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N 97 Gennaio 2016

Trifir & Partners Avvocati


Dimissioni e risoluzione consensuale: le nuove
comunicazioni on line
Lo scorso 11 gennaio stato pubblicato sulla Gazzetta Uciale n. 7 il
Decreto 15 dicembre 2015, con il quale il Ministero del Lavoro, in
adempimento di quanto previsto dallart. 26, comma 3, delD. Lgs. n.
151 del 2015 (attuativo del Jobs Act), ha definito i dati che devono
essere contenuti nel modulo per le dimissioni e la risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro e per la loro revoca, nonch le
regole tecniche per la sua compilazione e trasmissione al datore di
lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente.

Si ricorder che lart. 26 menzionato ha stabilito che le dimissioni e le


risoluzioni consensuali devono effettuarsi con modalit telematiche su
apposito modulo, e che con le stesse modalit possono essere revocate
entro 7 giorni dalla trasmissione del modulo.

Diritto del Lavoro


Attualit 1

Le Nostre Sentenze 10

Cassazione 12

Diritto Civile,
Commerciale,
Assicurativo
Le Nostre Sentenze 13

Assicurazioni, Locazioni,
Responsabilit 14

Il Punto su 16
R. Stampa 18

Contatti 19
N97 Gennaio 2016

Il modulo - di cui allegato il fac-simile nel Decreto - unico per le


dimissioni, le risoluzioni consensuali e per la revoca e deve contenere, tra
laltro, i dati del lavoratore, del datore, di inizio rapporto e del tipo di
rapporto di lavoro. Va soggiunto che detti dati verranno recuperati dal
sistema informativo e inseriti in automatico nelle apposite sezioni del
modulo, se il rapporto di lavoro dal quale il lavoratore intende recedere
iniziato dopo il 2008 (anno di entrata in vigore delle comunicazioni
telematiche obbligatorie per i datori di lavoro ai servizi per limpiego Decreto interministeriale 30 ottobre 2007).
Le modalit tecniche di trasmissione del modulo sono illustrate
nellallegato B del Decreto e si possono cos riassumere:

I fase: se il lavoratore procede da solo alla trasmissione deve


richiedere il codice PIN I.N.P.S., accedendo al sito dellistituto
www.inps.it
creare un account sul sito del Ministero del Lavoro www.cliclavoro.gov.it
Tali passaggi non sono necessari se il lavoratore effettua le comunicazioni
attraverso un soggetto abilitato (i patronati, le organizzazioni sindacali, gli
enti bilaterali e le commissioni di certificazione), che utilizzer le sue
proprie credenziali di accesso e si assumer la responsabilit
dellaccertamento dellidentit di colui che richiede la trasmissione del
modulo.
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II fase: il lavoratore, da solo o con lassistenza di un soggetto abilitato, deve


accedere al portale del Ministero www.lavoro.gov.it per reperire il modulo nella pagina dedicata
aprire il form on-line e inserire i dati richiesti
inviare il modulo
III fase: il modulo dovr essere trasmesso
al datore di lavoro (che lo ricever nella propria casella di posta certificata)
alla DTL competente (che ricever una notifica nel proprio cruscotto e potr visualizzare il modulo).
Al termine della compilazione, il sistema informativo rilascer un codice alfanumerico di identificazione,
che attester ora e giorno della trasmissione del modulo.
La procedura descritta ha la finalit di garantire, con la doppia autenticazione, il riconoscimento certo del
soggetto che effettua la trasmissione (verifica dellidentit) e prevenire che altri possano sostituirsi
allinteressato nelle comunicazioni; la data certa di trasmissione della comunicazione (c.d. marca
temporale); la revoca della comunicazione entro 7 giorni dalla trasmissione; lintervento di un soggetto
abilitato per supportare il lavoratore nelle comunicazioni.
Le nuove regole sulle modalit telematiche di comunicazione delle dimissioni e delle risoluzioni
consensuali entreranno in vigore il 12 marzo 2016 e, contestualmente, saranno abrogati i commi da 17 a
23 bis dellart. 4 della Legge n. 92/2012 (legge Fornero), ovvero le procedure di convalida e di revoca
delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali attualmente in vigore. La disciplina prevista dalla Riforma
Fornero - ovvero la regola della convalida da parte del Ministero del Lavoro competente - continuer,
invece, ad applicarsi alle dimissioni e alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro della madre
durante la gravidanza, della madre o del padre nei primi tre anni di vita del bambino o, nel caso di
adozione internazionale, nei primi tre anni dalle comunicazioni di proposta di incontro con il minore
adottando o dallinvito ai genitori adottivi a recarsi allestero, a seconda di come si svolga liter di
adozione.
Se non si rispetta la nuova procedura telematica, dimissioni e risoluzioni consensuali saranno inefficaci.
In merito alla revoca, si osserva che, per quanto la nuova normativa nulla dica riguardo alle sue
conseguenze (a differenza della legge Fornero), qualora non vi sia stato svolgimento di attivit lavorativa
tra le dimissioni e la revoca certo che il lavoratore non maturer alcun diritto retributivo. Invece, lattivit
svolta a titolo di preavviso, nello stesso periodo, verr considerata come normale prestazione lavorativa.
La revoca comporter poi il venir meno degli accordi connessi con le dimissioni e le risoluzioni
consensuali (ad esempio, le previsioni di incentivo) e lobbligo di restituire quanto percepito in base ad
essi.
Si rammenta, infine, che il D. Lgs. n. 151, salvo che il fatto costituisca reato, ha mantenuto la sanzione
amministrativa da euro 5.000 a 30.000 per il caso in cui il datore di lavoro alteri i moduli di trasmissione
delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali e che la nuova procedura non si applica al lavoro
domestico e nel caso di dimissioni e risoluzioni consensuali intervenute nelle sedi protette (individuate
dallart. 2113, comma 4, cod. civ.) o avanti alle commissioni di certificazione (art. 76, D. Lgs. n.
276/2003).
Marina Olgiati
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HIGHLIGHTS T&P 2015


