kg, in condizione di provocare

nile le secrezioni ormonali fondamentali, sia l'estrogenica

effetti (proporzionali alla dose) che vanno dalla sonno


lenza e una lieve atassia a uno stato comatoso persi
stente. Probabilmente la valina esercita anche in vivo un

sia la progestinica, sono intimamente legate alle strutture


follicolari coinvolte nel processo dell'ovogenesi (matura
zione del follicolo e sua luteinizzazione), nel maschio le

effetto di blocco sull'interconversione glicina-serina.

due funzioni sono assicurate da strutture relativamente

35

36

IPERGONADISMIO E IPOGONADISMIO

indipendenti: la funzione ormonale, dalle cellule intersti


ziali di Leydig, quella gametogenetica, dalle strutture tu
bulari. Cosicch, se nella donna l'ipogonadismo, inteso
come minore efficienza delle gonadi, coinvolge sempre ad
un tempo la funzione ormonale e quella gametogenetica,
nell'uomo si d la possibilit d'una patologia dissociata in
tre aspetti morfofunzionali diversi: l'ipogonadismo par
ziale tubulare, l'ipogonadismo parziale interstiziale (eu
nuco fertile), l'ipogonadismo totale, tubulare e intersti
ziale ad un tempo. Poich l'unico rilievo clinico nel caso

piche in questo senso sono le manifestazioni ipogenitali


del panipopituitarismo, del cosiddetto infantilo-nanismo
diencefalo-ipofisario, etc.
Il quadro clinico dell'iper- e dell'ipogonadismo
strettamente

condizionato

dall'et

dalla situazione

evolutiva del soggetto allorch viene ad agire la noxa


patogena. Si distinguono pertanto forme a insorgenza
prepuberale e forme a insorgenza postpuberale.
Ipergonadismi

di alterazioni selettive delle strutture tubulari la steri

lit, giustificato il rinvio a questa voce per una tratta


zione pi approfondita dei disturbi della gametogenesi.
Alla voce ipergonadismo non pu essere assegnato il
significato di una maggiore efficienza in toto della fun
zione gonadica, in quanto un siffatto comportamento
funzionale pu essere riconosciuto soltanto nell'ambito
dell'attivit secretoria ormonale, non certo in quello del
l'attivit gametogenetica.

Quadri clinici
Sul piano strettamente clinico, opinione comune che le
forme tardive (postpuberali) di ipergonadismo siano di
difficile riconoscimento, sia per la loro rarit sia per l'o
biettiva difficolt di reperire i segni di ipergenitalismo
nell'et adulta. Questa difficolt certamente maggiore
per i casi di sesso maschile, nei quali spesso arduo rico

noscere il carattere patologico delle manifestazioni virili e


Nella trattatistica pi recente le voci iper- e ipogonadismo
sono venute a sostituire pressoch universalmente quelle di iper
e ipogenitalismo, anche se tra i termini suddetti non v' piena
corrispondenza. Criterio di giudizio fondamentale dell'iper- e
dell'ipogenitalismo quello fenotipico, relativo allo sviluppo ge
nitale, diretta espressione dell'attivit ormonale androgenica o
estrogenica, intesa nell'intera gamma dei suoi aspetti (secre
zione, trasporto, azione sugli organi bersaglio, etc.). Iper- e ipo
genitalismo non hanno, pertanto, alcun riferimento all'alterata
attivit gametogenetica delle gonadi. Un'importante motivo di
ambiguit nasce dal fatto che l'errore della secrezione degli or
moni sessuali pu aver sede al di fuori delle gonadi e pertanto il
riferimento al fenotipo genitale si stabilisce anche per una pato
logia extragonadica, mentre i termini iper- e ipogonadismo si
riferiscono sempre e soltanto a una patologia gonadica.
Si possono avere, pertanto, ipergenitalismo e ipogonadismo
concomitanti. Questa condizione si verifica allorquando l'acce
lerata maturazione genitale dipende da un'abnorme produzione
androgena surrenalica (ad es. nell'iperplasia congenita surrena
lica); gli elevati livelli di androgeni circolanti bloccano la produ
zione di gonadotropine ipofisarie e, conseguentemente, inducono
un'ipofunzione gonadica. L'esempio emblematico in quanto
sottolinea la necessit di chiarezza nosografica in uno dei settori
pi difficili dell'endocrinologia clinica; si comprende, di conse
guenza, l'adozione preferenziale di termini che, avendo un di
retto richiamo alla funzionalit delle gonadi, consentono da un
lato un pi corretto inquadramento fisiopatologico e dall'altro
un pi razionale approccio diagnostico e terapeutico.
Per completezza dev'essere ricordato che iper- e ipogonadi
smo non vanno identificati con iper- e iposessualismo, termini

che stanno a significare un patologico comportamento sessuale e


che sono da riservare alla sfera della psicosessualit.

La funzione endocrina delle gonadi pu essere com


promessa in via primitiva (iper- e ipogonadismi primitivi).
Esempi tipici di queste forme sono l'ipogonadismo da
castrazione e l'ipergonadismo da tumore funzionante
delle gonadi (tumore delle cellule di Leydig nel maschio;
tumore delle cellule della granulosa nella femmina). In
altri casi, invece, il disordine incretorio delle gonadi se

condario ad alterazioni organiche e/o funzionali extrago


nadiche, che nella stragrande maggioranza dei casi coin
volgono la secrezione di gonadotropine da parte della
preipofisi.
Mentre nelle forme di iper- e d'ipogonadismo primi
tivo, per la compromissione isolata delle gonadi le mani
festazioni iper- e, rispettivamente, ipogenitali si presen
tano di regola a costituire l'intero quadro clinico, nelle
forme secondarie spesso concomitano ad esse altre ma
nifestazioni, ascrivibili allo stesso momento patologico
responsabile dell'alterata secrezione gonadotropinica. Ti
37

sospettare di conseguenza un'ipersecrezione androgena


da parte degli elementi leydighiani del testicolo. L'unica
condizione morbosa responsabile di ipergonadismo nel
maschio adulto il leydighioma funzionante del testicolo.
Si tratta in genere di una neoplasia piccola, del diametro
di pochi mm o, al massimo, di 1-2 cm, generalmente in
dovata nella compagine testicolare e rilevabile con la
palpazione soltanto in una percentuale non elevata di
casi. Eccezionalmente sono stati descritti leydighiomi bi

laterali. L'elevatissima produzione androgenica (in


grande prevalenza di testosterone) ed estrogenica (in
grande prevalenza di 17-3-estradiolo) rende ragione di
alcune caratteristiche cliniche: l'oligo-azoospermia, legata
al blocco gonadotropinico da feedback negativo, e la gi
necomastia, presente quest'ultima in ca. il 50% dei casi.
Per quanto attiene al sesso femminile, la presenza nel
l'et postpubere di neoplasie ovariche a elevata secre
zione estrogenica d luogo ad una sintomatologia relati
vamente pi appariscente. Il dato pi significativo co
stituito da menometrorragie con grossolane irregolarit
del ritmo mestruale; ai fenomeni emorragici si associa di
regola una sintomatologia dolorosa in sede pelvica con
tensione parietale e con esacerbazioni di tipo colico. Nei
casi osservati in et postmenopausale, si ha un quadro
clinico ancor pi netto: comparsa di imponenti perdite
ematiche, talora con caratteristiche similmestruali, con

gestione vulvare e mammaria, tensione dolorosa rapida


mente ingravescente in sede pelvica.
I tumori cosiddetti femminilizzanti dell'ovaio vengono
generalmente ascritti a elementi cellulari della granulosa
o della teca (tecomi, tumori a cellule miste, della granu
losa e della teca; luteomi, tumori a cellule indifferen

ziate). assai difficile la distinzione istopatologica e cli


nica di questi tumori, probabilmente rappresentanti un'u
nica entit morbosa con diversa capacit steroidogene
tica. Contrariamente ai leydighiomi questi tumori sono
spesso di dimensioni cospicue; la superficie pu presen
tarsi irregolare e al taglio possono osservarsi cavit pseu
docistiche. Ci facilita il riconoscimento alla visita gine
cologica, o addirittura alla palpazione addominale.
Molto pi agevole, in ogni modo, il riconoscimento
clinico dell'ipergonadismo in fase prepubere. La natura
patologica del fenomeno resa chiaramente manifesta
dall'anticipata e vistosa trasformazione genitale; ma, ac
canto alle strutture del tratto genitale, altri apparati e or
gani sono sensibile bersaglio degli ormoni sessuali pro
dotti in eccesso, primo fra tutti l'apparato scheletrico, n
sono eccezionali i casi in cui il rilievo di ipergenitalismo
38

IPERGONADISMO E IPOGONADISMIO

segue addirittura quello d'altri segni d'esaltata secrezione


steroidea sessuale, quale ad es. un rapido incremento

Fig. 1. Ipergonadismo.
Bambina di 6 anni e

della statura e delle masse muscolari.


E ancor oggi largamente accettata la distinzione (in
entrambi i sessi) fra pubert precoce vera e pseudopubert
precoce, termine, quest'ultimo, che noi preferiamo sosti
tuire con quello di precocit somatosessuale.
Infatti, costituiscono il quadro di cosiddetta pseudopu
bert precoce espressioni di precocit sia somatica sia
sessuale cos lontane da quelle della pubert normale (in

8 mesi con pubert


precoce idiopatica.

molti casi nella donna esse assumono addirittura carat

tere eterosessuale) che l'impiego del termine pubert, sia


pure preceduto dal correttivo pseudo, non ci sembra
rappresentativo.
Con il termine pubert precoce intendiamo una condi
zione nella quale in gioco l'anticipata secrezione gona
dostimolinica che attiva precocemente le gonadi e confi
gura un quadro evolutivo assimilabile a quello della pu
bert normale: si tratta, pertanto, di uno stato d'ipergo
nadismo se ci si riferisce all'et del soggetto, cio di un
ipergonadismo relativo.
La grande maggioranza di questi casi porta alla cosid
detta pubert precoce vera o idiopatica o costituzionale. In
questi pazienti, la maturazione genitale e dei vari carat
teri sessuali secondari ritenuta espressione di un equili
brato sviluppo delle ghiandole sessuali e d'una attivit
ormonale dell'intero asse ipotalamo-ipofiso-gonadico so
stanzialmente assimilabile a quella puberale normale, an
corch si verifichi in et pi precoce.
Invece, nella precocit somatosessuale si distinguono le
forme con ipergonadismo e le forme con ipogonadismo.
Le prime sono causate da ipersecrezione primitiva
mente gonadica, precoce e tumultuosa e che non sottost
ai normali meccanismi di controllo gonadotropinico, in
quanto si tratta in pratica di tumori secernenti dell'ovaio
o del testicolo.

Precocit del soma e del sesso sono possibili anche


quando siano in gioco increti extragonadici, principal
mente di provenienza corticosurrenalica; in questo caso
l'eccesso di steroidi sessuali extragonadici induce involu
zione morfofunzionale delle gonadi attraverso il blocco
della secrezione gonadotropinica.
Sul piano clinico, la pubert precoce, soprattutto nella
forma idiopatica, mostra in genere un'evoluzione matu
rativa pi protratta nel tempo, che d luogo alla com
parsa dei caratteri sessuali con una successione di stadi
grosso modo simile a quella puberale normale. La preco
cit somatosessuale, invece, in conseguenza di una secre
zione ormonale notevolmente esaltata, si accompagna di
regola ad una maturazione accelerata, spesso disso
ciata, con prevalenza di uno o di pochi caratteri ses
suali. Anche l'accelerazione dell'evoluzione scheletrica

pi evidente in questi ultimi casi, che presentano spesso


un'anamnesi caratterizzata da rapido incremento in al
tezza, cui segue il blocco staturale per precoce saldatura
delle cartilagini di coniugazione (cosiddetto nanismo
ipergenitale).
Nel sesso maschile, il volume testicolare pu dare qual
che utile indicazione: progressivo, uniforme, lento e bi
laterale aumento di volume nei casi di pubert precoce
idiopatica; pi rapido, ma sempre bilaterale aumento nei
casi di pubert precoce con cospicua ipergonadotropine
mia; incremento del volume monolaterale con ipo-atrofia
controlaterale nei casi di precocit somatosessuale da
neoplasia ormonosecernente testicolare; nei casi di pre
cocit somatosessuale da esaltata secrezione androgenica
surrenalica (sindrome adrenogenitale congenita o acqui

sita) il volume testicolare rimane ridotto (persistente


39

mente infantile) in conseguenza del blocco della secre


zione gonadotropinica.
Nel sesso femminile, la pubert precoce e la precocit
somatosessuale da esaltata attivit estrogenosecernente
ovarica (forme con precocit maturativa isosessuale) con
figurano un quadro clinico relativamente simile, che si
caratterizza per la rapida maturazione delle caratteristi
che sessuali (fig. 1). Si assiste alla trasformazione dei ge
nitali esterni (turgore e pigmentazione delle strutture
vulvari), e allo sviluppo del tratto genitale (vagina,
utero), che acquisisce dimensioni simili a quelle dell'a
dolescente o della donna adulta. Sono presenti secrezione
e desquamazione vaginali e talora emorragie uterine ci
cliche; lo sviluppo mammario e pilifero si accompagna di
regola a modificazioni dello psichismo comportamentale,
con comparsa di libido e con atteggiamenti affettivi
chiaramente atipici per l'et della bambina.
Nel sesso femminile possibile che l'ipergonadismo
dovuto a tumore ovarico secernente ormoni androgeni
(arrenoblastoma, tumore delle cellule ilari) dia un quadro
di precocit maturativa eterosessuale. Il quadro clinico
non si discosta da quello della sindrome adrenogenitale,
soprattutto nella forma acquisita, la neoplasia surrenalica
androgenosecernente. In entrambe le forme di precocit
somatosessuale, tra l'altro, si verifica l'atrofia del tessuto
ovarico gonadotropino-dipendente, si ha la comparsa e il
rapido incremento della componente pilifera e si assiste a
ad una trasformazione genitale nel senso di una iperpla
sia clitoridea con ipoplasia vaginale e vulvare. Sul piano
psichico, sono evidenti profonde trasformazioni compor
tamentali; le precoci e vistose manifestazioni di libido e
di aggressivit affettiva consentono talora l'individuazione
precoce di questi casi, caratterizzati dalla rapida progres
sivit della mascolinizzazione. L'unica diagnosi differen
ziale che si pone per queste particolari forme di ipergo
nadismo quella nei confronti della sindrome adrenoge
nitale.

Semeiotica funzionale
L'utilizzazione ormai abituale dei dosaggi ormonali radioimmu
nologici consente un razionale approccio diagnostico nei con
fronti della pubert precoce. Il dosaggio diretto delle gonado
tropine e degli steroidi sessuali nel plasma in varie condizioni
40

IPERGONADISMO E IPOGONADISMIO

dinamiche permette nella grande maggioranza dei casi una cor


retta distinzione fra forme di ipergonadismo prepubere seconda
rie a iperstimolazione gonadotropinica e forme invece primitiva
mente gonadiche. Deve essere sottolineato come il dosaggio
delle gonadotropine FSH e LH su un singolo prelievo di sangue
non sia discriminante, se non in casi eccezionali; acquisito, in
fatti, che anche nella normale pubert i livelli gonadotropine
mici, ancorch in progressivo aumento rispetto all'et infantile,
sono generalmente bassi e, soprattutto, possono presentare no

della maturazione dei neuroni ipotalamici secernenti il


Gn-RH endogeno. Si ritiene- che una risposta positiva al test del

clomifene individui pi specificamente i casi di pubert precoce


idiopatica nei confronti anche degli altri casi a patogenesi in
tracranica; si ritiene, infatti, che nella prima forma anche la
componente ipotalamica del sistema gonadotropinico secernente
maturi in modo pi equilibrato cos da acquisire anche la
normale sensibilit all'azione del farmaco.

tevoli variazioni individuali e, nello stesso individuo, da un'ora

all'altra della giornata.


Pi utile lo studio della risposta gonadotropinemica a stimoli
specifici: il pi largamente usato l'iniezione acuta di Gn-RH
(Gonadotrophin-Releasing Hormone, o LH-RH: Luteinizing
Hormone-Releasing Hormone), decapeptide oggi disponibile in
via sintetica e universalmente riconosciuto quale ormone ipota

lamico deputato al controllo dell'attivit gonadotropinica (gona


doliberina). La stimolazione con Gn-RH consente di indivi

duare momenti funzionali della secrezione gonadotropinica di


versi in rapporto alla maturazione puberale. Soprattutto nel
sesso femminile, la risposta della gonadotropina FSH normal
mente maggiore di quella della gonadotropina LH nell'et pre
pubere; con l'avvento della pubert si assiste ad un incremento
selettivo della risposta LH (fig. 2). Questo incremento ritenuto
un marker di maturazione neuroendocrina, poich nell'et adulta
la risposta LH prevalente su quella FSH. Il rilievo, pertanto,
in et infantile, di una risposta pubere o, addirittura, post
pubere testimonierebbe della comparsa di meccanismi regolatori
grossolanamente assimilabili a quelli della pubert normale;
quanto si verifica nei casi di pubert precoce idiopatica e anche
in quei rari casi di pubert precoce da causa endocranica (v.
sotto). Per contro, nei casi di precocit somatosessuale dipen
dente da patologia primitivamente gonadica (e anche surrena
lica), l'elevato tenore di steroidi ad azione sessuale circolanti,
oltre a mantenere i livelli gonadotropinemici a valori assai bassi,
non consente alcuna apprezzabile risposta alla stimolazione
acuta con Gn-RH. Un altro test ampiamente usato quello del
clomifene: la somministrazione per os di 100 mg di clomifene
causa normalmente un aumento delle gonadotropine circolanti
soltanto nelle et pubere e postpubere; ci sembra conseguenza

LH-RH100pg iv

Etiopatogenesi
Per quanto attiene all'etiopatogenesi dell'ipergonadismo
da iperstimolazione gonadotropinica, sono tuttora ignoti i
meccanismi responsabili della pubert precoce idiopatica.
Questa forma morbosa rappresenta la causa pi fre
quente d'ipergonadismo prepubere; prevalgono di gran
lunga i casi femminili (rapporti da 5:1 a 10:1 nei con
fronti del sesso maschile). L'ipotesi interpretativa pi ac
creditata oggi quella di modificazioni di tipo cronoge

netico di particolari associazioni neuronali e/o della


sensibilit neuroendocrina agli ormoni sessuali (errori
congeniti nella trasformazione intraneuronale degli ste
roidi?): ne deriverebbe un precoce innesco della secre
zione gonadotropinica da parte del sistema ipotalamo

ipofisario. Teoricamente distinte dalla pubert precoce


idiopatica, ancorch praticamente assai simili ad essa
come manifestazioni cliniche, sono le forme di pubert

precoce conseguente a lesioni ipotalamiche (neoplasie, ci


sti aracnoidee, esiti d'encefalite e meningite), nella mag
gioranza dei casi interessanti le regioni posteriori dell'i
potalamo. Sono da menzionare anche i rari casi secondari
ad amartoma ipotalamico, malformazione iperplastica di
volume variabile, costituita da tessuto nervoso sostan

zialmente normale, spesso peduncolata, a partenza dalla


base ipotalamica posteriore vicino ai corpi mammillari. In
questi casi, prevalentemente di sesso maschile, la sinto
matologia neurologica legata al processo espansivo pre
cede quasi sempre le manifestazioni di accelerata matura
zione puberale. Di particolare interesse l'ipergonadi
smo-ipergenitalismo che caratterizza il quadro clinico di
alcuni tumori della pineale. Per ragioni ancora non chiare,
questi tumori sono appannaggio esclusivo del sesso ma

schile: 1/3 ca. dei pazienti prepuberi affetti da neoplasie

20 40

60

9o

lo

comun

Fig. 2.
della gonadotropina LH pla
smatica all'iniezione di Gn-RH(LH-RH) sintetico in sei casi di

pubert precoce idiopatica di sesso femminile. L'area


giata indica i limiti della risposta normale, ottenuti in soggetti di
pari et. E caratteristica la tendenza a risposte sovranrmali e
prolungate.

41

interessanti la pineale mostrano segni di ipergenitalismo


secondario a ipersecrezione gonadotropinica. Non sono
chiari i meccanismi operanti in questi casi. L'interpreta
zione che l'accelerata maturazione puberale fosse la
conseguenza specifica della compressione esercitata dal
tumore su strutture posteriori ipotalamiche (analoga
mente a quanto si pu ipotizzare per processi espansivi
ipotalamici) parrebbe da scartare. Innanzitutto, i disturbi
endocrini non sono correlati alla grandezza del tumore,
n questi disturbi sono presenti nei grossi pinealomi
presentanti ipertensione endocranica e segni di accen
tuata compressione delle strutture circostanti. L'iperge
nitalismo, piuttosto, si associa quasi sempre ai tumori co
siddetti non parenchimali della pineale, nella grande
maggioranza dei casi teratomi. Per contro, si pu dire che
siano eccezionali i pinealomi che danno ingrandimento
gonadale e pubert precoce, mentre sono assai pi fre
quenti quelli che si associano ad ipogonadismo e infanti
lismo.
oggi acquisito che i pinealociti producono so
stanze ormonali (melatonina e altri composti metossindo
lici), le quali hanno un effetto d'inibizione sulla secre
zione gonadotropinica (attraverso un blocco della produ

zione e/o liberazione del releasing-hormone ipotalamico);


la distruzione dei normali pinealociti ad opera di neopla
sie non secernenti, quali i teratomi, causerebbe una ri
dotta inibizione ipotalamo-ipofisaria e, quindi, un'ab
42

--- --- -

IPERGONADISMIO E IPOGONADISMIO

Fig. 3. Ipergonadi

mali, sia pure dell'et adulta. I tumori meno rari sono i


corionepiteliomi, neoplasie altamente maligne di tessuto

di 5

anni e 10 mesi con

similcoriale, a varia localizzazione; la loro attivit endo

ipotiroidismo pri
mitivo e pubert

crina specificatamente legata alla secrezione di grandi


quantit di gonadotropina HCG-LH. Non eccezional
mente il corionepitelioma in sede gonadica: in queste
circostanze si ha ingrandimento bilaterale delle gonadi
(testicoli, ovaie) pur in presenza di un tumore monola
terale. La situazione completamente diversa da quella
che caratterizza l'ipogonadismo primitivo da neoplasie

recoce. Presenza di

iperprolattinemia e
allargamento sel
lare.

steroidosecernenti delle gonadi (leydighiomi, tecomi), per


la quale si rinvia a quanto detto in precedenza. Nel sesso
maschile, non va dimenticato che una secrezione para
neoplastica di gonadotropine stata osservata nell'et
infantile anche in epatomi e sarcomi retroperitoneali.
Terapia
La terapia dell'ipergonadismo si identifica con quella de
gli stati morbosi responsabili e deve tener conto, ovvia
mente, dell'etiopatogenesi del disturbo endocrino in
causa; si rinvia, pertanto, alle voci riguardanti le singole
affezioni. Nei casi di ipergonadismo primitivo la terapia

sostanzialmente chirurgica; nell'ambito dell'ipergonadi


norme secrezione gonadotropinica, che conduce alla pre
coce maturazione delle gonadi e alla precoce evoluzione

smo secondario, e particolarmente per la pubert precoce


vera, possibile utilizzare una terapia medica con derivati
ormonali. Si pu qui ricordare il trattamento con proge

sessuale.

stinici ad azione antigonadotropinemica (medrossiproge

Una singolare associazione morbosa con l'ipergonadi

smo secondario la sindrome ipotiroidismo primitivo-pu


bert precoce, descritta inizialmente da Jenkins (1965), la
quale pu accompagnarsi ad allargamento sellare e, nel
sesso femminile, a galattorrea. La sindrome notevol
mente pi frequente nel sesso femminile, ma sono stati
anche descritti casi maschili; in questi ultimi, all'impo
nente maturazione leydighiana si contrappone di regola
un blocco pi o meno marcato della spermatogenesi. La
patogenesi ancora oscura. Sembra escluso un errore
congenito poliendocrino, in quanto stato osservato
qualche caso che si verifica dopo ipotiroidismo acquisito

sterone acetato), non privo d'importanti effetti collaterali.


Pi recentemente, sono state proposte nuove molecole,

ad azione pi specificamente anti-gonadotropinica (quale


il danazolo) e ad azione anti-gonadotropinica e anti-an
drogenica periferica (quale il ciproterone acetato). Anche
per questi derivati steroidei sono da tener presenti im
portanti effetti collaterali. La terapia medica della pu
bert precoce, in conclusione, va limitata a casi selezio
nati e va attuata sotto controllo specialistico ravvicinato
(clinico e laboratoristico).
Ipogonadismi

(tiroidite autoimmune). L'ipotesi pi probabile quella


di un'iperstimolazione gonadotropinica e, soprattutto, di
un'ipersecrezione di prolattina da parte della preipofisi,
forse per un effetto di trascinamento (elevati livelli di

Quadri clinici

TRH ipotalamico!); (fig. 3).


Non ancora chiaro se la prolattina rivesta un ruolo

difetto incretorio delle gonadi si istituito.


Nel maschio, se l'ipofunzione delle cellule interstiziali

Sul piano clinico, il quadro dell'ipogonadismo , come s'


detto, profondamente diverso in rapporto all'et in cui il

determinante nel controllo della maturazione sessuale;

del testicolo presente gi in et puberale, si configura

l'importanza di questo ormone peraltro sottolineata da

nell'et pubere e postpubere, in ragione del mancato in


tervento dell'increzione androgena testicolare, uno spro

molti AA., per il fatto che i livelli prolattinemici aumen


tano in pubert con un grossolano parallelismo nei con

fronti dei livelli gonadotropinemici.


Ancor pi incerte sono la collocazione nosografica e
l'interpretazione patogenetica che possano attribuirsi al

l'accelerata maturazione puberale della cosiddetta displa


sia fibrosa poliostotica o sindrome di Albright. La sin
drome si caratterizza per multiple e complesse lesioni
malformative scheletriche e per chiazze di iperpigmenta
zione cutanea; sulle basi delle osservazioni pi recenti, si
orientati ad assimilare questi casi alle precocit puberali
secondarie a iperstimolazione gonadotropinica, ma nel
l'opinione di alcuni non pu escludersi una patologia re
cettoriale periferica, nel senso di un'esaltata sensitivit
delle strutture bersaglio all'azione degli steroidi sessuali.

porzionato accrescimento scheletrico (gigantismo eunu


coide) con preponderante sviluppo degli arti, specie infe
riori, rispetto al tronco. Non solo la met inferiore del

corpo diventa nettamente pi lunga della met superiore,


ma si determinano altre tipiche sproporzioni scheletriche.
Le mani e i piedi si allungano, le dita si assottigliano e
presentano falangi lunghe e di piccolo diametro; ci di
pende dal fatto che le cartilagini epifisarie di accresci
mento, mancando l'azione degli steroidi sessuali, ritar
dano a saldarsi fino anche al 25-30 anno consentendo

un cospicuo allungamento del segmento scheletrico. Altre


caratteristiche scheletriche frequenti sono la prominenza
degli zigomi e l'aspetto femminile del bacino, con dia
metro bitrocanterico aumentato e diametro bisacromiale

Ipergonadismo e pubert precoce possono dipendere,


infine, da un'ipersecrezione gonadotropinica di tipo para
neoplastico e d'origine extraipofisaria. La diagnosi in

accorciato (fig. 4). Il sistema muscolare non acquista quel


grado di sviluppo e di tono che fanno la vigoria del ma

questi casi facilmente acquisita per la presenza di livelli


gonadotropinemici eccezionalmente elevati, di un'ordine
di grandezza superiore di 10-10 rispetto ai valori nor

bacea; i peli non si sviluppano al viso, che rimane glabro,


alle ascelle, in sede presternale; anche al pube il sistema
pilifero assai ascarsamente rappresentato. I capelli ap

43

schio normale; la cute sottile, con scarsa secrezione se

44

IPERGONADISMIO E IPOGONADISMIO

paiono, invece, folti; sono eccezionali la calvizie e l'arre


tramento frontotemporale del capillizio. Talora pu os
servarsi la cosiddetta facies ipogenitalica. Gli organi ge
nitali rimangono ipoplasici: i testicoli, o mancano (castra
zione, sindrome dei testicoli rudimentali), o sono piccoli,
atrofici o sclerotici; piccolo il pene, che conserva di
mensioni infantili; piccoli la prostata, le vescicole semi
nali e lo scroto; assenti per lo pi le erezioni e la sper
miogenesi; la voce non subisce il fisiologico mutamento e
non acquista il timbro maschile adulto, perch la laringe
rimane piccola e molle (scarso rilievo acquista, pertanto,
il cosiddetto pomo di Adamo). Anche l'apparato cardio
vascolare ipoplasico; il cuore per lo pi piccolo, a

Fig. 5. Idogonadismo.
18 anni

***

con ipogonadismo a
insorgenza prepube
rale, nel contesto di

un quadro di
tuitarismo. Infanti
lismo sessuale.

goccia, come nelbiotipo costituzionale longilineo-astenico;


spesso vi ipotensione. Alla psiche manca ogni impronta
del sesso, non si istituisce libido: timidezza, indifferenza

all'ambiente esterno e talora scontrosit e incapacit di


adattamento sociale sono rilievi frequenti. Le particolari
condizioni di fragilit psicologica rendono ragione anche
del comportamento alimentare, spesso improntato a
iperfagia, causa non ultima della tendenza all'obesit.
Il quadro clinico dell'ipogonadismo maschile tardivo
(postpuberale) , invece, singolarmente sfumato e di diffi

cile riconoscimento. Si assiste, nei casi pi conclamati, ad


una discreta involuzione dei caratteri virili (a suo tempo
normalmente sviluppatisi): si ha, allora, una parziale ca

duta dei peli della barba, un certo grado di ipotrofia della


prostata, l'affievolimento della libido, talora l'elevarsi del
timbro della voce. In numerosi altri casi, questi fenomeni
sono cos lievi da passare sostanzialmente inosservati.
Anche la libido pu conservarsi ancora per lungo tempo

dopo l'asportazione o la distruzione patologica delle


strutture leydighiane. Abituali sono invece i fenomeni

di ipereccitabilit nervosa e d'instabilit vasomotoria


(vampe di calore al viso, tachicardia, ipersudorazione),
che ricordano quelli del climaterio femminile; la tendenza
alla depressione psichica, all'introversione e alla scarsa
comunicativit sociale riferita con notevole frequenza.
Nel sesso femminile, l'ipogonadismo si manifesta con
un quadro sintomatologico sostanzialmente corrispon
dente. Se il difetto endocrino precoce e precede la pu
bert, si osservano le stesse displasie scheletriche, mu
scolari, cutanee e pilari che nel maschio. Particolarmente
evidente pu essere l'osteoporosi, che contribuisce da un
lato a causare deformazioni scheletriche al rachide (cifo
scoliosi) e che aumenta dall'altro la fragilit delle ossa
lunghe, soprattutto quando presente obesit cospicua.
Facilmente riconoscibili sono l'ipoplasia e le deficienze
funzionali dell'apparato genitale: la vulva, la vagina, l'u
tero rimangono di dimensioni infantili; le ovaie sono pic
cole, atrofiche o addirittura non si reperiscono; le mam
melle non presentano alcuna evoluzione rispetto alle ca
ratteristiche infantili oppure mantengono un'areola pic

cola, ipopigmentata e un capezzolo ipotrofico (fig. 5).


Non si instaurano, ovviamente, i flussi mestruali; lo psi
chismo affettivo non si differenzia rispetto all'et infantile
e manca la libido.

Nell'ipogonadismo femminile tardivo si osserva involu


zione degli organi genitali in misura assai pi spiccata che
nel maschio. Il sintomo pi importante l'amenorrea,

che pu accompagnarsi a manifestazioni vasomotorie


(vampe di calore, ipersudorazione) e neurovegetative (ta
Fig. 4. Ipogonadismo.
24 anni

**i

con ipogonadismo a
insorgenza
rale. Quadr di gi
gantismo eunucoide.

pri

chicardia, sbalzi pressori, etc.) tipiche del periodo clima


terico. In questo senso, non appare paradossale quanto
stato affermato da alcuni, essere lo stato postmenopau

sale una forma di ipogonadismo fisiologico. L'involuzione


del tratto genitale comporta in questi casi un assottiglia
mento della mucosa vaginale e vulvare sino agli aspetti
tipici della craurosi; l'utero e le mammelle diminuiscono
46

IPERGONADISMO E IPOGONADISMIO

di volume. Sul piano psichico, si assiste ad una progres


siva diminuzione della libido e ad un'involuzione affettiva,
che spesso condiziona comportamenti reattivi nei con

della responsivit del tratto genitale alla somministrazione di


steroidi sessuali, il test di stimolazione ipotalamo-ipofisaria con
clomifene, etc.

fronti dell'ambiente, elo la presenza di manifestazioni ne


vrotiche a sfondo ansioso-depressivo.
Semeiotica funzionale
Sul piano diagnostico, le indagini di laboratorio e, pi specifica
mente, i dosaggi ormonali hanno nell'ipogonadismo un duplice
scopo: confermare, da un lato, il sospetto, avanzato in sede cli
nica, di difetto funzionale della secrezione gonadica, e precisare,
dall'altro, il meccanismo patogenetico dell'iposecrezione. Si
tratta, in altre parole, di valutare se il danno gonadico, sia pri
mitivo (dipendente, cio, da patologia intrinseca della gonade)
oppure secondario a difettosa stimolazione gonadotropinica. Per
quanto attiene al primo scopo, la valutazione nei due sessi dei
livelli ematici, rispettivamente, di testosterone e di 173-estra
diolo ha negli ultimi anni preso il sopravvento sui tradizionali
dosaggi urinari dei 17-chetosteroidi e dei cosiddetti estrogeni
totali. Negli stati di ipogonadismo, ovviamente, tutti questi
parametri risultano ridotti rispetto alla norma. Nel sesso femmi
nile, utili informazioni sono fornite anche dall'esame citormo

nale dello striscio vaginale; si osserva una scarsissima matura


zione dell'epitelio, con desquamazione di elementi rotondeg
gianti tipici degli strati basale e parabasale. Nei casi in cui
possibile eseguire una biopsia endometriale, si rilevano di solito
una prevalenza stromale e un'ipoplasia del parenchima ghian
dolare.

Per quanto attiene al secondo scopo, il dosaggio contempora


neo delle gonadotropine plasmatiche pu di per s consentire
una corretta diagnosi di primitivit o meno dell'ipogonadismo;
nell'et postpubere, il danno primitivo gonadico si accompagna
di regola ad un aumento, anche cospicuo, dei livelli gonadotro
pinemici. Il test specifico di stimolo con LH-RH pu essere di
rimente nei casi dubbi (fig. 6): vi sar una risposta assai vivace e
prolungata nel tempo in condizioni di ipogonadismo primitivo;
una risposta, invece, nulla o assai scarsa in condizioni di insuffi
cienza secretoria preipofisaria e ipogonadismo secondario. Sem
pre dev'essere effettuato il test di stimolazione gonadica me

diante somministrazione per qualche giorno di gonadotropina


esogena ad azione LH (HCG). Nel maschio questa prova (test
di Ceresa e Rubino), un tempo valutata con il dosaggio dei 17
chetosteroidi urinari, pu esserlo ora sulla base del testosterone

plasmatico. Nella donna si ricorre al dosaggio del 178-estradiolo


del plasma come criterio di giudizio. La mancata risposta rite
nuta indicativa di danno primitivamente gonadico. Ulteriori in
dagini sono in genere necessarie per una completa definizione
diagnostica: particolare significato hanno le analisi citogenetiche
per la precisazione del corredo gonosomico. Si possono ancora
ricordare gli altri esami: la biopsia testicolare, la valutazione

8 TF
25
6

Ar

2V

- LH

----- FSH

=4

------

- - - -,

zo min
Fig. 6.
di Gn-R

onadismo. Risposta gonadotropinemica all'iniezione


sintetico in un caso femminile di ipogona

dismo di origine ipotalamica (displasia olfatto-genitale o sin


La positivit della risposta indi
zia la genesi sovraipofisaria dell'ipogonadismo; caratteristica la
prevalenza della risposta FSH sulla risposta LH.
drome di De

47

Etiopatogenesi
Numerose sono le cause possibili di ipogonadismo, sia nel
sesso maschile, sia in quello femminile. Il quadro pi
paradigmatico costituito, ovviamente, dalla castrazione
bilaterale chirurgica; assimilabile alla castrazione la ne
crosi completa del parenchima gonadico, in conseguenza
di processi patologici destruenti o di interruzione dell'af
flusso arterioso. La castrazione o la distruzione ghiando
lare in et prepubere danno luogo al cosiddetto eunu
chismo; il termine eunucoidismo si riferisce, invece, al

quadro clinico di sproporzionata evoluzione scheletrica


con ipogenitalismo, tipico dei casi di ipogonadismo
puro (non associato ad altri difetti endocrini) a insor
genza precoce (v. EUNUCoIDISMo). Il termine infantilismo
ha, per contro, significato pi vasto e si pu dire copra
tutte le forme di ipogonadismo prepubere: sta a signifi
care il mancato sviluppo sessuale e la persistenza nell'et
postpubere dei caratteri sessuali infantili.
Nell'et adulta, causa di ipogonadismo primitivo pos
sono essere affezioni destruenti il parenchima gonadico
(localizzazioni settiche, traumi, manifestazioni emorragi
che). La causa pi frequente , in entrambi i sessi, la ca
strazione chirurgica bilaterale, che viene effettuata nel
l'ambito della strategia terapeutica di alcune neoplasie
cosiddette ormonodipendenti: esempi tipici sono, nel
sesso maschile, il carcinoma della prostata, e in quello
femminile il carcinoma della mammella. Nel sesso fem

minile, ipogonadismo primitivo pu conseguire anche alla


presenza di voluminose cisti ovariche, progressivamente
destruenti l'intero parenchima ghiandolare. Sempre nel
l'et adulta, una difettosa produzione di gonadotropine
ipofisarie e, conseguentemente, ipogonadismo secondario
possono caratterizzare svariate affezioni interessanti il si
stema ipotalamo-ipofisario (ipopituitarismi totali o par
ziali; adenomi della preipofisi GH- o ACTH-secernenti,
con quadri clinici di acromegalia o di morbo di Cushing);
v. IPOFISI; IPERPITUITARISMO E IPOPITUITARISMO. Caratteri

stico l'ipogonadismo secondario che accompagna l'an


oressia nervosa e che talora pu addirittura precedere,
quale manifestazione d'esordio della malattia, il progres
sivo dimagramento. In questi casi si ritiene ormai con
cordemente che il primum movens del disturbo endocrino
sia da identificare in un'alterata regolazione nervosa (di
rettamente a livello ipotalamico oppure in sedi extraipo
talamiche) della secrezione di Gn-RH. Oltre che da
cause direttamente afferenti all'asse ipotalamo-ipofiso
gonadale, l'ipogonadismo pu essere sostenuto, partico
larmente nel sesso maschile, da tutt'altra patologia, quale
la cirrosi epatica.
I meccanismi patogenetici in gioco non sono ancora
chiari, ma opinione diffusa che, proprio per quanto at
tiene al sesso maschile, sia importante lo stato di iper
estrogenismo che viene a determinarsi in conseguenza
dell'esaltata trasformazione di androgeni in estrogeni. Gli
aumentati livelli di estrogeni circolanti, inibendo la secre
zione di gonadotropine, potrebbero indurre una condi
zione di ipogonadismo secondario. Anche nella sidero
cromatosi si ha di regola ipogonadismo, che pu manife
starsi precocemente ed essere di grado notevole. Il vo
lume delle gonadi generalmente ridotto; i livelli di go
nadotropine circolanti sono per lo pi assai bassi e torpi

damente responsivi allo stimolo con Gn-RH. quindi


verosimile che anche in questa condizione morbosa, indi
pendentemente dalla compromissione funzionale epatica,
48

IPERIDRATAZIONE

si determini un ipogonadismo ipogonadotropinico, forse

con gonadotropine ad azione FSH ed LH, sia perch, so

in conseguenza di deposizioni siderosiche in sede preipo

prattutto nelle forme a insorgenza precoce, la sola terapia

fisaria. Secondo altri AA., sarebbe riconoscibile nell'ipo


gonadismo della siderocromatosi anche una componente

causale con gonadotropine non riesce a promuovere un


soddisfacente sviluppo puberale. In casi particolari, per
altro, la terapia di stimolo appare in grado di conseguire
risultati soddisfacenti: si tratta di soggetti nei quali la

primitiva gonadica, in ragione delle caratteristiche siste


miche del processo di infiltrazione siderosica. Non va di
menticato, inoltre, che la somministrazione farmacologica

preventiva somministrazione di HCG per qualche giorno

e di progestinici nel sesso femminile (carcinoma della


mammella) conduce di regola ad un blocco della secre

(test di stimolo) ha determinato una risposta gonadica


positiva particolarmente consistente.
Indipendentemente dalla terapia specifica di stimolo,

zione gonadotropinica e ad un ipogonadismo secondario.

possibile, in alcuni casi di ipogonadismo secondario del

Anche la somministrazione di estroprogestinici ad azione


contraccettiva d un ipo-ovarismo temporaneo; in casi
tutt'altro che eccezionali si pu assistere, una volta so
speso il trattamento, alla stabilizzazione del blocco gona
dotropinico con un quadro clinico del tutto assimilabile a
quello di una patologia organica ipotalamo-ipofisaria

l'et adulta, ottenere un ripristino della funzione gona


dica con la semplice rimozione del momento patogene
tico responsabile del blocco gonadotropinico. Ci si riferi

sce agli interventi di adenomectomia selettiva della pre


ipofisi, alla sospensione di trattamenti antigonadotropine
mici, alla possibilit di ridurre l'eventuale iperprolattine

(cosiddetta amenorrea postpillola). Negli anni pi re

mia con l'uso di farmaci specifici (preparati ad azione

centi, i grandi progressi ottenuti in neuroendocrinologia


clinica hanno consentito di individuare nell'ipersecrezione

mocriptina).

di estrogeni nel sesso maschile (carcinoma della prostata)

di prolattina una delle cause pi frequenti di ipogonadi


smo postpubere, soprattutto nel sesso femminile.
Il termine sindrome amenorrea-iperprolattinemia ve
nuto sostituendosi a quello, pi restrittivo, di sindrome
amenorrea-galattorrea; la genericit del termine sottoli

nea, peraltro, l'incertezza nosografica in un settore della


patologia ancora in via di definizione. Si pu dire che
vengono riconosciuti due fondamentali tipi di ipersecre
zione prolattinica: il primo, dipendente da un adenoma
della preipofisi (in molti casi, microadenoma non facil

mente riconoscibile con gli attuali mezzi diagnostici) e il


secondo, dipendente da un atteggiamento iperfunzionale,
senza organizzazione adenomatosa dei pituiciti prolatti
nosecernenti, in conseguenza di un ridotto tono inibitorio

dopaminergica, quale la 2-bromo-o-ergocriptina o bro


Bibliografia
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Cassano C., Andreani D. eds., Trattato italiano di endocrino

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ipotalamico. In entrambe le circostanze, l'aumentata pro

Saxena B. B., Beling C. G., Gandy H. M., Gonadotrophins,

duzione di prolattina causa una ridotta attivit gonadica;


si pensa che l'effetto ormonale si eserciti prevalente

Teilum G., Special Tumors of Ovary and Testis, 1975, Munsk


gaard, Kgbenhavn.

mente a livello gonadico (interferenza con la stimolazione


gonadotropinica), ma non esclusa un'azione inibitrice
anche a livello del sistema ipotalamo-ipofisario gonado
tropinosecernente. La documentata labilit della secre
zione di prolattina pu indiziare questo ormone come

responsabile di non pochi momenti di ipogonadismo in

1972. Wiley-Interscience, New York.


Tronchetti F., Marescotti V., Gli ipogonadismi maschili. Fisio

atologia, clinica e terapia, 1968, Pozzi, Roma.


urtman R. J., Adv. Intern. Med., 1970, 16, 155.
FRANCESCO CERESA E ALBERTO ANGELI

IPERIDRATAZIONE

svariate condizioni di patologia psichiatrica e/o in corso


di terapie con psicofarmaci.

F. hyperhydratation. - I. hyperhydration. - T. Hyperhydra


tion. - s. hiperhidratacin.

Terapia

Si definisce iperidratazione l'aumento patologico dei vo

La terapia dell'ipogonadismo s'identifica con quella degli


stati morbosi responsabili. Nelle forme primitive indi
spensabile istituire una terapia sostitutiva. Nei casi a in
sorgenza prepubere, l'inizio della terapia viene a coinci
dere con l'epoca teorica della pubert, in quanto un in
tervento pi precoce potrebbe provocare un rapido sal
damento delle cartilagini epifisarie e quindi l'arresto della
crescita. Nel sesso maschile, l'androgeno di elezione il
testosterone, per lo pi somministrato sotto forma di
esteri ad azione prolungata. Nel sesso femminile, la tera
pia prevalentemente estrogenica; in alcuni casi si pu
associare progesterone per una ricostruzione pi fisiolo

lumi idrici corporei. Pu interessare solo il comparti


mento intracellulare (CI): i. intracellulare; oppure solo

gica del ciclo ovarico. In queste circostanze, si attua di


solito uno schema sequenziale inserendo la sommini
strazione di progesterone nella seconda parte del ciclo
farmacologico. Il trattamento sostitutivo va protratto sino
al raggiungimento dell'ipotetica et climaterica.
Anche nelle forme secondarie, la terapia sostitutiva
con steroidi sessuali spesso quella pi efficace, sia per
l'obiettiva difficolt di effettuare un trattamento protratto
49

il compartimento extracellulare (CE): i. extracellulare;


oppure entrambi i compartimenti (i. globale).
Ai fini pratici tuttavia di fondamentale importanza
tener conto, oltre che delle variazioni di volume, delle

possibili, contemporanee variazioni di composizione dei


liquidi corporei.

Perci, per una classificazione clinica, il termine i. (cos


come il termine disidratazione [v.]) spesso inadeguato.
Ogni variazione patologica dei liquidi corporei dovrebbe
essere definita con due termini, volume e osmolalit (v.
anche: IDRICO-MINERALE RICAMBIO), indispensabili anche
per una corretta terapia.
Sulla base di queste premesse, la classificazione mo
derna dell'i. tiene conto dello stato del liquido extracel
lulare (LE), per la comodit di poter analizzare chimica
mente il plasma.
Si distinguono cos: i. isotonica, i. ipertonica, i. ipoto
nica. Le variazioni di volume del liquido intracellulare
50

IPERIDRATAZIONE

(LI) avvengono secondariamente, in risposta a variazioni


di osmolalit del LE e possono essere, come si vedr ol
tre, dello stesso segno o di segno opposto rispetto alle
variazioni di volume extracellulare, ma in ogni caso sono
determinate da precise leggi osmotiche (fig. 1, a, b, c).
Per tali ragioni viene inclusa in questa classificazione la
disidratazione ipotonica a cui corrisponde i. intracellulare
(fig. 1, d).
Va sottolineato che la classificazione valida per varia
zioni acute che intervengano nel corso di ore o giorni, e
che in campo clinico raro trovare esempi puri delle sin
gole forme.
Nella fig. 1 abbiamo riassunto graficamente le altera
zioni fisiopatologiche e biochimiche che si verificano nelle

IPERIDRATAZIONE ISOTONICA

AEC

AIC

Na P

2 |
9

Ht

5
3|

AEC

AC

Hb
pr

PO
UNa ff

volunne

H2o

IPERIDRATAZIONE IPERTONICA

diverse sindromi da i.
AEC

Iperidratazione isotonica (iperidratazione extracellulare)


Pu essere definita come una ritenzione di sodio e acqua
nella reciproca proporzione normale.

q
-

Na P

-t

AEC

Fisiopatologia

AIC

AC

Hb

pT

La somministrazione endovena di una soluzione elettroli


PO

-)

tica di composizione identica a quella dei liquidi extra


cellulari provoca aumento di volume del CE. L'isotonia
del liquido infuso non induce alcuna modificazione del
l'osmolalit dei liquidi extracellulari e perci non si ha
movimento di acqua tra cellule e CE. Il risultato finale
consiste in un semplice aumento di volume del CE.

UNa

IPERIDRATAZIONE IPOTONICA

La sodiemia non varia, mentre l'ematocrito, le con

centrazioni dell'emoglobina e delle proteine totali e la


pressione oncotica plasmatica si riducono. L'espansione
isotonica del LE provoca aumento dell'escrezione urina
ria di acqua e, in misura proporzionalmente maggiore, di

AEC

AIC

Na P
-t

AEC

AC

Hb
pr

sodio.

| PO

l UNa

Etiopatogenesi
L'espansione isotonica del LE pu avvenire con le se
guenti modalit.
a) Sovraccarico di soluzioni isotoniche infuse endovena
(soluzione fisiologica, sangue intero, albumina umana,
plasma expanders). Questo meccanismo assume rara
mente importanza clinica in presenza di normale funzione

volume

AEc
AIC
Na P
-

Ac

AEC

-t

-b

pTr

pO

di acqua e sodio. Alla base della ritenzione idrosalina


stanno fattori emodinamici, l'iponchia plasmatica, l'iper
aldosteronismo secondario (insufficienza cardiocircola
toria, cirrosi epatica, sindrome nefrosica).

c) Ritenzione di sodio e acqua da parte del rene fun

H2o

( iperidratazione intracellullare)

lare e/o aumento percentuale del riassorbimento tubulare

zionalmente compromesso per la ridotta capacit di eli


minare sodio e acqua (insufficienza renale acuta e cro
nica).

DISIDRATAZIONE IPOTONICA

cardiaca e/o renale.


b) Ritenzione di sodio e acqua da parte del rene fun
zionalmente integro, per riduzione del filtrato glomeru

ff

U Ho

volunne

U Na
volume

U H2o

Fig. 1. I. extra- e intracellulare. Ivolumi dei compartimenti sono


rappresentati sulle ascisse; la concentrazione totale degli elet

trofiti sulle ordinate. La linea spessa rappresenta lo stato di


normalit; la linea sottile, il raggiungimento dell'equilibrio tra i

due compartimenti dopo la variazione patologica. Le frecce indi


cano le variazioni dei diversi parametri nelle varie condizioni.

Sintomatologia

AEC) Acqua extracellulare; AIC) acqua intracellulare; NaP)


concentrazione plasmatica del sodio; Ht) ematocrito; Hb) con

Se l'i. isotonica extracellulare di lieve entit, l'unica

manifestazione l'aumento del peso corporeo (fino a 3-4


kg). Se di grado maggiore, il quadro clinico quello
dell'edema generalizzato, fino all'anasarca, con possibilit
di edema polmonare e cerebrale che mettono in pericolo

centrazione emoglobinica ematica; PT) concentrazione plasma


tica delle proteine totali; PO) pressione oncotica plasmatica;
UNa) escrezione urinaria di sodio; UHO) escrezione urinaria di
acqua.

la vita.

potenti (furosemide e ac. etacrinico) che promuovono


Terapia
La restrizione alimentare del sodio pu da sola essere
sufficiente a correggere il disturbo. Quando sia necessario
un intervento terapeutico rapido vengono usati i diuretici
S1

una larga escrezione di urine quasi isotoniche. L'uso di


questi diuretici raccomandabile anche nei pazienti con
funzione renale discretamente compromessa, nei quali
spesso necessario un aumento delle dosi.
52

IPERIDRATAZIONE

Nei casi in cui l'iperaldosteronismo svolga un impor


tante ruolo patogenetico trova indicazione razionale an
che lo spironolattone, che viene per generalmente usato

Iperidratazione ipotonica (iperidratazione globale)


Pu essere definita una ritenzione di acqua in eccesso
rispetto al sodio.
--

in associazione con altri diuretici.

In caso di grave insufficienza renale e nei pazienti bi

nefrectomizzati l'emodialisi e la dialisi peritoneale iperto


nica rappresentano la terapia d'elezione.
Iperidratazione ipertonica (disidratazione intracellulare)

Fisiopatologia
In seguito a ingestione di quantit eccessive di acqua si
ha una proporzionale espansione di entrambi i comparti
menti, poich l'acqua diffonde liberamente attraverso le
membrane cellulari. L'osmolalit effettiva si riduce a

Pu essere definita come una ritenzione di sodio in ec

causa della diluizione dei liquidi corporei totali, ma il LI


cesso rispetto all'acqua.

e il LE risultano isosmotici.

La sodiemia ridotta, come l'ematocrito, la concentra


Fisiopatologia
La somministrazione endovena di una soluzione salina

ipertonica provoca aumento dell'osmolalit effettiva del


LE ed espansione del volume extracellulare. A tali modi

zione dell'emoglobina e delle proteine totali e la pres


sione oncotica del plasma. L'escrezione dell'acqua au
menta fortemente, mentre il sodio viene escreto in mi

sura, seppure aumentata, proporzionalmente minore.

ficazioni consegue un rapido movimento di acqua dalle


cellule verso il CE, fino a che non si raggiunga l'isosmoti

poranea riduzione del volume intracellulare. L'osmolalit

Etiopatogenesi
L'espansione ipotonica del LE pu avvenire con le se
guenti modalit.

effettiva del LE, alterata dal carico ipertonico, risulta


cos, all'equilibrio, aumentata ma diminuita rispetto agli

male funzione renale (solo per carichi idrici massivi).

elevati valori iniziali, via via che l'acqua intracellulare

b) Sovraccarico idrico (per os o per fleboclisi sotto


forma di soluzione glicosata) in pazienti affetti da malat

cit tra i due compartimenti. Il risultato finale rappre


sentato dall'aumento del volume del CE e dalla contem

viene richiamata verso il CE.

La sodiemia risulta aumentata, mentre la riduzione

dell'ematocrito, delle concentrazioni dell'emoglobina e


delle proteine totali e della pressione oncotica plasmatica
indica l'espansione del volume plasmatico. L'espansione
ipertonica del LE provoca forte aumento dell'escrezione

a) Ingestione eccessiva di acqua in soggetti con nor

tie che riducano il potere di diluizione urinaria (nefropa


tie croniche, insufficienza renale acuta oligo-anurica, in
sufficienza cardiocircolatoria, cirrosi epatica ascitica).
c) Alterazione dei meccanismi preposti al blocco della
secrezione di ADH (inappropriata secrezione di ADH).
La secrezione dell'ormone viene mantenuta da stimoli

urinaria di sodio, mentre l'escrezione dell'acqua risulta


diminuita.

Etiopatogenesi

L'espansione ipertonica del LE pu avvenire per le ra


gioni seguenti:

a) Somministrazione rapida ed eccessiva di soluzioni


saline ipertoniche, specie in pazienti con insufficienza re
nale cronica. Un caso particolare rappresentato dall'ec
cessiva somministrazione di soluzioni saline per os a
bambini trattati per gravi sindromi diarroiche.

b) Errata composizione del bagno di dialisi (soluzioni


saline ipertoniche) in soggetti sottoposti a emodialisi.
Sintomatologia

La sintomatologia legata da una parte all'espansione


del LE, con possibilit d'insufficienza cardiocircolatoria
ed edema polmonare, dall'altra alla contrazione del LI.

Il sintomo pi importante la sete, che pu arrivare a


gradi estremi. Le mucose sono aride, mentre il turgore
della cute si mantiene praticamente normale. Sono spesso
presenti iperpnea e febbre. Nei casi pi gravi sono co
stanti i disturbi del sensorio, con stato confusionale, stu
pore, convulsioni (rare), fino al coma.

non osmotici (anestetici, stress chirurgico, dolore, barbi


turici, morfina, clorpropamide) o da parte di tumori ma
ligni di tessuti non endocrini o da malattie del S.N.C. In
tutti questi casi la secrezione di ADH non viene sop
pressa, come di norma, dalla diluizione e dall'ipotonia dei
liquidi biologici che fanno seguito alla somministrazione
di acqua.

d) Assorbimento di rilevanti quantit di acqua attra


verso la parete alveolocapillare nel caso di sommersione
accidentale in acqua dolce (v. ANNEGAMENTo).
Sintomatologia
La sintomatologia legata soprattutto all'espansione del
LI cerebrale, con sindrome da compressione e aumento
della pressione del liquor. Si rileva costantemente ipona
-

tremia. Nei casi lievi (natremia superiore a 110 mEq/) i


pazienti possono lamentare solo astenia e dimostrare un
certo grado di apatia; nei casi gravi (natremia inferiore a

110 mEq/) ovvero in quelli in cui la sindrome sia insorta


in modo particolarmente acuto, lamentano cefalea e ma
nifestano stato confusionale, nausea, vomito, tremori
muscolari, fino a gravi stati convulsivi ed epilettiformi. Se
la sindrome non viene riconosciuta e curata si arriva allo

stato stuporoso, coma e morte.

Terapia

Nei casi lievi non necessaria alcuna terapia. Nei casi


sintomatici, se la funzione renale permette una soddisfa
cente risposta ai diuretici, si possono somministrare fu

Terapia
Consiste nella restrizione dei liquidi, fino a valori infe
riori alla somma delle perdite sensibili e insensibili.

rosemide e ac. etacrinico fino all'escrezione della quantit


di sodio ritenuta in eccesso. Il volume escreto viene rim

piazzato con soluzione glicosata (il che equivale a pura


somministrazione idrica, per la rapida metabolizzazione
del glicoso). Il risultato finale l'allontanamento dall'or
ganismo del sodio in eccesso.

Qualora la funzione renale sia gravemente compro


messa, necessario ricorrere all'emodialisi.
53

Iperidratazione intracellulare (disidratazione ipotonica)


Pu essere definita come una perdita corporea di sodio in
proporzione relativamente maggiore rispetto all'acqua.
Fisiopatologia
La perdita di sodio dal CE comporta una riduzione del
l'osmolalit effettiva nel plasma e nell'interstizio. Ne
54

IPERIDRATAZIONE

consegue uno spostamento dell'acqua dal CE verso l'in


terno delle cellule per il mantenimento dell'isosmoticit.
All'equilibrio l'osmolalit totale effettiva risulta ridotta,
ma i due compartimenti sono isosmotici. Il risultato finale
rappresentato dalla contrazione del CE e dalla contem
poranea espansione del CI.
Di conseguenza la natremia ridotta, mentre aumen
tano l'ematocrito, la concentrazione dell'emoglobina e
delle proteine totali e la pressione oncotica plasmatica.
L'escrezione urinaria di sodio fortemente ridotta. L'e

screzione idrica aumentata a causa dell'ipotonicit


plasmatica; tuttavia, se la contrazione del LE notevole,
pu risultare ridotta.

Le alterazioni della secrezione sudoripara possono es


sere di ordine quantitativo (anidrosi = mancanza di se
crezione sudorale; iperidrosi = aumento della sudora
zione generalizzata; efidrosi = ipersudorazione localiz
zata) o di ordine qualitativo (bromidrosi = sudore fetido;
cromidrosi = sudore colorato).
Iperidrosi generalizzata o simmetrica

dovuta ad una delle seguenti cause.


1. Alterazioni dell'attivit termoregolatoria. Esistono
marcate variazioni fisiologiche da persona a persona. In
alcune malattie febbrili, siano esse infettive o no, all'au

Etiopatogenesi
La disidratazione ipotonica del LE pu avvenire con le
modalit seguenti.
a) Perdite renali di sodio provocate da: 1) insufficienza
corticosurrenalica, a causa dell'ipoaldosteronismo; 2) in

mento della temperatura del sangue l'ipotalamo reagisce


inducendo la perdita di calore con la sudorazione e la
vasodilatazione. A volte, anche con la guarigione della
malattia, pu perdurare una certa instabilit del centro
termoregolatore, cosicch l'i. presente anche in assenza
di febbre. Se questo disturbo persiste per molto tempo ed
molto marcato, si ha una vera e propria malattia su

sufficienza renale cronica, a causa della diuresi osmotica

dorale.

per nefrone residuo; 3) diabete mellito scompensato, per


la diuresi osmotica da iperglicemia; 4) terapia diuretica,
per il blocco del riassorbimento tubulare di sodio. (La
dieta iposodica rappresenta spesso, in tutti questi casi,
un'importante concausa di deplezione sodica).
b) Perdite digestive di sodio (vomito, aspirazioni o la
vaggi gastroduodenali, fistole digestive, diarrea).
c) Perdite cutanee di sodio (ipersudorazione [anche se
il sudore, normalmente, ipotonico), mucoviscidosi,
ustioni estese, dermatosi secernenti).
d) Rimpiazzo di perdite di liquidi isotonici con solu

Questa forma di i., a differenza dell'i. emozionale,

peggiora durante il sonno.


Il meccanismo di ipersudorazione generalizzata, asso
ciata a malattie disendocrine (acromegalia, ipertiroidi
smo, diabete, ipersurrenalismo corticale, disfunzioni en
docrine della menopausa, obesit, etc.) e ai tumori, an
cora sconosciuto.

Bibliografia

Crisi di sudorazione particolarmente profusa sono


causate da avvelenamenti soprattutto da pilocarpina, ni
cotina, alcol, morfina, come pure si accompagnano alle
crisi dolorose di varia natura (coliche epatiche, renali,
angina pectoris, vomito, etc.) e alle crisi simpaticotoniche
in genere.
2. Alterazioni dovute a stato emozionale. In questi
casi l'i. generalizzata rarissima mentre molto pi fre
quente l'i. circoscritta e la forma pi comune quella lo
calizzata alla palma delle mani, alle piante dei piedi, alle
ascelle. Molto meno ai polsi e alla faccia.
In certi casi si tratta di una vera e propria infermit,
tale da rendere impossibile ogni attivit manuale.
Sebbene i disturbi emozionali (a volte molto gravi)
siano quelli che pi frequentemente stimolano la sudora
zione, ciononostante in qualche paziente non vi sono di
sturbi emozionali primari ma una certa facilit a sudare
sotto stimolo mentale (studio, particolare attenzione su di
un determinato argomento, etc.). Il sudore delle mani e
dei piedi pu essere sia continuo che fasico.
L'i. delle mani e dei piedi pu essere accompagnata da
acrocianosi, da cheratoderma palmoplantare, da eczemi
topici e disidrosici; comunque il pi delle volte le estre
mit sono madide, umide, fredde, asfittiche, molli o di un

Bartoli E., Med. Int., 1976, 23.

bianco cereo.

Bland J. H., Clinical Metabolism of Body Water and Electrolytes,

L'i. emozionale presente in entrambi i sessi; spesso


s'inizia nell'infanzia o nell'et pubere e frequentemente

zioni non contenenti Na.

Sintomatologia

caratterizzata da astenia, anoressia, vomito, cefalea,


crampi muscolari dolorosi, iporeflessia, torpore, stato
confusionale fino al coma. La sete caratteristicamente

assente. Le mucose si presentato umide e la cute non


SCCCa.

Sono presenti inoltre i segni della deplezione di volume


extracellulare (ipotensione, oliguria, ipercreatininemia,
aumento dell'ematocrito e della concentrazione emoglo
binica e delle proteine totali) associati alla riduzione della
concentrazione plasmatica del sodio e del cloro.
Terapia
Si basa sulla somministrazione di soluzioni saline iperto
niche, alternate a soluzioni saline isotoniche, fino a corre

zione della perdita di sodio previamente calcolata.

1963, Saunders, Philadelphia.

Maxwell M. H., Kleeman C. R., Clinical Disorders of Fluid and


Electrolyte Metabolism, 1972, McGraw-Hill, New York.
GIOVANNI STIRATI

IPERIDROSI

vi una storia familiare. Vi una certa tendenza a mi

gliorare dopo i 25 anni.


Se all'i. delle piante dei piedi sono associati disturbi
vasomotori con cute freddo-cianotica, si ha il quadro
della livedo simmetrica.

F. hyperhidrose. - I. hyperhidrosis. - T. Hyperhidrose. - s.


hiperhidrosis.
Iperidrosi asimmetrica
La secrezione sudorale regolata da fibre sia simpatiche
che parasimpatiche, da centri diencefalici (specie nella
regione subtalamica) e spinali (lungo la colonna di
Clarke).

probabile l'esistenza di un centro corticale con sede


nel lobo frontale.

55

Pi interessanti ai fini diagnostici sono le alterazioni par


ziali della secrezione sudorale sostenute da malattie

neurologiche e che possono interessare qualunque parte


delle vie simpatiche, dal cervello al nervo terminale.

Quasi sempre essa un sintomo associato ad altri segni


di compromissione nervosa. Pur considerando che la di
S6

IPERIDROSI

stribuzione dei nervi simpatici non corrisponde necessa


riamente con i dermatomi sensoriali, ciononostante in
molti casi la sudorazione abolita, o ridotta, nei territori

ove compromessa la sensibilit. Molta importanza as


sume in questi casi la prova di Minor (reazione dello io
dio con amido) che d una precisa delimitazione dell'area
ove esiste i. Il sudore asimmetrico pu pure manifestarsi
per disturbi viscerali in via riflessa, il pi delle volte at
torno ad un'area di anidrosi e questo dovuto alla sti
molazione di un riflesso assonico, come accade, per es.,
attorno ad una scleroipodermite ulcerativa di una gamba.
Una i. compensatoria si ha nelle vicinanze di determinati
distretti cutanei ove esista anidrosi per malattie nervose o
per simpaticectomia.
In assenza di evidenti alterazioni nervose, in certi casi
di i. asimmetrica o circoscritta, sono state messe in evi

L'odore della pelle dell'uomo determinato dalla se


crezione delle ghiandole apocrine. La secrezione sebacea
ha un certo odore; comunque la bromidrosi dovuta alla
decomposizione di prodotti di cheratinizzazione, a fer
mentazione secondaria, alla liberazione di acidi grassi, di
composti ammoniacali, a decomposizione batterica, etc.
Questi processi sono molto pi evidenti se vi asso
ciata i.; essi si instaurano solo dopo qualche ora e per
tanto frequenti lavaggi, impedendo fenomeni di decom
posizione, annullano la bromidrosi. Vi sono marcate va
riazioni individuali e razziali della bromidrosi. La terapia
si basa su una pulizia molto accurata, su sostanze anti
batteriche topiche e sull'eliminazione dagli alimenti di
determinati cibi, come l'aglio, o l'assunzione di determi
nati farmaci.

denza formazioni neviche di ghiandole sudoripare funzio

Cromidrosi

nanti.

La cromidrosi eccrina vera molto rara, e quando appare


raramente di grande intensit. Le cause pi comuni
sono dovute all'ingestione di coloranti e di farmaci. Il fe
nomeno del latte colorato sostanzialmente analogo.
Viene riservato il nome di ematoidrosi (sudore di sangue)
a casi non chiari nei quali del sangue proveniente dai vasi
capillari giunge sulla cute intatta attraverso i pori sudori
pari, in stati infettivi gravi, nevropatie, sindromi purpuri

Iperidrosi gustativa
Sudare sulle labbra, sulla testa, sul naso, dopo aver man

giato certi cibi (spezie, cibi molto caldi, etc.) fisiologico


per molte persone. Le connessioni centrali di questo ri
flesso non sono ancora conosciute perfettamente.
L'i. gustatoria molto accentuata pu far parte di molte
malattie del sistema nervoso autonomo (rarissima l'i.
gustatoria dovuta a lesioni del S.N.C.); comunque la
causa pi frequente rappresentata da lesioni di nervi
simpatici e parasimpatici attorno al capo e al collo.
Dopo il danno subito dai nervi simpatici, la rigenera
zione avviene non solo dal nervo terminale simpatico
danneggiato, ma anche dal nervo parasimpatico, per cui
si formano connessioni anormali. Cos gli archi riflessi,

Il termine pseudocromidrosi applicato quando il su


dore, inizialmente privo di colore, diventa colorato in un
secondo tempo sulla superficie della pelle. Questo do
vuto a batteri cromogeni che si possono trovare sulla cute
delle ascelle e dei capelli. Il colore blu sembra dipendere
dall'azione del piocianeo; il rosso meno raro, e si os
serva specialmente alle ascelle e sembra di origine micro

che normalmente sono stimolati con la masticazione e

bica o micotica.

provocano la secrezione gastrica e parotidea, possono


causare sudore in zone localizzate corrispondenti alle
aree della pelle in cui l'innervazione simpatica stata
danneggiata. Se stato danneggiato il nervo auricolo
temporale, si ha la sindrome di von Frey.
Inoltre, nel 50-80% dei pazienti sottoposti ad opera
zione sulla ghiandola parotidea si ha i. gustatoria.
Naturalmente in tutti questi casi vi sono molte diversit

Infine, il sudore colorato pu derivare da tinture dei


vestiti. Il trattamento consiste in un'igiene accurata e
nell'uso di antibatterici topici.

di sudorazione da caso a caso.


Bromidrosi o osmidrosi

Il sudore appena secreto dalle ghiandole eccrine privo


di odore; ma diverse sostanze (aglio, determinati farmaci
tipo arsenico, etc.) possono essere eliminate col sudore e
dare odore. I vecchi clinici ricordano che il sudore di pa
zienti affetti da gotta, diabete, scorbuto, tifo, ha un odore
del tutto particolare.

che e anche, sembra, come mestruazioni vicarianti.

Bibliografia

Dermatologia enerale, 1970, Universo, Roma.


Champion R. H., Disorders of Sweat Glands, in Rook A., Wil
kinson D. S., Ebling F. J. G., Textbook of Dermatology,

Bosco I.,

1968, Blackwell,

oi

GIORGIO POZZO

Chirurgia
Per combattere l'i. del viso e quella palmare, ascellare e

plantare (le pi frequenti e le pi moleste) il chirurgo


pu ricorrere: a) all'infiltrazione del simpatico; b) alla
chirurgia del simpatico, per quanto riguarda l'ascella; c)
all'exeresi della zona iperidrosica seguita da plastica o da
innesti di cute liberi o peduncolati.

Fig. 1. I. e idrosadenite dell'a


scella, resistente ad ogni trat
tamento. Prima (a sinistra) e
dopo l'intervento chirurgico
descritto nel testo (a destra).

57

58

IPERIDROSI

Per quanto riguarda le infiltrazioni, esse sono state


praticate in Italia da chi scrive nel 1940, successivamente
da Levine e Harris nel 1955 e ancor pi tardi da altri.
La tecnica quella di raggiungere con un ago lungo e
sottile i gangli del simpatico laterovertebrale introducen
dovi Novocaina (1%, 10 ml, meglio le soluzioni cos
dette a lunga durata) ed eventualmente 1-3 ml di alcol
assoluto (alcolizzazione). Si infiltrano i gangli cervicali
medio e inferiore per l'iperidrosi del viso, i primi due
gangli sottostellari per l'i. dell'ascella e della mano, i
gangli del simpatico lombare per l'i. plantare. Si pu
avere, quale effetto indesiderato, interruzione della su
dorazione nelle ghiandole controlaterali o nelle ghiandole
collegate a gangli pi bassi (ad es., si pu veder scompa
rire la sudorazione plantare agendo sul simpatico cervi
cotoracico). Inconvenienti del metodo sono: che non
indolore; che determina, se infiltrato il simpatico cervi
cotoracico, la sindrome di Bernard-Horner; che impone,
il pi delle volte, la ripetizione delle infiltrazioni e che

spesso d risultati incompleti e/o transitori. Comunque la


novocainizzazione pu servire come prova preoperatoria.
La chirurgia del simpatico stata applicata alla terapia
dell'i. da Kotzreff e da molti AA. nel periodo tra le due
guerre (Braeucker; Jonnesco; Adson e Brown; Leriche;
Pearl e Shapiro; Pieri; Tosatti) e anche pi recentemente
(Haxston, Robinson, Ray, Lowe, Cloward).
Per l'i. plantare stata praticata la simpaticectomia
lombare; per l'i. palmare e ascellare la sottostellectomia

(asportazione dei 3 primi gangli toracici); per l'i. del


volto solo eccezionalmente si ricorso all'exeresi del

simpatico cervicale. I risultati sono di solito buoni. Tutta


via stato osservato un inconveniente di difficile spiega
zione: la comparsa dell'ipersudorazione in territori prima
non colpiti dall'i.

L'iperinsulinismo non una malattia ma una sindrome,


in quanto numerose sono le cause morbose che possono
provocare un'ipersecrezione dell'ormone insulare da
parte delle 3-cellule delle isole di Langerhans del pan
CTCdS.

Inoltre non pu e non deve essere confuso con l'ipogli


cemia, in quanto quest'ultima una situazione patologica
sintomatica di numerose condizioni morbose, alcune col

legate o dipendenti da un iperinsulinismo, altre del tutto


dissociate dall'iperincrezione insulinica: tuttavia cor
retto ricordare che, nel corso di iperinsulinismo da qual
siasi causa provocato, la crisi ipoglicemica rappresenta
uno dei punti centrali e di maggior rilievo della sintoma
tologia clinica e dell'impegno terapeutico.
Come tale l'iperinsulinismo non ha dignit per una
trattazione a s stante, ma viene svolto in ciascuno dei

capitoli riguardanti le condizioni morbose alle quali fa


seguito. In questa sede saranno svolti concetti e principi
generali, e soprattutto nosografici, onde facilitare il com
pito al lettore, il quale dovr per, per la trattazione
dettagliata e approfondita dei singoli argomenti, rivol
gersi alle apposite voci. Il riconoscimento di uno stato di
iperinsulinismo reso oggi possibile dal dosaggio ra
dioimmunologico dell'ormone (IRI = insulina immuno
reattiva), il quale, normalmente, si trova nel sangue nella

misura di 10-15 microunit per ml (uU/ml); oltre al


l'insulina, nel sangue, possibile trovare e dosare con
metodo radioimmunologico anche la proinsulina, cio il
precursore 3-cellulare dell'insulina, una piccola parte del
quale passa in circolo prima di essere trasformata in via
enzimatica in insulina. Sono riconosciuti casi di iperpro
insulinismo, ma praticamente tali stati si ritrovano solo in
corso di neoplasie insulari secernenti o insulinomi pan
creatici.

Tosatti ha descritto nel 1971 una sindrome caratteriz

Cltre ai valori basali, l'insulinemia viene dosata du

zata da crisi vasosudomotorie della faccia, delle ascelle e

rante la prova da carico con glicoso, la prova della leu

delle mani. In tre pazienti trattati essa scomparsa dopo


asportazione oltre che del simpatico sottostellare, della
parte inferiore del ganglio stellato, del ganglio interme
diario e del ganglio cervicale medio, confermando cos la

cina e dell'arginina (iperinsulinismo rispettivamente da

tesi che i segni della sindrome, apparentemente parados


sali (iperemia, i.), possono essere dovuti al fatto che fibre
vasodilatatrici del vago sono talora commiste alle fibre
vasocostrittrici del simpatico. Cloward (1969) ha potuto,
con le simpaticectomie cervicotoraciche, confermare l'ef
fetto controlaterale e la scomparsa anche dell'i. plantare,
fenomeni gi denunciati nel 1940 da chi scrive. L'exeresi

della cute sede di i. stata contemplata solo per l'ascella,


ma il metodo introdotto da AA. giapponesi non ha avuto

molto seguito. Esistono casi di i. ascellare complicati da


idrosadenite recidivante, ribelli ad ogni trattamento, nei
quali (come in un caso operato da chi scrive [fig. 1]) la
terapia di elezione costituita dall'ampia exeresi cutanea

seguita da innesto peduncolato dalla parete toracica.


EGIDIO TOSATTI

IPERINSULINISMO E IPOINSULINISMO

F. hyperinsulinisme. - I. hyperinsulinism. - T. Hyperinsuli


nismus. - s. hiperinsulinismo; F. hypoinsulinisme. - I. hy
poinsulinism. - T. Hypoinsulinismus. - s. hipoinsulinismo.
SOMMARIO

stimolo glicidico o aminoacidico), la prova da carico con


glucagone (iperinsulinismo da stimolo glucagonico); si
tratta di test utili sia nella diagnosi di certe forme di dia
bete mellito sia nella precisazione nosografica delle ipo
glicemie (in quest'ultimo caso, insieme a numerosi altri
test, per i quali rimandiamo al capitolo specifico, v. PAN
CREAS, semeiotica; INSULoMI). Le principali cause di iper
insulinismo sono elencate nella tab. I.

evidente che la condizione di maggior rilievo, in cui


si raggiungono i pi alti livelli di insulinemia e di proin
sulinemia rappresentata dalla neoplasia pancreatica se
cernente originata dalla 3-cellula, altrimenti definita con
il nome di insulinoma (v. INsULoMI; PANCREAs), affezione
relativamente rara ma recentemente in aumento anche

perch meglio conosciuta e diagnosticata con gli attuali


mezzi a disposizione.
In questi casi si tratta di una forma morbosa nella
quale v' ipersecrezione di insulina da parte del tumore e
conseguentemente compare la manifestazione ipoglice
mica in crisi recidivanti pi o meno gravi a seconda di

svariate motivazioni. pertanto il caso tipico ed emble


matico di iperinsulinismo vero e primitivo.
In tutti gli altri casi l'iperinsulinismo provocato da
cause pi o meno note e chiaramente interpretate e per
tanto da considerare come un aspetto reattivo e secon

Iperinsulinismo (col. 59). - Ipoinsulinismo (col. 62).

dario.

Iperinsulinismo
Per iperinsulinismo s'intende un aumento transitorio o
permanente del tasso ematico d'insulina.

Nel diabete preclinico e talora nel diabete dell'adulto,


specie se obeso, si riscontra uno stato di iperinsulinismo
spontaneo o provocabile sotto gli stimoli prima accennati,
la cui interpretazione non ancora oggi del tutto univoca
(v. DIABETE MELLITo).

59

60

IPERLIPEMIE

TAB, I. CAUSE DELL'IPERINSULINISMO

Insulinomi o neoplasie pancreatiche ormono-secernenti


Alcune forme di malattia diabetica
Obesit

Diabete materno (nel neonato)


Cirrosi epatica
Sindromi da rapido transito gastrointestinale

Iperinsulinismo iatrogeno

Analogamente dicasi per l'obesit, nella quale l'iper


insulinemia caratteristica sarebbe dovuta ad un aumento

delle resistenze periferiche all'azione insulinica; la sua


entit correlata con il grado di obesit: aumento della

proinsulina, maggiore resistenza all'insulina da parte degli


adipociti di maggior diametro, diminuita capacit di le
game recettoriale per una diminuzione del numero dei
recettori stessi a tutti i livelli (adipociti, epatociti, T-linfo
citi, etc.). (V. oBESIT).
Il feto di madre diabetica presenta di regola un'iper
plasia insulare 3-cellulare dovuta allo stimolo iperglice
mico materno (il glicoso passa la barriera placentare, al
contrario dell'insulina); ne consegue uno stato di iperin
sulinismo, fortunatamente transitorio (di regola nelle
prime 48 h di vita), che causa dell'ipoglicemia basale
(da blocco della neoglicogenesi epatica) di regola pre
sente nel neonato di madre diabetica e talora di vere e

proprie crisi ipoglicemiche, scambiate talvolta per crisi


convulsive d'altra natura e perci non esattamente cu

ziandone quindi l'azione farmacologica e incrementando


e prolungando l'iperinsulinismo.
In ogni caso in cui vi sia un eccesso d'insulina biologi
camente attiva in circolo, senza iporecettivit cellulare, si
manifesta un quadro morboso comune che viene definito
con il termine crisi ipoglicemica; questa causata es
senzialmente dal blocco sia della glicogenolisi sia della
neoglicogenesi, con l'arresto dell'afflusso dei substrati dai
tessuti periferici e con la tendenza, se la situazione si
prolunga, all'accumulo delle sostanze di deposito: glico
geno, proteine, trigliceridi.
La crisi ipoglicemica s'inizia e si manifesta in modo
estremamente variabile da soggetto a soggetto, pur
avendo la caratteristica di essere sempre identica nello
stesso paziente, sicch il malato o i parenti imparano ra
pidamente a riconoscerne la comparsa e a prendere i
provvedimenti adeguati.

V. GLICEMIA, ipoglicemia e neuroglicopenia.


Ipoinsulinismo

Per ipoinsulinismo s'intende un'insufficiente sintesi e lo


secrezione di insulina da parte delle 8-cellule delle isole
di Langerhans del pancreas; ne deriva un complesso qua
dro endocrino-dismetabolico che viene definito con il
nome di malattia diabetica e diabete mellito. La

patogenesi e la fisiopatologia della malattia sono per


assai pi complesse e non possono essere riportate sem
plicemente ad una carenza ormonale, tenendo ben pre
sente che certe forme di diabete non sono insulinodipen

denti e pertanto insulinocarenti in senso vero e determi

rate.

Inante.

Anche nelle crisi ipoglicemiche tardive che possono


comparire nei soggetti gastroresecati (2 h ca. dopo il pa
sto) si pu osservare un'iperinsulinismo transitorio do
vuto alla stimolazione pancreatica rapida e massiva da
parte del materiale glicidico troppo rapidamente assor
bito a livello ileale. Il riconoscimento della etiopatogenesi
di queste crisi importante agli effetti terapeutici perch
consente una pronta risoluzione della sintomatologia.
Piuttosto controversa l'interpretazione dell'iperinsuli
nismo riscontrato talora nelle cirrosi epatiche; in qual

Si rinvia pertanto alla voce DIABETE MELLITo per la


trattazione completa dell'ipoinsulinismo.
Bibliografia
Bondy P. K., Rosemberg L. E., Duncan's Diseases of Metabo
lism, 1974, 7 ed., Saunders, Philadelphia.

Cassano C., Andreani D., Trattato italiano di endocrinologia,


1977, Universo, Roma.

Lenti G. et al., Patologia medica, 1975, Minerva

Medica, To

TITO,
GIANFRANCO LENTI

che caso si tratta di una fase iniziale che termina in un

vero e proprio diabete per deterioramento progressivo


della funzione insulare; certo che nella cirrosi si docu
menta con frequenza un aumento dell'insulinemia con
particolare riguardo ad una forma molecolare definita
come big-insulin e un aumento del GH (ormone della

IPERLIPEMIA IDIOPATICA

Sin.: malattia di Buerger-Grtz; xantomatosi essenziale;


iperlipoproteinemia essenziale tipo I - F. hyperlipmie
idiopathique. - I. idiopathic hyperlipemia. - T. idiopatische
Hyperlipemie. - s. hiperlipemia idioptica.

crescita); tali modificazioni hanno un'interpretazione an


cora non perfettamente chiarita ma testimoniano il grave
e profondo turbamento della regolazione ormonale in

corso di epatopatie croniche,specie se ad evoluzione cir


rotica.

Da ultimo, e a parte, deve essere ricordata l'iperinsuli

nemia cosiddetta factitia o iatrogena, legata cio ad


eccesso di somministrazione di insulina esogena; le cause
possono consistere in un errato dosaggio dell'ormone

Malattia ereditaria, che si trasmette in maniera autoso


mica recessiva, caratterizzata clinicamente da xantomatosi

multipla al viso e alle estremit, epatosplenomegalia,


dolori addominali. L'assetto lipemico caratterizzato da
iperlipemia con chilomicronemia e ipertrigliceridemia; la
colesterolemia poco aumentata. La patogenesi, la cli
nica, la terapia della i. i. sono trattate sotto l'esponente
IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE, cui si rimanda.

durante la terapia della malattia diabetica o in tentativi di

RED.

suicidio (peraltro piuttosto rari). Il primo caso pu essere


dovuto all'uso di tipi di siringhe con dosaggi diversi dal

solito (che di 40 U/ml), sicch pu derivarne un rad

IPERLIPEMIE

doppiamento della dose abituale e necessaria. In taluni

F. hyperlipmies. - I. hyperlipemias. - T. Hyperlipmien. s. hiperlipemias.

casi un iperinsulinismo pu essere presente quando si


somministrino alte dosi di ipoglicemizzanti orali del tipo
delle sulfaniluree, che, come noto, incrementano la

dismissione di insulina dalle 8-cellule del pancreas; tale


situazione pu essere favorita dall'associazione terapeu
tica con farmaci (fenilbutazone, CAF, certi sulfamidici,

etc.) che aumentano l'emivita delle sulfaniluree poten


61

Col termine iperlipemia s'intende l'aumento rispetto alla


norma della concentrazione plasmatica dei lipidi. Questo
termine stato introdotto nella pratica clinica intorno al
1920 per meglio definire il quadro macroscopico caratte
rizzato da una spiccata lattescenza del siero, che si osser
62

IPERLIPEMIE

vava frequentemente nel sangue dei diabetici affetti da


xanthoma diabeticorum. Successivamente si not che lo

stesso quadro poteva essere presente in diverse malattie e


anche in individui apparentemente sani. A partire dagli
anni sessanta, l'introduzione nello studio delle classi lipi
diche ematiche dell'ultracentrifugazione analitica e del
l'elettroforesi su carta o su altri supporti, ha portato a un
notevole approfondimento delle conoscenze in questo
campo, e alla definizione di alcuni punti che hanno in
formato di s tutta la successiva classificazione delle i.

Questi punti sono:


a) i lipidi fisiologicamente pi importanti presenti nel
plasma umano sono: colesterolo, trigliceridi, fosfolipidi e
acidi grassi liberi;
b) tutti questi lipidi sono veicolati nel plasma da pro
teine specifiche che svolgono la funzione di solubilizzare
il lipide;
c) diversi fattori, endogeni ed esogeni, possono causare
un aumento o una diminuzione della lipemia e, consen
sualmente, delle lipoproteine plasmatiche.
Gli intimi rapporti tra lipidi e lipoproteine hanno por
tato, negli ultimi anni, la maggior parte degli AA. a con
siderare come l'aspetto pi significativo e pi importante
delle i. l'aumento delle lipoproteine e, conseguentemente,
si tende oggi ad una classificazione delle i. basata sulla ti
pizzazione delle lipoproteine. Perci una trattazione
completa delle i. viene fatta sotto l'esponente IPERLIPo
PROTEINEMIE E IPoLIPoPROTEINEMIE, cui si rimanda per l'in
quadramento fisiopatologico, clinico e terapeutico.

una pi chiara comprensione della fisiologia dei lipidi


plasmatici e la scoperta che i lipidi plasmatici sono tra
sportati in associazione con delle proteine. Questo ha
permesso di migliorare i criteri di classificazione delle
iperlipidemie, senza i quali non si sarebbero potuti otte
nere grandi progressi tanto nella diagnosi che nella tera
pia. Questa voce s'inizia con un breve accenno sul meta
bolismo dei lipidi plasmatici in condizioni normali, se
guito da poche indispensabili osservazioni sui problemi
relativi alla definizione di iperlipidemia. Ciascuna forma
di iperlipidemia quindi trattata in modo sistematico. La
maggior parte delle nostre conoscenze sul metabolismo
lipidico trae origine dallo studio di certe malattie eredi
tarie, fortunatamente rare, in cui l'una o l'altra delle li

poproteine plasmatiche assente o presente in bassissime


concentrazioni. Queste malattie sono trattate pi avanti.
Premettiamo il significato delle sigle impiegate nel testo:
VLDL (Very Low Density Lipoproteins): pre-3-lipoproteine;
LDL (Low Density Lipoproteins):
3-lipoproteine;
HDL (High Density Lipoproteins):
x-lipoproteine;
FFA (Free Fatty Acids):
acidi grassi liberi
(non esterificati);
PHLA (Post Heparin Lipase Activity): attivit lipasica
posteparinica;
FH (Familiar Hyperbetalipoproteinemia): iperlipoproteinemia
familiare;

LCAT (Lecithin-Cholesterol-Acyl
Transferase):

lecitina-colesterolo

TG:

trigliceridi.

acil-transferasi;

RED.

IPERLIPOPROTEINEMIE
MIE

IPOLIPOPROTEINE

F. hyperlipoprotinmies. - I. hyperlipoproteinemias. - T.
Hyperlipoproteinmien. - s. hiperlipoproteinemias; F. hy
polipoprotinmies. - I. hypolipoproteinemias. - T. Hypo
lipoproteinmien. - s. hipolipoproteinemias.
SOMMARIO

GENERALITA

col. 63

COMPOSIZIONE E FISIOLOGIA DELLE LIPOPROTEINE


PLASMATICHE

col. 64

Lipidi e lipoproteine del plasma umano (col. 64). - Composi


zione delle lipoproteine plasmatiche (col. 65). - La normale

fisiologia delle lipoproteine plasmatiche (col. 65).


