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di Alessandro Manzoni
Introduzione 1
Capitolo I 5
Capitolo II 25
Capitolo III 40
Capitolo IV 57
Capitolo V 74
Capitolo VI 91
Capitolo VII 107
Capitolo VIII 128
Capitolo IX 152
Capitolo X 175
Capitolo XI 200
Capitolo XII 221
Capitolo XIII 236
Capitolo XIV 253
Capitolo XV 271
Capitolo XVI 289
Capitolo XVII 306
Capitolo XVIII 323
Capitolo XIX 339
Capitolo XX 355
Capitolo XXI 371
Capitolo XXII 387
Capitolo XXIII 400
Capitolo XXIV 420
Capitolo XXV 448
Capitolo XXVI 464
Capitolo XXVII 481
Capitolo XXVIII 498
per procacciar fede alle cose, alle quali, per la loro stranez-
za, il lettore sarebbe pi tentato di negarla.
Ma, rifiutando come intollerabile la dicitura del nostro
autore, che dicitura vi abbiam noi sostituita? Qui sta il
punto.
Chiunque, senza esser pregato, sintromette a rifar
lopera altrui, sespone a rendere uno stretto conto della
sua, e ne contrae in certo modo lobbligazione: questa
una regola di fatto e di diritto, alla quale non pretendiam
punto di sottrarci. Anzi, per conformarci ad essa di buon
grado, avevam proposto di dar qui minutamente ragione
del modo di scrivere da noi tenuto; e, a questo fine, siamo
andati, per tutto il tempo del lavoro, cercando dindovina-
re le critiche possibili e contingenti, con intenzione di ri-
batterle tutte anticipatamente. N in questo sarebbe stata
la difficolt; giacch (dobbiam dirlo a onor del vero) non
ci si present alla mente una critica, che non le venisse in-
sieme una risposta trionfante, di quelle risposte che, non
dico risolvon le questioni, ma le mutano. Spesso anche,
mettendo due critiche alle mani tra loro, le facevam batte-
re luna dallaltra; o, esaminandole ben a fondo, riscon-
trandole attentamente, riuscivamo a scoprire e a mostrare
che, cos opposte in apparenza, eran per duno stesso ge-
nere, nascevan tutte due dal non badare ai fatti e ai prin-
cipi su cui il giudizio doveva esser fondato; e, messele, con
loro gran sorpresa, insieme, le mandavamo insieme a
spasso. Non ci sarebbe mai stato autore che provasse cos
ad evidenza daver fatto bene. Ma che? quando siamo sta-
ti al punto di raccapezzar tutte le dette obiezioni e rispo-
ste, per disporle con qualche ordine, misericordia! veniva-
no a fare un libro. Veduta la qual cosa, abbiam messo da
parte il pensiero, per due ragioni che il lettore trover cer-
tamente buone: la prima, che un libro impiegato a giustifi-
carne un altro, anzi lo stile dun altro, potrebbe parer cosa
ridicola: la seconda, che di libri basta uno per volta, quan-
do non davanzo.
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CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
che fa loro sentire, nelle loro regge; quel Dio le usa ora
un tratto di misericordia, mandando un suo ministro,
indegno e miserabile, ma un suo ministro, a pregar per
una innocente...
In somma, padre, disse don Rodrigo, facendo atto
dandarsene, io non so quel che lei voglia dire: non ca-
pisco altro se non che ci devessere qualche fanciulla che
le preme molto. Vada a far le sue confidenze a chi le pia-
ce; e non si prenda la libert dinfastidir pi a lungo un
gentiluomo.
Al moversi di don Rodrigo, il nostro frate gli sera
messo davanti, ma con gran rispetto; e, alzate le mani,
come per supplicare e per trattenerlo ad un punto, ri-
spose ancora: la mi preme, vero, ma non pi di lei;
son due anime che, luna e laltra, mi premon pi del
mio sangue. Don Rodrigo! io non posso far altro per lei,
che pregar Dio; ma lo far ben di cuore. Non mi dica di
no: non voglia tener nellangoscia e nel terrore una po-
vera innocente. Una parola di lei pu far tutto.
Ebbene, disse don Rodrigo, giacch lei crede
chio possa far molto per questa persona; giacch questa
persona le sta tanto a cuore...
Ebbene? riprese ansiosamente il padre Cristoforo,
al quale latto e il contegno di don Rodrigo non permet-
tevano dabbandonarsi alla speranza che parevano an-
nunziare quelle parole.
Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia
protezione. Non le mancher pi nulla, e nessuno ardir
dinquietarla, o chio non son cavaliere.
A siffatta proposta, lindegnazione del frate, rattenuta
a stento fin allora, trabocc. Tutti que bei proponimen-
ti di prudenza e di pazienza andarono in fumo: luomo
vecchio si trov daccordo col nuovo; e, in que casi, fra
Cristoforo valeva veramente per due.
La vostra protezione! esclam, dando indietro
due passi, postandosi fieramente sul piede destro, met-
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
CAPITOLO XV
CAPITOLO XVI
che gli aveva indicato quel paese come il primo che do-
veva attraversare, per arrivare a Gorgonzola.
Oh! disse lamico; come se volesse dire: faresti
meglio a venir da Milano, ma pazienza. E a Liscate,
soggiunse, non si sapeva niente di Milano?
Potrebbessere benissimo che qualcheduno l sa-
pesse qualche cosa, rispose il montanaro: ma io non
ho sentito dir nulla.
E queste parole le profer in quella maniera particola-
re che par che voglia dire: ho finito. Il curioso ritorn al
suo posto; e, un momento dopo, loste venne a mettere
in tavola.
