0 valutazioniIl 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
104 visualizzazioni2 pagine
regia di Massimo Palazzini con Francesca Palmas
*Ciò che più ci ha interessato in queste buie “favole” – l’una che si compenetra nell’altra, non è tanto il rapporto marito-moglie, uomo-donna, vittima-carnefice, ma ciò che avviene dentro e fuori il testo. Ciò che avviene fuori da quella finestra dove la protagonista racconta della pianura desolata e desolante da dove dovrebbe arrivare il principe azzurro, il “salvatore”. Dietro quella finestra c’è l’eterno conflitto dell’uomo contro se stesso. C’è la guerra.
La guerra che ha costretto Agota Kristof a fuggire dal proprio paese. Ungheria 1956. La guerra che invalida la mente e il corpo. La guerra che rapisce l’infanzia e la restituisce, una volta passata, malata e corrotta.
All’uomo gli si può togliere tutto, ma se rimane in vita, anche se privo di tutte le facoltà vitali, non gli si potrà mai togliere la “Voce”. La voce della verità .
In questa favola, apparentemente dell’assurdo, sono stati eliminati gli elementi naturalistici che determinano, all’impatto visivo, il dramma.
La sedia a rotelle, dove la protagonista è costretta a vivere per colpa del marito e per mano del medico, ma più semplicemente per mano dell’Uomo, è stata sostituita da un allegro e colorato girello che ci rimanda ai primi passi della vita.
Il nostro girello diventa, di volta in volta, il ventre materno, il bunker antiumano, il luogo dove la mente, spaziando con la fantasia, trova la ragione per vivere e ci preserva dalla catastrofe.
Il teatro, per noi, non è altro che questo.
Il personaggio del marito e del medico sono stati sostituiti da pupazzi. Pupazzi che accompagnano la nostra protagonista nel dolore tragico dell’esistenza. Pupazzi, come nel teatro della vita, ai quali tutto è permesso.
La colonna sonora dello spettacolo è basata su canti e danze d’amore intervallati da rumori di guerra. Questi canti, che rimandano ad un amore negato, fanno si che la protagonista prenda coscienza del proprio stato e trovi la forza per ribellarsi.
Massimo Palazzini
Titolo originale
La chiave dell'Ascensore di Agota Kristof - Teatro Trastevere
regia di Massimo Palazzini con Francesca Palmas
*Ciò che più ci ha interessato in queste buie “favole” – l’una che si compenetra nell’altra, non è tanto il rapporto marito-moglie, uomo-donna, vittima-carnefice, ma ciò che avviene dentro e fuori il testo. Ciò che avviene fuori da quella finestra dove la protagonista racconta della pianura desolata e desolante da dove dovrebbe arrivare il principe azzurro, il “salvatore”. Dietro quella finestra c’è l’eterno conflitto dell’uomo contro se stesso. C’è la guerra.
La guerra che ha costretto Agota Kristof a fuggire dal proprio paese. Ungheria 1956. La guerra che invalida la mente e il corpo. La guerra che rapisce l’infanzia e la restituisce, una volta passata, malata e corrotta.
All’uomo gli si può togliere tutto, ma se rimane in vita, anche se privo di tutte le facoltà vitali, non gli si potrà mai togliere la “Voce”. La voce della verità .
In questa favola, apparentemente dell’assurdo, sono stati eliminati gli elementi naturalistici che determinano, all’impatto visivo, il dramma.
La sedia a rotelle, dove la protagonista è costretta a vivere per colpa del marito e per mano del medico, ma più semplicemente per mano dell’Uomo, è stata sostituita da un allegro e colorato girello che ci rimanda ai primi passi della vita.
Il nostro girello diventa, di volta in volta, il ventre materno, il bunker antiumano, il luogo dove la mente, spaziando con la fantasia, trova la ragione per vivere e ci preserva dalla catastrofe.
Il teatro, per noi, non è altro che questo.
Il personaggio del marito e del medico sono stati sostituiti da pupazzi. Pupazzi che accompagnano la nostra protagonista nel dolore tragico dell’esistenza. Pupazzi, come nel teatro della vita, ai quali tutto è permesso.
La colonna sonora dello spettacolo è basata su canti e danze d’amore intervallati da rumori di guerra. Questi canti, che rimandano ad un amore negato, fanno si che la protagonista prenda coscienza del proprio stato e trovi la forza per ribellarsi.
Massimo Palazzini
regia di Massimo Palazzini con Francesca Palmas
*Ciò che più ci ha interessato in queste buie “favole” – l’una che si compenetra nell’altra, non è tanto il rapporto marito-moglie, uomo-donna, vittima-carnefice, ma ciò che avviene dentro e fuori il testo. Ciò che avviene fuori da quella finestra dove la protagonista racconta della pianura desolata e desolante da dove dovrebbe arrivare il principe azzurro, il “salvatore”. Dietro quella finestra c’è l’eterno conflitto dell’uomo contro se stesso. C’è la guerra.