CLASSIFICAZIONE DELLE IPERLIPIDEMIE

col. 66

Diagnosi preliminare dei tipi lipoproteici (col. 67). - Limiti dei


cosiddetti valori normali della concentrazione dei lipidi nel pla
sma (col. 68).
IPERLIPOPROTEINEMIE

col. 70

Iperlipoproteinemia del tipo I (col. 70): Iperlipoproteinemia fa


miliare tipo I. - Iperlipoproteinemia secondaria tipo I. - Iperlipo
proteinemia del tipo II (col. 71): Iper-3-lipoproteinemia fami
liare (FH). - Iperlipoproteinemia del tipo III (col. 76). - Iperli
poproteinemia del tipo IV (col. 77). - Iperlipoproteinemia del
tipo V (col. 79).
IPOLIPOPROTEINEMIE

COMPOSIZIONE E FISIOLOGIA
PROTEINE PLASMATICHE

DELLE

LIPO

Lipidi e lipoproteine del plasma umano


Nel plasma prelevato da un individuo normale i lipidi pi
importanti sono il colesterolo, i trigliceridi, e i fosfolipidi.
Questi lipidi sono quasi del tutto insolubili in acqua, per
cui, se tutti i lipidi presenti in 100 ml di plasma fossero
dispersi in un egual volume d'acqua, se ne otterrebbe
un'emulsione che dovrebbe essere torbida per la rifra
zione della luce dovuta alle particelle lipidiche. Eppure il
plasma prelevato a digiuno da un individuo normale
perfettamente limpido e questo perch i lipidi sono solu
bilizzati attraverso la loro associazione con delle proteine
formando lipoproteine solubili in acqua. Dopo un pasto
che contenga dei grassi, anche particelle lipoproteiche di

alto peso molecolare, note col nome di chilomicroni,


possono comparire in circolo e far s che il plasma di un
individuo normale diventi lattescente per poche ore.
Le lipoproteine plasmatiche possono essere separate in
diverse classi per mezzo dell'ultracentrifugazione o del
l'elettroforesi zonale su carta o acetato di cellulosa. La

terminologia usata porta spesso a confusioni, poich al

cuni AA. definiscono le classi lipoproteiche in termini di


densit e altri in termini di mobilit elettroforetica. In

generale VLDL sinonimo di pre-3-lipoproteina, LDL


di 8-lipoproteina, HDL di x-lipoproteina. Tuttavia nella

col. 80

iperlipoproteinemia di III tipo presente nel plasma una

A-3-lipoproteinemia (col. 80). - Ipo-3-lipoproteinemia (col. 81).


- Ipo-x-lipoproteinemia familiare (col. 81).

lipoproteina anomala con motilit elettroforetica di tipo


3 e densit della VLDL, e nel siero di alcuni soggetti

CARENZA

col. 82

normali presente una variante genetica della LDL con


motilit pre-31.

Due fattori, a partire dagli anni '60, hanno contribuito ai


notevoli progressi fatti nello studio della iperlipidemia:

La fig. 1 mostra, diagrammaticamente, il quadro che si


ottiene separando il plasma umano, per mezzo dell'ultra
centrifuga. I quattro picchi Schlieren corrispondono alle
quattro classi di lipoproteine e l'area sotto ciascun picco
proporzionale alla concentrazione della lipoproteina. I
picchi delle HDL e delle LDL appaiono complessi, il che

FAMILIARE

DI

ACILTRANSFERASI (LCAT)

LECITIN-COLESTEROL

GENERALITA

63

64

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

classi

-DL

densita 1,21

LDL

1.063

IDL

1.O19 1.OO6

VLDL

chilonnicroni

grassi. La loro funzione fisiologica quella di trasportare


il grasso esogeno dall'intestino ai tessuti, sotto forma di
trigliceridi.

O,95

I chilomicroni entrano in circolo durante l'assorbi

mento dei grassi attraverso il dotto toracico, raggiungono


la massima concentrazione entro 3 h per scomparire 6-10
h dopo il pasto. Quando raggiungono i capillari il loro
carico di trigliceridi viene idrolizzato a opera della lipo
proteina-lipasi, un'idrolasi che richiede Apo LP-Glu
come attivatore distribuita sulla superficie luminale del
l'endotelio capillare.
Gli acidi grassi liberati da questa idrolasi passano nello
spazio intracellulare e vengono captati dai tessuti per es
sere immagazzinati o usati come sorgente di energia. A
digiuno, o quando l'insulina carente, i trigliceridi im
magazzinati nel tessuto adiposo vengono idrolizzati ad

Ee

0 F2o

T-T-

1oo Si

12 2O

4OO

origine

acidi grassi liberi (FFA, Free Fatty Acids) che entrano in


pre3

circolo; alcuni di questi vengono poi captati dal fegato,


ritrasformati in trigliceridi, riaccoppiati all'apoproteina e
rimessi in circolo come VLDL.

Gl

Queste ultime lipoproteine vengono soprattutto for


mate dal fegato, ma possono anche essere sintetizzate
--

Fig. 1. Diagramma illustrante la corrispondenza tra densit,


velocit di flottazione (S o F12o) e mobilit elettroforetica su

carta delle classi lipoproteiche separate per ultracentrifugazione


analitica. Nella parte alta della figura sono riportati i picchi
corrispondenti alla concentrazione lipoproteica rispetto ai valori

di St o F12o, ricostruiti sulla base dei picchi Schlieren ottenuti


er ultracentrifugazione di plasma umano normale a densit di

20 e 1,069 g/ml (i picchi sono invertiti per semplicit di pre


sentazione). Nella parte bassa della figura si vede la mobilit
elettroforetica della frazione lipoproteica responsabile di cia
scuno dei picchi principali.

indica la presenza in ogni classe di pi di una popola


zione di molecole.

dalla

mucosa

intestinale

durante

l'assorbimento

dei

grassi: in questo caso gli acidi grassi dei trigliceridi delle


VLDL derivano principalmente dal grasso alimentare.
Gli acidi grassi dei trigliceridi della VLDL di origine
epatica derivano invece in parte dagli acidi grassi del
plasma captati dal fegato, e in parte dagli acidi grassi
sintetizzati nel fegato a partire dai carboidrati.
La lipoproteina-lipasi idrolizza i trigliceridi delle
VLDL, e questa rimozione porta alla formazione di lipo
proteine a p. m. pi basso, LDL incluse.
L'origine delle LDL plasmatiche controversa; come
accennato pi sopra, queste derivano normalmente dalle
VLDL, anche se non si pu escludere la possibilit che,
in condizioni anormali, le LDL siano direttamente messe
in circolo dal fegato e dalla mucosa intestinale.
Non si conosce con certezza dove avviene il cataboli

Composizione delle lipoproteine plasmatiche


I chilomicroni e le VLDL sono ricchi di trigliceridi,
mentre le LDL sono particolarmente ricche di coleste
rolo. La composizione e le concentrazioni delle differenti

lipoproteine del plasma umano tale che, a digiuno, la


maggior parte dei trigliceridi trasportata dalle VLDL e
il 60-70% del colesterolo trasportato dalle LDL. Ca. il
70% del colesterolo plasmatico esterificato con acidi
grassi a catena lunga, e il 30% libero (non esterificato).

Poich ogni lipoproteina ha una composizione lipidica

smo delle LDL, ma sembra probabile che in parte queste


vengano captate dai tessuti extraepatici ad opera dei re
cettori specifici delle LDL e in parte siano captate e di
strutte nel fegato.
Le HDL originano probabilmente da fonti diverse,
quali il fegato, la parete intestinale e la superficie delle
particelle ricche di trigliceridi.
CLASSIFICAZIONE DELLE IPERLIPIDEMIE

caratteristica, le variazioni di una particolare frazione li


poproteica portano con s una pi o meno caratteristica

Dal momento che i lipidi del plasma sono trasportati in


lipoproteine di composizione pi o meno costante, ogni
variazione della concentrazione plasmatica di uno speci

alterazione dell'assetto lipemico. Ne deriva che il quadro

fico lipide va attribuita a una variazione della concentra

lipoproteico pu spesso essere dedotto dalla conoscenza


della colesterolemia e della trigliceridemia.

zione di una o dell'altra delle lipoproteine plasmatiche.


Per cui ogni sistema di classificazione razionale delle
iperlipidemie deve fondarsi sulle variazioni di base della
concentrazione lipoproteica. In altre parole, l'iperlipide
mia dovrebbe essere interpretata come un'espressione di
iperlipoproteinemia. Il sistema generalmente pi usato
quello proposto per primo da Fredrickson, Levy e Lees

La classificazione delle apoproteine delle lipoproteine


molto poco chiara, e probabilmente tale rimarr fino al
l'isolamento e caratterizzazione dei peptidi lipoproteici.

La classificazione pi usata quella di Alaupovic


(1968), anche se talora si usa una nomenclatura meno

moderna in cui le apoproteine vengono designate dai loro


aminoacidi carbossiterminali. Per maggiori particolari
sulla composizione chimica delle lipoproteine e dei loro
componenti apoproteici cfr. tabb. III e IV della voce LIPo
PROTEINE.

(1967) ed ora ufficiosamente consigliato dall'OMS


(1971). La classificazione di Fredrickson era originaria
mente basata su un anormale quadro lipoproteico rive
lato per mezzo dell'elettroforesi su carta. Ciascuno dei sei
quadri riconoscibili designato con un numero romano, i
numeri crescenti con le crescenti mobilit elettroforetiche

La normale fisiologia delle lipoproteine plasmatiche


I chilomicroni vengono sintetizzati nella mucosa dell'in

testino tenue nel corso dell'assorbimento degli alimenti


65

delle lipoproteine in concentrazione anormale. La tab. I


illustra il quadro ottenuto con elettroforesi su carta o con
analisi delle lipoproteine e dei lipidi di tutto il plasma di
66

3. -VIll.

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

TAB, I. CAMPIONI OTTENUTI CON ELETTROFORESI SU CARTA CON ANALISI LIPOPROTEICA E LIPIDICA DEL
PLASMA A DIGIUNO NEI 6 TIPI DI IPERLIPOPROTEINEMIA

Tipo

I
IIa
IIb
III
IV
V

Elettroforesi su carta

Analisi lipoproteica

Banda all'inizio

chilomicroni presenti

Banda
Bande
Banda
Banda

LDL aumentate
LDL e VLDL aumentate

3 aumentata
3 e pre-8 aumentate
sovrapposta alle zone 3 e pre-8
pre-3 aumentata

VLDL con mobilit 8


VLDL aumentate

Banda all'inizio e banda pre-8-aumentata | chilomicroni presenti e VLDL

Lipidi del plasma totale

TG -- --, colesterolo -Colesterolo -- --, TG normale


Colesterolo -- -, TG -Colesterolo -- --, TG -- -TG -- --, colesterolo - o normale
TG -- --, colesterolo --

aumentate

TG : trigliceridi
-- : modico aumento della concentrazione
-- --: notevole aumento della concentrazione

individui a digiuno, nei sei tipi di iperlipoproteinemia.


Questa classificazione empirica e rappresenta sempli
cemente un'utile tecnica per semplificare le comunica
zioni verbali o scritte. Lo schema non implica che tutti i
pazienti con un dato tipo lipoproteico soffrano della me

le concentrazioni delle VLDL, LDL e HDL con un procedi


mento che richiede solo un passaggio all'ultracentrifuga, seguito
dalla precipitazione selettiva delle VLDL e LDL (Rifkind,
1973).

desima malattia, n, come si talvolta sostenuto, che

pidi nel plasma


In un campione randomizzato di singoli individui presi tra l'in
tera popolazione, la concentrazione di ciascun lipide e di cia
scuna lipoproteina plasmatica varia continuamente senza evi

ogni tipo rappresenti uno specifico disordine genetica


mente determinato.

Limiti dei cosiddetti valori normali della concentrazione dei li

Da quando entrato in uso il sistema di tipizzazione di


Fredrickson, numerose sono state le segnalazioni di pa
zienti con concentrazioni plasmatiche di HDL significati
vamente aumentate (iper-o-lipoproteinemia). In alcuni

sce alcuna indicazione che la popolazione sia divisa in due classi


relativamente ad ogni lipide plasmatico. Per cui indispensabile

casi l'incremento chiaramente dovuto all'assunzione di

definire l'iperlipidemia e l'iperlipoproteinemia partendo da limiti

farmaci, tipo estrogeni o alcuni pesticidi clorati, mentre


in altri tale condizione sembra essere piuttosto di origine

superiori alla norma arbitrari. Il limite superiore della norma


lit in ogni popolazione di solito inteso sia come il valore che
escluda il 5% superiore di un campione randomizzato di indivi
dui sani (il 95 percentile superiore) sia come la media pi la
deviazione standard moltiplicata 2 volte. In ambedue i casi la
definizione arbitraria. In questa voce adotteremo come limite
superiore della norma il 95 percentile superiore. L'uso che fac
ciamo della parola normale non vuol dire che una concentra
zione plasmatica dei lipidi al di sotto del limite superiore della
norma sia compatibile con un'ideale buona salute. Al contrario,
gli studi prospettici delle casistiche hanno dimostrato che il ri
schio di cardiopatia ischemica entro dieci anni da una singola
misurazione della colesterolemia plasmatica con valori normali

familiare.

Diagnosi preliminare dei tipi lipoproteici


La diagnosi di ciascuno dei sei tipi illustrata nei paragrafi se
guenti, ma alcune osservazioni di carattere generale possono
essere d'aiuto. Se una persona viene trovata affetta da iperlipi
demia primaria, importante stabilire la natura dell'iperlipo
proteinemia di base, non rispondendo tutte le iperlipoproteine
mie alla medesima terapia. Teoricamente la concentrazione di
ogni frazione lipoproteica nel plasma del soggetto dovrebbe es
sere valutata dopo separazione in un'ultracentrifuga preparativa.
Questa , comunque, una tecnica lunga e richiede inoltre appa
recchiature costose. Ai fini pratici una soddisfacente diagnosi del
tipo lipoproteico la si pu quasi sempre avere misurando le con
centrazioni del colesterolo e dei trigliceridi nel siero prelevato a
digiuno, facendo attenzione alla comparsa di opalescenza (indice
di un eccesso di VLDL) o di uno strato cremoso nella parte alta
della provetta (indice della presenza di chilomicroni) dopo aver
lasciato stratificare il campione tutta la notte a -- 4C (fig. 2).
Ulteriore chiarimento lo pu dare anche l'elettroforesi zonale.
Per un quadro pi completo, come negli studi dell'ereditariet di
uno specifico disturbo lipoproteico, si possono spesso calcolare

denza di bimodalit. Perci la curva di distribuzione non forni

ma al di sopra di ca. 200 mg/100 ml aumenta con l'aumentare


delle concentrazioni.

La concentrazione plasmatica del colesterolo varia con l'et in


entrambi i sessi. Alla nascita la concentrazione si aggira sui 70

mg/100 ml. Sale rapidamente nei primissimi mesi di vita, dopo


di che continua a salire pi lentamente fino al terzo decennio. In
popolazioni provenienti da paesi sottosviluppati al contrario pu
non esserci questo ulteriore innalzamento, restando la concen

trazione media negli adulti ben al di sotto di 200 mg/100 ml per


tutta la vita. Comunque nelle societ pi industrializzate c' un
aumento stabile sino ai 50 o 60 anni d'et. Queste variazioni, in

rapporto all'et, della concentrazione plasmatica del colesterolo

Fig. 2. Aspetto macroscopico


del siero prelevato a digiuno e
dopo conservazione per 12 h a
-- 4 C. Da sinistra a destra:

siero normale, iperlipoprotei


nemie tipo I, IIa, IIb, III, IV
e V. (Originale Boehringer).

67

68

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

sono in gran parte da attribuire ai cambiamenti della concentra


zione plasmatica delle LDL. Variazioni approssimativamente
uguali della concentrazione plasmatica dei trigliceridi e delle
VLDL sono state osservate, tuttavia non altrettanto bene chia

IPERLIPOPROTEINEMIE

Iperlipoproteinemia del tipo I

rite.

questa una rara malattia del metabolismo delle lipo

In vista di questi cambiamenti, la media e i limiti superiori


della norma della concentrazione plasmatica del colesterolo, tri
gliceridi, LDL e VLDL sono di solito aggiustati per et com
prese fra 0 e 60 anni. La tab. II riporta i valori medi e i limiti
superiori in relazione alle diverse et per le concentrazioni
plasmatiche dei lipidi e delle lipoproteine in base agli studi fatti
da Fredrickson e Levy (1972) su cittadini americani apparente
mente sani. Questi valori probabilmente sono abbastanza vicini
a quelli delle zone pi ricche dell'Europa occidentale e del Nord
America, ma per et al di sopra dei 30 anni sono troppo alti per
comunit di paesi sottosviluppati e potrebbero anche essere
troppo alti per alcune parti dell'Europa occidentale (cfr. ad es.
Keys e Fidanza, 1960). In teoria, quindi, le medie e le variazioni

proteine plasmatiche caratterizzata da un'alta concentra


zione di chilomicroni nel plasma prelevato a digiuno da
un paziente che segue una dieta con normale contenuto

in relazione all'et dovrebbero essere statisticamente determi

nate per ciascuna popolazione in esame.


Non c' dubbio che i valori delle concentrazioni dei lipidi
plasmatici da considerare normali andrebbero aggiustati a se
conda dell'et, dalla prima infanzia all'et pi avanzata, essendo
fisiologico l'aumento che interviene in questo periodo. Questo
aggiustamento secondo l'et negli adulti comunque suscettibile
della critica che l'incremento postadolescenziale della concentra
zione plasmatica dei lipidi osservata nelle comunit industrializ
TAB, II. VALORI MIEDI E MASSIMI DELLA CONCEN
TRAZIONE PLASMATICA DEI LIPIDI E DELLE LIPO

PROTEINE IN ABITANTI DEL NORD AMERICA, APPA


RENTEMENTE SANI, FRA 0 E 59 ANNI

(modificati da Fredrickson e Levy, 1972)


Et

(in anni)

(0)-19
20-29
30-39
40-49
50-59

Colesterolo |Trigliceridi | Colesterolo | Colesterolo


totale

totali

LDL

VLDL

175 (130) | 65 (140) | 103 (170) | 12 (25)


180 (240) | 70 (140) | 112 (170) | 16 (25)

di grassi. Nella maggior parte dei casi la malattia pri


maria ed dovuta ad una carenza ereditaria della lipo

proteinlipasi, ma pu occasionalmente essere secondaria


a qualche altra malattia. Ci sono perci due forme del I
tipo: familiare e secondaria.
Iperlipoproteinemia familiare tipo I
Quadro clinico. Le caratteristiche cliniche pi fre
quenti sono: epatosplenomegalia, periodiche crisi di vio
lento dolore addominale, probabilmente dovuto ad un

ingorgo di lipidi nel fegato e nella milza; pancreatite; li


paemia retinalis; xantomi eruttivi delle superfici cuta
nee e mucose, cos chiamati perch compaiono entro po
chi giorni dall'acme dell'iperlipidemia per scomparire
quando essa in fase decrescente.
Genetica. La forma familiare del I tipo di iperlipo
proteinemia viene ereditata come un fattore ereditario
autosomico recessivo. I genitori di questi pazienti hanno
di solito un quadro lipoproteico normale senza alcuno dei
sintomi citati sopra, ma possono accusare una carenza

plasmatica di attivit lipasica post-eparina (PHLA).


Diagnosi. La diagnosi viene solitamente fatta nel
l'infanzia o nell'et evolutiva, ma la malattia pu rima
nere latente fino al terzo o quarto decennio di vita. I
sintomi pi comuni sono gli xantomi, l'epatomegalia e
l'inspiegabile dolore addominale, ma la diagnosi pu es
sere formulata casualmente in base all'osservazione del

Tutti i valori sono espressi in mg/100 ml. I valori per il coleste


rolo e trigliceridi sono arrotondati a ca. 5 mg/100 ml. Non sono

plasma del paziente prelevato per altri motivi. Il sangue


venoso prelevato a digiuno stato paragonato a crema di
sugo di pomodoro. Il plasma ha un aspetto cremoso e,
lasciato stratificare a --4C per tutta la notte, si ottiene
che i chilomicroni si dispongano sulla parte alta della
provetta, formando uno strato cremoso con uno strato
infranatante chiaro. La concentrazione dei trigliceridi del

205 (270) | 75 (150) | 126 (190) | 17 (35)


225 (310) | 85 (160) | 134 (190) | 19 (35)

245 (330) | 95 (190) | 161 (210) | 25 (40)

prese in considerazione le differenze per sesso. I valori tra pa

plasma totale elevatissima, spesso superiore ai 4 g/100

rentesi indicano i 95 percentili superiori. Per et tra 0 e 19 anni

ml; quella del colesterolo in genere alta, ma non in

non incluso il periodo neonatale, quando le concentrazioni


plasmatiche dei lipidi crescono rapidamente.

maniera cos netta. Con un'elettroforesi su carta del

Nota. Un campione plasmatico messo a confronto con standard aggiustati


all'et dovrebbe essere prelevato nelle seguenti condizioni: il sangue ve
noso dovrebbe essere prelevato 10-14 h dopo l'ultimo pasto, quando il
soggetto in esame abbia seguito una dieta normale per le ultime due set
timane e non sia sottoposto a somministrazione di farmaci capaci di in
fluenzare il metabolismo lipidico. I campioni non dovrebbero essere pre
levati durante malattie febbrili o entro due mesi da un infarto miocardico.

plasma totale, all'inizio compare una banda densa che si


colora con i normali coloranti per i lipidi, indice di pre
senza di chilomicroni (fig. 1). L'analisi del plasma dopo
ultracentrifugazione preparativa rivela presenza di un ec
cesso di trigliceridi nella frazione con densit inferiore a
0,95 e una diminuita concentrazione di LDL e HDL.

La carenza della lipoproteinlipasi si accerta saggiando


la risposta del paziente all'eparina. In un individuo nor
male, l'iniezione endovena di eparina seguita dopo po

chi min dalla comparsa nel plasma di un'attivit lipolitica.


zate anch'esso fisiologico. Non detto che sia cos. Tuttavia
nella pratica clinica si tenta solitamente di identificare l'ecce
zione, costituita dall'individuo la cui concentrazione plasmatica
dei lipidi stabilizzata sul valore massimo della distribuzione dei
valori della popolazione in cui l'individuo normale vive. Per
questo motivo sarebbe necessario aggiustare per ogni popola
que gli adattamenti per l'et possono anche risultare paradossali:
ad es., un uomo di 40 anni che vive a New York con 260

Nel tipo I la PHLA, dosata usando un'emulsione di tri


gliceridi come substrato, risulta inferiore alla norma.
Terapia. La terapia consiste nella riduzione perma
nente dei grassi dietetici, scendendo, se possibile, al di
sotto di 30 g al d. A una limitazione dei grassi, segue in
pochi giorni un abbassamento della concentrazione pla
smatica dei trigliceridi su livelli normali; i grassi devono
essere invece del tutto eliminati dalla dieta durante gli

mg/100 ml di colesterolo plasmatico non dovrebbe essere iperli

attacchi di dolore addominale.

zione i valori normali di riferimento in relazione all'et. Comun

pidemico, in rapporto ai valori riportati nella tab. II, ma se an

dasse a vivere in Costarica risulterebbe iperlipidemico, per la


distribuzione dei valori della popolazione locale. Questo solo
un esempio dei problemi che sorgono se si vuol dare una defini

zione generale di iperlipidemia.


69

Iperlipoproteinemia secondaria tipo I


Il quadro tipico del I tipo, assieme a valori del PHLA
plasmatico inferiore alla norma, un occasionale reperto
70

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

in pazienti affetti da pancreatite, da lupus eritematoso

ipercolesterolemica familiare. Oggi viene definita come

sistemico e da diabete non ben regolato. In ognuna di


queste affezioni l'iperchilomicronemia pu regredire,

malattia ereditaria caratterizzata da ipercolesterolemia da

malgrado la normale ingestione di grassi, nei periodi di

tomatose a carico della cute e dei tendini, precoci di

iper-8-lipoproteinemia, in associazione con lesioni xan

remissione della malattia primaria.

sturbi aterosclerotici del cuore e un'anamnesi familiare

Iperlipoproteinemia del tipo II

positiva per xantomatosi o precoci disturbi cardiaci.


Quadro clinico. Nella rara forma omozigote della
malattia, il tasso plasmatico del colesterolo, in assenza di

Il quadro dell'iperlipoproteinemia del II tipo caratteriz

terapia, supera generalmente gli 800 mg/100 ml. Le le

zato dalla presenza di una 3-lipoproteina plasmatica in


concentrazione superiore ai valori massimi riportati in
tab. II. L'iperlipoproteinemia del II tipo quindi sino

sioni xantomatose a carico di cute e tendini compaiono


nella prima infanzia e anche alla nascita. L'arco corneale
un reperto comune prima dei 20 anni. I disturbi ische
mici del cuore, rivelati da alterazioni elettrocardiografiche
sotto sforzo e da un rumore sistolico aspro sul precordio,

nimo di iper-3-lipoproteinemia. Questo tipo si presenta


generalmente non associato ad alterazioni delle altre li
poproteine plasmatiche, ma a volte associato ad un
aumento della pre-8-lipoproteina. Per cui questo II tipo

spesso accompagnato da angine da sforzo, generalmente


progrediscono nell'infanzia e portano a morte nel 2 o 3

suddiviso in due tipi: IIa (aumento della sola 3-lipo


proteina) e IIb (aumento sia della 3- che della pre-3-li
poproteina).

decennio per trombosi coronarica.


Allo stato eterozigote la gravit della malattia varia
bile. Il tasso plasmatico del colesterolo oscilla nei vari in

Diagnosi. Per diagnosticare il II tipo il plasma da

dividui da ca. 300 mg/100 ml fino a 500 mg/100 ml e

esaminare dovrebbe essere prelevato nelle condizioni


specificate nella tab. II. Dal momento che la 3-lipopro
teina ricca in colesterolo, la ipercolesterolemia carat
teristica, ma occasionalmente assente se il tasso delle

oltre. Le lesioni xantomatose ai tendini sono un reperto


costante negli adulti, mentre non si pu dire lo stesso per
quelle a carico della cute. I sintomi clinici si presentano
in genere pi marcati nei maschi eterozigoti che nelle
femmine. I maschi, nel 3 decennio, possono andare in
contro a cardiopatia ischemica e venire a morte all'inizio
dei 40 anni, mentre molte femmine eterozigoti possono

HDL basso in modo anormale.

Nel tipo IIa il plasma traslucido, la concentrazione


del colesterolo alta e quella dei trigliceridi normale.
Questa associazione ci fa porre diagnosi esatta nella gran
parte dei casi. L'elettroforesi zonale mostra un aumento

di intensit della banda 3 quando c' una spiccata iperli


pidemia, ma non d'aiuto quando questa sia lieve. La
diagnosi accertata dimostrando l'aumento delle LDL e
normali valori delle VLDL dopo separazione del plasma
del paziente con l'ultracentrifuga; questa non per una
prassi necessaria nella pratica clinica di routine.
Nel tipo IIb sia il colesterolo che i trigliceridi sono au
mentati. Se il tasso di trigliceridi superiore a 300

mg/100 ml ca., il plasma pu apparire lattescente per


l'alta concentrazione delle VLDL ricche in trigliceridi.
L'elettroforesi zonale pu rivelare una elevata intensit
delle bande 8 e pre-3. Il III e il IV tipo assomigliano al
tipo IIb nel presentare tassi plasmatici aumentati di cole
sterolo e trigliceridi. Una banda 8 di intensit anormale
all'elettroforesi zonale esclude il IV tipo; l'assenza di una
lipoproteina nella frazione d< 1,006 all'ultracentrifuga e
una 8-mobilit all'elettroforesi zonale ci fanno invece es
cludere il III tipo.
Patogenesi secondaria. Il II tipo pu essere seconda
rio a diversi disturbi del metabolismo dei lipidi plasma
tici, come l'ipotiroidismo, la sindrome nefrosica, l'ostru
zione biliare, la porfiria acuta e i disturbi autoimmuni in
cui compaiono in circolo anticorpi antilipoproteine. In
queste condizioni possono trovarsi sia il tipo IIa che il
tipo IIb.
Patogenesi primaria. Molti individui affetti da iper-3
lipoproteinemia primaria sono portatori del gene FH (v.
sotto), ma non tutti, specie se affetti da una anomalia di
livello minimo. In questi individui l'ipercolesterolemia
probabilmente un'estrema espressione degli innumerevoli
fattori ambientali e poligenici responsabili, all'interno di
una popolazione, della variabilit dei valori plasmatici del
colesterolo. Sono quindi due le categorie di iper-3-lipo
proteinemie primarie: quella dovuta al gene FH e quella

giungere sino alla vecchiaia in completa assenza di sin


tomi. L'infarto del miocardio ricorre prima dei 50 anni

nel 50% di eterozigoti maschi e solo nel 12% delle fem


mine.

Lesioni xantomatose. I depositi giallo-arancio dei li


pidi sulla cute e sui tendini sono noti col nome di xan

tomi (dal gr. xanths giallo). Le lesioni a carico della


cute possono essere tuberose (fig. 3), presentandosi come
rigonfiamenti molli, tondeggianti, gialli sui gomiti, calca
gni e natiche, o come lesioni piane (fig. 4), appena rile
vate sulla cute delle natiche, cosce, gomiti, ginocchia e
dita. Gli xantomi piani, se localizzati sulla cute intorno

agli occhi, prendono il nome di xantelasmi. un reperto


che si riscontra negli omo- ed eterozigoti, ma lo si pu
riscontrare anche in soggetti esenti da iperlipidemia. La
localizzazione tendinea pi frequente degli xantomi a
carico del tendine d'Achille e dei tendini estensori della

mano (fig. 5).


Fenomeni cardiovascolari. Le cardiopatie ischemiche
nella FH sono legate all'aterosclerosi delle coronarie e
delle valvole aortiche. Il reperto anatomopatologico mo

dovuta ad altre cause.

Iper-3-lipoproteinemia familiare (FH)


La FH quello stato che una volta era riportato come
ipercolesterolemia essenziale familiare o xantomatosi
71

Fig. 3. Xantomi tuberosi ai calcagni in una ragazza di 17 anni


con FH allo stato omozigote.

72

IPERLIPOPROTEINEMIE E

IPoLIPoPRoTEINEMIE

4. Xantomi piani ai gomiti in una ragazza di 10 anni con

Fig. 5. Xantomi tendinei ai tendini estensori delle mani in un

allo stato omozigote.

uomo di 41 anni con FH allo stato eterozigote.

stra un interessamento molto esteso delle coronarie, dif

periori a 1 su 80 (Myant e Slack, 1976). Sia il tipo IIa

una diagnosi pu essere solitamente fatta alla nascita in


neonati con almeno un genitore sicuramente portatore di
FH; ragion per cui si deve esaminare il sangue del cor
done ombelicale di tutti i figli nati da un sicuro portatore
del gene FH.
Per una trattazione del problema diagnostico della FH
nell'infanzia, cfr. Myant e Slack (1976).
Errore metabolico di base della ipercolesterolemia fami
liare. L'errore metabolico fondamentale nell'ipercole
sterolemia familiare non stato ancora pienamente com
preso. Gli studi sul metabolismo delle lipoproteine pla
smatiche nell'ipercolesterolemia familiare hanno dimo
strato come in questi pazienti i meccanismi di cataboliz
zazione delle apoproteine LDL (apo-LDL) siano defici
tari. Ci potrebbe spiegare sia la ipercolesterolemia, che
la deposizione di colesterolo nella pelle, nei tendini e

che quello IIb possono manifestarsi in diversi membri di

nelle arterie.

ferendo queste lesioni aterosclerotiche da quelle classiche


solo per la loro gravit. Anche le carotidi e altri vasi pe
riferici, comprese le arterie cerebrali, possono essere col
piti da processi aterosclerotici.
Genetica. Il tratto FH ereditato in maniera auto

somica parzialmente dominante con un'espressivit pi


marcata allo stato omozigote che a quello eterozigote;
esso presente ovunque, ma, in alcune regioni, ha un'in
cidenza maggiore che in altre. In mancanza di un suo
marcatore specifico, la presenza del gene non pu essere
spesso dimostrata direttamente. Valutazioni basate sul

numero probabile di omozigoti in Inghilterra, ci suggeri


scono che la frequenza dei portatori probabilmente ca.
1 su 500; in Libano i portatori sono probabilmente su

una stessa famiglia. La fig. 6 mostra un albero genealo

Brown e Goldstein (1976) hanno dimostrato che fibro

gico esemplificativo di una famiglia del Libano.


Diagnosi. I sintomi di pi frequente riscontro nella
FH sono gli xantomi e la precoce cardiopatia ischemica,
ma la malattia pu essere scoperta controllando i fami
liari di soggetti malati o in indagini epidemiologiche dei
tassi plasmatici dei lipidi. La diagnosi si pone con l'ac

blasti cutanei di soggetti normali in coltura sviluppano


recettori di superficie (LDL-recettori) con un'alta e spe
cifica affinit per le apo-LDL. Tutto ci permette alle
cellule di assumere LDL dal mezzo a bassa concentra

certamento che il paziente presenta un quadro lipopro

318

319

teico di II tipo, dal fatto che l'anomalia non da attri


buire alla presenza di nessuna causa metabolica di
iper-3-lipoproteinemia, e che c' anamnesi di ipercole

(54)

(5O)

sterolemia, xantomatosi o precoce cardiopatia ischemica


in almeno un parente prossimo.

consigliabile verificare lo stato genetico di un indivi


duo malato s da poter ricorrere con un minimo di tran
quillit a counseling genetico. Quando entrambi i genitori
sono malati, quando sin dall'infanzia la concentrazione

plasmatica del colesterolo superiore a 800 mg/100 ml e


quando fin da allora sono presenti lesioni xantomatose, il
paziente presumibilmente omozigote, nel qual caso
tutta la prole sar portatrice del gene. Nel caso in cui
uno dei genitori normale, il paziente pu anche non
essere omozigote.
Dal momento che la terapia, se praticata prima dello
sviluppo delle lesioni aterosclerotiche, molto efficace,

auspicabile che la diagnosi venga posta sin dai primi anni,


preferibilmente nell'infanzia. Da qualche parte si pre
teso di porre una diagnosi su esami del sangue del cor
done ombelicale in neonati presi a caso, ma l'affidabilit
di questo metodo non stata confermata. Ad ogni modo,
73

"
(31)

(30)

(27)

(23)

(21)

(16)

(14)

(13)

(7)

19O

289

3OO

618

2O5

296

73O

281

16O

Fig. 6. Albero genealogico di una famiglia libanese in cui


presente il gene responsabile dell'FH. Le et sono riportate tra
arentesi; la concentrazione plasmatica del colesterolo

mg/100 ml) riportata sopra o sotto ciascun componente. I


parenti sono cugini di primo grado ed entrambi sono eterozigoti
rispetto all'FH (bianco: normale; met nero: eterozigote; nero:

Questo albero genealogico illustra due importanti


aspetti dell'FH: l'alta frequenza di matrimoni consanguinei e
l'indipendenza dal sesso (maschi e femmine sono affetti in egual
misura). (Da Khachadurian, Am. J. Med., 1964, 37, 402).

74

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

zione, di trasferirle all'interno delle cellule e d'incorpo


rarle nei lisosomi. A livello dei lisosomi, l'apo-B cata
bolizzata, mentre gli esteri del colesterolo vengono idro
lizzati. Il colesterolo cos liberato, per idrolisi dei suoi
colesterilesteri, sarebbe capace di reprimere la sintesi
cellulare di nuovo colesterolo. I fibroblasti cutanei di

ipercolesterolemici familiari omozigoti in coltura sono in


vece quasi completamente privi di LDL-recettori. Per
questo motivo tali cellule sono incapaci di assumere LDL
a basse concentrazioni e catabolizzare apo-LDL con ve
locit normale. L'incapacit da parte degli LDL-recettori
ad assumere LDL porta, di conseguenza, alla mancata
repressione delle sintesi di colesterolo. Tutto ci spiega
perch fibroblasti di ipercolesterolemici familiari in col
tura sintetizzino colesterolo con una velocit di ca. 50

volte superiore alla norma.


Essendo pertanto la presenza sulle cellule di LDL-re
cettori funzionanti responsabile del catabolismo delle
apo-LDL nell'uomo, la loro assenza o deficienza sar
responsabile del difetto catabolico che caratterizza l'iper
colesterolemia familiare.

Se le cellule in vivo si comportano come i fibroblasti


coltivati in vitro, si dovrebbe anche avere nei pazienti con
ipercolesterolemia familiare un'esagerata sintesi di cole
sterolo per la mancata repressione da parte delle LDL
assunte per mezzo dei recettori. Una valutazione dei dati
finora disponibili non consente per di dire che anche in
pazienti omozigoti con ipercolesterolemia familiare la
sintesi di colesterolo sia consistentemente aumentata.

Non pertanto ancora possibile spiegare in termini di


singola anomalia genica tutte le anomalie del metaboli
smo del colesterolo osservate nell'ipercolesterolemia fa

miliare (Myant, 1977).


Terapia della iperlipoproteinemia primitiva tipo II. Le
indicazioni terapeutiche per il II tipo della malattia non
trovano tutti d'accordo. Alcuni ritengono che si debbano
applicare misure preventive per abbassare la concentra

zione plasmatica del colesterolo nei confronti di tutti gli


abitanti di quelle regioni il cui livello medio alto. Altri
invece pensano che nella fase attuale non vi sono suffi
cienti motivi che giustifichino questo intervento. Comun
que quasi tutti sono concordi nel ritenere indispensabile

il trattamento di tutti gli individui con iper-3-lipoprotei


nemia abbastanza grave da comportare il rischio di car
diopatie ischemiche. Questo include tutti i pazienti di
ambo i sessi con FH allo stato omozigote, i maschi etero
zigoti e le femmine eterozigoti pi gravi. Molti medici in

cluderebbero pure quei pazienti con iper-3-lipoproteine


mia con precoci disturbi cardiaci, anche se in essi la pre
senza dell'FH non evidente. La terapia dovrebbe mi
rare alla riduzione del tasso plasmatico del colesterolo e,

bini 10-15 g al d; adulti 15-30 g al d). Agisce bloccando


il riassorbimento degli acidi biliari nell'intestino e, di
conseguenza, promuovendo il catabolismo del colesterolo
nel fegato. Il colestipolo e il DEAE-Sephadex, ad
azione simile a quella della colestiramina, sono pi gra
devoli da assumere, ma non sono altrettanto disponibili
in tutti i paesi.
Si pu prescrivere ac. nicotinico in associazione o
meno alla colestiramina, avendo per la precauzione di
seguire attentamente il paziente nei primi stadi della te
rapia. Se la dose giornaliera viene aumentata gradata
mente, il paziente potr arrivare a tollerare dosi superiori
ai 10 g al d senza effetti collaterali spiacevoli. Il tasso
plasmatico del colesterolo comincia generalmente a ca
lare in un paio di settimane dalla prima somministrazione
e pu essere mantenuto tale per molti anni con una
somministrazione ininterrotta. Ad ogni modo consiglia
bile tenere sotto controllo la funzionalit epatica del pa
ziente ad intervalli semestrali per vedere se vi siano sin
tomi di qualche danno epatico. Il clofibrato generalmente
non sortisce effetti contro la malattia di tipo IIa, mentre
pu essere d'aiuto contro il tipo IIb. Gli estrogeni non

sono pi usati. Alcuni pazienti affetti dal tipo IIa rispon


dono favorevolmente alla D-tiroxina, che peraltro con
troindicata ove siano presenti segni o sintomi di ischemia
miocardica. La neomicina, un antibiotico ad incompleto
assorbimento, se somministrata a dosi di 1-2 g al d, pu
abbassare la colesterolemia in alcuni pazienti affetti dal II
tipo; la si pu associare alla colestiramina. Molti pazienti
con FH omozigote non ricevono, come si sperato, be
neficio, n dai farmaci, comunque associati, n dalla dieta
pi opportuna. Si sono perci fatti dei tentativi per pro
lungare la vita con un intervento anastomotico all'ileo e
questo per stimolare il catabolismo del colesterolo inter
ferendo nel riassorbimento degli acidi biliari a questo li
vello; ma i risultati non sono stati incoraggianti.
Anche un intervento tipo shunt porta-cava stato im
piegato nel trattamento di alcuni pazienti omozigoti, ma i
risultati pi recenti non sembrano essere abbastanza in
coraggianti a proposito. Un limitato numero di pazienti
sia omozigoti che eterozigoti, con ipercolesterolemia fa
miliare, sono stati trattati con il cosiddetto scambio

plasmatico ripetuto, si proceduto cio alla sostituzione


del plasma del paziente con frazioni plasmatiche prive di

colesterolo. ancora per troppo presto per poter dire


se tale tipo di trattamento possa migliorare o meno la
prognosi dei pazienti con ipercolesterolemia familiare. In
ogni caso tale metodo talmente costoso e richiede tanto
tempo, da non essere utilizzabile su larga scala.
Iperlipoproteinemia del tipo III

se questo aumentato, di quello dei trigliceridi.

Il fondamento di tutto il regime terapeutico dietetico.

Il III tipo una rara malattia caratterizzata dalla pre

L'apporto delle calorie totali provenienti dai grassi saturi


dovrebbe essere ridotto e aumentato quello proveniente
dai grassi polinsaturi. Per ottenere questo si deve dimi

senza nel plasma di una lipoproteina anomala (8-VLDL

nuire l'ingestione di grasso animale con la dieta e usare


per cucinare olio di granturco o di cartamo. Dovrebbero
essere eliminati il pi possibile cibi ricchi di colesterolo,
come uova, crema, burro e uova di pesce. In quasi tutti i
pazienti con FH allo stato eterozigote, il rispetto scrupo
loso di una dieta appropriata, sotto il controllo del die
tologo, in grado di abbassare considerevolmente i livelli

plasmatici del colesterolo; in alcuni eterozigoti e in tutti


gli omozigoti invece la dieta deve essere accompagnata
dalla somministrazione di farmaci.

La colestiramina (Questran; Cuemid) il farmaco di


celta, ma deve essere somministrato a larghe dosi (bam
75

o beta flottante) con la densit delle VLDL e la mobi


lit elettroforetica delle LDL. In molti casi si pensa che
sia ereditaria, ma occasionalmente pu insorgere in dia
betici non ben controllati o nel mixedema.

La 3-VLDL. Nelle VLDL normali l'apoproteina


principale l'apo-C e il rapporto fra trigliceridi e cole

sterolo di 5 a 1. Nella 8-VLDL l'apoproteina princi


pale l'apo-B (ecco spiegata l'anormale mobilit elet
troforetica) e il rapporto fra trigliceridi e colesterolo di
1 a 1.Si ritiene che la 3-VLDL sia un prodotto normale
dell'azione della lipoproteinlipasi sulla VLDL, ma che
negli individui normali essa sia trasformata in LDL in
maniera troppo rapida per poter essere riconosciuta nel

sangue. La lesione biochimica nel III tipo potrebbe forse


76

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

consistere nell'incapacit di trasformare la 3-VLDL in


LDL.

Quadro clinico. I segni clinici del III tipo sono gli


xantomi e i disturbi cardiovascolari. N questi sintomi n
il quadro lipidico anormale sono mai stati riscontrati in
pazienti al di sotto di 20 anni. Gli xantomi possono es
sere tuberosi, piani o tendinei; si localizzano di prefe
renza sulle natiche, gomiti, ginocchia o malleoli e pos
sono essere infiammati. Gli xantomi piani sulla superficie
palmare delle mani e delle dita e sulle pieghe palmari
sono molto caratteristici di questo III tipo ma non pato
gnomonici. Oltre il 50% di questi pazienti affetto da
precoce aterosclerosi localizzata con una frequenza pres
sappoco uguale alle coronarie e alle arterie periferiche.
L'obesit di comune riscontro e molti pazienti hanno
una bassa tolleranza al glicoso.
Genetica. La frequenza del quadro lipemico tipo III
fra i parenti dei soggetti colpiti indica che la malattia
ereditaria, anche se non se ne conosce la modalit di
trasmissione.

La maggior parte degli alberi genealogici finora de


scritti sono in accordo con l'ipotesi che la malattia sia
dovuta a un gene autosomico singolo a dominanza in
completa. Se questo vero, l'espressivit del gene deve
essere molto variabile, poich sono stati descritti degli al
beri genealogici in cui ambedue i genitori del soggetto
indice non mostrano anomalie lipoproteinemiche. Molti
parenti dei soggetti di tipo III mostrano il quadro di tipo
IV. Studi recenti suggeriscono che essenziale per lo svi
luppo di una sintomatologia clinica della malattia l'as

limite superiore del normale di solito definito come il


95 percentile superiore adattato all'et dei valori calco
lati in una popolazione sana (tab. II). Essendo le VLDL
ricche di trigliceridi, questo IV tipo ha come caratteristica
l'ipertrigliceridemia e, essendo questi trigliceridi plasma
tici in eccesso, probabilmente di provenienza endogena,
questa malattia qualche volta viene chiamata ipertriglice
ridemia endogena, definizione che fra l'altro soggetta a
critica in quanto possiamo riscontrare ipertrigliceridemia
endogena anche nei tipi IIb, III e IV. Il IV tipo pu es
sere primario o secondario ad alcuni disturbi metabolici
ben definiti. Fra le cause della forma secondaria troviamo

il diabete, il mixedema, la sindrome nefrosica, i contrac

cettivi orali, l'eccessivo uso di alcol e alcune lipidosi.


Quadro clinico della forma primaria. Sono rari i casi
in cui la forma primaria o i suoi sintomi clinici si manife
stano al di sotto dei 20 anni. In ca. il 25% dei pazienti
adulti sono presenti xantomi eruttivi a carico della cute;
insoliti invece quelli a carico dei tendini ed raro l'arco
corneale. Il IV tipo favorisce la tendenza all'aterosclerosi
delle coronarie e delle arterie periferiche; nell'anamnesi
di oltre un terzo dei pazienti affetti dalla forma primaria,
troviamo un'angina, un infarto miocardico o una claudi
catio intermittens. Viceversa il 10-20% di tutti i pazienti
con precoci cardiopatie ischemiche presentano ipertrigli
ceridemia del IV tipo. Sintomi spesso, ma non invaria
bilmente, presenti sono l'obesit e la diminuita tolleranza
al glicoso. Altri segni clinici sono attacchi di forte dolore
addominale, pancreatite e iperuricemia. La maggioranza
dei pazienti obesa.

senza ereditaria di uno dei componenti della apo-E (Fre

Genetica. Il meccanismo con cui si eredita la forma

drickson, 1978).
Diagnosi. I primi segni che si osservano sono gene
ralmente gli xantomi cutanei o una cardiopatia precoce.
Gli xantomi piani localizzati al palmo o nelle creste pal
mari fanno fortemente sospettare il tipo III.

primaria del IV tipo ben lungi dall'essere chiarito. In


alcune famiglie la malattia sembra ereditata come un ca
rattere mendeliano dominante, ma in molti casi pi
verosimile un meccanismo ereditario poligenico. L'analisi

Il plasma a digiuno lattescente e, dopo che lo si te


nuto per tutta la notte a --4C, mostra generalmente
uno strato cremoso dovuto alla presenza di piccole quan
tit di chilomicroni.

Colesterolemia e trigliceridemia sono lievemente au

mentate con un rapporto trigliceridi/colesterolo tra 1 e


1,5. La diagnosi confermata dimostrando la presenza
nel sopranatante dopo centrifugazione a d 1,006 di una li
poproteina con caratteristiche di migrazione di tipo 3. Se
si pu escludere la presenza di diabete o mixedema si

genetica di alcune famiglie nordamericane ci fa supporre


che una combinazione di ipertrigliceridemia e di iperco
lesterolemia sia dovuta ad un singolo gene dominante. In

che relazione siano fra loro la iperlipidemia combinata


familiare e i tipi IV e IIb familiari non chiarito.
Diagnosi. La diagnosi spesso di riscontro fortuito o

pu essere formulata sottoponendo a visita i familiari di


pazienti in cura o di individui colpiti da precoci disturbi
cardiovascolari. Cccasionalmente la malattia viene tro

vata in pazienti con xantomi cutanei o con inspiegabili


dolori addominali ricorrenti. Altra evenienza diagnostica

pu presumere la diagnosi di iperlipoproteinemia di tipo

quando il paziente sia affetto da una malattia quale il

III anche in assenza di parenti colpiti.

diabete o il mixedema, capace di dare origine alla forma


secondaria del IV tipo. Il plasma prelevato a digiuno di

Terapia. Generalmente questi pazienti rispondono


rapidamente al dimagramento e a una dieta col 40%
delle calorie totali dai carboidrati, il 40% dai grassi e il
20% dalle proteine.
Non si devono somministrare pi di 300 mg di cole
sterolo e si devono, per quanto possibile, sostituire i
grassi saturi coi grassi polinsaturi.

solito lattescente e, se lasciato a --4 C tutta la notte,

non forma uno strato cremoso nella parte alta. Il tasso


plasmatico dei trigliceridi aumentato sino a superare i 2

g/100 ml; quello del colesterolo pu essere invece nor


male o aumentato di poco; il rapporto trigliceridi/cole
sterolo quasi sempre superiore a 2. Non si tratta del

Il clofibrato (2g al d) in genere determinaun'ulteriore

tipo IIb quando assente l'iper-3-lipoproteinemia, as

caduta del tasso plasmatico dei lipidi se associato ad una

senza accertata o con l'elettroforesi su carta o misurando


la concentrazione delle LDL.

terapia dietetica. Entro pochi mesi dalla caduta di questo


livello, possono sparire del tutto le lesioni cutanee e il

Difetto di base. La concentrazione plasmatica delle

flusso del sangue nelle arterie periferiche pu aumentare

VLDL determinata dall'interazione di molti fattori.

in maniera significativa.

Negli individui normali un aumento dell'aliquota dei car

Iperlipoproteinemia del tipo IV

VLDL, forse dovuto ad un'aumentata sintesi di queste


nel fegato. Anche l'insulina partecipa in maniera deter

Il IV tipo caratterizzato da una concentrazione plasma


tica abnormemente alta di una pre-8-lipoproteina
(VLDL), senza anomalie delle altre lipoproteine. Il IV
tipo perci sinonimo di iperpre-8-lipoproteinemia. Il

nemia bassa, l'attivit della lipoproteinlipasi viene de


pressa e il flusso degli acidi grassi liberi nella circolazione
subisce un aumento. Entrambe queste deviazioni possono

boidrati della dieta provoca un innalzamento delle

77

minante al metabolismo dei trigliceridi. Quando l'insuli

78

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

contribuire all'aumento delle VLDL plasmatiche riscon


trato nei diabetici. E invece difficile spiegare l'alta con
centrazione plasmatica delle VLDL nel IV tipo come
conseguenza di un singolo errore metabolico. Molti pa
zienti presentano una diminuita tolleranza al glicoso e
una risposta all'insulina subnormale, il che pu far pen
sare che all'origine della loro ipertrigliceridemia vi sia
un'insulinoresistenza.

In accordo con questo stato osservato in diversi la

vori che nel tipo IV primario c' una diminuzione della


velocit della rimozione di trigliceridi dal circolo. Co
munque sia, molti di questi pazienti hanno una normale
PHLA (attivit lipasica post-eparina). Che la forma pri
maria di questo IV tipo sia dovuta ad una eccessiva ri

sposta ai carboidrati della dieta non accertato.


Terapia. Per quanto riguarda la forma secondaria, la
tarapia da applicare quella per la malattia di base. Su
pazienti affetti dalla forma primaria in genere efficace il
dimagramento con una diminuzione dei carboidrati a non
oltre il 40% delle calorie complessive. Anche l'ingestione
di alcolici dovrebbe essere limitata. Non invece ben

chiaro se ha effetti benefici sul livello plasmatico dei tri


gliceridi l'eliminazione del saccaroso. Se con la terapia

di iperlipoproteinemia sia dovuto a un errore del mecca


nismo deputato a rimuovere dal circolo i trigliceridi. Co
munque possibile che in alcuni casi vi sia anche un au
mento della conversione degli FFA plasmatici in triglice
ridi nel fegato, e di conseguenza un aumento della sintesi
e della secrezione delle VLDL nel plasma. Se, come
sembra, i chilomicroni e le VLDL sono substrati comuni

per la lipoproteinlipasi, la chilomicronemia del V tipo


potrebbe essere secondaria alla concentrazione delle
VLDL eccessivamente alta. La PHLA (attivit lipasica
post-eparina) sempre presente, e pu essere nei valori
normali.

Terapia. Se alla base c' qualche causa, questa che


va curata. Nel caso della forma primaria, invece, la tera
pia si attua con una dieta appropriata. In una prima fase

si dovrebbero diminuire le calorie totali fino a raggiun


gere un peso corporeo ideale. Quindi la dieta del pa

ziente dovrebbe essere, nel suo patrimonio calorico, cos


costituita: 50% di carboidrati, 30% di grassi e 20% di
proteine. Da proibire il pi possibile gli alcolici e si do
vrebbe sconsigliare le donne dal fare uso di contraccettivi
orali. Se la sola dieta non in grado di dare risultati sod

disfacenti, pu essere d'aiuto il clofibrato (2 g al d). An

dietetica non riusciamo a far rientrare nei limiti normali i

che l'ac. nicotinico pu avere effetto, ma pu causare

trigliceridi, possiamo ricorrere al clofibrato (2g al d); la

effetti tossici collaterali e dovrebbe essere somministrato

colestiramina invece non sortisce alcun effetto. I contrac

solo sotto adeguato controllo (v. iperlipoproteinemia del

cettivi orali, per gli estrogeni in essi contenuti, possono


esaltare le gi preesistenti anomalie plasmatiche e vanno
perci evitati.

tipo II). L'uso di ipoglicemizzanti orali allo studio in


diversi centri clinici.
IPOLIPOPROTEINEMIE

Iperlipoproteinemia del tipo V


Il V tipo caratterizzato da un innalzamento della con
centrazione plasmatica delle pre-3-lipoproteine, con
presenza in circolo di chilomicroni anche a digiuno. La
malattia pu essere primaria oppure secondaria a dia
bete, pancreatite, mixedema, sindrome nefrosica o ad
abuso di alcolici. In alcuni pazienti la malattia primaria
familiare, senza peraltro che siano chiarite le modalit
con cui essa viene ereditata.

Quadro clinico. Dal punto di vista clinico ricorda


molto il I e il IV tipo. Solitamente sono presenti gli xan
tomi eruttivi e un terzo circa di tutti i pazienti presenta
epatomegalia. Nell'anamnesi possono venire alla luce ri
correnti attacchi di violenti dolori addominali che spesso
si manifestano pochi giorni dopo un eccessivo uso di alcol
e possono far pensare a una pancreatite. Occasional
mente ritroviamo precoci disturbi cardiovascolari, ma non
stata dimostrata in modo certo alcuna associazione fra

questo V tipo e l'aterosclerosi. Sempre abbastanza fre


quenti sono una diminuita tolleranza al glicoso e iperuri
cemia. Molti di questi pazienti sono obesi.
Diagnosi. Il V tipo pu venire diagnosticato durante
analisi di routine del plasma, o pu essere riscontrato in
pazienti con xantomi cutanei o inspiegabili dolori addo
minali. Il plasma prelevato a digiuno lattescente e, la
sciato tutta la notte a -4C, forma uno strato superiore
cremoso, con uno strato inferiore lattescente. I trigliceridi
plasmatici sono sempre aumentati, talvolta anche netta
mente, e pu esserci una ipercolesterolemia lieve o bassa.

A-3-lipoproteinemia
questa una rara malattia ereditaria, conosciuta anche
come sindrome di Bassen e Kornzweig, caratterizzata da
assenza nel plasma delle LDL e VLDL, malassorbimento
dei grassi, emazie anormali (acantociti [v. anche: ACANTo
CITosi)), retinite pigmentosa e una neuropatia che asso
miglia all'atassia di Friedreich. La malattia viene eredi
tata come un carattere autosomico recessivo e non ha in

cidenza razziale. L'errore di base probabilmente una


incapacit geneticamente determinata a sintetizzare
apo-B nel fegato e nella parete intestinale, con conse
guente blocco nella sintesi delle LDL, VLDL e chilomi
croni, le tre lipoproteine di cui l'apo-B un indispensa
bile costituente. L'incapacit a formare chilomicroni
spiega il malassorbimento dei grassi. Non si sa se le altre
anomalie siano dovute direttamente all'assenza in circolo

delle lipoproteine a base di apo-B o se invece siano do


vute indirettamente al malassorbimento di qualche lipide
essenziale della dieta come la Vit. E.

Quadro clinico. Il malassorbimento dei grassi pre


sente gi alla nascita; esso all'origine della steatorrea e
pu essere causa del ritardo nella crescita, della defi
cienza di vitamine liposolubili e dell'anemia ferropriva.
La retinite pigmentosa e i segni di compromissione del
S.N.C. non sono in genere evidenti sino all'et di 5 anni.
Dall'et di 30 anni l'inabilit dovuta all'atassia e alla

tipo per l'alto rapporto trigliceridi/colesterolo e per l'as

perdita del senso di posizione pu anche essere grave, ma


le capacit intellettive restano in genere normali. I parti
colari eritrociti spinosi, noti come acantociti (dal gr.
kantha spina), sono presenti nell'infanzia e sono ben
visibili in un vetrino a fresco (v. anche: ACANToCITosi).
Diagnosi. Il sintomo che per primo porta all'osserva
zione del medico sin dall'infanza la diarrea, ma possono
indirizzarci verso la giusta diagnosi anche i reperti di re

senza della 3-lipoproteina migrante nella frazione di

tinite, di inspiegabili anomalie neurologiche o di acanto

densit inferiore a 1,006.

citosi. Il colesterolo plasmatico nettamente diminuito

Il rapporto trigliceridi/colesterolo pu superare il valore


di 5. L'elettroforesi su carta mostra la presenza di una
banda relativa ai chilomicroni all'inizio e di una banda

pre-3 di intensit aumentata. Si esclude diagnosi del III

Difetto di base. Generalmente si pensa che il V tipo


79

(20-70 mg/100 ml) e i trigliceridi sono in concentrazioni


80

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

quasi trascurabili. La diagnosi confermata dall'accerta


mento dell'assenza delle LDL e VLDL con l'elettroforesi

su carta o con l'ultracentrifugazione del plasma del pa


ziente in esame.

Terapia. Il grasso dietetico dovrebbe essere ridotto a


una quota tollerabile per il malato senza che si manifesti
steatorrea. I trigliceridi a media catena dovrebbero essere
somministrati in dosi limitate per migliorare la gradibilit
della dieta. Le vitamine A, D, E e K devono essere

somministrate per via orale. Con questa terapia si con


statano di solito un miglioramento clinico e un'accelera
zione nella crescita, ma gli effetti terapeutici sulla pro
gnosi a lungo termine della malattia non possono essere
ancora valutati.

bulate e di un colorito arancione o giallo-grigio caratte


ristico per il deposito di esteri colesterolici. Segni meno
comuni sono epato- e splenomegalia, linfadenopatia e
opacit della cornea. Si possono anche trovare sulla mu
cosa rettale cellule schiumose contenenti esteri del cole

sterolo. Un'alta percentuale di pazienti possono essere


colpiti da una neuropatia periferica asimmetrica con de

bolezza muscolare (miastenia), riflessi tendinei diminuiti


e perdita della sensazione dolorifica. In questa malattia
assente il malassorbimento di grassi. Nel plasma di pa

zienti eterozigoti si trova l'HDLr, ma non vi sono segni


clinici di accumulo di esteri del colesterolo.

Diagnosi. I sintomi sono: ingrossamento delle ton


sille, inspiegabile epatomegalia o persistente ipocoleste
rolemia. L'aspetto delle tonsille, se ancora presenti,

Ipo-3-lipoproteinemia
L'ipocolesterolemia, dovuta a una concentrazione pla

smatica di 3-lipoproteine abnormemente bassa, pu os

patognomonico. L'accertamento immunochimico di as


senza o di grossolana carenza delle HDL plasmatiche ci
permette di fare una diagnosi esatta.
Difetto di base. L'anomalia genetica sembra essere

servarsi nel corso di tireotossicosi, di anemie croniche, di

cirrosi epatica o della sindrome da malassorbimento di


grassi. In pochi casi, comunque, l'ipocolesterolemia da
attribuire a un'ipo-3-lipoproteinemia familiare. In questa
rara evenienza le LDL presentano dei livelli di ca. il 10%
della norma. L'anomalia trae origine da una carente sin
tesi delle LDL ed ereditata come un carattere autoso

mico dominante. La malattia spesso asintomatica e se


ne viene solitamente a conoscenza nel tentativo di capire
il perch di una persistente ipocolesterolemia. L'acanto
citosi non stata riportata in nessun individuo affetto,
ma il malassorbimento di grassi stato osservato in un
soggetto e anomalie neurologiche simili a quelle dell'a-3

un'incapacit a sintetizzare apo-LP-Glni; sarebbe cos


spiegata la bassa concentrazione plasmatica della HDL
normale e la presenza della HDL, sebbene cos non sia
chiarito il perch di una bassa concentrazione di LDL e
delle anormalit delle altre lipoproteine. Il depositarsi

degli esteri colesterolici nei tessuti ci fa pensare che le


HDL siano in qualche maniera richieste per il trasporto
del colesterolo dai tessuti al fegato. I sintomi neurologici

forse sono dovuti al deposito degli esteri del colesterolo


in prossimit delle fibre nervose periferiche.

Terapia. L'unica terapia valida quella sintomatica.

lipoproteinemia familiare si manifestarono in un soggetto

CARENZA

all'et di 36 anni. La diagnosi si pone in base al reperto


della 3-lipoproteina nel plasma che presente, ma in

ROL-ACILTRANSFERASI (LCAT)

concentrazione inferiore alla norma e infine sul fatto che

almeno un parente di 1 grado ne affetto. Non occorre


alcuna terapia, a meno che non ci sia malassorbimento di
grassi, nel qual caso sar sufficiente diminuire il grasso
dietetico.

FAMILIARE

DI

LECITIN-COLESTE

Questa rara malattia dovuta a un'assenza ereditaria di


LCAT, l'enzima preposto alla sintesi degli esteri cole
sterolici plasmatici a partire dalla lecitina e dal coleste

rolo libero. Solo 9 pazienti hanno mostrato di essere ine


quivocabilmente affetti da questa malattia, ma lo studio
intensivo di alcuni di questi ha notevolmente accresciuto
la nostra conoscenza del metabolismo normale delle lipo

Ipo-o-lipoproteinemia familiare
vata per la prima volta in un ragazzo dell'isola di Tangier

proteine plasmatiche umane. L'albero genealogico di


ciascuna delle famiglie note con carenza di LCAT fa
supporre che questo difetto venga ereditato come carat

nota anche come morbo di Tangier, in quanto osser


nella baia di Chesapeake. caratterizzata da una grave

tere autosomico recessivo.

carenza plasmatica delle HDL con presenza di piccole


quantit di una HDL anomala (HDL Tangier o HDL) e
dalla progressiva deposizione di esteri colesterolici nel

l'opacit corneale, l'anemia emolitica, la proteinuria e

sistema reticoloendoteliale. La malattia ereditata come


un carattere autosomico recessivo.

morti per insufficienza renale nel quinto decennio, ma

Quadro lipoproteico plasmatico. tipico il reperto di


una marcata ipocolesterolemia (30-100 mg/100 ml) con
modica ipertrigliceridemia. L'elettroforesi su carta mostra
l'assoluta mancanza di o-lipoproteine, ma con l'ultracen
trifugazione preparativa notiamo la presenza di piccole

quantit di lipoproteina (HDL) nelle frazioni da 1,063 a


1,21. L'HDLr pu essere distinta dalla normale HDL dal
punto di vista immunologico. Le differenze antigeniche
fra queste due lipoproteine sembrano dovute a differenze
del rapporto fra apo-LP-Glni e apo-LP-Gln, (3 a 1 per

l'HDL e 1 a 11 per l'HDL). Anche la concentrazione


delle LDL pi bassa e vi sono minori anormalit nella
composizione lipidica delle HDL, LDL e VLDL. In
particolare la proporzione dei trigliceridi in tutte le tre li
poproteine enormemente alta.
Quadro clinico. Non si pu farne una diagnosi prima
dei 3 anni. Il sintomo pi comune e pi caratteristico
l'aspetto delle tonsille, che si presentano ingrandite, lo
81

Quadro clinico. I segni clinici pi rimarchevoli sono


una tendenza a disturbi renali cronici. Due pazienti sono
uno ancora vivo a 61 anni. L'autopsia ha mostrato
estese lesioni ateromasiche nell'aorta e nelle grandi arte

rie. Molti tessuti, reni compresi, contengono particolari


inclusioni lipidiche che, al microscopio elettronico, si
visto consistere in un doppio strato di lipidi disposti con
centricamente.

Lipidi plasmatici. L'ipercolesterolemia e l'ipertrigli


ceridemia sono presenti nella maggior parte, ma non in
tutti i pazienti. L'ipertrigliceridemia pu essere sufficiente
a causare lattescenza del plasma. Nel plasma prelevato a
digiuno, gli esteri del colesterolo sono assenti o sono

presenti in bassissima concentrazione. Se presenti, essi


probabilmente provengono piuttosto dalla parete intesti
nale che dalla reazione della LCAT.

Tutte le lipoproteine plasmatiche sono chiaramente


anormali, sia dal punto di vista chimico che da quello
fisico, ma le variazioni pi vistose si sono riscontrate
nelle HDL e nelle LDL. Entrambe queste lipoproteine

contengono un rapporto di lecitina e colesterolo libero


82

IPERLIPOPROTEINEMIE E IPOLIPOPROTEINEMIE

troppo elevato rispetto alle proteine e sono povere di


colesterolo esterificato.

Al microscopio elettronico si visto che la HDL con


tiene larghi dischi che tendono ad aggregarsi, dando
l'immagine di pile di monete. Ciascun disco formato da

LP-X (una lipoproteina anomala trovata nel plasma in


corso di ittero ostruttivo). Tutte queste particelle sono
ricche di lecitina e colesterolo libero e si pensato che
provengano dalle membrane esterne dei chilomicroni e
delle VLDL durante il loro catabolismo ad opera della

due strati monomolecolari di lecitina, colesterolo libero e

lipoproteinlipasi. Presumibilmente, in presenza di LCAT,

proteine, con gruppi polari delle molecole lipidiche che


nella fase acquosa si fronteggiano. Quando la HDL di un
paziente affetto da carenza di LCAT viene incubata con
plasma normale contenente LCAT, una certa quantit di

il colesterolo libero liberato dai chilomicroni e dalle

VLDL viene esterificato e viene cos impedita la forma


zione del doppio strato lecitina-colesterolo che caratte
rizza la carenza di LCAT.

colesterolo libero nella HDL normale viene esterificata.

Perci la LCAT mostra di esplicare un ruolo essenziale

Il colesterolo esterificato va a collocarsi nello spazio vir

nella formazione di HDL e nel catabolismo dell'eccesso

tuale fra i due strati monomolecolari e trasforma il disco

di colesterolo libero e lecitina formatosi per azione della


lipoproteinlipasi.
Diagnosi. Il sospetto potrebbe essere sollevato da

in una sfera, simile alle molecole sferiche della HDL

normale, formata da una parte centrale non-polare di


esteri del colesterolo circondata da un unico strato di le

una inspiegabile iperlipidemia in presenza di proteinuria,

citina, colesterolo libero e proteine (fig. 7). Si pensato


che i dischi di HDL visti nella carenza di LCAT rappre
nel circolo, ma che in condizioni normali nel circolo le

o dalla presenza di opacit corneali. La diagnosi viene


confermata dall'assenza pressoch totale a digiuno di
esteri del colesterolo nel plasma e dall'assenza nel plasma
del paziente e in un parente prossimo di LCAT. In con

molecole di HDL nascente siano istantaneamente tra

siderazione delle numerose indicazioni che la carenza di

sformate in sfere dal LCAT plasmatico.


La LDL nella carenza di LCAT contiene diversi tipi di
particelle anormali, compresi i grossi dischi, due strati
concentrici di lipidi simili alle inclusioni lipidiche nei
tessuti, e dischi pi piccoli simili a quelli formati dalla

LCAT deve ancora fornirci, c' da sperare che i medici


di ogni parte del mondo tengano presente l'eventualit di
questa malattia.

sentino il normale HDL nascente cos come viene secreto

Terapia. La limitazione del grasso dietetico apporta


un abbassamento nel plasma di lipoproteina LDL anor

male e si pu prevedere un ritardo dell'inizio dei sintomi


dovuti al deposito lipidico nei tessuti.
colesterolo

lecitita

Bibliografia

Alaupovic P., Prog. Biochem. Pharmacol., 1968, 4, 91.

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ie g

Rifind Mi &in Endocrinol, fetabol, 1973, 5, 1.


NICOLAS B. MTYANT

- albumina

IPERLISINEMIIA: v. LISINA.
IPERMIENORREA

F. hypermnorrhe. - I. hypermenorrhea. - T. Hyperme


norrhe. - s. hipermenorrea.
Si definisce ipermenorrea una mestruazione pi abbon
dante della norma, sia perch il flusso mestruale persiste
pi a lungo, sia perch esageratamente abbondante. In
genere l'i. si associa a polimenorrea.
Fig. 7. Il probabile processo di formazione della HDL normale
a opera della lecitin-colesterol-aciltransferasi (LCAT) sui dischi

V. MESTRUAZIONE.
RED.

bimolecolari di lecitina, di colesterolo libero e di proteina (area


in nero). Lo schema in alto mostra le dimensioni della lecitina e

del colesterolo libero; il colesterolo raffigurato con un ovale e

IPERMETROPIA

la catena laterale non polare con una linea ondulata; il gruppo


fosforilcolinico polare della lecitina indicato da una linea

F. hypermtropie. - I. hypermetropia. - T. Hypermetropie. s. hipermetropia.

ondulata in
e le catene di acidi grassi da linee in
grigio. Lo schema al centro mostra come sono disposte le
molecole dei dischi nascenti. Lo schema in basso illustra la for

Definizione

mazione di una sfera: gli esteri del colesterolo si formano dall'u


nione di un acido grasso residuo della lecitina col colesterolo li
bero, dando origine alla lisolecitina che viene catturata dall'al

L'ipermetropia un vizio refrattivo in cui, in condizioni


di riposo accomodativo, l'immagine di un punto posto al

bumina plasmatica. La piccola quantit di trigliceridi presenti nel


centro non polare della particella sferica della HDL non ripor

l'infinito si forma dietro la retina (fig. 1).

tata. La disposizione della proteina nel disco e nella sfera


ipotetica.

bambini e diminuisce di entit nel corso dell'infanzia. Nel

L'i. una condizione ottica pressoch normale nei

50% dei casi essa persiste per tutta la vita.


83

84

IPERMETROPIA

tina. B) Occhio
ipermetrope: l'im
magine di un punto

A causa della diminuita ampiezza della camera ante


riore, l'occhio ipermetrope predisposto al glaucoma ad
angolo chiuso.
L'acuit visiva normale nell'i. di lieve entit, quando
l'accomodazione riesce a compensare il difetto refrattivo.
Nell'i. di grado elevato il visus basso anche dopo
correzione ottica, tanto che si pu parlare di ambliopia.

posto all'infinito ha

Dopo correzione, per, nei bambini il visus aumenta pi

il suo fuoco al di l
della retina.

o meno considerevolmente nel giro di alcuni mesi e tanto


pi rapidamente quanto pi il soggetto giovane.

Fig. 1. A) Occhio
emimetrope: l'imma
gine di un punto

posto all'infinito ha
il suo fuoco sulla re

Nel caso di i. di diverso grado nei due occhi (anisome


tropia ipermetropica) l'occhio pi ametrope presenta di
solito un grado pi o meno elevato di ambliopia. Se tale
difetto rilevato entro i primi 6 anni di vita, sar suffi
ciente associare alla correzione ottica l'occlusione dell'oc

chio migliore per sviluppare l'acuit visiva dell'occhio


ambliope. In assenza di un'adeguato e tempestivo tratta
mento, l'occhio pi ipermetrope destinato a rimanere
ambliope, specie se l'anisometropia ha impedito lo svi

luppo della visione binoculare (v. AMBLIOPIA;ANIsoMETRO


PIA).
L'i., anche di medio grado, pu essere alla base di uno
strabismo convergente. Dato che accomodazione e con

vergenza sono due riflessi associati e sinergici, lo sforzo


accomodativo con cui il bambino cerca di superare il di
fetto refrattivo pu portare gli occhi ad un'iperconver
L'i. pu essere dovuta ad una cornea a grande raggio
di curvatura, ad un appiattimento del cristallino (bulbi
ipersviluppati), ad un asse anteroposteriore ridotto (bulbi
iposviluppati). Anche una dislocazione del cristallino al
l'indietro pu essere causa di i.
La maggior parte delle i. non supera le 3 diottrie,
mentre rarissime sono quelle che superano le 10 diottrie.
L'i. di grado lieve si trasmette ereditariamente come
un carattere dominante, talvolta per irregolare.
Classificazione

L'accomodazione svolge un ruolo importante nell'i. Il

tono accomodativo del muscolo ciliare che regola il po


tere refrattivo del cristallino corregge, infatti, una parte

genza. Se tale situazione si verifica, vi impossibilit di


mantenere la visione binoculare e conseguentemente pu
instaurarsi uno strabismo convergente.

La sintomatologia dell'i. varia a seconda dell'entit del


vizio refrattivo.

Nell'i. lieve la sintomatologia assente, soprattutto nei

soggetti giovani in cui l'accomodazione molto efficiente.


Nell'i. di grado pi elevato, la sintomatologia pu es
sere particolarmente marcata a causa del continuo sforzo
accomodativo cui l'occhio sottoposto. Il soggetto ten

der ad allontanare le immagini per poter accomodare


meno, oppure, paradossalmente, le avviciner in maniera
esagerata, simulando una miopia (miopia apparente degli

del vizio di refrazione (i. latente).


La restante parte del difetto refrattivo (i. manifesta)
pu essere a sua volta suddivisa in due componenti: 1) i.

facoltativa, che l'occhio riesce a correggere con uno


sforzo accomodativo; 2) i. assoluta, che non pu essere
vinta dall'accomodazione. La somma dell'i. latente e del
l'i. manifesta si chiama i. totale.
Clinica

L'aspetto dell'occhio con i. rilevante quello di un bulbo


piuttosto piccolo, con una cornea di diametro inferiore
alla norma e una camera anteriore di profondit dimi
nuita. L'esame oftalmoscopico dimostra che la retina ha
dei riflessi caratteristici, particolarmente marcati.
La papilla ottica pu avere nell'i. un aspetto alquanto

simile a quello rilevabile nella neurite ottica (pseudopa


pillite ipermetropica). I margini sono irregolari e indi
stinti, con un colorito rosso-grigiastro; la sfumatura dei
margini papillari accentuata dai marcati riflessi della

retina circostante (fig. 2). L'aspetto a pseudopapillite


congenito e non si accompagna ad una sintomatologia
particolare. La macula pu avere una distanza angolare

dalla papilla maggiore di quanto non accada negli occhi


emmetropi. L'asse visivo, che anche normalmente non
spetto al centro corneale, pu formare nell'ipermetrope

Fig. 2. Occhio ipermetrope di 7 diottrie: la papilla ha un aspetto


iperemico e margini sfumati che simuland una condizione di
papillite. Particolarmente marcati sono i riflessi della retina

un angolo particolarmente ampio (angolo o positivo)

peripapillare.

coincide con l'asse ottico ma cade all'interno di esso ri

tanto da simulare uno strabismo divergente.


85

86

IPERMETROPIA

ipermetropi) sopperendo cos con l'aumento della gran


dezza delle immagini alla loro scarsa nitidezza.
Lo sforzo accomodativo, che particolarmente mar
cato nella visione da vicino, porter a quella serie di di
sturbi che vanno sotto il nome di astenopia accomoda
tiva, caratterizzati da cefalea, nervosismo, bruciore agli

motivo di esistere, tanto pi che esse possono coesistere


tra loro, assieme ad aspetti intermedi. Per questo motivo
la trattazione dell'i. viene discussa per esteso con gli altri
tumori renali sotto l'esponente RENE E BACINETTo, cui si
rimanda il lettore.
RED.

occhi, annebbiamenti visivi transeunti. Il muscolo ciliare

pu rispondere ad uno sforzo prolungato o con un deficit

IPEROSMIA E IPOSMIA

improvviso (annebbiamenti visivi) o con uno spasmo


(miopizzazione dell'occhio). Il riposo sufficiente a far
regredire tale sintomatologia.

F. hyperosmie et hyposmie. - I. hyperosmia and hyposmia.


- T. Hyperosmie und Hyposmie. - s. hiperosmia e hipo

Terapia
L'uso di lenti correttive positive sufficiente a compen
sare l'errore refrattivo.

Normalmente, per, nei bambini con un piccolo di

smia.

Iperosmia
Per iperosmia s'intende una esagerazione della sensibilit
specifica olfattiva, per cui tutti gli odori sono nettamente
e distintamente percepiti, ma con un'intensit tale da re

fetto, acuit visiva e visione binoculare normali, non

care molestia.

necessario prescrivere lenti correttive.


La correzione ottica va invece data quando l'errore di
refrazione superi le 3 diottrie e in presenza di una sinto
matologia astenopeica.
La refrazione va sempre misurata in condizioni di ri
poso del muscolo ciliare, ottenibile, nel modo pi effi
cace, mediante farmaci cicloplegici. La correzione ottica
da prescrivere dovr tener conto dello stato della visione
binoculare: in un soggetto ortoforico la lente prescritta
potr essere di 1 diottria inferiore al valore refrattivo, in
quanto bisogna tener conto del tono accomodativo che si
ripristiner una volta cessata la cicloplegia; nei soggetti
con tendenza allo strabismo convergente, la correzione
sar pi opportunamente totale per evitare qualsiasi
sforzo accomodativo che possa dar luogo ad un'ipercon
vergenza. Talvolta la sintomatologia astenopeica non

L'iperosmia di rado si estende a tutta la gamma delle


sensazioni olfattive: pi spesso elettiva, manifestandosi
solo per alcuni particolari odori a seconda della suscetti
bilit individuale. Nei casi pi accentuati il fenomeno pu
scatenare reazioni riflesse di natura e grado vari, quali:
cefalee, vertigini, fenomeni vasomotori, lipotimie e per
fino collasso.

L'iperosmia dipende a volte da lesioni locali (rinite


acuta, rinite ipertrofica, rinopatia vasomotoria), a volte
da fattori infettivi o tossici, altre volte si riscontra in ma

lattie nervose che coinvolgono le vie e i centri dell'olfatto


(tumori, tabe, paralisi progressiva, lesioni epilettogene, etc.).
Frequente l'iperosmia nelle turbe neuroendocrine che

accompagnano la gravidanza, la menopausa fisiologica o


artificiale, l'ipertiroidismo. Va anche tenuto presente che

essa frequente nei soggetti isterici. , infine, da ricor

vinta dall'uso di lenti: essa va vista allora come un cam

dare l'iperosmia che si presenta in corso di spiccata de

panello di allarme di uno stato di ansiet o di debilita


zione generale e in un tale quadro va trattata.

pressione barometrica (iperosmia degli aviatori).

Bibliografia
Duke-Elder S., System of Ophthalmology, V, 1970, Kimpton,
London.

Paliaga G. P., I vizi di refrazione, 1971, Minerva Medica, To


T1T1O.
GIUSEPPE RAVALICO

IPERNEFROMA

F. hypernphrome. - I. hypernephroma. - T. Hyperne


phrom. - s. hipernefroma.

Iposmia
Col termine iposmia s'intende un indebolimento della ca
pacit olfattoria. Pu essere transitoria o permanente,
totale o parziale (per tutti o solo per alcuni odori), uni
laterale o bilaterale, congenita o acquisita.
L'iposmia congenita in genere, legata ad un'altera
zione dello sviluppo delle vie o dei centri olfattori.
La patogenesi dell'iposmia acquisita di riferire ad
un'alterazione di quelle strutture (vestibolo nasale, cavit
nasali, neuroepitelio olfattorio, vie e centri nervosi), che
concorrono alla funzione olfattiva.

Il termine ipernefroma viene usato in letteratura per in


dicare una particolare forma di neoplasia renale, sia be
nigna che maligna, caratterizzata macroscopicamente da
un colore giallo-solfo del tessuto, e all'esame istologico
da cordoni di cellule pallide o chiare. Questo tumore,
noto anche come tumore di Gravitz, stato denominato

i.. perch, stante il suo aspetto istologico, si riteneva ori


ginasse da residui aberranti di tessuto surrenalico dislo
cati nel rene. In realt l'origine surrenalica dell'i. non
pi sostenuta da alcuno e la somiglianza istologica viene
spiegata con la comune derivazione embriologica del rene
e della corteccia surrenale. L'istogenesi del tumore di
Grawitz un argomento che ha a lungo appassionato i
cancerologi. Attualmente sembra definitivamente accer
tato che questi tumori a cellule chiare derivino dai tu
buli renali, i quali per possono dare origine anche a
neoplasie, peraltro pi tipiche, a cellule scure (v. RENE E
BACINETTo, tumori), e che l'aspetto chiaro sia legato alla
capacit dell'epitelio renale di riassorbire e immagazzi
nare in particolare lipidi e glicogeno. Ne deriva quindi
che la distinzione tra le due forme cellulari non ha pi
87

In riferimento al vestibolo nasale possono essere causa


di iposmia tutte quelle condizioni che impediscono all'a
ria di raggiungere la mucosa olfattoria (perdita della

punta del naso; paralisi dei muscoli alari, stenosi nasale).


Per quanto riguarda le cavit nasali, la cui integrit
necessaria per il libero passaggio delle particelle odoro
vettrici, possono determinare iposmia le seguenti condi
zioni: ipertrofia dei turbinati inferiori e medi, malforma
zioni del setto, anomalie della fessura olfattoria, sinechie,

malformazioni delle coane e del rinofaringe, formazioni


tumorali in genere.
L'integrit del neuroepitelio pu essere compromessa
da fattori tossici o irritativi agenti in loco (caustici, abuso
di tabacco da fiuto, di cocaina, di adrenalinici, etc.), da
processi flogistici acuti o cronici, interessanti la mucosa
nasale; oppure in seguito a malattie infettive generali
(influenza, febbre tifoide, difterite, sifilide) o a turbe
trofiche da compromissione dell'innervazione trigemino
simpatica.
Compromissioni delle vie e dei centri dell'apparato
dell'olfatto possono determinare iposmie. Lesioni delle
88

IPEROSSIA

vie nervose possono conseguire a nevriti tossiche (alcol,

arsenico, piombo, mercurio, etc.), infettive (influenza,

---------------------------

---

---

--------

febbre tifoide, difterite, sifilide, etc.); ad eventi traumatici


(fratture della lamina cribrosa; lesioni da strappamento,
per contraccolpo conseguente a caduta sull'occipite). Le
iposmie di origine centrale possono conseguire a lesioni a

3O2 -

zona

carico del bulbo e delle benderelle o a lesioni delle vie


dell'ipossia

olfattorie nel loro decorso intracerebrale e/o dei centri


olfattori. Nel primo caso l'iposmia pi spesso seconda

5
-

382 -

zona di

tolleranza illimitata

ria a lesioni ossee traumatiche o di altra natura, a fatti

compressivi (tumori, ascessi extra- o intradurali, aneuri


smi vascolari) e pi di rado ad altre cause (processi flo
gistici coinvolgenti i bulbi, involuzione senile, etc.). Nel
secondo caso l'iposmia pu conseguire a processi flogi
stici, degenerativi, distruttivi, neoplastici che si verificano
a carico del S.N.C. (ascessi, emorragie, trombosi, tabe,
paralisi progressiva e soprattutto tumori).
Sono da ricordare, infine, le iposmie funzionali o es
senziali, cio non legate a lesioni anatomopatologiche.
Sono in genere parziali e intermittenti, e nella grande
maggioranza dei casi fanno parte del quadro della nevrosi

to

ZOra

5
3

degli effetti

-Po,- 1ootor

476-

InOr
nninor

Ro* 280 torr,

%
5i

P4

ZO

b7***os.A di tolleranza
585 -

limitata

o di sindromi endocrine.

Una riduzione dell'acuit dell'olfatto si pu avere al


tres in seguito a stimolazione olfattoria intensa e prolun
gata (v. anche: ANOSMIA; OLFATTO).
Bibliografia
Filipo D., Otorinolaringoiatria, I, 1969, UTET, Torino.
Harrison's

le

73
O

1o

2O

3O

4O

5O

6O

7O

8O

9O

1OO

concentrazione di O2 (%)

Fig. 1. Rappresentazione schematica della tolleranza dell'uomo

Internal Medicine, 1977, 8 ed., Blakis

ton, New York.

alle diverse pressioni di O,. Sulle ordinate la pressione barome


trica riportata al netto di 47 torr (pressione del vapore acqueo
saturo a 37C).

RED.

IPEROSSALURIE: v. OSSALOSI.
IPEROSSIA

F. hyperoxie. - I. hyperoxia; hyperoxemia; oxygen poison


ing. - T. Hyperoxmie; Sauerstoffvergiftung. - s. hiperoxia;
hiperoxemia.
SOMMARIO

pu variare entro limiti alquanto ristretti di valore e di


tempo oltre i quali si manifestano fenomeni reattivi di
tipo omeostatico e, successivamente o contemporanea
mente a seconda dell'entit della deviazione, manifesta

zioni patologiche funzionali e organiche. Una diminu


zione di Po, porta a ipossia (v. IPossIA E IPossIEMIA), un
aumento a i. La fascia di valori di Po, alle diverse pres
sioni barometriche tollerabile indefinitamente dall'uomo

Definizione, cenni storici e generalit (col. 89): Iperossia normo


e iperbarica. Iperossia ipobarica. - Effetti sulla funzione respira
toria (col. 92): Effetti sull'apparato respiratorio. - Effetti sull'ap
parato cardiovascolare. - Effetti sul sangue. - Effetti sui tessuti. Effetti sul S.N.C. e sugli organi di senso (col. 99). - Meccanismo

d'azione (col. 100). - Effetto paradossale dell'ossigeno (col.


101). - Cenni sulle applicazioni terapeutiche dell'iperossia (col.
102). - Protezione dall'iperossia (col. 103).

senza danno si andata sempre pi restringendo con il


progredire delle conoscenze sull'argomento (fig. 1). Spe
cialmente grazie alle molte ricerche connesse con il pro

gramma spaziale statunitense (v. sotto: iperossia normo


e iperbarica. Iperossia ipobarica) si visto che una Po, di
solo 250 torr sufficiente, almeno in parte dei soggetti,
per provocare una certa diminuzione del numero di glo
buli rossi, bruciore retrosternale, etc.

Definizione, cenni storici e generalit


S'intende per iperossia l'aumento della pressione parziale
di ossigeno nell'organismo al di sopra del valore fisiolo
gico che si ha respirando aria a 1 atm di pressione. Essa
causata dall'aumento di pressione dello stesso gas nel
l'aria inspirata, e quindi nell'aria alveolare, nel sangue
arterioso e nei tessuti, per effetto di un maggiore conte
nuto percentuale nell'atmosfera o di un incremento note
vole (non metereologico) della pressione barometrica.
Si ha pertanto i durante la respirazione di miscele
aria-ossigeno o di ossigeno al 100% a livello del mare o

anche a pressione barometrica inferiore (tende e inalatori


di O, apparecchi per anestesia e per rianimazione, incu
batrici per neonati prematuri, cabine di alcuni veicoli
spaziali), nel sommozzamento e in altri tipi di attivit su
bacquea e nelle varie applicazioni terapeutiche dell'ossi

genoterapia iperbarica (v. IPERBARICA TERAPIA).


Come per le altre grandezze chimiche, fisiche e fisiolo

giche dell'organismo, la pressione parziale dell'O, (Po)


89

Un aspetto caratteristico dell'i. (in questo e in altro


analoga all'ipossia) la notevole differenza di sensibilit
ad essa delle varie specie animali e dei diversi tessuti e,
anche se in minor grado, di individui della stessa specie:
si va, limitandoci ai Vertebrati, dalla sopravvivenza senza
danni manifesti della Rana esculenta in O, al 100% per
oltre 50 giorni, alla morte della quasi totalit dei topini
albini, nella stessa atmosfera, entro 7 giorni. La fig. 2 il
lustra questa diversa tolleranza nei piccoli mammiferi di
laboratorio, la quale essenzialmente in rapporto con
l'attivit metabolica tessutale (v. meccanismo d'azione,
col. 100). Su tutto ci interferiscono variamente fattori
esogeni quali la temperatura, l'alimentazione, etc.
In linea generale, una concentrazione del 50% in vo
lume di O, a 1 atm ben tollerata, anche dall'uomo, per
vari giorni senza inconvenienti e una del 100% per 12 h
(secondo Comroe et al., fino a 24 h), anche se qualche
soggetto accusa bruciore retrosternale (che pu dipen
dere in buona parte dalla secchezza del gas respirato) o
lieve malessere generale. Invece pressioni elevate di O,
90

IPEROSSIA

formazione di radicali liberi, di perossidi e dei loro derivati nel


criceto
(2O)

l'intossicazione da O, e l'analogia biochimica fra questa e l'ef


fetto delle radiazioni ionizzanti.

ratto
(1OO)

9O

topino

coniglio

(38)

(10)

L'interesse per l'i. si riacceso negli anni '60 in rapporto a


nuovi impieghi terapeutici dell'ossigenoterapia iperbarica (v.
sotto: cenni sulle applicazioni terapeutiche dell'iperossia; v. an
che: IPERBARICA TERAPIA) e all'uso di atmosfere iperossiche nelle

7O

cabine spaziali, almeno fino al 1974.


5O

Iperossia normo- e iperbarica. Iperossia ipobarica


Questi termini e quelli di ossigenazione normobarica e
iperbarica sono entrati nell'uso corrente per designare
rispettivamente un aumento di Po, fino a 1 ata, un au

3O

mento oltre questo valore e infine uno al di sotto di esso.