Diritto del lavoro, Novit legislative, La Giurisprudenza del lavoro, Giurisprudenza e
Novit in materia commerciale, Diritto Assicurativo, Rassegna Stampa e Convegni 2015

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Gli interventi per il lavoro nella legge di stabilit


A cura di Damiana Lesce
La Legge 208 del 2016, c.d. Legge di Stabilit 2016, prevede delle novit anche per il lavoro.
Qui di seguito, una sintesi.
Proroga al 2016 dello sconto contributivo sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato, seppur in misura
inferiore rispetto a quello del 2015: sconto del 40% fino a un tetto massimo di esonero pari a 3.250 euro e
valido per due anni. Sono esclusi i premi e contributi INAIL.
Lagevolazione si applica ai contratti stipulati fra il 1^ gennaio e il 31 dicembre 2016.
Lo sconto non si applica ai lavoratori per i quali gi stato utilizzato il beneficio assunzioni 2015.
Il beneficio esteso ai datori di lavoro che subentrano nel contratto di appalto.
Tassazione agevolata sui premi di produttivit con imposta sostitutiva al 10%.
Il limite del premio di produttivit pari a 2.000,00 euro lordi.
Per le imprese che coinvolgono i lavoratori nellorganizzazioni del lavoro in base a criteri che saranno fissati da
apposito decreto ministeriale previsto entro 60 giorni dallentrata in vigore della Legge (entro il 1^ marzo
2016), il limite del premio aumenta a 2.500,00 euro.
Con decreto del ministero del Lavoro verranno individuati i criteri per la determinazione degli incrementi di
produttivit, redditivit, qualit, efficienza ed innovazione.
Fra le novit: nella determinazione del premio di produttivit si calcola anche il periodo obbligatorio di
congedo di maternit.
Limposta al 10% si applica anche alle forme di partecipazione agli utili dellimpresa.
Estensione della deduzione Irap anche al lavoro stagionale.
La deduzione al 70% si applica a ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno 120 giorni per due periodi
dimposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nellarco di due anni a
partire dalla data di cessazione del precedente contratto.
Congedo obbligatorio di paternit: raddoppiato a due giorni il congedo obbligatorio per il padre lavoratore
da utilizzare nei primi cinque mesi dalla nascita del figlio anche non consecutivamente.
Confermata per il 2016 la possibilit (gi prevista nel 2015) di due giorni di congedo facoltativo, in alternativa
alla madre.
La contribuzione figurativa (al 100%) a carico dellInps.
Beneficio fiscale per i lavoratori che sono rientrati dallestero entro il 31 dicembre 2015.
Detassazione fra il 70 e l80%.
In alternativa: il regime agevolato previsto dallarticolo 16 del Dlgs 147/2015 (imponibile al 70%).
Ammortizzatori sociali. Per il 2016:

la DIS-COLL in favore del collaboratori.


rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga.
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Gestione separata dellInps. Per il 2016:

per autonomi titolari di partita IVA, aliquota confermata al 27%;


per gli altri lavoratori autonomi obbligati alla gestione separata, aumento dellaliquota al 31%;
Lavoro part-time per chi matura il requisito pensionistico entro il 31 dicembre 2018 e si trova a un
massimo di tre anni dalla pensione.

necessario un accordo fra dipendente e datore di lavoro.


Nonostante una retribuzione part-time, il lavoratore riceve in busta paga una somma corrispondente ai
contributi pieni.

VIDEO INTERVISTE JOB24 - IL SOLE 24 ORE

Jobs Act Collaborazioni: che cosa cambiato


Dr. Job Con il Jobs Act spariscono le collaborazioni? No, perch
Intervista a Tommaso Targa

JOB24 - Il Sole 24 Ore:


25/1/2016

VIDEO: Jobs Act


Collaborazioni: che cosa
cambiato

Intervista a Tommaso Targa

Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca
DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera,
Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trifir e Giovanna Vaglio Bianco
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Controlli a distanza: attenzione allobbligo di informativa


A cura di Damiana Lesce
l nuovo art. 4 dello Statuto del Lavoratori, modificato dallart. 23 D. lgs n. 151 del 2015, ha introdotto
un cambiamento sostanziale nella disciplina dei c.d. controlli a distanza.
In sintesi, si prevede che le informazioni raccolte dal datore di lavoro attraverso impianti audiovisivi, per i quali
prevista la necessit di un accordo sindacale o di una autorizzazione della Direzione territoriale del Lavoro,
oppure attraverso strumenti di lavoro possano essere utilizzate per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro e,
quindi, a fini disciplinari e per verificare la diligenza del dipendente nelladempimento degli obblighi contrattuali.
Tale possibilit, tuttavia subordinata al fatto che venga data al lavoratore una adeguata informazione sulle
modalit duso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, nel rispetto di quanto disposto dal decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (normativa in materia di privacy).
evidente, quindi, limportanza per il datore di lavoro di procedere allinformativa prevista e richiesta dalla
norma. A tale riguardo, si suggeriscono alcune indicazioni operative.
Linformazione ai lavoratori deve essere preventiva e, preferibilmente, per iscritto.