Quanto c di qui allAdda? gli disse Renzo, mez-
zo tra denti, con un fare da addormentato, che gli ab-
biam visto qualche altra volta.
AllAdda, per passare? disse loste.
Cio... s... allAdda.
Volete passare dal ponte di Cassano, o sulla chiatta
di Canonica?
Dove si sia... Domando cos per curiosit.
Eh, volevo dire, perch quelli sono i luoghi dove
passano i galantuomini, la gente che pu dar conto di s.
Va bene: e quanto c?
Fate conto che, tanto a un luogo, come allaltro, po-
co pi, poco meno, ci sar sei miglia.
Sei miglia! non credevo tanto, disse Renzo. E
gi, e gi, chi avesse bisogno di prendere una scorcia-
toia, ci saranno altri luoghi da poter passare?
Ce n sicuro, rispose loste, ficcandogli in viso
due occhi pieni duna curiosit maliziosa. Bast questo
per far morir tra denti al giovine laltre domande che
aveva preparate. Si tir davanti il piatto; e guardando la
mezzetta che loste aveva posata, insieme con quello,
sulla tavola, disse: il vino sincero?
Come loro, disse loste: domandatene pure a tutta
CAPITOLO XVII
non averle dette la sera avanti; anzi, per dir le sue paro-
le, dessere andato a dormire come un cane, e peggio.
E per questo, soggiunse poi tra s; appoggiando le
mani sulla paglia, e dinginocchioni mettendosi a giace-
re: per questo, m toccata, la mattina, quella bella sve-
gliata. Raccolse poi tutta la paglia che rimaneva allin-
torno, e se laccomod addosso, facendosene, alla
meglio, una specie di coperta, per temperare il freddo,
che anche l dentro si faceva sentir molto bene; e vi si
rannicchi sotto, con lintenzione di dormire un bel son-
no, parendogli daverlo comprato anche pi caro del
dovere.
Ma appena ebbe chiusi gli occhi, cominci nella sua
memoria o nella sua fantasia (il luogo preciso non ve lo
saprei dire), cominci, dico, un andare e venire di gente,
cos affollato, cos incessante, che addio sonno. Il mer-
cante, il notaio, i birri, lo spadaio, loste, Ferrer, il vica-
rio, la brigata dellosteria, tutta quella turba delle strade,
poi don Abbondio, poi don Rodrigo: tutta gente con cui
Renzo aveva che dire.
Tre sole immagini gli si presentavano non accompa-
gnate da alcuna memoria amara, nette dogni sospetto,
amabili in tutto; e due principalmente, molto differenti
al certo, ma strettamente legate nel cuore del giovine:
una treccia nera e una barba bianca. Ma anche la conso-
lazione che provava nel fermare sopra di esse il pensie-
ro, era tuttaltro che pretta e tranquilla. Pensando al
buon frate, sentiva pi vivamente la vergogna delle pro-
prie scappate, della turpe intemperanza, del bel caso
che aveva fatto de paterni consigli di lui; e contemplan-
do limmagine di Lucia! non ci proveremo a dire ci che
sentisse: il lettore conosce le circostanze; se lo figuri. E
quella povera Agnese, come lavrebbe potuta dimentica-
re? QuellAgnese, che laveva scelto, che laveva gi con-
siderato come una cosa sola con la sua unica figlia, e pri-
ma di ricever da lui il titolo di madre, naveva preso il
CAPITOLO XVIII
CAPITOLO XIX
CAPITOLO XX
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CAPITOLO XXII
lui fin che visse; dopo, non bastando a quella spesa len-
trate ordinarie, furon ristretti a due); e il loro ufizio era
di coltivare vari studi, teologia, storia, lettere, antichit
ecclesiastiche, lingue orientali, con lobbligo ad ognuno
di pubblicar qualche lavoro sulla materia assegnatagli;
vun un collegio da lui detto trilingue, per lo studio del-
le lingue greca, latina e italiana; un collegio dalunni, che
venissero istruiti in quelle facolt e lingue, per insegnar-
le un giorno; vun una stamperia di lingue orientali,
dellebraica cio, della caldea, dellarabica, della persia-
na, dellarmena; una galleria di quadri, una di statue, e,
una scuola delle tre principali arti del disegno. Per que-
ste, pot trovar professori gi formati; per il rimanente,
abbiam visto che da fare gli avesse dato la raccolta de li-
bri e de manoscritti; certo pi difficili a trovarsi doveva-
no essere i tipi di quelle lingue, allora molto men coltiva-
te in Europa che al presente; pi ancora de tipi, gli
uomini. Baster il dire che, di nove dottori, otto ne prese
tra i giovani alunni del seminario; e da questo si pu ar-
gomentare che giudizio facesse degli studi consumati e
delle riputazioni fatte di quel tempo: giudizio conforme
a quello che par che nabbia portato la posterit, col
mettere gli uni e le altre in dimenticanza. Nelle regole
che stabil per luso e per il governo della biblioteca, si
vede un intento dutilit perpetua, non solamente bello
in s, ma in molte parti sapiente e gentile molto al di l
dellidee e dellabitudini comuni di quel tempo. Pre-
scrisse al bibliotecario che mantenesse commercio con
gli uomini pi dotti dEuropa, per aver da loro notizie
dello stato delle scienze, e avviso de libri migliori che
venissero fuori in ogni genere, e farne acquisto; gli pre-
scrisse dindicare agli studiosi i libri che non conoscesse-
ro, e potesser loro esser utili; ordin che a tutti, fossero
cittadini o forestieri, si desse comodit e tempo di ser-
virsene, secondo il bisogno. Una tale intenzione deve
ora parere ad ognuno troppo naturale, e immedesimata
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CAPITOLO XXIV