In molti lavori le tre condizioni (specialmente le prime

1O

2o

3o

ao

so

eo

7o

esposizione a 7 ata O2 (min)

Fig. 2. Sensibilit di varie specie di mammiferi all'intossicazione


da ossigeno iperbarico. Le cifre in parentesi indicano il numero
di animali per gruppo; ata = atmosfere assolute. (Osservazione
Wood, Watson, Ducker, 1967).

due, di maggiore interesse medico) sono considerate


quasi fossero indipendenti, con una sintomatologia pro
pria e specifica interessante prevalentemente la funzione
respiratoria nella i. normobarica e la funzione nervosa in
quella iperbarica. Se questo giustificato da un punto di
vista pratico, lo molto meno sul piano etiopatologico in
quanto la profonda diversit della sintomatologia dipende
dal fatto che le manifestazioni a carico del S.N.C., provo

cate dall'i. iperbarica grave, intervengono cos rapida


provocano manifestazioni gravi di tipo neurologico e
morte in tempo pi o meno breve. Ad es., 4 ata (atmo
sfere assolute) di O, provocano gi dopo 15-20 min nel
l'uomo manifestazioni irritative del S.N.C., seguite da
convulsioni. La maggior parte dei mammiferi muore, a
quella pressione, entro qualche ora.
La tolleranza all'i. maggiore negli animali di sesso
femminile e in quelli neonati, o dopo la maturazione

sessuale (ricerche di Berry et al., sul topino, 1977).


E ammesso dalla maggioranza degli AA. che l'intossi
cazione da O, dipende veramente dagli effetti dell'au
mentata pressione di questo gas e non dall'assenza di
molecole di gas inerti (No, He, etc.), anche se esistono
voci discordi (Kloek et al., 1976-78). La presenza di

mente e sono cos rilevanti da causare la morte dell'ani

male in tempi largamente inferiori a quelli necessari alla


comparsa dei danni polmonari, ematologici, etc. E, reci
procamente, queste lesioni respiratorie, che sono tipiche
dell'i. normobarica, ostacolano progressivamente la dif
fusione alveolo-capillare di O, e quindi proteggono
S.N.C. e altri apparati dagli effetti dell'i.

chiarificatrice, a questo proposito, la relazione fra


grado di i. e tempo di comparsa delle manifestazioni pa
tologiche (fig. 3) che esprime la continuit di questo rap
porto.

azoto, invece, influisce notevolmente sulla velocit di

Per una pi immediata comprensione dei rapporti tra


la concentrazione di un gas in una miscela e la sua
Fg . PB
in
pressione parziale, ricordiamo che Pg=

propagazione della fiamma in caso di incendio, per cui

cui Pg= pressione parziale del gas in esame; Fg= con

un'atmosfera di ossigeno, anche a pressione subatmosfe


rica, molto pericolosa in ambiente confinato (v. sPA
ZIALE MEDICINA).

centrazione nella miscela; PB = pressione barometrica.


Effetti sulla funzione respiratoria

La funzione respiratoria, intesa nel suo significato glo


Le prime osservazioni su un possibile effetto dannoso dell'i. si
devono proprio ai due scienziati che nel 1774 scoprirono con
temporaneamente, ma indipendentemente, l'O, gassoso, J.
Priestley e C. W. Scheele: il primo riteneva che l'aria pura
priva di flogisto [cio l'ossigeno] potrebbe non essere tanto ido
nea per noi poich, come una candela brucia pi rapidamente in
essa che in aria normale, potrebbe darsi che si viva troppo in
tensamente e che le funzioni si esauriscano troppo rapidamente
in un'aria molto pura; il secondo dimostr che piante di piselli
possono germogliare in O, puro ma che lo sviluppo viene suc
cessivamente inibito. Si devono a P. Bert (1873) le osservazioni
sperimentali concernenti i gravi disturbi nervosi, seguiti da

bale, interessata per prima e direttamente, in tempi in

6OOO

5OOO
4OOO

3000
2OOO

morte, provocati dall'i. iperbarica; a J. L. Smith (1899) la no


zione che anche la respirazione di O, al 100% ad 1 ata, pro
tratta per alcuni giorni, pu portare a morte l'animale e la do
cumentazione delle lesioni polmonari caratteristiche di quella
condizione. L. Hill e J. J. R. Macleod (1903) studiarono l'in
fluenza dell'i. sugli scambi respiratori; esperimenti sull'uomo si

livello del mare

devono, oltre che a Jourdanet e a P. Bert, a Bornstein e Stroink

(1912), i quali dimostrarono su s stessi la possibilit di sop


portare senza danno Po, = 3 ata per 45 min in stato di riposo

3O

6O

9O

12O

15O

18o

21O

24O

27O

durata dell'esposizione (ore)

(il lavoro caus forti crampi ai muscoli in attivit). Gesell (1923)


emise l'ipotesi che la mancata riduzione dell'emoglobina osta
colasse il trasporto del CO, provocando grave acidosi nei tessuti,

Fig. 3. Rapporto fra la pressione parziale dell'ossigeno nell'aria

interpretazione sostenuta sperimentalmente da J. A. Campbell

di nell'ambiente e il tempo di comparsa di sintomi


indicanti intossicazione da O,. I valori
sul diagramma

(1924 e segg.).
Si devono a R. Gerschman et al. (1952 e segg.) una serie di

o a dati sperimentali di vari AA. (Da B. E

Welch,

pregevoli ricerche che hanno messo in luce l'importanza della


91

92

IPEROSSIA

60% O2

aria

Fig. 4. Andamento del consumo


di O, nel topino respirante mi
scela al 60% (diagramma supe

riore) e all'80%, C, (diagramma


inferiore). La linea sottile cor
risponde agli animali di con
trollo, la linea
alg
po
sperimentale. (Da G.
O
shikhin, 1966).

11

-----------

13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 4

43 45

47

T-r

49

giorni

80% O2

aria

giorni

versamente proporzionali, all'innalzamento di Po. Con


siderando il consumo di ossigeno come espressione com
plessiva di questa funzione, si vede che per Po, = 300
torr esso pu aumentare lievemente nei primi 2-3 giorni,
ma torna presto ai valori normali e vi rimane per tempi
indefiniti dell'ordine del mese; se Po, = 450 torr, l'au
mento prosegue per una ventina di giorni, raggiungendo
l'80%; poi il consumo diminuisce lentamente andando al
di sotto del valore iniziale (fig. 4). Se Po, 600 torr o
superiore, il decremento di consumo avviene dal primo
giorno e prosegue fino alla morte dell'animale. Anche la
respirazione di tessuti di coniglio in vitro subisce un de
cremento in funzione di Po, tanto pi rilevante quanto
pi elevato il consumo di base (S. Fati et al., 1965). In
generale, tutte le condizioni e sostanze (farmaci, enzimi,
ormoni, etc.) che incrementano il metabolismo o che fa
cilitano l'apporto di O, ai tessuti rendono pi precoce la
comparsa dei sintomi o ne accentuano la gravit e vice
VCTSa.

Effetti sull'apparato respiratorio


La completa sostituzione dell'aria con O, negli alveoli
polmonari, asportando le molecole di N, che abitual

mente rappresentano ca. i 4/5 del contenuto alveolare,


sopprime uno dei fattori di distensione dell'alveolo e,
specialmente nelle zone poco o male ventilate, si ha una
rapida diffusione dell'O, ai capillari e facile collabimento
delle pareti alveolari, con atelettasia. Ricordiamo, per l'a
nalogia del fenomeno, che lo stesso effetto si pu osser
vare a carico dell'orecchio medio ed responsabile dei
dolori auricolari talvolta lamentati da individui con cat

tiva funzione tubarica sottoposti ad ossigenoterapia.


L'i. ha un effetto sfavorevole sulla velocit di elimina

zione del muco nelle prime vie respiratorie (verosimil


mente influenzando la motilit ciliare). A carico delle
cellule epiteliali tracheali sono state dimostrate la perdita
di microvilli dopo 48 h di C, al 100% e modificazioni
della membrana esterna delle ciglia, fatti che contribui
scono alla mucostasi. Essa, inoltre, diminuisce l'attivit

del tensioattivo alveolare, altra causa, quindi, di ateletta


sia. La tensione superficiale di pellicole ottenute da
estratti di polmone di ratto, che normalmente intorno a
20 dine/cm2, sale a ca. 35 dine /cm2 negli animali sotto
93

posti a 5 ata di O,. Anche nell'uomo si osserva un effetto


analogo e sembra che la sindrome delle membrane ialine
del neonato prematuro sia aggravata dall'i. Come si ac
cennato, nei soggetti umani concentrazioni dal 60 al
100% (Po, di 450-760 torr) sono ben tollerate per ca.
12 h, anche se alcuni lamentano dolenzia retrosternale e

maggiore faticabilit. Le prime alterazioni dovrebbero


cominciare entro 14-16 h nel caso dell'O, al 100%. Fon
damentali esperimenti di H. G. Clamann e H. Becker
Freiseng (1939) dimostrarono la comparsa di fenomeni
iperemici e infiammatori a carico delle vie respiratorie,
del parenchima polmonare e della pleura, che in ca. 48 h
assumono i caratteri clinici di una broncopolmonite con
febbre elevata, tachicardia, vomito. L'attivit dei macro

fagi alveolari nel topino nei confronti dello Staphylococ


cus aureus diminuisce al 60% del valore normale dopo
48 h di O, 100% e al 40% dopo 72 h.
Dal punto di vista funzionale, si ha una modica e in
costante diminuzione della ventilazione polmonare, che
invece notevole nei soggetti con insufficienza ventilato
ria e negli animali resi ipossici: in questi si osserva una
contemporanea netta diminuzione della frequenza di sca
rica dai chemocettori carotidei. Questi dati, e ricerche di

fisiologia clinica anche recenti, confermano la validit


diagnostica delle prove funzionali respiratorie fondate
sull'uso di miscele a varia concentrazione di O, a riposo e
durante esercizio muscolare (Knipping, 1938-1953, con
le modifiche di Scoz e di G. Di Maria).
In generale, nei soggetti con ottima efficienza respira
toria il consumo di O, rimane praticamente invariato a
riposo e durante lavoro di media entit in rapporto al
contenuto di O, della miscela inspirata; ma anche in
questi si osserva un aumento intorno all'8% della mas
sima capacit aerobica durante respirazione di O, al
100% (R. Margaria et al., 1972).
Di scarso rilievo le piccole variazioni della capacit vi
tale. Le pressioni parziali di O, nel sangue arterioso, in
quello venoso e nella linfa (quest'ultima dovrebbe rispec
chiare la pressione parziale di vari tessuti) sono riportate
in fig. 5. Nella terza condizione raffigurata (i. iperbarica)
vi anche un incremento della tensione di CO, che au
menta del 50% ca. nel sangue arterioso e del 100% nel
venoso e nella linfa, con mantenimento del gradiente di
94

IPEROSSIA

respiratori attraverso gli alveoli e quindi della progressiva


ipercapnia e ipossia che si hanno nella i. cronica.

Po(tor)
23OO -

--

2OOO -

Effetti sull'apparato cardiovascolare


sangue arterioso

15OO-

1OOO -

5OO

2oo

13o
1OO -

-------

sangue venosN.

-o

Il fenomeno conosciuto da maggior tempo e pi studiato


la bradicardia: in generale, essa compare in tempi sem
pre pi brevi (ed pi accentuata) quanto pi elevata
la pressione parziale di O,. Anche concentrazioni del
40% la provocano, sia pure dopo molti giorni di esposi
zione. Respirando il 100% di O, si ha una diminuzione
media di frequenza cardiaca del 9% entro pochi min
(Meda e Alella, 1949) in rapporto all'aumento di durata
della diastole; la comparsa del fenomeno impedita dalla
somministrazione di atropina e, in genere, dal blocco dei
vaghi (senza che ci modifichi la tolleranza all'i.). Questa
rarefazione delle pulsazioni non dura molto e, dopo un
numero di ore variabile a seconda della specie studiata,
termina e viene lentamente sostituito da un aumento

progressivo (nell'uomo, mediamente, dopo 24 h) che


tempo (min)

20

40

6O

TI

1OO

8O

200

gas inspirato 21%O2-1oo%O2----------atmosfere

-1-

Fig. 5. Tensione di O, nel sangue arterioso, venoso e nella linfa


di un cane in tre condizioni di ossigenazione crescente. (Da E.
Bergofsky et al., 1964).

corrisponde alla comparsa dei primi disturbi.


L'ECG presenta aumento dell'intervallo T-P, con lievi
modifiche della velocit di conduzione e della durata

delle diverse onde, diminuzione di voltaggio della P (ta


lora inversione), aumento di voltaggio della R e della T.
La gettata sistolica presenta di regola una modica dimi
nuzione e, per la contemporanea bradicardia, la gettata
cardiaca decresce sensibilmente. Lievi e non univoche le

CO, fra tessuti e sangue venoso. A livello della corteccia


cerebrale, respirando miscela al 40% di O, (ca. 300
torr), la Po, intorno a 200 torr e con O, al 100% (760
torr) non raggiunge i 300; ma se vi stata in precedenza
una notevole ipossia, la Po, corticale sale a 600-700 torr
(D. H. Ingvar et al., 1960).
Le alterazioni anatomo- e istopatologiche dell'apparato
respiratorio sono particolarmente importanti. In una
prima fase i polmoni sono ingrossati e pesanti, con pic
cole quantit di liquido schiumoso sulla superficie di ta
glio e manifesta iperemia; pu esservi lieve versamento
pleurico. Al microscopio si osservano edema parcellare
degli spazi alveolari, congestione dei capillari polmonari e
dilatazione degli spazi linfatici perivascolari, che spesso
contengono un essudato fibrinoide (non raramente osser
vabile anche nel lume alveolare).
In una seconda fase, pi breve, caratterizzata prima
della morte da segni di grave insufficienza respiratoria
(dispnea, ortopnea, respiro spasmodico, profonde altera
zioni ipossiche dell'ECG), i polmoni sono ingrossati,
edematosi, la superficie pleurica cosparsa di chiazze
rosse, presenti anche sulla superficie di taglio del paren
chima. I margini polmonari sono spesso enfisematosi e
bronchi e trachea possono essere pieni di liquido rossa
stro schiumoso. Istologicamente, si osservano: essuda
zione alveolare, con leucociti ed eritrociti, che pu riem
pire completamente gruppi di alveoli; zone di degenera
zione ialina delle pareti alveolari e bronchiolari, le quali
ultime presentano esfoliazione e necrosi dell'epitelio.
Alterazioni siffatte possono aversi anche in seguito ad
esposizione discontinua, ad es. per 8 h al giorno, purch
protratta per mesi. Esse sono dovute verosimilmente al
l'azione di vari fattori: alterazioni circolatorie polmonari
con stasi, ostacolata ventilazione di gruppi di alveoli per
atelettasia da O, formazione di tappi mucoidi in piccoli
bronchi. Sono aggravate dalla somministrazione di
ACTH e di cortisone, attenuate dall'ipofisectomia e dalla
somministrazione di neuroplegici e, in ogni caso, danno
ragione del progressivo ostacolo alla diffusione dei gas
95

variazioni della pressione arteriosa. Si ritiene che l'i. pro


vochi una certa vasocostrizione coronarica. Sperimental
mente si visto, nel ratto a pericardio aperto, che la re
spirazione di O, al 100% per 1 h causa diminuzione della

distanza intercapillare (da ca. 23 a 19 pm) e aumento del


numero dei capillari pervi (da ca. 1900 a 2800 per mm).
Il fenomeno interpretato dall'A. (J. Bourdeau-Martini,

1971) come espressione dell'indipendenza della regola


zione tonica delle poche fibrocellule muscolari lisce for
manti gli sfinteri precapillari (che in rapporto con le
condizioni dei tessuti circostanti e non possiede innerva
zione vasocostrittrice) dal governo nervoso che invece re
gola la tonaca muscolare dei vasi arteriosi.
Con la stessa concentrazione di C), si avrebbe una di
minuzione media del 13% nell'irrorazione sanguigna del
l'encefalo, almeno fino a quando l'effetto tossico dell'i.

sulla muscolatura vascolare e/o l'ipercapnia che inter


viene nelle esposizioni protratte non determinano vaso
dilatazione, con risultante brusco aumento di portata e
quindi innalzamento di Po, al di sopra della soglia di
tossicit per il tessuto nervoso encefalico e scatenamento
di manifestazioni elettroencefalografiche e motorie.
Effetti sul sangue
Nella tab. I sono trascritti comparativamente i valori con
cernenti i gas respiratori nell'aria alveolare e nel sangue
ventilando aria normale oppure O, al 100%. I dati si
prestano ad interessanti considerazioni: le propriet del
l'emoglobina (v.; v. anche: RESPIRAZIONE), espresse dalla
curva di dissociazione per l'O, del sangue, fanno s che la
respirazione di O, pur aumentando di oltre 6 volte la
Pao, non pu innalzare la saturazione (cio il rapporto

HbO,/HHb) se non del residuo 3% fisiologicamente in


saturo respirando aria; anche la frazione di gas sciolto,
stante la sua scarsa solubilit nel plasma, aumenta poco,
con il risultato che il contenuto totale di C), nel sangue
arterioso ha un incremento intorno all'11%.

Sembra questo un meccanismo di difesa contro l'i. ma


la sua efficacia limitata dal fatto che la pressione del

l'O, sciolto molto elevata e di consguenza la velocit


96

IPEROSSIA

TAB, I,

PRESSIONE DEI GAS E ALTRE GRANDEZZE NELL'ARIA ALVEOLARE E NEL SANGUE DI SOGGETTI

RESPIRANTI ARIA OPPURE O, AL 100% A LIVELLO DEL MARE (1)

(da J. H. Comroe: Physiology of respiration, 1974)


Gas(secco)
inspirato
aria

Gas alveolare

O,

aria

O,

aria

Po, torr
Pco, torr
PHo torr
PN, torr (inclusi
gas rari)

0,3
0,0
600,6

760
0
0
0

104
40
47

673
40
47

104
40
47

569

569

P totale torr

7600

760

760

760

760
98

159,1

Saturazione O,%
O, disciolto ml%
O, legato all'Hb ml%
contenuto totale O,

(e
to
(2)

arte

0,31
1970
2001

O,

673
40
47
0

Sangue arterioso

aria |

aria

573 ()

640
40
47
0

40
46
47
573

760

760

727

706

100

97

100

75

2,02

20,10
22,12

100
40
47

o,

0,30 | ' 1,92


20,10
22,02

19,50
19,80

0,12
1507
15,19

e canillare

O,

53,5
46
47

146,5
85,5
0,16

17,19
17,35

(1) I valori soprariportati si riferiscono all'uomo sano con contenuto emoglobinico di 15 g/100 ml di sangue, ventilazione alveolare di 4,3 l/min, con
sumo di O, di 250 ml/min e quoziente respiratorio 0,80. Si sono presupposti costanti nelle due condizioni il consumo di O, e la differenza A-V in O,
(4,6 ml O, /100 ml sangue).
(2) Per sangue arterializzato s'intende quello dei capillari polmonari dal lato venoso, cio prima dello shunt fisiologico, che stato considerato solo
del 2%o.

(3) La PN, nel sangue alquanto superiore a quella del gas alveolare misto a causa della discrepanza nel rapporto ventilazione/perfusione in alcune
zone del polmone anche del tutto normale.

di diffusione al liquido interstiziale e alle cellule deve


crescere proporzionalmente. La saturazione del sangue
venoso, essendo oltre l'85%, causa decremento nel tra
sporto della CO, poich diminuisce l'affinit dell'Hb per
questo gas. Considerando, infine, la somma delle pres
sioni dei gas disciolti, vediamo che essa scende nel san
gue venoso, a causa dell'assenza dell'N, dal fisiologico
valore di 706 torr a solo 146,5. Il quadro descritto si
modifica nel tempo: infatti, la Pao, che raggiunge il suo
valore da ca. 500 a oltre 600 torr in ca. 2 min, diminui

sce alquanto gi dalle prime 24 h e la saturazione in O,


del sangue arterioso decresce s che, in 4 giornata e nel

coniglio, pu scendere all'85%. Se per l'O, respirato a

Effetti sui tessuti

I sistemi di trasporto di elettroni all'O, (accettore finale),


esistenti nei mitocondri, funzionano bene a Po, 2- 1 torr

e sono ostacolati da pressioni inferiori ma anche da su


periori. Ci dimostrato dal decremento nel consumo di
O, in vivo dopo 3-4 h di respirazione del 100% O, e in
vitro sui tessuti diversi, in particolare quello nervoso e

cardiaco. Si ritiene che questo rallentamento delle ossida

zioni cellulari sia in rapporto con l'inattivazione e/o l'ini


bizione di vari enzimi, il che causa, fra l'altro, minore
formazione di ATP. dimostrato che sono sensibili all'i.

le deidrogenasi attive sull'ac. succinico, ac. lattico, ac.


malico, ac. L (--)glutammico, ac. o-chetoglutarico e sulla

una pressione di 3 ata, la sua pressione nel sangue arte

colina, nonch le ossidasi attive sui D-aminoacidi, sull'ac.

rioso sale da 1700 a oltre 2000 torr e nel venoso da 300

piruvico e sulla xantina, l'ureasi, la colinacetilasi, etc.


Una parte importante svolgerebbe la superossidodismu
tasi. In generale, sono particolarmente sensibili quelli che
contengono gruppi sulfidrilici che vengono inattivati se

a ca. 500 torr, essendo la frazione disciolta di ca. 6 ml%:

ci significa che tutto l'O, necessario per il metabolismo


di un soggetto a riposo trasportato dal plasma e il san
gue venoso rimane praticamente saturo in O, e non in
grado di portare la frazione della CO, normalmente legata
all'emoglobina ridotta, il cui potere tampone decresce.
Ne consegue una tendenza all'acidosi, rivelata anche dal

condo la reazione
ossidazione

2 EnSH -- EnSSEn --2H


riduzione

l'aumento del lattato nella linfa.

L'i. provoca, a partire da Poe intorno ai 380 torr, una


certa diminuzione nel numero degli eritrociti, dei retico

la quale diviene irreversibile se l'i. protratta.


Le colture cellulari presentano, anche per valori della Po

lociti e rallentamento nella velocit di formazione dell'e

di poco superiori al normale, inibizione della crescita e

moglobina. Il fenomeno ha avuto recenti conferme sul

delle divisioni cellulari; sufficiente un aumento del 5%

l'uomo esposto fino a 84 giorni a 250 torrO, -- 100 torr


N, (volo dello Skylab 4) e va dal 7 al 14% di decre

perch si abbia un apprezzabile ritardo; la causa di que


sta differente sensibilit rispetto all'animale in toto risiede

mento eritrocitario; in questo caso peraltro interferiva la

verosimilmente nel fatto che la Po, tessutale, nel secondo

contemporanea condizione di imponderabilit (v. sPAZIALE


MEDICINA). Nei globuli rossi di topini esposti a 4 ata C), si
osservano perossidazione dei lipidi e formazione di HO,
se l'alimentazione carente di tocoferolo; questi feno
meni avvengono prima e sono probabilmente causa del
l'emolisi, la quale interviene dopo un certo tempo anche
se l'animale riportato in aria normale.

caso, molto pi bassa della Poe inspirato (vie respirato


rie escluse). Quando la concentrazione giunge al 95%, la
crescita si arresta quasi del tutto e anche la velocit di
sintesi del DNA, RNA e proteine molto ridotta.Si tor
ner su alcuni di questi fenomeni nel paragrafo sul mec
canismo d'azione dell'i. (v. col. 100).

Nel ratto sottoposto a i. normobarica fino a 72 h, gli

netiche cellulari. Antiche ricerche di Fischer e Andersen

animali sopravvissuti mostrano una diminuzione dello io


dio legato alle proteine del siero, tanto maggiore quanto
pi protratta l'esposizione.

essa delle cellule tumorali, fatto confermato da Churchill

L'i. eserciterebbe anche effetti sulle caratteristiche ge

(1926) avrebbero dimostrato una speciale sensibilit ad


Davidson, Sanger e Thomlinson (1955).
98

97

4. - VIII.

IPEROSSIA

Effetti sul S.N.C. e sugli organi di senso


In questo campo sono ancor pi manifeste le differenze
dovute alla specie e allo stato dell'individuo e quelle in
rapporto a condizioni alimentari o ambientali pregresse.
Quando la Po, sufficientemente elevata, ad es. 1 ata O,
(ma nella letteratura mancano valori univoci per la soglia
delle convulsioni), sintomi neurologici compaiono nel
l'uomo dopo 7-8 h e consistono in tremori delle estre
mit, contrazioni fascicolari di alcuni muscoli, particolar
mente dell'orbicolare delle labbra, imprecisione nei mo
vimenti, nausea; successivamente, si possono osservare a
intervalli scosse cloniche degli arti. Se l'i. protratta, il
soggetto diviene sonnolento, pu andare incontro a par
estesie e ad allucinazioni di vario tipo. L'EEG mostra in
genere variazioni di voltaggio delle onde alfa, raramente
onde di bassa frequenza e onde theta. Non sono state
descritte variazioni nella pressione del liquor.
Per Po, da 3 ata in su, in tempi generalmente inferiori
ai 60 min e precedute dai disturbi suaccennati, talora con
carattere di aura, in sequenza tanto pi abbreviata
quanto maggiore sia la pressione, compaiono crisi convulsive
tonico-cloniche, con un quadro elettroencefalografico e
clinico praticamente sovrapponibile a quello dell'epiles
sia. Esse durano un paio di min e sono intervallate da
periodi di calma di ca. 5 min. La variabilit individuale
elevata: soggetti umani hanno presentato convulsioni in
13-16 min a pressioni di O, intorno a 2,2 ata, ma altri le
hanno sopportate per oltre 3 h pur avendo vertigini,
nausea e segni di imminente collasso. A 5,3 ata le con
vulsioni possono apparire bruscamente entro 5 min. Ba
tini et al. (1954) ne hanno potuto dimostrare l'origine
essenzialmente piramidale.
Nell'EEG compaiono rare onde lente, che si ripetono a
gruppi fino all'accesso convulsivo, caratterizzato nel gatto

da onde di crescente ampiezza con frequenza 15-18/sec.


La scarica motoria seguita da una fase di completo si
lenzio elettrico.

Il lavoro muscolare, l'immersione in acqua (v. sUBAC

dimostrata anche dall'effetto protettivo degli alcaloidi


della segale cornuta e da quello aggravante dimostrato
dalla reserpina. L'i. causa variazioni nel contenuto del

l'ac. y-aminobutirrico, dell'ac. glutammico, della glutam


mina, dell'ac. aspartico, dell'alanina, della treonina, della
cistina nell'encefalo, le quali variazioni sono diverse di

segno e di sede nella fase pre-parossistica e in quella


delle convulsioni; tali variazioni mancano in ambedue le

fasi per altri aminoacidi (valina, leucina, serina e glicina).


Importante l'andamento della concentrazione di questi
composti, giacch, ad es., la glutammina aumenta in
modo rapidissimo nelle prime ore e poi lentamente e di
poco fino alla 24 h, per restare immutata successiva
mente; invece il contenuto in glutammato poco influen
zato nelle prime h e il GABA sale al 50% del valore
massimo, che raggiunto dopo ca. 50 h, per poi scen
dere (dapprima rapidamente), sicch intorno alle 103 h di

esposizione tornato quasi ai valori iniziali (Schfer,


1978). Vi quindi, un accresciuto metabolismo di vari
aminoacidi e un accentuato catabolismo proteico.
Molto importanti nella pratica ossigenoterapica sono
gli effetti sull'occhio. Questi si osservano quasi esclusiva
mente nei neonati prematuri posti in incubatrici con atmo
sfera di O, all'80% e consistono in quella grave alte

razione nota come fibroplasia retrolenticolare che pu


portare a cecit. Sembra che nel meccanismo patogene
tico sia essenziale il frequente passaggio da i. a normossia

(o anche a ipossia, stante le condizioni respiratorie di


questi neonati), e viceversa, con danno tessutale diretto e

mediato per le concomitanti alterazioni vascolari. stato


descritto anche qualche raro caso di cecit in adulti,
come quello riportato da Kobayashi (1972), riguardante
un uomo affetto da miastenia grave con insufficienza re

spiratoria estrema e trattato con ventilazione artificiale di


O, all'80% per 150 giorni: la cecit insorse verso la fine
di questo periodo con un quadro oftalmoscopico di co
strizione arteriolare e neoformazione di una guaina
bianca intorno a questi vasi, praticamente occlusi. La
cessazione dell'i. consent un minimo ricupero funzionale
solo di un occhio.

QUEA MEDICINA) le variazioni di temperatura ambiente e


l'aumento di concentrazione di CO, nell'aria inspirata
abbreviano il tempo di comparsa degli accessi convulsivi.

Meccanismo d'azione

Un dato molto controverso l'eventuale influenza eser

Pur disponendo di una mole notevolissima di ricerche, gli

citata dalla presenza di una pressione pi o meno elevata


di N, o di altro gas inerte (He, Ar) sulla tolleranza all'i.

intimi della tossicit dell'O, anche perch questi non

verosimile che le differenze descritte (beneficio sulla

sono sempre gli stessi per i diversi tessuti e ai diversi li

sopravvivenza e sulla vacuolizzazione del proencefalo di


Drosophila, nessun effetto nel topo) siano da attribuire
essenzialmente alla specie studiata e al metodo speri
mentale, ma sembra lecito concludere che la presenza di
un gas inerte non appare determinante.
Molte ricerche riguardano l'andamento delle tensioni
di C), e CO, e il contenuto di vari aminoacidi nell'ence
falo e nelle sue varie parti. Nell'i. normobarica, la Po,
nella corteccia cerebrale del gatto aumenta del 50%; la
respirazione di O, a 7 ata provoca innalzamenti medi di
Po, relativamente modesti (2 -- 3 volte il valore nor
mossico) ma con notevolissime differenze regionali che

velli di i. Indubbiamente, nella forma normobarica pro

vanno da 0,5 volte nella corteccia a 2-5 volte nel talamo


e a ben 8-9 volte nella formazione reticolare. Queste

pressioni presentano variazioni, in genere in aumento, in


corrispondenza della prima scarica elettroencefalografica.
Vari AA. segnalano l'importanza di un'ipossia grave im
mediatamente precedente, a causa della quale la Po, cor
ticale raddoppia respirando miscela al 40% di O, e di
viene 6-7 volte superiore con il 100% di O, e ci stato
considerato conseguenza della cosiddetta iperemia reat
tiva postipossica. L'influenza del grado di irrorazione
99

studiosi hanno potuto spiegare solo in parte i meccanismi

tratta, gli effetti sull'apparato respiratorio condizionano


la successiva evoluzione dell'i. nell'organismo in toto. In
fatti, le lesioni alveolo-capillari determinano un progres
sivo ostacolo alla diffusione dei gas respiratori e quindi,

in tempo pi o meno breve a seconda del grado di i.,


ipossia e ipercapnia (fig. 6) nell'ambiente interno, le quali
divengono, in ultima analisi, responsabili della morte del
l'animale. A differenza di quanto avviene in altre condi
zioni, non sembra che le alterazioni del sangue e dei

tessuti portino al versamento in circolo di sostanze in


grado di dare manifestazioni di tipo iperossico, come
dimostrato dall'effetto nullo di siero di sangue di animali
esposti a i. iniettato in altri animali.
A livello cellulare l'i. provoca alterazioni del metabo
lismo specialmente degli aminoacidi e dei lipidi. Gli ef
fetti dannosi si manifestano gi sulla membrana per le

alterazioni dovute alla perossidazione della frazione lipi


dica; nel citoplasma, ma soprattutto nei mitocondri, si
svolgono gli effetti pi gravi quali l'inattivazione di en
zimi contenenti gruppi sulfidrilici essenziali per la loro
azione, l'inibizione delle flavoproteine contenenti SH e
100

IPEROSSIA

Dal 1940 al 1950 le ricerche furono orientate prevalente


Potoro

Fco

35O

(torr)
1OO

3OO

9O

Fo,
25O

8O

2OO

7o

fco,

15O

6O

o-o

1OO

5O
T

2O

4O

6O

8O

1OO

Fig. 6. Andamento delle pressioni parziali di O, e di CO, nel

arterioso respirando O, al 100%. (Da Schfer e Citoler,

mente ad indagare il meccanismo attraverso il quale il fenomeno


si svolge, anche perch esso andato assumendo un'importanza

sempre maggiore anche in altri campi (anestesia, medicina dello


sport, etc.). Schmidt e Comroe (1940) segnalarono l'analogia di
questa condizione con la brusca cessazione dell'asfissia per ef
fetto della tracheotomia (nel qual caso si possono osservare ef
fetti simili). Grandpierre e coll. (1948, 1950) hanno apportato
contributi sperimentali all'interpretazione del fenomeno. Se
condo questi AA., la ventilazione polmonare nel cane cloralo
sato diminuisce di frequenza e di ampiezza e spesso presenta un
periodo apnoico passando dal 3 al 100% di O. Henderson
(1924) riteneva ci dovuto alla somma degli effetti ancora per
sistenti dell'acapnia ipossica, con ipoeccitabilit del centro re
spiratorio, e della cessazione dell'eccitamento riflesso dai che
mocettori. Grandpierre e coll. propendono verso l'ipotesi di una
depressione funzionale del centro respiratorio dovuta all'ipossia,
che si rende manifesta quando cessa l'eccitamento riflesso.

La frequenza cardiaca diminuisce di ca. il 15% rispetto


al valore in ipossia e la pressione arteriosa del 20-25%: il
primo fenomeno sarebbe di origine centrale, il secondo di
natura riflessa.

Fe, l'ossidazione del coenzima A e di altri con solfidrili,

l'ossidazione del glutatione, dell'ac. ascorbico e di com


posti implicati nei processi ossidoriduttivi. Si tratta, per
tanto, di fenomeni complessi interessanti molti sistemi
metabolici, alla cui base sta, quasi certamente, la forma
zione di radicali liberi quali OH, O, H, O., di HO,, cio
di energici ossidanti capaci di agire su qualsiasi composto
organico.
La formazione di H, O,, in particolare, favorita dalla
presenza di tracce di metalli, specialmente rame. Ci po

Le funzioni nervose sono anch'esse alterate: la prova


di scrittura dimostra un netto peggioramento di esecu
zione, compaiono tremori, euforia eccessiva, parestesie
agli arti, alterazioni visive.

Non pochi dati clinici confermano che la respirazione


di O, dal 50% in su pu provocare disturbi notevoli, an
che se temporanei, in soggetti con pregressa ipossia cro
nica. Ci avviene specialmente in alcune cardiopatie, nel
l'enfisema e nella fibrosi polmonare: l'i. provoca allora
cefalea, depressione, anomalie del comportamento e, in
qualche caso, agitazione, delirio, scosse convulsive op

trebbe spiegare l'azione protettiva svolta nei confronti

pure sonno profondo e stato comatoso. Questa sintoma

dell'i. da vari agenti chelanti. Da tempo, in particolare ad


opera della Gerschman (1953-1959), stata messa in evi
denza l'analogia degli effetti biochimici dell'i. con quelli
prodotti dalle radiazioni ionizzanti.

tologia si attenua progressivamente in 2-4 giorni (in un


caso un soggetto dorm per 7 giorni) e la coscienza, la

Effetto paradossale dell'ossigeno


La locuzione effetto paradossale dell'ossigeno o post

ipossico (action paradoxale de l'oxygne; posthypoxic


paradox effect; Paradoxeffect der Sauerstoffgabe) denota
un fenomeno notevole e brusco che si verifica in rari casi

immediatamente dopo il ritorno alla norma della Pao. Esso


un'accentuazione di reazioni normali, difficilmente ri

velabili nella maggior parte dei soggetti, che si hanno per


effetto del passaggio da uno stato ipossico ad uno di ab
bondante ossigenazione e talora anche di ossigenazione

motilit e l'umore tornano normali, con tendenza all'eu

foria. Fatti del genere non si osservano nei soggetti sani.


Per spiegare questi fenomeni stata avanzata l'ipotesi
che l'ipercapnia provocata dall'ipoventilazione alveolare
cronica determini una minore eccitabilit del centro re

spiratorio al suo stimolo fisiologico e che la ventilazione


sia mantenuta ad un livello adeguato, per via riflessa,
dalla lieve ipossiemia. Di conseguenza, eliminando questa
con l'aumento della Po, si provocherebbero un'ulteriore
ipoventilazione alveolare e una pi grave ipercapnia che
deprimerebbe il centro.
Un meccanismo che interviene certamente la risposta
vascolare, almeno a livello di circolazione encefalica, che

normale.

porta ad aumento rilevante e brusco della Poe corticale e

Il passaggio da uno stato di ipossia pi o meno grave


alla i. pu avvenire non raramente nel campo dell'ane
stesia, della rianimazione, nell'ossigenoterapia di gravi
deficit respiratori e cardiocircolatori e nel volo ad alta
quota. Contrariamente a quanto potrebbe ritenersi, la
respirazione di O, provoca allora un transitorio peggio
ramento delle condizioni del soggetto, peggioramento che
scompare continuando la respirazione stessa.

reticolare. Sotto questo aspetto, bene che la riossigena


zione di pazienti con insufficienza respiratoria cronica sia
condotta progressivamente e soprattutto agevolando la
ventilazione polmonare spontanea e assistendola mecca

I fenomeni che ne derivano sono noti da tempo e Mosso


(1904) aveva dato una chiara descrizione di quelli respiratori e
circolatori.

Gli studi sul fenomeno furono ripresi per opera di Richet,


Garsaux e Behague, e di Schubert (1932), il quale segnal il
pericolo che esso pu rappresentare per l'aviatore, di Borgard,
di Marshall e Rosenfeld, di Schwartz (1939). Quest'ultimo mise
in rilievo l'importanza della posizione eretta nella manifesta
zione dei disturbi circolatori, ch'essa rende pi frequenti e gravi,
e la relazione fra il grado dell'ipossia precedente, e quello del
fenomeno paradossale, come Ruff e Strughold proposero di
denominarlo.

101

nicamente.

Cenni sulle applicazioni terapeutiche dell'iperossia

Nella maggioranza dei casi, la somministrazione per via respira


toria (quella sottocutanea, attuata da qualche A., ad es., nei
tentativi di rianimazione di neonati asfittici ha pochissime e li

mitate applicazioni e lo stesso vale per quella endoarteriosa, che


presenta rischi notevoli) di miscele contenenti >- 21% di O, e
dello stesso gas al 100%, ha per scopo di rimuovere uno stato di

ipossia ed pienamente efficace solo in alcune forme di essa (v.


IPossIA E IPossIEMIA; IPERBARICA TERAPIA). In altre condizioni
(volo in alta quota, ascensioni alpinistiche oltre i 6000 m) serve

a prevenire l'instaurarsi dell'ipossia, almeno fino ad altitudini


intorno agli 11.000 m e cio fino a quando la pressione baro
metrica > 160 torr (v. AERONAUTICA MEDICINA).
Utili applicazioni, anche se meno note e diffuse, si hanno
quando necessiti asportare in modo incruento gas (azoto, me
102

IPEROSSIA

tano, idrogeno, etc.) presenti in tratti dell'intestino occlusi, nel


l'ileo paralitico, in cisti gassose intestinali, nella cavit cranica
dopo pneumoencefalografia, etc. Ha una certa utilit anche nella
prevenzione della sindrome da decompressione subatmosferica
(o aeroembolismo; v. AERONAUTICA MEDICINA).
La i. iperbarica, come noto, stata applicata nella cura di
infezioni da germi anaerobici, di vertigine cronica (Nair, 1973),
dell'infarto miocardico e di varie malattie ischemiche, negli

shunts venoarteriosi, in arteriopatie obliteranti degli arti, etc.,


con risultati a volte controversi o limitati. Poich questa pratica
richiede la necessit di trattare il soggetto con sostanze che lo
proteggano dagli effetti tossici dell'O,, anche se in genere non
sono superate 2 ata di C,, e non priva di rischi, la sua applica
zione (che peraltro comporta la disponibilit di una complessa e
costosa attrezzatura) tuttora non molto diffusa. Un commento
a parte merita l'importante problema dei rapporti tra i. e radia
zioni ionizzanti, in particolare per quanto concerne la cura ra
diologica dei tumori. Le cellule neoplastiche sono considerate
specialmente sensibili alla i., ma nell'interno di una massa tu
morale, a causa dell'inadeguata vascolarizzazione e dell'elevato
consumo di O,, la sua pressione di norma inferiore alla fisiolo

gica. Si sa peraltro che la sensibilit delle cellule in genere alle


radiazioni ionizzanti in rapporto con la pressione di O, esi

stente nel loro interno: minima in ipossia e aumenta con l'au


mento della Po, fino a un valore critico, oltre il quale gli aumenti
ulteriori di pressione provocano variazioni insignificanti di ra
diosensibilit. Ne consegue che se si porta a valori normali o al
quanto superiori la Po, nell'interno del tumore si potr ottenere
un aumento notevole di sensibilit, mentre quella delle cellule
sane circostanti si modificher assai poco. Anche considerazioni

di ordine fisico e chimico (i radicali idrossile che si formano per


azione delle radiazioni ionizzanti sulla molecola di acqua cau
sano ossidazioni la cui entit pu essere triplicata dall'i.) e di
biologia molecolare (l'energia radiante pu rompere una catena
di una molecola sensibile implicata nella formazione di DNA,
alterandone la struttura elicoidale, ma in qualche minuto si pu
riparare spontaneamente, il che non avviene in presenza di ec

mente iniettato estradiolo. Si tratta, comunque, di inter


venti che hanno per ora solo interesse sperimentale.
L'ipotermia agisce favorevolmente, anche se la diminu
zione della temperatura profonda modesta. Sembra che
l'esposizione a i. lieve migliori la tolleranza alle pressioni
di O, pi elevate (Kydd, 1967), il che stato considerato
una forma di adattamento.

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cesso di O,) sono a favore dell'utilit dello stato iperossico du


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Protezione dall'iperossia

Grandpierre

Gman R., Gilbert D. L et al.


Le sostanze considerate efficaci per prevenire la tossicit
dell'O, in vivo appartengono alle pi disparate famiglie
chimiche ma, nell'ambito di uno stesso gruppo, suffi
ciente una piccola variazione strutturale perch il com
posto perda la sua capacit protettiva. Orientativamente
tali sostanze possono essere raggruppate come segue:

antiossidanti (x-tocoferolo);
riducenti (glutatione ridotto, cisteina, specialmente se
associati);

aminoacidi (glicina, o- e 3-alanina, ac. y-aminobutir


rico) e derivati (serotonina);
metaboliti intermedi (succinato, glutammato, etc.);
vari (THAM; NaHCO; BAL [dimercaptopropanolo);
anestetici, ipnotici, ganglioplegici, miorilassanti, anti

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Pa

epilettici, alcuni vasocostrittori.

l).

Questa elencazione non , ovviamente, completa e ri


guarda nella grandissima maggioranza risultati di esperi
menti eseguiti sugli animali impiegati classicamente nelle
ricerche sull'i.: topino, ratto, talora coniglio o gatto.

Polistena A., Riv. Med. Aeronaut. Spaz., 1973, 36, 205, bibl.
spe
C., Thse de la Facult de Mdecine, Paris, 1954,

Tranne qualche gruppo di prove eseguito in i. normoba

se

rica, la quasi totalit considera come azione protettiva

la capacit di differire la comparsa delle convulsioni e/o

Scano A. L'iperossia, 1959, Tip. Regionale, Roma, bibl.

se

itoler P., Aviat. Space Environ. Med., 1978, 49,

W., Soley M. H., Proc. Soc. Exp. Biol. Med, 1940,


Taylor H I., J. Physiol, 1949, 109, 272.

l'attenuazione della loro gravit nell'i. iperbarica. Ma an


che le sostanze attive in questo senso si sono dimostrate

Ti

poco efficaci in vitro (Miller e Mendoza, 1978) o incapaci


di prevenire gli effetti tardivi e permanenti, quali le pa

Troshikhin G. V., Byull, Eksper. Biol. Med., 1966, 62, 46.


Vozza R., Riv. Med. Aeronaut., 1953, 16,
Welch B. E., Morgan T. E., Ciamann H'G. Time-Concentra

ralisi (Kowalski et al., 1970).


Effetto sicuramente protettivo hanno l'ipofisectomia e,
indipendentemente, l'adrenalectomia. Quest'ultima an
cora pi efficace se all'animale maschio viene successiva

Toxicity in Man, USAF-SAM Rev.


9-63, 1963, Brooks, bibl.
Wood J. D., Watson W. J., Ducker A. J., J. Neurochem., 1967,

103

J. C., Moore C. V. et al., J. Clin. Invest., 1949, 28,

tion in Relation to

14, 1067.
--

ARISTIDE SCANO

104

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

TAB, I, ETIOLOGIA DELL'IPERPARATIROIDISMIO

F. hyperparathyroidisme et hypoparathyroidisme. - I. hy

Secondo Rasmussen

perparathyroidism and hypoparathyroidism. - T. Hyper


parathyreose und Hypoparathyreose. - s. hiperparatiroi
dismo e hypoparatiroidismo.

secondo% cope

(n. casi 751)


%

SOMMARIO

Adenoma paratiroi
deo singolo
IPERPARATIROIDISMO
col. 105
Adenoma paratiroi
deo multiplo
Definizione e classificazione (col. 105). - Iperparatiroidismo Carcinoma paratiroi
primario (col. 105): Etiopatogenesi. - Anatomia patologica. deo
Sintomatologia. - Diagnosi. - Prognosi e terapia. - Iperparatiroi
dismo secondario (col. 117). - Iperparatiroidismo terziario (col. Iperplasia paratiroi
dea a cellule chiare
119). - Pseudoiperparatiroidismo o iperparatiroidismo paraneo
Iperplasia paratiroi
plastico (col. 119).
dea a cellule prin
IPOPARATIROIDISMO
col. 120
cipali

76,6

83,0

4,0

4,3

4,3

1,7

4,3

7,6

10,8

3,6

Definizione e classificazione (col. 120). - Ipoparatiroidismo ia


trogenico e ipoparatiroidismo spontaneo (col. 120): Etiopatoge
nesi. - Anatomia patologica. - Sintomatologia clinica. - Diagnosi.

- Prognosi e terapia. - Spasmofilia costituzionale (col. 125). Pseudoipoparatiroidismo (col. 126).

IPERPARATIROIDISMO
Definizione e classificazione

Etiopatogenesi
Causa del quadro clinico nelle sue varie forme la
patologica ipersecrezione di paratormone, che resta im
manente nonostante l'ipercalcemia da esso provocata,
perch una o pi paratiroidi sono sede di processi mor
bosi che, per la loro natura, non sono sensibili come il
tessuto normale all'azione del freno fisiologicamente
esercitata dall'aumento della calcemia. Infatti, nella

Iperparatiroidismo il termine qualificativo di ogni con


dizione anatomoclinica che sia caratterizzata da una pa

tologica iperproduzione di ormone paratiroideo (para


tormone) e dalle relative conseguenze. Nella realt, non

esiste un solo iperparatiroidismo, ma esistono diversi


iperparatiroidismi, a seconda della diversa etiopatogenesi.

Oggi, infatti, sono distinguibili 3 iperparatiroidismi veri


(iperproduzione di paratormone da parte di una o pi
paratiroidi) e 1 iperparatiroidismo falso o pseudoiper
paratiroidismo (iperproduzione di materiale paratormo
ne-simile da parte di tessuti tumorali non paratiroidei).
Perci oggi vanno distinti e separatamente descritti: 1)
l'iperparatiroidismo primario; 2) l'iperparatiroidismo se
condario; 3) l'iperparatiroidismo terziario; 4) l'iperpara

grande maggioranza dei casi, causa prima dell'iperpara


tiroidismo primario un tumore paratiroideo, abitual
mente unico e benigno (tab. I).

assai difficile precisare perch e come prendano ori


gine gli adenomi iperfunzionanti delle paratiroidi, cos
come difficile precisare perch e come l'iperplasia pa
ratiroidea responsabile della ipersecrezione paratormo

nica in un piccolo numero di casi non venga corretta dal


l'ipercalcemia che consegue all'eccesso di paratormone
circolante. La storia naturale dell'iperparatiroidismo

terziario (v. sotto) suggerisce una sequenza di avveni


menti possibile.
Se da una parte si andato affermando il concetto di auto

tiroidismo paraneoplastico, che pi corretto chiamare

pseudoiperparatiroidismo.

nomizzazione della secrezione del paratormone, nel senso che in


molti casi le paratiroidi comincerebbero a secernere quantit di
ormone notevolmente elevate, del tutto al di fuori della normale

Iperparatiroidismo primario
L'iperparatiroidismo primario caratterizzato da un'iper
produzione di paratormone che non obbedisce ad au
mentate necessit dell'organismo, ma che all'organismo si
impone come elemento estraneo capace di creare uno
stato di malattia. Questo, perch fulcro etiopatogenetico

dello stato morboso un processo patologico delle para


tiroidi, tale da rendere inoperante il fisiologico mecca
nismo di controllo feedback della secrezione paratormo

regolazione omeostatica, dall'altra, tutta una serie di osserva


zioni hanno permesso di individuare, nell'ambito dell'iperpara

tiroidismo, delle situazioni patogenetiche in cui la perturbazione


del sistema di feedback appare pi complessa. In un gran nu

mero di casi di iperparatiroidismo primitivo, infatti, il dosaggio


del paratormone plasmatico ha permesso di dimostrare che i li
velli plasmatici di paratormone sotto infusione di Ca diminui
scono e sotto stimolo ipocalcemico aumentano (Murray). In
questi casi, quindi, piuttosto che una vera autonomizzazione
della secrezione del paratormone, si avrebbe uno spostamento

nica, attuantesi tramite il livello della calcemia e in parti


colare tramite la quantit di calcio ionizzato circolante
nel sangue (Ca**).

del punto di regolazione del meccanismo omeostatico, cosicch

L'iperparatiroidismo primario scoperto dal chirurgo

che sarebbe invece totalmente persa nei casi con vera autonomia

viennese Mandl nel 1926 costituisce il paradigma di


tutti gli iperparatiroidismi. Pertanto giusto che alla sua
descrizione sia dedicato lo spazio maggiore. Tanto pi
che per quel che oggi si sa (e senza ipoteche sul fu

la produzione del paratormone sarebbe regolata ad un livello


calcemico superiore al normale, con una certa residua capacit

del meccanismo omeostatico di rispondere agli stimoli, capacit


della secrezione dell'ormone.

presumibile che esista un fattore costituzionale che

di tutti gli iperparatiroidismi: ca. 1 caso su 700-800 indi


vidui che sentono il bisogno di rivolgersi al medico (cfr.

predisponga le paratiroidi a rispondere in eccesso, e in


modo per qualche verso abnorme, alle varie sollecitazioni
operanti, in ultima analisi, attraverso il meccanismo del
l'ipocalcemia, che costituisce il fondamentale stimolo

Purnell e coll., 1971). Questa frequenza probabilmente


inferiore alla realt, e aumenter quando miglioreranno i

fisiologico per la secrezione paratiroidea di paratormone:


presunzione, questa, fondata sul fatto che si conoscono

turo) l'iperparatiroidismo primario il pi frequente

criteri di riconoscimento delle forme precoci e/o di quelle

adenomi paratiroidei (soprattutto multipli) che hanno il

asintomatiche e con l'introduzione di nuove tecniche dia

carattere della familiarit (Cameron e coll.). In pi, et e


sesso sembrano avere importanza nel condizionare la

gnostiche.
105

106

IPERPARATIROIDISMO E IPOPARATIROIDISMIO

comparsa della patologia iperfunzionale delle paratiroidi


e del relativo quadro clinico, considerando che: a) raro
prima della pubert, l'iperparatiroidismo primario ma
lattia dell'et matura, con un massimo di frequenza tra i

40 e i 70 anni (Purnell e coll.); b) l'iperparatiroidismo


primario almeno 2 volte pi frequente tra le donne;
con una maggiore frequenza femminile soprattutto dopo
la menopausa, quando tra le donne predomina di gran
lunga la forma ossea dell'iperparatiroidismo primario
(Purnell e coll.; Muller; McGeown).
Di particolare interesse una forma di iperparatiroidismo da
iperplasia a cellule principali, che appare trasmesso come un
carattere autosomico dominante ad alta penetranza ed espressi
vit varia, generalmente associato ad adenomatosi multipla pan
creatica, ipofisaria, tiroidea o surrenalica, poliposi gastrica, li
pomi (v. PoLIADENOMATosi ENDoCRINA).

Una volta costituitosi, il tumore paratiroideo (assai pi


di rado l'iperplasia) produce e mette in circolo una
quantit di paratormone che eccede di gran lunga le ne
cessit dell'organismo e che, abitualmente, tanto mag
giore quanto maggiore il volume del tumore paratiroi

deo (Purnell e coll.). Di solito, quanto maggiore la


quantit del paratormone presente nel sangue circolante,
tanto maggiore la calcemia degli iperparatiroidei (Pur
nell e coll.).

anche per lungo tempo, ma in alcuni casi questo equilibrio viene


turbato e si hanno lesioni ossee.

In questi casi si pensato all'intervento di un fattore predi


sponente locale che renda per qualche verso anomalo il processo
di rimodellamento osseo; o alla secrezione di diverse forme di

paratormone, una delle quali con un effetto specifico sull'osso


pi accentuato; o, ancora, a un aumento dei fosfati assorbiti con

la dieta, che riuscirebbe a mantenere il rapporto Ca/P a un li


vello sufficiente a permettere notevoli aumenti della mineraliz
zazione.

Nei casi in cui non si hanno alterazioni ossee, si anche pen


sato a un'ipersecrezione compensatoria di calcitonina, che bloc
cherebbe gli effetti ossei del paratormone senza bloccarne quelli
renali.

Va per tenuto conto che generalmente le lesioni ossee sono


presenti nei soggetti con adenomi pi grandi e con livelli pla
smatici di paratormone pi elevati, per cui si potrebbe ritenere
che la comparsa di lesioni ossee sia semplicemente dovuta ad
un'azione diversa sul piano quantitativo, piuttosto che su quello
qualitativo.
Per quanto riguarda i danni renali, le ipotesi recenti tendono a
rivedere il vecchio concetto per cui la precipitazione di calcoli di
fosfato di calcio sarebbe dovuta solo alla presenza di ioni calcio
e ioni fosfato in concentrazioni superiori al loro prodotto di so
lubilit. Va ricordato, ad es., che negli ipoparatiroidei trattati
con Vit. D si osservano spesso una calciuria e una fosfaturia ad
dirittura superiori a quelle osservate nell'iperparatiroidismo,
senza che si osservi calcolosi, e che nei soggetti affetti da iper
calciuria idiopatica la somministrazione di fosfati previene la cal
colosi e diminuisce la calciuria, senza far variare di molto il rap

porto Ca/P.Si quindi pensato che i depositi di fosfato di calcio


L'aumento di paratormone ha come effetto l'aumento del
l'osteolisi osteocitica e quindi della quantit di Ca che passa dal
campartimento osseo al plasma: contemporaneamente gli effetti
renali del paratormone portano a una diminuzione del riassor

si formino inizialmente all'interno delle cellule tubulari, che ne

accumulerebbero in quantit crescenti: la desquamazione di


queste cellule e la liberazione di questi cristalli di fosfati nel

bimento tubulare dei fosfati e a un aumento del riassorbimento

lume tubulare creerebbero il nucleo di cristallizzazione del cal


colo.

tubulare del calcio, con conseguente iperfosfaturia e ipocalciuria


cui segue ipercalciuria quando il livello ematico del calcio au
menta stabilmente (fig. 1).

Il progressivo accumulo di cristalli endocellulari provoche


rebbe poi il quadro della nefrocalcinosi.

Si osserva anche un aumento della sintesi renale di 1-25


idrossicolecalciferolo, la forma attiva della Vit. D, che aumenta

l'assorbimento intestinale di Ca e, insieme al paratormone, sti


mola il riassorbimento osseo osteoclastico bloccando la trasfor

mazione da osteoclasta a osteoblasta. I meccanismi omeostatici


ossei portano a questo punto, per vie finora sconosciute, a un
aumento del numero degli osteoblasti, e pu crearsi una situa
zione di equilibrio instabile tra produzione e riassorbimento os
seo, caratterizzato da un aumento nella stessa misura sia della

produzione sia del riassorbimento osseo, senza che si manife


stino turbe ossee. Una tale situazione pu rimanere invariata

effetti primari

La chiave di volta della patogenesi dell'iperparatiroi


dismo comunque l'ipercalcemia: questa, oltre ai danni
renali, condiziona anche la comparsa degli altri segni cli
nici della malattia, e in particolare: a) i disturbi generali
e neuropsichici; b) la precipitazione pressoch ubiquitaria
di sali di calcio nel corso del grave iperparatiroidismo
acuto; c) i disturbi gastrici e duodenali. A quest'ultimo
riguardo da segnalare l'eventualit che alla genesi delle
ulcere gastroduodenali degli iperparatiroidei contribuisca

quadro biochimico

quadro clinico

a fibro
Sa C1StiCa di

OsteoCasti
Osteoblasti

Recklinghausen

assorbento?

sintomi da

intestinale di Ca

-25to,

percalcenna

vit D3
perCalCuria

netroCalcinosi

eccesso di

paratiroidi

paratormone
riassorbirnento

renale di Ca

esCreone

---------------------------

renale di P

per tostatura

Fig. 1. Schema illustrante la pa


dell'iperparatiroidismo.

(Originale Patrono).
107

108

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

la coesistenza di un adenoma pancreatico ulcerogeno (v.


zoLLINGER-ELLISON, SINDROME DI; v. anche: INSULoMI).

cliniche) viene fatta solo dopo la nascita di un neonato


con manifestazioni tetaniche rapidamente miglioranti (per
atrofia delle paratiroidi fetali, di fronte all'eccesso di pa

Anatomia patologica
Il substrato anatomico causale dell'iperparatiroidismo primario
costituito da adenocarcinomi, adenomi singoli o multipli, iper
plasie a cellule chiare o a cellule principali.

ratormone materno) (McGeown e Field). D'altra parte,

Pur raccomandando molta cautela nella valutazione di dati

desunti da popolazioni diverse dalle nostre, ricordiamo che, se


condo gli AA. anglosassoni, le incidenze delle varie forme sono
quelle descritte nella tab. I.
Come si rileva dalla tab. I, nella maggioranza dei casi, l'ade
noma a carico di una sola paratiroide; solo di rado l'adenoma
paratiroideo multiplo, e allora, non infrequentemente, trovasi
associato ad adenomi del pancreas o della ipofisi (poliadenoma
tosi endocrina), pi di rado a feocromocitoma e a cancro midol
lare della tiroide con amiloide stromale (sindrome di Sipple). Gli
adenomi paratiroidei sono da 2 a 200 volte pi grandi di una

paratiroide normale; i 3/4 di essi sono a carico di una delle due


paratiroidi inferiori, in una piccola minoranza hanno invece sede
ectopica (non di rado nel mediastino; pi di rado nel paren
chima della tiroide o dietro l'esofago). Gli adenomi paratiroidei
si presentano come tumori brunastri (grigiastri, arancione o
rossastri), incapsulati, abitualmente tanto pi grandi quanto
maggiore la compromissione dello scheletro nel quadro clinico.
Istologicamente, la massima parte degli adenomi paratiroidei
sono costituiti da cellule principali; viceversa, la maggior
parte delle paratiroidi iperplastiche contengono gran numero di
cellule chiare come acqua (Roth; Purnell e coll.).
Il carcinoma paratiroideo generalmente un tumore pi
grande dell'adenoma, tanto da essere spesso palpabile. Presenta
generalmente una capsula invasa dalla neoplasia. Ha tendenza a
metastatizzare ai linfonodi regionali, ai polmoni e al fegato.
L'iperplasia paratiroidea abitualmente interessa pi di una
paratiroide, e spesso tutte e quattro. Le ghiandole sono grandi
30-100 volte il normale e possono apparire costituite o da cel
lule chiare, con citoplasma senza granulazioni, chiaro come
acqua, o da cellule principali. In questo secondo caso tra le
cellule principali si riconoscono nidi di cellule chiare o ossifile.
Le alterazioni ossee consistono essenzialmente in: a) riassor
bimento di tutti i componenti normali dell'osso; b) sostituzione
dell'osso normale con un osso diverso dal normale (perch non
possiede n un evidente sistema haversiano, n un'evidente
struttura lamellare), avente una struttura fibrosa, che ricorda
uno stato di immaturit o di metaplasia; c) deficiente e ritardata
mineralizzazione dell'osso neoformato; d) in rapporto con questi
profondi rimaneggiamenti, irregolarit di contenuto minerale
delle ossa -- ricchezza di osteoblasti e di osteoclasti -- forma

zione di tumori bruni (masse solide di tessuto molle costituite


da cellule di sostegno del midollo, da osteoblasti od osteoclasti,
formantisi soprattutto in seno alla mascella, ai metacarpi, ai
metatarsi e nelle epifisi delle ossa lunghe) -- formazione di
cisti ossee (rivestite di tessuto fibroso e ripiene di liquido,
quale probabile conseguenza di fenomeni degenerativi, comun
que formantisi soprattutto nella corticale sottoperiostea delle
ossa cilindriche) (Ascenzi e Marinozzi). Le alterazioni ossee
sono generalizzate a tutto lo scheletro: tuttavia, in alcune parti,
possono esserlo di pi, in altre di meno; soprattutto i tumori
bruni (che qualcuno chiama osteoclastomi) e le cisti possono
interessare alcune ossa e altre no, dando l'impressione, agli
esami radiografici eseguiti in vita, che le alterazioni ossee siano
circoscritte, soprattutto in quei casi in cui la rarefazione ossea
non molto evidente.

Le lesioni anatomopatologiche renali sono rappresentate da


due quadri: uno aspecifico, legato alla calcolosi e ai danni se
condari di questa (pieliti, idronefrosi, etc.), e uno pi specifico,
la nefrocalcinosi, caratterizzata da depositi di cristalli di sali di
calcio a livello del tubulo distale e dei tubuli collettori e, so

prattutto, a livello dei tessuti interstiziali.

Sintomatologia
Per un tempo piuttosto lungo l'iperparatiroidismo prima

rio pu rimanere clinicamente muto, come dimostrato


dal fatto che, in alcune donne, la diagnosi di ipercalce

mia da iperparatiroidismo (senza altre manifestazioni


109

l'iperparatiroidismo primario pu presentare spontanea


mente anche se di rado oscillazioni anche cospicue
di decorso, e quindi di sintomatologia clinica: qualche
volta una remissione completa, specie quando si stabilisce
un infarto all'interno dell'adenoma paratiroideo (Nortcutt
e coll.).
Per un certo tempo la sintomatologia clinica dell'iper

paratiroidismo primario stata identificata con quella


della osteopatia fibrocistica di Recklinghausen: si poi
constatato che, dell'iperparatiroidismo primario, esiste
anche una sintomatologia extraossea. Alcuni hanno fatto
e continuano a fare la distinzione tra iperparatiroidismo
con alterazioni ossee e iperparatiroidismo senza altera
zioni ossee, quali espressioni anatomocliniche presuntive
di 2 differenti tipi di ormoni messi in circolo dalle para

tiroidi patologicamente iperfunzionanti. Orbene, se di


questo doveroso fare cenno, altrettanto doveroso
sottolineare che trattasi di una concezione non pi soste
nibile: per tante ragioni, non ultimo il fatto che, adope

rando le metodiche pi moderne di ricerca (quali lo stu


dio della cinetica del radiocalcio e la microradiografia di
frammenti bioptici della cresta iliaca), possibile mettere
in evidenza alterazioni del ricambio osseo, praticamente
in tutti gli iperparatiroidei, anche in quelli senza altera
zioni ossee clinicamente e radiologicamente riconoscibili
(Riggs e coll.).
Nei casi di iperparatiroidismo primario con sintomato
logia clinica, questa pu essere costituita: 1) solo dai
sintomi dell'ipercalcemia; 2) solo dai sintomi delle altera
zioni renali; 3) dai sintomi delle alterazioni renali -- i
sintomi delle alterazioni ossee; 4) solo dai sintomi delle
alterazioni ossee. In ognuno di questi gruppi sintomato
logici pu essere presente anche la sintomatologia di
un'ulcera duodenale; assai pi raramente, si pu sovrap

porre la sintomatologia dell'iperparatiroidismo acuto (l'i


perparatiroidismo primario ha abitualmente decorso cro
nico).
Secondo Purnell e coll., eccezione e non regola il
progressivo deterioramento dei malati non trattati, con

trapasso dalle forme asintomatiche alle forme sintomati


che, dalle sintomatologie pi modeste (quelle, ad es.,
neuropsichiche) a quelle pi gravi (ad es. l'osteopatia
fibrocistica di Recklinghausen).

1) Isintomi connessi con le alterazioni biochimiche (so


prattutto con l'ipercalcemia) possono essere i soli presenti

e sono: ipotonia muscolare con astenia, cefalea, disturbi


mentali (non caratteristici), iporessia, stitichezza atonica,
poliuria (con urine abitualmente alcaline) e polidipsia;
pi di rado, disidratazione, bradicardia ed eventualmente
aritmie. Si ricordi che l'ipercalcemia provoca il caratteri
stico accorciamento del tratto Q-T dell'ECG.

2) I sintomi connessi con le alterazioni renali sono

quelli da nefrocalcinosi e/o da calcoli uni- o pi spesso,


bilaterali, di fosfato o di ossalato di calcio; e sono quelli
che molto spesso (in oltre il 50% dei casi) conducono il
paziente all'osservazione del medico. Le alterazioni renali
che sono in rapporto con l'abbondante eliminazione
urinaria di calcio e di fosfati compaiono abitualmente
prima delle lesioni ossee e sono pi frequenti in quei
paesi (come l'America) nei quali pi elevato il consumo

di latte (che ricco di calcio e di fosfati). Di solito, i


sintomi connessi con la nefrolitiasi sono pi precoci,
quelli connessi con la nefrocalcinosi sono pi tardivi. In
linea di massima, gli ammalati che presentano pi spic
110

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

3) I sintomi connessi con le alterazioni ossee, nei casi


conclamati, sono quelli dell'osteopatia fibrocistica di
Recklinghausem (fig. 2) o quelli dell'osteoporosi genera
lizzata. Questi sintomi nella maggioranza dei casi coe
sistenti con i sintomi da alterazioni renali sono essen

zialmente: a) dolori ossei diffusi, spesso interpretati come


reumatoidi o nevritici; b) deformazioni ossee, soprattutto
a carico delle ossa lunghe, ma anche a carico delle verte
bre (vertebre biconcave, come di pesce), con diminuzione
della statura e/o con formazione del torace a piccione,
con incassamento della testa nelle spalle; c) fratture
spontanee (che possono essere il primo segno della ma
lattia); d) manifestazioni mascellari simulanti l'epulide o
il tumore a mieloplassi, oppure mancanza della lamina
dura dei denti (tanto che qualche volta il dentista che
per primo mette il medico sulla via della giusta diagnosi).
4) I sintomi connessi con la presenza di un'ulcera duo

denale (che, secondo alcuni, sarebbe presente in 1/4 ca.


di tutti gli iperparatiroidei) non hanno alcuna peculiare
caratteristica se non quella non obbligatoria di ac

compagnarsi ai segni dell'ipercalcemia (v. sopra) elo, pi


di rado, ai segni della nefrolitiasi e/o delle alterazioni
OSSee.

5) Lasintomatologia dell'iperparatiroidismo acuto (iper


iperparatiroidismo, secondo Reifenstein; forse meglio,
crisi iperparatiroidea o crisi paratireotossica) compare
quando spontaneamente, ma soprattutto per incaute te
rapie (ad es., eccessiva introduzione di latte e alcalini,
per la coesistenza di un'ulcera duodenale), la calcemia
supera i 17 mg%. Preceduti da poliuria e vomito, com
paiono: disidratazione, collasso circolatorio, iperpiressia
e, se non si interviene in tempo, morte dovuta allo squi
librio elettrolitico, al danno renale e a precipitazione di
calcio in quasi tutti gli organi (morte chimica di Rei
fenstein).
In appendice a quanto fin qui riferito occorre aggiun
gere che:

a) l'iperparatiroidismo primario pu presentarsi con


sintomatologie anomale; ad es., con profonda debolezza
muscolare; con sintomatologia nervosa da tumore della
fossa cranica media o compressione del midollo spinale

(per tumori bruni nelle parti citate); con i segni del


l'insufficienza respiratoria (per calcinosi polmonare dif
fusa); etc. (Murphy e coll.; Raskin e coll.; Shaw e Da
vies; Foresti e coll.);
b) talora si osserva deposizione di cristalli di fosfato di
calcio nella congiuntiva e talora anche una cheratite a
banda. A questi sintomi si associano spesso una certa
fotofobia e una difficolt a mettere a fuoco l'immagine
V1S1Va.

Diagnosi
Fig. 2. Quadri radiologici
in corso di osteopatia fibrosa ci
stica di Recklinghausen. (Originale Patrono).

cata polidipsia e poliuria eliminano la cosiddetta re


nella, piuttosto che presentare coliche ed ematuria da
calcoli renali; inoltre, chi presenta coliche renali da ne

frolitiasi spesso presenta con minore frequenza i segni


della nefrocalcinosi, e cio i segni dell'insufficienza renale

pi o meno grave. In molti casi, a queste sintomatologie


di base si sovrappongono i sintomi derivanti dall'infe
zione delle vie urinarie.

Ottima abitudine sarebbe quella di far praticare una cal


cemia in tutti i pazienti che per una qualsivoglia ragione
sentono il bisogno di consultare il medico: soprattutto
quando questi pazienti sono i cosiddetti nevrastenici o

i calcolotici renali (specie se giovani) o gli ulcerosi duo


denali (specie se giovani);tuttavia, per consiglio di Dent,
anche quando i pazienti sono portatori di malattie croni
che come il diabete, la tbc, etc. Si tenga presente che il
3-8% degli iperparatiroidei sono diagnosticati nel corso
di esami casuali della calcemia.

L'aumento della calcemia (poco o molto al di sopra di

stato calcolato che dal 3 al 5% di tutti i casi di cal


colosi renale sarebbero da imputare ad ipercalcemia da

10,5-11 mg%) e soprattutto l'aumento del livello


ematico del calcio ionizzato (Ca**) (Rose e coll.) re

iperparatiroidismo (in alcune casistiche si arriva fino al

sta ancor oggi il mezzo pi semplice e pi sicuro per so


spettare, anche se non per diagnosticare, l'iperparatiroi

15% di incidenza: cfr. Miano).


i

112

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

TAB, II. CAUSE DI IPERCALCEMIA

agire a livello renale provocando una ritenzione di fosfato anche


in alcuni soggetti iperparatiroidei.

iperparatiroidismo nelle sue diverse forme;


mixedema;
endocrine

Tra i diversi AA. vi sono opinioni discordanti sull'uso

tireotossicosi;

del test di Ellsworth e Howard. Alcuni lodano tale test

iposurrenalismo;
acromegalia

giacch negli iperparatiroidei, per l'immanenza dell'iper

f con metastasi osteolitiche;


neoplasie

l senza metastasi osteolitiche

del commercio. Il test, nella sua forma tradizionale, ha

neoplastiche

iatrogeniche

paratormonismo, manca quel netto aumento della fosfa


turia che viceversa, nei soggetti normali, tien dietro all'i
niezione endovenosa di 200 U. Collip del paratormone

mieloma

un interesse pi che altro storico nella diagnosi dell'iper

ipervitaminosi D;
da immobilizzazione nei giovani;

paratiroidismo. Quando invece si proceda alla valuta


zione del riassorbimento tubulare dei fosfati prima e
dopo somministrazione endovenosa di estratto paratiroi

da diuretici tiazidici

deo (200 U.), dopo aver previamente valutato la norma


-

sarcoidosi;

Vale

sindrome latte-alcali (sindrome di Burnett)

dismo. Purch si ricordi che: a) anche in casi di sicuro


iperparatiroidismo, la calcemia pu essere transitoria
mente o stabilmente normale, soprattutto nelle forme di

iperparatiroidismo primario con lesioni renali isolate; b)


vi sono false ipercalcemie dovute ad eccessiva venocom
pressione del braccio durante il prelievo del sangue
(Krull e coll.); c) vi sono malattie in cui la calcemia
aumentata senza che vi sia iperparatiroidismo (tab. II):
nelle quali circostanze la calcemia si abbassa nettamente

dopo trattamento con cortisone (40 mg ogni 8 h, per 10


giorni); cosa che non si verifica se l'ipercalcemia
espressione di una condizione di iperparatiroidismo pri
mario (Dent e Watson). Soprattutto, occorre tener pre
sente che nell'iperparatiroidismo primario l'ipercalcemia
si accompagna a fosfatemia normale o pi spesso infe

riore a 3 mg%, a fosfatasemia alcalina aumentata, ad


ipercalciuria (nel 70-80% dei casi), nonch a iperfosfatu
la.

Di notevole interesse l'idrossiprolinuria, aumentata


lievemente nei casi senza apparente interessamento osseo
e notevolmente nei casi con danni ossei.

Per un maggior conforto diagnostico sono stati proposti


alcuni test volti a studiare e a dimostrare pi chiaramente
l'alterazione del metabolismo fosfocalcico. Tra questi
test, che con l'introduzione del dosaggio radioimmunolo
gico del paratormone hanno tuttavia perso oggi gran
parte della loro importanza, va ricordato lo studio del

l'indice di Nordin e Fraser, il quale indica che negli iper


paratiroidei la quantit di fosforo filtrato dai glomeruli e

lit della funzione renale, il test pu dare utili indicazioni


(v. PARATIROIDI GHIANDoLE, semeiotica). Negli iperparati
roidei si osserva una minima differenza nel TRP prima e
dopo somministrazione di paratormone, mentre nei nor
mali e nei soggetti con ipercalcemia da altre cause si os
serva una riduzione nel TRP dell'ordine del 25-36%.

Lo studio della cinetica del radiocalcio (47Ca o 4Ca) ri


veste un interesse quasi esclusivamente scientifico, anche
se un metodo che permette di dimostrare l'entit del
l'aumento del ricambio minerale scheletrico.

Il test della dieta povera di fosfati particolarmente


utile nei casi di iperparatiroidismo normocalcemico.

Una dieta ipofosforica (<350 mg/die) ma normocalo


rica e normocalcica viene somministrata per 3 giorni,
eventualmente somministrando contemporaneamente
idrossido di alluminio, che diminuisce l'assorbimento
intestinale dei fosfati. Il controllo giornaliero della calce
mia e della fosfatemia mostra nei soggetti normali una
significativa diminuzione della fosfatemia e un aumento

della calcemia. Alcuni iperparatiroidei normocalcemici


dimostrano un aumento calcemico maggiore del normale.
Il test pu essere reso pi sensibile somministrando

idroclorotiazide nei 3 giorni della dieta (v. PARATIROIDI


GHLANDOLE).
Il test chimico-clinico che attualmente permette di

confermare la diagnosi nei casi dubbi il dosaggio


radioimmunologico (RIA) del paratormone plasmatico,

sempre che tale esame sia eseguito in centri specializzati


e che si tenga conto di alcune eterogeneit immunologi
che del paratormone circolante e del fatto che le
concentrazioni dell'ormone appaiono essere pi elevate
nel corso della crescita. Con questo test, rapportando

concentrazione di paratormone immunoreattivo e calce

non riassorbito dai tubuli nettamente maggiore che nei

mia, possibile discriminare benissimo iperparatiroidei e

normali (valore dell'indice nettamente superiore a

normali.

-- 0,09). Tenendo presente che una delle azioni princi


pali del paratormone quella di diminuire il riassorbi

Di estremo interesse l'uso del dosaggio del parator


mone nel sangue venoso refluo dalle paratiroidi. Di
questa tecnica daremo un cenno pi sotto, a proposito
della diagnosi di sede dell'adenoma paratiroideo.
Oltre che le ricerche biochimiche, di grande utilit
sono le indagini radiografiche sia delle regioni renali (e
delle vie urinarie, con gli opportuni mezzi di contrasto)

mento dei fosfati a livello del tubulo (TRP), una ridu


zione del TRP (o un aumento dell'indice di Nordin e
Fraser superiore a 0,09) indica un aumento dell'azione
renale del paratormone.
Sono stati anche proposti test volti a verificare l'integrit di
feedback calcemia-secrezione di paratormone. L'infusione di cal

sia delle ossa. Con le seguenti avvertenze: a) l'esame


radiografico diretto delle regioni renali, oltre che mettere

cio (Calcium Tolerance Test, CaTT), secondo le modalit de

in evidenza eventuali calcoli radiopachi, pu documen

scritte da Howard, o secondo quelle di Goldsmith, inibendo la

tare l'esistenza di nefrocalcinosi, sotto l'aspetto di opacit

secrezione di paratormone dovrebbe portare nei soggetti normali

puntiformi, numerose e bilaterali; b) l'esame radiografico


delle ossa, se muto, non permette di escludere l'iperpa

a una diminuzione della fosfaturia, mentre negli iperparatiroidei,


per un difetto del meccanismo di feedback, la fosfaturia do
vrebbe rimanere costante. Il test appare molto poco discrimi
nante poich: a) non in tutti gli iperparatiroidei, come si detto
sopra, la secrezione di paratormone autonoma, giacch nella
maggioranza dei casi appare operante un feedback, anche se re
golato su livelli calcemici pi elevati; b) gli ioni Ca?* sembrano
113

ratiroidismo, perch le lesioni ossee, pur essendoci,


possono essere per lungo tempo al di sotto del limite
della comune documentabilit radiologica (la rarefazione
ossea, per essere visibile nei comuni radiogrammi, deve
comportare la perdita di almeno il 30% del calcio osseo;
114

IPERPARATIROIDISMO E IPOPARATIROIDISMO

Turano); c) la rarefazione ossea non patognomonica


dell'iperparatiroidismo, se non quando si accompagna
alla netta partecipazione della corticale (che in alcuni
tratti scompare del tutto, specie in corrispondenza delle

falangi) e soprattutto alla presenza delle cisti ossee


(che in realt sono o cisti o tumori bruni, non distingui
bili radiograficamente tra loro).
Servendosi giudiziosamente dei mezzi diagnostici bre
vemente indicati, oltre che del quadro clinico, l'iperpara
tiroidismo primario deve essere differenziato: 1) da
malattie come l'osteoporosi, l'osteomalacia, il rachiti
smo, l'osteogenesi imperfetta, la displasia fibrosa poliosto
sica, il morbo di Paget, le cisti solitarie, il mieloma
multiplo e le metastasi tumorali le quali hanno un
quadro radiografico osseo che pu simulare quello del
l'iperparatiroidismo; 2) da situazioni patologiche, sponta
nee o iatrogeniche come la sarcoidosi di Boeck,
l'ipervitaminosi D, la sindrome di Burnett (o Milk-Alkali
Syndrome) e tumori maligni vari le quali possono
simulare il quadro biochimico dell'iperparatiroidismo

primario (soprattutto a causa dell'ipercalcemia); 3) da


malattie come la sindrome del nefrone inferiore,
l'iperparatiroidismo secondario ad insufficienza renale e la
sindrome da immobilizzazione le quali possono portare
a nefrocalcinosi, simulando cos una parte del quadro
clinico dell'iperparatiroidismo.
Una volta diagnosticato un iperparatiroidismo, per la
localizzazione del tumore (che quasi mai palpabile) pu
essere utile ricorrere alla pneumoradiografia della regione
(Lacroix e coll.), oppure alla scintigrafia paratiroidea
dopo somministrazione di seleniometionina (previa inibi
zione tiroidea con triiodotironina, giacch anche la
tiroide capta l'indicato radioelemento) (Centi Colella e

Pigorini; Piret e coll.). Va tuttavia segnalato che la


scintigrafia paratiroidea con seleniometionina ha scarsa
utilit pratica, perch ha valore localizzativo solo quando
l'adenoma iperfunzionante (e quindi captante il radioe

lemento) supera i 2 g di peso e i 2 cm di volume. Per


cui quando sia possibile, in quanto vi necessit di
una particolare attrezzatura (gamma-camera accoppiata

con un computer connesso con un sistema di memorizza


zione) conviene ricorrere alla scintigrafia paratiroidea
con doppio radioisotopo (radiotecnezio e radioseleniome
tionina) messa a punto da Cultrera e coll.: metodica,
questa, che permetterebbe addirittura la visualizzazione
delle paratiroidi normali, anche se con molta perdita di
tempo e con molta abilit da parte dei tecnici (fig. 3).
Alcuni AA. hanno consigliato l'arteriografia selettiva
delle arterie tiroidee inferiori o del tronco tireocervicale.

Si osserva, quando l'adenoma abbastanza grande, una


tipica zona ipervascolarizzata.
Di notevole importanza, anche se di pi difficile
esecuzione, il cateterismo venoso retrogrado delle vene
del collo. Il catetere, spinto dalla vena femorale e
attraverso l'atrio destro nelle giugulari, permette di
prendere campioni di sangue refluo e di dosare su questi
campioni il paratormone. Una differenza tra un lato e
l'altro dimostra la localizzazione del tumore. Il cateteri
smo selettivo delle vene tiroidee teoricamente dovrebbe

permettere anche la differenziazione tra adenoma e


iperplasia: purtroppo non si ancora raccolta una
sufficiente esperienza al riguardo.

La tomografia assiale computerizzata (T.A.C.) permette


la chiara visualizzazione degli adenomi di dimensioni
medio-grandi. Meglio di tutto per riesce l'esplorazione
chirurgica, che consente di risolvere anche il problema
della terapia.
Prognosi e terapia
Secondo Purnell e coll., la malattia non necessaria

mente progressiva, essendoci la possibilit che l'iperpara


tiroidismo si mantenga stabile e benigno (in quanto
non compromettente seriamente la salute). D'altra parte,
sia pure eccezionalmente, vi la possibilit di una
guarigione spontanea eventualmente dopo una fase
transitoria di tetania per l'istituirsi di infarti necrotici
all'interno del tumore paratiroideo causale (Johnston e
Schnute). Nonostante tutto questo, la prognosi deve
essere di solito riservata quoad valetudinem, e a volte
anche quoad vitam, soprattutto quando intervengano
complicazioni come l'iperparatiroidismo acuto, l'insuffi
cienza renale e, qualche volta, anche l'ulcera duodenale.
La terapia di elezione quella chirurgica. La terapia
medica va riservata ai casi inoperabili per ragioni extra
endocrine, o che rifiutino decisamente l'intervento, op
pure in cui ripetute esplorazioni chirurgiche non siano
riuscite a localizzare la o le paratiroidi ammalate (qual
cuno, in questi casi, pratica una tiroidectomia subtotale,
per l'eventualit che l'adenoma sia intratiroideo; cfr.
Miano); ai casi in cui esistano metastasi funzionanti di un
carcinoma paratiroideo, ai casi, infine, con iperparatiroi
dismo acuto.

La terapia chirurgica va attuata appena possibile e


consiste nell'asportazione del o degli adenomi, oppure
in caso di iperplasia di tutte le paratiroidi nell'asporta
zione di 3 paratiroidi e nella resezione del 50% della
quarta paratiroide. Dopo la paratiroidectomia, il successo
denunziato dall'abbassamento netto della calcemia fin

Fig. 3. Gammagrafia della tiroide e delle paratiroidi eseguita con

la tecnica del doppio radioisotopo (Tc e Se-mtionina).


L'esame gammagrafico elaborato col calcolatore ha messo in

evidenza un grosso adenoma iperfunzionante che interessa


entrambe le paratiroidi del lobo sinistro. Il paziente di anni 50
aveva una storia ventennale di calcolosi renale bilaterale con

coliche ricorrenti e frequenti interventi operatori. Il reperto


istologico ha confermato la diagnosi di adenoma paratirideo
sinistro. (Osservazione Cultrera).

dal primo giorno, nonch dall'oliguria. Se viceversa la


calcemia persiste elevata per pi di una settimana, o se
torna ad elevarsi dopo un primo abbassamento (iper
paratiroidismo ricorrente: Laubinger e coll.), segno che
vi tessuto paratiroideo che sfuggito all'intervento, o
che esiste un secondo adenoma sfuggito all'esplorazione
per le sue piccole dimensioni, o che esistono metastasi
funzionanti di un cancro paratiroideo. Dopo la paratiroi

dectomia possono comparire manifestazioni di tetania di


115

116

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

breve o di lunga durata. Quelle di breve durata (ca. 1

(diabete, tbc, etc.), l'acidosi tubulare renale, la sindrome

settimana) dipendono dal fatto che il tessuto paratiroi


deo, in atrofia compensatoria per la preesistenza dell'a
denoma iperfunzionante, tarda a riprendere la sua nor
male funzione dopo l'asportazione del tumore. Le mani
festazioni tetaniche di lunga durata dipendono invece da
una delle due condizioni seguenti: 1) incapacit del
tessuto paratiroideo superstite a produrre una quantit di

di Fanconi-De Toni-Debr, l'avitaminosi D, la resistenza

renale al paratormone, etc., possono essere causa di


iperparatiroidismo secondario, sia pure con molta mag
giore rarit (per ragioni varie). All'ipocalcemia indotta
dalle malattie indicate con meccanismi non del tutto

completamente chiariti le 4 paratiroidi reagiscono

iperplasizzandosi e secernendo una maggiore quantit di

paratormone sufficiente per le necessit dell'organismo (o

paratormone. Conseguenza dell'iperparatormonismo la

per disturbi vascolari intervenuti nel corso dell'intervento


o per ipoplasia congenita); 2) esistenza di gravi altera
zioni ossee, perch in questi casi calcio e fosforo vengono
continuamente sottratti dal sangue, per la ricostituzione
del normale patrimonio minerale delle ossa in via di
riformazione (tetania delle ossa affamate). In tutti
questi casi la terapia quella stessa che verr indicata a

comparsa di osteodistrofie che vanno dall'osteomalacia


alla vera e propria osteopatia fibrocistica di Reckling
hausen. Il quadro clinico, quindi, costituito dalla
sintomatologia propria dell'osteopatia, che si aggiunge
alla sintomatologia che pi caratterizza la malattia cau
sale, di solito bene riconoscibile.

proposito dell'ipoparatiroidismo (v. sotto). Infine, va

A completamento di quanto fin qui riferito, conviene aggiun

segnalato che, in un certo numero di casi, dopo la


paratiroidectomia, compare un deterioramento della fun
zione renale, che non comprensibile nella sua patoge
nesi (perch compare anche se viene corretta l'oliguria

gere le seguenti notizie che riguardano l'iperparatiroidismo

abituale dei paratiroidectomizzati) ma che regredisce

secondario a insufficienza renale cronica, e ci in rapporto con

la sua maggiore frequenza e importanza pratica: a) nel corso


dell'insufficienza renale, l'iperparatiroidismo secondario assai
frequente, ma occorre saperlo ricercare; infatti, fin dai primi
stadi documentabile un aumento della paratormonemia pro

abitualmente in capo a 2-3 mesi (Purnell e coll.).


Con la terapia chirurgica, le lesioni ossee regrediscono

porzionale all'aumento dell'azotemia (Reiss e coll.); b) le

(con permanenza delle cisti e iperossificazione dei tu

quenti da quando l'emodialisi ha permesso di prolungare la vita

mori bruni); viceversa, le alterazioni renali migliorano


solo se inizialissime, restano invariate se pi avanzate e

dei pazienti (Buckle); c) dopo trapianto renale ben riuscito,


l'iperparatiroidismo secondario regredisce di solito in maniera
completa (compresa l'osteopatia), a meno che l'iperparatiroidi

soprattutto se gi intervenuta l'insufficienza renale.


Quando sorge l'indicazione per la terapia medica,
questa pu essere attuata come preconizzato da Albright,
e cio con fosfato inorganico (sotto forma di sale sodico)
per infusione o per bocca, che tuttavia facendo
diminuire l'eliminazione urinaria e fecale del calcio (che
si abbassa nel sangue con meccanismo ignoto) rischia
di provocare la comparsa di calcificazioni extraossee

(Breuer e Le Bauer); oppure, pu essere attuata (come


qualcuno pi modernamente preferisce) con la sommini
strazione di solfato di sodio, che fa aumentare l'elimina
zione urinaria di calcio, ma richiede la somministrazione

di grandi quantit di liquidi (ca. 3 l al giorno) perch


l'infusione possa far abbassare utilmente la calcemia
(Chakmakjian e Bethune).
Il trattamento con calcitonina stato in un certo senso

osteodistrofie da insufficienza renale sono diventate pi fre

smo secondario non sia gi diventato iperparatiroidismo terziario


(v. sotto) (Alfrey e coll.); d) l'ipercalcemia, che compare nei
nefritici sottoposti a trapianto renale, spesso fa la spia dell'iper

paratiroidismo preesistente al trapianto (Alfrey e coll.); e)


l'osteodistrofia degli uremici pu risultare cos fastidiosa (so
prattutto per i dolori, ma anche per il prurito che l'iperparati
roidismo comporta) da indurre alla paratiroidectomia subtotale
anche in pazienti che gi si sa destinati alla morte (Findley e
coll.).
Nel caso dell'osteodistrofia renale iperazotemica, la patogenesi
dell'iperparatiroidismo si basa su due capisaldi patogenetici: la
ritenzione dei fosfati e la diminuita idrossilazione della Vit. D,
reazione quest'ultima che avviene quasi esclusivamente a livello
del parenchima renale. Questa carenza della forma attiva della
Vit. D porterebbe le cellule ossee a rispondere meno alla
somministrazione di paratormone, e con questo rilievo potrebbe

spiegarsi l'ipocalcemia che si osserva in questi pazienti, associata

deludente. Al riguardo va ricordato che questo ormone


ha un'efficacia tanto maggiore quanto maggiore l'au
mento del riassorbimento osseo e presenta lo svantaggio
che la sua azione ipocalcemizzante pu fungere da
stimolo alla secrezione di paratormone. Le dosi giorna

all'iperfosfatemia da ritenzione dei fosfati.

liere consigliate sono di 30-50 U. MRC (standard del

sia gi intervenuto il trapasso dell'iperparatiroidismo


secondario nell'iperparatiroidismo terziario (v. sotto).
Nell'iperparatiroidismo secondario, la calcemia bassa o

British Medical Research Council) di calcitonina porcina


o di salmone o sintetica (0,5-1 mg). Va comunque
ricordato che, molto spesso, dopo un certo periodo si
osserva una notevole diminuzione dell'attivit ipocalce

Abitualmente non ci sono difficolt diagnostiche e


l'iperparatiroidismo secondario pu essere agevolmente
distinto dall'iperparatiroidismo primario, a meno che non

normale e la fosfatemia alta o normale; le alterazioni

mizzante.

ossee, e quelle biochimiche, abitualmente vengono cor


rette da dosi opportune di Vit. D, perch, con meccani
smi vari, le diverse malattie causali dell'iperparatiroidi

Iperparatiroidismo secondario

smo secondario comportano una deficienza della stessa


(Rasmussen). Nei laboratori in cui ci possibile, il

L'iperparatiroidismo secondario caratterizzato da una


iperproduzione di paratormone che obbedisce ad un
aumento delle esigenze dell'organismo, qualunque sia la
malattia primaria che conduce, con un meccanismo o
con l'altro, all'ipocalcemia, cio a quella condizione che
obbliga le paratiroidi a iperfunzionare, nel tentativo di
ristabilire l'omeostasi calcica.