opportuno, quindi, che il documento sia firmato dal dipendente per ricevuta e/o che comunque sia
dimostrabile la sua materiale consegna.
Quanto al contenuto, il lavoratore deve essere informato:
sui limiti di utilizzo della strumentazione. Ad esempio: regole di utilizzo del telefono aziendale; regole di
accesso ad internet attraverso il personal computer aziendale;
leventuale presenza, negli strumenti di cui sopra, di sistemi di controllo/rilevazione e/o di blocco dellutilizzo.
Inoltre, tenuto anche conto del fatto che il Garante della privacy, in relazione al D.Lgs. n. 196/2003, ha
dichiarato che, ad esempio, le indagini relative alluso di internet sono subordinate alla emanazione di un
codice di condotta con il quale si portino a conoscenza del lavoratore le regole di comportamento secondo
modalit riconducibili a quelle di cui allart. 7 dello Statuto dei lavoratori, opportuno che il lavoratore sia
altres informato:
delle conseguenze, sotto il profilo disciplinare, di comportamenti contrari alle regole di utilizzo degli
strumenti;
della rilevanza delle informazioni raccolte ai fini della valutazione della prestazione resa dal lavoratore.
In aggiunta a quanto sopra, resta confermato lobbligo di procedere alla diversa ed ulteriore informativa
sulla privacy ex art. 13 del D.Lgs. n. 196/2003, finalizzata ad informare il dipendente in merito al
trattamento dei suoi dati, ivi compresi - oggi - quelli di cui il datore di lavoro viene a conoscenza
attraverso lutilizzo degli strumenti di lavoro.
Il trattamento dovr tutelare i diritti di riservatezza del dipendente, nel rispetto dei principi generali del
Codice della Privacy tra cui quelli di liceit, necessit, correttezza, pertinenza e non eccedenza.

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Il controllo occulto dell'account lavorativo non viola il diritto alla


segretezza della corrispondenza
A cura di Marina Olgiati e Francesco Torniamenti
Con la sentenza n. 61496/08 del 12 gennaio 2016, la Corte Europea dei Diritti dellUomo ha affrontato il
tema della violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza, ex art. 8 della Convenzione Europea
dei Diritti dellUomo, in un caso inerente il licenziamento di un lavoratore.

Questi i fatti. Un ingegnere romeno, con mansioni di venditore, incaricato dalla societ datrice di lavoro di
creare un account Yahoo Messanger per rispondere alle richieste dei clienti, allesito di controlli aziendali era
risultato aver utilizzato, in orario lavorativo, laccount a lui assegnato per fini personali. Per questo motivo era
stato licenziato.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, sostenendone lillegittimit sia per la natura occulta del controllo
effettuato dal datore sia per lavvenuta violazione della privacy. Il licenziamento era stato per confermato dalle
sentenze di due gradi di giudizio. Il lavoratore aveva, quindi, presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti
dellUomo, lamentando che lo Stato romeno (cio la magistratura) non aveva tutelato il suo diritto al rispetto
della privacy e della corrispondenza, sancito dallart. 8 della Convenzione, ovvero non aveva sanzionato il fatto
che il datore di lavoro aveva illecitamente controllato il suo indirizzo di posta aziendale, senza alcuna
preventiva informazione circa la possibilit di tale monitoraggio.
La Corte Europea, con unarticolata motivazione e con una decisione non unanime (uno dei Giudici si ,
infatti, discostato), ha respinto il ricorso.
In particolare, la Corte ha ravvisato che i Giudici romeni avevano equamente contemperato il diritto alla
privacy del lavoratore con linteresse del datore di lavoro di accertare illeciti disciplinari. Il datore, infatti, i) aveva
effettuato laccesso allaccount del dipendente con la ragionevole aspettativa che lo stesso avesse meri
contenuti professionali; ii) aveva utilizzato le comunicazioni del dipendente con discrezione, al solo fine di
accertare lillecito disciplinare, senza divulgarne il contenuto.
Un profilo interessante della decisione dato dal fatto che la stessa ha ritenuto irrilevante la prova specifica
dellinformativa della possibilit di controllo dellaccount del dipendente (il Governo romeno si era, infatti,
limitato a produrre in giudizio una circolare indicante il generico divieto di utilizzo, a fini personali, degli
strumenti aziendali, senza, tuttavia, dimostrare che la stessa fosse stata effettivamente consegnata al
lavoratore).
In definitiva, secondo la Corte Europea non vi violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza del
lavoratore se i controlli del datore riguardano comunicazioni che hanno - nellaspettativa delle parti - un
contenuto professionale. Ci anche se il monitoraggio avvenga in modo occulto.
Da tale decisione - che deve essere circoscritta allambito di quel giudizio - non sembra potersi ricavare il
diritto indiscriminato del datore di lavoro di controllare loperato dei lavoratori attraverso strumenti informatici
(come parrebbe ricavarsi da certa eco mediatica che ha accompagnato la pubblicazione della pronuncia).
Con riferimento al nostro ordinamento, poi noto che i controlli a distanza che il datore di lavoro pu
compiere sullattivit del lavoratore, mediante mezzi audiovisivi o altri strumenti, sono assoggettati alla
disciplina ed ai limiti dettati dallart. 4 dello Statuto Lavoratori.
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, quindi, necessario - perch si possa procedere a tali controlli - che gli stessi siano giustificati da esigenze
organizzative e produttive e che avvengano previo accordo sindacale o autorizzazione della DTL. Sono
sottratti a tali limiti solo i c.d. controlli difensivi, finalizzati ad accertare un illecito del dipendente idoneo a
ledere il patrimonio aziendale (sulle e-mail aziendali si richiamano Cass. 23 febbraio 2012, n. 2722; Cass. 23
febbraio 2010, n. 4375).
Ricordiamo che il Garante della Privacy, in una fattispecie analoga al caso giudicato dalla Corte Europea dei
Diritti dellUomo (licenziamento di un dipendente per utilizzo extralavorativo del PC aziendale in sua dotazione)
ha dichiarato illegittimo il controllo operato dal datore di lavoro sul PC del dipendente (avvenuto tramite back
up dello stesso), perch svolto in assenza di una previa informativa al lavoratore inerente la possibilit che i
suoi dati personali - contenuti nel PC - potessero essere acquisiti e trattati per finalit di controllo (cfr.
provvedimento del Garante della Privacy 18 ottobre 2012).
Soggiungiamo che lart. 4 Stat. Lav. - nella nuova formulazione introdotta dal D. Lgs. n. 151/2015 - bench
escluda il previo accordo con il sindacato per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione
lavorativa (quali sono PC, smartphone, tablet ecc), prevede, tuttavia, espressamente lobbligo per il datore di
informare i lavoratori circa le modalit d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel rispetto del
Codice della Privacy.
Dunque, opportuno che i datori di lavoro che intendano evitare lindebito utilizzo di strumenti aziendali da
parte dei dipendenti continuino ad informare i dipendenti sia del divieto di utilizzo personale degli strumenti
aziendali, sia del fatto che, attraverso tali strumenti, lesecuzione della prestazione lavorativa pu essere
controllata a distanza.

