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ICS Folgòre da San Gimignano 201

La Sperimentazione: da opportunità
ad aspetto qualificante ed
identitario della scuola
Nel progettare un percorso di sperimentazione, talvolta si incorre in una sorta di strabismo
involontario che porta a considerare solo alcuni aspetti e a tralasciarne altri. Se poi la
sperimentazione riguarda il mondo della scuola, l’attenzione è solitamente rivolta ai risultati
conseguiti dagli alunni. Sicuramente è importante e utile tener conto degli interessi, delle credenze e
dei processi di pensiero degli alunni in una prospettiva evolutiva a contatto con l’insegnamento, ma
è altrettanto utile e necessario tenere in considerazione gli interessi, le credenze, i processi di
pensiero degli insegnanti. Conoscerli significa avere la possibilità di modificarli (se ce n’è bisogno)
o di utilizzarli per la formazione.
In questo senso la sperimentazione rappresenta un’opportunità, un’occasione per migliorare e
rendere più soddisfacente, oltre che più efficace, il lavoro a scuola. Uscire da routines consolidate,
da procedure alle quali ci si attiene più per abitudine che per reale convincimento, può fornire un
modo per tentare di far fronte ai cambiamenti e ai bisogni cui la scuola deve rispondere.
Così la sperimentazione nell’ottica della continuità consente :
• Lo scambio di informazioni sui bambini;
• Lo scambio di modalità operative, bagaglio professionale specifico dei diversi ordini di
scuola;
• Decidere, progettare, assumere scelte e responsabilità per riempire gli spazi di
discrezionalità aperti dalle tante carenze della scuola (organici, personale stabile, materiali,
strutture…);
• Il cambiamento del ruolo assegnato alle relazioni interpersonali viste non come abbandono
delle responsabilità individuali da scaricare sul gruppo e sulla scuola, ma come collegialità
piena e condivisione di significati.

Le direttrici di senso, le categorie interpretative sulle quali ci siamo misurati in sede si progettazione
sono state quelle dell’attività (intesa come qualità dell’insegnamento), dell’autonomia (nel senso di
assunzione di responsabilità nei confronti delle scelte metodologiche, organizzative, valutative, di
contenuti), della relazione (nei termini delle diverse forme di interazione presenti a scuola:
insegnate-alunno; insegnante-insegnanti; insegnante-genitori/territorio). Risulta evidente come la
situazione ottimale sia l’integrazione armonica delle tre categorie. Nel modo tradizionale di fare
scuola, infatti, l’attività (l’attenzione a ciò che si fa) ha il sopravvento. In questa situazione spesso
manca però la consapevolezza e la riflessione sul proprio operare ed è carente l’attenzione ai fattori
di cambiamento. Vengono sottovalutati, inoltre, gli aspetti della documentazione e della
trasferibilità delle esperienze.
Con la sperimentazione l’asse si sposta: ci si concentra di più sulle scelte da effettuare e sul modo di
documentare il proprio lavoro perché c’è la necessità di dare conto di ciò che si è scelto. Il rischio è
che l’investimento di tempo ed energie spesi in queste attività vada a discapito della riflessione sulla
qualità di ciò che andiamo proponendo. La sperimentazione, infatti, di per sé non è garanzia di
miglioramento qualitativo dell’offerta formativa. Per far questo c’è bisogno di un profondo
ripensamento sulla qualità del curricolo della scuola, delle relazioni, delle motivazioni, della

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concezione del fare scuola. Per fare questo c’è bisogno di strutture organizzative che sostengano i
processi di innovazione e sperimentazione: c’è bisogno di dipartimenti.

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