In ordine decrescente di frequenza, l'insufficienza


renale cronica e il malassorbimento intestinale sono le

principali cause di iperparatiroidismo secondario: non


certo le uniche, perch anche molte malattie croniche
117

dosaggio del paratormone ematico permette di docu


mentare alti valori basali sia nell'iperparatiroidismo se
condario sia nell'iperparatiroidismo primario, tuttavia,

con la caratteristica che, dopo carico di calcio (e


conseguente elevazione della calcemia), la paratormone
mia si abbassa frequentemente nell'iperparatiroidismo
secondario, resta invece frequentemente invariata nel
l'iperparatiroidismo primario.
La terapia dell'iperparatiroidismo secondario consiste
essenzialmente nella terapia della malattia causale, cui
spesso conviene aggiungere la somministrazione orale o
118

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

parenterale di Vit. D (3000-4000 U. al giorno, ma anche


dosi assai maggiori, a seconda dei casi), con l'aggiunta
eventuale di sali di calcio.

Notevolmente efficace appare la somministrazione

cio che, una volta trovata un'ipercalcemia con ipofosfa


temia, se il paziente maschio, se ha perduto peso di
recente (almeno 10 kg) e se anemico, opportuno
pensare che sia portatore di un cancro extraparatiroideo

della forma attiva della Vit. D, il 1-25-diidrossicolecalci

che occorre ricercare accuratamente. Il conoscere la

ferolo. I pazienti si giovano anche della somministrazione

possibilit di uno pseudoiperparatiroidismo paraneopla

di idrossido di alluminio, che riduce l'assorbimento


intestinale dei fosfati.

stico ha importanza pratica, oltre che dottrinale, a)


perch l'ipercalcemia (di solito superiore a 14 mg%)

Iperparatiroidismo terziario

qualche volta pu portare a morte il paziente prima che


lo faccia il tumore; b) perch l'ipercalcemia, opportuna

L'iperparatiroidismo terziario (termine proposto da


Walter St. Goar nel 1963, per indicare un concetto
prospettato gi 7 anni prima da Davies, Dent e coll.)
una tappa evolutiva, non obbligatoria (tanto che ne stata

mente interpretata, pu consentire una diagnosi pi


tempestiva del tumore causale (Muggia e Heinemann).
IPOPARATIROIDISMO

postulata una predisposizione costituzionale) dell'iper


paratiroidismo secondario: con la peculiarit di essere
una condizione morbosa diventata autonoma, per essersi
emancipata dalle cause che avevano provocato l'iperpla
sia reattiva delle paratiroidi e l'iperparatiroidismo secon

Definizione e classificazione

dario (Davies e coll.; Golden e coll.). Unica reale

Ipoparatiroidismo il termine qualificativo di ogni condi


zione anatomoclinica che sia caratterizzata da un'ipose
crezione patologica di ormone paratiroideo e dalle
relative conseguenze. Esistono 4 forme di ipoparatiroi

differenza tra iperparatiroidismo primario e iperparati


roidismo terziario attualmente l'ignoranza e, rispetti
vamente, la conoscenza dell'etiopatogenesi.

dismo: 3 vere e 1 falsa. Gli ipoparatiroidismi veri sono:


1) l'ipoparatiroidismo iatrogenico; 2) l'ipoparatiroidismo
spontaneo (o idiopatico); 3) la spasmofilia costituzionale.

L frequenza dell'iperparatiroidismo terziario provviso

riamente (cio in attesa di maggiori affinamenti diagnostici)


di 6 casi ogni 100 di iperparatiroidismo primario (Davies e
coll.). La sua etiopatogenesi la seguente: malattie capaci di
comportare ipocalcemia (secondo Davies e coll., non solo quelle
citate a proposito dell'iperparatiroidismo secondario ma anche
molte malattie croniche come la tbc polmonare, la tireotossicosi,
il diabete mellito, tumori vari, etc.)-- ipocalcemia a lungo non
riconosciuta e non corretta - iperplasia delle paratiroidi -iperplasia adenomatosa delle paratiroidi-- formazione di un
adenoma iperfunzionante (autonomo, cio sganciato dal fisiolo

gico controllo da parte della ipercalcemia)-- possibile ma


eccezionale trasformazione dell'adenoma iperfunzionante in un
cancro paratiroideo iperfunzionante. Un caso della serie di
Davies e coll. presentava, all'intervento,2 paratiroidi normali, 1
paratiroide con adenoma e 1 paratiroide con carcinoma.

A parte che per l'etiologia riconoscibile, l'iperparati


roidismo terziario non distinguibile dall'iperparatiroi
dismo primario. La terapia chirurgica come quella
dell'iperparatiroidismo primario.
Non tutti ritengono inequivocabilmente dimostrata la
sequenza di avvenimenti che dall'iperparatiroidismo se

condario portano all'iperparatiroidismo terziario. Co


munque, se le future ricerche rendessero accettabile da
parte di tutti la sequenza indicata sopra, la patologia
iperfunzionante delle paratiroidi verrebbe ad acquistare

un posto di primo piano quale modello utilizzabile per lo


studio della produzione e progressione dei tumori umani:
per lo meno di quelli a carico delle ghiandole endocrine

(Davies e coll.).
Pseudoiperparatiroidismo o iperparatiroidismo paraneo
plastico

Lo pseudoiperparatiroidismo caratterizzato dalla pro


duzione ectopica di una sostanza paratormone-simile da

parte di tessuto tumorale extraendocrino: di solito, da

L'ipoparatiroidismo falso perch dovuto non a difet


tosa produzione di paratormone, bens ad insensibilit
degli effettori di fronte all'azione dell'ormone paratiroi

deo va sotto il nome di pseudoipoparatiroidismo di


Albright. Degli ipoparatiroidismi veri, il pi raro

l'ipoparatiroidismo spontaneo (secondo Rasmussen, non


pi di 150 casi descritti in tutto il mondo fino al 1968);
meno raro l'ipoparatiroidismo iatrogenico (stando alle
ricerche di Molinatti e coll. lo si ritroverebbe nel 2,3% di

tutti i paratiroidectomizzati); il pi frequente la


spasmofilia costituzionale (tanto che Klotz ne aveva gi
osservati 1000 casi fino al 1959, e nella sola Francia).
Onde evitare ripetizioni, conviene descrivere in un
unico paragrafo sia l'ipoparatiroidismo iatrogenico sia
l'ipoparatiroidismo spontaneo. Viceversa, preferibile
dedicare un breve cenno a parte alla spasmofilia costitu
zionale e allo pseudoipoparatiroidismo. Con la precisa
zione preliminare, da fare una volta per tutte: presa in
blocco, la patologia ipofunzionale delle paratiroidi
almeno 2 volte pi frequente tra le donne.
Ipoparatiroidismo iatrogenico e ipoparatiroidismo spon
taneo

Etiopatogenesi
Nell'ipoparatiroidismo iatrogenico, si ha a che fare con
l'asportazione di tutto il tessuto paratiroideo funzionante
(specie in casi di tiroidectomia totale, quando l'ipopara

tiroidismo iatrogenico raggiunge la frequenza del 4%:


Molinatti e coll.), o, pi di frequente, con lesioni
traumatiche delle ghiandole o dei loro vasi (e quindi con
possibilit, in alcuni casi, di una soddisfacente rigenera

zione paratiroidea). Nell'ipoparatiroidismo spontaneo, in


vece, estremamente difficile dire perch tutte e 4 le
paratiroidi cessino o quasi di funzionare.
La malattia colpisce prevalentemente soggetti al disotto

dei 15 anni. Appare molto probabile che vi siano forme


da parte di tumori renali (specie ipernefromi); pi di familiari e forme sporadiche. Le prime appaiono tra

parte di carcinomi squamosi del polmone; qualche volta,

rado, da parte di tumori maligni a carico del pancreas,


dell'utero, del colon, etc. (Goodal). Il numero dei casi
finora descritti supera di poco i 30; tuttavia, non da
escludere che questa particolare sindrome endocrina
paraneoplastica sia meno rara di quanto si creda. Al
riguardo, bene tenere presente il consiglio di Liddle e
119

smettersi come un carattere recessivo legato al cromo

soma X e pertanto colpiscono prevalentemente soggetti


di sesso maschile (V. H. Peden), oppure come un
carattere autosomico recessivo, associato ad altre patolo

gie, come si osserva nella sindrome di Di George, che


compare entro il 3 anno di vita, ed costituita
120

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

dall'associazione di ipoparatiroidismo idiopatico, agenesia


timica, disturbi dell'immunit cellulare. Un'altra forma

con carattere della familiarit, ma della quale non si


conosce il meccanismo di trasmissione, la cosiddetta
sindrome moniliasi-ipoparatiroidismo-iposurrenalismo
che, per il carattere della familiarit e il riscontro di
autoanticorpi in circolo, introduce il sospetto che una
costituzionale meiopragia delle paratiroidi e una costitu
zionale facilit a formare autoanticorpi possano portare

ad alterazioni regressive delle paratiroidi con meccanismo


autoimmune (Quichaud). In circolo sono infatti presenti
anticorpi antiparatiroide, antitiroide (con presenza talora
di tiroidite) e antimucosa gastrica. Musymowitz e Klein
hanno descritto una forma di ipoparatiroidismo da
probabile blocco dell'ormonogenesi, con presenza in
circolo di paratormone immunoreattivo ma biologica
mente inefficace.

Comunque, sicura la rarit di alterazioni paratiroidee


gravi attribuibili ad emorragie, ad infezioni o a irradia
zioni della tiroide (con raggi X o con radioiodio)
(Rasmussen).
La genesi del quadro clinico da ricondurre con
sicurezza alla deficienza di paratormone e alla conse
guente ipocalcemia: in parte anche all'iperfosfatemia. Pi
precisamente, l'ipocalcemia e l'iperfosfatemia, che costi

tuiscono la caratteristica umorale dell'ipoparatiroidismo,


sono conseguenza del venir meno dell'azione diretta del
paratormone sui tubuli renali e sulle ossa e quindi
esprimono la diminuzione del riassorbimento tubulore
nale del calcio, la diminuzione della decostruzione ossea
e l'aumento del riassorbimento tubulorenale del fosforo.

L'ipereccitabilit neuromuscolare, che caratteristica


dell'ipoparatiroidismo, dipende dall'ipocalcemia, in
quanto il calcio ha un ruolo importante nella funzione
delle membrane cellulari e in particolare nel controllo del

trasporto del sodio e del potassio (Rasmussen). Le


alterazioni trofiche, frequenti ad osservarsi in corso di
ipoparatiroidismo, sono state messe in conto dell'azione
deleteria che l'ipocalcemia avrebbe sul circolo e in

particolare sui precapillari e capillari (Smith e coll.).


Delle

alterazioni

ossee sufficiente

dire

che

sono

Anatomia patologica
Nell'ipoparatiroidismo iatrogenico una o pi paratiroidi risultano
asportate; comunque, il tessuto paratiroideo presente risulta

abitualmente degenerato (Virenque e Baubert). Nell'ipoparati


roidismo spontaneo, le paratiroidi possono apparire grossolana
mente normali o ipoplasiche: sempre per le cellule epiteliali
sono diminuite di numero, o assenti e rimpiazzate da grasso.

Sintomatologia clinica
Se il deficit di paratormone si stabilisce acutamente

(per paratiroidectomia o per scompenso di un ipopa


ratiroidismo latente, a causa di una delle condizioni

elencate nella etiopatogenesi), compare, pi o meno


conclamata e pi o meno drammatica, la crisi tetanica

(tetania paratireopriva, descritta per la prima volta, nel


1896, da Vassale e Generali, negli animali). Questa
s'inizia con un senso di formicolio e di intorpidimento
alla bocca, alle mani e ai piedi, che cominciano a

contrarsi e a diventare rigidi (spasmo carpopodalico),


mentre gli avambracci si flettono sulle braccia e le mani,
flettendosi spasmodicamente sugli avambracci, con la
spasmodica estensione delle dita, assumono l'aspetto
caratteristico della mano ostetrica. Frattanto, com
paiono lo stridore causato dallo spasmo laringeo e
l'asfissia che, sia pure raramente, pu essere fatale. Alla
contrazione tonica, spasmodica, dolorosa, generalizzata,
pu accompagnarsi o far seguito la comparsa di convul
sioni cloniche, spesso confuse con quelle epilettiche. Nei
bambini e nei soggetti costituzionalmente predisposti, la
tipica crisi tetanica pu essere sostituita da crisi epiletti
che, per nulla distinguibili dall'epilessia vera, tanto pi
che possono alternarsi con episodi simili a quelli che
caratterizzano il piccolo male. V. anche: TETANIA.
Invece che conclamata, la tetania pu essere latente,
ed essere messa in evidenza dal medico: a) riducendo la
circolazione dell'avambraccio e comprimendo i nervi del
braccio (merc applicazione del bracciale dello sfigmo
manometro per ca. 3 min, con una contropressione di
poco superiore alla pressione sistolica), nel qual caso

compare il tipico spasmo con mano di ostetrico (segno


di Trousseau); oppure b) percuotendo il nervo facciale

conseguenza diretta e non mediata della deficienza di

immediatamente al davanti del meato acustico esterno, o

paratormone.

scenda al di sotto di 7-8 mg%; b) in presenza di acidosi,

subito al di sotto del processo zigomatico, nel qual caso


compare una contrazione dei muscoli del labbro supe
riore, dell'ala del naso e delle palpebre dello stesso lato
(segno di Chvostek [fig. 4]); oppure c) percuotendo il
nervo peroneo in corrispondenza del capitello della
fibula, nel qual caso compare una flessione dorsale con

la tetania non compare neanche con livelli calcemici


inferiori a 7 mg%, perch l'acidosi aumenta la ionizza
zione del calcio e quindi fa aumentare la frazione
biologicamente attiva del calcio circolante; c) in presenza
di alcalosi, la tetania pu comparire anche con livelli

cando una corrente galvanica inferiore a 5 mA al nervo


mediano o ulnare o peroneo, nel qual caso compare una
netta contrazione (mentre nell'individuo normale occor
rono correnti superiori a 5 mA per ottenere lo stesso

calcemici normali o quasi, perch l'alcalosi fa diminuire

fenomeno) (segno di Erb). Oltre che dal medico, la

la ionizzazione del calcio; d) in presenza di una normale

tetania latente pu essere messa in evidenza da uno


spavento, da un'emozione, etc.; allora essa si esprime, volta
a volta, sotto forma di manifestazioni isolate di spasmo
carpopodalico o di stridore laringeo o di parestesie o di
spasmo pilorico o di disfagia o di disartria o di aritmia

Circa la responsabilit delle turbe elettrolitiche nella


genesi del quadro clinico dell'ipoparatiroidismo, conviene

precisare quanto segue: a) perch compaiano i primi


segni sicuri di ipoparatiroidismo, occorre che la calcemia

fosfatemia ottenuta con il Probenecid (che ha un'azione


fosfaturica analoga a quella del paratormone), la tetania
non compare neanche se la calcemia al di sotto di 7

mg%: il che indica chiaramente che alla genesi delle


manifestazioni cliniche dell'ipoparatiroidismo contribuisce
anche l'iperfosfatemia.
In rapporto con la sua patogenesi, la sintomatologia
clinica dell'ipoparatiroidismo viene messa in evidenza o
viene rapidamente aggravata dall'alimentazione povera di
calcio e ricca di fosforo, dalla diarrea e dalle malattie

abduzione del piede (segno di Luf); oppure d) appli

cardiaca, etc.

Se il deficit di paratormone si stabilisce lentamente


(come nell'ipoparatiroidismo spontaneo, ma come
sia pure pi di rado pu essere anche nell'ipoparati

roidismo iatrogenico), la sintomatologia pu limitarsi per

intestinali con turbe dell'assorbimento, dall'allattamento,

lungo tempo ad astenia, labilit emotiva, palpitazioni,


facilit ai formicolii, etc. Se l'insufficienza paratiroidea

dal maggiore fabbisogno di calcio imposto dalla gravi

pi grave, compaiono abitualmente disturbi trofici, che

danza, etc.

interessano, in ordine grossolanamente decrescente di

121

122

IPERPARATIROIDISMO E IPOPARATIROIDISMIO

Diagnosi
Tetania non significa sempre ipoparatiroidismo, giacch,
all'infuori dell'ipoparatiroidismo, tetania si pu osservare:
1) per deficiente introduzione o per deficiente assorbi
mento intestinale di calcio (rachitismo, osteomalacia,
steatorrea); 2) per alcalosi (da iperventilazione, da
vomito, da eccessiva somministrazione di farmaci alcali

nizzanti); 3) per eccessiva somministrazione di farmaci


che formano composti irreversibili con gli ioni calcio

(ossalato o citrato);4) per deficienza di magnesio; 5) per


turbe elettrolitiche e soprattutto per deplezione potassica
(come si ha nell'iperaldosteronismo primario); 6) per
pancreatite necrotica, giacch, in tale evenienza, il calcio
viene legato ai grassi idrolizzati messi in libert dal
tessuto adiposo necrotico. A parte gli altri segni clinici e
di laboratorio, in nessuna delle condizioni elencate vi

Fig. 4. Segno di Chvostek. (Originale Patrono).

un quadro biochimico perfettamente sovrapponibile a


quello che caratterizza l'ipoparatiroidismo e cio: ipocal
cemia con iperfosfatemia, ipocalciuria e ipofosfaturia,
fosfatasemia alcalina normale.
L'idrossiprolinuria notevolmente ridotta. Il test di
Kaiser e Ponsold, basato sulla somministrazione di
versenato di sodio e sulla misura dell'ipocalcemia da
questo provocata, pur se capace di una buona discrimina
zione, non scevro da pericoli e va usato solo in casi
estremi e sempre tenendo pronta un'infusione di calcio
gluconato. La somministrazione per infusione di calcio,
secondo le modalit precedentemente descritte, un test
poco attendibile.
Il dosaggio RIA del paratormone plasmatico un test
altamente discriminante, ma ha il difetto di essere

frequenza: il cristallino con la tipica cataratta (corticale

costoso e non ancora abbastanza diffuso.

negli adulti;- nucleare nei bambini); la cute, che diventa

La diagnosi differenziale di laboratorio con lo pseudo


ipoparatiroidismo, oltre che del dosaggio del parator
mone, si pu valere del test di Ellsworth e Howard
(perch, nel caso dello pseudoipoparatiroidismo, manca
la caratteristica risposta fosfatemica all'iniezione di pa
ratormone) o del dosaggio dell'AMP ciclico urinario,
basale o sotto stimolo con paratormone. I soggetti
ipoparatiroidei dimostrano un'escrezione di AMP ciclico
ridotta ma che aumenta di 10 volte dopo somministra
zione di paratormone: gli pseudoipoparatiroidei non

secca, squamosa e screpolata; i capelli, e in genere i peli,


che diventano secchi e cadono a chiazze; le unghie, che
diventano fragili e presentano solchi trasversali, non
infrequentemente anche i segni dell'infezione da monilia;

i denti (quando l'ipoparatiroidismo si manifesta fin


dall'infanzia), che presentano alterazioni dello smalto con
striature trasversali, o addirittura fenomeni di aplasia o di
ipoplasia; il cuore, che spesso presenta (all'ECG) un
allungamento della sistole elettrica rispetto alla sistole
meccanica; il cervello, che mostra spesso alterazioni
elettroencefalografiche.
Le anomalie elettroencefalografiche e la sintomatologia
tetanica portano spesso a un'errata diagnosi di epilessia e
alla terapia con fenobarbital e difenilidantoina. I noti
effetti di questi farmaci sul metabolismo della Vit. D,
consistenti in un aumento della conversione della forma

dimostrano aumenti.

Nel complesso, nonostante i raffinati test introdotti


negli ultimi anni, la diagnosi dell'ipoparatiroidismo si
avvale soprattutto di un'anamnesi e di un esame obiettivo
accurati e dei tre parametri ematochimici realmente
importanti: calcemia, fosfatemia e fosfatasemia, even
tualmente con un dosaggio di Na, K e riserva alcalina.

attiva 1-25 (OH) Vit. D, in cataboliti inattivi, provocano


una situazione di ipovitaminosi D con ipocalcemia e

ripresa delle crisi tetaniche: a questa apparente inefficacia


della terapia anticomiziale spesso il medico risponde con
un ulteriore aumento della dose di fenobarbitale o

difenilidantoina. Di qui l'importanza di tener presente la


possibilit dell'ipoparatiroidismo in tutti i bambini con
sintomatologia convulsiva.
Se l'ipoparatiroidismo di una certa durata, sogliono

comparire piccole calcificazioni (radiograficamente visi


bili) dei nuclei della base e/o del cervelletto, che si

distinguono dalle calcificazioni tumorali per essere sim


metriche. Abitualmente, vi un maggiore contenuto
calcico delle ossa; tuttavia, di solito, questo non tale da
essere radiograficamente documentabile. Solo in casi
eccezionali pu essere documentata una marcata sclerosi
della colonna vertebrale (specie nel tratto lombare e
pelvico), nonch una calcificazione dei legamenti e delle
inserzioni tendinee (Gibberd).
123

Prognosi e terapia
La tetania paratireopriva pu anche essere mortale, se
non curata a tempo e a dovere. L'ipoparatiroidismo cro
nico spontaneo (o idiopatico), specie se inizia nell'infan
zia, e specie se di una certa entit, ha una prognosi ri
servata quoad valetudinem anche se non quoad vitam:
anche perch spesso ne risulta ritardato lo sviluppo
mentale. Viceversa, le forme croniche lievi di ipoparati
roidismo possono essere sopportate abbastanza bene per
anni, fino a quando non interviene qualcuna delle condi
zioni che fanno scompensare l'insufficienza paratiroi
dea, aggravandola (v. etiopatogenesi).
Nella terapia dell'ipoparatiroidismo, la somministra
zione di paratormone del commercio ha scarso valore
pratico, non tanto e non solo per il fastidio delle inie
zioni, quanto e soprattutto per la sua incostanza di effica
cia e per la sua progressiva inattivit a causa della forma
124

IPERPARATIROIDISMO E IPOPARATIROIDISMIO

zione di antiormoni. La terapia dell'ipoparatiroidismo


cronico pu essere fatta agevolmente con un'alimenta

Fig. 5. Radiografia
della mano in un

zione povera di fosforo (quindi povera di noci, di for


maggi e di tuorli d'uovo, ma povera anche di latte che, se
ricco di calcio, ricco anche di fosfati); con la sommi
nistrazione di sali di calcio per bocca; con la sommini
strazione di idrossido di alluminio, che chela i fosfati in

trodotti con la dieta e ne impedisce l'assorbimento; con


l'aggiunta di Vit. D per bocca o per iniezioni, oppure con

caso di pseudoipo
paratiroidismo; si
noti l'abnorme bre
vit del 4 metacar

le

(Da

h., TomkiewiczS.,
Ann. endocrinol.,

1956, 17, 655).

l'aggiunta di AT 10 (diidrotachisterolo) per bocca. Al


riguardo, conviene precisare che: a) la Vit. D va sommi
nistrata alla dose media giornaliera di 2,5-5 mg (che cor
rispondono a 100.000-200.000 U.I.); b) l'AT 10 va
somministrato solo per bocca, in soluzione oleosa allo
0,1%, tenendo presente che 1 ml di AT 10 (= 30 gtt)

corrisponde, come attivit, a ca. 10 mg di Vit. D (s che,


in media, ne occorrono 15 gtt al giorno); c) tanto la te
rapia con Vit. D quanto la terapia con AT 10 debbono
essere sorvegliate sempre con dosaggi periodici della cal
cemia o della calciuria, onde evitare fenomeni da iper
dosaggio; d) in alcuni casi, l'ipoparatiroidismo insensi
bile alla Vit. D ma risponde bene all'AT 10; in altri
casi, l'ipoparatiroidismo insensibile sia alla Vit. D sia
all'AT 10, ma risponde quando a questi farmaci ven

gono aggiunti sali di magnesio, 1-2 gldie (Rsler e Rabi


nowitz).
L'obiettivo della terapia con Vit. D o con AT 10
quello di normalizzare la calcemia. Tenendo presente che
queste sostanze hanno un'azione molto lenta e danno un
effetto di accumulo, e tenendo presente che dose tera
peutica e dose tossica sono pericolosamente vicine, in
pratica la terapia con questi farmaci pu dar luogo a un
pericoloso iperdosaggio: l'ipercalcemia da Vit. D si ac
compagna a massiccia ipercalciuria e pu essere causa di

terapia pu essere limitata alla somministrazione di sali


di calcio.

Pseudoipoparatiroidismo

danni renali gravi. perci indispensabile individualiz

Descritto da F. Albright nel 1942, lo pseudoipoparatiroi

zare la terapia usando la dose minima efficace, control


lando almeno mensilmente la calcemia: una volta rag
giunta la dose minima efficace, i controlli potranno essere
diradati. Nel caso dell'ipoparatiroidismo giovanile, le
maggiori richieste di Vit. D e i problemi dell'accresci
mento osseo consigliano un'attenzione ancora maggiore.
La crisi ipoparatiroidea acuta si giova della sola terapia
con calcio gluconato endovena (iniezione lenta di solu
zione al 5 o al 10%).

dismo una malattia ereditaria dovuta ad un gene ano

Spasmofilia

costituzionale

La spasmofilia costituzionale, detta anche tetania cronica


familiare bene studiata in Francia da Klotz fami
liare, ha una qualche parentela con l'ipoparatiroidismo
spontaneo idiopatico e con lo pseudoipoparatiroidismo
(forse espressioni variabili di una unica turba disgenetica
complessa e ancora mal nota) e si manifesta fin dall'in
fanzia con una sintomatologia che ripete, ma in minia
tura, quella gi descritta sopra a proposito dell'ipopara
tiroidismo iatrogenico e dell'ipoparatiroidismo spontaneo.
Mancano prove sicure che la spasmofilia costituzionale, la
quale di solito normocalcemica, sia realmente una sin
drome da deficiente secrezione di paratormone. Cio
nonostante, va segnalato che: a) gli avvenimenti capaci di
aumentare il fabbisogno calcico (gravidanza, allatta
mento, diarrea, etc.) creano di solito il passaggio dalla
fase latente di malattia alle varie manifestazioni dell'iper
eccitabilit neuromuscolare, fino alla comparsa della crisi
tetanica; b) nonostante la calcemia abitualmente nor
male, le ricerche con 45Ca denunciano una riduzione del

pool calcico, con abbassamento del calcio tessutale. Nella


pratica, la diagnosi pi clinica che di laboratorio. La
125

malo che viene trasmesso come un tratto dominante a

penetranza variabile legato al cromosoma X. ca. 2


volte meno frequente dell'ipoparatiroidismo idiopatico ed
fondamentalmente caratterizzato da multiple anomalie
congenite, e cio: bassa statura, faccia tonda, accorcia
mento delle ossa del metacarpo (fig. 5) e del metatarso,
calcificazioni nei tessuti molli, deficit mentale non sempre

grave, insensibilit dei reni e assai pi di rado delle ossa


a risentire l'azione dell'ormone paratiroideo. Pertanto,
abitualmente, si verifica una cosiffatta sequenza di avve
nimenti: insensibilit dei tubuli renali di fronte al para
tormone -- ritenzione di fosfati e aumento della fosfate

mia - ipocalcemia - iperplasia e ipersecrezione delle


paratiroidi -- alterazioni ossee come quelle dell'iperpara
tiroidismo, fino eventualmente all'osteopatia fibrocistica
(Bergstrand e coll.; Lee e coll.; Frame e coll.).
Di un certo interesse patogenetico il rilievo che il soggetto
affetto da pseudoipoparatiroidismo non risponde alla sommini
strazione di paratormone n con la fosfaturia n con l'aumento,
nella secrezione urinaria, di AMP ciclico: si pensa quindi a
un'alterazione dei siti recettoriali renali del paratormone o a un
difetto del sistema adenilciclasico renale. Ambedue queste pos
sibilit andranno ulteriormente studiate.

La sintomatologia clinica e umorale dello pseudoipo


paratiroidismo costituita dunque dalla triade: 1) quadro
biochimico e sintomatologico sovrapponibile a quello
dell'ipoparatiroidismo idiopatico (ipocalcemia, iperfosfa

temia, ipereccitabilit neuromuscolare fino alla tetania);


2) quadro radiologico e sintomatologia ossea sovrapponi
bili spesso (anche se non sempre) a quelli dell'iperpara
tiroidismo secondario; 3) anomalie congenite associate.
126

IPERPARATIROIDISMIO E IPOPARATIROIDISMIO

Con l'avvertenza che: a) in rari casi, queste ultime pos


sono mancare e il fenotipo essere normale (Frame e
coll.); b) nel 1952, F. Albright descrisse, con il nome di
pseudo-pseudoipoparatiroidismo, una sindrome, anch'essa
ereditaria, perfettamente sovrapponibile allo pseudoipo
paratiroidismo, ma da questo nettamente distinta per la
mancanza del quadro umorale e quindi per la mancanza
della sintomatologia da ipereccitabilit neuromuscolare
(Man e coll.; Silvestrini e coll.).
Di notevole importanza, nella diagnosi dello pseudoipopara
tiroidismo, sembra il dosaggio del paratormone plasmatico, che,
nei pochi casi finora studiati, appare aumentato, aumento che
risulta sopprimibile dall'infusione di Ca?. Altri due test molto
importanti, il test di Ellsworth e Howard e il test dell'escrezione
urinaria di AMP ciclico, sono stati descritti sopra.

La terapia dello pseudoipoparatiroidismo pu essere


fatta nel modo migliore merc la somministrazione di
Vit. D (2,5 mg al giorno = 100.000 U.I.), la quale

IPERPIRESSIA FULMINANTE

Sin.: iperpiressia maligna; ipertermia maligna. F. hyper


pyrexie maligne. - I. malignant hyperpyrexia. - T. maligne
Hyperpyrexie. - s. hiperpirexia maligna.
Generalit

L'iperpiressia fulminante una rara sindrome, frequen


temente ad esito fatale, che si manifesta in alcuni soggetti

suscettibili, a seguito della somministrazione di un po


tente anestetico per via inalatoria o di un miorilassante.
Come tale essa considerata una delle complicanze pi

gravi dell'anestesia generale. Essa si caratterizza per un


improvviso incremento della produzione di calore a li
vello muscolare, con secondaria repentina elevazione

della temperatura corporea, che pu superare i 44C.


Nelle crisi di i. f. che conseguono alla somministrazione
di un miorilassante frequente anche il riscontro di rigi

dit muscolare generalizzata, spesso preceduta da trisma;

stando alle ricerche di Suh e coll. avrebbe, tra l'altro,

in base all'assenza o meno di questo reperto si soliti


distinguere una forma flaccida da una forma rigida

la capacit di ripristinare la sensibilit degli effettori di


fronte all'azione del paratormone.

di i. f.
Lo scatenarsi di una crisi di i. f. un evento raro che si

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verifica in media ogni 15.000 anestesie nell'et infantile e


ogni 50.000 nell'adulto. Il sesso pi colpito quello ma

schile, con un rapporto di ca. 2:1. La massima frequenza,


in ordine all'et, si registra negli adolescenti e nei giovani
adulti, con et media che cade intorno ai 19 anni. La

mortalit, che un tempo raggiungeva il 70-80% dei casi,

1006.

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Ul

attualmente ridotta al 30-40% per effetto di una pi


efficace diagnosi di predisposizione e di pi efficaci pre
sidi terapeutici.
Etiopatogenesi
Occorre distinguere due tipi fondamentali di i. f.: quello spora
dico e quello familiare. In questo secondo, la suscettibilit all'i.
f. si trasmette come un carattere autosomico dominante a pene
tranza ridotta e ad espressivit variabile. Nelle famiglie nelle
quali stata dimostrata la suscettibilit ereditaria all'i. f. stato
quasi sempre possibile documentare l'esistenza di una miopatia,
talvolta con definiti caratteri clinici, pi spesso subclinica e con
trassegnata solo da alti tassi serici di creatinfosfochinasi, un en
zima della fibra muscolare striata che si riscontra in quota ele
vata nel siero solo in presenza di gravi lesioni muscolari con
perdita dell'integrit del sarcolemma.
Una prima teoria etiologica centrale, secondo la quale la crisi
ipertermica sarebbe stata la conseguenza di uno squilibrio dei
centri termoregolatori ipotalamici, stata poi confutata in base

all'evidenza dei dati anatomoclinici e sperimentali, che accredi


tano invece la teoria causale periferica. Questa identifica l'ori

Murray T. et al, Clin. Res, 1970, 18, 693.


Musynowitz M. L., Klein M. H., Am. J. Med., 1973, 55, 105.
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Patrono V., Endocrinologia per la clinica, 1972, 3 ed., Pensiero

Scientifico, Roma.
Morelle J. et al., Rev. Fr. Endocrinol. Clin., 1967, 8,

gine della sindrome in un'insufficienza funzionale congenita delle


membrane di alcuni organuli intracellulari della fibra muscolare
striata. Resta peraltro tuttora controversa la natura autoctona,
miogena o, al contrario, neurogena, di questa lesione. Pertanto
l'etiologia della sindrome appare ancora incerta e non sembra
riducibile ad una definizione univoca. Il termine sindrome,

relativo all'i. f., si giustifica, in effetti, non solo con la pluralit

Purnell D. C., Smith L. H. et al., Am. J. Med, 1971, so, 670

Rasmussen H., in Williams R. H. ed., Textbook of Endocrinol


ogy, 1968, 4 ed., Saunders, Philadelphia.

delle etiologie invocate, ma anche con l'aspecificit dell'agente


scatenante la crisi ipertermica.
dimostrato, infatti, che non
esiste un anestetico o un miorilassante che possa essere consi
derato il movente unico e specifico dell'i. f., anche se l'alotano
(anestetico aeriforme) e la succinilcolina (miorilassante) sono i
due agenti che pi spesso sono chiamati in causa nel determi

Reiss E., Canterbury J. M., Am. J. Med., 1971, 50, 679.

nismo di una crisi di i. f.

Le Bozec R. et al., Ann. Endocrinol. (Paris), 1969,


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VITO PATRONO

127

Sono state prospettate due diverse interpretazioni patogeneti


che per la forma flaccida e, rispettivamente, per quella rigida
dell'i. f. Alla base della forma flaccida sarebbe un'anomalia la
tente del trasporto ionico della membrana mitocondriale, che si

manifesterebbe in seguito alla somministrazione di alotano, col


permettere un abnorme ingresso di Ca** nel mitocondrio, con
secondario disaccoppiamento delle fosforilazioni dalle ossida
zioni. Questo fenomeno sarebbe responsabile, a sua volta, del

l'eccessiva produzione di calore che conduce all'iperpiressia. La


128

IPERPIRESSIA FULMINANTE

forma rigida, invece, sarebbe dovuta ad un'insufficienza funzio


nale del reticolo sarcoplasmatico, che, com' noto, ha la fun
zione di promuovere la contrazione muscolare liberando nel sar
coplasma ioni Ca**, e di consentire il rilasciamento reincame
randoli. Nei soggetti suscettibili, la succinilcolina esalterebbe una

se

S
S

latente incapacit del reticolo sarcoplasmatico a ridurre la con


centrazione degli ioni Ca** nel sarcoplasma, con conseguente
contrazione muscolare persistente e con attivazione della fosfo
rilasichinasi. Quest'ultima indurrebbe, a sua volta, produzione di
calore e saturazione dei sistemi di trasporto mitocondriali, con
secondaria glicolisi aerobia e acidosi. Successivamente, sia per la
elevata concentrazione di Ca** nel sarcoplasma, sia per un coe
sistente difetto della permeabilit ionica della membrana mito
condriale, aggravato dall'acidosi, si avrebbe penetrazione di ele
vate quantit di calcio nei mitocondri con disaccoppiamento
delle fosforilazioni dalle ossidazioni. Quest'ultimo evento, men
tre indurrebbe un'ulteriore produzione di calore, ridurrebbe an
che la sintesi dell'ATP con secondaria perdita di selettivit della
membrana cellulare, che ha una pompa ionica ATP-dipendente,
e fuoruscita dalla cellula di elettroliti e, successivamente, di en

---

ga
s
.

oi

g3
-----

siva variabilit nel diametro delle singole fibre muscolari. 50 .

zimi (creatinfosfochinasi, transaminasi glutammico-ossalacetica,


lattico-deidrogenasi, aldolasi) e di mioglobina.
Anatomia patologica
Il quadro anatomopatologico dell'i. f. in larga parte aspecifico
e povero di reperti obiettivi. Sebbene talvolta sia stata descritta

una miopatia nel soggetto colpito dalla crisi ipertermica, e/o in


qualcuno dei suoi familiari, non stato mai riscontrato un qua
dro macroscopico univoco. In un certo numero di casi stata
rinvenuta, in sede di autopsia, una tubulopatia ostruttiva da
mioglobinuria. Lo studio microscopico del tessuto muscolare ha
messo in rilievo alcuni elementi comuni ma aspecifici: si ri
scontrata un'abnorme variabilit nel calibro delle fibre musco

lari, con fibre di diametro nettamente superiore alla media, fre


quentemente ialine, e con altre atrofiche, con disposizione cen
trale dei nuclei (figg. 1 e 2); si rilevata, in alcuni casi, con
metodiche istochimiche, la presenza di aree prive di mitocondri
nella porzione centrale della fibra muscolare; si sono eviden

ziate, infine, con la microscopia elettronica, lesioni regressive a

rico di creatinfosfochinasi. Per una diagnosi di certezza


occorre, per, cimentare in vitro l'alotano con un fram
mento di muscolo escisso mediante biopsia.
Profilassi e terapia
La profilassi dell'i. f. consiste nell'individuazione dei sog
getti suscettibili, che vanno sconsigliati dal sottoporsi ad
anestesia generale e vanno forniti di speciali braccialetti
che mettano in guardia il medico nel caso di interventi in
stato di coma. Ove ve ne sia l'indicazione, questi pazienti
sembra possano essere sottoposti ad anestesia spinale e
regionale senza rischi (in questo ultimo caso da evitare
la lidocaina). Per l'anestesia generale pu essere utiliz

zato il tiopentale (Penthotale), con le limitazioni proprie

nel quale l'unico segno costante l'iperpiressia ingrave

di questa anestesia. Per interventi di piccola entit, si pu


opportunamente sedare il malato mediante somministra
zione di diazepam.
La terapia della crisi conclamata s'identifica innanzi
tutto nella pi sollecita interruzione dell'anestesia, ed
per il resto sintomatica, volta ad ottenere un vigoroso
raffreddamento corporeo e a neutralizzare l'acidosi. Si
corregger l'ipertermia applicando borse di ghiaccio, co
spargendo la cute di alcol, e cos pure somministrando
per via endovenosa della soluzione di Ringer fredda. Re
centemente (Ryan et al., 1974) si ricorsi al raffredda

scente. Questa ha inizio, in media, 90 min dopo l'indu

mento extracorporeo del sangue utilizzando una mac

carico dei mitocondri e focolai di disorganizzazione delle miofi


brille con ondulazione delle linee Z.

Sintomatologia

Ad eccezione dei pochi casi in cui presente una miopa


tia di rilevanza clinica, i soggetti suscettibili all'i. f. non
presentano alcuna sintomatologia obiettiva che possa far

presagire il futuro manifestarsi di una crisi. Questa si ap


palesa improvvisa e con ricco corredo sintomatologico,

zione dell'anestesia e si incrementa con un tasso orario

spesso superiore a 2C, per toccare un massimo che pu


superare i 44C. Altri segni precoci sono la rigidit mu
scolare, che non compare per nelle forme flaccide, la ta
chiaritmia ventricolare, con tachipnea, iperpnea e cianosi.
Gli esami di laboratorio rilevano diminuzione della Poo, e

aumento della Pco, acidosi respiratoria e metabolica,


aumento dei tassi sierici di K*, Mg

e PO-. Infine

compaiono nel siero enzimi intracellulari e mioglobina,


che responsabile della comparsa di un blocco renale per

mioglobinuria. La morte in genere imputabile ad arre


sto cardiaco. I soggetti che, invece, sopravvivono vanno
incontro a guarigione completa.
Diagnosi

La diagnosi di una crisi di i. f. deve essere sollecita per


ch la terapia abbia possibilit di successo, e si basa fon
damentalmente sul riscontro del rapido elevarsi della
temperatura corporea. Ne deriva la necessit del moni
toraggio continuo di questa in corso di anestesia. La dia
gnosi di suscettibilit all'i. f. si fonda sull'anamnesi, nelle
forme familiari, e quindi sulla valutazione del tasso sie
129

5. - VIll.

Fig. 2. Sezione trasversale di muscolo. Fibre muscolari ipotrofi


dissociate da edema, e con dislocazione centrale dei nuclei.
X.

130

IPERPIRESSIA FULMINANTE

china cuore-polmone. Il sangue viene derivato dall'arteria


femorale, raffreddato sino alla temperatura di 34 C e
reimmesso tramite la vena femorale. Si anche ricorso

all'uso di fenotiazine, che agiscono attraverso un doppio


meccanismo, di vasodilatazione periferica e di inibizione
dei centri della termoregolazione.
poi indispensabile combattere prontamente l'acidosi
mediante somministrazione di bicarbonato di sodio e di

O, puro.
Bibliografia
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PIETRO GALLO

IPERPITUITARISMO E IPOPITUITARISMO

F. hyperpituitarisme et hypopituitarisme. - I. hyperpituita


rism and hypopituitarism. - T. Hyperpituitarismus und
Hypopituitarismus. - s. hiperpituitarismo e hipopituitari
SO.

SOMMARIO

Generalit e classificazione (col. 131). - Iperpituitarismi ante


riori (col. 132): Gigantismo ipofisario e acromegalia. - Morbo di
Cushing. - Tireotossicosi secondaria. - Sindrome di galattorrea
amenorrea o sindrome di Ahumada-Argonz-Del Castillo e di
Forbes-Albright. - Ipopituitarismi anteriori (col. 135). - Iperpi
tuitarismo posteriore (col. 136). - Ipopituitarismo posteriore
(col. 137).

Generalit e classificazione

4) Tra le forme primitive, quelle a carattere ipofunzio


nale possono interessare una sola tropina ipofisaria solo
agli inizi del processo morboso o qualora si tratti di cause
geniche. Successivamente, stante il carattere distruttivo
della lesione che le sostiene, si ha la compromissione di
altre tropine, fino alla totalit (panipopituitarismo).
Quelle a carattere iperfunzionale sono invece di regola
unitropiniche perch sostenute in genere da una neopla
sia originata da un solo citotipo funzionale: in tali casi le
altre funzioni ipofisarie sono normali o ridotte, eccezio
nalmente, e solo transitoriamente, esaltate.

5) Le malattie ipofisarie a carattere ipofunzionale sono


senz'altro pi frequenti di quelle a carattere iperfunzio
nale.

Iperpituitarismi anteriori
Sin.: iperpituitarismi adenoipofisari; sindromi iperfunzio
nali dell'ipofisi anteriore; sindromi iperfunzionali adeno
ipofisarie.
Le sindromi che fanno parte di questo gruppo di ma
lattie sono di solito dovute ad adenomi ipofisari costituiti,
a seconda delle forme anatomocliniche, da cellule eosi
nofile o da cellule basofile.
Possono anche essere in causa un adenoma cromofobo

o un'iperplasia semplice (cio un'iperplasia cellulare non


organizzata in strutture adenomatose), non inverosimil
mente per alterazione della regolazione del sistema or
gano effettore-ipotalamo-ipofisi, per cui quest'ultima
viene stimolata in eccesso o non viene pi bloccata da
parte dei neurormoni ipotalamici, i releasing e gli inhibi
ting factors (v. IPOFISI, fisiologia; IPOTALAMICI FATTORI).
Accanto alla sintomatologia specifica di ciascuna sin
drome, la presenza della neoplasia sellare pu dare (fre
quentemente negli adenomi eosinofili e cromofobi e negli
altri tumori intra- e soprasellari, rarissimamente negli
adenomi basofili) dei sintomi aspecifici di compressione,
varianti di gravit in rapporto al volume e alla estrinseca
zione della neoplasia stessa: aumento dei diametri con
deformazione della sella turcica, eventuale sfondamento

Si indicano con i termini iperpituitarismo e ipopituitari


smo quelle sindromi cliniche che riconoscono la loro ge
nesi in una iperfunzione, rispettivamente in una ipofun
zione, ipofisaria. Poich l'ipofisi costituita anatomofun
zionalmente da due parti, l'ipofisi anteriore o adenoipofisi
e l'ipofisi posteriore o neuroipofisi (v. IPOFISI, anatomia),
avremo sindromi da iper- e ipofunzione anteriore o ade
noipofisaria e sindromi da iper- e ipofunzione posteriore
o neuroipofisaria.
Per una migliore comprensione dell'argomento nella
sua impostazione generale necessario premettere

ed erosione delle sue pareti, cefalea, disturbi del sonno,


riduzioni del campo visivo, etc. (v. ENDoCRANICI TUMORI).

quanto segue.

adulta, quando cio le cartilagini si sono gi ossificate (v.

1) In conseguenza degli stretti rapporti anatomofun


zionali esistenti tra ipofisi e ipotalamo (v. IPOFISI; IPOTA
LAMo), non possibile scindere in modo assoluto la pa
tologia dell'una dalla patologia dell'altro: un processo
morboso di qualsiasi tipo pu colpire entrambi contem
poraneamente o, iniziando in una, interessare l'altro e vi
ceversa. Perci si parla di sindromi diencefalo-ipofisarie.
2) Le malattie disfunzionali dell'ipofisi possono essere
distinte in primitive (se dovute a processi morbosi inte
ressanti direttamente l'ipofisi) e secondarie (se dovute ad
alterata regolazione da parte del diencefalo).
3) Le forme secondarie sono di regola unitropiniche:
interessato cio un solo ormone ipofisario (v. IPOFISI,
fisiologia). L'eventuale estensione dell'interessamento
tropinico sta ad indicare un'estensione del processo dien
cefalico o una sua particolare localizzazione, tale da
compromettere molteplici secrezioni ipofisarie.
131

Gigantismo ipofisario e acromegalia


Sono gli iperpituitarismi anteriori da eccesso di somato
tropina (STH). Il gigantismo, pi frequente nel maschio,
compare quando l'iperincrezione di STH s'inizia prima
della pubert, quando cio non si avuta ancora la calci
ficazione delle cartilagini di coniugazione (v. GIGANTISMO);
l'acromegalia, ugualmente frequente nei due sessi, com
pare quando l'iperincrezione di STH inizia nell'et
ACROMEGALLA). I limiti tra le due sindromi debbono co
munque intendersi in senso relativo, in quanto il 20%
degli acromegalici passa per una fase di gigantismo,
mentre il 40% dei giganti presenta note di acromegalia.
S che in quei rari casi in cui queste sono particolarmente
spiccate si parla di acromegalo-gigantismo o di acromega
lia infantile o prepuberale.
L'eccesso di increzione di STH indotto da un ade

noma ipofisario a cellule eosinofile, pi raramente da


un'iperplasia semplice, sempre a cellule eosinofile: alle
volte l'aspetto istologico quello di un adenoma cromo
fobo.

Rimandando per i dettagli alle singole voci (v. GIGANTIsMo;


ACROMEGALIA), qui ricordiamo per un inquadramento generale
che nel gigantismo le ossa, quelle lunghe in particolare, ap
paiono coinvolte in un processo di accrescimento che, pur es
132

IPERPITUITARISMO E IPOPITUITARISMO

sendo rapido ed eccessivo, piuttosto uniforme e armonico,

tanto nel senso della lunghezza che in quello della larghezza.


Nell'acromegalia invece l'accrescimento abnorme pressoch
esclusivamente unidirezionale, cio nel senso della larghezza,
dello spessore.

Ne risulta quindi che il gigante appare come un individuo ec


cessivamente alto e robusto, ma relativamente abbastanza ben

proporzionato. Anche lo sviluppo muscolare e quello dei visceri


risente dell'azione dell'ormone della crescita, ma resta pi o
meno nei limiti delle giuste proporzioni con l'apparato di soste
gno. Lo sviluppo genitale pu essere normale o anch'esso esa

gerato; pi spesso per esso deficitario, quanto meno lo di


venta in un tempo successivo, allorch anche le funzioni gona
dica e corticosurrenalica possono cedere, espressione di un com
pleto esaurimento anatomofunzionale della ghiandola, cio di
un'insufficienza ipofisaria totale. E allora possono comparire la
cifoscoliosi, l'astenia, la perdita dei peli, etc.
L'acromegalico presenta invece come nota caratteristica uno

spiccato aumento prevalentemente del volume delle estremit


(capo, mani e piedi), che appaiono tozze e sproporzionate ri
spetto al resto del corpo: ma anche altre ossa possono essere
interessate nel processo di crescita in spessore.
La diagnosi si avvale dell'esame radiografico del cranio che
dimostra lo svasamento della sella oltre che la pneumatizzazione
dei seni paranasali. La presenza della neoplasia pu essere di
mostrata con la tomografia assiale computerizzata (TAC). Lo
studio del campo visivo d la possibilit di seguire l'eventuale
estrinsecazione extrasellare dell'adenoma nei riguardi della com
promissione delle vie ottiche. Utile ancora la determinazione del
fosforo ematico inorganico, che aumenta nelle fasi floride della
malattia e permette in maniera molto semplice di conoscere lo
stato di funzionalit dell'adenoma e di seguire gli effetti delle
terapie instaurate. Ma oggi si hanno senz'altro possibilit mi
gliori, e cio la valutazione del tasso ematico di STH in condi
zioni di base e in risposta alle prove di inibizione con glicoso e
di stimolo con insulina (v. ACROMEGALIA; IPOFISI).

mente glicoattivi, ai quali in effetti da rapportare di


rettamente la molteplice e caratteristica sintomatologia

(v. CUSHING, MORBo E SINDROME DI).


La malattia 3-4 volte pi frequente nel sesso femminile, in
torno al 3-4 decennio di vita. Nei casi conclamati, per il qua
dro clinico e per i dati biochimici che la distinguono, non pre
senta eccessive difficolt diagnostiche: la principale difficolt

presentandosi nelle forme iniziali e nella differenziazione della


forma primitivamente ipofisaria da quella primitivamente corti
cosurrenalica, con i relativi riflessi terapeutici. Importanti al ri

guardo sono non solo la determinazione dei tassi ematici e uri


nari dei 17-idrossicorticoidi, dei 17-chetosteroidi, del cortisolo

(scompare il ritmo circadiano della cortisolemia), del deidro


epiandrosterone e in particolari casi degli estrogeni, ma anche la
prova di stimolo con ACTH e soprattutto di inibizione con de
sametazone (prova di Liddle), l'esame radiografico del cranio,

l'esame radiografico delle surrenali con stratigrafia previo re


tropneumoperitoneo, la scintigrafia e la angiografia delle surre
nali.

Trattandosi di malattia che altera il ricambio idrosalino, glici

dico e protidico, con gravi ripercussioni sull'economia e sui pro


cessi difensivi dell'organismo, la sua prognosi grave. La terapia
attuale basata su interventi diretti sull'ipofisi (radianti e chi

rurgici) e sulla surrenectomia totale bilaterale. L'uno e l'altro di


questi tipi di trattamento non sono scevri da pericoli appunto
per la fragilit di questi pazienti. Se il chirurgo esperto, la
surrenectomia bilaterale, che trasforma un soggetto con un
morbo di Cushing mal curabile in un soggetto con un
morbo di Addison ben curabile d senz'altro buoni risul

tati. La somministrazione di anabolizzanti per ridurre l'osteo

porosi, l'eliminazione del sale dai cibi e la somministrazione di


diuretici per combattere la tendenza alla ritenzione idrosalina e
alla pletora, costituiscono alcuni dei rimedi sintomatologici, che
tuttavia non riescono a modificare di molto l'evoluzione fatale

manifestazioni dell'insufficienza ipofisaria. Sono queste stesse,

della malattia. Complicazioni cardiovascolari o processi infiam


matori acuti, spesso favoriti dall'immobilit per le fratture ossee
da osteoporosi, sono gli episodi terminali (v. CUSHING, MORBo E

pi che la presenza del tumore endosellare, che compromettono

SINDROME DI).

La prognosi del gigantismo ipofisario sempre riservata: la


vita in genere breve, per la comparsa nel 2-3 decennio delle

l'esistenza anche degli acromegalici, nei quali per la prognosi


nel complesso molto migliore, nonostante la possibilit di altre
importanti complicanze, e cio l'insufficienza cardiocircolatoria,
il diabete mellito e le malattie intercorrenti, tra cui particolar
mente frequenti quelle infettive.
Circa la terapia, quella chirurgica ha fatto notevoli progressi
ed oggi la preferita. In alternativa o in associazione si pu im
piegare anche la terapia radiante, cobaltoterapia, impianto in
trasellare di aghi di Ir, oY, Au. La terapia ormonale va im

piegata a scopo sostitutivo, nei casi d'insufficienza ipofisaria.

Tireotossicosi secondaria

l'iperpituitarismo anteriore da eccesso di tireotropina


(TSH), indotto da un adenoma ipofisario che pu essere
a cellule basofile o eosinofile, o pi spesso cromofobe. Vi

ingrandimento della sella turcica, non sempre esof


talmo. La terapia di elezione, diretta sull'ipofisi, ra
diante o chirurgica, in quanto la terapia medica con far
maci tireostatici, a parte che non in grado di risolvere
definitivamente la malattia, pu fare aumentare il volume
dell'adenoma con le relative conseguenze.

Con essa si pu anche ottenere una certa inibizione dell'attivit


funzionale dell'adenoma, mediante l'impiego di androgeni o di
estrogeni o medrossiprogesterone acetato. Utili risultati sareb
bero stati ottenuti, per meccanismo imprecisato, con la clorpro
mazina. Nuove speranze sono ultimamente derivate dall'impiego

Sindrome di galattorrea-amenorrea o sindrome di Ahu

di un agonista dopaminergico, la bromocriptina (CB154), che ha

mada-Argonz-Del Castillo e di Forbes-Albright

la propriet di inibire l'increzione ipofisaria di ormone somato


tropo e di prolattina.

l'iperpituitarismo anteriore con eccesso di prolattina

Morbo di Cushing

l'iperpituitarismo anteriore da eccesso di adrenocorti


cotropina (ACTH), indotto da un adenoma a cellule ba
sofile o da un'iperplasia delle cellule basofile dell'ipofisi.
Nell'un caso e nell'altro codeste cellule spesso presentano
segni di ialinosi citoplasmatica (cellule di Crooke), che
sembra siano da rapportare all'eccesso di glicocorticoidi
circolanti, tanto che si riscontrano anche in soggetti trat
tati con cortisonici. L'adenoma basofilo di solito di pic
cole dimensioni, per cui raramente modifica il contorno
sellare e difficilmente d segni di compressione: questi
compaiono se, come raramente avviene, la malattia so
stenuta da un adenoma cromofobo. L'eccesso di ormone

corticotropo induce un'aumentata produzione e immis


sione in circolo di steroidi corticosurrenalici, principal
133

(v.; v. GALATTORREA), sostenuto da un adenoma pi


spesso a cellule cromofobe, alle volte eosinofile, oppure
da un'iperplasia a cellule eosinofile dell'ipofisi (poich la
neoplasia endosellare pu essere a lenta evoluzione,
bene ripetere l'esame radiografico del cranio ogni 6
mesi).
Colpisce donne giovani, in genere tra i 20 e i 30 anni, all'in
fuori di una gravidanza recente. La sintomatologia caratteriz
zata da amenorrea e galattorrea, con ipogonadotropinismo,
iperprolattinemia e ipoestrogenismo.

La prognosi legata all'evoluzione del tumore. La terapia


quella degli adenomi ipofisari. Per la correzione dell'amenorrea
la terapia di elezione quella sostitutiva con estrogeni e proge
sterone, limitando il pi possibile l'uso degli estrogeni per la

possibilit prospettata che facciano aumentare il volume dell'a


denoma. Buoni risultati si possono ottenere con la bromocrip
tina.

134

IPERPITUITARISMO E IPOPITUITARISMO

Ipopituitarismi anteriori
Sin.: ipopituitarismi adenoipofisari; sindromi ipofunzio
nali dell'ipofisi anteriore; sindromi ipofunzionali adeno
ipofisarie.

senso pi lato, di distrofia adiposo-genitale, a seconda che


sia documentabile o meno l'esistenza di una neoplasia

Gli ipopituitarismi anteriori riconoscono nella loro ge

danno ipofisario, una caratteristica della sindrome.


4) Ad insufficienza ipofisaria si ritiene sia da attribuire

nesi una riduzione pi o meno grave della funzione an


teipofisaria: le differenze cliniche tra le varie forme sono
in rapporto, oltre che con l'intensit della compromis
sione ghiandolare e con il tipo di tropina interessata, an
che e fondamentalmente con l'epoca della vita in cui la
malattia insorge e con l'eventuale compromissione dei
centri diencefalici prossimiori.

L'etiologia molteplice. In 1/3 ca. degli ipopituitarismi


prepuberali la causa va ricercata in un tumore ipofisario,
di solito un craniofaringioma, pi di rado un adenoma
cromofobo, eccezionalmente un colesteatoma o un tera
toma. Nei rimanenti 2/3 dei casi, e si tratta in genere di
maschi, la lesione responsabile della malattia non n
documentabile n riconoscibile in vita, per cui si parla di
ipopituitarismo idiopatico: di solito il substrato anatomico
costituito o dagli esiti di traumi neonatali o di processi

flogistici, o da processi malformativi della regione dien


cefaloipofisaria, o da ipotrofia o da atrofia ipofisaria. Per
quanto riguarda gli ipopituitarismi ad inizio nell'et
adulta la causa pi frequente per la donna la necrosi
postpartum dell'ipofisi, per gli uomini l'adenoma ipofisa
rio, in genere cromofobo. Vanno anche considerati i
traumi cranici, i processi infiammatori, le lesioni arteriose

e arteriolari di natura sclerotica (particolarmente fre


quenti nei diabetici) o di altra natura, la degenerazione
cistica dell'ipofisi. In crescente aumento gli ipopituitari

della regione diencefaloipofisaria, responsabile di solito


dei disturbi ipotalamici, che costituiscono, insieme al

l'ipogenitalismo dei soggetti con sindrome di Laurence


Moon-Biedl (v. LAURENCE-MooN-BARDET-BIEDL, sINDROME

D). discutibile l'inserimento tra gli ipopituitarismi della


acromicria (sindrome di Brugsch), sindrome rarissima, la
cui stessa esistenza stata discussa, caratterizzata da na

nismo e ipotrofia delle estremit.


La diagnosi di ipopituitarismo si basa, oltre che sui dati
clinico-anamnestici, sull'esame radiografico del cranio,
sullo studio delle varie funzioni regolate dall'adenoipofisi
e sulla valutazione diretta e indiretta delle singole tropine
ipofisarie, in condizione di base e in rapporto alle prove
specifiche di inibizione e stimolo.
Per quanto riguarda la prognosi, l'ipopituitarismo ha in
genere una lunga durata, responsabile della sopravvi
venza pi o meno lunga essendo il tipo della lesione che
lo ha causato. Le forme gravi lasciate a s portano ine
vitabilmente a morte con il quadro del coma ipofisario,

che, spesso nel corso di processi infettivi o di altro ge


nere, pu fare seguito all'insufficienza ipofisaria acuta che
si manifesta con nausea, vomito, disidratazione, ipoten-

sione grave fino al collasso. Ovviamente la prognosi mi


gliore per le forme idiopatiche. La terapia volta a ri

smi conseguenti agli interventi chirurgici e radianti sull'i

muovere il fattore causale e a correggere gli effetti peri


ferici dell'insufficienza tropinica ipofisaria. Nel nanismo e
nell'infantilismo la terapia di elezione con ormone so
matotropo estratto da ipofisi umane, con gonadotropine

pofisi. Accanto a tutte codeste forme organiche, ve ne

umane della menopausa (HMG) e con gonadotropina

sono altre, definite funzionali, in cui i reperti anatomici


sono scarsi e che potrebbero trovare la loro genesi in
errori di regolazione, o in alterazioni congenite ma a fe

corionica (HCG). Nelle forme dell'adulto la preferenza


va data agli ormoni elaborati dalle ghiandole periferiche
(cortisone; polvere secca di tiroide; testosterone; estro

nogenesi tardiva, del sistema ipotalamo-ipofisario.


1) L'ipopituitarismo, che insorge nell'epoca della vita

geni da somministrare con cautela nei soggetti con


adenoma cromofobo e progesterone per ricostruire il
ciclo mensile): infatti la terapia con ormoni ipofisari pi

che va dalla primissima infanzia alla pubert, si rivela con


due quadri clinici: il nanismo (v. NANISMo), quando
compromessa soltanto l'increzione dell'ormone somato

malattia molto lunga) e pu indurre la formazione di

tropo; l'infantilismo (v.), quando compromessa sia l'in

anticorpi.

crezione dell'ormone somatotropo che delle gonadotro


pine. Lo sviluppo staturale armonico, ma nettamente

costosa, costringe a ripetute iniezioni (la durata della

inferiore a quello normale per l'et anagrafica del sog

Iperpituitarismo posteriore
Sin.: iperpituitarismo neuroipofisario; sindrome iperfun

getto; solo nel nanismo si pu avere un certo grado di


maturazione sessuale, che per non raggiunge mai quello
di un soggetto euipofisario.

neuroipofisaria.
L'iperpituitarismo posteriore rientra nel quadro della

zionale dell'ipofisi posteriore; sindrome iperfunzionale

2) L'ipopituitarismo che insorge nell'et adulta offre sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiu
aspetti clinici particolari a seconda che si tratti delle

retico (v. INAPPROPRIATA sECREZIONE DI ADH, SINDROME

forme parziali (con interessamento di una o pi, ma non

DA), o ipervasopressinismo o iperadiuretinismo patologico,

di tutte le tropine ipofisarie) o della forma totale (con


interessamento cio di tutte le tropine ipofisarie).
Le forme parziali o incomplete (ipopituitarismo ante

o sindrome di Schwartz-Bartter. La causa va ricercata in

riore parziale), di cui il paradigma nella donna, e sempre


che la causa sia stata una necrosi postpartum dell'ipofisi,
la sindrome di Sheehan, sono: l'ipogonadismo seconda
rio, l'ipotiroidismo secondario e l'ipocorticosurrenalismo
secondario.

La forma totale (ipopituitarismo anteriore grave, glo


bale, o panipopituitarismo), di cui il paradigma nella
donna il morbo di Simmonds, pu essere la naturale
evoluzione, in un tempo pi o meno lungo, delle forme
parziali.

3) Quando all'arresto o al difetto dello sviluppo soma


tico e genitale si associa una particolare obesit, con de

posito di grasso prevalentemente al di sopra del pube o


alle mammelle, si parla di sindrome di Frhlich o, in
135

condizioni del pi diverso genere (malattie del S.N.C. e


periferico, malattie polmonari, alcuni farmaci, etc.) le
quali indurrebbero, con meccanismo non chiaro, impulsi
irritativi continui all'ipotalamo e alla neuroipofisi.
La sintomatologia in genere sfumata, i sintomi tipici

essendo rappresentati da oliguria, aumento di peso,


edemi, anasarca, fino al quadro dell'intossicazione da ac
qua. Tipico invece il quadro umorale, caratterizzato da

iponatriemia con iposmolarit plasmatica, ipernatriuria


con iperosmolarit urinaria e clearance dell'acqua libera

negativa. Questa sintomatologia chiaramente sovrappo


nibile a quella della sindrome iperretroipofisaria iperidro
pessica, precedentemente descritta da Parhon.

Sono state proposte varie prove diagnostiche indirette.


La diagnosi di sicurezza si basa per sul riscontro di un
elevato tasso ematico e/o urinario di ADH.
136

IPERPROLINEMIA E IDROSSIPROLINEMIA

La prognosi legata alla natura e al decorso della ma


lattia di cui la sindrome da inappropriata secrezione di
ormone antidiuretico sintomatica.

La terapia deve, nei limiti del possibile, essere etiolo


gica, volta cio ad eliminare o a correggere la malattia
principale. Sintomaticamente, occorre ridurre l'introito di
liquidi, fino all'abolizione completa nei casi pi gravi.
L'unico diuretico da usare il mannitolo per infusione

endovenosa, gli altri diuretici potendo aggravare la sin


drome.

stata consigliata anche la somministrazione

contemporanea di ossitocina (per frenare la produzione e


l'immissione in circolo di ADH) e di ACTH (per inibire,
tramite la stimolazione della corteccia surrenale, l'azione

sui reni dell'ADH).

rebbe dovuta la forma pitressino-sensibile e all'altro la


forma pitressino-insensibile.
Nei riguardi della patogenesi, la maggior parte dei casi
di diabete insipido sarebbe dovuta ad una deficiente pro
duzione (per lesione dei nuclei sopraottici e paraventri
colari) o ad una deficiente immissione in circolo (per le
sione del serbatoio postipofisario) di vasopressina-adiu
retina. Nel rimanente dei casi (ca. il 30%) si tratterebbe
di aumentata inattivazione dell'ormone prodotto in
quantit normale. Le forme pitressino-insensibili avreb

bero la loro genesi nell'incapacit dei tubuli renali a ri


sentire dell'effetto adiuretinico (diabete insipido nefroge
nico) (v. DIABETE INSIPIDo).
Per il riconoscimento della sindrome, l'efficacia della
somministrazione di adiuretina nel ridurre la diuresi, con

Ipopituitarismo posteriore

contemporanea elevazione del peso specifico delle urine,


costituisce un importante criterio diagnostico. La diagnosi

Sin.: ipopituitarismo neuroipofisario; sindrome ipofunzio


nale dell'ipofisi posteriore; sindrome ipofunzionale neu

differenziale si pone con qualsiasi altra poliuria (v. DLA

roipofisaria; diabete insipido.


Mentre non stata chiaramente definita a tutt'oggi una
sindrome da carente produzione di ossitocina, noto da
moltissimo tempo il diabete insipido (v.), dovuto ad una

BETE INSIPIDo).
La malattia ha un decorso cronicissimo, anche 20-30

anni e oltre, senza apparente danno per il paziente, a


meno che non renda grave la prognosi la malattia deter
minante, o a meno che non si tratti per la sua insensi

carenza di secrezione o di attivit dell'ormone antidiure

bilit alla somministrazione di adiuretina della forma

tico (ADH), o adiuretina, chiamato anche pitressina o


vasopressina (v. IPoFISI), in quanto la prima propriet
dell'ormone rilevata sperimentalmente, ma non quella

nefrogenica che si manifesta nei primi mesi di vita.


La terapia del diabete insipido, a parte i casi passibili
di un trattamento etiologico, senz'altro sostitutiva, me
diante la somministrazione per via intramuscolare o in

fondamentale, fu quella dell'azione vasocostrittrice, che


non trova per applicazione nell'uomo. Il diabete insi

polvere per via nasale, di preparati di postipofisi conte

pido una forma morbosa piuttosto rara, che pu essere

nenti l'ormone antidiuretico; attualmente il farmaco di

congenita o acquisita, colpisce preferenzialmente i ma

prima scelta costituito dalla desmopressina (Minirino)

schi, e tutte le et della vit. caratterizzata nei casi ti

che viene somministrata per via nasale. Sono anche im


piegati la clorpropamide, che agirebbe sensibilizzando i
tubuli renali all'azione delle piccolissime quantit di

pici da poliuria (fino a 15-20 l nelle 24 h) con bassissimo

peso specifico (1001-1006), e polidipsia. Un'eventuale


restrizione dell'ingestione di liquidi, come talvolta si pra
tica a scopo diagnostico (prova dell'assetamento), mal

tollerata dagli infermi, che possono presentare agitazione,


delirio, vertigini, cefalea, vomito, ipertermia, disturbi tutti
dovuti, insieme con la riduzione del peso, al prodursi di
una rapida essiccosi, non essendo pi bilanciata da un
corrispondente apporto idrico la poliuria, che dalla sud
detta prova non viene modificata.
Accanto a queste forme gravi, da deficienza assoluta di
adiuretina, si tende oggi ad ammettere l'esistenza di
forme lievi, da deficienza parziale di adiuretina, le quali,
a differenza delle prime, rispondono alla prova di con
centrazione con un aumento del p. s. delle urine anche

fino a 1024 (in assenza, s'intende, di nefropatia). Vi sa

adiuretina che i malati ancora producono; il clofibrato, il


cui meccanismo d'azione ancora imprecisato; i diuretici
tiazidici e la furosemide i quali, per la loro azione sul
l'entit della filtrazione glomerulare e sul riassorbimento

tubulo-prossimale del sodio, indurrebbero l'arrivo ai ne


froni distali di un minore volume urinario, risultando cos

efficaci anche nelle forme pitressino-insensibili.


Bibliografia
Baulieu E., Bricaire H., Leprat J., Glandes Endocrines, in Val

P., Hamburger J, Lhermitte F., Pathologie mdi

e, 19
Fiammarion Paris.
Patrono V., Endocrinologia per la clinica, 1972, 3 ed., Pensiero
Scientifico, Roma.

Williams R. H., Textbook of Endocrinology, 1974, 5 ed., Saun


ders, Philadelphia.
ANTONINO NATOLI

rebbero anche forme intermittenti, in cui cio la malattia


pu, a periodi, rimettere spontaneamente. Sulla base

IPERPLASIA: v. IPERTROFIA E IPERPLASIA.

della risposta all'adiuretina, si distinguono ancora forme

IPERPRoLINEMIA E IDRossIPROLINEMIA

pitressino-sensibili, che sono la stragrande maggioranza, e


forme pitressino-insensibili (5-15% di tutti i casi).

F. hyperprolinmie et hydroxyprolinmie. - I. hyperproline


mia and hydroxyprolinemia. - T. Hyperprolinmie und

Bench sia una malattia dell'unit sopraottico-retro


ipofisaria, cio una tipica malattia diencefalo-neuroipofi

Hydroxyprolinmie. - s.hiperprolinemia e hidroxyproline


Pla.

saria, in ca. il 50% dei casi non documentabile in vita

una lesione di questa regione: diabete insipido idiopatico


(al tavolo anatomico questa percentuale cade notevol
mente, in quanto spesso dimostrabile una degenera

zione o un'atrofia primaria dei nuclei sopraottici e para

Vengono comunemente descritte sotto il termine iper


prolinemia due aminoacidopatie che si ereditano in ma
niera autosomica recessiva. Il quadro biochimico ca

ratterizzato da una iperprolinemia da carenza della prolin


ossidasi (tipo I) o della A-pirrolin 5-carbossilato deidro

ventricolari). Nel rimanente dei casi si tratta di tumori

della regione diencefaloipofisaria (craniofaringiomi, ade


nomi in prevalenza cromofobi, metastasi da tumori di al

tri organi, etc.), o di lesioni vascolari, o di esiti di pro


cessi infettivi, o di localizzazione in tale sede della malat

genasi. L'associazione tra danno biochimico e clinico (ri


tardo psicomotorio, danni a carico del S.N.C., sintoma
tologia renale) non ancora chiara.

L'idrossiprolinemia un'aminoacidopatia che si eredita


in maniera autosomica recessiva ed caratterizzata da

tia di Hand-Christian-Schller.

Le forme congenite, ereditarie, riconoscerebbero come

iperidrossiprolinemia da mancanza dell'idrossiprolina-os


sidasi. V. AMINOACIDURIE (I, 1498).
RED

fattore etiologico tre geni patologici, a due dei quali sa


137

138

IPERSENSIBILITA
IPERSENSIBILITA

F. hypersensibilit. - I. hypersensitivity. - T. Uberempfindlichkeit. - s. hipersensibilidad.


OUADRO SISTEMATICO

ARGOMENTI

RIMANDI

ARGOMENTI

RIMANDI

Allergia

ALLERGIA (I, 1290); IPERsEN

Ipersensibilit nei trapianti

TRAPIANTI

Ipersensibilit ritardata

IMMUNIT; IPERSENSIBILIT;

SIBILIT

ANAFILAssI (I, 1591); v. an

Anafilassi

che: ALLERGIA (I, 1290);


IMMUNIT (VII, 1433)

LINFoCITI (VII, 1433)


Ipersensibilit tubercolinica

TUBERCOLINA E TUBERCOLINO
REAZIONE

Atopia
Autoallergia

AToPIA (II, 1538)


MALATTIE AUToIMMUNI (e
relativo quadro sistema
tico); IMMUNoTOLLERANZA
(VII, 1672)
MALATTIE AUTOIMMUNI (e
relativo quadro sistema
tico)
ARTHUS, REAZIONE DI (II,
1019); v. anche: IMMUNo

Autoimmunopatologia

Fenomeno di Arthus

COMPLESSI,

MALATTIE

Malattia da siero

SIERO, MALATTIA DA; V. an

che:

Malattie principali da iper


sensibilit

(VII, 1456)
IDiosINCRAsIA (VII, 1145);

Ipersensibilit

IPERSENSIBILIT: v.

emolitiche

anemie immunoemolitiche

(I, 1990); ARTRITE REUMA

ToIDE (II, 1237); AsMA


BRoNCHIALE (II, 1373);
AsPERGILLosi (II, 1407);
coNGIUNTIVITI, congiunti
viti allergiche (IV, 947);
DERMATOSI

IPERSENSIBILIT

ARTIFICIALI

(IV, 2230); ECzEMA, ec


zema dei bambini (IV,
790); EMOLITICA MALATTIA
DEL NEoNATo (IV, 1453);

anche:

ALLERGIA (I, 1290); ATo


PIA (II, 1538); IMMUNIT
(VII, 1433)
Ipersensibilit agli alimenti
Ipersensibilit cellulare

ANEMIE, anemie

autoimmuni (I, 1991),

DA

Idiosincrasia

IMMUNOCOMPLESSI,

MALATTIE DA (VII, 1456)

GOODPASTURE,

SINDROME

DI (VII, 596); IMMUNo

IPERSENSIBILIT; LATTE

COMPLESSI,

MALATTIE

DA

IMMUNIT; IMMUNOREAZIONI

(VII, 1455); IsTIoCITosi x;


PAToGENE (VII, 1639);
LUPUS ERITEMATOSO SISTE

IPERSENSIBILIT; LINFOCITI

Ipersensibilit da contatto

MICO; MALATTIE AUTOIM


MUNI; NEFROPATIE MEDI
CHE; POLMONITI; QUINCKE,

DERMATosI ARTIFICIALI (IV,


2230); IMMUNoREAzioNI
PAToGENE (VII, 1641);

EDEMA

IPERSENSIBILIT; LINFOCITI

Ipersensibilit di tipo imme


diato

Ipersensibilit farmacologica

ALLERGIA (I, 1290); ANAFI


LAssI (I, 1591); AToPIA
(II, 1538)
IPERSENSIBILIT; v. anche:
DERMATOSI

ANGIONEUROTICO

DI; RINITI, rinite vasomo


toria; TIROIDITI; TROMBOCI
TOPENIE

Meccanismi fondamentali di

IMMUNOREAZIONI

PATOGENE

v. anche: IDIOSINCRASIA

ipersensibilit

ARTIFICIALI

(IV, 2230); IMMUNoFAR


MAcoLoGIA (VII, 1519)

Mediatori farmacologici del


l'ipersensibilit

IMMUNOFARMACOLOGIA

IM

MUNOREAZIONI PATOGENE

SOMMARIO

alle particolari circostanze con le quali la reazione si


svolge, divenire benefico, protettivo per l'organismo, cos
Ipersensibilit, allergia, atopia, patologia della reattivit non
specifica (col. 139). - Ipersensibilit ai farmaci (col. 145). Ipersensibilit agli alimenti (col. 148).

Ipersensibilit, allergia, atopia, patologia della reattivit


non specifica
Sulla base della concezione originaria di von Pirquet
(1906), ripresa anche di recente da Gell, Coombs e
Lachmann (1975), l'antigene stimola una risposta, che
induce uno stato allergico, consistente in una poten
ziale reattivit allergica. Siffatto stato biologico di
alterata reattivit specifica non impegnato in particolari
direzioni, uncommitted, come sinteticamente si espri
mono gli AA. anglosassoni. Pu, difatti, in relazione ad
un replicato successivo intervento dello stesso antigene e
139

da determinare la cosiddetta immunit clinica, ovvero

dannoso per lo stesso e tale da provocare la malattia,


configurandosi, in tale ultima evenienza, una condizione
di cosiddetta ipersensibilit clinica (tab. I).
TAB. I.

RISPOSTA ALLERGICA

E REAZIONI ALLERGICHE

(Gell, Coombs e Lachmann, 1975)


Risposta allergica (immunitaria)
Stato allergico: potenziale reattivit allergica (immunitaria)
Reazioni allergiche (immunitarie)
Immunit clinica

Ipersensibilit clinica
140

IPERSENSIBILITA

Da quest'ultima espressione, particolarmente adottata


dagli studiosi anglosassoni, , per, derivata una certa
confusione tra il termine originario di allergia e quello
appunto di i.

forme sostenute dalla presenza di specifici anticorpi e quelle


altre in cui, pur manifestandosi un identico quadro clinico e
anatomopatologico, non possibile dimostrare il meccanismo
dell'incontro antigene-anticorpo (sono i casi, ad es., dell'asma

Le numerose ricerche e osservazioni condotte sulla

allergico e quello non-allergico). Tale esigenza clinica rappre


sentata dalla necessit di pervenire ad una diagnostica differen

particolare materia in prosieguo di tempo non sono fin


qui valse per la verit a chiarire i due concetti. Si , anzi,

verificato che taluni studiosi hanno in ogni evenienza


preferito adottare il termine i., altri quello di allergia,
altri ancora li hanno adoperati senza distinzione alcuna,
considerandoli in definitiva come sinonimi.

L'argomento della differenziazione, che peraltro s'im


pone qualora si vogliano avere idee chiare, , allo stato
attuale, ancora cos discusso e controverso che non

riteniamo opportuno in questa sede affrontarlo e risol

verlo in modo sistematico. Ci limiteremo, per ci, in


relazione alle attuali acquisizioni, a talune precisazioni.
Per quanto riguarda il termine allergia (v.) un primo
rilievo, sul quale ci sembra innanzitutto di dover richia
mare l'attenzione, rappresentato dal fatto che il
concetto di variata reattivit specifica che appunto
viene di solito espresso con tale termine dovrebbe

identificarsi, secondo la maggior parte degli AA., con


situazioni patologiche correlate all'intervento di anticorpi
umorali o cellulari.

ziale anche in presenza di quadri straordinariamente simili, cui


corrispondono in sede pratica possibilit di comuni terapie
sintomatiche e patogenetiche antireattive.
Un primo tentativo di ordinamento, che tiene conto della
duplice esigenza di avvicinare per un verso vari ordini di
fenomeni, sostenuti da una variata reattivit, ma nel contempo

di differenziare quelli sostenuti da un incontro antigene-anti


corpo, rappresentato dall'impostazione nosologica data al
problema da Roessle e Urbach, che si poi tradotta in una
contrapposizione terminologica di patergia e allergia.
Il termine patergia stato adottato per indicare nel loro
insieme tutti i fenomeni di variata reattivit organica e quindi
anche per anomalie di risposta non analoghe dal punto di vista
anatomoclinico a quella da incontro antigene-anticorpo. Quello
di allergia, invece, per designare solo i fenomeni con
intervento di anticorpi.
Il campo dei fenomeni patergici, peraltro, in base a tale

definizione, divenuto estremamente lato; s che il raggruppa


mento non risponde alla reale esigenza clinica, che quella di
avvicinare forme con analogie anatomocliniche.
Lunedei (1951), invece, ha limitato il campo nel senso
suddetto. Ha considerato soprattutto, a tale scopo, i fenomeni

necessario, tuttavia, a tale proposito osservare che

dell'istoreattivit, sostenendo la tesi che tanto le analogie

l'attribuire esclusivamente tale significato ai termini sopra


ricordati, pur potendo apparire utile da un punto di vista
pratico e di semplificazione, avendo in mente ci che pi
spesso si verifica, non peraltro esatto in quanto i

anatomocliniche quanto determinate analogie di fronte ad alcuni


mezzi terapeutici sono da riportare ad un ultimo particolare
comune meccanismo patogenetico di estrinsecazione dei feno

meccanismi immunologici, cui si fa riferimento per


spiegare i fenomeni della patologia della reattivit,

anticorpo (disergia o disreattivit per anticorpi), sia come

meni, che si sostanzia nella liberazione di metaboline attive a

livello dei tessuti, sia come conseguenza dell'incontro antigene

intervengono anche nelle risposte immunitarie di tipo

conseguenza dell'azione diretta di diversi reattogeni (stimoli


fisici, chimici, impulsi nervosi, etc.), sempre che, ovviamente,

cellulare o umorale a carattere difensivo (basti ricordare i


meccanismi immunologici che intervengono in corso di

stesse (disergia o disreattivit elementare dei tessuti). La ragione

malattie infettive, di reazioni da trapianto e di neoplasie).

di quest'ultima condizione appare legata a vari ordini di fattori,

Un secondo rilievo, poi, da non trascurare, che


l'espressione allergia, introdotta, come si accennato,

dell'A., la mutata reattivit non limitata alla liberazione di

da von Pirquet, nel 1906, ha perduto oggi, nonostante


qualche voce discorde (Gell, Coombs e Lachmann) in
gran parte il significato che originariamente aveva inteso

attribuirgli questo A., essendosi trasformata, nel linguag


gio abituale, in sinonimo di aumentata capacit di
reagire (a stimoli di norma inefficienti), con reazioni
generalmente di tipo immediato (immunoreazioni di tipo
I) o a particolari forme di tipo ritardato (immunoreazioni
di tipo IV).

Un terzo rilievo, infine,va tenuto presente: e cio che,

esista una condizione di facile liberabilit delle sostanze attive

congeniti e acquisiti. da precisare che, secondo la concezione


istamina e sostanze istaminosimili (disergia tessutale e ponfo

gena), ma si estende a numerose altre sostanze attive (disergia


eritematosa, algesinica, etc.). Analogamente, Jimenez Diaz
(1932) ha riunito le varie sindromi che ci interessano sotto la
denominazione generale di malattie disreattive, caratterizzate
cio dalla facilit di liberare sostanze attive negli organi di shock
per effetto della reazione antigene-anticorpo o di altri stimoli.

Anche Melli (1953), in ragione, verosimilmente, dell'esigenza


unitaria suddetta, ha ritenuto utile avvicinare i due ordini di

fenomeni e, basandosi sul rilievo delle analogie cliniche, ha


indicato come forme allergosimili quelle manifestazioni mor

specie in rapporto alle reazioni di tipo I, alcuni AA.

bose nei riguardi delle quali, pur rivelandosi una somiglianza


clinica con forme di provata natura allergica (immunologica),

hanno impiegato per il passato, e talora ancora impie


gano, lo stesso termine allergia, con significati diversi:

non si riesce a documentare tale origine. Analogamente, Ruiz


Moreno (1968) ha adottato, per tali manifestazioni, i termini

ora restrittivi (con riferimento a fenomeni dovuti alla

allergiformi, allergoidi, e Sindo, pi di recente (1973),


quello di malattie dovute a reazione antigene-anticorpo e

reazione antigene-anticorpo), ora estensivi (con riferi


mento a fenomeni non dovuti alla reazione antigene-anti

malattie non dovute a tale reazione.

corpo).
Una parte notevole degli AA., sulla scia di Doerr, seguendo
un orientamento restrittivo anche nei confronti della stessa

definizione di von Pirquet, intende designare, come si detto.


con il termine allergia, l'insieme dei fenomeni conseguenti ad
una specifica sensibilizzazione di un determinato organismo ad
una sostanza eterogenea; e, in particolare, l'acquisizione, da
parte di siffatto organismo, di una capacit di reazione abnorme,

con presenza di specifici anticorpi, nei confronti di un replicato


contatto con una sostanza sensibilizzante, che, per le sue

propriet, non sarebbe di per s atta a determinare il particolare


fenomeno.

Anche coloro che danno al termine tale significato restrittivo


riconoscono l'esigenza clinica di un ordinamento unitario tra le
141

Passiamo ora a tentare di precisare il significato del


termine i. Questo, come si accennato, viene adoperato
abbastanza frequentemente dagli AA. di lingua anglo

sassone e non di rado anche da quelli italiani, per


indicare un'aumentata suscettibilit all'antigene dopo
precedente esposizione al medesimo, in contrasto all'im
munit (Halliday, 1971); ovvero, un particolare stato
dell'organismo precedentemente immunizzato, nel quale

il danno tessutale deriva da una reazione immunitaria ad


un ulteriore contatto con l'antigene (Herbert e Wilkin
son, 1977).
Occorre peraltro rilevare che il termine i. non sembra
appropriato perch nel caso dei fenomeni in oggetto non
142

IPERSENSIBILITA

si in presenza di un aumento della sensibilit normale,


ma di una particolare condizione propria di un singolo
soggetto e differenziata da quella dei soggetti normali.
Del resto, come acutamente hanno osservato anche

Weiser, Myrvik e Pearsall (1975), che criticano l'impiego


del termine, nel caso di sostanze allergeniche innocue, la
contrapposizione dei termini non sensibile e sensi
bile sufficientemente indicativa senza dover ricor

rere al termine i. dato che la persona normale non


sensibile non reagisce affatto a quelle stesse sostanze
che invece producono una reazione nella persona sensi

considerata: 1) ereditaria, 2) limitata all'uomo, 3) come una


risposta immunologica qualitativamente anormale, 4) caratteriz
zata clinicamente almeno da tre forme: eczema, asma, pollinosi
(Stokes, 1931).
In contrasto peraltro con il concetto e il significato di atopia,
sopra ricordato, i dati pi recenti hanno portato ad evidenziare
gli elementi che seguono: 1) lo scarso significato del fattore
ereditario; 2) la presenza di anticorpi reaginici appartenenti alla
classe IgE, oltre che nell'uomo, anche nell'animale; 3) la

possibilit di un aumento di IgE in condizioni sicuramente non


atopiche; 4) l'esistenza di altri quadri clinici, quali l'emicrania, le
manifestazioni dell'allergia gastrointestinale, etc.

bile.

Quindi sarebbe pi opportuno parlare di sensibilit


in luogo di i. di determinati soggetti, mentre si potrebbe
prospettare persino l'impiego, a proposito delle malattie
di cui trattasi, dell'espressione malattie da sensibilizza
zione.

Anche per il termine i., inoltre, sono valide le critiche

gi rivolte nei confronti di quello di allergia.


1) Il concetto di i., e cio di sensibilit dell'antigene,
non si pu sempre applicare correttamente, con riferi
mento ad es. alle cosiddette reazioni da i. cellulomediata,
talora a carattere difensivo.

2) L'i., che per definizione specifica, e cio mediata


da meccanismi immunologici, comprende non di rado,
nell'accezione ampia del termine, anche manifestazioni
del tutto simili provocate da meccanismi non immunolo
gici. Ad es., l'asma stato considerato malattia da i.
mentre sensu strictiore solo l'asma allergico lo sarebbe e

non l'asma non allergico (onde la possibilit di termini


difficilmente accettabili come quelli di i. non immunolo
gica).
3) Qualora poi si voglia ricorrere a questo termine, si
dovrebbe sempre chiarire se si vuol significare il mecca
nismo immunologico di produzione di un fenomeno (i.)
ovvero le manifestazioni cliniche da detto meccanismo

provocate (i. clinica).