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La necessit di sostituire un dipendente con personale pi


qualificato pu determinare la risoluzione del rapporto di lavoro
per ragioni produttive
A cura di Antonio Cazzella
Con la recente sentenza n. 23620 del 18 novembre 2015 la Corte di Cassazione, esaminando una
particolare fattispecie di licenziamento per ragioni inerenti lattivit produttiva, ha ribadito e precisato la
portata di alcuni principi in materia di risoluzione del rapporto di lavoro per ragioni organizzative e/o
produttive.
In primo luogo, la Suprema Corte ha evidenziato una difformit di orientamenti nel caso di ristrutturazione
aziendale volta a conseguire un maggior profitto mediante la soppressione di uno o pi posti di lavoro,
rilevando che tale finalit non sempre stata ritenuta valida a giustificare la risoluzione del rapporto di
lavoro.
La Suprema Corte ha precisato che, tuttavia, comune a tutti gli orientamenti laffermazione secondo cui
il motivo addotto dallimprenditore deve essere oggettivamente verificabile, ossia non pretestuoso, con
onere della prova a carico dellimprenditore.
Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, la lavoratrice - assunta come tecnico di laboratorio
presso unazienda che forniva prestazioni sanitarie - era stata licenziata a fronte di unasserita crisi
aziendale; il licenziamento era stato ritenuto illegittimo e, successivamente, era stata nuovamente
licenziata, in quanto, con atto regionale, era stata imposta al datore di lavoro lassunzione, per il
laboratorio di analisi, di un direttore laureato in biologia o in chimica, con conseguente sopravvenuta
inutilit delle mansioni affidate alla lavoratrice.
Con riferimento al secondo licenziamento, ritenuto illegittimo, la Corte di merito aveva, tra laltro, escluso
la reintegrazione nel posto di lavoro ed aveva condannato il datore di lavoro al pagamento di ventiquattro
mensilit di retribuzione, rilevando che la lavoratrice non aveva dimostrato il torto assoluto giustificativo
della tutela reale, ovvero il difficile reperimento di altra occupazione e/o la difficile situazione patrimoniale e
reddituale anche degli altri familiari.
La Corte di Cassazione ha affermato che il contratto di lavoro pu essere sciolto a causa di unonerosit
non prevista, alla stregua delle conoscenze ed esperienze del settore, nel momento della sua conclusione
(ai sensi dellart. 1467 cod. civ.) e tale sopravvenienza ben pu consistere in una valutazione
dellimprenditore che, in base allandamento economico dellimpresa rilevato dopo la conclusione del
contratto, ravvisi la possibilit di sostituire personale meno qualificato con dipendenti maggiormente
dotati di conoscenze e di esperienze e quindi di attitudini produttive.
A tal riguardo, la Suprema Corte ha precisato che al controllo giudiziale estraneo il fine di arricchimento
o di non impoverimento perseguito dallimprenditore, considerato che un aumento del profitto si traduce
non, o non solo, in un vantaggio per il suo patrimonio individuale ma principalmente in un incremento
degli utili dellimpresa ossia in un beneficio per la comunit dei lavoratori.
Inoltre, la Suprema Corte ha affermato un principio di portata generale, disatteso dalla Corte di merito,
secondo cui il controllo giudiziale sulleffettivit della riorganizzazione e sulla redistribuzione delle mansioni
pu comportare anche la verifica delle difficolt economiche in reparti differenti da quello in cui ha operato
il lavoratore licenziato.
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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE
AI FINI DELLA COSTITUZIONE DI RSA, NON SUFFICIENTE AVER NEGOZIATO O
SOTTOSCRITTO CONTRATTI GESTIONALI
(Tribunale di Firenze, decreto 7 dicembre 2015)
La segreteria provinciale di una Organizzazione Sindacale non firmataria del contratto collettivo nazionale
applicato in azienda, adiva il Tribunale di Firenze con ricorso ex art. 28 Stat. Lav. chiedendo accertarsi la
antisindacalit del comportamento datoriale, asseritamente consistente nel mancato riconoscimento del
diritto a costituire RSA. Tale diritto era rivendicato dalla organizzazione sindacale sul presupposto che
fosse, a tal fine, sufficiente aver sottoscritto un contratto aziendale avente ad oggetto ladozione di
contratto di solidariet, concordata a seguito dellavvio di procedura di licenziamento collettivo.
Nel risolvere la questione controversa, il Tribunale di Firenze ha aderito alle argomentazioni prospettate
dallazienda, richiamando, tra le altre, la sentenza Cass. Sez. lav. n. 21430/2015. Come ha osservato il
Tribunale di Firenze, prima di tale recente pronuncia, nella giurisprudenza della Suprema Corte si erano
affermati due opposti orientamenti: luno, secondo cui ai fini dellintegrazione del requisito di cui allart
19 doveva considerarsi anche il contratto di tipo gestionale, in quanto disciplinante comunque un
momento importante del rapporto di lavoro (Cass. Sez. lav. n. 520/2008; Cass. n. 19271/2004); laltro,
che invece ammetteva solo i contratti a qualunque livello (nazionale, provinciale, aziendale) che tuttavia
fossero di natura normativa, rientranti nella previsione dellart 39 Cost. (Cass. Sez. lav. 19275/2008; n.
8585/2007; 26239/2005). Successivamente intervenuta la sentenza Corte Cost. n. 231/2013,
pronuncia di tipo additivo, con la quale la Corte Costituzionale ha dato valore, ai fini della costituzione di
RSA, anche alla negoziazione (senza successiva sottoscrizione) di contratti collettivi applicati in
azienda, valorizzando il dato della capacit del sindacato di esercitare la titolarit degli interessi collettivi
dei lavoratori, al di l di episodi che possono interessare in via contingente lazienda. E tuttavia, come
afferma anche il decreto in commento, la trattativa (per essere sufficiente ai fini di consentire la
costituzione di una rappresentanza sindacale aziendale) non pu riguardare i c.d. contratti gestionali,
considerato altres che, in tali casi, sovente la partecipazione alla loro negoziazione o alla loro
conclusione costituisce adempimento di un obbligo di legge (ad es. alla consultazione) e dunque non
esprime un indice di effettiva rappresentativit.
Per tali motivi, il ricorso ex art. 28 Stat. Lav. promosso dallOrganizzazione Sindacale stato rigettato,
con condanna alla rifusione delle spese di lite in favore dellazienda.
Causa seguita da Giacinto Favalli e Valeria De Lucia