La guerra che ha costretto Agota Kristof a fuggire dal proprio paese. Ungheria 1956. La guerra che invalida la mente e il corpo. La guerra che rapisce l’infanzia e la restituisce, una volta passata, malata e corrotta.
All’uomo gli si può togliere tutto, ma se rimane in vita, anche se privo di tutte le facoltà vitali, non gli si potrà mai togliere la “Voce”. La voce della verità .
In questa favola, apparentemente dell’assurdo, sono stati eliminati gli elementi naturalistici che determinano, all’impatto visivo, il dramma.
La sedia a rotelle, dove la protagonista è costretta a vivere per colpa del marito e per mano del medico, ma più semplicemente per mano dell’Uomo, è stata sostituita da un allegro e colorato girello che ci rimanda ai primi passi della vita.
Il nostro girello diventa, di volta in volta, il ventre materno, il bunker antiumano, il luogo dove la mente, spaziando con la fantasia, trova la ragione per vivere e ci preserva dalla catastrofe.
Il teatro, per noi, non è altro che questo.
Il personaggio del marito e del medico sono stati sostituiti da pupazzi. Pupazzi che accompagnano la nostra protagonista nel dolore tragico dell’esistenza. Pupazzi, come nel teatro della vita, ai quali tutto è permesso.
La colonna sonora dello spettacolo è basata su canti e danze d’amore intervallati da rumori di guerra. Questi canti, che rimandano ad un amore negato, fanno si che la protagonista prenda coscienza del proprio stato e trovi la forza per ribellarsi.
Massimo Palazzini
OE sce
dae TL
regia MASSIMO PALAZZINI
Onc uOm aw ILC
CR ect
scelte musicali Stefano Pedone
Ce
omc OL
SCS
ee Lc
Re Ces LE ee
Vio Jotopa dé Settesoli, 3 ~ Romo ~ Tel. 06.
DAL 20 APRILE AL 2 MAGGIO ore 21.00
PCE Mon)LA CHIAVE
DELL'ASCENSORE
La scena di Agota Kristof ¢ un luego di reclusione.
La chiave dell'ascensore racconta il conflitto tra un uomo e una
% rin ie 5 ent .
fe? donna, in questo caso un marito “carceriere” e una moglie inferma,
= Wy 2 “A costretta su di una sedia a rotelle e reclusa, come la protagonista di
= G wa faba.
Note di regia
Gid che pid ci ha interessato in queste buie“favole”— l'una che si compenetra nell'altra, non & tanto
il rapporta marito-moglie, uoma-donna, vittima-camnefice, ma cid che avviene dentro e fuori il
testo. Cid che avviene fuori da quella finestra dove la protagonista racconta della pianura desolata e
desolante da dove dovrebbe arrivare il principe azzurro, il"salvatore” Dietro quella finestra cé leterno.
conflitta dell'uomo contro se stesso. C@ la querra.
La guerra che ha costretto Agota Kristof a fuggire dal proprio paese. Ungheria 1956. La querra che
invalida la mente e il corpo. La querra che rapisce linfanzia e la restituisce, una volta passata, malata
ecomotta.
All'uomo glisi pud togliere tutto, ma se rimane in vita, anche se privo di tutte le facolta vitali, non gli
si potra mai togliere la “Voce” La voce della verita .
In questa favola, apparentemente dell'assurdo, sono stati eliminati gli elementi naturalistici che
determinano, allimpatto visivo, il dramma.
La sedia a rotelle, dove la protagonista @ costretta a vivere per colpa del marito e per mano del
Medico, ma pill semplicemente per mano dell'Uomo, é stata sostituita da un allegro e colorato girello
che ci rimanda ai primi passi della vita.
nostro girello diventa, di volta in volta, il ventre matema, il bunker antiumano, il luogo dove la
Mente, spaziando con la fantasia, trova la ragione per vivere ¢ ci preserva dalla catastrofe.
Ilteatro, per noi, non & altro che questo,
I personaggio del marito e del medico sono stati sostituiti da pupazzi, Pupazzi che accompagnano la
nostra protagonista nel dolore tragico dell’esistenza. Pupazzi, come nel teatro della vita, ai quali tutto
@ permesso.
La colonna sonora dello spettacalo & basata su cantie danze d'amore intervallati da rumori di guerra.
Questi canti, che fimandano ad un amore negato, fanno si che la protagonista prenda coscienza del
proprio stato e trovi la forza per ribellarsi.
Massimo Palazzini