Oltrech sui termini allergia e i. occorre in questa sede
richiamare l'attenzione su un altro termine, quello di

atopia (v.), che viene talora impiegato ancor oggi quale


sinonimo di allergia. Anche a proposito di una siffatta
terminologia esistono divergenze di vedute. Taluni AA.,
infatti, attribuiscono a tale termine un significato essen
zialmente clinico; altri uno pi strettamente biologico,
con particolare riferimento all'intervento delle IgE; altri,
infine, intendono riferirsi ad ambedue i significati.
Il termine atopia (dal greco atopia singolarit, composto

Sulla base di quanto si sin qui detto, sono sorti


pertanto notevoli motivi di perplessit sull'opportunit
dell'impiego del termine atopia.
Recentemente anche Spector e Farr (1976) hanno
sostenuto e pensiamo si possa concordare con questo

orientamento di pensiero che se si pu raggiungere


un accordo internazionale sull'impiego del termine ato
pia, tale termine pu essere accettato; in caso contrario
deve essere abbandonato in quanto da considerare out
of place allo stato attuale delle conoscenze.
Naturalmente non sono mancati altri tentativi di
classificazione e di denominazione delle forme cosiddette

allergiche, basati su diversi criteri, come quelli tra forme


a reazione immediata e ritardata o iperergiche, etc. Ma
non sembra opportuno estendere fino a tal punto la
disamina, tanto pi che si tratta in sostanza di un
problema terminologico, che talora pu bens indurre in
dubbio gli studiosi, ma che doveroso ammetterlo
non suscita in sostanza, specie sul piano internazionale,
un rilevante interesse. E pertanto le diverse classificazioni
e denominazioni si presentano come espressione di meri
tentativi ci che del resto i vari AA. sono pronti a

riconoscere effettuati allo scopo di ordinare, dal punto


di vista nosologico, i fenomeni della variata reattivit che,
nell'imponente loro diversificarsi, si prestano difficilmente
ad essere inquadrati nell'inalterabilit di alcuni schemi da

tutti accettati. Tanto pi che, come comprovano i


continui enormi progressi dell'immunologia di base e i
complessi studi, in continua evoluzione, concernenti i
diversi meccanismi immunologici capaci di determinare le

lesioni di organi e tessuti (v. IMMUNOREAZIONI PATOGENE),


non si ancora giunti a possedere scientificamente
l'intera materia di cui si discute.

In conclusione, pergrandi linee e limitandoci a quanto


pi interessa il medico pratico, riteniamo si possa
pervenire alle seguenti affermazioni:

di alfa privativo e topos luogo, significa, in senso letterale,

1) che con i termini allergia ovvero i. si vuole in

fuori posto' e quindi malattia eccezionale o anormale) fu


introdotto da Coca e Cooke (1923), che lo impiegarono in senso

sostanza significare un particolare meccanismo immuno


logico di produzione di fenomeni;

clinico per designare un gruppo familiare o ereditario di


manifestazioni allergiche spontanee nell'uomo, in particolare di
quelle dell'asma e della pollinosi. Un'ulteriore evoluzione del
concetto di atopia si poi verificata con l'introduzione da

voci discordi, ci si riferisce in genere ai meccanismi di

parte di Coca e Grove (1925) del termine reagine atopiche


per indicare sostanze, dimostrabili con il test di Prausnitz e
Kustner, presenti nel siero di soggetti atopici.
La definizione originale, che inizialmente era stata introdotta
per distinguere certe forme di ipersensibilit dell'uomo dalla

2) che con il termine allergia, nonostante alcune


reazione di tipo immediato (immunoreazioni di I tipo) o
ad alcuni di tipo ritardato (immunoreazioni di IV tipo);
3) che mentre i termini i. e allergia si intendono
espressivi dei soli meccanismi patogenetici, le manifesta
zioni cliniche determinate da detti meccanismi sono di

norma assunte nei capitoli dell'allergia o allergologia

anafilassi nell'animale da esperimento, stata in tempi successivi

clinica o dell'i. clinica;

completata ed estesa e pu essere sintetizzata, secondo le chiare

4) che nell'ambito dell'allergologia clinica e dell'i.


clinica, di considerevole importanza appaiono l'avvicina

espressioni di Feinberg (1940), nel modo che segue.


Un tipo di i. peculiare dell'uomo, soggetta ad influenze
ereditarie, che presenta le caratteristiche delle reazioni di tipo
immediato e anticorpi circolanti reaginici con manifestazioni
cliniche caratteristiche come l'asma e la pollinosi. A queste
manifestazioni Sulzberger, come noto, aggiunse la neuroder

matite, sotto la denominazione di dermatite atopica.


Dal punto di vista storico, pertanto, l'atopia stata
143

mento unitario di varie entit anatomoclinicamente simili,

sostenute da condizioni di disreattivit (ad es. urticaria,


asma bronchiale) e la differenziazione tra queste in
ragione del meccanismo patogenetico (anticorpale e non
anticorpale). In tale ordine di idee, mentre non sembrano
appropriate per comprendere tali quadri anatomoclinici
144

IPERSENSIBILITA

le espressioni di allergia o di i. non immunologica, si


presentano pi persuasive quelle altre che accennano ad
una patologia della reattivit specifica e non speci- .
fica ovvero delle disreattivit per anticorpi e dis

reattivit senza anticorpi o disergia tessutale elemen

TA8, II.

ANORMALI RISPOSTE DELL'ORGANISMIO AI


FARMACI

(Serafini, 1973)
I. Sintomi connessi con le propriet farmacologiche, dirette e
indirette, del medicamento:

tare dei tessuti (Lunedei, 1951);

5) che il capitolo della variata reattivit (sia che si


esprima con il termine allergia sia con quello di i.) rien

a) intolleranza (variazione-quantitativa);
b) effetti collaterali (side effects);

tra nel quadro della patologia generale come un capitolo


ormai di amplissima portata, che si estrinseca clinica
mente con molteplici quadri morbosi.
Le ricerche pi recenti sull'immunologia di base e sui
vari meccanismi immunologici capaci di indurre lesioni
tessutali hanno esteso in modo enorme il campo e reso

c) effetti secondari (secondary effects);


d) effetti dovuti a derivati dal farmaco.

estremamente complesso qualsiasi tentativo di sintesi.


Tali ricerche, tuttavia, ci hanno consentito di individuare

fino ad oggi numerosi e vari tipi di reazioni e di perve

II. Sintomi connessi con una particolare reattivit individuale:


sindromi reattive da medicamenti (drug reactions) o iper
sensibilit ai farmaci, variazione qualitativa:
a) con dimostrabile patogenesi immunologica;
b) con possibile, ma non ancora dimostrata, patogenesi
immunologica;

c) non dovuti a meccanismo immunologico (idiosincrasia).

nire ad una loro classificazione, sia pure provvisoria.


In questa sede ci limitiamo ad elencare le immunorea
zioni oggi riconosciute, che constano di sette primarie
e di altre combinate, indicate con diversa terminologia
(Serafini e Ricci, 1978):

somministrazione di dosi terapeutiche e talora di dosi an


che inferiori (un esempio costituito dall'ipnosi conse

immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di


I tipo (reazioni immediate o anafilattiche o reaginiche);

guente a piccole dosi di barbiturici). I sintomi, in so


stanza, sono analoghi a quelli di ordine tossico e specifici

immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di

di ciascun farmaco o gruppi di farmaci;


b) i cosiddetti effetti collaterali (side effects), di cui

II tipo (reazioni citolitiche o citotossiche);


immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di
III tipo (reazione di Arthus o sindrome da complessi);
immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di

IV tipo (reazioni di tipo ritardato o tubercolinico);


immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di

un esempio rappresentato dall'effetto sedativo degli


antistaminici;

c) i cosiddetti effetti secondari (secondary effects), di

cui un esempio rappresentato dal dismicrobismo da an


tibiotici;

V tipo (reazioni da stimolazioni delle funzioni cellulari da


parte di anticorpi);
immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di
VI tipo (reazioni citotossiche mediate da anticorpi e cel
lule K);
immunoreazioni o reazioni allergiche o reazioni di i. di
VII tipo (reazioni indotte da anticorpi capaci di provo

care gravi deficit funzionali);


immunoreazioni combinate (reazioni di tipo combinato
dovute all'associazione di due o pi dei singoli tipi tra
loro).
V. anche: IMMUNoREAzioNI PAToGENE (VII, 1639).
Ipersensibilit ai farmaci
Varr ora la pena di ricordare brevemente i dati fonda
mentali in ordine ad un particolare tipo di i., quella da
farmaci, che presenta, come facilmente si comprende, un
notevole interesse dal punto di vista della pratica medica.
Le anormali risposte dell'organismo alla somministra
zione di un medicamento si distinguono, secondo quanto
eda noi stato esposto in occasione del Congresso di me

d) le rare manifestazioni che si presentano con sintomi


propri dei derivati del farmaco, o metaboliti, talora pi

tossici del preparato originale (Di Mattei, 1952), per cui


potrebbe apparire opportuna la denominazione di sin
dromi non reattive farmaco-specifiche (Noferi e Pascucci,
1953).
2) Un secondo gruppo costituito da sintomi che sono

l'espressione di fenomeni il pi delle volte rivelatori di


una particolare reattivit individuale (variazione quali
tativa dell'effetto farmacologico). Sono caratterizzati in
genere da una modalit di risposta dell'organismo abba
stanza uniforme (ad es. orticaria) da cui una certa somi

glianza nelle manifestazioni cliniche prodotte da diffe


renti farmaci.

Questo secondo gruppo di manifestazioni, in quanto


presenta, in un gran numero di casi, un aspetto clinico
analogo a quello delle sindromi riconosciute come aller
giche, originate cio dalla reazione antigene-anticorpo,

stato nel passato designato con l'espressione di allergia


medicamentosa (drug allergy).

dicina interna del 1952, e del Simposio internazionale di

Occorre, peraltro, precisare che la ricordata denomina

Liegi del 1958, e come risulta altres dalla classificazione


aggiornata in sede di introduzione del Congresso nazio
nale di allergologia e immunologia clinica del 1973, in

zione, che pone in rilievo l'esistenza di un meccanismo

due gruppi principali (tab. II).


1) Un primo gruppo costituito da un insieme di sin
tomi connessi con le propriet farmacologiche, dirette o
indirette, principali o secondarie, dei medicamenti. Essi
possono essere distinti nel modo che segue:

a) intolleranza (variazione quantitativa dell'effetto


farmacologico, tossicosi a dosi non tossiche,i. farma
cologica). I fenomeni pi frequenti e pi conosciuti di
questo gruppo assumono i caratteri clinici degli effetti

farmacologici propri delle dosi elevate dei singoli medi


camenti. In determinati pazienti, infatti, a differenza dei

soggetti normali, la sintomatologia si manifesta dopo la


145

patogenetico allergico, non appropriata per qualificare


tutte le manifestazioni di questo gruppo. Mentre, infatti,
per talune di esse incontestabile l'intervento di un mec

canismo immunologico allergico, per altre si debbono


ammettere altre possibilit patogenetiche, da inscrivere
nell'ambito della cosiddetta patologia della reattivit,
largamente intesa. Per tale motivo gi da molti anni ab
biamo preferito adottare, per designare le manifestazioni

di questo gruppo, l'espressione, proposta da Lunedei, di


sindromi reattive da medicamenti, ovvero l'altra, di

reazioni di i. ai farmaci, che sono comprese nella let


teratura anglosassone sotto varie definizioni: sensitivity

reactions to drugs (Rosenheim, 1958), drug reactions


(Samter, 1971; de Weck, 1971), drug allergy o drug
146

IPERSENSIBILITA

Weck, 1975); o ancora adverse drug reactions (Karch

Jimenez Diaz C., El astma y otras enfermedades alrgicas, 1932,


Ed. Espaa, Madrid.
Karck F. E., Lasagna L., J.A.M.A., 1975, 234, 1236.

e Lasagna, 1975).

Lunedei A., Sulle cosiddette malattie del collageno, in Congr.

hypersensitivity (Parker, 1975; Ackroyd, 1975; de

Le sindromi reattive da medicamenti potrebbero inol

Ital. Med. Interna, 1951, Pozzi, Roma.

tre, in armonia anche con una recente classificazione di

Melli G., Allergia, malattie allergiche e allergosimili, 1959, Val

de Weck (1971), essere distinte in tre gruppi di eguale


importanza (Serafini e coll., 1973; Serafini, 1977):
a) sindromi con dimostrabile patogenesi immunologica
corrispondente ai vari tipi di immunoreazioni patogene
operanti: I, II, III, IV (shock anafilattico da penicillina;

Noferi G., Pascucci F., Le sindromi reattive da medicamenti,

lardi, Milano.

porpora da Sedormid; esantema morbilliforme da ampi


cillina; etc.);
b) sindromi con possibile, ma non ancora dimostrato,
meccanismo immunologico (sindrome di Lyell da medi
camenti; ittero da clorpromazina; etc.);

c) sindromi non dovute a meccanismi immunologici


(idiosincrasia). L'idiosincrasia (v.), infatti, va intesa, allo
stato attuale, come una abnorme reattivit ad un farmaco

(variazione qualitativa dell'effetto farmacologico), che


non corrisponde alle abituali azioni farmacologiche e non
dipende da meccanismi immunologici. Un esempio ca
ratteristico di un siffatto genere di forme rappresentato
dall'anemia emolitica da primachina, dovuta a deficienze
enzimatiche (deficit di glicoso-6-fosfato deidrogenasi).
I sintomi e le forme cliniche delle sindromi reattive da

medicamenti possono distinguersi a seconda degli organi


o apparati prevalentemente o esclusivamente compro
messi. Tale criterio, pur separando sindromi collegate tra
loro dalla comunanza dell'etiopatogenesi, consente di
classificare da un punto di vista generale le pi comuni
sindromi che possono essere determinate dai diversi far
maci.

Sintomi generali (febbre da medicamenti, sindrome di


shock).

Sindromi cutanee (eruzioni ponfoidi, eruzioni eritema


tose, eruzioni pigmentarie, eruzioni papulose e papulo
vescicolari, eruzioni vescicolari, etc.).

1953, Ariani, Firenze.

Parker C. W., N. Engl. J. Med., 1975, 511, 957.


Prausnitz C., Kstner H., Zentralbl. Bakteriol., 1921, 86, 160.
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l'interazione tra antigeni e anticorpi in vivo, in Weiser R. S. et

al. eds., Principi di immunologia, 1972, Piccin, Padova.


UMBERTO SERAFINI

Sindromi respiratorie (rinopatia vasomotoria, asma


bronchiale, etc.).
Sindromi reattive diffuse del tessuto connettivo (sin
dromi lupus-simili).
Sindromi del sistema emopoietico (anemia emolitica,
agranulocitosi, porpora trombocitopenica, etc.).
Sindromi dell'apparato cardiovascolare (angioite da i.).
Sindromi dell'apparato digerente e del fegato (itteri,
etc.).
Sindromi del sistema nervoso: centrale (edema cere
brale, encelopatia ed encefalomielite); periferico (nevriti).

Ipersensibilit agli alimenti


Per i. agli alimenti o, pi comunemente, allergia alimen

tare, s'intende una serie di manifestazioni provocate dal


contatto con un alimento cui il soggetto specificamente
sensibile.

L'allergia alimentare non differisce dalle altre manife

stazioni di allergia (v.) se non per la natura e la via d'in


troduzione dell'allergene. In rapporto a questo, essa
presenta alcune particolarit cliniche, diagnostiche e di

Sintomi articolari (reumatismi secondari).

trattannentO.

Per la trattazione dei diversi sintomi e sindromi da

medicamenti si rinvia alle voci corrispondenti.

Etiologia. Ogni alimento pu essere responsabile di


allergia alimentare: i pi comuni come i pi insoliti sulla

Bibliografia

facilita, per lo stesso paziente, il riconoscimento diagno

Ackroyd J. F., Immunological Mechanisms in Drug Hypersensi

stico, mentre per i primi manca ogni relazione che ne


faccia sospettare la responsabilit.

mensa. Per questi ultimi il chiaro rapporto causa-effetto


tivity, in Gell P. G. H., Coombs R. R. A., Lachmann P. J.
eds., Clinical Aspects of Immunology, 1975, 3 ed., Blackwell,
Oxford, p. 913.
Coca A. F., Cooke R. A., J. Immunol., 1923, 8, 163.
Coca A. F., Grove E., J. Immunol., 1925, 10, 445.

L'esperienza ha indicato che alcuni alimenti sono pi


spesso in causa: in primo piano il latte (v.) e alcuni suoi
derivati, l'uovo, gli estratti di carne, le noci, nocciole e

de Weck A. L., Drug Reactions, in Samter M. ed., Immunologi


cal Diseases, 197I, Little, Brown, Boston, p. 415.

noccioline, la cioccolata, etc.

de Weck A. L., H

In realt solo alcuni dei numerosi determinanti antige


nici presenti in ogni alimento sono responsabili della ri
sposta IgE-specifica e della sintomatologia; analogamente
a quanto stato fatto per le Ambrosiacee, Aas ha potuto
identificare la frazione in causa dell'i. al pesce blu.
L'antigenicit di un alimento varia spesso con la cot

Basic Problems, in

g 1975, Excerpta Medica, Amsterdam, p. 417.


Di Mattei P., Idiosincrasie intolleranze medicamentose, in Atti
53 Congr. Soc. Ital. Med. Interna, 1952, Pozzi, Roma.
Feinberg S. M., J.A.M.A., 1940, 114, 2126.
Gell P. G. H., Coombs R. R. A., Lachmann P. J., Clinical
Aspects of Immunology, 1975, 3 ed., Blackwell, Oxford.

Halliday W. J., Glossary of Immunological Terms, 1971, But


terworths, London.

Herbert W. J., Wilkinson P. C., A Dictionary of Immunology,


1977, Blackwell, Oxford.

147

tura; meno nota la possibilit di modificazioni legate

alla biotrasformazione subita nei processi di digestione e


all'intervento della flora intestinale.
148

IPERSPLENISMO

Un capitolo a parte rappresentato dalla possibilit


che alcuni additivi, e in particolare la tartrazina, larga
mente impiegata come colorante alimentare e in confe
zioni farmaceutiche, possano intervenire con effetto sen
sibilizzante e scatenante: si tratta per lo pi di sostanze
chimiche semplici che funzionano come apteni e quindi

senta, in rapporto alle caratteristiche patogenetiche di


questa forma di i., alcune particolarit.
L'anamnesi di particolare importanza: l'allergia ali

con meccanismo analogo a molti farmaci.

stesso soggetto (orticaria, rinite, asma, etc.).


I test cutanei sono di incerta utilit in quanto si osser
vano numerose false positivit o false negativit.
Il RAST pu essere impiegato con successo in quanto
presenta una buona correlazione con i dati desunti dalle
diete di prova; ha per l'inconveniente della limitata di
sponibilit di allergeni da testare (v. IMMUNOGLOBULINE,
Ig in condizioni fisiologiche e patologiche).
Le diete di prova rappresentano ancor oggi il mezzo
diagnostico pi efficace. Sono state proposte varie diete,
tutte basate sull'eliminazione, per alcune settimane, degli
alimenti pi spesso responsabili di provocare allergia; se
la sintomatologia scompare gli alimenti esclusi vanno suc
cessivamente aggiunti alla dieta base cos da verificare il
rapporto con l'eventuale ricomparsa delle manifestazioni
morbose. Sono anche state elaborate, secondo analoghi
principi, diete prive di additivi alimentari.
I risultati che si ottengono sono probanti solo quando
il paziente segue rigidamente la dieta prescrittagli e se il
rapporto causa-effetto viene confermato in almeno due

E ancora da ricordare la possibilit che la penicillina o


altri antibiotici, impiegati per un miglior rendimento degli
allevamenti, contaminino il latte e la carne provocando,
nel soggetto sensibilizzato, reazioni anche di notevole
gravit e di difficilissimo riconoscimento.
Meccanismi immunologici interessati. L'allergia ali
mentare per lo pi legata alla presenza di IgE specifi
che alle frazioni allergicamente attive dell'alimento.
La fissazione delle IgE ai basofili, l'incontro dell'anti
gene con le IgE fissate e la conseguente liberazione di
mediatori procedono secondo lo schema abituale (v. IM
MUNOREAZIONI PATOGENE). La mucosa dell'apparato di
gerente ricca di plasmacellule IgE-produttrici e di ba
sofili e ci giustifica la possibilit di manifestazioni a li
vello gastrointestinale.
Una quota di IgE di produzione locale tuttavia passa in
circolo ed in grado di fissarsi o di provocare sintomi in

sedi lontane. infatti noto che una quota di macromole


cole di derivazione alimentare fisiologicamente capace
di superare la barriera intestinale non solo nella prima
infanzia ma anche nell'adulto. Questa quota viene abi
tualmente bloccata dal sistema di Kupffer a livello epa

tico, ma una minima quantit spesso capace di raggiun


gere sia le cellule immunocompetenti in sedi profonde
rendendosi responsabile della formazione di anticorpi, sia
gli anticorpi IgE fissati a diversi livelli. Si giustifica in tal
modo, anche se non tutti i meccanismi di questo processo
sono noti, l'insorgenza di manifestazioni a distanza: orti

mentare inizia spesso molto precocemente (primi mesi o


anni di vita) e si presenta abbastanza di frequente con
diverse manifestazioni associate o che si alternano nello

test successivi.

Terapia. Il trattamento sintomatico si vale degli an


tistaminici di sintesi, del disodiocromoglicato e dei corti
costeroidi. La terapia etiologica si basa sull'eliminazione
dalla dieta dell'alimento responsabile. Un procedimento
di iposensibilizzazione secondo i criteri abituali non ef
fettuabile, ma pu essere tentata la somministrazione di
quantit progressivamente crescenti dell'alimento par
tendo da dosi minime.

caria, rinite, etc.

Nella prima infanzia il passaggio di macromolecole at


traverso la mucosa intestinale molto pi facile in
quanto fa difetto, o ancora incompleta, la barriera rap
presentata dagli anticorpi IgA di tipo secretorio; di con
seguenza facile evidenziare in circolo anticorpi precipi

Bibliografia
Serafini U., Immunologia clinica e allergologia, 1978, USES,
Firenze.

Zanussi C., Fondamenti di immunologia clinica, 1972, UTET,


Torino.
CARLO ZANUSSI

tanti IgG contro antigeni alimentari e soprattutto contro


le proteine del latte, anticorpi il cui ruolo patogeno
per assente o molto modesto rispetto a quello delle IgE.
Va anche segnalato che alcuni alimenti e additivi pos

IPERSIDEROSI: v. EMoCRoMATosi (V, 1366); EMosIDE


RosI (V, 1536).

sono intervenire attraverso un effetto istaminoliberatore,


IPERSPLENISMO

non mediato da anticorpi IgE. La liberazione di media


tori che consegue alla degranulazione dei basofili in
grado di provocare l'insorgenza di una sintomatologia del
tutto analoga a quella della vera allergia alimentare.
Manifestazioni cliniche. Sono quelle abituali dell'ato

F. hypersplnisme. - I. hypersplenism. - T. Hypersplenie. s. hiperesplenismo.


Definizione

pia con una diversa incidenza rispetto agli allergeni ina

Con il termine ipersplenismo si vuole indicare una sin

lanti. L'asma relativamente raro mentre molto fre

drome caratterizzata da splenomegalia, citopenia ematica

quenti sono le manifestazioni dermatologiche e soprat

periferica, iperplasia midollare e correzione del quadro

tutto l'orticaria acuta o cronico-recidivante. Anche la ri

ematologico mediante splenectomia. La splenomegalia

nite non stagionale pu riconoscere una causa alimentare.


Sono stati anche descritti casi di artralgie diffuse e di
cefalea di tipo emicranico e molte altre manifestazioni ai
pi diversi livelli, ma si tratta di eventi insoliti, probabil

pu essere primitiva, a etiologia ignota, ovvero seconda

mente eccezionali.

Certamente pi frequenti, ma ancora mal definibili


statisticamente, sono le reazioni a livello gastrointestinale

(nausea e vomito, diarrea, meteorismo); queste domi


nano nella prima infanzia, dove l'allergia al latte un

evento patologico di grande importanza, mentre sem


brano pi rare nel soggetto adulto (v. LATTE, allergia alle
proteine del latte vaccino).
Diagnosi. La diagnosi dell'allergia alimentare pre
149

ria a varie malattie, nosograficamente definite. Si parla


pertanto di i. rispettivamente primitivo e secondario
(tab. I). Tale distinzione tuttavia null'altro riflette che la
nostra ignoranza sulla genesi di molte splenomegalie.
Non improbabile che alcune forme oggi considerate
primitive, ad es. la neutropenia splenica primaria, trovino
un giorno la loro spiegazione in eventi patologici estranei
alla milza, e la relativa splenomegalia anzich causa sia
invece conseguenza di quegli eventi che allo stato attuale
delle conoscenze ci sfuggono. Un esempio del genere ci
viene offerto dalla sferocitosi ereditaria. La primitivit
della patologia splenica potr allora essere riservata sol
150

IPERSPLENISMO

tanto a quei casi in cui un'alterata funzione delle piccole


arterie spleniche porta alla congestione dell'organo, e
questa all'ipertensione portale, al danno epatico e alla

emopoiesi, nonostante le numerose ricerche sperimentali


condotte con le modalit pi diverse, ma per lo pi ba
sate sulla somministrazione ad animali, per via orale o

sindrome di i. La citopenia e parimenti la relativa

parenterale, di preparati di milza cruda o di estratti del

iperplasia midollare pu essere globale o selettiva di

l'organo. L'estrema variabilit dei risultati conseguiti non


permette del resto alcuna valida conclusione. Lo stesso
fattore isolato pi recentemente (Nishioka et al., 1973),
un tetrapeptide splenico-dipendente denominato tufsin,
sembra esercitare un'azione di stimolo su alcuni aspetti

una o due serie cellulari ematiche.

Pochi capitoli della patologia hanno destato tanto in


teresse e sono stati nel contempo fonte di tanta confu

sione quanto questo dell'i. A Banti va il merito di avere


per primo, alla fine del secolo scorso, sollevato il pro
blema dei rapporti tra milza e citopenia ematica perife

rica, sia pure nei limiti della malattia da lui descritta. Il


termine i., coniato pi tardi da Chauffard (1907), venne

poi esteso oltre i limiti della nosografia bantiana, a tutte


quelle situazioni ipocellulari ematiche, la cui stretta di
pendenza dalla splenomegalia trova conferma nella re
versibilit del quadro ematologico dopo splenectomia.
Ciononostante spesso si parla di i. o in senso restrittivo,

funzionali dei granulociti neutrofili (fagocitosi e chemio


tassi) senza modificare affatto il loro numero nel sangue
periferico.
Per contro

risultati

di

altre

ricerche farebbero

addirittura escludere la possibilit di una regolazione


umorale splenica dell'emopoiesi. Ad es., l'azione seque
strante, e quindi citopenizzante, esercitata sulle cellule
ematiche da parte di un trapianto splenico nel ratto

splenectomizzato viene a mancare se il reinnesto rac

identificandolo a torto con la malattia di Banti e le cosid

chiuso in membrana Millipore, che, pur impedendo il

dette sindromi bantiane, o in senso estensivo, abusando

sequestro di cellule, dovrebbe permettere invece il


passaggio di eventuali fattori umorali (Jacob et al.).
Parimenti, i risultati di ricerche cliniche (Fieschi e

del termine in situazioni che non ne rispecchiano il pre


ciso significato.
Patogenesi
Per oltre 60 anni le ipotesi patogenetiche circa il mecca
nismo con cui si instaura la sindrome hanno ricalcato

quelle gi formulate da Banti: la possibilit cio che la


citopenia ematica periferica sia la conseguenza o di
un'abnorme distruzione di cellule da parte della milza in

grandita o di un'azione inibitoria esercitata sulla produ


zione midollare e sull'immissione in circolo delle cellule

ematiche da parte di metaboliti splenici abnormi.

Per la verit, per, non stato mai possibile dare una


dimostrazione sicura dell'esistenza di fattori umorali di

origine splenica, che abbiano un qualche effetto sulla


TAB, I.

CLASSIFICAZIONE

Ipersplenismo primitivo:
neutropenia splenica primaria (Wiseman
e Doan);

panemocitopeniasplenica primaria (Doan


(e

splenomegalia idiopatica non tropicale


malattia di Banti.

Ipersplenismo secondario:
malattie infettive croniche: tbc, lue;

malattie parassitarie: malaria, leish


maniosi, tripanosomiasi, schistoso

splenomegalie

miasi;
sarcoidosi;

infiammatorie

sindrome di Felty, artrite reumatoide;


ipertensione portale da ostruzione:

intraepatica (cirrosi)

splenomegalie

extraepatica (trombosi o altre forme

-----

congestizie

di ostruzione della vena porta e lo


della vena splenica);

|
splenomegalie
iperplastiche

anemie emolitiche;

Sacchetti), condotte sia su soggetti normali splenectomiz


zati sia su pazienti splenomegalici, prima e dopo la
splenectomia, non hanno mostrato alcuna influenza della
milza sulla massa totale dei granulociti del sangue e

quindi sulla granulocitopoiesi, che soltanto dall'entit di


quella massa trae regolazione. La granulocitosi, che si
verifica dopo splenectomia, e la granulocitopenia, che si
pu osservare in pazienti splenomegalici con sequestro
reversibile, sono soltanto apparenti, dovute cio ad
un'alterata distribuzione della massa granulocitaria peri
ferica peraltro immodificata tra il compartimento
marginato e quello circolante.
Validi argomenti, invece, e soprattutto numerosi dati
acquisiti mediante l'impiego delle moderne tecniche di
citocinetica, sono in appoggio dell'altra ipotesi, che
interpreta la citopenia periferica come conseguenza di
sequestro e distruzione cellulare da parte della milza
ingrandita. Ed appunto questa l'ipotesi che riscuote
oggi i pi larghi consensi. Mediante prelievi contempora
nei di sangue dall'arteria e dalla vena spleniche
possibile documentare una diminuzione dei granulociti e
delle piastrine pi pronunciata quando il sangue circola
attraverso milze ingrandite. Alla trasfusione di emazie o
di piastrine marcate con Cr in pazienti con i. segue un
progressivo incremento della radioattivit registrabile
sull'area splenica. Altrettanto si pu dimostrare in ani
mali da esperimento, provocando in essi una tipica
sindrome di i. mediante ripetute iniezioni di polimeri
scarsamente metabolizzabili, come la metilcellulosa. L'ac

cumulo di queste sostanze nelle cellule reticoloendoteliali


della milza produce, a lungo andare, una splenomegalia
con pancitopenia periferica. Per altro, in concomitanza
con il sequestro splenico delle emazie marcate con Cr,
si verifica in questi animali un incremento della sintesi
emoglobinica a livello midollare, in aperto contrasto con
l'ipotesi che la milza iperfunzionante possa esercitare in
via umorale un'azione inibitoria sulla matrice eritropoie
tica.

iperplasia linfatica benigna;


morbo di Basedow;
L'effetto del sovraccarico funzionale sull'accrescimento della

splenomegalie

malattia di Gaucher;
malattia di Niemann-Pick;

infiltrative

amiloidosi;

splenomegalie
neoplastiche

151

leucemie;
linfomi.

milza pu essere documentato anche in autotrapianti sottocuta


nei di tessuto splenico. Tali trapianti si accrescono, infatti, ed
esplicano un'attivit funzionale superiore alla norma, quando
all'animale (ratto) vengono trasfuse emazie danneggiate. Anche
un episodio emolitico di brevissima durata pu stimolare
l'accrescimento dell'organo. Una singola iniezione di emazie
alterate con il calore, in misura tale da essere sequestrate e
152

IPERSPLENISMO

distrutte nella milza, in grado di promuovere a livello splenico


una neosintesi di DNA, documentabile mediante incorporazione
di timidina *H. L'indagine autoradiografica dimostra in queste
milze che la maggiore attivit mitotica si verifica nelle cellule
reticoloendoteliali della zona marginale, che appunto la sede
iniziale del sequestro degli eritrociti danneggiati.
Del resto, esempi d'ingrandimento della milza per sovracca

rico funzionale ci sono offerti dalla stessa patologia umana, in


particolare dalle anemie emolitiche congenite. In queste situa
zioni si viene a verificare una sorta di circolo vizioso, per cui il
tessuto reticoloendoteliale splenico, funzionalmente sovraccari
cato nella rimozione continua di eritrociti anomali, va incontro a
iperplasia, incrementando via via di pi la sua capacit eritroci
tolitica. Ne fa fede, ad es., il progressivo aumento della richiesta
trasfusionale, cui vanno incontro molti talassemici e il buon
effetto della splenectomia che, interrompendo appunto tale

circolo vizioso, pu in definitiva ridurre la richiesta stessa. Nella


sferocitosi ereditaria la splenectomia, non solo rappresenta
l'unico presidio terapeutico di cui a tutt'oggi si dispone per le
forme pi gravi di malattia, ma trova sempre una razionale
indicazione anche nei casi pi lievi, proprio per prevenire il loro
aggravamento in conseguenza della progressiva attivazione fun
zionale dell'organo.
Il tessuto reticoloendoteliale iperplastico e iperfunzionante
non in grado di esercitare un'azione discriminante nelle sue
prestazioni. Cosicch, anche se il suo maggior carico di lavoro
inizialmente consiste soltanto nella rimozione di eritrociti ano

mali, in un secondo tempo la milza estende l'attivit di sequestro


anche ai granulociti e alle piastrine. La piastrinopenia, ad es.,
un reperto non infrequente in molte anemie emolitiche croniche.
L'incapacit di discriminare gli obiettivi di un'attivit funzionale
esaltata ci rende ragione del fatto che anche splenomegalie
infettive, acutamente insorte in conseguenza del sequestro e
della distruzione di microrganismi circolanti, portano ad una
citopenia, globale o parziale, nel sangue periferico.
In altri termini, allo stato attuale delle conoscenze, l'i. va
inteso come esaltazione di funzioni normali, apparentemente
senza comparsa di funzioni nuove e senza sostanziali deviazioni
qualitative dei fini meccanismi responsabili di tali funzioni
(Tizianello e Pannacciulli).

strutture sinusoidali. L'allungamento del suo tempo di


transito comporta da una lato un esaurimento del

substrato (glicoso) e dall'altro l'accumulo di metaboliti


acidi (lattato) con abbassamento del pH e quindi ulte
riore riduzione dell'attivit enzimatica (soprattutto eso
chinasica). Si viene cos a stabilire un circolo vizioso per
il quale la situazione metabolicoenergetica progressiva
mente si aggrava finch la cellula cade preda dei
macrofagi.
La piastrinopenia conseguenza soltanto dell'aumen
tato contenuto ematico del viscere. Gi in condizioni

normali ca. il 30% della massa piastrinica si trova nella


milza. Tale percentuale ovviamente aumenta con l'au
mento del letto vascolare splenico. Con l'impiego di
piastrine radiomarcate stato infatti dimostrato, in casi
di i., che la somma della quota circolante e di quella
sequestrata nella milza all'incirca corrispondente alla
massa piastrinica totale riscontrata in soggetti normali. La
sopravvivenza degli elementi ha una durata normale
anche in casi di splenomegalia cospicua e ci probabil

mente dipende dalle loro piccole dimensioni che li


rendono capaci di passare agevolmente attraverso la
circolazione sinusoidale. Si deve quindi concludere che la
produzione di piastrine da parte del midollo osseo,
regolata essenzialmente dalla massa piastrinica totale,
non risponde, nei casi di i., alla citopenia periferica.

L'aumentato pool splenico delle piastrine mobilizzabile


a seguito di emorragia, probabilmente con meccanismo
adrenalinico, tant' vero che nei casi di i., nonostante la
piastrinopenia, solo eccezionalmente si verificano altera
zioni significative dell'emostasi.
Il meccanismo con cui s'instaura la granulocitopenia

periferica nelle splenomegalie non stato ben chiarito


come per le altre citopenie. Impiegando leucociti marcati
con DF8P stato osservato che il pool splenico

granulocitario, di norma pressoch insignificante, pu


incrementare considerevolmente nei casi di i. In base ai

L'eritrocitopenia periferica pu essere conseguenza del


solo sequestro di emazie da parte della milza ingrandita.
L'aumento del letto vascolare splenico comporta ovvia
mente un aumento del suo contenuto ematico. In un

secondo tempo l'eritrocitopenia conseguenza anche


della riduzione della vita media delle emazie e questa
generalmente proporzionale all'incremento dimensionale
della milza. Ma l'anemia di solito pi accentuata di
quanto non comporti la diminuita sopravvivenza eritro
citaria: sia in misura apparente, per effetto dell'emodilui
zione dovuta all'espansione del volume plasmatico che
inesplicabilmente accompagna le splenomegalie di qual
siasi natura, sia in misura reale, per la diminuita attivit
funzionale del midollo osseo, compromesso dalla stessa
malattia fondamentale della quale l'i. soltanto un

risultati delle loro ricerche sulla dinamica granulocitaria,

Fieschi e Sacchetti distinguono splenomegalie a) con


sequestro reversibile, b) con sequestro e iperconsumo, c)
con consumo prevalente, a seconda che sia in gioco
semplicemente un'alterata distribuzione della massa gra
nulocitaria ovvero si associ o prevalga un vero e proprio
meccanismo citodistruttivo. In ogni caso la granulocito

penia nell'i. non comporta di solito conseguenze cliniche


di rilievo, salvo i casi in cui al sequestro si associ una
citolisi, probabilmente su base autoimmune, come nella
sindrome di Felty.
Quadro clinico e criteri diagnostici

Poich l'i. una sindrome generalmente secondaria ad


altre condizioni morbose, talora anche gravi, gli aspetti

aspetto (leucemie, linfomi, infezioni croniche, etc.). L'e

clinici, il decorso e la prognosi dipendono essenzialmente

spansione del pool vascolare splenico porta a una

dalla malattia di base.

riduzione della sopravvivenza eritrocitaria perch l'allun

Quando la splenomegalia raggiunge dimensioni inso

gamento del tempo di transito attraverso il viscere


ingrandito anticipa fenomeni di per s fisiologici: la
senescenza e la morte del globulo rosso. Nell'emazia
senescente la progressiva riduzione delle attivit enzima

lite, si possono associare disturbi dipendenti dal cospicuo

vascolare (infarti splenici, trombosi della vena splenica,

tiche e quindi delle possibilit metabolicoenergetiche

varici esofagee).

porta a un aumento del contenuto di Na e di HO, e ci,


unitamente a una perdita di lecitina di membrana e ad un

aumento quindi del rapporto volume/superficie, deter

In s e per s la sindrome di i. trova i suoi elementi


diagnostici nella citopenia periferica e nella splenomega
lia, ambedue valutabili nella loro entit, la prima me

mina la deformazione sferocitaria della cellula. D'altra

diante l'esame emocromocitometrico, la seconda me

parte il venir meno degli opportuni sistemi protettivi fa s


che una frazione sempre pi importante di emoglobina si
ossidi irreversibilmente a metemoglobina. L'eritrocito
rigonfio non transita pi agevolmente attraverso le

diante esami particolari (scintigrafia, splenoportografia).


La biopsia del midollo osseo permetter di documentare
l'esistenza di un'iperplasia mieloide. L'autotrasfusione di
globuli rossi, piastrine e leucociti, marcati con radioiso

153

ingrandimento del viscere, sia di natura meccanica (com


pressione dello stomaco e del rene sinistro), sia di natura

154

IPERSPLENISMO

topi, consente di valutare la misura di un eventuale


sequestro a livello della milza e pu fornire utili
indicazioni circa l'efficacia della splenectomia.
Terapia
L'unico presidio terapeutico valido insito nella stessa
definizione di i., che prevede appunto la correzione del
quadro ematologico mediante la splenectomia. La rela
tiva indicazione, tuttavia, deve essere sempre prudente
mente vagliata nel singolo caso, tenendo conto dei rischi
che l'intervento pu comportare: l'aumentata incidenza
di infezioni batteriche gravi e gli episodi tromboembolici
secondari alla piastrinosi reattiva postoperatoria. La sola
citopenia neriferica, per lo pi irrilevante sul piano
clinico, non certo sufficiente per indurre all'intervento.
Possono essere invece indicazioni per la splenectomia: a)
le enormi splenomegalie (soprattutto nelle tesaurismosi
lipidiche), in quanto responsabili sia di disturbi mecca
nici, sia di eccessiva riduzione della sopravvivenza eritro
citaria per espansione del pool vascolare, sia, pi rara
mente, di piastrinopenia da sequestro scarsamente mobi
lizzabile e come tale causa di difettosa emostasi; b) le
anemie emolitiche congenite, nelle quali la riduzione
della vita media degli eritrociti, portatori di un difetto
intrinseco, pu essere ulteriormente aggravata dagli ef
fetti additivi della splenomegalia; c) gli accidenti vasco
lari, conseguenti all'aumentato ritorno venoso di una

milza ingrandita (varici esofagee) o ad una portata


circolatoria insufficiente per il tessuto iperplastico (infarti
splenici multipli). Alle tre indicazioni suddette si tende

oggi ad aggiungerne una quarta: la splenomegalia con


metaplasia mieloide. E stato infatti dimostrato che
l'eritropoiesi splenica, in questi casi, per la gran parte
inefficace e pertanto in grado soltanto di sottrarre
materiale (soprattutto Fe) necessario alla sintesi emoglo
binica normotopa, senza peraltro fornire un prodotto
finito. L'irradiazione splenica consentirebbe in questi
pazienti il ritorno a una eritropoiesi midollare efficace.
Bibliografia

Fieschi A., Sacchetti C., Aspetti di fisiopatologia e clinica

1967, Pozzi, Roma.

Jacob H. S., Br. J. Haematol., 1974, 27, 1.


Marsh G. W., Pettit J. E., Br. J. Haematol., 1972, 23,

UGO SALERA

IPERSURRENALISMO E IPOSURRENALISMO

F. hypersurrnalisme et hyposurrnalisme. - I. hyperadren


alism and hypoadrenalism. - T. Hyperadrenalismus und

Hypoadrenalismus. - s. hiperadrenalismo e hipoadrena


lismo.

Della parte midollare si conoscono in clinica solo sin

dromi iperfunzionali (ipersurrenalismo midollare). Della


parte corticale si conoscono in clinica sia sindromi ipo
funzionali (ipocorticosurrenalismi) che iperfunzionali
(ipercorticosurrenalismi).
Ipersurrenalismo midollare
Bench siano stati descritti casi sostenuti da un'iperplasia
uni- o bilaterale della midollare del surrene, il paradigma
dell'ipersurrenalismo midollare il feocromocitoma, nelle
sue varie espressioni anatomocliniche (v. FEOCROMOCI
TOMA).
Il feocromocitoma un tumore di grandezza variabile,
fino a proporzioni notevoli, che in genere (80% dei casi)

si sviluppa a carico di una sola surrenale (il pi spesso la


destra), raramente (10% dei casi) di entrambe, o, nel ri
manente dei casi, in sede extrasurrenale, cio nei gangli
addominali o toracici o negli organi di Zuckerkandl.
Ha eguale incidenza nei due sessi e si pu manifestare
a qualsiasi et, sebbene sia pi frequente tra il 3 e il 5
decennio di vita. Istologicamente costituito da cellule
particolari, le cellule cromaffini.
L'etiopatogenesi del quadro clinico da ricercare nel
l'iperincrezione di catecolamine da parte del tumore,
iperincrezione che abitualmente in parti uguali per l'a
drenalina e la noradrenalina, pur potendo per alle volte
prevalere nettamente l'una sull'altra, con i relativi parti
colari aspetti del quadro clinico (ipertensione sistolica
con tachicardia, iperglicemia e glicosuria nelle forme con
iperadrenalismo; ipertensione sistodiastolica, senza o con
modesta tachicardia, nelle forme con ipernoradrenalini
smo).
La sintomatologia pi conosciuta del feocromocitoma
quella critica, caratterizzata da crisi ipertensive che si in
scrivono in una condizione di pressione arteriosa di base
normale, con i relativi e conseguenti fenomeni che l'ac

compagnano: tachicardia (come si detto, non costante),


pallore, sudorazione fredda, cefalea, tremori, stato an
sioso, alle volte dolore precordiale, spesso nausea e vo
mito. Per, ca. 3 volte pi spesso, l'ipertensione, pur po
tendo oscillare ampiamente nel corso della giornata, e
pur potendo presentare parossismi ipertensivi anche co
spicui, stabile (con aumento sia dei valori sistolici che

di quelli diastolici) e si accompagna ad ipotensione orto


statica, anche grave, e ad ipertensione nel piccolo circolo.
La diagnosi di sicurezza si fonda sul riscontro di un

elevato tasso ematico e/o urinario di catecolamine e/o


dei loro metaboliti: la prevalenza di adrenalina indica di
regola che il tumore ha sede surrenalica, mentre la pre
valenza di noradrenalina indica che il tumore pu avere
sede extrasurrenalica. Ed l'identificazione della sede

SOMMARIO

Generalit e classificazione (col. 155). - Ipersurrenalismo mi


dollare (col. 156). - Ipocorticosurrenalismi (col. 156): Ipocorti
cosurrenalismi totali. - Ipocorticosurrenalismi parziali. - Ipercor
ticosurrenalismi (col. 159); Ipercorticosurrenalismi totali. - Iper
corticosurrenalismi parziali.

Generalit e classificazione

Per ipersurrenalismi e iposurrenalismi si intendono quei


quadri clinici e metabolici riconoscenti la loro genesi in

che a volte pone problemi notevoli, quando il retro


pneumoperitoneo diagnostico, l'urografia o l'arteriografia
selettiva, etc., hanno dato esito negativo (v. FEoCRoMoCI
TOMA).
La prognosi legata fondamentalmente ai danni va

scolari indotti dall'ipertensione, e quindi alla precocit


della diagnosi. La terapia chirurgica, quella medica
(farmaci adrenolitici e anticromaffinici) servendo solo in
casi di emergenza, cio nel corso dei parossismi iperten
sivi o per mantenere entro limiti ragionevoli, in attesa
dell'intervento, pressioni arteriose particolarmente ele
vate in modo stabile.

un'aumentata, o diminuita, funzionalit del surrene.

Questa ghiandola endocrina , dal punto di vista ana


tomico e funzionale, divisa in due parti fondamentali: la
parte midollare o medullosurrenale e la parte corticale o
corteccia surrenale o corticosurrene.

155

Ipocorticosurrenalismi
Gli ipocorticosurrenalismi, le sindromi cio dovute ad
un'insufficiente funzione del corticosurrene, si distin
156

IPERSURRENALISMO E IPOSURRENALISMO

guono in totali e parziali, a seconda che siano compro


messe tutte o in parte le attivit specifiche della ghian
dola.

Ipocorticosurrenalismi totali
Possono essere primitivi, dovuti cio ad una lesione che
colpisce direttamente in modo acuto o cronico il corti
cosurrene, o secondari ad una diminuita increzione di

ormone adrenocorticotropo ipofisario (ACTH) per lesioni


di varia natura interessanti il sistema ipotalamo-ipofisa
rio.

1. Ipocorticosurrenalismo totale primitivo acuto (apo


plessia surrenale o insufficienza surrenale acuta). La
forma pi frequente di insufficienza surrenale acuta
quella che interviene, come sar detto sotto, nel corso o
come prima manifestazione di un'insufficienza cronica
(morbo di Addison), riconoscendone come causa le stesse
lesioni anatomiche.

Pi raramente si osserva una sindrome clinica a rapida


evoluzione, particolarmente grave, in genere fatale, de

terminata da una distruzione dei surreni per emorragia

La diagnosi non difficile qualora si sappia, o vi siano


i segni clinici, dell'iposurrenalismo cronico. Molto pi
difficile negli altri casi. Di scarsa utilit, in quanto non vi
il tempo di poterli eseguire, i dosaggi ormonali. Indica
tivi l'aumento degli eosinofili circolanti e l'iposodiemia
con iperpotassiemia e iperazotemia.
La prognosi legata alla precocit della diagnosi e alla
natura della causa scatenante, specie qualora si tratti di
una malattia infettiva. La terapia consiste nel combattere
il fattore causale, ove possibile, e il collasso vascolare;
nell'idratare il paziente con soluzioni clorurate e glico
sate; nel somministrare cortisolo per via venosa.

2. Ipocorticosurrenalismo totale primitivo cronico.


L'ipocorticosurrenalismo totale primitivo cronico viene
oggi indicato, qualunque ne sia la causa, come morbo di
Addison (v. ADDIsoN, MoRBo Di). malattia dovuta a
progressiva distruzione bilaterale del corticosurrene per
le seguenti cause (in ordine di frequenza): tubercolosi,
atrofia cosiddetta primaria o idiopatica, amiloidosi, me
tastasi tumorali, ipoplasia surrenale congenita, lue. L'a
trofia primaria sembra che riconosca una patogenesi au

massiva da cause varie. Colpisce pi spesso i neonati e i


bambini, ma non risparmia gli adulti. Nei neonati la

toimmune.

causa pi frequente il trauma per il travaglio di parto

brunastra della cute e delle mucose, caduta dei peli, ipo


tensione arteriosa, profonda astenia, disturbi gastrointe
stinali, dimagrimento, disturbi del ricambio glicidico e sa
lino. La malattia pu iniziare subdolamente, oppure,
come si detto, con una crisi iposurrenalica acuta (man
cano per le emorragie e le petecchie cutanee), crisi che
pu anche intervenire nel decorso della malattia non cu
rata o mal curata, potendone rappresentare la causa di

difficile o prolungato, oppure l'asfissia da applicazione di

forcipe, oppure le violente manovre di rianimazione; pi


di rado, e oggi in modo particolare, in causa la sifilide
ereditaria. Nei bambini e negli adulti la causa traumatica

rara (violento trauma addominale), intervenendo pi di


frequente l'apoplessia surrenale nel corso di una sepsi
gravissima, in genere meningococcica, ma anche pneumo
coccica, streptococcica, stafilococcica, etc. (in questa eve
nienza si parla di sindrome di Marchand-Waterhouse-Fri

I sintomi principali sono costituiti da pigmentazione

mOrte.

La diagnosi si basa sui dati ricavabili dall'esame clinico

derichsen; v. wATERHOUSE-FRIDERICHSEN, SINDROME DI).

(dubbi possono insorgere nel differenziare dall'emocro

Altre cause non comuni nell'adulto sono le trombosi

matosi e da alcune pigmentazioni razziali) e sullo studio


ormonale (v. ADDIsoN, MORBo Di). Allo stato attuale la
prognosi dell'addisoniano ben curato non presenta pi al
cuna riserva, comportandosi egli come un individuo a
surreni normali: la prognosi riservata, anche a breve
scadenza, se la malattia non riconosciuta e quindi non

delle vene surrenali (durante la gravidanza, in puerperio,


dopo estese scottature, in luetici), alcune discrasie emati
che (porpora, leucemia, emofilia), la terapia con anticoa
gulanti, la sospensione brusca di un prolungato tratta
mento con cortisonici, etc.

La malattia non si riscontra di frequente, anche perch

la diagnosi viene raramente posta in vita. Il principale


reperto anatomopatologico rappresentato da una mas
siva emorragia surrenale bilaterale.
Nel neonato la sintomatologia rappresentata da cia

nosi (di rado con petecchie ed emorragie cutanee), cui


seguono dispnea, iperpiressia e morte entro poche ore.

Nel bambino e nell'adulto la sintomatologia pi com


plessa. Le emorragie e le petecchie cutanee mancano ec

trattata.

La terapia basata sulla somministrazione di cortisone,


oltre che di DOCA (acetato di desossicorticosterone) e
eventualmente di aldosterone. Nella terapia dell'insuffi
cienza surrenale cronica trova impiego il fludrocortisone.
3. Ipocorticosurrenalismo totale secondario cronico.
l'ipocorticosurrenalismo da carenza di ACTH che in
terviene nel corso dell'insufficienza ipotalamo-ipofisaria
(v. IPERPITUITARISMO E IPOPITUITARISMO; sHEEHAN, MORBo

cezionalmente. Nelle forme che intervengono nel corso di

DI; sIMMONDs, MALATTIA DI): per il venir meno del nor

una sepsi il quadro clinico complicato dalla sintomato

logia di quest'ultima. Ad ogni modo, per maggiore chia

male stimolo trofico ipofisario si determina un'atrofia con


conseguente ipofunzione del corticosurrene. Se la causa

rezza, citiamo le seguenti forme cliniche di iposurrena

della malattia una lesione distruttiva dell'ipofisi, con

lismo acutissimo, detto anche asurrenalismo acuto, gi in

comitano di regola i segni clinici della deficienza delle


altre tropine ipofisarie. Il quadro clinico quello del
morbo di Addison, con l'eccezione della pigmentazione,
che manca e pu essere sostituita da depigmentazione.
La diagnosi si basa sui seguenti dati: 1) bassi tassi ematici
e urinari di steroidi corticosurrenalici, che per si elevano
(al contrario di quanto succede nel morbo di Addison)
dopo stimolazione con ACTH; 2) presenza di segni cli

dicate dai vecchi nosografisti, e che si diversificano a se


conda del prevalere dell'uno o dell'altro complesso sin

tomatologico: morte improvvisa surrenalica, senza pro


dromi o dopo un brusco attacco epilettiforme o angi
noide; forma pseudocardiaca, dominata dal collasso;

forma miocardica acuta o subacuta con caratteri propri


delle miocardiopatie infettive, acute o subacute; forma
pseudoperitonitica, con vomito e vivi dolori e difesa ad

nici e bioumorali di deficienza di altre tropine ipofisarie;

dominali; forma colerica, con vomito, diarrea, ipotermia;

3) cortisolemia non modificata dallo stimolo indotto dalla

forma meningoencefalica, con cefalea, vomito cerebrale,

lisina-vasopressina o dal CRF (il neurormone ipotalamico


stimolante la increzione di ACTH); 4) presenza di segni

rigidit nucale, anisocoria;forma psichica, con agitazione


psicomotoria, allucinazioni e confusione mentale; forma
pseudoapoplettica con coma profondo interrotto da deliri
e accessi convulsivi.

157

anamnestici, clinici e radiografici di lesione ipofisaria. Se


per la deficienza di ACTH isolata (insufficienza ipofi
saria unitropinica), allora pi probabile che la lesione
158

IPERSURRENALISMO E IPOSURRENALISMO

anatomofunzionale sia a carico dell'ipotalamo con ridotta


produzione di CRF: in tal caso i dati clinici, anamnestici
e radiografici denunciano l'esistenza di processi morbosi
interessanti la base cranica e la cortisolemia si eleva dopo
stimolo con CRF o con lisina-vasopressina (che agisce

sull'ipofisi come il CRF). un ipocorticosurrenalism se


condario anche quello che s'instaura in soggetti trattati
con cortisonici (ipocorticosurrenalismo iatrogeno).
Ipocorticosurrenalismi parziali
Gli ipocorticosurrenalismi parziali costituiscono un capi
tolo di relativamente pi recente acquisizione, di cui si
conoscono l'ipoaldosteronismo e le forme in corso di dis

crinie surrenaliche enzimopeniche. Non inverosimile

surrene, o secondari ad un'aumentata increzione di or

mone adrenocorticotropo ipofisario (ACTH).

1. Ipercorticosurrenalismo totale primitivo. essen


zialmente rappresentato in clinica dalla sindrome di Cush
ing (v. cUsHING, MoRBo E siNDRoME DI), sostenuta da
una neoplasia, che in percentuali pressoch uguali pu
essere benigna o maligna, di un surrene, mentre il con
trolaterale atrofico; in un numero ridotto di casi si

tratta di micropoliadenomatosi bilaterale, altrimenti detta


iperplasia nodulare o displasia nodulare primitiva delle
surrenali.

Il quadro clinico, da rapportare ad un'iperproduzione


da parte della neoplasia di tutti gli steroidi corticosurre

nalici, ma in prevalenza di steroidi glicoattivi e poi di


steroidi sessuali, caratterizzato da obesit tonica del

che esista anche un ipocortisolismo isolato, primitivo o


ipotalamo-ipofisi-surrene, che si rivelerebbe in occasione

tronco con arti sottili e cuscinetto adiposo nucale, faccia


a luna piena, strie rubre cutanee, ipertensione, ipertri

di richiesta straordinaria (stress), ma non stato ancora

cosi, alterazioni del ricambio glico-protido-salino. ra

ben documentato.

rissima nell'uomo, nel quale usualmente si appalesa con

secondario, espressione di una meiopragia del sistema

1. Ipoaldosteronismo. La sindrome da deficienza


isolata di aldosterone, senza cio contemporanee modifi
cazioni in pi o in meno della secrezione degli altri ste
roidi corticosurrenalici, rara (v. ALDosTERONISMI). Pu
colpire soggetti in qualsiasi et della vita, dai bambini ai
vecchi; alle volte a carattere familiare. La sintomatolo
gia caratterizzata da astenia, facile esauribilit, facilit
alla lipotimia e ai capogiri, disturbi cardiaci con turbe
elettrocardiografiche pi o meno gravi della conduzione,
iperpotassiemia con iposodiemia e ipersodiuria, bassis

segni di femminilizzazione o quanto meno di demascoli


nizzazione (diminuzione della libido e del volume dei ge
nitali).

La diagnosi clinica deve trovare una conferma nella


scomparsa del ritmo circadiano della cortisolemia, nel

l'aumento dei tassi ematici e/o urinari degli steroidi corti


cosurrenalici, nella mancata inibizione desametazonica

delle surrenali anche al dosaggio di 8 mg al giorno per 2

giorni (prova di Liddle), nella dimostrazione anatomo


radiografica col retropneumoperitoneo della neoplasia, o
dell'aumento di volume di entrambi i surreni nel caso si

sima aldosteronemia e aldosteronuria, normale cortisole


mia e normale eliminazione urinaria dei 17-idrossicorti

coidi e dei 17-chetosteroidi che si comportano come di

norma in risposta alle prove di stimolo e di inibizione.


Non se ne conosce il quadro anatomopatologico n
chiara ne la patogenesi: si ritiene comunque che, nella
maggior parte dei casi, responsabile sia un difetto enzi
matico, pi precisamente della 18-idrossilasi che per
mette la trasformazione del corticosterone in 18-idrossi

tratti di micropoliadenomatosi bilaterale. Molto utili l'an


giografia e la scintigrafia delle surrenali.
La prognosi legata al tipo di neoplasia e alla preco
cit, e quindi all'efficacia dell'intervento chirurgico.
Nel caso in cui responsabile della sindrome sia un car
cinoma gi metastatizzato o inoperabile, si pu fare ri
corso ad alcuni farmaci, detti antisurrenalici in quanto
appaiono forniti di una tossicit elettiva per il tessuto
corticosurrenalico.

corticosterone, o della 18-deidrogenasi che permette la


trasformazione del 18-idrossicorticosterone in aldoste

Uno di essi un derivato dell'insetticida DDT, il mi

rone. Di recente stato descritto un caso di ipoaldoste


ronismo in corso di terapia eparinica protratta.
La prognosi nel complesso buona purch la diagnosi
venga posta e si provveda quindi alla correzione delle
turbe elettrolitiche e delle loro conseguenze con la som

totano, ovvero l'o-p'DDD (Lysodren), [formula chi


mica: 2,2bis (2-clorofenil, 4-clorofenil) 1, 1-dicloroetano):
provoca una necrosi selettiva delle zone fascicolata e reti
colare. Il tempo necessario perch si manifesti la sua
azione molto lungo, di alcuni mesi, e il dosaggio
molto elevato (6-10 g al giorno). La sua somministra

ministrazione di aldosterone o desossicorticosterone.

2. Ipocorticosurrenalismi parziali in corso di discrinie


surrenaliche enzimopeniche. Sono quelle forme, piutto
sto rare, d'insufficienza corticosurrenale parziale, mine

raloattiva e/o cortisolica, che fanno parte del quadro

zione comporta di regola vari fenomeni collaterali, quali


disturbi gastroenterici, atassia, turbe psichiche, etc. Per
l'iposurrenalismo che ne pu derivare, si rende indispen
sabile a un dato momento ricorrere alla terapia cortiso
Il1Cd.

della sindrome adrenogenitale congenita da discrinia en


zimopenica (v. ADRENOGENITALE SINDROME), e che si ma
nifestano con i segni dell'insufficienza surrenale pi o
meno grave: ingravescente perdita di sali, disidratazione
extracellulare, disturbi della digestione e della crescita,
fino alla crisi iposurrenalica acuta e alla morte.

Un altro di tali farmaci l'aminoglutetimide, la cui fun

zione specifica quella di bloccare in modo irreversibile

la conversione iniziale del colesterolo in pregnenolone.


caduto in disuso per l'elevata tossicit.
Infine, viene da alcuni impiegato il metirapone, far

maco che inibisce la 113-idrossilasi surrenalica: alla dose


Ipercorticosurrenalismi
Gli ipercorticosurrenalismi le sindromi cio dovute ad
un eccesso di funzione corticosurrenale si distinguono
anch'essi in totali o parziali, a seconda che siano incre
mentate tutte o in parte le attivit specifiche della ghian

di 3-5 g al giorno pu indurre una riduzione della corti


solemia, ma non sembra sia in grado di rallentare in ma
niera significativa l'evoluzione della neoplasia.

2. Ipercorticosurrenalismo totale secondario. il


morbo di Cushing, malattia analoga alla sindrome di
Cushing (v. cUSHING, MoRBo E sINDROME DI), dalla quale

dola.

Ipercorticosurrenalismi totali

Possono esser primitivi, sostenuti cio da una lesione


anatomofunzionale che colpisce direttamente il cortico
159

si distingue fondamentalmente per essere sostenuta da un


adenoma, in genere basofilo, alle volte cromofobo, dell'i
pofisi, il quale, tramite un'aumentata increzione dell'or
mone adrenocorticotropo (ACTH) determina un'iperpla
sia bilaterale dei surreni e quindi un'iperproduzione di
160

IPERSURRENALISMO E IPOSURRENALISMO

steroidi corticosurrenalici, principalmente glicoattivi. In


questo gruppo rientrano alcune forme (ca. il 10%) in cui
la causa dell'iperplasia e dell'iperfunzione del cortico
surrene da ricercare in neoplasie extraendocrine (in ge
nere carcinomi) a carico del polmone, del timo, etc., pro
ducenti materiale ACTH-simile (v. ENDoCRINE PARANEo
PLASTICHE SINDROMI).
Ne consegue un quadro clinico e metabolico sovrappo
nibile a quello della sindrome di Cushing, da cui non
sempre facile differenziarlo (tanto pi che l'adenoma, se
basofilo, raramente d segni radiografici della sua pre
senza): in genere la forma ipofisaria, a meno che non sia
di lunga durata, comporta una minore gravit del quadro
clinico (specie per ci che concerne le modificazioni dei
caratteri sessuali secondari) e una minore elevazione dei
tassi plasmatici e urinari dei corticosteroidi. Decisivi sono
la prova di Liddle col desametasone (il corticosurrene
viene inibito con 2 mg al giorno per 2 giorni nel normale
e con 8 mg al giorno per 2 giorni nei pazienti con morbo
di Cushing, mentre non viene inibito con quest'ultimo
dosaggio nei pazienti con sindrome di Cushing) e il re
tropneumoperitoneo diagnostico, che dimostra surrenali
entrambe apparentemente normali o entrambe aumentate
di volume.

La prognosi a meno che non si tratti della forma


paraneoplastica meno grave che per le forme primi
tivamente surrenaliche, tenendo per presente che tutti i
cushingiani sono particolarmente esposti alle malattie in
fettive. La terapia pu essere radiante (cobaltoterapia, o
infissione di aghi di ittrio, di oro o di iridio radioattivi
nell'ipofisi) oppure, secondo gli orientamenti pi recenti,
chirurgica di surrenectomia bilaterale, s da indurre un

dola sono normalmente preposti a regolare le sequenze

biosintetiche della steroidogenesi corticosurrenalica (v.


sURRENALI GHIANDoLE). L'errore enzimatico pu appale
sarsi gi alla X settimana di vita intrauterina, inducendo
un aumento dell'increzione degli androgeni. Nei feti di
sesso femminile si stabiliscono cos delle alterazioni dei

genitali esterni che possono portare, alla nascita, ad una


erronea definizione del sesso della neonata e quindi alla
configurazione di quel quadro clinico che va sotto il
nome di pseudoermafroditismo femminile (soggetti con
ovaie e sesso cromosomico di tipo femminile, ma con

caratteri sessuali secondari del sesso opposto) (v. ERMA


FRODITISMO E PSEUDoERMAFRODITISMo). Nei soggetti di
sesso maschile i genitali alla nascita sono di regola di
aspetto normale: il quadro clinico quello della pseudo
pubert precoce isosessuale (v. PUBERT; MACROGENIToso
MIA), in quanto oltre all'accelerazione della crescita so
matica si sviluppano precocemente il pene e i caratteri
sessuali secondari maschili, ma i testicoli rimangono pic
coli; eccezionale lo pseudoermafroditismo maschile. In

queste forme precoci si possono alle volte associare di


sturbi del ricambio glicidico e idrosalino (v. ADRENOGENI
TALE SINDROME).
Se l'errore steroidogenetico congenito, e quindi l'iper
androgenismo, si manifesta, anzich nella vita intraute
rina, nel periodo che va dalla nascita alla pubert (forma
prepuberale), avremo nelle donne uno degli aspetti del
virilismo (v.) e pi precisamente la pseudopubert pre
coce eterosessuale (v. PUBERT). Nel maschio avremo
ugualmente la macrogenitosomia precoce con pseudopu
bert precoce isosessuale.
Se l'inizio clinico dopo la pubert, si ha nelle donne

morbo di Addison che come tale va trattato. Ancora in

il virilismo. Quando, come di rado accade, la stessa affe

discussione la crioipofisectomia e l'ultrasuonoterapia,

zione colpisce l'uomo si hanno i segni di un'apparente

meno traumatizzanti, ma la cui reale efficacia non stata

eccessiva mascolinizzazione (per con oligospermia).

ancora ben valutata.

Le forme acquisite o sindromi adrenogenitali acquisite,


che colpiscono pi frequentemente gli adulti che non i
bambini, sono dovute ad un'iperproduzione isolata di
ormoni sessuali da parte di un tumore pi spesso maligno
che benigno. Nel caso che il tumore produca androgeni, i
quadri clinici che ne risultano sono quelli indicati a pro
posito delle forme congenite, anche qui diversificando a
seconda dell'et. Pi rari sono i tumori estrogeno-secer
nenti, di regola maligni: colpiscono le femmine prima
della pubert, realizzando il quadro della pseudopubert
precoce isosessuale (v. PUBERT), e i maschi all'epoca pu
bere, o pi spesso dopo, realizzando il quadro della de
mascolinizzazione o femminilizzazione (ginecomastia, re

Ipercorticosurrenalismi parziali

Gli ipercorticosurrenalismi parziali sono rappresentati


essenzialmente dalla sindrome adrenogenitale e dall'iper

aldosteronismo. Vengono anche descritte forme di iper


corticosurrenalismo glicoattivo o ipercortisolismo isolato,
che per non hanno ancora avuto un inquadramento
nosografico ben definito.
1. Sindrome adrenogenitale o surrenogenitale. La sin
drome adrenogenitale caratterizzata clinicamente da un
complesso particolare di segni e sintomi, tra cui spiccano
quelli riguardanti le modificazioni dei caratteri sessuali
primari e secondari. Responsabile ne un'iperproduzione
selettiva parziale primaria della corteccia surrenale, con
aumentata produzione di androgeni e alle volte, sia pure
pi raramente, di estrogeni (v. ADRENOGENITALE SIN
DROME).
Senz'altro pi frequente nel sesso femminile, la sin
drome comprende numerose entit cliniche le quali, pur
avendo tutte in comune il carattere patogenetico sopra
indicato, si differenziano tra loro pi per il periodo della
vita in cui la malattia si manifesta, il sesso del soggetto
che ne colpito ed eventuali disturbi metabolici conco
mitanti, che non per la lesione anatomopatologica che ne
alla base, lesione rappresentata dall'iperplasia primitiva,
bilaterale, o dal tumore, benigno o maligno, unilaterale.
Le forme congenite, indicate anche come sindromi

gressione o mancato sviluppo dei caratteri sessuali).


La diagnosi si fonda sul quadro clinico, sul retropneu
moperitoneo diagnostico, sull'aumento dell'eliminazione
urinaria dei 17-chetosteroidi e del deidroepiandrosterone,
oltre che del pregnantriolo (se si tratta di iperplasia con
genita) e degli estrogeni (se si tratta di tumore femmini

lizzante). I valori dei 17-chetosteroidi e del deidroepian


drosterone si riducono dopo somministrazione di cortiso
nici solo se in causa l'iperplasia (nel qual caso si riduce
anche il pregnantriolo), non quando responsabile della
sindrome un tumore.

La terapia chirurgica nelle forme neoplastiche. Le


discrinie surrenaliche enzimopeniche vanno invece trat
tate di continuo con cortisone.

della vita. Sono sostenute dall'iperplasia bilaterale primi


tiva, che riconosce la sua etiopatogenesi nella deficienza

Nel caso di carcinoma metastatizzato o inoperabile, si


pu fare ricorso al mitotano, di cui si detto sopra a
proposito della sindrome di Cushing.
2. Iperaldosteronismo. L'iperaldosteronismo, cio l'i
percorticosurrenalismo parziale con iperproduzione di al

congenita di uno o pi enzimi che a livello della ghian

dosterone, si distingue in primario e secondario.

adrenogenitali congenite o discrinie surrenaliche enzimo


peniche, possono manifestarsi anche in epoca tardiva

161

6. -VIII.

162

IPERSURRENALISMO E IPOSURRENALISMO

L'iperaldosteronismo primario o sindrome di Conn (v.


ALDOSTERONISMI) sostenuto di regola da un adenoma di
una surrenale, pi raramente da adenomi multipli anche

bilaterali, eccezionalmente da un'iperplasia bilaterale non


inverosimilmente da difetto della 17ox-idrossilasi. La sin

tomatologia nei casi completi caratterizzata da astenia,

fino alla paralisi flaccida periodica, con ipereccitabilit

gia (col. 170): Sistema renina-angiotensina. - Prostaglandine. Aldosterone. - Fattori neurogeni adrenergici. - Fattori psicogeni. Comportamento strutturale e funzionale della parete arteriosa. Indagini di laboratorio (col. 176): Valutazione del danno provo
cato dall'ipertensione. - Individuazione di malattie che causano
ipertensione. - Terapia (col. 184): Farmaci. - Terapia non farma
cologica. - Impiego clinico dei farmaci. - Terapia delle emergenze
ipertensive.

neuromuscolare; ipertensione arteriosa; poliuria iposte

nurica a reazione neutra o alcalina; iperpotassiuria, per

cui si inverte il rapporto Na/K nelle urine; ipersodiemia,

Definizione e generalit
L'ipertensione arteriosa un'affezione estremamente fre
quente che interessa il 15-20% della popolazione adulta
europea e nordamericana. Tale situazione condiziona al
tres una patologia molto importante, per quanto ri
guarda sia la morbilit che la mortalit, per cui pi che
giustificato l'interesse che molti studiosi le riservano da
tempo. Prima di esaminare i vari aspetti di tale affezione,
occorre procedere a una sua definizione, il che non rive
ste solo un'importanza concettuale, ma permette altres
di impostare in modo corretto i problemi pratici che l'i
pertensione comporta.
-

ipopotassiemia, alcalosi metabolica, aumento della riserva


alcalina del sangue; aumento del sodio e riduzione del

potassio intracellulari; inversione del rapporto Na/K an


che nella saliva e nel sudore. Il sintomo pi frequente

comunque l'ipertensione arteriosa, che si accompagna ad


ipopotassiemia con iperpotassiuria.
La diagnosi trova conferma nella normalizzazione del
quadro elettrolitico e soprattutto dell'ipertensione a se
guito di trattamento con spironolattone alla dose di 400
600 mg al giorno; nell'elevata aldosteronemia e aldoste
ronuria; nell'identificazione della neoplasia per mezzo del

retropneumoperitoneo e/o dell'angiografia surrenale.


La prognosi legata all'evoluzione dello stato iperten
sivo e delle lesioni renali.

La terapia chirurgica. Solo nelle forme di iperplasia


bilaterale enzimopenica pu essere tentato il trattamento
con cortisonici.

L'iperaldosteronismo secondario interviene, costituen


done una complicanza, nel corso di malattie extraendo

crine capaci (tramite l'attivazione del sistema renina-an


giotensina) di stimolare il surrene ad una maggiore pro
duzione di aldosterone (v. ALDosTERoNISMI): stenosi della

arteria renale, ipertensione arteriosa maligna, ipovolemia

plasmatica (diarrea e/o vomito gravi, terapia diuretica ri


petuta, cirrosi epatica in fase ascitica, nefrosi, insuffi

cienza cardiaca congestizia, etc.). L'edema idiopatico, una


volta ritenuto espressione di iperaldosteronismo primario
e indicato come sindrome di Mach, oggi viene conside
rato come iperaldosteronismo secondario perch si ac
compagna ad ipovolemia plasmatica.
La prognosi e la terapia sono quelle della malattia fon

damentale. Utile pu riuscire l'impiego dello spironolat


tOne.

La definizione pi ovvia di ipertensione potrebbe es


sere considerata quella che la indica come situazione in
cui la pressione arteriosa superiore al normale. La
tautologia di tale definizione addirittura disarmante,
per pone l'accento su quello che il punto da definire:
che cosa s'intende cio per pressione normale. Il pro
blema non stato risolto in modo esauriente: neppure le
moderne indagini epidemiologiche sono riuscite a indivi

duare un livello al di sopra del quale la pressione pu


essere considerata elevata. Nella letteratura degli ultimi
tre o quattro decenni i vari AA., con i criteri pi dispa
rati ed empirici, individuano tale livello tra 120-80 e
180-110 mmHg.

Esaminando le curve di distribuzione della pressione


arteriosa ottenute da vari AA. in diverse popolazioni, si
constata che tale distribuzione unimodale, ha cio un
singolo picco, e non simmetrica, ma svasata a destra

verso i valori elevati (fig. 1). Il comportamento unimo


dale della curva depone, dal punto di vista genetico, per
l'origine multifattoriale del carattere in esame: vi sareb
bero cio molti geni responsabili, la cui dominanza mag
giore o minore farebbe s che i valori pressori siano di
stribuiti in modo continuo. La teoria multifattoriale le

Bibliografia
C. L.,Adrenal Steroids and Disease, 1972, 2 ed., William
lowes, London.

cp

gata soprattutto al nome di Pickering, secondo cui per


tanto l'avere una pressione arteriosa posta nella parte

Gardner L. I., Endocrine and Genetic Diseases of Childhood,


1969, Saunders, Philadelphia.
Hubble D., Pediatric Endocrinology, 1960, Blackwell, Oxford.
Patrono V., Endocrinologia per la clinica, i972, 3 ed, Pensiero

l'essere alti di statura.

Scientifico, Roma.

Symington T., Functional Pathology of the Human Adrenal


Gland, 1969, Livingstone, Edinburgh.
Williams R. H., Textbook of Endocrinology, 1968, 4 ed., Saun
ders, Philadelphia.

destra della curva ha lo stesso significato biologico del


Alcuni altri AA. che si sono occupati del problema, in
modo particolare Platt e i suoi collaboratori, hanno per
prospettato l'ipotesi dell'origine monofattoriale. Tali AA.,
partendo dall'osservazione che la curva di distribuzione

ANTONINO NATOLI

IPERTENSINA: v. ANGIoTENSINA (I, 2304); IPERTEN


sIONE ARTERIosA, sistema renina-angiotensina; IUxTA
GLOMERULARE APPARATO; RENINA.
IPERTENSIONE ARTERIOSA

F. hypertension artrielle. - I. arterial hypertension. - T.


Bluthochdruck. - s. hipertensin arterial.
SOMMARIO

Fig. 1. Distribuzione

Definizione e generalit (col. 164). - Epidemiologia (col. 167):


Prevalenza. - Sesso ed et. - Razza. - Familiarit. - Altri fattori. Mortalit. - Morbilit. - Quadro clinico (col. 169). - Fisiopatolo
163

un im o dal e

della

pressione arteriosa.

bassa alta
pressione arteriosa

164

IPERTENSIONE ARTERIOSA

sione normale ed elevata. La fig. 3 rappresenta appunto

la speranza di vita di due gruppi di soggetti di diversa et


(45 e 55 anni), in cui possibile osservare un rischio di
mortalit ben definito anche con pressione arteriosa di

132-85 mmHg, valore che nessuno certamente si azzar


derebbe a considerare elevato. Nella stessa figura si os

serva altres come, a parit di pressione, la speranza di


vita maggiormente ridotta nel gruppo di et superiore.
Le indagini epidemiologiche hanno appunto dimostrato
che il rischio, maggiore per i gruppi di et e di pressione
arteriosa pi elevati,si riduce parallelamente alla diminu
zione dell'et e della pressione, ma non si annulla mai

completamente.
bassa

Analoga progressione continua, in correlazione diretta

alta

con l'et e con la pressione arteriosa, evidente anche

pressione arteriosa

Fig. 2. Ipotesi di distribuzione bimodale della pressione arte


riosa: la curva a linea continua sarebbe la risultante delle due

per la morbilit, che, come vedremo, rappresentata es


senzialmente dalla cardiopatia ipertensiva, dalla cardio
patia ischemica, dall'apoplessia cerebrale, dalla nefropatia

curve a linea tratteggiata.

ipertensiva e dalla retinopatia.

della pressione svasata a destra, hanno pensato che tale


curva unimodale potesse nascondere due curve distinte,
secondo lo schema riportato nella fig. 2.

Un altro dato interessante fornitoci dall'epidemiologia


che sono parimenti dannose sia l'ipertensione diastolica
che la sistolica, il che pu essere spiegato almeno in parte
dal fatto che i due valori sono solitamente correlati tra

Se la teoria di Platt fosse valida, sarebbe risolta, al

loro. Il maggior rischio legato anche alla pressione sisto


lica dovrebbe pertanto portare alla correzione di alcuni

meno da un punto di vista teorico, l'annosa questione di


dove debba essere posto il limite tra pressione normale

sione (o ipertensione sistolica), dato che per la maggior

concetti correnti relativi alla cosiddetta pseudoiperten

ed elevata: detto limite sarebbe ovviamente situato nel

parte dei medici questo termine avalla implicitamente un

punto d'incontro tra le due curve e corrisponderebbe,


nella casistica raccolta da tale A., a 160-95 mmHg per i

giudizio di relativa benignit.


Con il termine pseudoipertensione uso considerare

soggetti di et compresa tra i 45 ed i 60 anni. Rimar


rebbe ancora il problema in quale dei due gruppi siste
mare i soggetti situati nella zona di sovrapposizione delle

un gruppo di affezioni disparate, in cui appunto elevata

esclusivamente la pressione sistolica, per aumento della


gittata sistolica, oppure a causa di perdita dell'elasticit

due curve.
Pur ammettendo di riuscire a individuare matematica
-

mente il limite tra pressione normale ed elevata, se esa


miniamo il problema da un punto di vista pratico, con

TAB, I, CAUSE DI IPERTENSIONE SISTOLICA

1) Aumento della gittata sistolica:

statiamo che questa informazione non di nessuna uti

a) blocco totale atrioventricolare, con ritmo idioventrico

lit. Infatti l'avere una pressione arteriosa anche note


volmente elevata non significa necessariamente avere una
malattia ed eventualmente morirne; significa semplice
mente avere pi probabilit di ammalarsi e di morire, in
misura tanto maggiore quanto pi elevata la pressione.

lare;
b) insufficienza aortica;
c) sindromi ipercinetiche:
ipertiroidismo
anemie
fistole arterovenose
beri-beri

L'ipertensione cio un fattore di rischio. Le indagini


epidemiologiche hanno ben quantificato l'entit di tale
rischio: l'aspetto per pi significativo che non esiste un
livello netto di pressione al di sotto del quale i rischio
nullo; appunto questa osservazione che, dal punto di
vista pratico, rende inutile individuare un limite tra pres

morbo di Paget
forme essenziali

2) Perdita di elasticit della parete arteriosa:


arteriosclerosi

75----,

---.
50

asl

Fig. 3. Sopravvivenza percen


tuale a 20 anni di distanza, a
seconda della pressione arte
riosa iniziale, in 2 gruppi di po
lazione,

di 45

A) e 55 (B) anni. (Dati tratti


a D. M. Berkson e J. Stamler).

165

2o/so

3285

2/ss

152/es

ne2oo

2oao

32es

52e5

e2oo

pressione arteriosa

166

IPERTENSIONE ARTERIOSA

della parete dei grossi vasi arteriosi. Nella tab. I. sono


elencate tali affezioni.

Indipendentemente comunque da quanto sin qui espo


sto circa la definizione di ipertensione, evidente che dal
punto di vista pratico un qualche limite tra normale ed
elevata bisogna pur definirlo, se non altro per decidere

quali soggetti sottoporre a terapia. Detto limite non pu


che essere artificioso. In base a molte considerazioni, per
la verit non tutte molto razionali, un comitato tecnico

dell'OMS ha stabilito di porre tale limite a 160 e/o 95


mmHg, indipendentemente dall'et e dal sesso, se al di
sopra dei 30 anni. Al di sotto di tale et il limite, nell'a

dulto, stato posto a 150 e/o 90 mmHg.


Epidemiologia

intuitivo l'interesse dell'epidemiologia nei riguardi di


un'affezione frequentissima nella pratica medica. Uno
degli scopi principali di tali indagini quello appunto di
definire l'entit del fenomeno nelle varie popolazioni,
valutando la morbilit e la mortalit che esso comporta.
In un secondo tempo l'epidemiologia deve formulare dei

programmi di prevenzione primaria e lo secondaria, pos


sibilmente previa individuazione dei gruppi di individui
maggiormente esposti al rischio. I dati a nostra disposi
zione sono oggi assai numerosi.
Prevalenza

S'intende con questo termine la percentuale di soggetti


ipertesi nella popolazione esaminata. Pur esistendo sensi
bili differenze tra i vari paesi e tra popolazioni dello
stesso paese, talora imputabili anche a diverse modalit
di rilevamento, non si pecca certo per eccesso affer
mando che almeno il 20% dei soggetti adulti affetto da
ipertensione.
Sesso ed et

Esistono sicuramente differenze in rapporto alle varie


et, soprattutto nel senso che la pressione arteriosa sale
con l'et stessa, almeno sino ai 65-70 anni. Per quanto
riguarda il sesso, le donne sono lievemente meno affette
degli uomini sino al periodo della menopausa; durante e
dopo il climaterio la prevalenza nel sesso femminile su
periore a quella degli uomini di pari et.
Razza

Il dato di maggior rilievo la prevalenza dell'iperten

genitori normotesi
un genitore iperteso

= 3,1% di figli ipertesi;


= 28,3% di figli ipertesi;

entrambi i genitori ipertesi = 46,5% di figli ipertesi.


Il limite di pressione normale stato stabilito dall'A.
dell'indagine a 140-80 mmHg. L'incidenza d'ipertensione
nei figli di entrambi i genitori ipertesi comunque parti
colarmente rilevante, soprattutto tenendo conto del fatto
che l'et dei figli nell'indagine citata era ancora relativa
mente bassa, in quanto compresa tra i 14 e i 39 anni, e
pertanto ancora assai lontana dal massimo d'incidenza
dell'ipertensione.
Altri fattori
Alcune condizioni patologiche sono risultate correlate
con l'ipertensione. Ad es., l'obesit comporta, a parit di
altri fattori, una pressione arteriosa pi alta, anche se tale
aumento non contribuisce probabilmente per pi del
10% del valore rilevato. Occorre per rilevare che l'obe

sit si aggiunge all'ipertensione quale fattore di rischio


per la malattia coronarica.
Analoghe considerazioni debbono essere fatte per il
diabete mellito: alcune indagini hanno evidenziato una
prevalenza di i. a. da 2 a 4 volte maggiore nei soggetti
diabetici o comunque con scarsa tolleranza agli idrati di
carbonio.

Recentemente stata segnalata, specie nelle donne,


una correlazione significativa tra batteriuria e iperten
sione: una correlazione patogenetica tra i due reperti
potrebbe essere individuata nella pielonefrite, di cui ap
punto la batteriuria sarebbe espressione.
Dati alquanto discordanti esistono invece per tutta una
serie di fattori, quali fumo di tabacco, inattivit fisica,
condizione socioculturale, atteggiamento psicologico, per
cui non prudente, in base ai dati attualmente disponi
bili, stabilire delle correlazioni con l'ipertensione. Un
rapporto assai evidente esiste invece tra aumento della
pressione e impiego alimentare di sale da cucina.
Mortalit

Pur essendo l'i. a., tramite le affezioni morbose da essa

indotte, causa di elevata mortalit, non agevole avere


dei dati precisi al riguardo, poich nei certificati di morte
raramente l'ipertensione compare come causa primaria.
In Italia, ad es., i decessi ufficiali per tale affezione sono
12.000-15.000 all'anno, mentre se si prendono in consi
derazione anche i casi in cui l'ipertensione intervenuta

sione nei negri rispetto ai bianchi, almeno negli USA.

come fattore aggravante e/o determinante, tale numero

probabile per che, almeno in parte, tale differenza sia


condizionata da fattori ambientali. Negli U.S.A. comun
que la prevalenza dell'ipertensione, in un vasto campione
di popolazione di et compresa tra i 18 ed i 79 anni,
del 15% per i bianchi e del 28% per i negri.

raggiunge i 100.000 ca. Non pertanto corretto, nel va


lutare i danni dell'ipertensione, ragionare in termini di
mortalit, ma occorre esaminare gli eventi morbosi in
dotti dall'ipertensione stessa.
Morbilit

Familiarit

ormai nozione comune che l'ipertensione si manifesta

Come affermato in precedenza l'i. a. costituisce un fattore


di rischio (tanto pi elevato quanto maggiori sono i valori

con maggior frequenza in individui della stessa famiglia.

sistolici e/o diastolici) nei riguardi di una serie di manife

Numerose ricerche hanno comunque dimostrato e quan

stazioni morbose altamente invalidanti e frequentemente


mortali. Le arterie, sino alle loro pi fini diramazioni,
vanno incontro ad una serie di processi degenerativi, che
da un lato possono portare alla rottura dei vasi e dall'al
tro alla loro obliterazione, con conseguenze anatomiche e
funzionali variabili a seconda degli organi interessati. L'i

tificato tale fenomeno. Ad es., si riusciti a selezionare

ceppi di animali geneticamente ipertesi; inoltre numerose


ricerche su gemelli uniovulari hanno evidenziato che la
pressione si comporta in modo analogo nei gemelli, indi
pendentemente dai fattori ambientali. Le ricerche co
munque pi interessanti per quanto riguarda l'uomo sono
di tipo epidemiologico. Riferiamo quella di Ayman, il
quale nel 1934 ha studiato il comportamento della pres
sione arteriosa in 277 famiglie. I risultati ottenuti non
necessitano di commento:

167

pertensione altres in grado di aggravare il decorso del


l'aterosclerosi, probabilmente inducendo alterazioni della

permeabilit dell'endotelio, e sottoporre il miocardio ad


un sovraccarico che pu condurre allo scompenso ventri
colare sinistro. Questa serie di alterazioni sta alla base
168

IPERTENSIONE ARTERIOSA

del quadro clinico della cosiddetta malattia ipertensiva,


che descriveremo sinteticamente, tenendo presente che
nel singolo individuo le lesioni dei vari organi e apparati
possono coesistere, pur con diversa gravit distrettuale.