ALTRE SENTENZE
IL DISTURBO DA GIOCO DAZZARDO NON GIUSTIFICA IL FURTO: LEGITTIMO IL
LICENZIAMENTO
(Tribunale di Cremona, ordinanza 30 dicembre 2015)
Un dipendente, impiegato presso la filiale di una banca, si appropriato in modo occulto di denaro.
Ricevuta la contestazione disciplinare, ha confessato laddebito, ma si giustificato invocando la
scriminante dellincapacit di intendere e di volere, essendo affetto da disturbo da gioco dazzardo,
certificato da perizia medica. La banca lo ha, comunque, licenziato per giusta causa.
Il Tribunale di Cremona, con lordinanza in commento, ha ritenuto legittimo il licenziamento.

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Il preteso impulso patologico a commettere lillecito (che, peraltro, nel caso specifico, ha anche rilevanza
penale) non giustifica il comportamento del dipendente perch questultimo ha iniziato un percorso
terapeutico solo dopo aver ricevuto la contestazione disciplinare prodromica al licenziamento. Inoltre, nel
caso di specie, le modalit con cui il lavoratore si appropriato del denaro (utilizzando partite contabili
fasulle per cercare di nascondere lammanco di cassa) dimostrano che il medesimo non stato vittima
di un raptus, bens ha accuratamente programmato tutte le fasi delloperazione. Dunque, il medesimo
era pienamente consapevole della gravit e delle conseguenze delle proprie azioni.
Lordinanza ha altres considerato che, alcuni mesi prima del licenziamento, il lavoratore aveva gi
ricevuto una sospensione disciplinare per aver creato un ammanco di cassa che il medesimo, in seguito
alla contestazione, aveva ripianato spontaneamente. Tale circostanza conferma la sussistenza della
giusta causa: a) sotto il profilo della recidiva; b) perch il lavoratore, dopo aver beneficiato della clemenza
della Banca, avrebbe dovuto iniziare subito un percorso di riabilitazione e non aspettare, invece, di
ricevere la seconda contestazione disciplinare per fatti ancor pi gravi di quelli in relazione ai quali era
stato sospeso.
Causa seguita da Tommaso Targa

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OSSERVATORIO SULLA CASSAZIONE


A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella
LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE PER GIUSTA CAUSA: LA RILEVANZA DELLE ASPETTATIVE
DEL DATORE

Con sentenza n. 24941 del 10 dicembre 2015 la Corte di Cassazione ha affermato che pu essere
licenziato per giusta causa il manager che si rivela inadeguato rispetto alle legittime aspettative
dellazienda; infatti, la peculiarit delle mansioni svolte rendono il legame con il datore talmente
stretto che il rapporto fiduciario risulta leso anche dalla mera inidoneit in confronto ad aspettative
della societ riconoscibili ex ante e, dunque, anche in caso di gap di professionalit riscontrato.
Tale principio vale non solo per il dirigente apicale, ma anche per quello minore, al quale pu essere
contestata una condotta negligente o colpevole in senso lato. Nel caso di specie, il dirigente
dipendente di un ente previdenziale privato e responsabile della contabilit aveva omesso di
inserire nella bozza di bilancio annuale un pignoramento presso terzi subito dalla cassa (in
particolare, il professionista incaricato di tacitare il creditore non aveva consegnato la somma,
rendendo necessario un doppio esborso da parte dellente).
INFORTUNIO SUL LAVORO: ONERI PROBATORI

Con sentenza n. 25395 del 17 dicembre 2015 la Corte di Cassazione ha stabilito che non si pu
attribuire tout court la responsabilit di un infortunio al datore di lavoro senza prima aver verificato se
questi abbia violato uno specifico obbligo di sicurezza ovvero non abbia apprestato tutele idonee alla
prevenzione di ragioni di danno per i dipendenti. Nel caso di specie stata esclusa la responsabilit
dellazienda per linfortunio subito da un lavoratore mentre transitava nel sottopasso che collegava la
mensa aziendale agli uffici: il sottopasso era attraversato da un corridoio rivestito da materiale
antisdrucciolo e da tappeti mobili che, tuttavia, erano fuori uso, con manutenzione affidata ad una
ditta esterna. Il lavoratore ha deciso di passare sul tappeto mobile in riparazione, che presentava
macchie di acqua e grasso, anzich sul corridoio. Il datore di lavoro ha invece dimostrato di aver
segnalato il guasto alla ditta che lo manuteneva e che stava lavorando per ripristinare il suo
funzionamento.
ACCORDO PER SMALTIMENTO DELLE FERIE: IL DATORE PAGA LINDENNIT SOSTITUTIVA
ANCHE SE IL LAVORATORE NON SI ATTIVA

Con sentenza n. 276 del 12 gennaio 2016 la Corte di Cassazione ha stabilito che se il datore di
lavoro non colloca in ferie il lavoratore, che pur non presenta la domanda di fruizione, tenuto al
pagamento dellindennit sostitutiva; infatti, anche in assenza di una specifica richiesta la parte
datoriale che deve provvedere, altrimenti risulta inadempiente anche in caso di accordo per lo
smaltimento delle ferie non godute. Ci in quanto il diritto alle ferie garantito dallart. 36 della
Costituzione oltre che dallart. 7 della Direttiva 2003/88/CE; pertanto, ove in concreto le ferie non
siano effettivamente fruite, anche senza responsabilit del datore di lavoro, spetta al lavoratore
lindennit sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il
danno per la perdita di un bene (il riposo per recuperare le energie psico-fisiche) e, per altro verso,
carattere di erogazione retributiva, perch rappresenta il corrispettivo dellattivit lavorativa resa in un
periodo che non doveva essere lavorato.

N97 Gennaio 2016

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Civile, Commerciale,
Assicurativo
NESSUNA RESPONSABILIT DELLASSICURATORE NEI CONFRONTI DELLASSICURATO OVE
NON SIA PROVATO IL REGOLARE PERFEZIONAMENTO DELLA POLIZZA
(Tribunale di Bergamo, 15 dicembre 2015)

Lassicurato non pu opporre alla compagnia assicuratrice una polizza emessa e sottoscritta solo
dallagente, se non dimostra il regolare pagamento del premio. In assenza di tale prova, lassicuratore
non risponde dei danni subiti dallassicurato ed irrilevante se lagente appariva legittimato ad emettere
le polizze disconosciute.
Cos ha statuito il Tribunale di Bergamo, con la sentenza in epigrafe, allesito di un giudizio promosso
dallassicurato nei confronti della propria compagnia assicuratrice.
In particolare, lattore aveva convenuto in giudizio lassicuratore lamentando lillecita appropriazione - da
parte dellagente - dei premi versati per la stipulazione di polizze che non risultavano ritualmente emesse,
chiedendo, in via principale, il riconoscimento della validit delle stesse e, in subordine, il risarcimento del
premio asseritamente versato.
La compagnia si difesa eccependo la falsit delle polizze e che lattore non aveva provato il pagamento
dei premi, limitandosi a produrre una serie di quietanze non sottoscritte in modo autografo
dallassicuratore, ma riportanti solamente una sigla indecifrabile asseritamente riconducibile allagente.
In subordine, la compagnia sosteneva che lagente aveva agito in violazione al mandato agenziale (reso
pubblico) emettendo direttamente delle polizze vita pur non avendone il potere; la condotta dellagente
non poteva, quindi, vincolare la compagnia.
Il Tribunale, in accoglimento alle tesi difensive della compagnia, affermava il principio in epigrafe,
precisando che la quietanza di pagamento (peraltro non sottoscritta dalla compagnia ma dallagente) non
pu certo costituire, da sola, valida prova del pagamento del premio. In particolare, il Tribunale richiamava
un risalente orientamento della Cassazione (Cass. n. 555/1973) per cui la quietanza di pagamento
redatta dallagente su un foglio prestampato non pu produrre effetto confessorio in capo al
committente.
Il Tribunale aggiungeva che lattore non aveva dedotto alcuna circostanza utile per chiarire le modalit ed i
termini di versamento dei premi oggetto di contestazione.
Accertata, per quanto sopra detto, la carenza di prova del pagamento dei premi, il Giudice ha poi ritenuto
- in virt del principio della c.d. ragione pi liquida - di non esaminare le ulteriori numerose questioni
sollevate dallattore (inerenti, ad esempio, alla responsabilit dellassicuratore che aveva colpevolmente
contribuito ad ingenerare nellassicurato lerronea convinzione che lagente agiva nellambito dei poteri
allo stesso conferiti).
Causa seguita da Bonaventura Minutolo e Francesco Torniamenti