Nel paziente iperteso anche i grossi vasi arteriosi, so


prattutto l'aorta, presentano con notevole frequenza le
sioni di interesse clinico. A parte la maggior gravit della
malattia aterosclerotica (che peraltro colpisce anche le
arterie di calibro minore), sono da segnalare l'ectasia

Quadro clinico

dell'arco aortico e la dilatazione del vaso in tutto il suo

A livello dell'encefalo le alterazioni vascolari possono

decorso, che pu arrivare sino alla formazione di aneu


rismi veri, soprattutto nel tratto addominale. Tutti gli
aneurismi (veri e dissecanti) possono andare incontro alle
drammatiche complicazioni loro caratteristiche.
Dal pur sintetico elenco delle alterazioni proprie della
malattia ipertensiva, ne appare evidente l'estrema gravit,
trattandosi di lesioni che compromettono organi vitali,
minacciando seriamente la vita del paziente o perlomeno
riducendo gravemente la sua validit. Nel tentativo di
quantificare l'incidenza che hanno sulla mortalit le le
sioni che abbiamo test descritto, possiamo affermare con
buona approssimazione che cuore, cervello e rene contri
buiscono per ca. il 90% e che ognuno di tali organi con

determinare situazioni assai varie, a seconda delle moda

lit patogenetiche d'insorgenza delle lesioni. frequente


l'emorragia intracranica, per rottura di un vaso subara
cnoideo o intracerebrale, con sintomatologia meningea o a
focolaio. Un quadro di lesione a focolaio pu essere al
tres dovuto a trombosi, secondaria ad alterazioni della

parete arteriosa, indotte o aggravate dall'ipertensione. A


crisi pu manifestarsi il quadro dell'encefalopatia iper
tensiva, in cui un brusco aumento della pressione arte
riosa produce un edema del tessuto cerebrale, con una
sintomatologia di compromissione funzionale globale del
l'encefalo. Tale drammatica evenienza si manifesta in

molteplici situazioni morbose, in cui solitamente preesiste


uno stato ipertensivo (glomerulonefrite, eclampsia, iper
tensione essenziale) e in cui un ulteriore e improvviso
aumento tensivo induce alterazioni della permeabilit
vasale e quindi edema. In altri casi il quadro clinico sar
quello dell'arteriosclerosi cerebrale diffusa, con compro
missione ingravescente psichica e motoria. In tale caso il
quadro anatomopatologico quello di un'atrofia diffusa
della sostanza cerebrale, dovuta a fenomeni degenerativi
minuti ma ubiquitari, a causa della sclerosi progressiva
dei vasi arteriosi sino alle loro pi fini diramazioni.
Anche i reni sono interessati e danneggiati dall'i. a.;
per nelle forme ad andamento benigno solo in fase
molto protratta il danno parenchimale di tale entit da

tribuisce per ca. 1/3 di tale percentuale. Va soltanto se

vante. Le lesioni consistono nella sclerosi arteriolare, che

gnalato che l'importanza del rene percentualmente mi


nore nei casi di ipertensione ad andamento benigno,
mentre nettamente prevalente nei casi ad evoluzione
cosiddetta maligna, a proposito della quale opportuno
fare un breve cenno. Tale espressione non si riferisce ad
una malattia definita, ma ha un significato essenzialmente
clinico. Qualsiasi soggetto affetto da ipertensione (essen
ziale o secondaria) pu andare incontro, per motivi quasi
mai evidenti, ad una fase di malignit. Si tratta quasi
sempre di pazienti con valori elevati di pressione arte
riosa, soprattutto diastolica, solitamente superiori a 200
140 mmHg, che in breve volgere di tempo presentano un
ulteriore aumento tensivo, con comparsa di notevole
danno renale e di edema della papilla ottica. Da un
punto di vista anatomopatologico la caratteristica saliente

col tempo induce degenerazione e sclerosi del glomerulo,

costituita da un'angioite necrotizzante (necrosi fibri

con il quadro anatomico del rene grinzo arteriolosclero


tico. Nei casi di ipertensione a decorso maligno, come

noide) delle arterie di piccolo e medio calibro, specie a


livello renale; frequentemente si associa il quadro del
l'encefalopatia ipertensiva. Tale situazione rapidamente
ingravescente, a meno che non s'intervenga con un'ener
gica terapia ipotensiva. L'evoluzione pi comune verso
l'insufficienza renale, ma frequenti sono anche le altera
zioni cerebrali acute, secondo le possibilit descritte in
precedenza.

condurre ad un'insufficienza renale clinicamente rile

vedremo in seguito, il danno renale precocemente rile


vante e tale da condizionare in maniera determinante la

prognosi. Sempre a carico dei reni, in caso di iperten


sione possono manifestarsi con maggior frequenza le al
terazioni proprie dell'aterosclerosi, come ad es. l'infarto.
Il cuore ipertrofico del paziente iperteso va incontro
col tempo a fenomeni di scompenso, che possono essere
in rapporto, o meno, con determinati eventi scatenanti
(fra i quali giova ricordare l'anestesia generale). Il qua
dro che si potr presentare sar quello dell'insufficienza
ventricolare sinistra, che pu manifestarsi in forma acuta

(asma cardiaco, edema polmonare), ma che con il passar


del tempo pu portare alla stasi cronica polmonare e allo
scompenso di tipo congestizio. Il paziente iperteso an
che particolarmente predisposto all'insufficienza corona
rica, sia a causa della maggior frequenza di lesioni atero

sclerotiche, sia per la discrepanza che si viene a creare


tra circolo coronarico e massa miocardica ipertrofica. Il

Fisiopatologia
Dal punto di vista fisiopatologico l'ipertensione pu es
sere considerata una situazione in cui si creato uno

squilibrio tra i vari meccanismi che presiedono fisiologi


camente alla regolazione della pressione arteriosa, per cui
le resistenze vascolari periferiche sono aumentate; in tal
caso, soltanto un aumento proporzionale della pressione
arteriosa in grado di mantenere un flusso ematico di
strettuale adeguato. Il rapporto tra i vari fattori conside
rati (pressione, flusso ematico e resistenze) forse pi
evidente se ci riferiamo alla fondamentale formula del
l'emodinamica:P= F R
-

quadro clinico sar di volta in volta quello dell'angina


pectoris, della sindrome intermedia, dell'infarto miocar

dico o della miocardiosclerosi, con notevole probabilit di


morte improvvisa.
Anche le lesioni della retina sono estremamente fre

quenti. Data l'accessibilit all'esame diretto, per di pi, le


alterazioni dei vasi retinici e del fondo dell'occhio sono
facilmente rilevabili in vivo. Si convenuto di classificare

il danno retinico dovuto all'ipertensione in 4 gradi, a se


conda delle alterazioni presenti che, in ordine di gravit,
sono: spasmo vascolare, sclerosi vascolare, emorragie in
varie fasi di evoluzione ed edema della papilla.
169

ove P la pressione di perfusione, F il flusso ematico ed


R le resistenze vascolari periferiche.
Se le resistenze aumentano, la pressione deve anch'essa
aumentare, pena la riduzione del flusso ematico. L'orga
nismo umano reagisce appunto in questo modo: il cuore,
di fronte ad un graduale aumento delle resistenze perife
riche, quale si stabilisce nell'ipertensione, risponde con
una maggior energia di contrazione e col tempo si adatta
strutturalmente, mediante ipertrofia, al maggior carico
sistolico.

170

IPERTENSIONE ARTERIOSA

Per giustificare l'ipertensione secondo la fondamentale


equazione prima riportata, sono certamente ipotizzabili

altre possibilit. Ad es., un aumento della portata car


diaca, senza contemporanea variazione delle resistenze,

pu essere mantenuto da un aumento della pressione ar


teriosa. In effetti una simile possibilit stata documen
tata in talune situazioni; si tratta per di situazioni acute

o comunque transitorie, anche perch ben presto, di


fronte ad un aumento del flusso, le arteriole maggior
mente distese reagiscono con una vasocostrizione, che

tende a riportare il flusso ematico ai valori di partenza. Si


crea in tal modo una nuova situazione, in cui la pressione
arteriosa permane elevata, a causa per dell'aumento

delle resistenze arteriolari. quanto si verifica probabil


mente nelle fasi iniziali della glomerulonefrite acuta, in

cui l'aumento del liquido extracellulare (e intravasale)


induce un aumento della portata cardiaca, cui ben presto
si oppone un aumento delle resistenze periferiche. Anche
in talune forme di ipertensione essenziale si pu avere
nelle fasi iniziali una situazione ipercinetica, in cui la
pressione elevata per aumento della portata cardiaca,
con resistenze vascolari normali; anche in tali casi per
interviene ben presto l'aumento delle resistenze arterio
lari, per cui possiamo senz'altro affermare che nell'i. a. il
momento fisiopatologico fondamentale rappresentato
dall'aumento delle resistenze vascolari periferiche.
interessante a questo punto esaminare il comporta
mento delle resistenze vascolari nei vari distretti, in cui
non esiste affatto uniformit. La resistenza al flusso , ad

es., particolarmente elevata nella cute, nel distretto epa

tosplancnico e nel rene, mentre in altri distretti (ad es.


cuore e cervello) l'aumento proporzionale a quello
della pressione sistemica. Tali differenze sono probabil
mente dovute a diversi meccanismi di regolazione locali e
in ultima analisi ad una diversa sensibilit dei vasi dei

singoli organi ai vari fattori di regolazione.


A parte comunque l'identificazione dell'aumento di re
sistenza come causa diretta dell'i. a., esiste purtroppo
un'ignoranza pressoch assoluta circa i motivi di tale au
mento, soprattutto nel caso dell'ipertensione cosiddetta
essenziale. Sono di estremo interesse, comunque, le os
servazioni cliniche di casi in cui l'ipertensione uno dei
sintomi in malattie ben codificate nella loro patogenesi:
tali malattie hanno consentito di individuare l'alterazione

di singoli meccanismi di regolazione della pressione,


confermando quanto alla fisiologia era noto da tempo,
l'esistenza cio di molteplici fattori interessati nella re
golazione dell'omeostasi pressoria. Un'evidente altera
zione di tali meccanismi, per, presente soltanto nel
10-15% dei casi di ipertensione (ipertensione secondaria),
per cui molto resta da chiarire per quanto riguarda il
gruppo ben pi numeroso dell'ipertensione essenziale.
opportuno esaminare in sintesi i principali fattori di
regolazione della pressione arteriosa, integrando i dati
della fisiologia con quelli offerti dall'osservazione clinica
e dall'esperimento di laboratorio. Per comodit di esposi
zione, esamineremo separatamente i singoli fattori, i
quali per nella realt sono strettamente collegati tra
loro, talora in maniera estremamente complessa.
Sistema renina-angiotensina

noto da tempo che l'apparato iuxtaglomerulare renale


produce la renina (v.), enzima che trasforma l'angiotensi
nogeno (globulina di origine epatica) in angiotensina I,
che un decapeptide ancora scarsamente attivo sul si
stema vascolare. L'enzima convertitore (converting en
zyme) trasforma l'angiotensina I in angiotensina II, che
un octapeptide dotato di notevole effetto vasocostrittore
171

sui vasi arteriolari, il quale per rapidamente inattivato


da un'angiotensinasi.
L'angiotensina II in grado di aumentare la pressione
arteriosa con effetto diretto, inducendo vasocostrizione
arteriolare; essa altres dotata di effetto indiretto sulle
arteriole, mediante stimolazione del sistema adrenergico
e mediante stimolazione dell'increzione di aldosterone

che, come vedremo in seguito, anch'esso un fattore di


primaria importanza nella regolazione del tono dei vasi di
resistenza.

Numerose ricerche cliniche e sperimentali hanno ormai


inequivocabilmente dimostrato che in numerosi casi di
ipertensione presente un'attivazione del sistema renina
angiotensina. Ci limiteremo a riferire alcune di tali osser
vazioni, che dovrebbero servire essenzialmente a pro
spettare la complessit del problema, dato che tale mec
canismo non certamente univoco nei vari casi di iper
tensione e persino nello stesso caso non necessaria
mente presente in tutte le fasi dell'evoluzione dello stato
ipertensivo.
Nell'animale con 1 o 2 reni alla Goldblatt il livello re

ninico aumentato durante l'iniziale sviluppo dell'iper


tensione, ma non durante le fasi ulteriori; in modo parti
colare, nel caso di un solo rene alla Goldblatt, l'aumento
dell'attivit reninica un fenomeno del tutto transitorio.

pertanto probabile che il sistema renina-angiotensina


giuochi un ruolo importante nell'indurre l'ipertensione e
che in seguito intervengano altri meccanismi nel mante
nerla.

Anche nella patologia umana, in parecchi casi di iper


tensione essenziale, specie ad andamento clinico grave, vi
un aumento dell'attivit reninica. Non questo comun
que un denominatore comune dell'ipertensione cosiddetta
essenziale, per cui probabile che in questo gruppo deb
bano essere distinti vari sottogruppi a patogenesi dif
ferente. Anche nell'ipertensione nefrovascolare sovente
dimostrabile un'esaltazione dell'attivit reninica, a par
tenza dal rene interessato, nelle fasi iniziali della malat

tia, mentre nell'ulteriore evoluzione l'ipertensione


mantenuta da altri fattori, al punto da rendere inefficace
la correzione chirurgica della stenosi arteriosa.
Interessante ancora il comportamento della pressione
arteriosa nei pazienti affetti da insufficienza renale e
sottoposti a dialisi. I casi di ipertensione sono schemati
camente definibili in due gruppi. Nel primo le resistenze
vascolari sono normali e la pressione elevata secondaria
all'aumento della portata cardiaca; in tali soggetti la re
ninemia normale e la dialisi efficace nel ridurre la

pressione arteriosa, riportando alla norma il volume li


quido circolante. Nel secondo gruppo la portata cardiaca
normale e l'ipertensione sostenuta da un aumento
delle resistenze vascolari; in tali soggetti l'increzione di
renina e di aldosterone elevata e la dialisi non in

grado di ridurre la pressione arteriosa, mentre la nefrec


tomia riesce rapidamente a normalizzare i valori tensivi.
Va ancora ricordato che l'attivazione del sistema reni

na-angiotensina non necessariamente provoca iperten

sione. In molte situazioni (gravidanza, presenza di edemi


cospicui con riduzione del volume circolante, grave de
plezione salina), presente un'elevata attivit reninica e
la pressione arteriosa normale. Molte ipotesi sono state
fatte per spiegare la mancata correlazione tra esaltata at

tivit reninica e ipertensione, coinvolgendo di volta in


volta l'importanza del sodio, del volume di liquido extra

cellulare, della portata cardiaca. Le ricerche effettuate,


pur confermando l'importanza di tali fattori, non sono

per riuscite ad evidenziare un comportamento omoge


neo nei vari modelli sperimentali.
172

IPERTENSIONE ARTERIOSA

In base alle osservazioni cliniche e sperimentali, appare

comunque accertato che gli stimoli pi importanti che in


ducono iperincrezione reninica sono la riduzione della

pressione di perfusione e della concentrazione di sodio a


livello della macula densa dell'apparato iuxtaglomerulare.

Una prova ulteriore dell'importanza della renina nell'in


durre i. a. la rara osservazione nell'uomo di una neo

plasia endocrina dell'apparato iuxtaglomerulare (eman


giopericitoma), che induce iperincrezione reninica e
ipertensione e la cui rimozione normalizza rapidamente i
valori pressori.
Prostaglandine

Numerose prostaglandine ([v]; PG) sono normalmente


presenti nell'organismo e certamente alcune di esse sono
coinvolte nella regolazione della pressione arteriosa, dato
il loro effetto vasoattivo. Le PGE e le PGF, sintetizzate

in vari organi e immesse nella circolazione, sono presso


ch del tutto inattivate al loro primo passaggio nel pol
mone. La PGA, resiste meglio all'inattivazione da parte
della deidrogenasi polmonare ed pertanto probabile che

svolga un ruolo importante nella regolazione della pres


sione arteriosa, quale vero e proprio ormone antiperten
sivo circolante.
Non tutte le PG sono dotate di effetto vasoattivo e

tanto meno vasodilatatore; la PGF, ad es., non induce


vasodilatazione, anzi nel cane induce un effetto opposto.
Nell'uomo stato invece dimostrato che l'infusione di

PGA, normalizza la pressione arteriosa in caso di iper


tensione. Anche la PGE, pur non avendo un effetto cir
colatorio generale, essendo inattivata al passaggio nel

polmone, pu agire a livello locale all'atto della libera


zione, inducendo vasodilatazione a livello di singoli or
gani.

L'organo probabilmente pi importante nella secre


zione di PG il rene. E noto da tempo che la midollare
renale ricca di PGE, PGF e probabilmente PGA. Nel

l'ipertensione umana di origine renale, e anche in caso di


occlusione acuta dell'arteria renale, la PGE presente
nella vena renale in quantit superiore al normale.

probabile che responsabile di tale maggior liberazione sia


l'angiotensina II, dato che la somministrazione di tale
sostanza ha effetti analoghi sulla liberazione di PGE nella
vena renale. La PGE interverrebbe come meccanismo di

sina. Tale relazione certamente la pi importante ai fini


della regolazione della pressione arteriosa. In condizioni
normali la produzione di renina aumenta in presenza di
ipotensione o di deplezione sodica: aumenta in tal modo
anche l'angiotensina, che induce a sua volta una maggior
increzione di aldosterone. Tale ormone, a causa del suo
effetto sodioritentivo a livello del tubulo renale, induce
aumento del sodio e della massa circolante, rimediando

in tal modo alle variazioni iniziali, che avevano appunto


indotto una maggior increzione di renina.
L'osservazione clinica ci offre alcuni esempi dell'im
portanza dell'aldosterone nella regolazione della pres
sione arteriosa. Nell'iperaldosteronismo primitivo, ad es.,
conseguente ad adenoma o ad iperplasia bilaterale della
corteccia surrenale, presente ipertensione, che trova
giustificazione nella ritenzione di sodio indotta appunto
dalla maggior increzione di aldosterone. La ritenzione
sodica provoca infatti imbibizione della parete vasale e
pertanto riduzione del lume, aumentando le resistenze
vascolari; un ulteriore aumento delle resistenze vascolari

sarebbe prodotto dal sodio, tramite una sensibilizzazione


delle miocellule arteriolari alle catecolamine.
Un evidente iperaldosteronismo presente in altri casi
di ipertensione, soprattutto di origine renale; si tratta in
questi casi di iperaldosteronismo secondario. In tali situa
zioni l'iperincrezione dell'ormone indotta dall'aumen

tata attivit reninica, secondaria all'ischemia dell'appa


rato iuxtaglomerulare. E chiaro che in tal caso l'iperal
dosteronismo aggrava l'ipertensione. Un eccesso di aldo
sterone presente anche in talune forme di ipertensione
cosiddetta essenziale, specie se ad andamento maligno;

pertanto probabile che anche in tali casi (in cui solita


mente presente iperreninemia) la patogenesi di tali alte
razioni sia riconducibile all'ischemia renale. Anche queste
osservazioni confermano una volta di pi come nel folto
gruppo dell'ipertensione essenziale vadano necessaria
mente distinti dei sottogruppi a patogenesi assai di
VCTSa.

Altri ormoni steroidei surrenalici possono indurre, se in


cronico eccesso, ipertensione; numerosi dati clinici e spe
rimentali depongono in tal senso. In patologia umana,
nella sindrome di Cushing l'iperincrezione di cortisolo in
duce ipertensione, anche se l'effetto di tale ormone sul
ricambio idroelettrolitico meno spiccato di quello del
l'aldosterone. Analogo effetto tensivo hanno numerosi

compenso vasodilatatorio all'effetto vasocostrittore in

altri steroidi surrenalici increti in eccesso in taluni casi di

dotto dall'angiotensina a livello renale. Sperimentalmente


stato osservato che l'infusione di PGE, nel coniglio in

sindrome adrenogenitale.

duce una liberazione di renina, mentre la somministra

Fattori neurogeni adrenergici

zione di indometacina (inibitore della sintesi di PG) ri


duce l'attivit reninica plasmatica. Sembrerebbe pertanto

Con tale termine si indicano il sistema nervoso autonomo

evidente l'esistenza tra renina e PG di un meccanismo di

ortosimpatico e i suoi mediatori chimici periferici (cate


colamine), collegati a livello effettore con i vasi di resi

feedback positivo, o perlomeno di un'interazione della


loro azione nella regolazione e nella distribuzione del

stenza. Numerose ricerche hanno cercato di evidenziare

stato altres ipotizzato che la carenza


congenita di PG nella midollare renale sia responsabile di
taluni casi di ipertensione considerata oggi essenziale.
flusso renale.

Anche alcuni casi di ipertensione renopriva osservati


durante la dialisi cronica potrebbero trovare una spiega
zione nell'assenza completa della vasodilatazione indotta
dalle PG.

un'iperattivit di tale sistema, specie nel caso dell'iper


tensione essenziale. In teoria ogni punto dell'arco dia
staltico interessato alla regolazione del tono arteriolare
pu presentare alterazioni funzionali in grado di indurre
ipertensione. Le ricerche effettuate a tale scopo, specie
sull'animale, non hanno condotto a conclusioni definitive.

Si cercato soprattutto, in casi di ipertensione speri


mentale, di verificare se l'interruzione dello stimolo sim

Si tratta per ora di dati frammentari, che potrebbero


per fornire nuova luce nell'interpretazione della com
plessa patogenesi dell'ipertensione.
Aldosterone

gi stato affermato che l'increzione di aldosterone


regolata in maniera primaria dal sistema renina-angioten
173

patico era in grado di ridurre la pressione arteriosa. I ri


sultati ottenuti sono stati poco significativi, soprattutto
per il fatto che una riduzione dell'ipertensione stata al
pi ottenuta solo temporaneamente, quasi vi fosse un
riaggiustamento del tono arteriolare sui livelli precedenti.
La sperimentazione nell'uomo, ovviamente pi limitata,
ha fornito risultati analoghi a quelli segnalati per l'ani
174

IPERTENSIONE ARTERIOSA

male. Ad es., la simpaticectomia estesa toracica e lom


bare (intervento effettuato, per un certo periodo di

rezione della stenosi arteriosa non riporta i valori pres

tempo, alcuni decenni orsono, nei pazienti affetti da

c) i casi di ipertensione che durano da molto tempo


sono poco sensibili alla terapia ipotensiva o addirittura

ipertensione) ha provocato soltanto una transitoria ridu


zione della pressione arteriosa.

Neppure le ricerche eseguite per evidenziare un'au


mentata sensibilit arteriolare agli stimoli vasocostrittori
hanno condotto a risultati definitivi. Alcuni AA. sono ad

es. riusciti ad evidenziare negli ipertesi un'aumentata ri


sposta pressoria alla noradrenalina e una maggior vaso
costrizione indotta dall'angiotensina. La spiegazione di
un'esaltata risposta delle arteriole dei soggetti ipertesi a
tali stimoli potrebbe per essere dovuta alle modificazioni
strutturali (ipertrofia) dai vasi sanguigni, che a parit di
stimolo esibirebbero un effetto maggiore. Di maggior si
gnificato potrebbero essere le ricerche che hanno invece
dimostrato una maggior reattivit agli stimoli vasoco
strittori nei famigliari normotesi di soggetti ipertesi.

Per quanto riguarda il ruolo delle catecolamine nella


patogenesi dell'ipertensione, la patologia umana offre
come al solito alcuni modelli paradigmatici. In taluni tu
mori della midollare surrenale (feocromocitoma) e del
tessuto cromaffine (paraganglioma) l'iperincrezione di
catecolamine in grado di provocare ipertensione. Nel
caso di prevalente increzione adrenalinica, che solita
mente non avviene in modo continuo, l'ipertensione
compare a crisi ed prevalentemente di tipo sistolico,
essendo dovuta essenzialmente all'aumento della gittata
sistolica indotta dall'adrenalina. Pi interessanti dal no

stro punto di vista sono i casi di iperincrezione continua


di noradrenalina, la quale provoca un'ipertensione co
stante, a causa dell'aumento, da essa indotto, delle resi
stenze arteriolari. Si tratta comunque di casi sporadici,
che non sono in grado di chiarire un eventuale ruolo
delle catecolamine nella maggior parte dei casi di iper
tensione.

Fattori psicogeni
Anche se a livello effettore tali fattori sono probabil

mente mediati dal sistema autonomo e/o dalle catecola


mine circolanti, conviene tenerli da essi separati, se non
altro per il fatto che ben precise ricerche sono state con
dotte sull'animale, nel tentativo di chiarire se stimoli psi

chici prolungati fossero in grado d'indurre la comparsa di


un'ipertensione stabile. Anche se taluni dati potrebbero
deporre in tal senso, non stato comunque dimostrato
che stati prolungati di stress producano un aumento du
raturo della pressione arteriosa, soprattutto per quanto
riguarda l'uomo.

sori nella norma;

refrattari.

Queste e altre osservazioni hanno appunto spinto alla


ricerca di modificazioni della parete arteriosa, che giusti
ficassero il persistere dell'ipertensione. I risultati ottenuti
sono stati nel complesso abbastanza fruttuosi, essendo
riusciti a dimostrare in maniera assai omogenea, sia nel
l'uomo che nell'animale, due principali tipi di alterazioni:
ipertrofia delle fibre muscolari e arteriolosclerosi.
L'ipertrofia muscolare della parete arteriolare trova una
spiegazione nella cronica distensione cui soggetta la
parete vasale, che segue in tal modo una regola generale
della fisiologia della fibra muscolare. Se riteniamo per
tale fenomeno come secondario alla distensione della

parete, dobbiamo pensare che esso intervenga nelle fasi


avanzate dell'ipertensione, a meno di ipotizzare che ta
luni soggetti vadano incontro a tale ipertrofia a livelli di
pressione endoluminale, e pertanto di distensione della
parete, innocui nella maggior parte dei casi. L'ipertrofia

della parete potrebbe comunque spiegare, almeno in


parte, il perpetuarsi dell'ipertensione, anche quando sia
stata eventualmente rimossa la causa iniziale, poich
l'aumento di spessore della parete riduce il lume vasale,
opponendo in tal modo maggior resistenza al flusso. La
muscolatura ipertrofica svilupperebbe altres, a parit di
stimolo, una maggior contrazione di fronte agli impulsi
vasocostrittori, contribuendo in tal modo a creare una

sorta di circolo vizioso. Esperimenti raffinati hanno inol


tre dimostrato nell'animale che la contrazione delle arte

riole ipertrofiche, in presenza di vari stimoli, superiore


a quanto comporterebbe la semplice ipertrofia; tale
ipersensibilit probabilmente da mettere in rapporto
con modificazioni della permeabilit cellulare a vari ioni.
L'importanza del sodio sarebbe notevole, cosa d'altra
parte nota e riferita in precedenza.
L'ipertrofia arteriolare comunque un fenomeno al
meno teoricamente reversibile, qualora sia possibile ri
durre per un lungo periodo di tempo il tono della parete
vasale. Irreversibile invece l'arteriolosclerosi la quale,
associata frequentemente a fenomeni di iperplasia inti
male, riduce in maniera permanente il lume vasale, ren
dendo inefficace qualsiasi intervento.
Indagini di laboratorio
Le indagini di laboratorio, in un paziente affetto da
ipertensione, servono essenzialmente a due scopi: 1) de

finire l'entit del danno provocato dall'elevata pressione a


Comportamento strutturale e funzionale della parete arte
riosa

Dato l'insuccesso dei pur numerosi tentativi di indivi


duare alterazioni dei vari fattori di regolazione della
pressione, che consentissero una spiegazione patogenetica
di tutti i casi di ipertensione, l'attenzione dei ricercatori si
rivolta anche allo studio delle alterazioni strutturali

della parete arteriosa che potessero spiegare, se non i


motivi dell'i. a. al suo esordio, perlomeno il perch della
persistenza dell'ipertensione stessa anche quando i vari
momenti etiopatogenetici iniziali si siano esauriti. Anche
in questo caso sono state essenzialmente le osservazioni
di tipo clinico ad indurre alla ricerca di tali motivi. Ci li
mitiamo a riportare alcune di tali osservazioni:
a) in talune forme di ipertensione l'attivazione del si
stema renina-angiotensina si esaurisce dopo qualche
tempo, mentre l'ipertensione persiste;
b) in taluni casi di ipertensione nefrovascolare, la cor
175

livello dei vari organi ed apparati; 2) individuare l'even


tuale presenza di malattie che hanno causato l'iperten
sione.

Nella maggior parte dei casi, al primo contatto con un


paziente iperteso, entrambi questi problemi sono da ri
solvere, per cui occorre predisporre secondo una certa
logica l'esecuzione di una serie di esami di laboratorio
pi o meno complessi, estendendo in un secondo tempo
le indagini, qualora dai primi accertamenti clinici e di la
boratorio emergano sospetti fondati circa la presenza di
una qualche malattia responsabile dell'ipertensione.
Valutazione del danno provocato dall'ipertensione
Abitualmente tale danno viene valutato nei riguardi di
taluni organi bersaglio, cio cuore, cervello e rene. Tali
organi, oltre ad essere particolarmente interessati in caso
di ipertensione, sono ovviamente d'importanza vitale, per
cui una buona conoscenza del loro stato anatomico e

176

IPERTENSIONE ARTERIOSA

Gli esami rischiosi e complessi servono dunque ad in


dividuare una percentuale inferiore al 5% di tutti i casi di

funzionale fornisce elementi preziosi per una corretta


prognosi quoad vitam e quoad valetudinem.
Per quanto riguarda il cuore, quasi inevitabilmente leso
dopo un prolungato periodo di ipertensione, gi un ac
curato esame clinico e anamnestico in grado di fornire
elementi importanti. I segni e i sintomi dell'ipertrofia e

ipertensione e per di pi nella maggior parte di tali casi


gi possibile, in base ad un accurato esame anamnestico e

dell'insufficienza ventricolare sinistra sono noti. Inoltre

segni di s all'indagine clinico-anamnestica o ad alcuni

una ridotta riserva coronarica, indotta dall'ipertrofia, e la


frequente coesistenza dell'aterosclerosi possono manife
starsi clinicamente con i vari quadri dell'insufficienza co
ronarica. La radiografia del torace e l'elettrocardio

semplici esami di laboratorio. Si dovrebbero pertanto ri


servare gli esami pi complicati ai casi in cui esista un
sospetto fondato.
Per completezza dell'argomento descriveremo comun

clinico, sospettare l'affezione di base. Pochissime sono


infatti le malattie causa di ipertensione che non danno

gramma (eventualmente con prova da sforzo) sono di so

que le varie indagini eseguibili in tali casi; per comodit

lito sufficienti a quantificare con buona approssimazione


l'entit del sovraccarico e dell'ipertrofia ventricolare sini

di esposizione esse verranno riunite in paragrafi riferen


tisi alle singole affezioni, in cui verranno altres riportati i
sintomi e segni clinici, caratteristici delle affezioni stesse,
che debbono indurre in sospetto.

stra e dell'eventuale insufficienza coronarica.


Anche la funzione del rene assai facilmente valuta

bile. L'esame dell'urina, il dosaggio nel sangue dell'azoto


ureico, del sodio e del potassio, le prove di clearance re
nale forniscono nella maggior parte dei casi sufficienti in
dicazioni. Pu essere altres utile eseguire l'urografia: tale
indagine, come vedremo pi oltre nel paragrafo delle af
fezioni renali, in grado di evidenziare o perlomeno di
far sospettare l'esistenza di nefropatie monolaterali, che
non incidono in maniera evidente sulla funzionalit re

nale globale.
Per quanto riguarda il cervello, un accurato esame
neurologico in grado di individuare lesioni a focolaio e
un'indagine anamnestica riesce ad evidenziare uno sca
dimento delle funzioni intellettuali, indice di sofferenza

corticale diffusa. Un eventuale elettroencefalogramma,


completato dalla scintigrafia cerebrale, potr confermare
la presenza di lesioni cerebrali.
Non va tralasciato nell'iperteso l'esame del fondo del
l'occhio, che fornisce preziose informazioni sullo stato dei
vasi retinici, gli unici nell'organismo umano visibili all'e
same diretto.

1. Malattie renali. Qualsiasi affezione che interessi il

rene, monolateralmente o bilateralmente, in grado di


provocare ipertensione. Tra le affezioni bilaterali ricor

diamo le glomerulonefriti e le pielonefriti acute e croni


che, di gran lunga le pi frequenti; tra le meno comuni la
glomerulopatia diabetica e la nefropatia del lupus erite
matoso sistemico. Le nefropatie monolaterali sono talora
di pi difficile individuazione, perch spesso asintomati
che e non manifestantisi con i segni dell'insufficienza re
nale. Sar l'et giovanile del soggetto o la presenza di un

soffio vascolare nella regione del fianco ad indurre, ta


lora, il sospetto diagnostico. Qualsiasi nefropatia mono
laterale (infiammatoria, degenerativa, malformativa, neo
plastica) che interessi il parenchima, la vascolarizzazione
o le vie escretrici del rene, pu causare ipertensione. Il

polimorfismo delle situazioni cliniche notevole ed esula


dai compiti di questo capitolo.
L'esame delle urine (prelevate nella donna in modo da
evitare contaminazioni con materiale proveniente dalle
vie genitali) sempre di estrema importanza, dato che

pochissime malattie renali (tra cui ricordiamo le affezioni


Individuazione di malattie che causano ipertensione
Gli esami sin qui citati non sono solitamente in grado

nefrovascolari) non danno alterazioni urinarie. La pre

senza di proteine, di leucociti, di emazie, di cilindri e il

d'individuare con certezza una delle malattie causa di

comportamento della densit (eventualmente sensibiliz

ipertensione; al pi ne pongono il sospetto. In molti casi


pertanto necessario eseguire ulteriori indagini, allo
scopo appunto di individuare tali malattie. Non vi ac
cordo unanime su quali esami occorra eseguire in ogni
paziente iperteso, anche perch nella scelta interferiscono
vari fattori, di volta in volta legati a presupposti dottri
nari o metodologici o di altra natura, connessi ad es. ai
costi, alla disponibilit di attrezzature e al rischio per il
paziente.
chiaro che tali esami debbono servire ad individuare
i casi di ipertensione secondaria e, per esclusione, quelli
di ipertensione essenziale. Non esistono ricerche che ab
biano stabilito con precisione l'efficacia a tal fine dell'im
piego di un numero pi o meno esteso di indagini di la
boratorio o strumentali, per cui la scelta delle indagini da
eseguire sovente del tutto soggettiva. Personalmente
siamo contrari all'esecuzione indiscriminata di troppi
esami, spesso rischiosi e se non altro costosi, tenendo
conto anche della bassa percentuale delle forme di iper
tensione secondaria, che costituisce al massimo il 20%
del totale dei casi di ipertensione. Va ancora aggiunto
che la quasi totalit delle forme di ipertensione seconda
ria di origine renale ed possibile arrivare alla diagnosi
con esami assai elementari; per di pi si tratta assai
spesso di forme croniche, in cui non possibile una tera
pia radicale e ci si limita pertanto a curare farmacologi
camente l'ipertensione, come nei casi di ipertensione es

zato con le prove della diluizione e della concentrazione)

senziale.

p77

saranno di volta in volta sufficienti a far porre il sospetto


di singole affezioni.
L'urinocoltura, qualora evidenzi la presenza di germi in

numero superiore a 10/ml, orienter verso la diagnosi di


pielonefrite, sempre che vi si associno altre alterazioni
urinarie caratteristiche. Va ricordato che la pielonefrite si
associa facilmente ad altre affezioni renali, specie mal
formative, e probabilmente all'ipertensione essenziale.
Un aumento della concentrazione sierica dell'azoto
ureico e della creatinina indice di riduzione del filtrato

glomerulare; tale riduzione potr essere quantificata me


diante l'esecuzione delle prove di clearance della creati
nina endogena o meglio dell'inulina.
Il potassio e il sodio sierici sono alterati in modo varia
bile nelle nefropatie bilaterali. Entrambi gli elettroliti
possono essere ridotti nell'insufficienza renale, se una
spiccata poliuria con isostenuria ne ha indotto un'ecces
siva eliminazione. In caso di contrazione della diuresi, tali

ioni sono in concentrazione superiore alla norma. Una


riduzione del solo potassio pu far sospettare, come ve
dremo, un iperaldosteronismo primario, in cui per, al
meno nelle fasi iniziali, la funzione globale del rene non
compromessa.
Nel sospetto di nefropatia monolaterale, specie in as

senza di altre alterazioni (come nel caso di forme nefro


vascolari), pu essere utile eseguire prove di funzionalit

renale separata, mediante raccolta dell'urina separata


178

IPERTENSIONE ARTERIOSA

mente dai due ureteri; tale raccolta alquanto indaginosa


e predispone alle infezioni. Il presupposto su cui si basa
l'indagine che un rene ischemico, con filtrato glomeru
lare ridotto, riassorbe pi sodio e pi acqua: l'urina del
lato affetto sar pertanto pi scarsa come quantit e pi
povera di sodio, mentre la concentrazione di creatinina
sar pi elevata che nel rene controlaterale, non essendo
questa sostanza assorbita dal tubulo.
L'urografia importante per la diagnosi di affezioni
renali specie monolaterali, soprattutto se comportanti al
terazioni volumetriche o morfologiche. L'esame fornisce
altres informazioni di carattere funzionale, legate al de
stino del mezzo di contrasto all'interno del rene: dopo
una prima fase vascolare di distribuzione e filtrazione
passiva, si ha una fase parenchimale di secrezione e con
centrazione della sostanza iniettata, seguita da una fase di
eliminazione legata all'integrit anatomica e funzionale
delle vie urinarie.

Per avere il massimo dell'informazione dall'urografia,


occorre eseguirla con particolari accorgimenti che con
sentono di individuare asimmetrie di funzione tra i due

reni, utili soprattutto nelle malattie (come le forme ne

frovascolari) in cui la morfologia dei reni non significa


tivamente alterata. A tale scopo occorre eseguire i primi
radiogrammi dopo 1, 2 e 3 min dall'infusione del mezzo
di contrasto, in modo da evidenziare dal lato in cui il
flusso ematico ridotto un ritardo dell'eliminazione. A

tale accorgimento utile associare la tecnica del cosid


detto wash-out, che consiste nell'eseguire l'indagine pro

e secreta dal tubulo, analoga pertanto a quella impiegata


per l'esecuzione dell'urografia. Il vantaggio dell'esame
rispetto all'urografia costituito dalla possibilit di rap
presentare graficamente (fig. 4) le varie fasi (vascolare,
parenchimale, di eliminazione) dell'iter della sostanza
iniettata, con la possibilit pertanto di valutare a quale
dei tre livelli alterata la funzione di un singolo rene.
Pur non consentendo una diagnosi specifica, l'alterazione
di una o pi delle varie fasi del tracciato permette di in
dirizzare la diagnosi verso gruppi omogenei di affezioni,
che verranno ulteriormente discriminate mediante l'ese
cuzione di altri esami.

La scintigrafia renale viene eseguita iniettando una so


stanza che si fissa elettivamente alle cellule del tubulo re

nale; si tratta solitamente di diuretici mercuriali marcati

(*o*Hg). L'esame serve in modo particolare ad eviden


ziare zone in cui il parenchima renale normale man
cante, e contribuisce pertanto, in associazione ad altre
indagini, alla diagnosi di talune affezioni caratterizzate da
perdita di sostanza.
La biopsia renale utile soprattutto nelle nefropatie
bilaterali diffuse: tale indagine consente di individuare
esattamente il tipo di lesione. L'esame comporta un ri
schio notevole, soprattutto di emorragia, per cui va riser
vato a casi notevolmente selezionati. Per quanto riguarda
la sua utilit pratica, essa assai scarsa, se si pensa che
non esiste terapia specifica della quasi totalit delle ne
fropatie diffuse, specie se le affezioni hanno raggiunto
una fase avanzata.

muovendo un aumento della diuresi, con la somministra

L'arteriografia renale un esame dirimente in talune

zione di furosemide o soluzione ipertonica di mannitolo.

affezioni, soprattutto di origine vascolare, perch per


mette di visualizzare la sede e il tipo della lesione, con
sentendo pertanto di porre una precisa indicazione al
l'intervento chirurgico.
Il dosaggio della renina plasmatica non di per s
molto utile per individuare la presenza di una malattia
renale e l'eventuale sua responsabilit nella genesi dell'i
pertensione, poich noto che l'attivazione del sistema
renina-angiotensina ha un comportamento del tutto va
riabile anche in affezioni analoghe. Qualora per da altre

In tal modo il rene ischemico, in cui il riassorbimento tu

bulare del sodio e dell'acqua aumentato, evidenzier


una maggior concentrazione del mezzo di contrasto nelle
vie escretrici, rispetto al rene sano in cui l'aumento della
diuresi ha portato ad una maggior diluizione della so
stanza iniettata. Occorre ricordare che sono possibili ri
sultati falsamente positivi o negativi.
Un'indagine che fornisce indicazioni analoghe a quelle
dell'urografia il radionefrogramma, che consiste nel ri
levamento della radioattivit dei due reni dopo infusione
di una sostanza marcata, che viene filtrata dal glomerulo

indagini (urografia, scintigrafia, arteriografia) fosse


emerso il fondato sospetto di un'affezione monolaterale,
vascolare o non, il dosaggio della renina dal sangue re
fluo dal rene indiziato potrebbe fornire una conferma del
ruolo patogenetico del singolo organo nella genesi dell'i
pertensione.
2. Malattie del corticosurrene. Si tratta essenzial

mente di due affezioni in cui un'iperplasia o una neopla


sia della corteccia surrenale inducono un'iperincrezione
ormonale. I quadri clinici caratterizzati molto di fre
quente anche da ipertensione sono essenzialmente quelli
dell'iperaldosteronismo primitivo (morbo di Conn) e
della sindrome di Cushing; si tratta di due affezioni che

3.
-.

3
g

nella loro forma conclamata sono assai caratteristiche e

4
3
2

5'
minuti

facilmente sospettabili in base all'esame clinico-anamne


stico e ai risultati di alcuni semplici esami di laboratorio,
cui stato fatto cenno in precedenza. Gli esami pi inda
ginosi, di cui si parler, andrebbero pertanto riservati ai
casi sospetti, in cui occorre arrivare alla certezza e ad una
precisa definizione anatomica.
La sindrome di Cushing rappresenta un quadro di
iperfunzione corticosurrenalica con iperincrezione di or
moni glicoattivi, che colpisce pi frequentemente le
donne tra i 20 e i 40 anni.

Fig. 4. Rappresentazione schematica di un radionefrogramma.


Dal tempo zero al punto A si ha la fase vascolare, dal punto
A al punto B la fase
e dal punto B al punto C la
fase
eliminazione. I.PS. = impulsi per secondo.

ch

179

L'etiologia di questo quadro riconosce condizioni dif

ferenti: adenoma ipofisario basofilo (malattia di Cushing)


con iperproduzione di ACTH e iperplasia di entrambe le
ghiandole surrenali; iperincrezione di ACTH senza ade
180

IPERTENSIONE ARTERIOSA

noma ipofisario, probabilmente per disturbo della regola


zione ipotalamica; tumori corticosurrenalici produttori di
ormoni glicoattivi (adenomi o carcinomi); essi tendono
ad essere svincolati dall'attivit dell'ACTH, che anzi, per
effetto di feedback negativo, viene increto in modica
quantit dall'ipofisi; tumori vari: sono stati descritti casi
di tumori broncopolmonari, del timo, del pancreas, del
fegato, del colon e dell'ovaio producenti sostanze ACTH
simili con conseguente iperplasia del corticosurrene.
I sintomi di questo quadro morboso sono legati all'i
persecrezione di cortisolo; solitamente il quadro si apre
con un progressivo aumento di peso per accumulo di
adipe che tende a concentrarsi al volto (facies lunaris),
nel sottocutaneo del dorso (gibbo di bufalo) e nel sotto
cutaneo dell'addome (addome pendulo).
La cute dell'addome, dei fianchi e delle cosce si pre
senta sottile e solcata dalle cosiddette strie rubre, vere

ria, polidipsia e nicturia, perch la perdita di potassio


determina una nefropatia vacuolare che ha come conse
guenza un'ipostenuria ingravescente.
Oltre ai criteri clinici disponiamo di esami di laborato
rio che permettono di evidenziare una ridotta potassiemia

mentre la sodiemia risulta aumentata o comunque ai li


miti superiori della norma.
Costante la riduzione della renina plasmatica, che
permette la diagnosi differenziale con l'iperaldosteroni
smo secondario.

Segni della deplezione potassica intracellulare possono


venir documentati anche mediante un esame elettrocar

diografico, in cui solitamente possibile mettere in evi


denza: allungamento del QT, appiattimento del tratto ST,
inversione dell'onda T e presenza di un'onda U. Di un
certo interesse anche l'arteriografia selettiva che pu do
cumentare l'alterata vascolarizzazione in corrispondenza

e proprie smagliature ecchimotiche.


L'obesit del tronco contrasta con la magrezza degli

del surrene di un lato, eccezionalmente bilaterale.

arti dovuta alla riduzione delle masse muscolari, da cui

mediante cateterismo delle vene surrenaliche, costituisce

deriva la progressiva astenia di questi pazienti.


Compaiono anche rachialgie, cifosi dorsali e fratture
vertebrali dovute all'osteoporosi conseguente all'effetto
catabolico legato all'iperincrezione di cortisolo.
Costante l'ipertensione sia sistolica che diastolica.
Frequente l'iperglicemia con eventuale glicosuria.
Il dosaggio nelle urine dei 17-idrossicorticosteroidi,
cataboliti degli ormoni glicocorticosteroidi, sempre au

oggi il mezzo diagnostico pi efficace in grado anche di


dare precise indicazioni circa la posizione (destra o sini
stra) dell'adenoma.
Il trattamento di questa affezione essenzialmente
chirurgico e consta dell'exeresi del tumore mediante

mentato (oltre 15 mg nelle 24 h).


Esistono alcune prove farmacologiche che possono
aiutare nella diagnosi. La stimolazione con ACTH (25

UI. in 500 ml di soluzione salina per fleboclisi lenta)

Infine il dosaggio dell'aldosterone nel sangue, prelevato

surrenalectomia unilaterale totale.

Si preferisce in genere la via di accesso mediante la


parotomia mediana onde poter eventualmente esplorare
entrambi i surreni, soprattutto quando le indagini pre
operatorie abbiano indirizzato verso il sospetto di un'i
perplasia bilaterale o quando l'esatta localizzazione del
l'adenoma non sia risultata possibile.

determina nelle 24 h un aumento da 3 a 5 volte dell'eli

3. Feocromocitoma. Costituisce una malattia rara che

minazione urinaria dei 17-idrossicorticosteroidi quando si


tratta di ipertrofia semplice o di adenoma corticosurrena
lico. Non risponde, o risponde male invece, il carcinoma
della surrenale. Variabile infine la risposta quando si
tratta di tumore ipofisario. Nella prova da inibizione col
desametazone il farmaco blocca, se somministrato per os
o per via parenterale, con azione di feedback negativo,
l'increzione di ACTH e quindi deprime l'attivit del cor
ticosurrene. Anche in questo caso il carcinoma del sur
rene e l'adenoma dell'ipofisi non danno risposte signifi
cative, perch il tasso di 17-idrossicorticosteroidi nelle
urine rimane praticamente invariato e comunque molto

pu essere causa di ipertensione, rappresentando ca. lo

alto.

La prova di inibizione col metirapone di significato


analogo alla precedente. Utili inoltre sono la craniografia
e l'esame del campo visivo.
La terapia chirurgica e consiste nell'exeresi del tu
InOTC.

Nell'iperaldosteronismo primitivo (morbo di Conn) si


ha un'iperincrezione di aldosterone da parte della corti
cale del surrene dovuta generalmente alla presenza di un
adenoma, eccezionalmente di un'iperplasia bilaterale o di
un carcinoma.

La patogenesi e i sintomi di questa malattia devono


essere ricondotti all'azione dell'aldosterone volta a trat

tenere sodio e a eliminare potassio. Poich si ha, nel li


quido extracellulare, una deplezione di potassio, esso
viene richiamato dall'interno della cellula determinando

grave squilibrio elettrolitico intracellulare.


In genere la sintomatologia esordisce con crisi di aste
nia muscolare della durata di alcune ore, spesso prece
duta da parestesie e dolori crampiformi. A queste mani

festazioni si accompagna sempre un'i. a. conseguenza


della ritenzione sodica; tardiva la comparsa di edemi.
Col progredire della malattia compaiono anche poliu
181

0,1% dei casi. La sindrome clinica dovuta ad una neo

plasia unica o multipla del tessuto cromaffine, situato


nella midollare surrenale, nei paragangli lungo le catene
simpatiche retropleuriche e retroperitoneali, negli organi
di Zuckerkandl di fronte alla biforcazione dell'aorta ad

dominale, nell'area dei chemocettori a livello dell'arco


aortico e delle sue diramazioni arteriose. Tali tumori se

cernono catecolamine, in modo costante o sporadico.


Deve sorgere il sospetto di feocromocitoma specie in
soggetti di et compresa tra i 30 ed i 40 anni, con valori
di pressione oscillanti o con crisi ipertensive; con sudora
zione, tremori, eretismo psichico. Nei soggetti in cui l'i
pertensione stabile (ca. il 50% del totale) potr essere
effettuato il dosaggio dell'ac. vanilmandelico nell'urina
delle 24 h. Tale catabolita aumentato in ca. l'80% dei

casi. Nel 90% dei casi, la diagnosi potr essere posta


correttamente dosando contemporaneamente le cateco

lamine e le metanefrine urinarie. altres possibile dosare


le catecolamine sieriche, ma la tecnica altamente raffi
nata e non sempre disponibile. Si possono avere risultati
falsamente positivi se sono state somministrate al pa
ziente amine simpaticomimetiche oppure farmaci che in
ducono liberazione di catecolamine all'interno dell'orga
nismo. Il test alla fentolamina (Regitin), che riduce la
pressione in modo elettivo in caso di feocromocitoma, ha
perso in parte il suo valore, data la maggior specificit
dei dosaggi ormonali. Ancora d'interesse pratico sono i
test d'induzione dell'ipertensione, da effettuare nei casi
sospetti, in cui la pressione non sia elevata in modo co
stante o significativo. Le sostanze usate sono l'istamina,
la tiramina e il glucagone, che iniettati a dosi opportune
inducono una rapida e massiva liberazione di catecola
mine da parte del tumore, scatenando una crisi iperten
siva che, se ritenuta pericolosa per il paziente, pu essere
182

IPERTENSIONE ARTERIOSA

prontamente controllata con il Regitin. Oltre al dato di


un netto aumento tensivo (superiore a 60 mmHg per la

costantemente il quadro sintomatologico, che viene pre

pressione massima e a 30 mmHg per la minima), sar


probante per la diagnosi la dimostrazione nell'urina, rac
colta per qualche ora, di una quantit superiore alla

feriori e dalla constatazione di una riduzione della pres


sione arteriosa femorale. Il lI tono polmonare sempre
aumentato. L'ECG mostra i segni di una cospicua iper
trofia ventricolare destra. Radiologicamente si evidenzia
una notevole cardiomegalia.

norma di catecolamine, di ac. vanilmandelico o di meta


nefrine.

Tra le indagini radiologiche, l'esame eseguito con la


tecnica del pneumoretroperitoneo, dopo un periodo di

voga, stato abbandonato. La metodica di scelta attuale


l'angiografia eseguita preferibilmente con cateterismo
retrogrado transfemorale. L'immagine panoramica che si
ottiene viene completata con l'arteriografia selettiva dei
peduncoli vascolari surrenali. Con tale tecnica si pu
mettere in evidenza il tumore, consistente in una massa

sto arricchito dalla comparsa di cianosi alle estremit in

Anche in questo tipo di coartazione, l'aortografia pu


dissipare ogni dubbio. Pur essendo essenzialmente chi
rurgica in entrambi i tipi di coartazione, la terapia pre
senta delle differenze circa il periodo in cui lecito inter

venire. Nel tipo infantile, infatti, la precocit dell'inter


vento una necessit. Nel tipo adulto invece opportuno

attendere che il bambino giunga all'et di 10-12 anni,


affinch il calibro dell'aorta divenga sufficiente a per
mettere una buona correzione chirurgica.

rotondeggiante, ipervascolarizzata, con circoli irregolari e


ristagno del mezzo di contrasto. Di qualche aiuto pos
sono essere la tomografia assiale computerizzata (T.A.C.)
e l'urografia discendente.
La terapia, essenzialmente chirurgica, consiste nell'ex

si osserva talora ipertensione, che in taluni casi secon


daria al danno renale indotto dall'ipercalcemia, mentre in
altri casi probabilmente legata direttamente all'ipercal

eresi del feocromocitoma. Durante l'intervento, in se

cemia e scompare con la correzione di tale turba meta

guito alla stimolazione esercitata dalle manovre operato


rie sul tumore, possono insorgere crisi ipertensive, che
possibile dominare mediante l'infusione endovenosa di
Regitin, oppure con il nitroprussiato sodico.
Nel periodo postoperatorio la tendenza ad una caduta
pressoria, dovuta all'improvvisa diminuzione di catecol

bolica.

amine, viene bilanciata con la somministrazione di nor


adrenalina e cortisonici.

4. Coartazione aortica. La coartazione aortica entra

di diritto in questo capitolo in quanto sono presenti i


sintomi e le complicanze dell'ipertensione anche se loca
lizzati al solo distretto brachiocefalico.

Si tratta di un restringimento dell'aorta localizzato di


preferenza nella regione istmica o subito sotto l'inser
zione del dotto di Botallo: nel primo caso si parla di ste
nosi preduttale o di tipo infantile, nel secondo di stenosi
postduttale o di tipo adulto.
L'ostacolo creato dal restringimento determina un au
mento della pressione a monte della stenosi con caduta

5. Cause rare di ipertensione. Nell'iperparatiroidismo

Anche nell'acromegalia frequente la presenza di


ipertensione, con un meccanismo patogenetico non chia
rito. Aumento della pressione si osserva anche in taluni
casi di policitemia e nella porfiria acuta.
6. Ipertensione da farmaci o altre sostanze. Si tratta
del classico esempio di ipertensione in cui solo l'esame
anamnestico in grado d'individuare la causa del di
sturbo. Alcuni farmaci o sostanze di largo impiego pos

sono in taluni soggetti, dopo lunghi periodi di assunzione,


provocare ipertensione. Ricordiamo i contraccettivi orali,
il cui uso prolungato provoca un'incidenza di ipertensione
superiore di 2,5 volte rispetto alla media generale; il

meccanismo patogenetico non del tutto noto. Anche il


carbenoxolone, derivato semisintetico dell'ac. glicirrizico,
impiegato nella terapia dell'ulcera gastrica, responsabile
di taluni casi di ipertensione, come pure l'impiego pro
lungato di notevoli quantit di liquirizia, che contiene
una sostanza analoga; il meccanismo patogenetico an

della stessa a valle.

drebbe ricercato nell'azione similaldosteronica di tali so

Il quadro clinico appare diverso in relazione al tipo di


stenosi poich, nel tipo infantile, l'aorta risulta perfusa,
distalmente alla stenosi, completamente dal ventricolo

stanze. La sospensione delle sostanze e dei farmaci porta,


nel giro di alcuni mesi, alla scomparsa dell'ipertensione.

destro, tramite il dotto pervio (shunt destro/sinistro),

Terapia
Nei casi di ipertensione secondaria la terapia ovvia,
consistendo nella rimozione, ove possibile, della malattia
di base. I principali problemi riguardano pertanto la te
rapia dell'ipertensione essenziale, che fondamental
mente di tipo farmacologico.
Prima di elencare i farmaci attualmente impiegati, oc
corre fare alcune premesse. Innanzitutto va detto che la
terapia dell'ipertensione con i moderni farmaci senz'al
tro utile: numerose indagini dimostrano ormai inequivo
cabilmente che la correzione dell'ipertensione diminuisce

mentre nel tipo adulto l'aorta distale alla stenosi viene


perfusa mediante circoli collaterali (intercostali-mamma
rie) particolarmente sviluppati, con ipertrofia del ventri
colo sinistro.

a) Tipo adulto: sono presenti i segni legati all'iperten

sione del segmento a monte del tratto stenotico con ipo


tensione negli arti inferiori. E percepibile un soffio loca
lizzato tipicamente al dorso, che pu essere mesosistolico
(coartazione lieve), mesotelediastolico (coartazione me
dia), sistodiastolico (coartazione grave), con accentua
zione del II tono aortico. L'ECG mostra i segni dell'i
pertrofia ventricolare sinistra pi o meno marcata; l'e
same radiologico standard del torace dimostra l'allunga
mento dell'aorta ascendente e la presenza delle erosioni
costali sul margine inferiore della III-VIII costa bilate
ralmente, espressione del circolo collaterale intercostale
ipertrofico.
L'aortografia toracica, mediante cateterismo secondo la
tecnica di Seldinger, visualizza la sede e l'estensione della
lesione, la morfologia dei tronchi sopraortici e l'entit del
circolo collaterale.

b) Tipo infantile: dispnea, ritardo dell'accrescimento,


frequenti fenomeni di scompenso cardiaco compongono
183

notevolmente la morbilit e la mortalit causate da tale

affezione, in maniera tanto pi evidente quanto pi ele


vati sono i valori della pressione all'inizio del tratta
mento. A questo riguardo va per fatta una precisazione.
La terapia antipertensiva riduce soprattutto la morbilit e
la mortalit dovute ad accidenti cerebrovascolari e a le

sioni renali, molto meno quella dovuta ad alterazioni


cardiache, in modo particolare ad affezioni coronariche.
Una spiegazione plausibile della minor efficacia terapeu
tica in caso di coronaropatia potrebbe essere che nella
malattia coronarica l'ipertensione non rappresenta il
principale fattore causale, essendo l'aterosclerosi patoge
neticamente dominante. In altri distretti invece, come il
184

IPERTENSIONE ARTERIOSA

Fig. 5. Del totale dei sog


etti ipertesi la parte A in
ica la percentuale in cui
l'ipertensione non nota,

la parte B i soggetti in cui


l'ipertensione nota ma
non curata, la parte C i

In modo particolare temibile l'ipopotassiemia, per le


sue ripercussioni a livello cardiaco, specie in corso di te
rapia digitalica. Un'aggiunta alla dieta di sali di potassio
riesce nella maggior parte dei casi ad evitare inconve
nienti. In caso di tendenza all'ipopotassiemia pu essere

utile l'impiego di diuretici antagonisti dell'aldosterone,

(che rappre

come lo spironolattone e il triamterene, i quali favoriscono


la ritenzione di potassio e sono dotati di effetto ipoten
sivo analogo a quello dei diuretici ricordati in prece

senta ca. 1/8 del totale) i

denza. Tali farmaci vanno ovviamente evitati in corso di

soggetti curati ma non in

modo adeguato ed infine

la parte

soggetti curati in modo ef


ficace.

iperpotassiemia, quale occorre ad es. nella insufficienza


renale.

adeguato (fig. 5). Pertanto, indipendentemente dalla di


sponibilit di numerosi farmaci efficaci, si dovrebbe risol

2. Reserpina. L'effetto della reserpina (v) sovrap


ponibile a quello di altri alcaloidi o di estratti totali della
Rauwolfia. La reserpina induce una deplezione di cate
colamine a livello centrale e periferico, riducendo per
tanto con un duplice meccanismo la risposta delle arte
riole alla stimolazione adrenergica: blocco degli impulsi
vasocostrittori inviati dai centri vasomotori alla periferia
e blocco degli effetti delle catecolamine sulle arteriole.
Accanto ad alcuni effetti collaterali solitamente non gravi
(sonnolenza, diarrea, iperacidit gastrica), va segnalato
quale inconveniente pi grave la depressione psichica,
che sovente stenta a regredire anche dopo la sospensione
del farmaco e che pertanto ne controindica l'impiego nei
soggetti con tendenza alla depressione.
3. Idralazina. L'idralazina (v.) ha un effetto rila

vere prioritariamente il problema di mettere tutti i sog

sciante diretto sulle fibre muscolari lisce delle arteriole.

getti ipertesi nella condizione di essere curati adeguata

Essa induce per tachicardia e aumento della portata


cardiaca, con conseguente maggior dispendio energetico
da parte del cuore. Tale effetto collaterale ovviamente
indesiderabile soprattutto in talune affezioni cardiache,

cervello e il rene, l'ipertensione come tale ha un ruolo


preminente nell'induzione di lesioni vascolari.
Un'altra osservazione, emersa da indagini ormai molto
numerose, che la terapia dell'ipertensione, come viene
oggi eseguita, non consente i brillanti risultati che do
vrebbe, perch non viene effettuata in modo efficace. In
nanzitutto circa la met degli ipertesi non sa di esserlo;
della met a conoscenza dell'affezione il 50% non viene
curato. Del restante 50% solo la met curata in modo

Inente.

Farmaci

Nella terapia dell'ipertensione vengono impiegati una


grande variet di farmaci a diverso meccanismo d'azione.
Tutti questi farmaci hanno la propriet di abbassare la
pressione arteriosa; essi pertanto possono essere consi
derati dei farmaci ipotensivi, piuttosto che antipertensivi.
Nessuna di queste sostanze priva di limitazioni e di ef
fetti collaterali, per cui oggi si tende ad una terapia com
binata, che assommi i vantaggi e attenui gli svantaggi
della monoterapia. Verranno elencati quelli di pi co
mune impiego, sintetizzando le notizie relative allo speci
fico meccanismo d'azione, alle indicazioni e controindica
zioni e agli effetti collaterali indesiderati. Nelle tabb. II e
III sono riportati i dosaggi comunemente impiegati. Al
termine verr accennato brevemente alla strategia d'im

piego dei singoli farmaci e delle possibili associazioni. V.


anche: IPOTENSIVE SOSTANZE.

1. Diuretici. Molti diuretici (v.) vengono utilizzati


nella terapia antipertensiva, da soli o pi spesso in asso
ciazione con altri farmaci. Il meccanismo d'azione con
troverso. Vi una fase transitoria iniziale in cui i diure

come lo scompenso cardiaco e l'insufficienza coronarica.


4. Prazosin. Analogamente all'idralazina, il prazosin induce
rilasciamento della muscolatura liscia arteriolare, esplicando
peraltro un certo effetto dilatatorio anche a livello dei vasi ve
nosi.

Interferisce

inoltre

con

l'attivit dei recettori

o-adre

nergici del simpatico.


Usato da solo il farmaco possiede un'azione ipotensiva abba
stanza modesta, mentre la sua efficacia aumenta se impiegato in

associazione con un diuretico e/o un 8-bloccante.


L'aumento della frequenza e della portata cardiaca provocato

dal prazosin, anche se inferiore a quello indotto da altri vasodi


latatori, rende sconsigliabile la somministrazione del farmaco a
pazienti cardiopatici.
5. Minoxidile. Il minoxidile un potente vasodilatatore che
esplica il suo effetto direttamente sulla muscolatura liscia arte
riosa inducendo in via riflessa una tachicardia molto spiccata e
un aumento della portata cardiaca.
Per la marcata riduzione della pressione arteriosa che in

grado di provocare e per i non trascurabili effetti collaterali che


possiede, il farmaco va impiegato esclusivamente in pazienti ad
alto rischio che non abbiano risposto ad altri trattamenti.

tici provocano una riduzione dei volumi idrici e della


portata cardiaca, responsabili immediatamente di un
certo grado di riduzione della pressione arteriosa. In un
secondo tempo per i volumi idrici e la portata cardiaca
tornano alla norma, pur persistendo l'effetto ipotensivo,
legato probabilmente in questa fase ad una deplezione
sodica, responsabile di una minor reattivit delle arteriole
agli stimoli vasocostrittori.
L'effetto dei vari diuretici equivalente e pertanto in
dipendente dal meccanismo d'azione dei singoli farmaci.

terminazioni nervose, agirebbe da falso mediatore, con


minore attivit vasomotoria. In effetti, nessuna di queste
due ipotesi spiega in maniera soddisfacente l'azione ipo

Tra quelli maggiormente impiegati vanno ricordati l'idro

tensiva dell'o-metilDOPA; infatti la metilnoradrenalina

clorotiazide, il clortalidone, il chinetazone e la furosemide.

maggior rilievo sono rappresentati dall'iperglicemia, dal

ha un effetto adrenergico solo di poco inferiore a quello


della noradrenalina. Oggi si tende a ravvicinare il mec
canismo di azione dell'o-metilDOPA a quello della clo

l'iperuricemia e dall'ipopotassiemia, specie nei soggetti

nidina.

La tollerabilit di solito buona. Gli inconvenienti di

con tendenza, a causa di altre affezioni, a tali alterazioni.


185

6. x-metilDOPA (v.). Il farmaco inibisce la decar


bossilazione della DOPA a dopamina, reazione essenziale
nel processo di sintesi della noradrenalina, determinando
cos la deplezione dei depositi tessutali di catecolamine. Il
farmaco d luogo, inoltre, a formazione di metilnoradre
nalina che, sostituendo la noradrenalina a livello delle

L'eliminazione del farmaco avviene prevalentemente


186

IPERTENSIONE ARTERIOSA

per via renale, per cui in caso d'insufficienza renale la


dose va proporzionalmente ridotta. I principali inconve
nienti sono rappresentati da secchezza delle fauci, son
nolenza e ritenzione sodica; va segnalata la non eccezio
nale possibilit della comparsa di una positivit del test di
Coombs, potendosi arrivare talora ad una vera e propria
malattia emolitica.

11. Farmaci bloccanti i recettori sia o- sia 3-adrenergici.


L'unica sostanza di questo tipo attualmente disponibile
per l'utilizzazione clinica il labetalolo (v. IPoTENSIVE so
STANZE).
Il farmaco riduce la pressione arteriosa diminuendo le
resistenze vascolari periferiche e, nella somministrazione
cronica, riducendo l'incremento della portata cardiaca

7. Clonidina. La clonidina (v.) un derivato imida


zolinico, il cui meccanismo d'azione stato collegato ad
una influenza sui recettori adrenergici centrali preposti
alla regolazione vasomotoria. Il farmaco pu provocare
pericolosi rimbalzi ipertensivi in caso di brusca sospen

causato dall'esercizio fisico.

sione; alcuni suoi inconvenienti sono secchezza delle

12. Inibitori dell'angiotensina II e dell'enzima convertitore.


Sono attualmente in corso di sperimentazione diversi farmaci
capaci di produrre una diminuzione della pressione arteriosa in
terferendo con vari componenti del sistema renina-angiotensina.
Alcuni inibiscono l'azione dell'enzima convertitore che opera la
trasformazione dell'angiotensina I in angiotensina II, come il cap
topril, altri, come la salarazina, competono con l'angiotensina II
per i recettori della muscolatura arteriolare e del corticosurrene.
Le possibilit di applicazione clinica di queste sostanze sono in
fase di studio ma sembrano molto promettenti (v. anche: IPER
TENSIONE NEFRovASCOLARE; IPOTENSIVE soSTANZE).

fauci, sonnolenza, ritenzione sodica e, raramente, impo


tenZa.

8. Guanetidina. La guanetidina (v.) fa parte del


gruppo dei farmaci che deprimono la funzione dei nervi
adrenergici postgangliari interferendo con la liberazione
del neurotrasmettitore. Effetti indesiderati sono la ipo
tensione ortostatica, la depressione della contrattilit

miocardica, la riduzione dell'eiaculazione e/o dell'ere


zione. Le principali controindicazioni all'impiego del far
maco sono rappresentate da quelle affezioni in cui un
collasso improvviso pu precipitare una situazione ische
mica a livello di organi vitali, come ad es. cuore e cer
vello.

La guanetidina sensibilizza i recettori adrenergici, per


cui non deve essere somministrata insieme con farmaci

che direttamente o indirettamente stimolano il simpatico


(inibitori della MAO, simpaticomimetici, triciclici), in
quanto essi possono inibirne gli effetti e talora addirittura
indurre ipertensione.
Esistono altri farmaci il cui meccanismo d'azione so

Il labetalolo presenta soddisfacenti requisiti di efficacia


e tollerabilit; le sue indicazioni nel trattamento della

ipertensione, peraltro, non sono state ancora ben definite.

13. Altri farmaci. Per varie ragioni (effetti collaterali,


scarsa efficacia) molti farmaci sono caduti in disuso: i

ganglioplegici (mecamilamina, pentolinio), alcuni inibitori


della MAO (come la pargilina), i nitriti, i bloccanti dei
recettori x-adrenergici (fentolamina, diidroergotamina),
gli alcaloidi del veratro.
V. anche: IPOTENSIVE SOSTANZE.

Terapia non farmacologica

Alcune forme particolari di i. a., richiedono preferibil

9. Guanoxano. Il guanoxano ha un meccanismo d'azione


analogo a quello della guanetidina, ma provoca una deplezione

mente un trattamento chirurgico potenzialmente in grado


di risolvere in modo radicale il quadro morboso (v. so
pra: malattie del corticosurrene, feocromocitoma, coarta
zione aortica; v. anche: IPERTENSIONE NEFRovASCOLARE).
Pochi cenni invece meritano oggi gli altri interventi non

di catecolamine anche a livello della midollare del surrene.

farmacologici, data la loro fondamentale inutilit e l'at

Esplica un effetto negativo sulla portata cardiaca e pu causare


ipotensione ortostatica.

non imporre pi al paziente drastici sacrifici nelle sue

stanzialmente simile a quello della guanetidina: il bretilio,


la betanidina, la debrisoquina.

Pu risultare efficace anche nei casi in cui altri trattamenti

tuale disponibilit di farmaci efficaci, che consentono di


abitudini di vita.

farmacologici non abbiano prodotto risultati utili.

Da taluni si insistito sull'importanza dei fattori psi

10. Farmaci bloccanti i recettori 3-adrenergici. La

chici nella genesi dell'ipertensione, riuscendo persino ad

loro introduzione nella terapia antipertensiva piuttosto


recente. Il farmaco pi studiato e maggiormente impie
gato in terapia il propranololo (v.).
ovvio l'impiego
di tali farmaci nei casi di ipertensione legati ad una situa
zione emodinamica di tipo ipercinetico, in cui l'aumento
pressorio essenzialmente legato all'aumento della git
tata sistolica. Tale gruppo di sostanze si per rivelato
utile anche nel ridurre le resistenze arteriolari, indipen

individuare gruppi di persone con precisa personalit psi


cologica predisposti a tale affezione. Le possibilit tera

peutiche in tal campo non sono comunque superiori a


quelle realizzabili nell'ambito di altre affezioni psicoso
matiche.

Altri fattori, quali fumo, obesit e diabete, possono al


pi essere ritenuti fattori aggiunti di rischio, la cui rimo
zione o correzione pertanto opportuna.

dentemente dall'azione a livello cardiaco. Si era in un

Tra i fattori dietetici, oltre all'obesit, probabile che

primo tempo ipotizzato che l'azione antipertensiva fosse

un'eccessiva introduzione di sodio agisca come fattore


coadiuvante nella patogenesi dell'ipertensione. Oltre ai
dati epidemiologici che indicano una maggior prevalenza

legata ad un'azione di blocco adrenergico a livello re


nale, con conseguente inibizione della secrezione reni
nica, per cui l'impiego di tali sostanze veniva limitato ai
casi di ipertensione reninodipendenti. Si per osservato

che l'effetto ipotensivo dei 3-bloccanti non correlato


col blocco reninico, anche perch si verifica con dosi
nettamente superiori a quelle 3-bloccanti. Il meccanismo
d'azione sarebbe piuttosto di tipo centrale.
I 3-bloccanti sono comunque particolarmente utili nel
l'ipertensione in cui vi una componente ipercinetica o
in cui associata l'angina pectoris, dato l'effetto specifico

di ipertensione nelle popolazioni a maggior consumo di


sale da cucina, esiste il dato clinico dell'efficacia della

terapia diuretica. Un'eccessiva restrizione dell'introdu


zione di NaCl non comunque oggi pi necessaria, data
la possibilit di utilizzare per lunghi periodi e senza parti
colari inconvenienti i farmaci diuretici.

l'asma bronchiale, dall'insufficienza cardiaca e dalle turbe

Impiego clinico dei farmaci


Pur non esistendo al riguardo dei canoni assoluti, sono
invalsi nell'uso alcuni criteri generali, che poggiano da un
lato sulla scelta del singolo farmaco a seconda della gra
vit dell'ipertensione e dall'altro sull'uso di associazioni

della conduzione intracardiaca.

tra le varie sostanze.

di tali farmaci in tali situazioni.

Le principali controindicazioni sono rappresentate dal

187

188

IPERTENSIONE ARTERIOSA

Il concetto di gravit nell'ipertensione non facilmente


quantificabile. Si tratta di nozione essenzialmente clinica,
che fa ritenere pi grave un caso d'ipertensione quando
esso dura da molto tempo, quando i valori tensivi (so
prattutto diastolici) sono molto elevati, quando esistono
danni evidenti di malattia ipertensiva e quando il pa
ziente resistente all'azione dei farmaci, alle dosi abi

tualmente impiegate.
I vantaggi dell'associazione tra pi farmaci sono essen
zialmente due. Quello principale di poter sfruttare i di
versi meccanismi d'azione, aggredendo l'ipertensione a
vari livelli, dal S.N.C. sino all'estrema periferia, rappre
sentata dalla fibra muscolare liscia della parete vasale.
L'impiego delle associazioni consente altres di evitare
dosaggi elevati dei singoli farmaci, riducendo cos l'inci
denza di effetti collaterali indesiderati. Talora alcune so

stanze sono utili addirittura nell'antagonizzare effetti in


desiderati prodotti da altre: ad es., i 3-bloccanti limitano
notevolmente la tachicardia indotta dall'idralazina.

Nelle forme lievi di ipertensione si soliti iniziare la


terapia con i diuretici, solitamente con i tiazidici, sebbene
anche la furosemide, l'ac. etacrinico e gli antagonisti del
l'aldosterone siano egualmente efficaci. Nelle forme di
gravit progressivamente crescente vengono impiegati la
reserpina, l'idralazina, l'o-metilDOPA, la clonidina, la
guanetidina. I dosaggi abituali dei singoli farmaci sono
riportati nella tab. II.
Per quanto riguarda le associazioni, un punto presso
ch fermo rimane l'impiego dei diuretici, i quali, oltrech
dotati di effetto ipotensivo intrinseco, sono utili nel limi
tare l'effetto sodioritentivo di altri farmaci, quali l'ox-me

TAB. III. DOSI E MODALITA D'IMPIEGO DEI FAR


MACI IMPIEGATI NELLE EMERGENZE IPERTENSIVE

Trimetafano

250 mg, fleboclisi goccia a goccia di

Nitroprussiato di Na

fleboclisi goccia a goccia di una so

Diazossido
Idralazina
x-metilDOPA

rapidamente in vena 300 mg


10-40 mg in vena, in pochi
500
mg in vena, in pochi
0,15-0,30 mg in vena, in pochi
40-80 mg in vena, in pochi
50-100 mg in vena, in 30-60
10-20 mg in vena, in pochi

una soluzione 1:1000

luzione di 50-100 mg/

Clonidina
Furosemide
Ac. etacrinico
Fentolamina

min
min
min
min
min
min

tali emergenze i maggiori pericoli sono quelli dell'ence


falopatia ipertensiva e dell'insufficienza ventricolare sini
stra, situazioni entrambe facilmente mortali.

Data l'urgenza di ridurre rapidamente l'ipertensione,


occorre dare la preferenza a farmaci somministrabili per
via venosa. Tra le sostanze maggiormente impiegate

vanno segnalati il trimetafano e il nitroprussiato sodico,


da somministrare in soluzione goccia a goccia, regolan
done la dose a seconda dell'effetto ottenuto. Pure il dia

zossido, in somministrazione unica e rapida di 300 mg


per via venosa, frequentemente impiegato, anche per

ch gi disponibile in soluzione pronta; tale farmaco ha


l'inconveniente di provocare ritenzione sodica, per cui in
caso di somministrazioni ripetute e ravvicinate oppor

tuno aggiungere dei diuretici. Il diazossido provoca altres

Le associazioni pi impiegate sono quelle diuretici


-- reserpina -- idralazina, diuretici -- o-metilDOPA (o
clonidina), diuretici -- guanetidina e pi recentemente

riduzione delle contrazioni uterine, per cui pu essere


necessario, in caso di parto imminente, ricorrere all'im
piego di ossitocici (per quanto riguarda l'impiego clinico
del diazossido, v. anche: IPERGLICEMIzzANTI FARMACI).
Anche la clonidina disponibile in fiale pronte per l'uso

diuretici -- 3-bloccanti. Questi ultimi, possono essere


associati con vantaggio all'idralazina, di cui limitano l'ef

furosemide e l'ac. etacrinico, i quali trovano un'elettiva

tilDOPA e la clonidina.

fetto stimolante a livello cardiaco.

Terapia delle emergenze ipertensive


Esistono situazioni in cui pu essere urgente, oltrech
utile, ridurre una pressione abnormemente elevata, pena
l'insorgenza di gravi complicazioni talora mortali. Ci ac
cade soprattutto nell'uremia, nell'eclampsia gravidica,
nell'edema polmonare acuto, nel feocromocitoma e in ta
luni momenti del decorso dell'ipertensione maligna. In
TAB. II,

DOSI ABITUALI GIORNALIERE DEI PRINCI


PALI FARMACI ANTIPERTENSIVI

endovenoso. Molto utili sono alcuni diuretici, come la

indicazione soprattutto in situazioni di eccessivo carico


idrico, come ad es. nell'edema polmonare acuto e nel
l'insufficienza renale. La fentolamina (Regitin) trova

impiego essenzialmente nelle crisi ipertensive del feocro


mocitoma.

Dosi e modalit di impiego dei farmaci nelle crisi


ipertensive sono esposte in tab. III.
Bibliografia

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Sorrento, 1970.

Diuretici:

Idroclorotiazide
Chinetazone
Clortalidone
Furosemide
Ac. etacrinico
Triamterene

Spironolattone
Reserpina
Idralazina
Prazosin
x-metilDOPA
Clonidina
Guanetidina

Propranololo
Labetalolo

25-100 mg (anche in singola dose)


50-100 mg (anche in singola dose)

Beretta Anguissola A., Pandolfo G., Ipertensione arteriosa, in


., Trattato di patologia medica, 1974, Universo,

25-100 mg (anche in singola dose)

Berkson D. M., Stamler J.,

ri

OITla.

40-80 mg (anche in singola dose)


50-100 mg (anche in singola dose)

dell'ipertensione, in

Beretta Anguissola A., Puddu V., Cardiologia d'oggi, 1375


1976, Ed. Medico-Scientifiche, Torino.

50-100 mg (anche in singola dose)

Bordy

50-100 mg (anche in singola dose)

De Sandre G., Perona G., Diagnostica degli stati ipertensivi,

0,5-2 g (refratti in 2-4 dosi)


0,1-1,5 mg (refratti in 2-4 dosi)

10-150 mg (anche in singola dose)


100-400 mg (refratti in 3-4 dosi)
300-800 mg (refratti in 2 dosi)

in

Beretta Anguissola A., La medicina d'oggi. Clinica e terapia,

0,10-0,25 mg (anche in singola dose)


40-200 mg (refratti in 3-4 dosi)

2-20 mg (refratti in 3-4 dosi)

J., Zimmerman B. G., Prog. Cardiovasc. Dis., 1976,


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1974-1977, Ed. Medico-Scientifiche, Torino.

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A., La medicina d'oggi. Clinica e terapia, 1974

ia

(I valori indicati sono abitualmente ridotti del 50% quando i

farmaci vengono impiegati in associazione).


189

1977, Ed. Medico-Scientifiche, Torino.

B., Sidd J. J., N. Engl. J. Med., 1972, 287, 960; 1018;


190

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ALESSANDRO BERETTA ANGUISSOLA E GUGLIELMO PANDOLFO

IPERTENSIONE ARTERIOSA POLMONARE

F. hypertension artrielle pulmonaire. - I. pulmonary arte


rial hypertension. - T. pulmonaler arterieller Hochdruck. S. hipertension arterial pulmonar.
SOMMARIO

Definizione (col. 191). - Ipertensione arteriosa polmonare se


condaria (col. 192). - Ipertensione arteriosa polmonare primitiva
(col. 193).

Definizione

e capacit del sistema per ogni dato grado di distensione.

caratteristica peculiare del circolo polmonare il con


sentire aumenti cospicui di flusso fino a 3-4 volte i valori
di base, senza che la pressione si modifichi apprezzabil

mente (Bevegard e coll., 1963). Ci legato alle carat


teristiche anatomofunzionali dei vasi polmonari che mo
strano un'elevata distensibilit sia in condizioni fisiologi
che sia in presenza di aumenti di flusso dovuti a condi
zioni patologiche. In questi casi le resistenze arteriose
polmonari si riducono sensibilmente a testimonianza del
l'estrema adattabilit del circolo polmonare. La comparsa
di ipertensione polmonare denuncia, appunto, l'esauri
mento di questa capacit di adattamento e si accompa
gna sempre al variare di almeno uno dei tre parametri
che caratterizzano compiutamente il circolo polmonare
(fig. 1).
Ipertensione arteriosa polmonare secondaria
Le cause di ipertensione polmonare dovranno quindi es
sere ricercate fra le condizioni patologiche capaci di mo
dificare rispettivamente il flusso polmonare, la pressione

I valori normali della pressione arteriosa polmonare

atriale sinistra e lo venosa polmonare e la capacit anato

oscillano intorno a 30/12 mmHg con minime differenze


nei risultati riportati dai vari AA. (Fishman, 1963).

polmonare, analogamente a quella di qualunque fluido in


movimento entro un sistema di tubi elastici, dipende

mica del circolo polmonare.


Aumento del flusso polmonare. In presenza di car
diopatie congenite con shunt sinistro-destro, il flusso
polmonare pu essere in rapporto di 3-4:1 con quello si
stemico senza aumenti significativi della pressione arte
riosa polmonare. L'eventuale comparsa di ipertensione
polmonare, oltre che all'entit del flusso polmonare, le
gata a due fattori: sede della comunicazione fra le due
circolazioni e comportamento delle resistenze arteriose
polmonari. Infatti, quando lo shunt avviene fra sezioni ad
alta pressione (come nei difetti interventricolari o nelle
comunicazioni fra sistema arterioso polmonare e siste
mico) il passaggio di sangue avviene con trasmissione di
pressioni a livello sistemico. Le resistenze arteriose pol
monari, con modalit quasi costanti nei diversi quadri
clinici di ogni data cardiopatia congenita, condizionano, a
loro volta, il valore di pressione arteriosa per ogni valore
di flusso polmonare (v. CUORE, malformazioni congenite
[IV, 1741]; complesso di Eisenmenger [IV, 1744]).
Aumento della pressione atriale sinistra elo venosa pol
monare. Poich il mantenimento di un flusso polmo
nare adeguato dipende dal mantenimento di un gradiente
pressorio fra ingresso e uscita del sistema, l'aumento
della pressione venosa polmonare o della pressione
atriale sinistra comporta un pari aumento della pressione
arteriosa polmonare. Ci assicurato dalla capacit di

principalmente da due fattori fisici: volume/min del fluido

adattamento del ventricolo destro alle variazioni del

presente ipertensione arteriosa polmonare quando questi


limiti sono superati. La pressione arteriosa polmonare
misurata, per convenzione, all'ingresso del circolo pol
monare ed ritenuta costante lungo le diramazioni arte
riose principali fino ai vasi di resistenza ove, in ogni caso,
avviene una perdita di energia e un calo di pressione.
L'entit di questo fenomeno, per ogni dato flusso, va
lutabile dal gradiente (AP) fra pressione all'ingresso del
circolo polmonare e pressione in uscita, essendo que
st'ultima abitualmente espressa dalla pressione atriale si
nistra. Variazioni strutturali o funzionali dei vasi di resi

stenza condizionano l'entit di questo gradiente e pos


sono condurre, indipendentemente da altri fattori, alla
comparsa di ipertensione polmonare. Appare quindi evi
dente che la caratterizzazione emodinamica completa del
circolo polmonare richiede, oltre alla misura del flusso e
della pressione arteriosa polmonare, la misura della
pressione in uscita: il rapporto fra AP e flusso polmonare
esprime infatti il grado di resistenze arteriose polmonari
e costituisce il parametro qualificante, sul piano fisiopa
tologico, il tipo di ipertensione polmonare che in ogni

data condizione si instaurato. La pressione arteriosa

CAPACITA'
VASCOLARE
POLMONARE

PRESSIONE
FLUSSO
ARTERIOSA
POLMONARE
POLMONARE

PRESSIONE
VENOSA POLM
e/o
ATRIALE SIN

postcarico. Le valvulopatie mitraliche, lo scompenso


ventricolare sinistro e ogni altra condizione che, elevando
la pressione di riempimento del ventricolo sinistro, pro
vochi un aumento della pressione atriale sinistra, sono in
grado di determinare ipertensione polmonare col mecca
nismo descritto. Se le resistenze arteriose polmonari non
si modificano, l'umento di pressione puramente passivo
e corrisponde al riassetto del normale AP a livelli mag
giori. Non raramente, sebbene in modo non prevedibile
in base ai valori di pressione atriale sinistra (Adams,
1959), le resistenze arteriose polmonari aumentano e la
pressione polmonare si eleva ben oltre i livelli giustificati
dal solo trasferimento a monte dell'aumentata pres
sione atriale sinistra. Questa evoluzione emodinamica av

Fig. 1. Schema riassuntivo dei tre principali fattori che condizio


nano la pressione arteriosa polmonare.

191

viene generalmente quando la pressione atriale sinistra


e 20 mmHg (v. vALvoLARI CARDIOPATIE; CUORE, insuffi
cienza o scompenso cardiaco; MIOCARDIOPATIE).
Riduzione della capacit anatomica del circolo polmo
nare. Le pneumopatie croniche con prevalente fibrosi
192

IPERTENSIONE ARTERIOSA POLMONARE

polmonare sono le condizioni che pi frequentemente


causano i. a. p. senza che coesista aumento del flusso

polmonare o aumento della pressione atriale sinistra e lo


venosa polmonare. Processi cronici con fibrosi o infiltra

zione determinano una progressiva distruzione della


normale struttura parenchimale. Anche il letto vascolare
viene coinvolto e la sua capacit progressivamente si ri
duce. Ci non spiega per in modo esauriente la com
parsa di i. a. p., soprattutto se si tiene conto dell'elevata
distensibilit del circolo polmonare. Sono meccanismi
funzionali, e fra questi soprattutto l'ipossia e l'acidosi se
condarie alla pneumopatia, che provocano costrizione a
livello delle arteriole e aumento della pressione arteriosa
polmonare. Il perdurare nel tempo dell'ipossia e la pro
gressione della malattia polmonare provocano modifica
zioni strutturali con fibrosi intimale e, soprattutto, mu
scolarizzazione delle arteriole polmonari di calibro mi
nore (v. cUoRE, cuore polmonare cronico [IV, 1908]).
Nei casi di i. a. p. secondaria ad embolia polmonare
massiva acuta o subacuta l'occlusione organica di dirama
zioni arteriose di grosso calibro l'elemento fisiopatolo
gico principale al quale si aggiungono, con ogni probabi
lit, meccanismi funzionali. L'aumento di pressione pol
monare che si registra in questa condizione general
mente modesto (v. CUORE, cuore polmonare acuto [IV,
1902).
In altre circostanze la capacit vascolare polmonare
risulta ridotta secondariamente ad alterazioni muscolo

scheletriche del torace, a patologia della ventilazione


polmonare o ad obesit marcata (v. scoLIosi; PNEUMoTo
RACE; OBESIT).
Microembolie polmonari ripetute, quasi sempre scar
samente sintomatiche, microtrombosi arteriolari even

tualmente legate a patologia della coagulazione possono,


a loro volta, esaurire la possibilit di distensione com
pensatoria delle sezioni indenni e, innescando o meno
meccanismi funzionali, ridurre la capacit vascolare fino
alla comparsa di ipertensione polmonare (v. CUORE, cuore
polmonare cronico).
Per gli aspetti clinici della i. a. p. secondaria si rinvia
alle varie voci precedentemente citate.
Ipertensione arteriosa polmonare primitiva
Si definisce i. a. p. primitiva una condizione di aumento
della pressione arteriosa polmonare, con ipertrofia secon
daria del ventricolo destro, di cui non sia riconoscibile

tomopatologica. Pi consistenti, sia sul piano clinico sia


su quello anatomopatologico, sono le difficolt a distin
guere l'i. a. p. primitiva dall'ipertensione polmonare se
condaria a tromboembolie polmonari minori croniche
(Barnard, 1954). Fino a tempi recenti le documentazioni
istopatologiche di casi diagnosticati clinicamente come
ipertensioni polmonari primitive sono state relativamente

poche o, comunque, non sufficienti per una definizione


sistematica dei criteri istopatologici di diagnosi. D'altra
parte, la stessa clinica del cuore polmonare cronico trom
boembolico molto spesso aspecifica, e quindi del tutto

simile a quella dell'ipertensione polmonare primitiva, cos


che le due diagnosi sono state indifferentemente formu
late, con tutta probabilit in modo legittimo, in non po

che situazioni. Wagenvoort e Wagenvoort, nel 1970,


hanno pubblicato i risultati di uno studio anatomoclinico
di 156 casi per i quali era stata posta diagnosi di i. a. p.
primitiva. Questi dati, frutto di uno studio multicentrico,
costituiscono il riferimento fino ad oggi pi completo e

attendibile sull'anatomia patologica di questa affezione.


Oltre ad aspetti aspecifici, riscontrabili in tutte le forme
di ipertensione polmonare, sono presenti nell'i. a. p. pri
mitiva alterazioni istologiche sufficienti a distinguerla
dall'ipertensione secondaria a trombosi o tromboembolie

polmonari croniche che clinicamente creano le maggiori


difficolt di diagnosi differenziale (tab. I).
Assenza di significative lesioni arteriolari occlusive,
presenza di ipertrofia della media e di fibrosi intimale

concentrica con disposizione laminare, necrosi fibrinoide


e arterite sono caratteristiche dell'i. a. p. primitiva (fig.
2). Nel cuore polmonare cronico da tromboembolia mi
nore cronica prevalgono lesioni occlusive trombotiche,
generalmente recenti, con disposizione irregolare, preva
lente eccentricit del lume arteriolare che talora risulta

sepimentato dalla ricanalizzazione del trombo. Soprat


tutto, le lesioni intimali occlusive non presentano la di
sposizione laminare a cipolla riscontrata nell'iperten

sione polmonare primitiva. Dilatazioni arteriolari tali da


suggerire sulla sezione una configurazione plessiforme
completano il quadro istologico e confermano la sostan
ziale identit di queste lesioni con quelle riscontrate nel
l'i. a. p. secondaria a shunts congeniti. Proprio questa
identit giustifica, per gli stessi AA., l'ipotesi che una
vasocostrizione arteriolare dia inizio all'ipertensione pol

monare primitiva e che le lesioni strutturali rappresentino


un evento successivo. Tale meccanismo di vasocostrizione

una causa nota (Dresdale e coll., 1951). Da un punto di


vista emodinamico, l'i. a. p. primitiva si colloca nel

gruppo delle ipertensioni polmonari da ridotta capacit


vascolare ed quindi caratterizzata da elevate resistenze
arteriose polmonari.
L'i. a. p. primitiva fu in passato anche indicata con la
denominazione di malattia di Ayerza, che nel 1907 pre
sent per primo un caso clinico riferibile a questa condi
zione (Brenner). In seguito Arillaga descrisse dettaglia
tamente le alterazioni anatomiche del circolo polmonare
della stessa sindrome clinica e propose la lue come etio

logia. del tutto probabile che queste denominazioni


siano da ricondurre alla i. a. p. primitiva.

Si a lungo discusso e dubitato sulla reale esistenza di


un siffatto tipo di ipertensione polmonare per ragioni sia
cliniche sia anatomopatologiche. Per alcuni, l'assenza di
lesioni vascolari polmonari anche minime sarebbe requi

TAB, I. TABELLA COMPARATIVA RIGUARDANTE LE

ALTERAZIONI ISTOLOGICHE ARTERIOLARI POLMO


NARI PIU SIGNIFICATIVE IN CASO DI TROMBOEMBO
LIA POLMONARE CRONICA E IPERTENSIONE ARTE
RIOSA POLMONARE PRIMITIVA

(da Wagenvoort, 1970)


Tromboembolia

primitiva

CrOnCg

Fibrosi intimale eccentri- | -- -- -- -ca, focale


Fibrosi intimale concentri- | --

--
-- -- -- --

ca, laminare, a cipolla


Trombi

Sepimentazione trombi

sito indispensabile alla diagnosi (McGuire e coll., 1957).

Lesioni da dilatazione e

In tal modo la diagnosi, quand'anche concettualmente


possibile dal momento che lesioni vascolari polmonari,
eventualmente secondarie, sono sempre presenti in corso

plessiformi
Ipertrofia della media
Necrosi fibrinoide
Arterite

-- -- -- --- -- -- ----

---

---

---

-- --
---

---

----------------------

---------------

---

---

---

--
---

---

---

-- -- --
-- -- --
-- --
-- --

di ipertensione polmonare, sarebbe esclusivamente ana


193

7. - VIII.

194

IPERTENSIONE ARTERIOSA POLMONARE

2. A sinistra: sezione obliqua di una arteria polmonare muscolare normale

x). A destra: sezione trasversa di un'arteriola

polmonare in un caso di ipertensione polmonare primitiva. presente spiccata

rosi intimale con deformazione del contorno del

vaso dovuta ad un'iniziale lesione da dilatazione (306 ).

sarebbe infatti operante anche nelle ipertensioni polmo


nari secondarie a shunts congeniti. Non noto quale

causa provochi la vasocostrizione ma, in ogni caso, si ri


tiene che esista una particolare reattivit vasale polmo
nare di fronte a stimoli non necessariamente patologici.
Lo stato di vasocostrizione arteriolare polmonare stato
ripetutamente dimostrato dalla riduzione che le resi
stenze polmonari subiscono dopo infusione di acetilco
lina (Shepherd e coll., 1957) o di tolazolina (Gardiner,
1954); negli stati avanzati, tuttavia, le lesioni organiche,
eventualmente avviate e sostenute dall'ipertono arterio

non esaurisce il problema etiologico ma sottolinea un


possibile meccanismo aggravante.
Ca. 600 casi di i. a. p. primitiva sono stati descritti in
letteratura fino al 1970. Wood riporta 17 casi su 10.000
pazienti cardiopatici consecutivamente esaminati. L'inci
denza personalmente riscontrata in pazienti sottoposti a
cateterismo cardiaco stata di 6 casi su 1500 esami nel

grandemente l'azione.
L'ipotesi tromboembolica (Barnard, 1954) risulta scar

corso di 5 anni. In ogni caso, nonostante differenze im


putabili al diverso tipo di popolazione di riferimento e ai
diversi mezzi diagnostici utilizzati, si conferma che l'i. a.
p. primitiva una malattia rara. Sono colpite maggior
mente le donne, con un rapporto fra i sessi di 2:1. Nella
serie di 110 casi riesaminati e confermati da Wagenvoort
l'et media era di 23 anni, con casi compresi fra 1 anno e

samente convincente se si tiene conto delle differenze

70 anni di et.

anatomopatologiche che esistono fra le tromboembolie


polmonari sicuramente accertate e la i. a. p. primitiva. La
diagnosi differenziale clinica resta invece estremamente
difficile e non raramente impossibile. Testimonia la reale
facilit con cui le due forme, primitiva e tromboembolica,
possono essere confuse, il fatto che su 156 reperti esami
nati da Wagenvoort la diagnosi iniziale, clinica e anato
mopatologica, di i. a. p. primitiva fu poi corretta in 31
casi. Le caratteristiche istologiche simili a quelle del letto

I sintomi pi frequentemente riscontrati, sostanzial


mente aspecifici, comprendono dispnea da sforzo e aste
nia che determinano una progressiva riduzione della tol
leranza allo sforzo, angina pectoris, lipotimie e sincope.
Pi rara, bench possibile, l'evenienza di emottisi. La
durata dei sintomi in rapporto alla prognosi estrema
mente variabile: nella serie esaminata da Wagenvoort la
comparsa dei sintomi precedette il decesso da un minimo

vascolare fetale e il riscontro di ipertensione polmonare

Nessun sintomo correlato con la severit della prognosi

primitiva in et infantile sono motivo, secondo alcuni

o con la severit delle alterazioni strutturali, se si esclude

AA., per ritenere questa affezione di natura congenita

la comparsa, in fase terminale, di cardiopalmo, cui cor


rispondono generalmente flutter o fibrillazione atriali.
Talvolta, pi che una vera e propria angina, riferito un
dolore toracico, e ci accresce la difficolt di diagnosi
differenziale con la tromboembolia polmonare.
I segni clinici sono strettamente legati alla presenza di
ipertensione polmonare e non presentano differenze si
gnificative rispetto a quelli riscontrati nei casi di iperten
sione polmonare secondaria. Evidente onda a giugu
lare e, nei casi complicati da insufficienza tricuspidale,
onda v prevalente, ingrandimento del ventricolo de
stro, aumento d'intensit del II tono polmonare, soffio da
eiezione polmonare, IV tono di origine destra, soffio
olosistolico in quarto spazio intercostale lungo la para
sternale destra da insufficienza tricuspidale funzionale,
sono i segni obiettivi di maggior rilievo. Pu essere pre
sente cianosi periferica, tuttavia raramente marcata.
Questo dato, assieme all'assenza di clubbing, facilita la
diagnosi differenziale con l'ipertensione polmonare se
condaria a cardiopatie congenite con shunt invertito.

lare, rendono inefficaci le stesse sostanze o ne riducono

(Edwards, 1957; Roberts, 1973). Va tuttavia ricordato


che gli stessi tipi di lesione, comprese le lesioni plessi
formi, possono essere secondari all'ipertensione stessa,
poich sono provocabili sperimentalmente; quindi pi
verosimile che congenita sia soltanto una predisposizione
allo sviluppo della malattia. Anche la familiarit, ripetu
tamente segnalata, probabilmente da interpretare in
questo senso (Wagenvoort, 1970). La presenza di necrosi
fibrinoide e l'associazione clinica, discretamente fre

quente, con il fenomeno di Raynaud (Walcott e coll.,


1970) o con altri sintomi e segni clinici suggestivi di col
lagenopatia (Slama e coll., 1967), hanno condotto all'i
potesi, tuttavia non provata, di una etiologia autoim
mune. Anche le embolie di liquido amniotico sono state
proposte quale fattore etiologico (Shepherd e coll.,

1957). Ci si accorderebbe sia con la maggior incidenza


della malattia nei pazienti di sesso femminile sia con la
frequente comparsa o aggravamento della sintomatologia

in coincidenza del parto. Ovviamente, questa spiegazione


195

di alcune settimane ad un massimo di oltre 20 anni.

196

IPERTENSIONE ARTERIOSA POLMONARE

Fra i reperti strumentali, l'ECG mostra ipertrofia ven


tricolare destra con evidenti P polmonari (fig. 3), la ra
diografia del torace rivela una dilatazione cospicua del
l'arteria polmonare e dei rami principali con povert
della vascolarizzazione periferica del polmone e ipertrofia
e dilatazione del ventricolo destro. Atrio sinistro, ventri

colo sinistro e aorta sono in genere scarsamente evidenti.


Le dimensioni radiologiche globali del cuore sono rara
mente aumentate se non in fase notevolmente avanzata.

L'ecocardiogramma, sebbene non diagnostico, conferma


l'ingrandimento del ventricolo destro e documenta spesso
ipertrofia del setto interventricolare. La pendenza diasto
lica della cuspide polmonare posteriore ridotta e l'onda
a sullo stesso tracciato risulta scarsamente evidente.

L'ecocardiografia a contrasto utile ad escludere


shunts destro-sinistri a livello atriale e ventricolare. Il

cateterismo cardiaco e l'angiografia polmonare sono gli


esami conclusivi oggi disponibili per la diagnosi clinica.
Va per ricordato che la loro esecuzione comporta un
rischio sicuramente pi elevato rispetto ad altre cardio
patie. La pressione arteriosa polmonare sistolica, nei sei
casi esaminati personalmente, era 102 mmHg e la satura
zione arteriosa sistemica in ossigeno era pari all'89%, a
conferma della scarsa evidenza clinica di cianosi. Il qua
dro angiografico caratterizzato da dilatazione del tronco
comune dell'arteria polmonare e delle diramazioni prin
cipali. I vasi distali sono scarsamente evidenti ma distri
buiti in modo omogeneo (fig. 4). Talora sono riscontrabili
aspetti suggestivi di occlusione di vasi di medio calibro
largamente sovrapponibili a quelli presenti nelle trom
boembolie polmonari.
Ancora una volta va sottolineato che la diagnosi diffe
renziale, anche dopo l'esecuzione del cateterismo car
diaco e dell'angiografia polmonare, resta spesso proble
matica nei confronti della tromboembolia polmonare mi
nore (Wagenvoort, 1970). Essa sembra invece possibile
all'esame istologico, nella cui interpretazione, d'altra
parte, l'esperienza individuale diviene un fattore assolu
tamente condizionante. La sindrome di Eisenmenger o le
condizioni di aumento della pressione polmonare in

pan resente
di 30 anni, affetta
dilatazione
comune dell'arteria po
e dei rami

Fig. 4. Angiografia polmonare in una


da ipertensione polmonare primitiva.
marcata del tronco

principali. Il calibro dei rami arteriosi distali si riduce brusca


mente ma in modo omogeneo.

uscita costituiscono gli altri due gruppi che per frequenza


possono porre ragionevoli problemi di diagnosi differen
ziale. Cianosi evidente con clubbing, oltre ad ogni ele
mento obiettivo e anamnestico presente nel singolo caso,
sono orientativi per il primo gruppo. Anamnesi accurata,
obiettivit ed ecocardiogramma sono generalmente suffi
cienti, prima ancora dell'esecuzione del cateterismo car
diaco, ad identificare i casi appartenenti al secondo
gruppo.

La prognosi inevitabilmente infausta, con decorso di


durata variabile dall'esordio della sintomatologia. Non
ostante rari casi sopravvissuti per oltre 20 anni, questa

malattia deve essere considerata a decorso subacuto con


una durata media di vita poco superiore ai 20 anni. E
frequente il decesso per morte improvvisa, verosimil
mente secondario ad aritmia maggiore.
Non essendo nota l'etiologia, l'efficacia di ogni tenta
tivo terapeutico prevedibilmente limitata. L'obiettivo
pi immediato resta tuttavia la riduzione delle resistenze
arteriose polmonari. Sono attive in questo senso nume
rose sostanze farmacologiche quali l'acetilcolina (Mar
shall e coll., 1959), la tolazolina (Gardiner, 1954; Ru
dolph, 1958) e l'isoproterenolo (Aviado, 1957; Lee,
1963) ripetutamente studiate nell'ipertensione polmonare
con somministrazione endovenosa acuta. Solo recente

mente stata valutata la somministrazione cronica per


via sublinguale di isoproterenolo in tre pazienti, con ri

sultati soggettivi e obiettivi incoraggianti (Daoud, 1974;


Shettigar, 1976). Quando compaiono sintomi e segni cli
nici di scompenso cardiaco destro si ricorre all'abituale
terapia di questa condizione. Inoltre, non appena viene

fatta diagnosi di i. a. p. primitiva, pienamente indicato

3. ECG di una paziente di 52 anni affetta da ipertensione


polmonare primitiva.

porre il paziente in terapia anticoagulante sia nell'even


tualit di un'errata diagnosi differenziale sia per impedire
la formazione di microtrombosi arteriolari polmonari.
Assieme ai provvedimenti descritti opportuno ricordare
l'importanza che riveste per questi pazienti la limitazione
di ogni attivit fisica di apprezzabile impegno, anche in
assenza di sintomi. Ci diviene assolutamente necessario
in fase sintomatica anche in considerazione di uno stato

di labilit psicologica ed emotiva che non raramente


197

198

IPERTENSIONE ARTERIOSA POLMONARE

contribuisce in modo significativo al quadro clinico. In


fine, deve essere considerata la controindicazione piena
alla gravidanza, in vista della severa prognosi e della
possibilit di morte improvvisa, oltre che per le eventuali
complicazioni secondarie alla terapia anticoagulante.
Bibliografia
Adams W., Veith I., in Donald K. W. ed., Pulmonary Circula
tion, 1959, Grune & Stratton, New York.
Arillaga F.

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1957, 120, 512.
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Dip

Edwards J. E., Circulation, 1957, 15, 164.

Fishman A. P., Handbook of

II, 1963,

La pressione endocranica presenta delle piccole variazioni in


rapporto con il polso arterioso e con la respirazione. Variazioni
della pressione arteriosa sistemica normalmente non producono
rilevanti modificazioni della pressione endocranica. La vasodila
tazione cerebrale, con il conseguente aumento del flusso cere
brale e del volume del sangue intracranico, causa un aumento
della pressione endocranica, che di scarso rilievo in condizioni
normali, perch autoregolata da meccanismi di compenso, ma
che invece di grado notevole quando i meccanismi di autore
golazione sono compromessi, come si pu osservare in pazienti

con processi espansivi endocranici. L'iperventilazione produce


una vasocostrizione cerebrale e quindi una diminuzione del vo
lume del sangue intracranico con abbassamento della pressione
endocranica poco rilevante in condizioni normali, ma invece pi
evidente in caso di i. e. Anche le variazioni della pressione en
docranica in rapporto al polso arterioso sono pi marcate in
soggetti con i. e. In queste circostanze pu essere utile misurare

la pressione endocranica in mmHg, per poterla comparare alla

American Physiological Society, Washington D. C


Gardiner J. M., Aust. Ann. Med., 1954, 3, 59.

Goodwin J. F Harrison C. V, Wilcken 5.L., Br. Heart

ste limitazioni, giustificato considerare la pressione del liquido


cerebrospinale a livello lombare come misura della pressione
endocranica (v. anche: LIQUoR).

J.,

1963, 1, 701.
Harrison C. V., J. Pathol. Bacteriol., 1948, 60, 289.
D. jr., Roveti G. C., Ross R. S., Am. Heart J., 1963, 65,

Marshall R. S., Helmholz H. F., Shepherd J. T., Circulation,

pressione arteriosa sistemica; ci si ottiene dividendo per 13,6,


peso specifico del mercurio, il valore della pressione endocranica

espresso in mm di HO. In complesso l'ipercapnia, l'ipossia e


tutti gli anestetici volatili aumentano la pressione endocranica,
mentre l'ipocapnia, l'ossigenazione iperbarica, l'ipotermia e i

neurolettici la diminuiscono. L'ampiezza di queste modificazioni


dipendente dalle propriet vasoattive di questi agenti, dalla

1959, 20, 391.

Mre J., Scott R. C. et al., Arch. Intern. Med., 1957, 99,


Roberts W. C., Am. Heart J., 1963, 65, 230.
M., Paul M. H., Somer L. S., Am. Heart J., 1958,

reattivit cerebrovascolare nonch dallo stato del rapporto vo

lume/pressione intracranica del soggetto in quel particolare mo


mento. Il rapporto volume pressione intracranica la relazione

Shepherd j. T., Edwards J. E. et al., Br. Heart J., 1957, 19, 70.

che esiste tra pressione endocranica e aumento del contenuto


intracranico, rappresentata graficamente da una curva esponen

si

ziale. Infatti inizialmente un piccolo aumento del volume del

Hultgren H. N. et al., N. Engl. J. Med., 1976,

Slama R., Crevellier A., Coumel P., Presse Med, 1967, 7s, 961.

C. A., Wagenvoort N., Circulation, 1970, 42, 1163.


Burchell H. B., Brown A. L., Am. J. Med., 1970,

Wolman M., Am. J. Med. Sci., 1950, 220, 133.


Wood P., Disease of the Heart and Circulation, 1968, 3 ed.,
Eyre & Spottiswoode, London.
ANGELO BRANZI

contenuto intracranico produce soltanto un lieve aumento della


pressione endocranica; successivamente l'aumento di quantit
sempre pi piccole del contenuto intracranico produce un au
mento sempre pi grande della pressione endocranica.
Nelle modalit di esplicazione di questo rapporto interven
gono molti fattori, come il volume della cavit cranica, le possi

bilit di espansione della scatola cranica (ad es. nei bambini),


l'elasticit della dura madre, la velocit di aumento del volume
intracranico, le reciproche proporzioni dei contenuti intracranici

IPERTENSIONE ENDOCRANICA

(cervello, liquido cerebrospinale e sangue) nonch le eventuali


erniazioni cerebrali che possono associarvisi (Miller e Adams).

F. hypertension intracranienne. - I. intracranial hyperten


sion. - T. endokraniale Hypertension; Hirndrucksteige

Ciascuno di questi fattori ha un ruolo particolare e diverso


nell'etiopatogenesi della sindrome di i. e.

rung. - s. hipertensin intracraneal.


SOMMARIO

L'ipotesi patogenetica enunciata da Monro-Kellie nel 1824


considerava soltanto un contenitore rigido, costituito dal cranio,
e un contenuto, rappresentato dal cervello e dal sangue, ambe

due incompressibili, per cui il volume del sangue cerebrale sa


Generalit (col. 199). - Etiologia (col. 202). - Sintomatologia
(col. 203). - Diagnosi (col. 204). - Trattamento (col. 205).

rebbe dovuto rimanere costante in tutte le circostanze. Successi

vamente, per, venne considerata anche la possibilit che in

presenza di un processo espansivo endocranico si potesse verifi


Generalit

L'aumento della pressione endocranica ha una sua pecu


liare e complessa semeiologia e non pu essere conside
rato soltanto come un particolare sintomo di una deter

care una riduzione del volume sanguigno e del volume del li


quido cerebrospinale e che tale riduzione potesse rappresentare,
almeno inizialmente, un meccanismo di compenso tale da preve
nire o almeno modificare l'aumento della pressione endocranica.
Soltanto quando queste capacit compensatorie sono esaurite
si avrebbe l'instaurazione di un'i. e. stabile e progressiva.

minata malattia, in quanto spesso comporta gravi compli

Questo concetto venne tradotto in termini clinici da Kocker,

cazioni che impongono urgenti misure terapeutiche. Per


ci appare logico e giustificato sviluppare e illustrare
come argomento a s stante la sindrome di ipertensione

che defin i seguenti quattro stadi della compressione cerebrale:


1 stadio o di compensazione, in cui non vi un'evidente mo
dificazione dello stato clinico del soggetto, nonostante la pre
senza di una massa espansiva, per il compenso dovuto alla ridu
zione degli altri contenuti endocranici;

endocranica (sindrome di i. e.).


Fin da quando Quincke, nel 1891, ha introdotto nella pratica
clinica la puntura lombare, la pressione del liquido cerebrospi

2 stadio, in cui il meccanismo di compenso non pi effi

spinali si trasmettono liberamente come in compartimenti comu


nicanti, contenenti fluidi o semifluidi. Differenze di pressione tra
i vari compartimenti dell'asse craniospinale possono verificarsi

ciente, con comparsa di cefalea e sonnolenza;


3 stadio, in cui l'ipertensione ormai stabilizzata e raggiunge
alti livelli, con depressione marcata del livello di coscienza, au
mento della pressione arteriosa sistemica, bradicardia e irrego
larit della respirazione;
4 stadio, o stadio preterminale, in cui si hanno stato di coma,
dilatazione notevole delle pupille e diminuzione della pressione

quando esiste un cono di pressione tentoriale o per erniazione

arteriosa sistemica.

nale a livello lombare stata considerata come misura della

pressione endocranica. Infatti in condizioni normali le variazioni

di pressione degli spazi subaracnoidei endocranici e di quelli

cerebellare o per un blocco spinale. Pertanto, al di fuori di que


199

Il rapido aumento della pressione arteriosa sistemica si verifi


200

IPERTENSIONE ENDOCRANICA

cherebbe quando la pressione endocranica tende ad uguagliare


quella arteriosa. Ci venne osservato sperimentalmente nei cani
da Cushing, che interpret questo dato come un meccanismo di
compenso messo in moto dall'ischemia bulbare, inteso a mante
nere un valido flusso sanguigno cerebrale.
Questa ipotesi venne messa in dubbio dopo la constatazione
che alcuni pazienti con segni clinici di grave compressione cere
brale presentavano una pressione liquorale lombare normale e
che altri presentavano un'elevazione della pressione arteriosa
sistemica anche con pressioni liquorali lombari poco elevate.
Questi fatti, apparentemente contraddittori, trovano spiega
zione considerando i disturbi provocati dalle erniazioni cerebrali
nei vari forami ossei e durali del cranio, che comprimendo di
rettamente il tronco cerebrale possono determinare alterazioni
vegetative gravissime, spesso mortali, e bloccando la circolazione
liquorale producono scompensi pressori nei vari compartimenti
dell'asse craniospinale. In particolare debbono essere conside
rate le erniazioni temporali, le erniazioni transtentoriali discen
denti e ascendenti, le erniazioni cerebellari (Castorina e Fran
cesconi).
Quanto sopra stato confermato dalle osservazioni speri
mentali di Langfitt e coll. (1964), che hanno dimostrato come
l'aumento della pressione endocranica, ottenuto con l'introdu
zione di una soluzione negli spazi subaracnoidei lombari, si
trasmette liberamente in tutto l'asse craniospinale. Al contrario
l'aumento della pressione endocranica ottenuto gonfiando un
pallone posto negli spazi subaracnoidei sopratentoriali determina
inizialmente un uguale aumento pressorio nella fossa cranica
posteriore, e in un secondo momento, una diminuzione della
pressione nella fossa cranica posteriore, conseguente al blocco
liquorale tra spazi subaracnoidei sopra- e sottotentoriali, dovuto
ad erniazione temporale. Pertanto in caso di processi espansivi
la misurazione della pressione endocranica deve essere effettuata
a livello degli spazi sopratentoriali o all'interno dei ventricoli
laterali.

Guillaume e Janny, nel 1951, hanno introdotto nella pratica


clinica la tecnica della manometria continua della pressione
endocranica, con registrazione grafica delle variazioni pressorie,
che permette uno studio dettagliato con notevole ausilio dia
gnostico e indubbi vantaggi terapeutici (cfr. Lundberg, 1960;
1972). La pressione liquorale ventricolare viene considerata
normale quando il suo valore in mmHg compreso tra 1 e 10;
lievemente aumentata, tra 11 e 20; moderatamente aumentata,
tra 21 e 40; fortemente aumentata, sopra i 40. Con la tecnica

Generalmente si ritiene che un aumento della pressione endo


cranica superiore ai 30 mmHg possa portare ad una diminuzione
del flusso sanguigno cerebrale.
In realt la pressione di perfusione cerebrale, cio la dif
ferenza tra pressione arteriosa sistemica e pressione endocranica,
che regola il flusso sanguigno cerebrale. Questo diminuisce rapi
damente quando la pressione di perfusione cerebrale scende
al di sotto di 40 mmHg. La pressione di perfusione cerebrale
in altre parole pu essere considerata come la differenza tra la

pressione sanguigna esistente nelle arterie che entrano nello spa


zio subaracnoideo e la pressione media delle vene cerebrali,
quando entrano nei seni durali, che equiparabile alla pressione
endocranica.

L'aumento della pressione arteriosa sistemica accompagnato


da bradicardia un tentativo di compenso tendente ad aumen

tare il flusso sanguigno cerebrale ed un indice clinico di un


avanzato e grave stato di compressione cerebrale.
Questo riflesso vasopressore sembra scatenato da ischemia e

ipossia bulbare, precisamente della met inferiore del pavimento


del 4 ventricolo, e di parte del midollo spinale ed mediato
dalle vie efferenti simpatiche, per cui bloccato da una simpati
cectomia, mentre accentuato dalla decerebrazione sperimen
tale.

Il riflesso bradicardico si origina sempre dalle stesse aree del

pavimento del 4 ventricolo, ma invece mediato dal nervo


vago, per cui pu essere bloccato da una vagotomia. Anche la
dilatazione delle arterie piali contribuisce a mantenere costante

il flusso sanguigno cerebrale. Per questo meccanismo di com


penso si esaurisce con l'aumento della pressione endocranica
finch, ad un certo momento, si ha paralisi vasomotoria cere
brale generalizzata.
In molti pazienti con sindrome di i. e. stata riscontrata una
bassa Po, arteriosa, conseguenza diretta di una vasocostrizione
polmonare o di un disturbo dei chemocettori respiratori cere
brali, situati nella parte ventrolaterale del bulbo, che porta a de
pressione respiratoria con diminuzione della Poe e aumento
della PCo.
L'iperpnea,generalmente osservabile in pazienti con sindrome
di i. e. iniziale, sarebbe dovuta ad un meccanismo di compenso
tendente a far ritornare a valori normali la Po, arteriosa. Un
rallentamento dell'attivit respiratoria, che pu andare dalla
bradipnea alle crisi apnoiche gravi e ripetute, di comune osser
vazione invece nelle fasi avanzate e negli stati preterminali di
una compressione cerebrale.

della manometria continua sono state osservate variazioni della

pressione ventricolare in rapporto alle pulsazioni e alla respira


zione, e oscillazioni ritmiche della pressione in soggetti con re
spiro periodico di Cheyne-Stokes. Variazioni ritmiche della
pressione ventricolare, che si traducono graficamente in onde, si
osservano in modo persistente per disfunzioni del tronco dell'en
cefalo o per disturbi della respirazione e della circolazione di
altra origine (onde di Traube-Hering-Mayer).

Nella sindrome di i. e. sono state osservate peculiari modifica


zioni pressorie, con l'aspetto grafico di onde in plateau, ca
ratterizzate da una brusca elevazione della pressione, che rag
giunge per qualche tempo valori molto elevati, per poi brusca
mente ritornare al livello originale o al di sotto di esso.
Nei casi pi evidenti la pressione ventricolare raggiunge i 60
160 mmHg per 5-20 min. Le onde in plateau si possono

presentare a vari intervalli di tempo, da alcune ore a pochi mi


nuti, e a volte assumono un andamento ritmico. Esse si osser
vano in casi di sindrome di i. e. di varia origine, quasi sempre

con papilla da stasi e con pressione endocranica tra i 20 e i 50


mmHg. Clinicamente noto da tempo che i segni ed i sintomi di
i. e. hanno la tendenza ad apparire acutamente, spesso sotto
forma di attacchi transitori, denominati attacchi carebellari, tonic

fits, crisi toniche posteriori, attacchi mesencefalici, etc., e ritenuti


dovuti a scariche epilettiche o ad ostruzione intermittente delle
vie di deflusso liquorale.
La registrazione manometrica continua della pressione ventri
colare ha dimostrato che questi attacchi acuti transitori sono ac
compagnati da un improvviso aumento della pressione endocra
nica, con le caratteristiche onde in plateau.

Lo studio dei rapporti tra flusso sanguigno cerebrale e pres


sione endocranica ha dimostrato che esiste una interdipendenza
tra queste due funzioni.
201

Etiologia
La sindrome di i. e. pu dipendere da svariate eventua
lit cos riassumibili:

1) aumento del volume del contenuto endocranico,


determinato da qualsivoglia processo espansivo in senso
lato, suscettibile di determinare una i. e. in ragione del

volume che esso occupa (v. anche: ENDoCRANICI TUMORI).


Il volume del processo espansivo uno degli elementi
determinanti in quanto vanno considerati come fattori di
primaria importanza anche: la rapidit dello sviluppo, che
pu impedire l'entrata in funzione dei meccanismi di

compenso; la sede, in rapporto alle vie di deflusso e di


riassorbimento liquorale; l'azione sulle vie circolatorie, in
particolare sul drenaggio venoso; nonch l'edema cere
brale, che si determina intorno al processo espansivo e a
distanza;

2) ostacolo al deflusso e al riassorbimento del liquido


cerebrospinale e, secondariamente, anche aumento della
secrezione liquorale;
3) ostacolo al drenaggio venoso del sangue cerebrale,

per compressione o per trombosi, in particolare quando


siano interessate le vie di deflusso pi grandi (seni della
dura madre) anche in sede extracerebrale (vene giugulari,
vena cava superiore);
4) edema cerebrale, causa importante e di estrema
gravit per la rapidit d'instaurazione e per l'estesa com
pressione cerebrale.
202

IPERTENSIONE ENDOCRANICA

L'edema, la stasi venosa e il blocco del deflusso liquo

rale possono associarsi e aggravarsi reciprocamente;


5) riduzione della capacit cranica; per fratture con
affondamento dei frammenti, per ematomi extradurali o
per malformazioni.

La craniostenosi (sutura precoce delle ossa del cranio),


concerne soltanto pochi casi di i. e. della prima infanzia.
Sintomatologia
La sintomatologia della sindrome di i. e. consegue diret
tamente

alle modificazioni della circolazione e

della

pressione liquorale e corrispondentemente della pressione


venosa cerebrale, che in equilibrio reciproco con quella

liquorale. Possono esservi anche effetti locali consistenti


in lesioni ischemiche del tessuto nervoso interessato, con

rarefazione cellulare, demielinizzazione, gliosi secondaria


e atrofia, come esito definitivo. L'ipertensione venosa in
tracerebrale ostacola il deflusso venoso della vena oftal

mica con stasi del nervo ottico e della retina (papilla da


stasi) (Kestenbaum).
Sebbene tutti i sintomi della sindrome di i. e. dipen
dano direttamente dall'aumento della pressione entro la
cavit cranica, in clinica si soliti fare distinzione fra
sintomi fondamentali e sintomi accessori. Sintomi fonda

mentali vengono considerati dalla maggioranza degli


AA.: la cefalea, il vomito, la papilla da stasi (triade sin
tomatologica classica) e i dati dell'esame radiografico del
cranio; accessori sarebbero, invece, quei sintomi la cui
comparsa non n obbligatoria, n patognomonica dell'i.
e. (ad es.: rallentamento della frequenza del polso e del
respiro, vertigini, accessi convulsivi).
Il quadro clinico dell'i. e., nella sua forma conclamata e tipica,
rappresentato dai seguenti sintomi.
1. Cefalea. Sintomo precoce e pressoch costante. La cefa
lea pi spesso intermittente, presentantesi specialmente nelle
ore mattutine, o anche continua; di intensit variabile, talora
sorda, talora violenta (i malati sentono che la testa scoppia),
con crisi di dolore acutissimo, intollerabile. La cefalea esacer

bata dai movimenti del capo, dagli sforzi, dalla tosse, dal pon
zare: insomma da tutte quelle condizioni che determinano un
aumento della pressione venosa, e, conseguentemente, della
tensione intracranica. Di regola si attenua con il riposo. La ce
falea pu essere diffusa, o localizzata a una data regione, o va
riabile di sede. Spesso la sede della cefalea non ha valore loca
lizzatorio della causa determinante.
La cefalea sarebbe dovuta alla distensione della dura madre

ed allo stiramento dei vasi sanguigni, principalmente dei seni


venosi.

2. Vomito. Si osserva in pi della met dei casi; si presenta


indipendentemente dai pasti, esplosivo abitualmente (ma
non sempre), non preceduto da nausea, si verifica pi spesso al
mattino a digiuno. Possono presentarsi, al suo posto, semplice
nausea, o singhiozzo.
Il vomito messo in rapporto con la compressione o distor
sione delle strutture bulbari, pi che con il grado della i. e. Un
vomito di questo tipo, infatti, spesso osservabile in tumori del
4 ventricolo, anche in assenza di i. e.

3. Disturbi psichici. Non presentano caratteri di specificit,


essendo espressione di una sofferenza cerebrale diffusa. Nei casi
conclamati si ha frequente apatia, mancanza di iniziativa e
spontaneit, lenta reazione agli stimoli, difficolt alla elabora
zione del pensiero, sino ad un vero e proprio torpore.
Nelle forme pi gravi pu aversi uno stato di confusione
mentale pi o meno pronunciato, che evolve verso uno stato
stuporoso fino al coma.
4. Papilla da stasi. Si indica con questa denominazione un
edema passivo della papilla senza alterazioni infiammatorie pri
marie. All'esame oftalmoscopico la papilla appare pi rossa del
normale e i suoi margini sono indistinti (meno nel margine tem
porale, secondo Paton). Manca la normale pulsazione venosa e
le vene appaiono dilatate e tortuose, mentre il calibro delle ar
203

terie rimane inalterato, o leggermente ridotto. La papilla pi


o meno sopraelevata: tale sporgenza pu essere misurata in
diottrie (3 diottrie corrispondono a ca. 1 mm). In genere la so
praelevazione varia da 2 diottrie in su, fino a 6-8 diottrie. Ma
una stasi iniziale pu essere inferiore a 2 diottrie, e pertanto,

dopo un rilievo del genere, sar necessario tenere il paziente in


osservazione. La papilla da stasi appare finemente striata, in
contrasto con l'aspetto uniforme della papilla normale, e ci in
dipendenza dell'infiltrazione edematosa che dissocia gli elementi
del tessuto. Nella papilla da stasi sono molto frequenti le emor
ragie, situate nella papilla o ai margini di questa. In uno stadio
ulteriore, dopo parecchi mesi, l'edema si riassorbe e sopravviene
l'atrofia secondaria.

La stasi papillare spesso attenuata od anche assente nei sog


getti anziani al di sopra dei 60 anni. L'acuit visiva pu rima
nere normale per molto tempo, anche in casi con gravi altera
zioni papillari. Spesso si notano soltanto degli obnubilamenti vi
sivi bilaterali, talvolta in rapporto con i cambiamenti di posi
zione del capo. La stasi papillare pu essere asimmetrica ed an
che unilaterale, specie nei tumori della faccia inferiore dei lobi
frontali. Talvolta si osserva una sindrome di Foster-Kennedy
(coroidite perimaculare con neurite ottica retrobulbare, atrofia
ottica, amaurosi omolaterale e papilla da stasi controlaterale).
5. Altri segni della sindrome di i. e. sono: le crisi vertiginose,
riscontrate meno frequentemente ed attribuite alla stasi labirin
tica; le sensazioni di instabilit del corpo nei mutamenti di posi
zione; le crisi convulsive generalizzate; la paralisi uni- o bilate
rale del VI paio.
La bradicardia e l'aumento della pressione arteriosa sistemica, i
cui meccanismi patogenetici sono stati illustrati in precedenza,
non sono segni costanti, in quanto possono essere assenti anche
in casi con i. e. superiore ai 75 mmHg, e sono da mettere in
rapporto pi alla compressione bulbare che al grado della i. e.

Diagnosi
Il sospetto clinico di sindrome di i. e. dovrebbe essere
confermato dalla misurazione manometrica. La puntura
lombare pu fornire dati precisi solo se i vari comparti
menti dell'asse craniospinale sono liberamente comuni
canti tra loro, ma essa assolutamente controindicata

ogni qualvolta esista la possibilit di un'erniazione tem


porale o cerebellare. La misurazione della pressione en
docranica sopratentoriale, eseguita con le tecniche di ma
nometria continua prima descritte, fornisce valori precisi
e consente, con la registrazione grafica, uno studio detta
gliato, utile ai fini della diagnosi e del trattamento.
Segni radiologici di ipertensione endocranica. Altera
zione delle radiografie dirette del cranio riferibili ad au
mento della pressione endocranica sono visibili nella
maggior parte dei pazienti con tumore e sono frequente
mente riscontrabili anche in soggetti con i. e. non tumo
rale, purch le radiografie siano perfettamente eseguite
ed esaminate ponendo particolare attenzione ai minimi
dettagli. Queste alterazioni possono essere generalizzate,
a carico di tutto il cranio, o limitate prevalentemente o
solamente ad alcune ossa craniche. Perch esse si deter

minino occorre un certo periodo di tempo. Secondo


Dyke (1949) necessario un periodo di 3-4 mesi di i. e.
perch si instaurino alterazioni radiologicamente apprez
zabili, ma in alcuni casi sono state osservate alterazioni

della sella turcica soltanto dopo un mese. In caso di i. e.


di grado elevato si possono osservare alterazioni radiolo
giche anche dopo 4-10 settimane.
Nei bambini la diastasi delle suture un segno precoce
di i. e., osservabile anche dopo pochi giorni.
Le alterazioni radiologiche da i. e. possono riassumersi
in: a) presenza delle impronte digitate; b) alterazioni
della sella turcica; c) diastasi delle suture; d) accentua
zione del circolo diploico. I predetti segni, tuttavia, pos
sono essere espressione di un'ipertensione, sia in atto che
pregressa. Poco valore si pu attribuire alla presenza
204

IPERTENSIONE ENDOCRANICA

delle impronte digitate, di incerta patogenesi. La diastasi


delle suture riscontrabile solo in soggetti giovani, fino ai
16 anni, per la non ancora avvenuta saldatura delle su
ture. L'accentuazione del circolo diploico si osserva an
che indipendentemente dall'ipertensione endocranica.
Il maggior valore diagnostico va attribuito alle altera
zioni sellari, che consistono in: atrofia delle apofisi clinoi
dee posteriori e del dorsum sellae; decalcificazione,

atrofia o discontinuit del pavimento sellare; allarga


mento della sella turcica, dovuto alla pressione esercitata
sul diaframma sellare; atrofia del tuberculum sellae e

delle apofisi clinoidee anteriori, osservabile anche per


erosioni focali da lesioni localizzate. Tutte queste altera
zioni sono in genere facilmente differenziabili da quelle
dovute a tumori endosellari. In casi con i. e. di grado
elevato e di lunga durata si possono osservare atrofia
diffusa della volta cranica o alterazioni locali consistenti

in erosione e atrofia delle piccole e grandi ali dello sfe


noide, del piano orbitale, della lamina cribriforme del
l'etmoide e della squama dell'osso frontale; decalcifica
zione delle piramidi temporali; allargamento della fossa
cranica posteriore con alterazioni dell'osso occipitale, pi
frequenti nei tumori della fossa posteriore (Taveras e
Wood).
Per poter precisare la sede, la grandezza e la natura di
un processo espansivo causante una sindrome di i. e.
quasi sempre necessario ricorrere a particolari accerta
menti diagnostici (tomografia assiale computerizzata [v.],
angiografia e scintigrafia cerebrali, pneumoencefalografia
e ventricolografia, ecografia). Una sindrome di i. e. si pu
osservare anche per edema consecutivo a traumi cranio
encefalici, per emorragie cerebrali, per trombosi dei seni

venosi durali, in corso di meningiti acute e anche, pi


raramente, in corso di broncopneumopatie con cuore
polmonare cronico.
Nei bambini l'idrocefalo ipertensivo, consecutivo a
processi infiammatori o malformativi, causa frequente
di una sindrome di i. e. (Guthkeleh) (v. IDRoCEFALo). Le

sindromi di i. e. ad evoluzione acuta si presentano gene


ralmente con alterazioni marcate dello stato di coscienza,
che possono aggravarsi fino al coma, e con manifestazioni
vegetative (febbre, ipertensione arteriosa, bradicardia,
alterazioni respiratorie fino al respiro di Cheyne-Stokes).
Le alterazioni respiratorie, quasi sempre aggravate dal
l'ingombro bronchiale, contribuiscono ad aggravare la
ipossia cerebrale e l'edema, creando un circolo vizioso
che richiede un intervento terapeutico d'urgenza.
Le forme complicate da una erniazione temporale
pongono problemi di urgenza neurochirurgica e vanno
sospettate per la compromissione dello stato di coscienza,
per la rigidit nucale e per la comparsa, dal lato del cono
di pressione, formato dalle circonvoluzioni temporali er
niate nella fessura di Bichat, di midriasi, ptosi e di una
sindrome piramidale. L'erniazione delle amigdale cere
bellari nel foro occipitale, comprimendo il bulbo, deter
mina vomito, rigidit nucale e alterazioni vegetative
gravi, che impongono l'intervento di urgenza del neuro
chirurgo.
Trattamento

Il problema di maggior importanza pratica, in presenza di


una sindrome di i. e., quello di cercare di riconoscere
se questa sia espressione o meno di un tumore endocra
nico e quindi di stabilire l'opportunit e l'urgenza di un
intervento operatorio.
Cionondimeno il trattamento sintomatico sempre im
portante e in alcuni casi riveste carattere di urgenza.
Prima di instaurare una terapia specifica dell'i. e. ne
205

cessario considerare lo stato generale del paziente e assi


curarsi che sussistano le condizioni essenziali per un ade
guato metabolismo cerebrale, cio che vi siano un suffi
ciente apporto di ossigeno e di glicoso e un adeguato li
vello della pressione arteriosa sistemica. Perci bisogner
sempre controllare la perviet delle vie aeree e le condi
zioni polmonari e si dovr ricorrere alla respirazione
controllata ogni qualvolta la funzione respiratoria sia
compromessa. Il trattamento specifico va instaurato
quando la sindrome di i. e. la causa principale della
sintomatologia neurologica; quando, in casi di lesioni
espansive a rapida evoluzione, si vogliano migliorare le
condizioni del paziente prima dell'intervento chirurgico o
quando ci si renda necessario nel corso dell'intervento
operatorio stesso; quando c' una i. e. cronica non di
pendente da affezioni chirurgiche o quando si nell'im
possibilit di effettuare un intervento operatorio.
I vari metodi di trattamento della sindrome di i. e. si

basano tutti sul presupposto di aumentare il volume en


docranico utile o aumentando il volume effettivo della
cavit cranica o riducendo il volume di uno dei costi
tuenti normali del contenuto endocranico o rimuovendo

il processo espansivo endocranico o una parte non essen


ziale del cervello.

La decompressione cerebrale con rimozione di una


parte dello scheletro (generalmente decompressione tem
porale) produce un aumento effettivo della cavit cra
nica. Una decompressione interna pu essere effet
tuata rimuovendo parte del tumore o asportando una
parte non essenziale di cervello (generalmente parte dei
lobi temporali o frontali).
La riduzione del liquido cerebrospinale pu essere ef
fettuata con la puntura lombare, se c' una libera comu
nicazione tra i vari compartimenti dell'asse craniospinale.
La puntura ventricolare presenta meno rischi, ma spesso
possono esservi difficolt (ventricoli laterali piccoli) e
complicazioni (accentuazione di uno spostamento cere
brale). In alcuni casi utile effettuare un drenaggio li
quorale continuo con catetere immesso in un ventricolo
laterale o negli spazi subaracnoidei sopratentoriali. Que
sta tecnica pu essere usata solo per periodi di tempo li
mitati, a causa della possibilit di infezioni, e sempre con
controllo manometrico continuo della pressione endocra
nica. Un trattamento di pi lunga durata pu essere ef
fettuato, in pazienti con dilatazione ventricolare, con ca
teteri che collegano il ventricolo laterale all'atrio destro o
con la cavit peritoneale.
La riduzione del liquido cerebrale pu essere effettuata
con l'introduzione di soluzioni ipertoniche che, aumen
tando la pressione osmotica intravascolare, richiamano
acqua dal cervello. Perch la terapia con soluzioni iper
toniche endovena abbia effetto necessaria l'integrit
della barriera ematoencefalica, nonch un adeguato flusso
sanguigno cerebrale. Gli effetti di una rapida introdu
zione endovena di soluzioni ipertoniche s'iniziano dopo 5
min ca., ma la loro durata varia notevolmente in rap
porto alla permanenza di queste sostanze nel circolo e al
modo con cui si diffondono nel cervello, cio finch viene

mantenuto un gradiente osmotico efficiente tra sangue e


cervello, ed in dipendenza anche dello stato del rap

porto volume pressione endocranica in quel momento.


Bisogna tener presente che l'aumento della massa san
guigna circolante prodotto dall'introduzione endovenosa
delle soluzioni ipertoniche determina un aumento della
pressione arteriosa sistemica che pu portare ad un au
mento del volume sanguigno cerebrale, specie quando i
meccanismi di autoregolazione sono compromessi.
Questo si verifica nei casi di grave sindrome di i. e. in
206

IPERTENSIONE ENDOCRANICA

cui si pu avere addirittura un effetto paradosso, con


aumento della pressione endocranica. Al termine di una
terapia con soluzioni ipertoniche si ha di nuovo un au
mento della pressione endocranica, talvolta superiore ai
livelli di partenza. Questo effetto di rimbalzo, dovuto
a molti fattori (vasodilatazione, aumento del liquido ce
rebrospinale, etc.) rende spesso discutibile l'uso di questa
terapia.
Il mannitolo, che ora ha rimpiazzato le soluzioni di
urea, ha il vantaggio di essere metabolicamente inerte, di
rimanere extracellulare per un pi lungo periodo di
tempo e di dare un effetto di rimbalzo meno marcato.
Esso va somministrato a piccole dosi ogni 4-6 h.
Il glicerolo, anche se meno efficace, pu essere usato
per via orale per lunghi periodi di tempo, senza che de
termini disturbi dell'equilibrio idrico ed elettrolitico, an
che in associazione con altre soluzioni ipertoniche usate
per via endovenosa. Il glicerolo pu essere usato anche
per via endovenosa, specialmente negli edemi cerebrali

conseguenti a rammollimenti cerebrali (Meyer e coll.;


Mathew e coll.).
La terapia con preparati cortisonici trova maggiori ap
plicazioni negli edemi peritumorali e da rammollimenti
cerebrali, nonch negli edemi postraumatici. Questa tera
pia produce effetti positivi probabilmente agendo sugli
interscambi a livello dei capillari e interferendo anche
nella produzione del liquido cerebrospinale. I pericoli di
una terapia cortisonica ad alto dosaggio non devono es
sere sottovalutati, per cui, se non c' miglioramento cli
nico dopo 24 h, il trattamento deve essere sospeso.
I diuretici in genere hanno scarsa efficacia sulla pres

nett B., Scientific Foundations of Neurology, 1972, Heine


mann, London, p. 308.
Taveras J. M., Wood E. H., Diagnostic Neuroradiology, 1964,
Williams & Wilkins, Baltimore.
GIUSEPPE FRANCESCONI E ROMEO VIRGILI

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

F. hypertension nphrovasculaire. - I. renovascular hyper


tension. - T. maligne Hypertension bei vasogener Niereni
schmie. - s. hipertensin de Goldblatt.
SOMMARIO

Definizione (col. 208). - Frequenza (col. 208). - Etiologia (col.

208). - Patogenesi (col. 209). - Anatomia patologica (col. 210).


- Sintomatologia e diagnosi (col. 211): Accertamento dell'esi

stenza della stenosi. - Accertamento della efficacia emodinamica


della stenosi. - Accertamento dei criteri di operabilit. - Terapia
(col. 217). - Prognosi (col. 220).

Definizione

S'intende per ipertensione nefrovascolare l'ipertensione


arteriosa secondaria ad ischemia del rene o di una por
zione di esso, causata da alterazioni dell'arteria renale o

dei suoi rami principali.


Frequenza
L'i. n. senza dubbio una delle pi frequenti cause
d'ipertensione arteriosa secondaria anche se la sua vera
incidenza non accertata.

Gli studi epidemiologici dimostrano che nei paesi in

nica che si ottiene non molto marcata e si ha soltanto

dustrializzati ca. il 10-15% della popolazione affetta da


ipertensione arteriosa; l'85% di questi pazienti viene
considerato affetto da ipertensione arteriosa essenziale; il
5-8% degli ipertesi risulta invece affetto da i. n. (Ro
senthal e Franz).
Un'indagine policentrica effettuata negli U.S.A. su
2442 pazienti con ipertensione diastolica studiati in ma
niera completa (arteriografia inclusa) ha consentito di in

quando le funzioni cerebrovascolari non sono compro

dividuare 880 casi di i. n. (ca. il 35%) (Maxwell e Va

sione endocranica, mentre hanno notevoli effetti sul bi

lancio elettrolitico: per ci trovano scarsa applicazione


nella terapia della sindrome di i. e.
La riduzione del volume sanguigno cerebrale pu es
sere ottenuta producendo una vasocostrizione cerebrale
con l'iperventilazione o con la somministrazione di ossi
geno iperbarico, ma la riduzione della pressione endocra
-

ICSSC.

Anche l'ipotermia, diminuendo la Pco, arteriosa, pro


duce una diminuzione del flusso sanguigno cerebrale e
quindi il volume sanguigno con abbassamento della pres
sione endocranica.

Comunque, queste varie metodiche non rappresentano

che un aspetto del trattamento di un paziente con sin

rady).
Dei 214 pazienti affetti da i. n. studiati da Hunt e

Strong 125 (ca. il 58%) erano di sesso femminile e 89


(ca. il 42%) di sesso maschile; l'et dei soggetti colpiti
era compresa tra 6 e 73 anni.
Nei pazienti in et pediatrica l'i. n. figura tra le cause

frequenti d'ipertensione arteriosa (Giovannelli).

drome di i. e. e devono essere considerate come un com

plemento in vista di un trattamento etiologico.


Bibliografia
G., Francesconi G., Lav. Neuropsichiatr., 1957, 20,

cana

Contamin F., Sabouraud O., Elments de neurologie, 1968,

Etiologia
Le cause della i. n. sono rappresentate dalle numerose
condizioni che direttamente o indirettamente possono
provocare l'ischemia del rene o di una porzione di esso.

opportuno distinguere cause intrinseche rispetto al


l'albero vascolare e cause estrinseche.

Flammarion, Paris.

Guillaume J., Janny P., Rev. Neurol., 1951, 84, 131.


Guthkelch A. N., High Pressure Hydrocephalus, in Critchley

MacD., C'Leary J.L., Jennett B., Scientific Foundations of


Neurology, 1972, Heinemann, London, p. 296.
Kestenbaum A., Clinical Methods of Neuro-Ophthalmologic
Examination, 1961, Grune & Stratton, New York.

Le cause intrinseche sono rappresentate anzitutto dalle


stenosi arteriose dovute ad aterosclerosi o a displasie: pi
frequente la prima in assoluto e nei pazienti adulti di
sesso maschile; notevolmente pi frequente la seconda
nelle donne e nei bambini. Nella casistica di Stefanini et

Langfitt T. W., Weinstein J. D. et al., J. Neurosurg., 1964, 21,


989.

T. W., Weinstein J. D. et al., J. Neurosurg., 1964, 21,

al. l'aterosclerosi era in causa nel 73% dei pazienti e


l'iperplasia fibromuscolare nel 19%. Molto pi rare sono
le i. n. sostenute da aneurismi, fistole arterovenose, arte

Lungberg N., Acta Psychiatr. Neurol. Scand, 1960, suppl. 149.


Lundberg N.,
he Intracranial Pressure, in Critch
ley MacD., O'Leary J. L., Jennett B., Scientific Foundations
y, 1972, Heinemann, London, p. 356.
Mathew N. T., Rivera V. M. et al., Lancet,

Dec. 23.

Meyer J. S., Scharney J. Z. et al., Lancet, 1971, Nov. 6.


Miller D., Adams H., Physiology and Management of Increased
Intracranial Pressure, in Critchley MacD., O'Leary J. L., Jen
207

riti di vario tipo (poliarterite nodosa, malattia di Taka


yashu, etc.), embolia (Mahomey e Waisman).
Le cause estrinseche sono tutte assai rare; talune, poi,
sono ancora oggetto di discussione. Vanno ricordate le
compressioni estrinseche sulle arterie renali, da ematoma

perirenale, da perinefrite, da cisti e da tumori. Tra questi


208

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

ultimi di particolare interesse il feocromocitoma, che


potrebbe essere causa di i. n. anche con meccanismi dif
ferenti dalla semplice compressione dall'esterno (Bene
detti Valentini et al.).

rulare con aumento del riassorbimento tubulare del so

Discussa la possibilit che una ptosi renale possa es

dio. Queste modificazioni, che in fase iniziale coesistono,

sere causa di i. n. attraverso l'azione facilitante che i ri

possono evolvere successivamente in modo diverso a se


conda delle condizioni del rene controlaterale rispetto a
quello che presenta la stenosi arteriosa. Se, infatti, il rene
controlaterale sano, esso capace di eliminare l'eccesso
di sodio; in tal caso l'ipertensione sar sostenuta dal

petuti stiramenti sull'arteria renale avrebbero nel pro


vocare un'iperplasia fibromuscolare dell'intima. Per la
genesi di questa sono stati invocati anche un difetto con

genito della parete arteriosa, l'intervento di meccanismi


autoimmuni e il trauma (Dornfeld e Kaufman). Anche
un eccesso di estrogeni, e in particolare l'uso dei contrac

cettivi orali, potrebbe svolgere un ruolo nella genesi di


queste displasie (Delin et al., Watt).
Limitatamente alla casistica pediatrica viene da taluni
accettata la possibilit di i. n. da ostruzione ureterale o
da malattia cistica del rene (Broyer).
Patogenesi

LARE APPARATo) e attivazione del sistema angiotensinico.


Inoltre la riduzione del flusso renale e della pressione di
perfusione induce una riduzione della filtrazione glome

meccanismo reninico e si tratter, in altri termini, di

un'ipertensione da vasocostrizione reninodipendente


(fig. 1).
Se invece il rene controlaterale assente, o se, in rap
porto con gli effetti dell'elevata pressione arteriosa cui
stato esposto (o per altre cause), danneggiato in modo
tale da aver perduto la capacit di eliminare un'aumen
tata quantit di sodio, l'ipertensione risulta prevalente

mente volume-dipendente (Brunner e Gavras).

Le modificazioni del lume dell'arteria renale provocate


dalle alterazioni che abbiamo ricordate provocano ische
mia renale con conseguente aumentata liberazione di re
nina dall'apparato iuxtaglomerulare (v. IUxTAGLoMERU

Cos, mentre il rene colpito dalla stenosi arteriosa d


l'avvio alla malattia, il rene controlaterale ne condiziona
le caratteristiche, il decorso e, come vedremo, anche le

possibilit di trattamento.
Anatomia patologica

opportuno distinguere le lesioni che colpiscono le arterie da


quelle che interessano il rene.
Per ci che riguarda le lesioni dell'arteria renale meritano un
cenno in questa sede quelle di natura displasica, mentre si rinvia
alle singole voci per ci che concerne le alterazioni di diverso
tipo.
Le displasie dell'arteria renale prediligono i bambini e le gio
vani donne. A seconda della tunica della parete arteriosa primi
tivamente interessata dal processo si distinguono i seguenti tipi

(5)
secrezione di

pressione

enna

di displasia dell'arteria renale (Heptinstall):

aterosa

1) tipo intimale:
a) fibroplasia intimale primaria;

b) fibroplasia intimale secondaria;

Go (2
stunnolazione dei
pressione

pressione barocettori
d

ni

vpertusone

perfusione

(a)
-

strnolatore
della

(3)v

cua

2) tipo mediale:
a) iperplasia mediale;
b) fibroplasia mediale con aneurisma;
c) fibroplasia perimediale;
d) dissecazione mediale:
a) isolata;
3) con fibroplasia intimale;
3) tipo avventiziale:

fibroplasia periarteriosa.

(9)escrezione
Nla urinaria

escretone

(o)

Na urinaria

Nelle diverse forme di fibroplasia e di iperplasia si osservano


in variabile associazione tre aspetti: la discontinuazione della
membrana elastica interna, la deposizione di ammassi di colla
gene e l'iperplasia muscolare con conseguente riduzione del
lume arterioso; nella dissecazione mediale la riduzione del lume
arterioso causata dalla organizzazione o dalla trasformazione
angiomatoide di un ematoma costituitosi per l'infiltrazione del
sangue nella tunica media a causa di un difetto della membrana
elastica interna (Haferkamp).
La variet di pi frequente osservazione l'iperplasia della
media con aneurisma (Heptinstall) schematicamente illustrata
nella fig. 2.
Le alterazioni a carico del rene (Heptinstall) consistono anzi
tutto in una riduzione delle dimensioni dell'organo la cui super

ficie sottocapsulare resta per lo pi liscia nei soggetti giovani,


()
ourne LEC
nonnale

Fig. 1. Fisiopatologia dell'i. n. secondo il modello two kidneys di


Goldblatt. (TRNa= riassorbimento tubulare del sodio; LEC
= liquidi extracellulari). (Da McDonald K. M.).

mentre diviene finemente granulosa negli anziani. Talora, in


rapporto con stenosi che interessano uno dei rami principali di
suddivisione dell'arteria renale, le alterazioni renali hanno ca
rattere segmentario.
All'esame microscopico si osservano atrofia tubulare e iper
plasia dell'apparato iuxtaglomerulare; le piccole arterie e le ar
teriole presentano gravi alterazioni fino alla necrosi fibrinoide
solo nel rene controlaterale alla stenosi o nelle parti del rene
che sono irrorate da arterie principali non stenotiche: la stenosi
protegge il rene dalle pi gravi alterazioni vascolari intrare
nali.

209

210

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

dell'arteria renale eventualmente presente, possibile


soltanto affermare che (Franklin e Maxwell): 1) i pa

intirna

L membrana elastica interna

zienti con lesioni aterosclerotiche hanno un'et media di

50 anni, pressione sistolica pi alta e maggior frequenza

media

avventizia -

membrana elastica esterna

di lesioni vascolari extrarenali; 2) i pazienti con lesioni


membrana elastica interna

media con grosse masse


fibrocollagene

intinna

displasiche dell'arteria renale hanno un'et media di 35


anni e sono pi spesso di sesso femminile.

avventizia

dunque evidente che la diagnosi di i. n. non pu che


scaturire da un appropriato studio del paziente iperteso.
Ma anche una semplice analisi dei costi (McNeil et al.)
dimostra come sarebbe impossibile uno studio completo
perdite di sostanza della media e della membrana elastica
interna responsabili della formazione di aneurismi

di tutti gli ipertesi. Riteniamo pertanto che: 1) sia ne


cessario studiare tutti gli ipertesi diastolici di et inferiore
ai 40 anni e quelli in et tra i 40 e i 60 anni in cui
l'ipertensione sia insorta da non pi di 5 anni (cfr. Fio
rani e Spartera); 2) lo studio sia in linea generale inutile
quando esistano gi in partenza condizioni che controin
dicherebbero un trattamento chirurgico; 3) lo studio

vada condotto secondo una precisa e logica sequenza di


visa nelle tre tappe che ora saranno illustrate, passando
alla fase successiva solo quando quella precedente abbia
fornito elementi positivi.
Accertamento dell'esistenza della stenosi

Solo l'esame arteriografico pu fornire la dimostrazione


dell'esistenza di una stenosi. Tuttavia, considerate le li

mitazioni che esistono nella pratica all'effettuazione degli


esami arteriografici, prassi consolidata quella d'iniziare
lo studio dell'iperteso, anche nell'ipotesi di una i. n., con
l'esame urografico.
Gi all'esame diretto, che deve sempre precedere la

urografia, possibile apprezzare un primo segno cardi


nale della i. n.: il rene la cui arteria stenotica presenta

dimensioni ridotte rispetto a quello controlaterale.


Con l'iniezione del mezzo di contrasto iodato si pu
Fig. 2. Rappresentazione schematica della fibroplasia della
media con aneurismi. In alto: arteria renale normale. Al centro:

fibroplasia della media. In basso: la stenosi protegge il rene de


stro (D) dalle pi gravi alterazioni vascolari intrarenali che in
teressano quello sinistro (S). (Da Haferkamp).

osservare: 1) ritardo dell'opacizzazione delle cavit


escretrici del lato colpito, quando si effettuino i radio
grammi a distanza di 2, 3 e 5 min dall'iniezione endove
nosa del contrasto (urografia minutata o a rapida se
quenza); 2) ridotte dimensioni del rene affetto con una
differenza in meno del diametro polare che viene consi

Sintomatologia e diagnosi
Salvo i rari casi ad inizio brusco, l'i. n. si presenta come
una comune ipertensione arteriosa diastolica, senza che,
nell'enorme maggioranza dei casi, vi sia alcun segno o
sintomo che ne consenta la distinzione dall'ipertensione

derata significativa quando sia di almeno 1,5 cm per il

arteriosa essenziale.

Nell'anamnesi pu essere valorizzata l'insorgenza del


l'ipertensione arteriosa subito dopo una gravidanza, dato
che questa coincidenza cronologica si osserva non di
rado, e probabilmente non casualmente (Fiorani et al.,
1975), nelle i. n. da displasia dell'arteria renale.
All'esame obiettivo abbastanza caratteristico il re

perto di soffio in sede paraombelicale o alla regione del


fianco. Tuttavia questo reperto, oltre ad essere raro, non
neppure specifico, potendosi osservare nei pazienti con
ipertensione arteriosa essenziale o anche in rapporto a
condizioni diverse, come stato in un caso personale, in
cui mancava la stenosi dell'arteria renale ma era presente

un'angolatura dell'arteria stessa in rapporto con una co


spicua scoliosi della colonna vertebrale (Cagli, 1976).
Dobbiamo aggiungere che il soffio 'addominale non ha
neppure un sicuro valore per stabilire il lato affetto: cos
in un paziente, con stenosi dell'arteria renale destra, os
servato da chi scrive, il soffio era udibile in zona pa
raombelicale sinistra.

Fig. 3. Quadro urografico in un paziente con stenosi dell'arteria

renale destra. Si noti la maggiore concentrazione del mezzo di


contrasto nelle cavit escretrici del rene destro rispetto a quello

Quanto poi alla possibilit di poter sospettare su base


puramente clinica il tipo di alterazione causa della stenosi
211

SiniStrO.

212

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

Fig. 4. Quadro aortografico in un paziente con stenosi dell'arte


ria renale destra da aterosclerosi (stesso caso della fig. 3).

rene sinistro e di almeno 2 cm per il rene destro; 3) iper


concentrazione tardiva del lato colpito (fig. 3).

Uno o pi di questi segni radiologici sono presenti se

Fig. 5. Quadro aortografico in una paziente con stenosi del


l'arteria renale destra da iperplasia fibromuscolare.

condo Bookstein e Walter nell'83% delle i. n.; mentre i

falsi positivi inciderebbero per il 10% dei casi.


Lo studio matematico del valore predittivo dell'uro

grafia porta a concludere che in presenza di uno o pi di


questi segni urografici vi il 30% di probabilit a favore
di una i. n., mentre in assenza di tali segni vi il 99% di

probabilit che non sia presente una i. n. (Bookstein e


Walter).

Il renogramma radioisotopico con Hippuran-*I, al


meno ad una valutazione visiva, raggiunge tra falsi posi

tivi e falsi negativi un errore del 48,4% (Franklin e


Maxwell).
Tuttavia la predittivit di questa indagine molto
maggiore (84%) se il renogramma viene valutato me

diante un particolare indice di asimmetria funzionale


(Maxwell e Varady).

Se l'esame urografico e/o quello renografico hanno


fornito elementi significativi in linea generale consiglia
bile procedere alla arteriografia.
Questa indagine praticamente esente da falsi negativi
e da falsi positivi, ma gravata da una percentuale di in
cidenti dell'1,2%, e di letalit dello 0,11% (Maxwell e
Varady).

L'aortografia retrograda transfemorale considerata la


tecnica di scelta; essa deve di regola costituire il primo
passo dell'esame arteriografico allo scopo di evidenziare
l'origine e il decorso delle arterie renali e di eventuali
circoli collaterali ed anche di mettere in guardia l'opera
tore sulla eventuale presenza di gravi alterazioni arterio
sclerotiche dell'ostio delle arterie che potrebbero rendere
pericolosa la successiva arteriografia renale selettiva.
Con l'esame arteriografico possibile accertare, oltre
alla presenza di una stenosi dell'arteria renale, anche la
sua natura. Processi di tipo aterosclerotico (fig. 4) sono
alla base del 63% delle stenosi osservate angiografica
mente, mentre nel 32% dei casi si osserva una iperplasia

fibromuscolare (fig. 5) spesso accompagnata da aneuri

Fig. 6. Arteriografia renale selettiva sinistra in fase tardiva in


una paziente con

fibromuscolare dell'arteria renale.


a il
l'iniziale dissecazione della parete ell'ar

Sono evidenti la dilatazione aneurismatica dove rista


mezzo di contrasto e
teria.

sma (fig. 6); nel restante 5% dei casi si incontrano altre


cause (Bookstein e Walter).
213

214

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

TAB, I. CRITERI PER LA DIAGNOSI DI RENE ISCHIE


MICO IN BASE ALL'ESAME DELLA FUNZIONE SEPA
RATA DEI RENI

Parametro

Rapporto ischemico
rene in
denne/rene

Volume urinario
Concentrazione di sodio nelle urine

almeno 3/1

Concentrazione di creatinina nelle urine

almeno 1,15/1
almeno 1/1,5

Concentrazione del PAI nelle urine

almeno 1/2

dal rene colpito un aumento sia di sostanze endogene


come la creatinina, sia di sostanze esogene come l'ac.
p-aminoippurico (PAI) (tab. I).
Recentemente Schaeffer e Stamey sono giunti alla con
clusione che lo studio della funzione renale separata,
quantunque offra le massime garanzie per porre un'esatta

diagnosi di rene ischemico, a causa delle complicazioni


legate al cateterismo bilaterale degli ureteri, dovrebbe
trovare applicazione solo quando i criteri di studio del
l'attivit reninica abbiano lasciato adito a dubbi.

In altri termini, l'esame fondamentale per la diagnosi

di rene ischemico consiste oggi nello studio dell'attivit


reninica.

La determinazione dell'attivit reninica plasmatica nel


circolo periferico non viene attualmente ritenuta un test
valido (Rosenthal et al.), mentre un certo interesse sem
bra rivestire la valutazione indiretta dell'attivazione an

giotensinica, mediante l'impiego di un'antagonista del

l'angiotensina II, la saralasina (Streeten et al.).


Fig. 7. Quadro aortografico in una paziente con iperplasia
fibromuscolare delle arterie renali destra e sinistra. La pressione
arteriosa era sempre ai limiti superiori della norma (stesso caso
della fig. 6).

Il procedimento che riscuote il massimo di consensi


quello fondato sul cateterismo bilaterale delle vene renali
per ottenere campioni di sangue separati provenienti dal
rene stenotico e dal rene indenne e procedere su questi
alla determinazione dell'attivit reninica.

ben noto, tuttavia, che la stenosi dell'arteria renale


pu esistere in pazienti con pressione arteriosa normale o
comunque tale da non dover richiedere di per s alcun
trattamento (fig. 7). Sorge perci il problema di eventuali
criteri angiografici capaci di differenziare le stenosi emo
dinamicamente efficaci da quelle inefficaci. I criteri ac
cettati in tal senso sono i seguenti (Bookstein e Walter):
1) la presenza di una stenosi particolarmente serrata con
lume di diametro inferiore a 1,5 mm; 2) la presenza di
un circolo collaterale, eventualmente evidenziabile con
infusione di vasodilatatori o di vasocostrittori.

Si considera indice di rene ischemico un rapporto tra


renina del lato colpito e renina controlaterale di 1,5, con
valori tuttavia che secondo i diversi AA. variano tra 1,4

e 2,5 (Marks e Maxwell).


Accertamento dei criteri di operabilit

ovvio che lo studio del paziente con i. n. debba com


prendere tutti quegli accertamenti cui viene sottoposto
qualsiasi candidato ad un eventuale intervento chirurgico.
Ci che interessa qui per piuttosto l'esame di criteri
specifici che possano far prevedere l'esito dell'intervento.
In tali criteri rientra anzitutto l'esame dell'albero arte

Comunque per la dimostrazione dell'efficacia emodi


namica della stenosi quasi sempre necessario il ricorso
ad una seconda serie di indagini che costituiscono la
tappa successiva dell'iter diagnostico.
Accertamento della efficacia emodinamica della stenosi
I due gruppi d'indagini pi largamente effettuati a questo
fine sono diretti allo studio separato della funzione renale
e alla determinazione del grado di attivazione del sistema
renina-angiotensina.
Lo studio separato della funzione renale stato intro
dotto ormai 25 anni or sono da Howard. Il principio su
cui esso si fonda che il rene ischemico riassorbe una

maggiore quantit di acqua e di sodio: perci il volume e


la concentrazione di sodio delle urine provenienti dal
rene affetto sono minori rispetto al controlaterale. Paral
lelamente la concentrazione delle sostanze non riassorbi

bili aumenta e si osserva pertanto nelle urine provenienti


215

rioso. La presenza di occlusioni arteriose in altre sedi,


oltre l'arteria renale, come avviene non di rado quando
in causa l'arteriosclerosi (fig. 8), e la dimostrazione o an
che il fondato sospetto di insufficienza arteriosa a carico
di altri distretti (circolo cerebrale, circolo coronarico)
pongono notevoli limitazioni all'indicazione chirurgica.
Va poi esaminato con attenzione lo stato del rene
controlaterale, la cui integrit costituisce uno dei fattori
pi importanti nel condizionare l'esito favorevole del
l'intervento. Sono indice di danno del rene controlaterale

alla stenosi la diminuzione dei valori di clearance sepa

rata di questo rene e/o l'abbassamento di questi dopo


ipotensione-vasodilatazione con trimetafano (Fiorani et
al., 1972), nonch il ritardo del tempo di transito al re
nogramma isotopico, sempre dopo trimetafano (Cinotti
et al.).
Attualmente per la valutazione del rene controlate
rale viene effettuata di preferenza nell'ambito dello stu
216

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

ipertensione arteriosa diastolica

/
urografia minutata

renografia isotopica

\
|
dosaggio della renina nelle vene
renali e nel circolo generale

studio della funzione

renale separata

Fig. 9. Schema degli accertamenti principali da impiegare per la


Fig. 8. Quadro aortografico che mostra: occlusione completa
dell'arteria renale destra all'origine; ostruzione completa delle
arterie mesenterica superiore e inferiore; ostruzione dell'arteria
iliaca destra; stenosi dell'arteria iliaca sinistra.

dio dell'attivit reninica di cui si gi detto. I criteri

adottati dal gruppo di Laragh (cfr. Vaughan e Laragh)


sono oggi quelli pi largamente applicati (tab. II):
quando nella vena renale controlaterale rispetto alla ste
nosi arteriosa il valore di renina uguale a quello del cir
colo generale, si pu concludere che il rene di questo lato
non secerne renina e che pertanto pu essere considerato
indenne.

Come si visto, l'iter diagnostico che porta a stabilire


l'esistenza di una i. n. e a definire i criteri utili per l'indi
rizzo terapeutico da assumere piuttosto lungo e com
plesso: nella fig. 9 ci siamo proposti di riassumerlo in
maniera schematica.

diagnosi di i. n. e per stabilire l'indicazione all'intervento


chirurgico. Le frecce nere indicano gli accertamenti fondamen
tali; le frecce bianche indicano gli accertamenti collaterali e di
controllo da impiegare nei casi dubbi.

c) le buone condizioni anatomico-funzionali del rene


controlaterale, giudicate con i criteri gi esposti e la man
canza di controindicazioni locali o generali all'intervento.
Il trattamento chirurgico della i. n. pu essere ablativo
o ricostruttivo (Kaufman).

Nel primo caso viene eseguita una nefrectomia le cui


indicazioni sono le seguenti: 1) infarto renale unilaterale
o rene non funzionante; 2) lesione di numerosi rami;
3) gravi alterazioni parenchimali; 4) insuccesso di una
precedente plastica dell'arteria o di una parziale nefrec
TAB, III,

CRITERI PER PREVEDERE L'EFFICACIA DEL


TRATTAMENTO CHIRURGICO

(da Vaughan e Laragh)

Terapia
Fin verso il 1968, l'indirizzo assolutamente prevalente
nella terapia della i. n. era quello chirurgico. Successiva
mente andato diffondendosi un atteggiamento assai pi
conservativo, sicch si ritiene oggi che molti pazienti con
i. n. possano beneficiare di un trattamento medico a
lungo termine (Fitz), specie se si escludono le stenosi su
base displastica, per le quali maggiore la propensione
all'intervento chirurgico (McNeil e Adelstein).
Proprio perch la terapia chirurgica non rappresenta
una scelta obbligata maggiore la responsabilit di chi ne
consiglia l'adozione. Pertanto deve essere massimo lo
scrupolo nello studio preoperatorio del paziente.
I criteri fondamentali che indicano la scelta della tera

Dosaggi da effettuare
A) Renina plasmatica periferica ed escrezione urinaria del sodio
nelle 24 h in condizioni costanti (ad es. non nel giorno del
l'arteriografia o del prelievo per la renina della vena renale).
B) Mediante prelievo simultaneo a paziente supino;
renina della vena renale del rene con stenosi dell'arteria (V);
renina della vena renale controlaterale (V);

renina venosa o arteriosa periferica (A).


Criteri per prevedere l'efficacia del
trattamento chirurgico
1) Elevata attivit reninica nel pla
sma periferico in rapporto alla

Indice di ipersecrezio
ne reninica

sodiuria

pia chirurgica sono:


a) l'esistenza di un ridotto flusso ematico renale nel

2) Rene controlaterale: (V-A)= 0

rene colpito con un indice (V-A)/A maggiore di 0,48

3) Rene sospetto: (V-A)/A= 0,48

(tab. II) ed eventualmente con i criteri forniti dall'esame


funzionale separato dei due reni;
b) l'esistenza di un'attivit reninica soppressa nel rene
controlaterale: (V-A) = 0 (tab. II);

(V-A)/A - 0,48

217

Interpretazione

Indice di normalit del


rene
controlaterale
Indice di secrezione
reninica unilaterale

Indice di ridotto flusso


ematico renale

218

IPERTENSIONE NEFROVASCOLARE

sono pi applicabili. In questi casi si fatto ricorso ad


interventi di chirurgia extracorporea sul rene espiantato e
mantenuto in ipotermia; dopo la correzione del difetto
arterioso il rene viene reimpiantato nella regione ingui
nale (Gelin et al.).
Dopo l'intervento la pressione arteriosa si normalizza,
secondo i dati del Cooperative Study of Renovascular
Hypertension (Maxwell e Varady), nel 51% dei casi, si
riduce nel 15% e resta invariata nel 34%, con risultati

che sono migliori nelle forme fibromuscolari rispetto a


quelle aterosclerotiche, in quelle monolaterali rispetto
alle bilaterali e in seguito ad interventi ricostruttivi ri
spetto a quelli demolitivi.
Nella maggioranza dei casi che vanno incontro a un
esito positivo dell'intervento la pressione arteriosa si ab

bassa gi nelle prime 48 h, ma talvolta la diminuzione si


verifica solo dopo parecchie settimane. E per anche
possibile osservare talora una netta diminuzione della
pressione arteriosa nei primi giorni dopo l'intervento in
rapporto a fattori aspecifici (anestesia, intervento, riposo
a letto, etc.) con successiva risalita. Il risultato definitivo
va giudicato ad almeno 1 anno di distanza dall'inter
VentO.

Fig. 10. Disegno schematico che illustra tre fasi k

B, C) della
tecnica d'impianto del by-pass di dacron. (Da Kaufman).

tomia; 5) scarso flusso ematico attraverso l'arteria dopo


un tentativo di correzione chirurgica.
In rari casi pu essere effettuata una nefrectomia par
ziale che trova indicazione quando esistono stenosi di
rami intraparenchimali che provocano ischemia circo
scritta di una porzione del rene, come avviene pi fre
quentemente a carico del polo inferiore.
I procedimenti di ricostruzione delle arterie renali ven
gono preferiti alla nefrectomia, sia perch consentono la
conservazione del rene, sia perch risultano pi efficaci
nella cura dell'ipertensione (Stefanini et al.).
L'intervento di by-pass quello pi spesso attuato
(112 interventi su 189 pazienti operati nella casistica di
Stefanini). Tale intervento pu venire effettuato impian
tando una protesi di dacron (fig. 10) o utilizzando l'arte
ria ipogastrica o, pi spesso, un tratto della vena grande
safena prelevato dal paziente stesso (fig. 11).
In casi particolari possono essere effettuati una trom

boendoarteriectomia e/o un'angioplastica, oppure una


resezione con reanastomosi o anche un'anastomosi sple
norenale o un autotrapianto del rene nella fossa iliaca
con anastomosi dell'arteria renale all'arteria ipogastrica.
Quando le lesioni delle arterie renali si estendono ai

rami principali, al di l del loro ingresso nell'ilo del rene,


le tecniche chirurgiche ricostruttive convenzionali non

La complicanza pi frequente dell'operazione costi


tuita dall'ostruzione del by-pass o dell'arteria ricostruita;
tale complicanza pu essere diagnosticata precocemente e
spesso riparata.
La letalit operatoria si aggira sul 3% (Stefanini et al.).
La terapia medica della i. n. indicata quando non si
sia raggiunta una sufficiente sicurezza circa l'esito posi
tivo di un eventuale trattamento chirurgico; quando esi
stano controindicazioni all'intervento; quando l'iperten
sione arteriosa persista dopo l'operazione. In quest'ul
timo caso si osserva non di rado che pazienti, i quali
prima dell'intervento richiedevano una terapia molto in
tensa per ottenere una modica riduzione dei valori pres
sori, dopo l'intervento restano normotesi con regimi far
macoterapeutici anche blandi.
La terapia si vale dei diuretici e degli antipertensivi di
abituale impiego in qualsiasi forma di ipertensione arte
riosa. Tuttavia, tenuto conto dell'intervento del sistema

renina-angiotensina nella patogenesi di questo tipo di


ipertensione arteriosa, la preferenza va data ai 3-bloc
canti associati, quando necessario, ai diuretici e ai vaso
dilatatori diretti tipo idralazina o prazosin (Cagli, 1977).
Di particolare interesse appaiono alcuni nuovi farmaci,
che svolgono un effetto di inibitori competitivi dell'an
giotensina II (la saralazina) o di blocco dell'azione del
converting enzyme che da angiotensina I provoca la for
mazione di angiotensina II (il captopril). Quest'ultimo,

attivo per os, inibisce la formazione di angiotensina II,


come dimostrato dalla diminuzione della concentra

zione plasmatica di angiotensina II e della escrezione uri


naria di aldosterone sotto terapia. L'effetto appare parti
colarmente evidente nei casi con reninemia di base pi
elevata, ma anche evidente nei soggetti con i. n. e reni
nemia normale. Il captopril quindi efficace nell'i. n. da
stenosi dell'arteria renale e nell'ipertensione da insuffi
cienza renale. Un certo effetto, meno marcato ma co

stante, svolto anche nell'ipertensione essenziale.


Prognosi
La prognosi della i. n. va valutata in rapporto al tipo di
Fig. 11. By-pass con

trattamento adottato.

vena safena per il


trattamento dell'i. n.

Ampie informazioni comparative dimostrano che nei


pazienti trattati con terapia medica la letalit minore,
ma sono maggiori gli eventi morbosi non mortali collegati
con l'ipertensione; se poi si considerano i pazienti in

R. Straffon e F.
iegel).

219

220

IPERTENSIONE PORTALE

stato di benessere si osserva che sotto questo profilo la

terapia medica vantaggiosa rispetto a quella chirurgica,


solo se i pazienti seguono con scrupolo un regime tera
peutico efficace (McNeil e Adelstein).
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ai

OStOn.

un'ipertensione di tipo passivo. (Per la trattazione ana


tomica della vena porta, le cui vene di origine sono co
stituite dalla mesenterica superiore, dalla mesenterica
inferiore e dalla lienale o splenica, si rinvia alle voci FE
GATo E vIE BILIARI, sistema della vena porta e delle vene
porte accessorie [VI, 1097-1102; fig. 34]; vENE; uno
schema riassuntivo del sistema venoso portale comun
que dato in fig. 1).
vero comunque che la pressione portale risente an
che delle modificazioni del tono delle pareti dei grossi
vasi portali, alle quali si dovrebbe riconoscere tra l'altro
anche un'azione propulsiva della corrente sanguigna per
contrazioni peristaltiche ritmiche, a genesi riflessa; ed
ancora opportuno menzionare le influenze che modifica
zioni della pressione endoaddominale possono esercitare
sulla pressione portale secondo quanto pi volte osser
vato sperimentalmente (Condorelli S. e coll., Canter e
coll.) e verificato nell'uomo (Neumayr).
Per un discorso esauriente sui fattori che presiedono al
mantenimento della pressione portale necessario ancora
riportarsi ai rapporti dinamici che intercorrono tra arteria
epatica e vena porta, tenendo conto del fatto che l'af
flusso nel sistema portoepatico avviene per due strade
completamente distinte, l'una dalle radici portali, l'altra
per mezzo dell'arteria epatica. Si tratta in effetti di un
problema abbastanza complesso, i cui limiti possono es
sere definiti sulla base dei risultati, non sempre concor
danti, di esperienze antiche e recenti.
Premesso che oramai, e da molti anni, si riconosce al

Mahoney A. D., Waisman J., Urol. Clin., 1976, 2, 54.


Marks L. S., Maxwell M. H., Urol. Clin., 1976, 2, 119.
Maxwell M. H.,Varady P. D., Contrib. Nephrol., 1976, vol. 3, 1.
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Watt J. K., J. Cardiovasc. Surg., 1975, 16, 609.

logia

VITO CAGLI

IPERTENSIONE PORTALE

F. hypertension portale. - I. portal hypertension. - T. por


taler Hochdruck; portale Hypertonie. - s. hipertensin
portal.
SOMMARIO

Fisiologia (col. 221). - Fisiopatologia (col. 225). - Sintomatolo


gia (col. 230). - Terapia (col. 231).

l'arteria epatica una funzione che supera il pi semplice


significato di vaso nutritizio o di veicolo di O, indispen
sabile al biochimismo epatico, appare necessario chiedersi
quali siano le conseguenze esercitate dal flusso arterioso
sul deflusso attraverso la porta, soprattutto quando si
tenga conto di quanto comunicato da Gad sin dal 1873 e

confermato da Herrick nel 1907, per cui nel fegato


umano isolato l'inserimento della corrente arteriosa pro
voca una riduzione pi o meno notevole della corrente
portale. Belli e coll., dopo aver ottenuto analoghi risultati
sullo stesso modello sperimentale, concludono doversi
ritenere la corrente arteriosa come capace di un effetto di
rallentamento o freno sul flusso portosinusoidale.
Una discussione oggettiva sulla natura dei rapporti che
intercorrono tra corrente arteriosa e corrente portale pu
essere impostata ove si tenga conto, tra l'altro, delle se
guenti considerazioni:
l'inserimento della corrente arteriosa rappresenta nel
gioco dei gradienti pressori, che regolano la propulsione
venosa dai territori splenomesenterici fino alla cava, un
apporto di energia dinamica nuova che si realizza alla
periferia del lobulo;
la pressione sinusoidale la risultante dell'effetto della
pressione portale e di quella arteriosa (Leevy e Glied
-

Fisiologia
La pressione del bacino portale determinata e, in con
dizioni normali, regolata da fattori diversi, tra cui fonda

mentali l'afflusso nei vasi portali, le resistenze al deflusso,


il tono venoso, la pressione endoaddominale. Non vi
tuttavia dubbio che, a parte tutte le disquisizioni fatte
sull'argomento, importanza preminente va riconosciuta
all'afflusso da una parte e alle resistenze al deflusso dal

l'altra. Infatti il primo elemento potenzialmente capace


di determinare un'ipertensione di tipo per cos dire attivo
o dinamico (Lanzara, 1952) nei confronti del condizio
namento di un flusso quantitativamente variabile o della

trasmissione alle radici portali di una pressione media pi


o meno elevata; il secondo invece, rappresentato da resi
stenze dislocate lungo tutto l'albero portale, di natura
anatomica o funzionale, potenzialmente responsabile di
221

man);
il sangue che perviene al letto sinusoidale ha una tri

plice origine in rapporto alla presenza di sangue portale,


di sangue arterioso, di sangue misto (arterioso e venoso);
quest'ultimo proveniente da anastomosi tra rami arteriosi
e portali negli spazi triangolari;
nello stesso letto sinusoidale si verifica la mescolanza

tra due correnti a differente vis a tergo, con necessit


per di impedire il reflusso nel bacino fornito di minore
pressione: necessit cui provvede, secondo quanto sugge
risce Knisely, la funzione dei cosiddetti sfinteri di in
gresso, capaci di impedire il reflusso, situati all'inizio di
ogni lobulo e costituenti con la lamella limitante perife
rica del singolo lobulo, un sistema a valvola.
Si deduce abbastanza facilmente, da quanto si detto,
222

IPERTENSIONE PORTALE

Fig. 1. Schema del sistema venoso portale


e

della

localizzazione

delle

anastomosi

portosistemiche. 1) Anastomosi tra vena


porta, vena coronaria stomacica, plesso
delle vene esofagee (varici esofageel), si
stema delle vene azygos e altre tributarie
della vena cava superiore. 2) Anastomosi
tra vena porta, vena mesenterica superiore,
vena gastroepiploica sinistra, vena splenica,
vena gastrica breve e plesso delle vene
esofagee. 3) Anastomosi tra vena porta,
vene paraombelicali e dell'eventualmente
persistente vena ombelicale con le vene

vena cava
superiore

vene esofagee

epigastriche (tributarie della cava infe


riore). 4) Anastomosi tra vena mesenterica
inferiore e vena emorroidaria superiore,
che a sua volta, attraverso i plessi emor
roidari, comunica con le vene emorroidarie
media e inferiore, tributarie della circola

zione venosa sistemica. 5) Anastomosi tra


vena porta, vena mesenterica superiore e
vene retroperitoneali che sono tributarie
della vena cava inferiore.

vena gastroepiploica
sinistra
vena splenica
vena mesenterica superiore

- vena mesenterica inferiore


ombelico
vene

superibr e inferiore

e2
-

vene renali

retroperitoneali
vena iliaca

destra e sinistra
vena cava inferiore

vene iliache
Connun

vena iliaca
interna

vena emorroidaria
media

vena emorroidaria
inferiore

--

che il mantenimento di una pressione portale normale


appare legato in primo luogo all'integrit del sistema si
nusoidale con rispetto dell'equilibrio dinamico che in esso
si verifica tra sistema dell'afflusso arterioso, sistema por
tale, sistema di deflusso sino alle sovraepatiche, e ulte
riormente all'integrit anatomica e funzionale dei singoli
segmenti del sistema portale, dello scarico sovraepatico,
della vis a tergo portale e dell'energia potenziale siste
mica (fig. 2).
La pressione del sistema portale pu essere misurata a
livelli diversi, e precisamente:
direttamente sul tronco o nei suoi rami (rilievi intra
operatori);
per puntura della milza (pressione intrasplenica). La
puntura transcutanea della milza, oltre la splenoporto
grafia, permette la misura della pressione intrasplenica e
la valutazione della velocit di flusso portale misurando
sullo splenoportogramma la distanza dall'ilo splenico a
quello epatico e il tempo necessario a percorrerla che

della vena ombelicale decorre nel legamento rotondo


dall'ombelico fino in vicinanza del ramo sinistro della

porta (recesso di Rex). Il suo lume di solito obliterato,


ma pu nella maggioranza dei soggetti essere reso pervio

vena sovraepatica

settore

settore
sinusoidale

fegato
sinusoide

lobulo epatico
vena porta
intraepatica

settore

arteria epatica
vena porta
extraepatica

di 15 cm/sec secondo Smith e coll. (1974); v. anche:


SPLENOPORTOGRAFIA E SPLENOMANOMETRIA;

per puntura transcutanea del fegato sino ad incontrare


un affluente portale;
per incannulazione della vena ombelicale: il rudimento
-

223

Fig. 2. Schema del sinusoide epatico e della circolazione intra


epatica nel soggetto normale. (Da Lger e Patel, modificata e ri
isegnata).

224

IPERTENSIONE PORTALE

3. Pressione sovraepatica bloccata e splenomanometria nel soggetto normale (a sinistra) ed esemplificazione di sedi di blocco
nella i. p.: al centro, nel caso della cirrosi, si hanno pressione sovraepatica bloccata elevata e P
intrasplenica elevata; a destra,
nel caso della schistosomiasi, si ha solo pressione intrasplenica elevata. (Da Lger e Pate

con uno specillo e usato per penetrare nella circolazione


portale. Questa via stata recentemente impiegata per la

manometria portale e/o per ottenere flebogrammi portali.


L'operazione scevra di rischi e facilmente eseguita in
anestesia locale, nei casi di i. p. non associata a trombosi
portale extraepatica;
per puntura di vene facenti parte di circoli collaterali
patologici;
per cateterismo sovraepatico. La pressione che si rileva
nelle vene epatiche, quando il catetere venga spinto in
profondit sino ad occludere uno dei rami periferici (ca
teterismo sovraepatico occludente o bloccato), stata
utilizzata come misura indiretta della pressione portale

(pressione venosa sovraepatica bloccata = Wedged He


patic Vein Pressure [WHVP]). Nelle condizioni di man
cato deflusso venoso delle vene epatiche, provocato dal
cateterismo occludente, si viene a creare un sistema

chiuso tra i piccoli rami di diramazione intraepatica della


vena porta e dell'arteria epatica, i sinusoidi e le venule
epatiche occluse. Secondo Taylor e Meyers la pressione
che si misura con catetere in posizione occludente non
corrisponde alla vera pressione portale, per lo scarico che
si realizza attraverso le anastomosi tra i vari sinusoidi e le

connessioni tra le venule epatiche di calibro inferiore a


quello delle venule occluse, per cui meglio le si addice la

qualificazione di pressione sinusoidale in luogo di portale.