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ASSICURAZIONI, LOCAZIONI,
RESPONSABILIT
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
ASSICURATO
SOTTOPOSTO A
PROCEDURA
CONCORSUALE

CONCORRENZA SLEALE

RESPONSABILIT EX
ART.

2051 C.C.

N97 Gennaio 2016

Quando la domanda limitata alla condanna diretta dell'assicuratore, la


circostanza che al giudizio partecipi - per effetto di litisconsorzio necessario l'assicurato sottoposto a procedura concorsuale, non rende operante la vis
attractiva della procedura.
(Cassazione civile, sez. III, 08/01/2016, n. 128)
La concorrenza sleale per appropriazione di pregi dei prodotti o dell'impresa
altrui, di cui all'art. 2598, n. 2, c.c., non consiste nell'adozione, sia pur
parassitaria, di tecniche, materiali o procedimenti gi usati da altra impresa,
che pu dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile, ma
ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti,
attribuisce ai propri prodotti o alla propria impresa pregi, quali, ad esempio,
premi, medaglie, riconoscimenti, qualit, indicazioni, requisiti, virt, da essi
non posseduti, ma appartenenti a prodotti o all'impresa di un concorrente, in
modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.
(Cassazione civile, sez. VI, 07/01/2016, n. 100)

La responsabilit per i danni cagionati da cose in custodia, prevista


dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua
configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi
dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalit con il bene in
custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere
la sua responsabilit, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza
di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilit e di
eccezionalit, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Tuttavia, nei
casi in cui il danno non sia effetto di un dinamismo interno alla cosa,
scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, ma richieda che
l'agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo
di essere della cosa, essendo essa di per s statica e inerte, per la prova
del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava
un'obiettiva situazione di pericolosit, tale da rendere molto probabile, se
non inevitabile, il danno (escluso, nella specie, il risarcimento in favore del
danneggiato, che era caduto da uno scalino di una scaletta di ferro che
consentiva la discesa a mare, atteso che il fatto che sugli ultimi gradini
della scala non fossero state applicate strisce antiscivolo non era
incompatibile con una struttura dei gradini di per se predisposta per
evitare di scivolare.
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La corte territoriale inoltre aveva evidenziato che il particolare luogo in cui era
avvenuto l'infortunio fosse un luogo che richiedeva da parte dei fruitori una
particolare attenzione ad esso adeguata).
(Cassazione civile, sez. VI, 07/01/2016, n. 56)

LIQUIDAZIONE DEL
DANNO BIOLOGICO

LOCAZIONE

N97 Gennaio 2016

Qualora, al momento della liquidazione del danno biologico, la persona offesa


sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in
conseguenza dellillecito, alla valutazione probabilistica connessa con
l'ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato va sostituita quella del
concreto pregiudizio effettivamente prodottosi, cosicch l'ammontare del
danno biologico che gli eredi del defunto richiedono iure successionis va
calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma
alla sua durata effettiva.
(Cassazione, sez. III, 18/01/2016, n. 679)
Nel contratto di locazione di un immobile per uso diverso da quello di
abitazione, la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che
condizionano la regolarit del bene sotto il profilo edilizio - e, in particolare, la
sua abitabilit e la sua idoneit allesercizio di unattivit commerciale o, come
nella specie, professionale - costituisce inadempimento del locatore che
giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dellart. 1578 c.c., a meno che il
conduttore non sia a conoscenza della situazione e labbia consapevolmente
accettata.
(Cassazione, sezione III, 18/01/2016, n. 666)

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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera
LO STRUMENTO DELLA CESSIONE DI AZIENDA E L ABUSO DI DIRITTO
Nel contesto di condotte poste in essere, talvolta, da talune aziende per sottrarsi alladempimento di
proprie obbligazioni (condotte pi frequenti in periodi di recessione e crisi), assume un certo rilievo il caso
sottoposto allattenzione del Tribunale di Reggio Emilia e deciso con sentenza del 16 giugno 2015,
ricorrendo allapplicazione del principio di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo.
La vicenda prende spunto da un precedente giudizio, avviato da un professionista contro una Societ
(che identificheremo quale Alfa S.r.l.), per il pagamento dei compensi professionali.
Ottenuto un provvedimento esecutivo, il Professionista notificava il precetto alla societ Alfa S.n.c.
poich, nel frattempo, la S.r.l. aveva ceduto la propria azienda (comprensiva di ogni cespite di attivit)
alla predetta Alfa S.n.c., alluopo costituita. Quindi la vecchia Alfa S.r.l. era stata posta in liquidazione e
la S.n.c. ha proseguito nella medesima attivit commerciale precedentemente esercitata dalla prima.
A fronte di tali iniziative la Alfa S.n.c. faceva opposizione avverso il precetto notificato dal Professionista,
sostenendo che il titolo esecutivo era stato ottenuto nei confronti di un diverso soggetto giuridico (Alfa
S.r.l.); e che la opponente prima della formazione del titolo esecutivo aveva acquistato lazienda dalla
S.r.l., ma - trattandosi di cessione dazienda e non gi di successione nel diritto controverso - detto titolo
esecutivo non poteva essere opposto al cessionario. Quale ulteriore elemento di difesa, si asseriva
limpossibilit di estendere una responsabilit in capo al cessionario (come prevista dallart. 2560
comma secondo cod. civ.), posto che il debito della S.r.l. verso il Professionista non risultava dai libri
contabili (essendo sostanzialmente sorto dopo la cessione). Il creditore argomentava, a sua volta, la
illegittima condotta della nuova societ poich, dalla documentazione agli atti, emergeva - tra gli altri una sostanziale operazione di raggiro con abuso di diritto.
Il Tribunale esaminava gli atti e documenti di causa e accertava una serie di circostanze ritenute rilevanti
per la decisione della causa, fra cui: (i) il fatto che la compagine sociale della S.r.l. e della S.n.c. fosse
sostanzialmente quasi identica; (ii) la prosecuzione ad opera di Alfa S.n.c. della stessa attivit acquisita
dalla S.r.l. (nel frattempo posta in liquidazione); il tutto realizzato nelle more del procedimento attivato per
il riconoscimento del credito professionista verso la S.r.l.; (iii) lo svuotamento di questultima azienda di
ogni bene, cos da rendere la stessa non in grado di far fronte alle obbligazioni debitorie a suo carico.
Il complesso delle operazioni sopra indicate, cos come il loro svolgimento temporale, stato quindi
ricondotto nellambito dellabuso del diritto in violazione dei principi di buona fede, poich la cessione
dellazienda sarebbe stata effettuata per un fine diverso da quello tutelato alla norma e, quindi, con
violazione della causa concreta che doveva essere posta a base del predetto contratto di cessione.
In tale valutazione stata altres ritenuta priva di giustificazione la difesa dellAlfa S.n.c., secondo la quale
loperazione sarebbe stata realizzata per ottenere una riduzione dei costi amministrativi, fiscali ed un
miglioramento della gestione. In proposito, infatti, il Tribunale ha accertato che il medesimo risultato
poteva essere conseguito attraverso una mera trasformazione societaria, ai sensi dellarticolo 2500
sexies cod. civ. e che, peraltro, laver mantenuto in essere due societ sostanzialmente coincidenti
N97 Gennaio 2016

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(anche se per il solo periodo necessario alla liquidazione), aveva determinato in realt un incremento di
costi fiscali e amministrativi del tutto inutili ed, anzi, in contraddizione con la asserita volont di riduzione
degli oneri.
Pur con le dovute cautele, derivanti dal fatto che nellordinamento italiano non vi apposita generale
previsione normativa di divieto di abuso di diritto, si deve rilevare che la conclusione cui pervenuto il
Tribunale nel caso in esame condivisibile. Stante linesistenza di una norma in materia, si posto il
problema se possa delinearsi comunque una categoria generale che fondi un principio di divieto di
esercizio di diritto in modo abusivo, allorch un soggetto lo utilizzi per uno scopo fraudolento e difforme
dai limiti e finalit cui il medesimo preordinato dalla Legge. Ed proprio quanto realizzato nella
sentenza in esame, poich i Giudici hanno affermato che - pur invocando il ricorso ad un determinato
istituto (quale la cessione), regolarmente previsto e disciplinato - lesercizio del relativo diritto non pu
essere considerato illimitato, ma pu integrare un comportamento abusivo, in presenza di una
alterazione della funzione obiettiva del negozio giuridico scelto.
Questo accade principalmente - come riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimit (in proposito
si vedano fra le tante Cassazione 21 giugno 2011 n. 13583 e Cassazione 16 giugno 2008 n. 16207) allorch viene posto in essere un comportamento contrario alla buona fede, ovvero lesivo della buona
fede altrui; ed in questo caso le relative condotte non possono essere oggetto di tutela. E ancora, il
Tribunale ha rilevato che il principio di buona fede deve ritenersi come principio super normativo, con lo
scopo di impedire rapporti tra soggetti privati caratterizzati da irragionevolezza; questultima presente
allorch il soggetto ha palesemente agito con lintento di arrecare pregiudizio allaltra parte. In tal caso,
deve essere garantito il rispetto del predetto principio fondamentale di buona fede nellambito della
disciplina legale delle obbligazioni (che costituisce una sorta di norma di chiusura), garantendo
losservanza dei doveri di correttezza e lealt, con possibilit di colmare eventuali omissioni presenti
nellordinamento.
Dunque, la decisione del Tribunale di sanzionare, nella fattispecie, loperazione di cessione dazienda
posta in essere esclusivamente per ottenere linopponibilit del titolo esecutivo giudiziale alla nuova
societ (e quindi per un fine diverso da quello tutelato dalla norma, violando la causa concreta del
negozio) appare giuridicamente corretta. Corre lobbligo di segnalare che - tuttavia - ci non deve
costituire il pretesto e/o lo strumento per legittimare una ingerenza di verifica delle scelte imprenditoriali in
materia economica che, in quanto tali, non possono essere oggetto di sindacato giurisdizionale.
Al contrario, ci che deve essere impedito - richiedendo il rispetto dei canoni generali di buona fede,
lealt e correttezza - che lesercizio di un diritto soggettivo possa sconfinare nellarbitrio.

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