E quindi possibile studiare il comportamento tensorio del
sistema portale alla sua origine con la splenomanometria
(e la flebomanometria di altri rami di origine con rilievo

intraoperatorio) e sia pure con le precisazioni cui si


fatto cenno alla sua terminazione con cateterismo so

vraepatico occludente, ottenendo dei dati che nel nor


male (fig. 3, a sinistra) non differiscono tra loro in ma
niera notevole (Lger): la pressione intrasplenica riflette
la pressione presinusoidale (come nel caso della schisto
somiasi [fig. 3, a destra], o della trombosi della vena
porta [fig. 4]); quella della vena sovraepatica a catetere
occludente rappresenta la pressione sinusoidale o postsi
nusoidale (come nel caso delle cirrosi [fig. 3, al centro]).
Ruol e Dal Pal riportano da serie di determinazioni effet
tuate da vari AA. nei soggetti normali, i seguenti valori:
pressione intrasplenica: 118 mmHO
pressione portale (intraoperatoria): 133 mmH, O
pressione sinusoidale (cateterismo sovraepatico occludente):
85,5 mmH, O (68-81,6 mmH, O secondo McDermott).

Fisiopatologia
I valori assoluti nonch i rapporti tra le pressioni rilevate
ai due estremi dell'albero portale vengono variamente
225

8. - VIII

modificata e ridisegnata).

alterati a seconda del tipo di patologia ipertensiogena in


atto. Un ostacolo esistente a livello della vena splenica
realizza uno stato di ipertensione settoriale, con incre
mento della pressione intrasplenica, ma con normalit di
quella sinusoidale; un ostacolo esistente a livello del
tronco portale provoca una i. p. generalizzata e non solo
limitata al territorio splenico, mentre lascia immutati i
valori rilevati con cateterismo sovraepatico bloccato
(fig. 3). Trattasi, nelle esemplificazioni riportate, di i. p. che
si instaura in presenza di una condizione epatocellulare
normale: quindi blocco extraepatico. Una situazione dif
ferente si verifica quando l'ostacolo si realizzi a livello
epatico intraparenchimale, dovendosi peraltro qui distin
guere un blocco presinusoidale da uno postsinusoidale,
secondo una precisa differenziazione di comportamento
manometrico, per cui nel primo caso si registra elevata
pressione splenica ma normale pressione sovraepatica,
laddove nel secondo esiste un incremento pressorio, ab
bastanza comparabile, in ambedue gli estremi dell'albero
portale. Ancora ipertensione splenica e sovraepatica si
manifestano nel blocco delle vene sovraepatiche.
Sulla base di quanto ora riferito, nei confronti della
sede dell'ostacolo, l'i. p. si pu dunque cos classificare ed
esemplificare sotto l'aspetto anatomopatologico causale:
i. p. da blocco
extraepatico
i. p. da blocco
intraepatico

sovraepatico (ad es. sindrome di Budd


Chiari);

sottoepatico (ad es. trombosi portale);


presinusoidale (ad es. schistosomiasi);
postsinusoidale (ad es. cirrosi di Mor
gagni-Lannec).

Per quel che riguarda i rapporti col sistema sinusoidale

(che poi condizionano un diverso atteggiamento mano


metrico splenico e rispettivamente sovraepatico), pu
valere la classificazione seguente:
i. p. presinusoidale (con pressione splenica aumentata e
pressione sovraepatica occlusa normale):
di tipo extraepatico (ostruzione del tronco splenopor
tale, aumento del flusso epatico);
di tipo intraepatico (da schistosomiasi, da fibrosi con
genita, da infiltrazione di varia natura degli spazi portali:
reticolosi, sarcoidosi, linfogranuloma);
i. p. postsinusoidale (aumento della pressione splenica,
aumento della pressione sovraepatica con cateterismo
bloccato):
di tipo extraepatico (sindrome di Budd-Chiari o innal
zamento della pressione venosa sovraepatica da pericar
dite costrittiva o scompenso cardiaco congestizio);

di tipo intraepatico (cirrosi, malattia venocclusiva dove


226

IPERTENSIONE PORTALE

pressione sovraepatica con


cateterismo occludente

(50-180 mmH2O)

(50-180 mmH2O)

vena epatica

pressione splenica
o portale
(5O-18O

lobulo

(2OO-450 mmH2O)

mmH2O)

rami vene
intraepatiche
blocco portale

condizioni normali

blocco splenico

trombosi della vena porta

(50-18O mmH2O)

(2OO-450 mmH2O)

2oo 45ommHo
noduli

granulomi

rigenerativi

sclerosi a
cannello di pipa

cirrosi

schistosomiasi

Fig. 4. Schema della circolazione intraepatica e dei valori manometrici in


alle sedi di blocco nel soggetto normale, nella
l
trombosi portale, nella cirrosi, nella schistosomiasi. (Da Aufses e coll., modificata,
ripresa da Patrassi, Dal Pal, Ruol).

l'occlusione delle minuscole radici sovraepatiche deter


minata da intossicazioni da vegetali particolari come il
senecio e la monocrotolaria).
Sufficientemente esplicativo al riguardo appare lo
schema di Aufses e coll. (fig. 4).
A proposito del blocco intraepatico, riferito classicamente alla
cirrosi di Morgagni-Lannec, vi peraltro da fare qualche con
siderazione sulla sede dell'ostruzione intraparenchimale, ricon
dotta, come si visto nelle classificazioni soprariportate, al li
vello postsinusoidale secondo quanto dimostrano del resto i ri
lievi pressori ai due estremi del sistema. Effettivamente in fase
avanzata di malattia l'ostacolo si realizza a livello dei piccoli
rami delle vene sovraepatiche e in minor grado in corrispon
denza dei sinusoidi, gli uni e gli altri sottoposti a compressione
ad opera dei noduli epatocitari di rigenerazione, che senz'altro
assumono nell'etiologia dell'ipertensione un'importanza mag
giore della fibrosi. Tuttavia si deve anche ammettere l'esistenza,
ai primi stadi, di alterazioni in sede presinusoidale (Sherlock),
configurandosi, in tal guisa e sotto questo aspetto, la cirrosi
come processo che interessa sia la sede presinusoidale-sinusoi
dale che quella postsinusoidale. Il sovvertimento strutturale in
traparenchimale crea un ostacolo meccanico al deflusso portale,
che prende in parte vie collaterali e in parte cortocircuita l'epa
tocita per passare direttamente nelle radici delle vene sopraepa
227

tiche (anastomosi portosovraepatiche o fistole interne di Eck). I


noduli di rigenerazione si rendono quindi indipendenti dal rifor
nimento portale e ricevono la maggior parte del sangue attra
verso l'arteria epatica. Si viene cos ad alterare l'equilibrio di
namico normalmente esistente tra corrente arteriosa e corrente

portale, con modificazioni dei rapporti fra i rispettivi regimi


pressori e volume di flusso, sino all'inversione dell'apporto ema
tico e creazione di nuove e pi dirette comunicazioni tra rami
arteriosi e venosi, con possibilit di flusso ematico retrogrado
entro la porta. La stessa apertura di comunicazioni arterovenose,

responsabile di un reflusso arteroportale, mentre costituisce


espressione di sofferenza parenchimale, secondo quanto dimo
strano indagini arteriografiche eseguite post mortem nel cane, si
configura come interferenza dinamica nella genesi della condi
zione ipertensiva: si spiegano cos taluni reperti manometrici ri

ferentisi al permanere di una pressione sovraepatica elevata


dopo anastomosi porta-cava terminolaterale.

Di fronte ai fattori ipertensiogeni menzionati esistono


fattori di compenso capaci di operare in senso detensivo
quando si verifichino stabili innalzamenti pressori, con la
messa in opera di vie collaterali naturali, rappresentate,
come ben noto, dalla via portosistemica (v. fig. 1; v.
anche: fig. 14 in CIRRosi EPATICA e fig. 35 in FEGATo EvIE
BILIARI) e da quella portoportale. La prima, che mette in
228

IPERTENSIONE PORTALE

abolito l'ostacolo: i. p. consensuale (Pilzi e Cocciari) per

comunicazione il sistema portale con quello cavale (fun


zionano evidentemente in modo analogo le fistole intra
parenchimali di Eck gi ricordate), costituita secondo

terovenosi rivolti a vincere la resistenza al deflusso, rea

Edwards da:

lizzantisi a vario livello e anche in territori diversi da

a) terminazioni anomale dei maggiori componenti


portali, con anastomosi, di origine congenita o neofor
mativa, porta-cava dirette e porta-cava indirette: il com
penso emodinamico di questa anastomosi per molto

quello che si provveduto ad asportare.

ScarSO;

I sintomi cardinali dell'i. p. sono costituiti da:


a) emorragie a carico dell'apparato digerente, sotto
forma di ematemesi da varici esofagee e gastriche e pi
raramente di melena da varici mesenteriche. La compar
tecipazione del sistema venoso rete sottomucosa
dell'esofago (generalmente a livello del 3 inferiore del
viscere) negli stati di i. p. condizionata dalla particolare
situazione anatomica delle vene esofagee, distinte in un
plesso superiore, tributario della cava superiore attra
verso l'azygos e l'emiazygos, e in un plesso inferiore tri
butario della coronaria stomacica. I due plessi, ampia
mente anastomizzati tra loro, costituiscono un importante
sistema di raccordo tra circolo portale e cavale superiore,
che rappresenta una via di scarico nell'ostruzione portale,
dovendosi quindi considerare le varici espressione di cir
colazione collaterale portocavale;
b) splenomegalia, con manifestazioni da ipersplenismo

b) normali comunicazioni portosistemiche, ancora di


stinte in:

1) vie profonde: retroperitoneali (cosiddette vene di


Retzius);
rettali;

diaframmatiche;
esofagee;
2) via parietale anteriore.
Attraverso queste vie, di cui quelle profonde sono di
solito le pi importanti e le prime ad aprirsi, il sangue,
fuggendo il sistema portale e il fegato, si scarica in vene
tributarie del sistema cavale con un flusso che pu arri
vare all'80% e oltre del flusso portale abituale, quando

quest'ultimo sia ostacolato (MacIndoe). Lo scarico por


tosistemico s'instaura gradualmente nel tempo e ci
spiega i gravi effetti della occlusione brusca della vena
porta o delle sovraepatiche. Tale via portosistemica la
sola che entra in questione nei blocchi intraepatici, risul
tando esclusa la seconda (portoportale) per essere dispo
sta tra tronco portale e sistema sinusoidale.
Le possibilit dei meccanismi di compenso, notevoli se
condo le conclusioni di MacIndoe cui si fatto cenno,
spiegano nel fine gioco di equilibri dinamici tra fattori
ipertensiogeni e fattori detensivi perch ad eguali le
sioni anatomiche del fegato possano non corrispondere
incrementi pressori portali sempre eguali in individui di

la cui genesi si invoca la messa in funzione di shunts ar

Sintomatologia

secondario;

c) ascite, sintomo a patogenesi complessa a proposito


del quale opportuno ricordare, oltre all'esistenza di i. p.
e linfatica, il ruolo sostenuto dalla compromissione epa

tocellulare e le alterazioni bioumorali conseguenti (v. an

fino allo scompenso, rappresentate dalla comparsa di va

che: AsCITE [II, 1336); CIRRosI EPATICA [III, 2413]);


d) comparsa di vasi venosi ectasici sottocutanei disposti
a raggera intorno all'ombelico (caput Medusae [v.]).
Il quadro clinico del paziente affetto da i. p. subisce al
cune variazioni in rapporto alla sede in cui si determi
nato il blocco. Si distinguono cos:
a) ostruzioni intraepatiche, che realizzano forme di i. p.
generalizzata o sistemica, con interessamento dell'intero
bacino portale, espresso, oltre che dalla splenomegalia,
dalle varici esofagee e gastriche, emorroidarie, dalla di
latazione della porta e delle sue radici, dallo sviluppo di

rici linfatiche vere e proprie (Lger), di linfonodi conge

circoli collaterali sottocutanei;

versi.

Nei blocchi intraepatici da epatocirrosi inoltre op


portuno considerare il ruolo sostenuto dal sistema linfa
tico, che, come noto, va incontro a condizioni di stasi

stizi e turgescenti lungo il peduncolo epatico, il margine


superiore del pancreas, negli epiploon, cui fa riscontro
una dilatazione linfatica nei quadri di biopsia epatica. Le
alterazioni descritte potrebbero essere intese come
espressione di uno stato di ipertensione linfatica, la cui
esistenza conosciuta nel cirrotico in funzione di mo

b) ostruzione sovraepatica, praticamente equivalente,


per l'aspetto che stiamo specificamente trattando, alla
ostruzione intraepatica. Nelle malformazioni congenite
delle vene sovraepatiche, la vena ombelicale, pervia,
partecipa in misura considerevole alla funzione del com
penso (caput Medusae);

menti diversi, ma non necessariamente contrastanti:

c) nelle ostruzioni preepatiche il quadro clinico varia


iperproduzione di linfa per abnorme permeabilit a li
vello sinusoidale;
messa in opera di una funzione vicariante in corso di
stasi portale.

Nella classificazione delle cause di i. p. riportate negli


schemi sopra citati, bisogna comprendere anche taluni

aspetti di significato fisiopatologico particolare, come


l'iperafflusso, in cui, secondo i concetti prima espressi sui
fattori che regolano il mantenimento della pressione
portale, lo stato ipertensivo non sostenuto dalla pre
senza di un ostacolo, bens da un apporto sanguigno esa
gerato: in tale contesto si ricordano talune forme di sple

nomegalia fibrocongestizia (Greppi), splenomegalie ad


etiopatogenesi diversa (infettive, emopatiche, etc.); le
ipertensioni portali determinate dall'apertura di fistole

arterovenose a differente livello (splenico, mesenterico da


una parte, delta epatico dall'altra). In tal senso si po
trebbe ancora interpretare un'i. p. generalizzata che
consegua ad una i. p. settoriale, che non receda una volta
229

ancora a seconda del livello anatomico dell'ostacolo, per


cui si distingue un blocco extraepatico, che interessa il
tronco portale e finisce per provocare un'ipertensione
totale (da ostruzione trombotica, da occlusione, da com
pressione estrinseca), da un blocco extraepatico in sede
radicolare, responsabile di un'i. p. settoriale.
Nel primo caso non vi sono differenze particolari nei
confronti del blocco intraepatico fatte salve natural
mente le lesioni epatocellulari della cirrosi con mani
festazioni di i. p. rappresentate ancora da varici esofagee,
emorroidi, ascite, splenomegalia. Manca tuttavia il reti
colo venoso periombelicale per la permanenza della per
viet del ramo sinistro della biforcazione intraepatica
della porta, di cui le vene periombelicali sono tributarie.
Nell'i. p. distrettuale si possono distinguere forme di
verse e precisanuente:

a) ostruzione della vena splenica prima dello sbocco


della vena coronaria stomacica. E caratteristica di questi
casi la splenomegalia congestizia isolata; spesso inte
230

IPERTENSIONE PORTALE

ressato lo sbocco della vena mesenterica inferiore (pic


cola meseraica), donde coesistenza di ipertensione anche
in questo distretto;
b) ostruzione della vena splenica oltre lo sbocco della
vena coronaria stomacica. L'i. p. interessa il territorio
splenico, quello gastroesofageo e, molto spesso, quello
mesenterico inferiore. Va ricordato tuttavia che in ca. il
25% dei casi la vena coronaria stomacica sbocca diretta

mente nella vena porta e quindi non viene interessata


dall'ipertensione per blocco della vena splenica;
c) ostruzione isolata della vena mesenterica inferiore
(rara);
d) ostruzione isolata della vena mesenterica superiore;
e) ostruzione della confluenza tra vena splenica e vena

mesenterica superiore. quasi sempre equivalente alla

TAB, I. CLASSIFICAZIONE SECONDO CHILD


gruppo
mortalit

A
2%,

B
10%,

C
50%,

< 2,0

20-30

>- 3,0

>- 3,5

3,0-3,5

< 3,0

operatoria
bilirubinemia

(mg/100 ml)
albumina siero

(g/100 ml)
assente

ascite

presente, facil- presente, difficil


mente controllabile

segni di encefalopatia epatica


stato
nale

assenti

nutrizio- eccellente

presenti, lievi

mente control
labile

presenti, evi
denti

buono

cattivo, deterio
ramentO

ostruzione totale del tronco portale per quanto riguarda


le manifestazioni clinicamente rilevabili;

f) ostruzione circoscritta a radici minori dei singoli di


stretti ricordati.

da sottolineare al proposito che l'i. p. settoriale pro


voca conseguenze di particolare importanza quando la
stasi impegni determinati segmenti di tenue e di colon
che sono sprovvisti della possibilit di scarico anastomo
tico nel territorio cavale (Severi e Pelloja).

zionale da una parte e mortalit operatoria dall'altra di


grande momento (tab. I), la preparazione preoperatoria
deve mirare ad ottenere con ogni mezzo condizioni ot

timali (albumina sierica - 35 g/100 ml; bilirubinemia


< 2 mg/100 ml; tempo di protrombina normale, assenza

Terapia
La terapia chirurgica dell'i. p. si basa essenzialmente sul

di ascite e di segni di encefalopatia epatica) in mancanza


delle quali la morbilit-mortalit postoperatoria e a di
stanza saranno scoraggianti.
Il trattamento derivativo comprende anastomosi tron

trattamento derivativo, attuato con finalit detensive me

culari e anastomosi radicolari. Le anastomosi tronculari

diante l'esecuzione di anastomosi tra circolo cavale e cir

portocavali sono realizzabili con modalit varia, e cio:


anastomosi laterolaterale (tipo Eck);
anastomosi terminolaterale (tipo Eck-Tansini);
anastomosi lateroterminale (tipo Eck-Queirolo-Val
doni);
anastomosi terminoterminale (tipo Eck-Queirolo).
L'anastomosi porta-cava laterolaterale (fig. 5, A) che
rappresenta la diretta applicazione nell'uomo della fistola
di Eck, resta a tutt'oggi l'intervento pi diffuso, come
quello generalmente considerato pi valido e capace di
rispondere in maniera soddisfacente all'esigenza dello
scarico portale, con caduta pressoria in questo distretto,
detensione delle varici gastroesofagee e quindi protezione
contro la recidiva emorragica, detensione del letto sinu
soidale, prevenzione nei confronti dell'ascite o regres

colo portale: secondo tale indirizzo, del resto, anche


prima dell'avvento della chirurgia venosa diretta veni
vano praticati interventi (epatopessia, splenopessia,
omentopessia) che avevano lo scopo di creare derivazioni
capillari che favorissero lo scarico portale.
Il trattamento derivativo teoricamente indicato in

tutti i pazienti affetti da i. p. con rischio di emorragia di


gestiva da varici. Anche se noto che questo rischio di
ca. il 30% entro 5 anni nei portatori di varici esofagoga
striche, la probabilit dell'evento non accertabile nel
caso individuale. D'altra parte, la mortalit operatoria
intorno al 5-10%, la maggiore suscettibilit all'encefalo
patia epatica e la riduzione anche drastica della funzio
nalit epatica sconsigliano l'applicazione incondizionata
del trattamento derivativo a tutti i soggetti affetti da i. p.
Cos si visto che l'esecuzione di shunts portosistemici
profilattici in tutti i cirrotici, per prevenire il verificarsi di
emorragia da varici (che conduce a morte prima o poi

questi pazienti in 1/3 dei casi), non prolunga la vita di


pazienti non selezionati portatori di varici esofagee, i
quali, anche se protetti dall'emorragia digestiva, hanno

una mortalit aumentata per insufficienza epatica e/o en


cefalopatia.
Cos, attualmente, la preferenza va al trattamento deri
vativo cosiddetto terapeutico cio d'elezione e applicato a
pazienti affetti da i. p. e da varici esofagogastriche che
hanno gi presentato un'emorragia digestiva.
Da questo deriva la necessit di un accurato studio

preoperatorio del paziente per quanto riguarda l'esistenza


di varici esofagogastriche (esofagogastroscopia, esame ra
diografico) e la responsabilit di esse nella complicanza
emorragica (ricordando che nei cirrotici questa pu fre
quentemente dipendere da altre cause: gastrite emorra
gica, ulcera peptica, sindrome di Mallory-Weiss). Si do
vr determinare poi il valore della pressione portale con i
vari metodi descritti sopra, visualizzare l'anatomia del si

stema portale con l'angiografia selettiva, ed esaminare la


funzionalit epatica.

Poich il rapporto tra funzionalit epatica e stato nutri


231

sione di ascite esistente. L'entit dell'effetto detensivo

portale e sinusoidale dovuta al fatto che si tratta di


anastomosi tra i due vasi di grosso calibro e con elevato
gradiente pressorio. La nuova situazione emodinamica
cos creatasi peraltro responsabile di una diminuzione
del flusso portale al fegato da una parte e della diretta
immissione in circolo di sangue splancnico non pi sotto
posto all'azione detossicante del filtro epatico, dall'altra.

La diversione del flusso portale determina in 2/3 dei casi


una cospicua caduta del flusso epatico, cui l'arteria epa
tica pu rispondere con un aumento della sua portata,
non sufficiente tuttavia a riportare il flusso epatico ai va

lori iniziali. Inoltre, il rispetto della continuit dell'albero


portale, come appunto si verifica nella anastomosi porto
cava laterolaterale, determina, nei casi di cirrosi a flusso
epatofugo, un aggravarsi di tale condizione, con reflusso
di sangue epatico arterioso e venoso nella cava: addirit
tura cirrosi a flusso epatopeto potrebbero diventare a
flusso epatofugo per la netta diminuzione della vis a tergo
nel circolo portale. Si pone quindi il problema di confe
zionare anastomosi che non sorpassino la loro finalit di
scarico e che non comportino danni di natura ischemica
per soppressione del flusso portale, il che si pu ottenere,
ad es., regolando il calibro dell'anastomosi (Bismuth,
Marion et al.). La valutazione del risultato emodinamico
232

IPERTENSIONE PORTALE

Fig. 5. A) Schema dell'anasto


mosi porta-cava laterolaterale.
B) Schema dell'anastomosi
rta-cava biterminolaterale di
cDermott.

vela cava

inferiore

superiore

della derivazione pu essere fatta calcolando intraopera


toriamente il gradiente pressorio porta-cava che deve
mantenersi a livelli tali da proteggere contro le emorragie
gastroesofagee e contemporaneamente contro l'inversione
della corrente portale. Praticamente tale obiettivo si rag
giungerebbe, secondo Marion, conservando un'i. p. resi
dua intorno a 20 mmHg, in considerazione del fatto che
al disopra di tali valori persiste il rischio dell'emorragia
(costante quando si superino i 25 mmHg) e al disotto,
quello dell'inversione della corrente portale.

L'anastomosi porta-cava terminolaterale (fig. 6) rap


presenta l'altra variet di derivazione portosistemica
tronculare di largo impiego terapeutico, seppure meno
diffusamente utilizzata a causa della soppressione dell'af
flusso portale al fegato, che in tal modo si realizza, e per
l'incremento della pressione sinusoidale provocato dalla
legatura del moncone distale portale, con conseguenti
sfavorevoli influenze sull'ascite. In effetti, e secondo

un'impostazione concettuale che si discosta dai presup


posti fisiopatologici cui si fatto riferimento, il primo
elemento soppressione dell'afflusso portale al fegato
non parrebbe assumere particolare significato in una
scelta tra i due tipi di anastomosi portocavali ove si tenga
conto, sulla base di dati oggettivi desunti dallo studio di
pazienti operati, del fatto che (Britton e Shirey, Long
mire e coll.) nella anastomosi portocavale laterolaterale
pressoch tutto il sangue portale verrebbe derivato verso
la cava inferiore, sia pure con un'alternanza di flusso e
reflusso in coincidenza con inspirazione ed espirazione.
Warren e Mller e lo stesso Longmire potevano inoltre
dimostrare l'esistenza di un reflusso dal fegato alla stomia
portocavale, reso possibile dall'esistenza di un gradiente
pressorio tra moncone epatico della porta e la cava.

Spigelio); la mortalit immediata sarebbe identica (ca. il


10% secondo Marion) o addirittura inferiore nella termi
nolaterale e i risultati a distanza praticamente sovrappo

nibili, il che riporterebbe sul tappeto (Hivet) il quesito


sul significato clinico del permanere di un'ipertensione a
livello sinusoidale.

In tema di raffronto tra le due variet di anastomosi,

bisogna ancora segnalare una differente incidenza di en


cefalopatia postoperatoria a favore della terminolaterale.
L'encefalopatia rappresenta una complicanza importante,
legata certamente ad una cronica compromissione della
funzione epatica, ma la cui insorgenza favorita dalla
creazione del cortocircuito che consente l'immissione di

retta di sostanze azotate di origine intestinale nel circolo


sistemico. L'encefalopatia responsabile di alterazioni
neuropsichiche di grado diverso e manifestantisi sia nel
postoperatorio immediato che a distanza sembra inol
tre, per quel che riguarda la frequenza, in rapporto di
retto con l'ampiezza della bocca anastomotica e col tipo
di derivazione portosistemica messa in opera, compa

moncone distale

portale

Questi rilievi, se tendono a dimostrare che l'anastomosi


laterolaterale funziona da sistema vicario di deflusso at

traverso la possibilit offerta allo scarico retrogrado del


sangue imprigionato nel sistema sinusoidale, finiscono per
puntualizzare che il vero inconveniente dell'anastomosi
portocavale terminolaterale da ravvisare non tanto nel
l'interruzione del flusso portale quanto nell'aggravarsi o
quanto meno nel non modificarsi dell'ipertensione sinu
soidale. I sostenitori dell'anastomosi portocavale termi
nolaterale giustificano la loro preferenza asserendo che si
tratta di un intervento pi rapido, talvolta di pi facile
esecuzione, meno esposto alla trombosi dell'anastomosi
della variet laterolaterale, che del resto non sempre
attuabile per motivi di ordine anatomico (decorso diver
gente dei vasi da anastomizzare, ipertrofia del lobo di
233

vena porta
vena cava
inferiore

vena renale
destra

Fig. 6. Schema dell'anastomosi porta-cava terminolaterale.

234

IPERTENSIONE PORTALE

rendo pi spesso (Sherlock) nell'anastomosi portocavale


laterolaterale (50-60%) che dopo anastomosi portocavale
terminolaterale (28%). Ritorna a questo punto in discus
sione l'importanza del mantenimento di un flusso epatico

sufficiente, secondo le affermazioni di Sherlock, per cui,


se vero che il danno epatico costituisce un presupposto
di encefalopatia, altrettanto vero che esso viene reso
pi grave dalla diminuzione del flusso epatico (Valdoni,

Santhy e Marion); le probabilit dell'insorgenza di ence


flopatie appaiono del resto tanto minori (Bollman e
Warren) quanto maggiore lo sviluppo della circolazione
collaterale portosistemica preoperatoria.
Sempre sotto questo particolare, e non univocamente accet
tato, aspetto del problema importanza della caduta del flusso
epatico nel determinismo di complicanze postoperatorie non
forse fuor di luogo ricordare ora gli interventi di arterializza
zione della porta (Maillard, Matzander, Adamson e coll.), rea
lizzati per convogliare sangue arterioso nel moncone distale
della porta (anastomosi portocavale terminolaterale) utilizzando
l'arteria splenica o la gastroepiploica destra o impiantando una
protesi tra aorta e porta. Tali interventi si propongono di con

sentire un pi facile adattamento del fegato alla caduta del


flusso, soprattutto nel primo anno che rappresenta la fase pi
critica del decorso postanastomosi portocavale; di ottenere,
forse, una migliore ossigenazione parenchimale e (Maillard) un
aumento del flusso capace di forzare le resistenze intraepatiche.
Ad ogni modo, se l'arterializzazione pare in grado di ridurre
l'incidenza dell'encefalopatia, le si possono certamente attri
buire, sulla scorta di osservazioni sperimentali, lesioni epatiche
morfologicamente documentate. Di qui la necessit di provve
dere ad un'arterializzazione portale controllata mediante
l'impiego di vasi arteriosi di piccolo calibro, nella programma
zione di un intervento che intende soltanto prevenire l'imme
diato instaurarsi di un danno parenchimale legato alla riduzione
del flusso.

Tra le anastomosi portosistemiche di tipo tronculare si


annoverano, come gi detto, la variet lateroterminale e
quella terminoterminale. La prima si propone di mante
nere la continuit del tronco portale provvedendo allo
scarico nel tronco cavale sezionato al disopra della bifor
cazione iliaca e impiantato sulla porta: l'intervento
come del resto quello di Eck-Queirolo (anastomosi por
tocavale terminoterminale) comporta l'inconveniente

Fig. 7. Schema dell'anastomosi portorenale: la vena renale di sinistra viene anastomizzata con il fianco destro della porta.
235

236

IPERTENSIONE PORTALE

8. Schema del tronco della vena porta


e dei suoi rami extraepatici utilizzabili per

-EP

vena gastrica breve

un'anastomosi portosistemica.

gastrica sinistra

era

ombelicale -

vena cava
inferiore

l
-vena mesenterica inferiore

renale

vena renale

sinistra

destra

-vena spermatica o ovarica sinistra


vena mesenterica superiore

di dover interrompere la cava e la sua esecuzione na


turalmente resa difficile dalla presenza di un circolo lom
bare, molto sviluppato nel cirrotico, di non facile prepa

perch le vene da anastomizzare non debbono essere


mobilizzate altro che limitatamente. Secondo alcuni AA.

questo metodo particolarmente prezioso negli shunts

razione e di emostasi talvolta molto ardua.

d'emergenza nei quali la semplicit tecnica special

Ancora sono da menzionare l'anastomosi portorenale


(fig. 7) (sia terminolaterale che terminoterminale, che
trova indicazione nei casi in cui porta e cava siano molto

mente richiesta.

distanti tra loro), e l'anastomosi portocavale biterminola

L'anastomosi splenorenale pu distinguersi in:


a) splenorenale periferica terminolaterale (fig. 12);
b) splenorenale periferica terminoterminale, con lega

terale di McDermott (fig. 5, B). Quest'ultima mira a rea


lizzare con lo scarico del moncone prossimale anche
quello del moncone distale, permettendo non solo lo

tura della vena renale a valle della confluenza con la

scarico portale di provenienza splenomesenterica ma an

L'anastomosi splenorenale periferica fornisce ancor

che lo scarico portoepatico, drenando verso la cava il


sangue che arriva al fegato attraverso l'arteria epatica e
che, in conseguenza dell'ostacolo sinusoidale, incontra
difficolt a raggiungere il sistema centrolobulare e so
vraepatico. Tale anastomosi, identificata come anasto
mosi a K, non sembra per aver trovato seguito, te
nendo anche conto del fatto che la sua impostazione di
namica abbastanza simile a quella dell'anastomosi ad
H (portocavale con interposizione di segmento di vena
autologo), certamente di pi facile esecuzione.
La decompressione del circolo portale viene realizzata
anche mediante altri tipi di derivazioni portosistemiche,
le cosiddette anastomosi radicolari (fig. 8), schematizza

oggi e dopo oltre 30 anni dalla sua applicazione in campo


terapeutico, materia di ampia discussione sulla sua reale

vena genitale e soprarenale;

c) splenorenale centralizzata (fig. 13).

efficacia, in considerazione della notevole percentuale di

trombosi dell'anastomosi in paragone alle derivazioni


tronculari, con un'incidenza notevolmente superiore a

bili in:

anastomosi che impiegano la vena splenica;


anastomosi che impiegano la vena mesenterica supe
riore, tra le quali la H-mesocavale;
anastomosi che impiegano la vena mesenterica infe
vena

riore;

ombelicale

anastomosi che impiegano la vena ombelicale (fig. 9);


vena splenica

anastomosi che impiegano rami minori del circolo


portale.

vena cava
interiore

L'alternativa delle anastomosi radicolari nei confronti

delle tronculari si pone essenzialmente, per alcune di


esse, come la mesentericocavale (H-mesocavale) e la
splenorenale.
L'anastomosi H-mesocavale (figg. 10 e 11) stata re
centemente considerata meritevole di maggior diffusione.
L'operazione consiste nell'inserzione a ponte di un seg

mento vascolare protesico o di una vena autologa di cali


bro notevole (giugulare interna) fra la vena mesenterica
superiore e la vena cava. Essa eseguita rapidamente
237

vena
renale destra

ena nne

senterica

superiore

inferiore

Fig. 9. Schema dell'anastomosi onfalo-cava. (Da Lger e Patel,


ridisegnata).

238

IPERTENSIONE PORTALE

queste di recidive emorragiche, sia pure compensata da


minor frequenza di encefalopatia. La possibilit di trom
bosi dell'anastomosi, se massima per le derivazioni
terminolaterali (50% dei casi, Hivet) pur sempre mar
cata anche nelle terminoterminali (25%), il che non
esclude l'eventualit che vene spleniche di grosso calibro,
impiantate nella renale con larga stomia, diano per re
flusso di sangue intraepatico atrofie parenchimali del fe
gato, secondo un'osservazione di Gillot ben documentata
dal fatto che la soppressione dello shunt determinava re
gressione dello stato di coma postoperatorio.
vena gastrica destra
vena coronaria stomacica
/o gastrica sinistra

Ad ogni modo non senza significato l'orientamento di


alcuni chirurghi che si dedicano prevalentemente a que
sto capitolo della patologia, i quali eseguono l'anastomosi
splenorenale con esclusiva finalit antiemorragica e trat
tano con le tronculari i malati con ascite e quelli dove si

possa dimostrare preoperatoriamente o intraoperatoria


vena

splenica

mente che il flusso portale in gran parte derivato attra


verso i circoli collaterali.

vena mesenterica
inferiore

-vena mesenterica
superiore

Warren. Warren realizza uno shunt selettivo attraverso la

vena Cava

inferio
interiore

Una fisionomia del tutto particolare per quel che ri


guarda l'impostazione fisiopatologica del problema tera
peutico assume l'anastomosi splenorenale selettiva di

3C

milza mediante derivazione splenorenale centralizzata

terminolaterale (Warren e Zeppa) (fig. 14): questo tipo


d'intervento, che viene completato dalla legatura della
Fig. 10. Schema dell'anastomosi H-mesocavale con protesi
vascolare. (Da S. Stipa, ridisegnata).

vena coronaria stomacica, della gastroepiploica destra e


della vena ombelicale, detende la milza trasformandola in

un bacino a bassa pressione, capace di drenare per via


retrograda le varici gastroesofagee, ottenendo cos lo

scarico selettivo di questo territorio e proteggendo con


temporaneamente il parenchima epatico dai danni dell'i
poafflusso splancnico.
In effetti, con l'operazione di Warren, mentre si riduce
a valori percentuali molto bassi il rischio della recidiva
emorragica (3-4%) e contribuiscono senza dubbio in
tal senso la legatura della coronaria stomacica e la de

connessione tra il letto splancnico e quello esofageo si


riesce ad ovviare in misura notevole all'encefalopatia.
La modificazione di Britton alla tecnica di Warren

consiste nell'anastomosi splenorenale laterolaterale se

guita dalla legatura del capo portale (epatico) della vena


splenica (fig. 15). Tale tecnica alternativa semplifica no
tevolmente la difficile anastomosi di Warren.

Da quanto si riportato sugli interventi di derivazione

portosistemica di pi larga applicazione o di maggior in


teresse nella prospettiva di una migliore soluzione tera
peutica, appare abbastanza chiaro che uno shunt ideale

dovrebbe essere in grado di soddisfare talune esigenze


fondamentali, tra cui:

a) decompressione sicura e durevole delle varici esofa


gogastriche;

b) riduzione massima dell'insorgenza di encefalopatia;


c) mantenimento di un flusso epatico adeguato per la
protezione del trofismo parenchimale;

d) adattabilit a pazienti con o senza ascite;


e) adattabilit a pazienti con o senza milza o che co
munque debbano essere splenectomizzati all'atto dell'in
tervento, argomento quest'ultimo che a sua volta mo
tivo di discussione tra coloro che associano costante

mente o quasi la splenectomia agli interventi derivativi

(splenomegalie con sindromi da ipersplenismo) e altri che,


dopo confezione di anastomosi porta-cava, lasciano la
milza indisturbata constatandone, a shunt ben funzio

nante, la diminuzione di volume e quindi la regressione


della sindrome da inibizione midollare. S'inserisce evi

Fig. 1 1. Schema dell'anastomosi H-mesocavale con vena auto

loga di notevole calibro. (Da S. Stipa, ridisegnata).

dentemente, in tale contesto, il problema della splenec

tomia isolata, che viene riservata alle i. p. da iperafflusso,


239

240

IPERTENSIONE PORTALE

arteria splenica

pancreas

renale
inistra

e
vena cava
inferiore

Vena

mesenterica
superiore

- vena
mesenterica
inferiore

Fig. 12. Schema dell'anastomosi splenorenale terminolaterale che comporta la splenectomia.

vena

gastrica breve

stomacica
o aastrica sinistra

vena pilorica o
gastrica destra
vena gastroepploica

sinist

vena renale destra

vena renale

sinistra
Fig. 13. Schema dell'anastomosi

splenorenale laterolaterale

interiore

vena mesenterica
superiore

mesenterica

inferiore

centralizzata.

241

242

IPERTENSIONE PORTALE

il

--------

non-ra
ornacc

vena cava inferiore

Fig. 14. Schema dell'anastomosi splenorenale secondo Warren e


Zppa. (Da McDermott, modificata e ridisegnata).

come nelle forme bantiane fibrocongestizie e, come ov


vio, alle ipertensioni settoriali della vena splenica, massi
mamente per le trombosi localizzate all'ilo splenico.
Gli interventi derivativi possono essere considerati alla stregua
di provvedimenti sintomatici in senso lato, indirizzati come sono
alla risoluzione di taluni sintomi pi evidenti dal punto di vista
clinico, secondo una finalit che peraltro si estende anche ad al
tri presidi (ad es., la detensione linfatica mediante anastomosi
tra dotto toracico e vena giugulare nei casi che ne presentino in
dicazione) sia pure orientati in senso monosintomatico (opera
zioni e trattamenti diretti sulle varici esafagee o tendenti a rea

lizzare una deconnessione azygosportale). Esiste peraltro, e


dobbiamo ricordarlo, un tentativo di terapia presunta causale
dell'i. p., noto da oltre 20 anni e che non pare del tutto privo di
una sua base fisiopatologica, dal momento che una discussione
in proposito si riaffaccia di quando in quando in assise congres
suale. Si tratta delle legature arteriose e segnatamente della le
gatura dell'arteria epatica.
L'avvio all'applicazione clinica delle legature arteriose nell'i.
p. stato dato da Berman dopo l'osservazione secondo cui nel
cane normale la legatura dell'arteria epatica provocava un de
cremento della pressione portale (dell'ordine di 10-20 mmHg)
che diventava addirittura cospicuo se si associava la legatura
dell'arteria splenica e della gastrica sinistra. Nel contesto di
un'acquisizione del genere va tuttavia precisato che i meccanismi
attraverso i quali si ottiene tale effetto ipotensivo appaiono dif
ferenti per l'arteria epatica da una parte, la gastrica sinistra e la
splenica dall'altra. Infatti, per quanto riguarda la gastrica sinistra
e la splenica, si pu prospettare con la legatura la riduzione pi
o meno considerevole del flusso nella vena porta; per l'arteria
epatica bisogna invece chiamare in causa momenti diversi, di

vena mesenterica superiore

15. Schema dell'anastomosi splenorenale secondo Britton.

(Da McDermott, modificata e ridisegnata).

genesi della condizione ipertensiva. Si potrebbe quindi conclu


dere che la prevalenza arteriosa che ostacola il flusso portale
da considerare come fattore ipertensiogeno e che la riduzione
del flusso arterioso al fegato possa diminuire l'influenza di quella
predominanza arteriosa che costituisce ostacolo al flusso portale.
Nell'affrontare una valutazione delle possibilit terapeutiche
della legatura dell'arteria epatica (che ha conosciuto la sua mag
gior fortuna nel decennio 1950-1960) i sostenitori di questo
presidio ne ravvisavano l'indicazione non soltanto per il tratta
mento dell'ascite ma anche per quel che riguarda il migliora
mento del trofismo epatico. Di fronte a prospettive cos sedu
centi si deve peraltro rilevare che la mancanza di effetti curativi
paragonabili alle aspettative dell'impostazione fisiopatologica, ha
fatto s che nessuno, o quasi, ai nostri giorni pratichi pi la le
gatura arteriosa epatica (Lger).
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tima analisi ad un sovvertimento, o quanto meno alterazione,


senza precisarne i limiti temporali, dei rapporti e interferenze
arteroportali intraepatici. E sufficiente, per intendere una tema
tica prospettata in modo cos generico, ricordare che la preva

Per
H., Schaffner F., Progress in Liver Diseases, II, 1965;
, 1970, Grune & Strattn, New York.

lenza di apporto arterioso che si verifica nel fegato cirrotico co


stituisce un ostacolo al circolo portale, che si aggiunge ad aggra
vare quello provocato dai noduli di rigenerazione e della proli
ferazione connettivale; e ancora, secondo quanto gi riportato
nella parte introduttiva, che la creazione di nuove e pi dirette
comunicazioni arteroportali e la disfunzione di quelle esistenti,
finisce per rappresentare un altro elemento dinamico della
243

UTET, Torino.

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Warren W. D., Ann. Surg, 1974, 179, 791.
ANTONIO LANZARA E ALBERTO MARCIALIS

244

IPERTENSIONE VENOSA

IPERTENSIONE VENOSA

F. hypertension veineuse. - I. venous hypertension. - T. ve


nse Hypertension. - s. hipertensin venosa.
SOMMARIO

Definizione e generalit (col. 245). - Ipertensioni venose gene


rali senza pletora (col. 245). - Ipertensioni venose generali da
pletora (col. 248). - Ipertensioni venose distrettuali (col. 248):
Territorio della vena cava superiore. - Vene anonime. - Territorio
della vena cava inferiore.

Definizione e generalit
Pur esistendo ancora alcuni dissensi sul valore prioritario
da attribuire ai vari fattori della regolazione della circo
lazione venosa, tuttavia si pu convenire che questi ul
timi possono essere riassunti soprattutto in cinque punti:
1) contrazione e rilasciamento dei muscoli schele
trici (pompa muscolare); 2) azione delle valvole venose;

3) influenza della pressione negativa intratoracica (vis


a fronte); 4) effetto della pressione residua del capillare
(vis a tergo); 5) azione propria dei vasi venosi (tono ve
noso).

L'attivit funzionale dell'apparato venoso e la regola


zione della circolazione venosa sono legate quindi sia ad
un meccanismo estrinseco sia ad un meccanismo intrin

seco delle vene e cio al tono dei vasi venosi. A tal pro
posito anzi le indagini sulla fisiopatologia del circolo ve
noso hanno potuto mettere in evidenza l'importanza del

tono venoso come uno dei fattori fondamentali della re


golazione del circolo di ritorno. E stato infatti documen
tato che le resistenze incontrate dalla corrente nel circolo

venoso, solo in parte sono resistenze passive (attrito del


sangue contro le pareti vasali, pressione esercitata sulla
parete venosa dai tessuti circostanti, etc.), ma soprattutto
sono resistenze attive rappresentate dal tono dei vasi ve
nosi.

Di conseguenza, il concetto (e quindi la definizione) di


ipertensione venosa, qualunque sia la causa che la deter

mina, include sempre il riconoscimento di una compo


nente patogenetica attiva. Anche nella pi tipica forma di
ipertensione da ostacolo meccanico (quale, ad es., la
compressione di un tronco venoso), si riesce a documen

tare la componente attiva, che in fase iniziale appare ad


dirittura preminente.
Il concetto di i. v. stato quindi affrancato dalla con
cezione, prettamente passiva, di stasi dovuta ad un ele
mento ostacolante il flusso venoso, ed ha assunto il signi

Le condizioni patogenetiche che determinano l'i. v. at


tiva in questi tre quadri morbosi (in cui la turba del cir
colo venoso costituisce la caratteristica essenziale) sono
diverse per ciascuno di essi, ma i segni clinici sono tipici
per tutti e tre.
Mancano assolutamente i segni di stasi circolatoria

(edemi); le vene superficiali degli arti sono esili, in atteg


giamento tipicamente spastico; alla sottigliezza delle vene
superficiali degli arti fa netto contrasto il turgore delle
giugulari le quali, poich sono fornite di scarsissima mu
scolatura, si lasciano distendere passivamente e non par
tecipano all'atteggiamento tonico generale del sistema
venoso. Anche le vene retiniche appaiono spastiche, cos

che il rapporto vena/arteria risulta ridotto: a volte le


vene retiniche raggiungono lo stesso diametro delle arte
rie e possono essere perfino pi sottili. La pressione ve

nosa sempre notevolmente elevata, sui 20 e a volte an


che 30 cmH, O. La velocit distrettuale di corrente ve
nosa normale, cos come perfettamente efficiente si
mantiene il gradiente venoso. A tale mancanza di segni
di stasi periferica e di rallentamento della corrente nel
circolo venoso generale fa contrasto il precoce turgore
del fegato. Le peculiari condizioni emodinamiche del cir

colo intraepatico, interposto tra due sistemi venosi (il


portale e il sovraepatico), spiegano agevolmente come,
proprio in tale sezione del circolo venoso, si appalesi per
prima l'insufficienza di compensazione emodinamica.
L'elevato livello pressorio (a significato emodinamico

compensativo) vigente nel tratto sopradiaframmatico


della cava inferiore e nelle sovraepatiche richiede che nel
sistema portale la pressione sia mantenuta ad un livello
elevatissimo mediante uno stato di ipertono permanente.
Non appena questo diverr incapace di mantenere tale
dislivello pressorio tra porta e sovraepatiche, si manife
steranno molto prima che negli altri distretti i segni
dell'insufficienza emodinamica, e cio rallentamento nel

circolo sovraepatico e quindi stasi epatica, nonch stasi


portale. In questi ammalati, non solo la stasi epatica ri
mane per lungo tempo l'unico segno isolato di insuffi
cienza circolatoria, ma nelle successive manifestazioni di

scompenso dominer una netta prevalenza di turbe nel


territorio portale. L'inconfondibile quadro clinico di tali
pazienti quello di un'insufficienza cronica di circolo, in
cui la stasi epatica cronica con appariscenti turbe funzio
nali dell'organo, l'ascite precoce, la modestia degli edemi
degli arti inferiori costituiscono, con la persistente i. v., i
sintomi peculiari.
Nella fase in cui cominciano a manifestarsi i segni di

insufficienza di circolo, la pressione venosa rimane sem

ficato di un meccanismo fondamentale di compensazione


emodinamica, tendente ad intervenire attivamente per il

pre alta, ma a volte pu abbassarsi anzich elevarsi

mantenimento della dinamica circolatoria venosa (Con


dorelli).
Tenendo presente che le turbe del circolo venoso sono
a volte di ordine generale e a volte di ordine regionale,
necessario considerare separatamente le sindromi iper
tensive venose generali e quelle distrettuali.
Le i. v. generali sono mantenute da un atteggiamento
ipertonico di tutto il sistema venoso e sono caratterizzate
clinicamente dalla presenza o meno di fenomeni di stasi e
di pletora.

tivo con il miglioramento delle condizioni circolatorie;


altre volte, invece, in conseguenza della pletora venosa
da insufficienza circolatoria, la pressione si eleva ulte
riormente (ulteriore reazione tonica venosa), per ritor
nare al livello primitivo una volta ridotta la pletora. In
questa fase di insufficienza circolatoria l'esame oftalmo
scopico dimostra che le vene retiniche cominciano a
presentare dilatazioni fusiformi in alcuni tratti e non in
frequentemente si osservano edema perivenoso e qualche
emorragia puntiforme. Cos anche le vene superficiali,
agevolmente esplorabili soprattutto agli arti superiori,
cominciano a perdere l'aspetto spastico e, per tratti pi o
meno lunghi, appaiono dilatate.

Ipertensioni venose generali senza pletora

Le i. v. generali senza pletora hanno un'impronta clinica


inconfondibile e si riscontrano precipuamente nella ste
nosi della tricuspide, nelle pericarditi essudative e nelle
pericarditi adesive (v. vALvoLARI CARDIOPATIE; PERICAR
DITI).
245

(esaurimento del tono), per poi tornare al livello primi

La registrazione del flebotensiogramma (v. vENE) con il me


todo di Condorelli rappresenta la metodica elettiva di studio
della fisiopatologia venosa ed essenziale sottolineare come sia
246

IPERTENSIONE VENOSA

Viceversa, sia nella pericardite essudativa, sia nella stenosi


della tricuspide, malgrado la cospicua elevazione della pressione
venosa (la quale raggiunge o supera i valori che abitualmente si
riscontrano nelle pericarditi adesive), l'effetto del respiro sem
pre chiaramente documentabile sia nel tracciato flebotensiogra

34 -

fico, sia in quello atriotensiografico, e si esplica in senso fisiolo


gico (depressione inspiratoria).

Ipertensioni venose generali da pletora


Allorch uno stato di deficit miocardico venga a determi
nare un'insufficienza di circolo con pletora, le vene ten
dono a reagire con un aumento generale del tono, che
determina uno stato di i. v. In relazione all'entit della

Fig. 1. Registrazione contemporanea della pressione venosa a


livello della vena basilica (in alto) e dell'attivit respiratoria (in
basso) in un soggetto con pericardite adesiva (accretio cum
concretione). Da rilevare, oltr alla cospicua i. v. (27,5
la mancanza delle ripercussioni dell'attivit respiratoria sulla
CulTVa VCIOSa.

pletora e all'entit della reazione tonica, possono aversi


casi di pletora intensa, con cospicui fenomeni di stasi
senza i. v. (se le vene ipotoniche si lasciano passivamente
distendere dal sangue che le ingorga) e, all'opposto, casi
con pressione venosa elevata e pletora invece modesta,
ove le vene reagiscano con uno spiccatissimo aumento
del tono. Dal punto di vista dell'esplorazione funzionale,
le i. v. da pletora sono nettamente distinte da quelle con
significato di compensazione emodinamica per la chiara
evidenza dei segni di pletora e di stasi, per il notevole
allungamento del tempo di circolo, per la presenza di
vene retiniche dilatate uniformemente o con ectasie cir

coscritte (fusiformi o sacciformi) e con edema perivenoso.

proprio la forma del tracciato flebotensiografico giugulare quella


che consente di differenziare in modo netto l'i. v. della pericar
dite adesiva da quelle della pericardite essudativa e della stenosi
tricuspidale.
In alcuni casi di pericardite adesiva, con accretio e concretio
del margine destro del cuore, il flebotensiogramma caratteri
stico in quanto dimostra la completa assenza di ripercussioni
respiratorie sulla pressione venosa (fig. 1): n il respiro pro
fondo isolato, n una serie di respiri profondi, n l'apnea modi
ficano la linea base della pressione venosa, la quale presenta
solo le piccole accidentalit delle onde di origine cardiaca.
In altri casi di pericardite adesiva con sindrome venosa si
pu osservare un flebotensiogramma simile a quello da coarta
zione dei grossi tronchi venosi, con effetto respiratorio invertito
(fig. 2): elevazione inspiratoria della pressione con ritorno alla
linea base in fase espiratoria, effetto ipertensivo della serie dei
respiri profondi e ipotensivo dell'apnea. Per discriminare in
questo caso se la coartazione a livello della cava superiore o
dell'atrio destro basta registrare l'atriotensiogramma (v. CATETE
RISMO CARDIACO E CARDIOANGIOGRAFIA).

Ipertensioni venose distrettuali


Accanto alla nozione classica, in base alla quale un osta
colo meccanico regionale al deflusso del sangue venoso
(causato, ad es., da stenosi di una grossa vena) si mani
festa con l'inconfondibile sindrome del turgore delle vene
a monte dell'ostacolo stesso, della cianosi e dell'edema,

vanno poste le pi recenti dimostrazioni e cognizioni di


fisiopatologia venosa riguardanti gli adattamenti regionali
del sistema venoso e la maniera di reagire dell'apparato
venoso, con una reazione tonica emodinamicamente

compensatrice, alle manovre tendenti a creare una stasi.


Le pi note sindromi da ostacolo regionale al deflusso
venoso a parte l'ipertensione portale (v.) che trova
una trattazione separata sono quelle che si riscontrano
nel territorio della cava superiore, nelle vene anonime e
nel territorio della cava inferiore.

Territorio della vena cava superiore


Della sindrome da ostacolo nel territorio della vena cava

superiore (in genere per affezioni mediastiniche) debbono


distinguersi due tipi fondamentali, a seconda che la com
pressione della cava superiore si verifichi nel tratto al
disopra dello sbocco dell'azygos o nel tratto al disotto
dello sbocco dell'azygos. In entrambi questi due tipi di
compressione della cava superiore, come anche nella sin
drome da compressione delle vene anonime e della cava

26
24
22
20

inferiore, va tenuta nettamente distinta, nella valutazione

Fig. 2. Registrazione della pressione a livello della vena


giugulare esterna in un soggetto con pericardite adesiva e
coartazione dei tronchi venosi brachiocefalici. Oltre all'i. v. (23

cmH, O), possibile rilevare che i respiri profondi, invece di


determinare

normale diminuzione inspiratoria della pressione

venosa, la fanno aumentare, dando la dimostrazione della

costrizione inspiratoria delle vene.

247

dell'atteggiamento funzionale del sistema venoso, una


fase iniziale di compensazione emodinamica da una fase
terminale di scompenso emodinamico.
In una fase gi avanzata della sindrome da ostacolo
della cava superiore al disopra dello sbocco dell'azygos, il
circolo vicario, che si svolge prevalentemente attraverso
le mammarie interne e le intercostali, pu non essere ap
prezzato all'esame clinico e sar possibile osservare solo
il turgore delle giugulari esterne e delle vene del cingolo
scapolare. Negli ostacoli al circolo venoso al disotto dello
sbocco dell'azygos nella cava superiore, il reticolo venoso
vicario toracoaddominale invece particolarmente appa
riscente e in esso sar facile apprezzare la direzione della
corrente dall'alto in basso (fig. 3).
248

IPERTENSIONE VENOSA

loro volta, da un reticolo venoso superficiale chiaramente


evidente, il quale va decrescendo dal basso verso l'alto;
la corrente di sangue diretta dal basso verso l'alto per
sfociare, attraverso le vene della parte alta dell'addome,
nelle mammarie e nelle succlavie.

La tensiografia venosa associata alla tensiografia atriale


e all'indagine venografica costituisce il mezzo pi idoneo
per lo studio dell'entit e della topografia delle coarta
zioni del tratto sopradiaframmatico della cava inferiore.
Lo studio comprende la registrazione tensiografica
continua e temporanea della pressione dell'atrio destro e
della pressione di una vena del distretto della cava supe
riore durante la manovra del sollevamento passivo degli
arti inferiori.

Come noto, se, durante le registrazioni contempora


nee e continue della pressione atriale e venosa giugulare
o cefalica, si pratica un sollevamento passivo degli arti
inferiori, si ottiene un'ipertensione atriale e venosa se
condaria all'iperafflusso di sangue proveniente dalla cava
inferiore. Tale effetto ipertensivo si riduce sempre, o
viene a mancare, quando esiste una coartazione dello
sbocco della cava inferiore.

Con questa indagine si ha quindi non solo la docu

|
|
--------

Fig. 3. Fotografia a

I.R. di un soggetto con sindrome

al
mediastinica e ostacolo aI
ritorno venoso focalizzato al di sotto
dello sbocco dell'azygos nella cava superiore. E ben evidente il

reticolo venoso sottocutaneo anastomotico toracoaddominale.

Vene anonime

Le sindromi pure di compressione di una delle due vene

anonime, in fase di compensazione emodinamica, pre


sentano tutti i segni di un chiaro atteggiamento tonico
delle vene del braccio; mancano del tutto sia il reticolo
addominale, sia il reticolo venoso delle collaterali delle

mammarie; la vena toracica laterale invece turgida. Ma


soprattutto caratteristico il contrasto tra la vena giugu
lare controlaterale alla compressione e quella omolate

rale, la quale turgida, non animata da pulsazioni, priva


di collasso inspiratorio. Non apprezzabile obiettiva
mente l'abnorme sviluppo delle vene del circolo refluo, in

quanto questo si realizza attraverso le vene profonde. Il


flebotensiogramma, registrato bilateralmente alle vene

della piega del gomito, dimostra chiaramente l'atteggia


mento ipertensivo esistente dal lato della compressione,
con valori superiori, di 8-15 cmHO, a quelli del lato

sano (fig. 4); concordemente aumenta la pressione delle


vene retiniche e della giugulare dello stesso lato. Nono
stante lo spiccato stato ipertensivo venoso, sia il salto di

Fig. 4. Soggetto con sindrome da compressione dell'anonima

potenziale, sia la velocit di circolo si mantengono nei

basilica destra; in basso: registrazione alla vena basilica sinistra;

limiti fisiologici; fatto, questo, concordante con la man

al centro: flebografia del sistema venoso tributario della cava


superiore. Alla cospicua i. v. a destra (37 cmHO), corrisponde
uno stato di normotensione a sinistra (10 cmHO). Da rilevare
che durante le profonde inspirazioni la pressione venosa au
menta esclusivamente dal lato della compressione. La flebografia
conferma la presenza della coartazione a livello del tronco

canza obiettiva di stasi venosa.

Territorio della vena cava inferiore


Per quanto riguarda le compressioni della vena cava in
feriore, - infine, va detto che esse sono caratterizzate, a
249

destra. In alto: registrazione della pressione venosa alla vena

brachiocefalico di destra.

250

IPERTENSIONE VENOSA

mentazione dell'esistenza di un restringimento provocato

le sindromi di ipo- e ipertimismo. Con la descrizione

da aderenze nel tratto terminale della cava inferiore, ma

delle sindromi endocrine paraneoplastiche (v. ENDoCRINE

si accerta altres l'entit dello strozzamento in base alla

PARANEOPLASTICHE SINDROMI) il timo rientrato nella

risposta tensiva. Diagnosticata in tal modo la presenza di


una coartazione, si pu senz'altro passare alla documen
taziome dell'esatta topografia mediante l'indagine veno
grafica.

patologia endocrina per merito soprattutto della sin

La flebografia (v.) della cava inferiore, eseguita generalmente

drome di Cushing e della sindrome di Schwartz-Bartter


secondarie ad un tumore timico.

In questa sede vengono brevemente riferite le princi


pali condizioni patologiche associate ad un aumento o ad
una deficienza dell'attivit del timo, rinviando il lettore

o con iniezione diretta nella vena femorale o mediante catetere

alla voce TIMo per un'organica trattazione della posizione

che, introdotto per via femorale, viene spinto in alto lungo la

di questo organo nella fisiologia e nella patologia.

cava inferiore sino al tratto immediatamente sottodiaframmatico

del vaso, ci d nozione in modo diretto dell'esatta sede della


coartazione.

Timo e affezioni endocrino-metaboliche

Le flebografie della vena cava inferiore possono essere utili


per distinguere un'ostruzione parziale da un'ostruzione completa
e una compressione estrinseca da una trombosi. La cavografia
pu anche dare informazioni sull'interessamento delle vene re
nali ed particolarmente indicata se c' un'ostruzione della vena
cava inferiore associata con una proteinuria significativa.

Talvolta la trombosi della porzione superiore della


vena cava inferiore si accompagna con la trombosi delle
vene epatiche principali, con il risultato di un'iperten
sione portale con sviluppo delle vene collaterali porto
generali.
In caso di ipertensione portale le collaterali tra questa
circolazione e quella generale possono comprendere le
vene paraombelicali, nelle quali il sangue scorre in dire
zione centrifuga dall'ombelico.
Quando la vena cava inferiore ostruita da un trombo,
l'ingrossamento degli arti inferiori e il turgore delle loro
vene superficiali compaiono bruscamente.
Bibliografia
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Condorelli L., Fisiopatologia della circolazione venosa, 1947,


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ANTONIO STRANO

La particolare frequenza dell'associazione ipertiroidismo


ipertrofia del timo, nota da molto tempo, stata confer
mata con l'impiego di speciali tecniche radiologiche quali

la planimetria dell'area timica su tomografia sagittale


dopo pneumomediastino. Inoltre, le biopsie timiche, ese
guite durante la tiroidectomia per tireotossicosi, mettono
in evidenza un aumento dello spessore della corteccia con
iperplasia del tessuto epiteliale del midollo e metaplasia
follicolare.

Del pari noto l'interessamento del timo che ricorre


con frequenza altissima nella myasthenia gravis.
Nel 10% dei pazienti con myasthenia gravis si riscontra
un timoma, ma nell'80% dei casi si trova un'iperplasia
dei centri germinativi della midollare timica, segno que
sto di un'importante attivazione del sistema dell'immu
nit cellulare.

L'importanza della patologia timica nella myasthenia


gravis sottolineata dall'efficacia della timectomia specie
quando l'intervento viene praticato precocemente. Spesso
infatti la remissione della sintomatologia e la guarigione
definitiva s'instaurano dopo vari anni dall'intervento
chirurgico, soprattutto in quei casi in cui l'esame istolo
gico del timo mostrava una particolare ricchezza nei cen
tri germinativi, segno della presenza e dell'abnorme atti
vit di una folta popolazione di linfociti immunocompe
tenti.

Secondo Goldstein e Schlesinger il fattore umorale

miastenico sarebbe di origine timica e si identificherebbe


con la timosina, un fattore di natura polipeptidica che
sarebbe responsabile della differenziazione dei precursori
cellulari midollari e splenici in timociti. Il dosaggio del

l'attivit similtimosinica plasmatica dimostra nei soggetti


IPERTERMIA: v. FEBBRE (VI, 916); IPERPIREssIA FULMI
NANTE; TERMOREGOLAZIONE.

miastenici al disopra dei 30 anni un aumento dei valori;


non per chiaro il nesso patogenetico tra timosina e
blocco neuromuscolare.

Un tumore timico pu essere responsabile della cosid


IPERTIMISMO E IPOTIMISMO

detta sindrome di Cushing paraneoplastica in ca. il 20%

F. hyperthymisation; syndrome hyperthymique. - I. hyper

dei casi (v. ENDoCRINE PARANEOPLASTICHE SINDROMI).


Per diagnosticare l'origine timica del tumore si fa ri
corso al pneumomediastino, all'angiocardiografia e alla

thymism. - T. Hyperthimismus. - s. hipertimismo; hiperti


mizacin; F. hypothymisation. - I. hypothymism. - T. Hy
pothymismus. - S. hipotimismo.

Il timo (v.), ritenuto da molto tempo una ghiandola che


interviene nella crescita, ha visto diminuire l'importanza
del suo ruolo endocrino a mano a mano che le ricerche

gli attribuivano una parte determinante nella linfopoiesi e


nei fenomeni immunitari dell'organismo (v. IMMUNIT).
Soltanto la parte epiteliale del timo, data la sua struttura,
ritenuta capace di elaborare un materiale ormonale;
tuttavia le prove di timectomia e i tentativi di isolare or
moni timici non hanno portato finora ad alcuna conclu

sione certa. Inoltre, anche se stato possibile descrivere


interrelazioni tra timo e altre ghiandole endocrine, an
cora non sono bene individuate in campo endocrinologico
251

broncoscopia. stato individuato nel tessuto tumorale


incubato un polipeptide identico all'ACTH; tale polipe
ptide appare responsabile dello sviluppo dell'ipercorti
cismo tramite un'iperplasia bilaterale dei surreni. La
messa a riposo della secrezione ipofisaria normale di
ACTH dimostrabile dalle osservazioni d'insufficienza

surrenalica dopo exeresi del timoma.


L'asportazione del timoma maligno comporta la scom
parsa della sindrome endocrina. In assenza di trattamento
chirurgico la terapia ricorre alla radioterapia della loggia
timica e al controllo della steroidogenesi con l'impiego
degli anticortisolici di sintesi.

Per quanto riguarda la sindrome di Schwartz-Bartter i


tumori timici ne costituiscono l'etiologia pi rara (v.
252

IPERTIROIDISMI E IPOTIROIDISMI

INAPPROPRIATA SECREZIONE DI ADH, SINDROME DA; ENDO

IPERTIROIDISMI E IPOTIROIDISMI

CRINE PARANEoPLASTICHE sINDRoMI). L'origine tumorale


timica del principio antidiuretico secreto non differenzia
la fisiopatologia e la clinica della sindrome che caratte
rizzata da un'eccessiva ritenzione idrica malgrado l'ab

F. hyperthyroidismes et hypothyroidismes. - I. hyperthy


roidisms and hypothyroidisms. - T. Hyperthyreoidismen
und Hypothyreoidismen. - s. hipertiroidismos e hipotiroi
dismos.

bassamento dell'osmolarit.

L'associazione di timoma e anemia aplastica costituisce


un'affezione assai rara: i casi riportati a tutt'oggi nella
letteratura ammontano a poco pi di 100.
Per quanto riguarda l'etiopatogenesi di questa associa
zione si contendono il campo due ipotesi: quella ormo
nale e quella immunitaria.
Secondo l'interpretazione ormonale, accettata dalla
maggior parte degli AA., il timo produrrebbe un ormone
capace di deprimere selettivamente la serie eritroblastica.
Dal punto di vista anatomopatologico, nei timomi as

sociati ad emopatia sono maggiormente rappresentati


l'istotipo linfoepiteliale e quello fusocellulare, entrambi
caratterizzati da comportamento biologico benigno.
La sintomatologia complessa perch dipende in parte
dalla sofferenza mediastinica (dispnea da stenosi tra

SOMMARIO

Definizione (col. 254). - Ipertiroidismi (col. 254): Etiopatoge


nesi. - Anatomia patologica. - Sintomatologia. - Diagnosi. - Te
rapia. - Ipotiroidismi (col. 259): Etiologia. - Anatomia patolo
gica. - Sintomatologia. - Diagnosi. - Terapia.

Definizione

Per ipertiroidismo e ipotiroidismo s'intendono le condi


zioni morbose che derivano rispettivamente da un ec
cesso o da un difetto di ormoni tiroidei, indipendente
mente dalla loro causa ed entit. Il primo caratterizzato
da un acceleramento, il secondo da un rallentamento ge
nerale dei processi metabolici dell'organismo.

cheale e bronchiale, turbe del circolo venoso e arte

rioso, etc.) e in parte dalle alterazioni della crasi sangui


gna (astenia, cardiopalmo, pallore della cute e delle m
cose, sindrome emorragica, processi infettivi).
La prognosi quasi sempre infausta, anche se sono
stati resi noti pochi casi di guarigione o di remissione

Ipertiroidismi
Secondo la classificazione recentemente adottata dal

gico (timectomia): ove questo non fosse possibile, si pu


ricorrere al trattamento radiante, all'impiego di farmaci

l'American Thyroid Association si possono distinguere le


seguenti forme di ipertiroidismo: 1) gozzo diffuso tossico;
2) gozzo uninodulare tossico; 3) gozzo multinodulare tos
sico; 4) gozzo nodulare con ipertiroidismo da iodio eso
geno; 5) eccesso di ormoni tiroidei esogeni; 6) tumori:
adenoma o carcinoma follicolare della tiroide; tumori se

antireattivi e al trattamento trasfusionale.

cernenti sostanze tirostimolanti.

Sindromi da carenza funzionale del timo

drome clinica che va sotto il nome di morbo di Basedow,

stabile.

La terapia di elezione consiste nell'intervento chirur

Con il termine gozzo diffuso tossico si indica la sin


di Graves o di Flajani e che caratterizzata da iperplasia
Mentre alcune sindromi ipertimiche hanno oramai una

tiroidea diffusa associata o meno ad alterazioni oculari

sufficiente individuazione nosologica e un evidente con

(oftalmopatia), mixedema pretibiale (dermopatia e/o

trassegno biologico, dimostrato dall'aumentata produ

acropachia). In senso estensivo vengono anche inclusi in


questa forma l'ipertiroidismo neonatale o congenito e
l'oftalmopatia disgiunta da ipertiroidismo. Il termine
gozzo uninodulare tossico indica il nodulo tiroideo
iperfunzionante, comunemente designato nella pratica
clinica come adenoma tossico. Il gozzo multinodulare
tossico pu essere distinto in due forme, delle quali una
caratterizzata dalla presenza di pi noduli funzionanti con
parenchima circostante non funzionante e pertanto
identificabile con la cosiddetta adenomatosi multipla o
morbo di Plummer, e l'altra dall'iperfunzione del tes
suto sia nodulare che extranodulare, che potrebbe rap

zione di fattori timici di natura ormonale, anche se chi

micamente ancora non ben caratterizzati, pi difficile


stato il riconoscimento delle sindromi da ipotimismo o
atimismo.
Allo stato attuale le sindromi da carenza funzionale del

timo sono caratterizzate fondamentalmente da deficit


dell'immunit cellulare, con eventuali altre anomalie con

genite associate. In questo ambito vanno ricordate la sin

drome di Nezelof, che una displasia timica con immu


noglobuline normali, con inadeguata produzione di or
mone timico, a carattere familiare, su base genetica, ad
insorgenza nella primissima infanzia, con linfopenia
estrema e aumentata suscettibilit alle infezioni, e la sin

presentare una variante della forma basedowiana. Con il

drome di Di George, che clinicamente caratterizzata da


tetania ipocalcemica, facies caratteristica, aumentata
morbilit infettiva, ipoplasia o aplasia del timo e delle
paratiroidi, e spesso dalla coesistenza di malformazioni

termine gozzo nodulare con ipertiroidismo da iodio eso


geno s'intendono i quadri tireotossici che si sviluppano
talora nei soggetti portatori di gozzo nodulare non-tos
sico in seguito alla somministrazione di iodio (Jod Base
dow). L'ipertiroidismo da eccesso di ormoni tiroidei eso

cardiovascolari (anomalie dell'arco aortico).

geni si distingue in tireotossicosi fattizia e medicamentosa,

V. IMMUNoDEFICIENZE (VII, 1463); IPERPARATIRoIDIsMo


E IPOPARATIROIDISMO,

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58, 336.
Schulhof R.S., Goldstein A. L., Adv. Int. Medic., 1977, 22, 121.
EZIO ZILLI

253

a seconda che l'ingestione dei preparati tiroidei avvenga


per decisione autonoma del paziente o in seguito a pre
scrizione medica. Le forme tumorali possono essere do
vute all'attivit funzionale del tessuto neoplastico (ade
noma o carcinoma follicolare della tiroide) o all'iperfun
zione del tessuto tiroideo normale indotta dalla tirotro

pina secreta in eccesso da un adenoma ipofisario o da al


tre sostanze tirostimolanti prodotte da processi neopla
stici extratiroidei ed extraipofisari (coriocarcinoma, mola
vescicolare o altri). A queste forme va aggiunto lo struma
ovarico, che molto spesso pu essere accompagnato da
segni di ipertiroidismo.
254

IPERTIROIDISMI E IPOTIROIDISMI

Nel passato il termine tireotossicosi stato impiegato per in

ricchi di colloide e rivestiti da un epitelio piatto). Il nodulo pu

dicare uno stato di presunta intossicazione da ormoni tiroidei


anomali, la cui esistenza non mai stata documentata. Pi re
centemente stato proposto di usare questo termine nell'acce

per essere costituito da uno pseudoadenoma, privo di un chiaro


rivestimento capsulare. L'aspetto pseudoadenomatoso caratte
ristico del gozzo multinodulare con noduli funzionanti e paren

zione qui assegnata all'ipertiroidismo, che potrebbe pi pro


priamente essere riservato alle forme dovute ad un'iperattivit

gozzo multinodulare il tessuto parenchimatoso si presenta invece

tiroidea. Oggi tuttavia prevale la tendenza ad usare i due termini

attivo con follicoli piccoli ed epitelio cilindrico, mentre i noduli

come sinonimi. Del tutto abbandonato invece il concetto di

distiroidismo, in quanto fonte di confusione e privo di qual


siasi fondamento fisiologico.

mostrano follicoli di varia grandezza e diverso atteggiamento


funzionale. La tiroide caratteristicamente ipotrofica nelle
forme da eccesso di ormoni tiroidei esogeni e in quella da
struma ovarico. L'ipertiroidismo da carcinoma follicolare della

Etiopatogenesi

tiroide di regola caratterizzato e sostenuto dalla presenza di

chima circostante funzionalmente inattivo. Nell'altra forma di

estese metastasi funzionanti.

Se si eccettuano le tireotossicosi fattizia e medicamen

Le principali lesioni extratiroidee rilevabili nella forma base


tosa, il problema etiopatogenetico dell'ipertiroidismo
deve essere ancora risolto. Ci vale in particolare per il
gozzo diffuso tossico, che la forma di gran lunga pi
frequente, con netta predilezione per il sesso femminile e
massima incidenza tra il 3 e il 4 decennio di vita. La

ipotesi che questa malattia fosse dovuta ad ipertireotro


pinismo sostenuto da un disordine dell'asse ipotalamo
ipofisario stata smentita dalla dimostrazione che i livelli
tireotropinemici sono subnormali e non aumentano dopo
somministrazione di TRH esogeno. Nel siero dei pazienti
basedowiani sono stati d'altra parte identificati fattori ti
rostimolanti anomali, costituiti da immunoglobuline G di
natura anticorpale, indicati inizialmente con il termine di
Long-Acting Thyroid Stimulator (LATS) e attualmente
detti anticorpi tirostimolanti (Thyroid-Stimulating An
tibodies, TSAb). Per ulteriori dettagli si rimanda alla voce
LATs. Sebbene manchino prove definitive, numerosi dati
confortano l'ipotesi che questi anticorpi tirostimolanti
siano responsabili dell'iperplasia e dell'iperfunzione tiroi
dea. I motivi patogenetici della oftalmopatia e della der
mopatia devono essere ancora chiariti, ma probabile
che anche queste manifestazioni della sindrome basedo
wiana abbiano una base autoimmunitaria. Viene gene
ralmente ammesso l'intervento di fattori genetici, mentre
tuttora discussa l'importanza dei traumi psichici.
I gozzi nodulari tossici mostrano una minore predi
lezione per il sesso femminile, sono relativamente pi
frequenti nell'et matura e avanzata e possono rappre
sentare le forme di ipertiroidismo prevalenti nelle zone di
endemia gozzigena. Sono in genere dovuti alla forma
zione di adenomi o pseudoadenomi funzionalmente auto
nomi, la cui etiologia peraltro ignota. L'ipertiroidismo
da iodio esogeno non di rado osservato nelle zone di
endemia dopo l'introduzione della profilassi iodica. Il fe
nomeno potrebbe essere spiegato con la persistenza della
ben nota avidit per lo iodio che propria del gozzo en
demico e con uno stato di ipertiroidismo latente, la cui
manifestazione era precedentemente impedita dal deficit
del substrato dell'ormonogenesi tiroidea. Un'anomalia
dello sviluppo fetale, con formazione di un teratoma

dowiana consistono in un'iperplasia generalizzata del tessuto


linfonodale, spesso associata ad ingrandimento del timo; nel
l'edema con infiltrazione linfocitaria e mucopolisaccaridica dei
muscoli estrinseci dell'occhio e del tessuto retrobulbare nei casi

con oftalmopatia, e del derma nella area pretibiale e nelle altre


zone colpite da mixedema localizzato.

Sintomatologia

Le diverse forme di ipertiroidismo hanno in comune il


quadro sintomatologico legato alla condizione ipermeta
bolica, che si traduce tra l'altro in un'aumentata produ
zione di calore con prevalenza dei fenomeni catabolici su
quelli anabolici. Caratteristicamente l'ipertiroideo accusa
intolleranza al caldo ed eccessiva sudorazione, perde peso

malgrado l'appetito sia di regola aumentato. La cute


calda e umida (specie alla palma delle mani), sottile ed
elastica. I capelli sono fini e cadono con facilit. Le un
ghie presentano una caratteristica onicolisi, sono fragili
ma crescono rapidamente.

Segni oculari indipendenti dalla causa dell'ipertiroidi


smo sono la retrazione della palpebra superiore e l'asi
nergia oculo-palpebrale.
Tra le manifestazioni cardiovascolari pi costanti figu
rano la tachicardia, spesso associata a palpitazioni, e
l'aumento della pressione differenziale. I disturbi del
ritmo sono frequenti, specie la fibrillazione atriale, che
all'inizio pu avere carattere parossistico. Negli anziani
non raro lo scompenso cardiaco congestizio resistente
alla terapia digitalica. Non infrequente l'angina pectoris.

A questo complesso di alterazioni cardiache stato dato


il nome di cardiopatia tireotossica.
Il principale sintomo gastroenterico l'aumentata fre
quenza dell'alvo, con o senza diarrea. Sono in genere im
portanti i disturbi neuropsichici: ansiet, irrequietezza,
irritabilit, tremori. Astenia e diminuita resistenza alla
fatica

denunciano l'interessamento

muscolare, talora

molto cospicuo (miopatia tireotossica). Si ha deplezione


del calcio osseo, che pu essere causa di osteoporosi dif
fusa.

contenente tessuto tiroideo, alla base dello struma ova

Nelle donne sono frequenti le alterazioni mestruali:

rico. I casi di ipertiroidismo da adenoma ipofisario secer


nente tirotropina sono estremamente rari. Il problema
etiologico di questa e delle altre forme tumorali coincide
con quello pi vasto di tutte le neoplasie.

irregolarit del ciclo, oligomenorrea, amenorrea; la ferti

Anatomia patologica
Nella forma basedowiana la tiroide caratteristicamente ingran
dita in toto, di consistenza aumentata, riccamente vascolarizzata.

All'esame microscopico si rilevano follicoli piccoli, poveri di


colloide e rivestiti da un epitelio cilindrico e iperplastico, con
frequenti estroflessioni papillari proiettate nel lume follicolare.
Sono generalmente presenti infiltrati linfocitari e plasmacellulari
di varia estensione, talora confluenti fino a costituire follicoli

linfoidi secondari. Nel gozzo uninodulare tossico si osserva di


regola un adenoma follicolare delimitato da una capsula propria,

con tessuto extranodulare in stato di inattivit (follicoli grandi,


255

lit ridotta.

In rapporto con la durata e l'intensit dello stato ti


reotossico, questi sintomi possono essere lievi, moderati o
gravi, fino a sfociare nella cosiddetta cachessia tireotos

sica. Notevole importanza ha anche l'et del paziente:


negli anziani sono pi cospicue e frequenti le manifesta
zioni cardiovascolari, mentre quelle neuropsichiche pos
sono essere sfumate o addirittura assenti (ipertiroidismo
apatico).
Tra gli aspetti clinici connessi con la forma etiologica
dell'ipertiroidismo figurano in primo luogo i caratteri del
gozzo. Fenomeno caratteristico, anche se non costante
della forma basedowiana, l'oftalmopatia, di regola bi
laterale e costituita da uno o pi dei seguenti segni:
256

IPERTIROIDISMI E IPOTIROIDISMI

esoftalmo, iperemia congiuntivale, lacrimazione, edema


palpebrale, chemosi, oftalmoplegia con o senza diplopia.
Complicanze pi rare di questa sindrome sono il mix
edema pretibiale e l'acropachia (v. BASEDow, MORBo Di).
Nei gozzi nodulari la sintomatologia cardiovascolare in
genere prevalente rispetto a quella neuropsichica, proba
bilmente in rapporto con l'et pi avanzata dei soggetti
colpiti da questa forma. Il quadro clinico delle rare forme
da tumori secernenti sostanze tireostimolanti anomale

dominato dalle manifestazioni della malattia principale


(coriocarcinoma, mola vescicolare, tumori gastrointesti
nali, carcinomi bronchiogeni). Anche il decorso influen
zato dalla forma etiologica: piuttosto lento e insidioso nei
gozzi nodulari, pu avere un esordio sia brusco che gra
duale nella forma basedowiana per poi presentare fasi
alterne di remissione e di recrudescenza. Traumi, processi
infettivi intercorrenti e soprattutto la tiroidectomia non
preceduta da un adeguato trattamento antitiroideo pos
sono scatenare una crisi tireotossica, cio un'improvvisa e
grave esacerbazione della sintomatologia, che pu avere
esito letale.

Diagnosi
Nella larga maggioranza dei casi, specie nei basedowiani,
possibile porre la diagnosi solo sulla base dell'esame
clinico. Ci pu non verificarsi nei soggetti anziani e nei
gozzi nodulari. La diagnosi va in ogni caso corroborata
con almeno due prove di laboratorio: preferibilmente la

nelle tireotossicosi fattizia e medicamentosa, nelle quali

la sospensione del preparato ormonico vale a rimuovere


la causa dell'ipertiroidismo. Nei rari casi di ipertiroidismo
da carcinoma tiroideo, da struma ovarico o da tumori se

cernenti sostanze tireostimolanti la terapia coincide con


quella della malattia fondamentale. Nelle altre forme essa
consiste nel frenare l'attivit della tiroide bloccandone

l'ormonogenesi con farmaci antitiroidei o riducendone la


massa mediante asportazione chirurgica o irradiazione
con iodio radioattivo. La terapia radiante esterna stata
quasi dovunque abbandonata in quanto meno efficace e
meno selettiva di quella radioisotopica. La scelta tra te
rapia farmacologica, chirurgica e radioisotopica dipende
da diversi fattori, quali l'et del paziente, i caratteri del
gozzo, l'esistenza di eventuali controindicazioni specifi

che. Nei pazienti con gozzo diffuso tossico di et infe


riore ai 40 anni si preferisce ricorrere alla terapia medica,
riservando l'intervento chirurgico ai casi di gozzo molto
voluminoso (specie se associato a sintomi da compres
sione), di intolleranza farmacologica o di recidiva dopo
trattamento medico; nei soggetti di et superiore ai 40
anni la terapia di elezione invece quella con radioiodio

(questo limite di et sostanzialmente arbitrario, e pu


essere abbassato ove necessario). Nei gozzi uninodulari o
multinodulari tossici la terapia pu essere chirurgica o
radioisotopica, secondo l'et. Le gravi complicanze car
diache e le recidive dopo tiroidectomia controindicano
l'intervento chirurgico, mentre la gravidanza costituisce
una controindicazione assoluta dello iodio radioattivo.

determinazione della tiroxinemia e/o della triiodotironi


nemia e la misura della captazione tiroidea del radioiodio

(o del radiotecnezio). L'aumento della tiroxinemia e del


l'indice di tiroxina libera un reperto quasi costante, se
si eccettuano i casi di ipertiroidismo da ipertriodotironi
nemia generalmente associati a gozzo uninodulare tos
sico. La captazione tiroidea del radioiodio in genere
elevata, ma nelle forme nodulari spesso compresa entro
i limiti normali, mentre tipicamente bassa nelle tireo
tossicosi fattizia e medicamentosa. La tireoscintigrafia
consente di precisare l'attivit funzionale delle formazioni
nodulari. Il metabolismo basale di regola elevato, ma
l'importanza pratica di questa prova limitata dai suoi
larghi margini di errore. Anche l'aumentata velocit di
contrazione e decontrazione muscolare rilevabile al ri

flessogramma achilleo ha uno scarso valore discrimina


tivo. Nei casi dubbi utile il dosaggio della tireotropine
mia, che risulta subnormale anche dopo stimolazione con
TRH. Questa prova tende attualmente a sostituire quella
di soppressione tiroidea con triiodotironina, che peraltro
conserva la sua validit nel distinguere l'ipercaptazione

tiroidea del radioiodio da ipertiroidismo (soppressione


negativa) da quella dovuta a carenza di iodio o altre
cause (soppressione positiva). Anticorpi antitiroide cir

colanti sono generalmente presenti nella forma basedo


wiana, e assenti nelle altre forme.

La malattia che pi facilmente pu simulare l'ipertiroi


dismo la nevrastenia, che peraltro contraddistinta
dalla scomparsa della tachicardia nel sonno e dal fatto
che la palma della mano umida, ma fredda. Nella dia
gnosi differenziale, oltre alle altre tireopatie con gozzo,
occorre tener presenti il feocromocitoma, le bronco
pneumopatie croniche e soprattutto le cardiopatie, specie
se associate a fibrillazione atriale.

Terapia

Questa volta a correggere l'eccesso di ormoni tiroidei,


agendo ove possibile sul fattore causale. Attualmente
un'effettiva terapia etiologica pu essere istituita solo
257

9. -VIII.

La terapia farmacologica si avvale principalmente delle


tionamidi (metimazolo, carbimazolo, propiltiouracile, me
tiltiouracile), che bloccano la sintesi degli ormoni tiroidei
inibendo l'organicazione dello ioduro e la copulazione
delle iodotirosine in tiroxina e triiodotironina. Meno

usato il perclorato (di potassio o di sodio), che agisce


inibendo l'accumulo di ioduro nella tiroide. Tra i nume

rosi altri farmaci dotati di azione antitiroidea, solo lo io

dio inorganico sotto forma di ioduro (soluzione satura


di potassio) o di ioduro-iodio elementare (liquido di Lu

gol) conserva un'importanza terapeutica, che peraltro


limitata alla preparazione all'intervento chirurgico (in
quanto favorisce l'involuzione della ghiandola) e al trat
tamento della crisi tireotossica (in quanto inibisce la se
crezione oltre che la sintesi degli ormoni tiroidei, ed ha
pertanto un'azione pi pronta delle tionamidi). Le dosi di
attacco sono di 30-40 mg per il metimazolo e il carbima
zolo, 300-400 mg per il propiltiouracile e il metiltioura
cile, 600-800 mg per il perclorato (raramente sono ne

cessarie dosi pi elevate). Sono in genere sufficienti da 4


a 8 settimane per riportare il paziente allo stato eutiroi
deo. Occorre poi proseguire il trattamento con dosi op
portunamente ridotte fino ad una durata complessiva di
almeno 12-18 mesi, onde ridurre l'incidenza delle reci

dive. Nel 4-7% dei pazienti compaiono effetti collaterali,


che consistono prevalentemente in dermatiti allergiche,
neutropenia e talora agranulocitosi. Il principale svantag
gio della terapia farmacologica sta nell'elevata incidenza

delle recidive, che raggiunge o supera il 50% anche dopo


cicli terapeutici protratti.
La terapia chirurgica deve essere in ogni caso prece
duta da un adeguato trattamento farmacologico, che nel

caso delle tionamidi (ma non del perclorato) pu essere


vantaggiosamente integrato negli ultimi 10-15 giorni con
la somministrazione di liquido di Lugol (X gtt 2 volte al
d) o soluzione satura di ioduro potassico (V gtt 2 volte
al d). La tiroidectomia di regola subtotale nel gozzo
diffuso, ampia anche se non subtotale nel gozzo multino
dulare, limitata all'enucleoresezione nel gozzo uninodu
258

IPERTIROIDISMI E IPOTIROIDISMI

lare. La mortalit operatoria e la temibile crisi tireotos


sica hanno un rischio trascurabile, quando il paziente
stato adeguatamente preparato all'intervento. Nei centri
specializzati l'ipoparatiroidismo permanente e le lesioni
del ricorrente non superano in genere il 2-3%. L'ipoti
roidismo ha invece una frequenza piuttosto elevata, spe
cie nel gozzo diffuso (dal 5 al 45%), mentre nel 2-10%
compaiono recidive a distanza.
La terapia radioisotopica viene attualmente effettuata
con lo I (l'uso dello 1*I non si rivelato vantaggioso).
La principale difficolt sta nella scelta di una dose suffi
ciente a controllare l'ipertiroidismo senza rendere ipoti
roideo il paziente. I criteri di questa scelta sono variabili,
ma in linea generale sono basati sul volume del gozzo e
sul valore della captazione tiroidea del radioiodio e ten
gono conto della maggiore radioresistenza dei gozzi no
dulari. Le dosi medie impiegate nello schema conven
zionale si aggirano intorno a 10 mCi di *I per i gozzi
diffusi, e a 15 mCi per quelli nodulari. Attualmente si
tende a dimezzare la dose nei gozzi diffusi, onde ridurre
l'incidenza dell'ipotiroidismo che caratteristicamente au

Basedow. Queste forme sono da 4 a 7 volte pi frequenti


nelle femmine che nei maschi. Attualmente le cause pi
comuni di ipotiroidismo tireoprivo dell'adulto sono la ti
roidectomia, la terapia con radioiodio o l'irradiazione
esterna della regione cervicale. L'ipotiroidismo con gozzo
pu essere dovuto a grave carenza o eccesso di ioduro,
oppure a somministrazione di tionamidi, di perclorato o
di altre sostanze ad azione gozzigena. Causa di lieve ipo
tiroidismo con gozzo anche la tiroidite cronica di Ha

menta con l'aumentare della distanza dal trattamento,

shimoto.

fino a raggiungere o superare il 30-40% dopo 10 anni.


L'insufficienza tiroidea molto meno frequente nelle

L'ipotiroidismo giovanile pu essere dovuto a lesioni


acquisite, che s'identificano con quelle dell'adulto; o a
disordini congeniti incompleti (disgenesie tiroidee, difetti
dell'ormonogenesi tiroidea), tali da consentire una pro
duzione ormonica adeguata per i primi anni di vita, ma
insufficiente per quelli successivi.
L'ipotiroidismo congenito o infantile pu essere di
stinto sul piano etiologico in: sporadico atireotico, che
causato da agenesia o disgenesia tiroidea per arresto
dello sviluppo embrionale della ghiandola; endemico, che
colpisce le aree di grave endemia gozzigena (si associa
spesso ma non sempre a gozzo ed strettamente legato
alla carenza iodica); metabolico, che quasi sempre ac
compagnato da gozzo ed dovuto a disordini congeniti

forme multinodulari e rara nell'adenoma tossico. Poich

gli effetti del radioiodio sono relativamente lenti, nei casi


gravi opportuno istituire un trattamento con antitiroidei

di sintesi prima e/o dopo la somministrazione dello

I.

Ove necessario, questa pu essere ripetuta una o pi


volte, a intervalli di 6 mesi o oltre.

Nella fase di latenza della terapia con farmaci antiti


roidei o con radioiodio, onde mitigare i disturbi dell'i
pertiroidismo, opportuno s