Funzioni definite
implicitamente e applicazioni
1.1
Introduzione
(1.1)
Dal punto di vista geometrico, E non `e altro che lintersezione del grafico di
F con il piano z = 0 e viene anche chiamato insieme di livello a quota 0.
Linsieme E potrebbe essere vuoto, come nel caso in cui F (x, y) = x2 +y 2 +1,
o un singleton, come nel caso in cui F (x, y) = x2 + y 2 , oppure E potrebbe
essere cos` complicato da risultare di ardua comprensione.
Daltra parte, se F (x, y) = y f (x), dove f `e una funzione reale definita in
(a, b) (ad esempio, F (x, y) = y ex ), linsieme E `e il grafico della funzione
f , poich`e, ovviamente, F (x, f (x)) = 0 identicamente. Di fatto, i casi di
interesse nelle applicazioni del calcolo differenziale sono quelli in cui, almeno
localmente, E `e il grafico di una funzione regolare definita in un intervallo
di R. Precisiamo questa affermazione discutendo qualche esempio.
Sia F (x, y) = x2 + y 2 1. In questo caso linsieme E `e la circonferenza
` chiaro che non esiste alcuna funzione
unitaria con centro nellorigine. E
y = y(x) di cui E sia il grafico, poich`e le rette x = x0 , con 1 < x0 < 1,
hanno due intersezioni con E. Tuttavia, fissato
un punto (x0 , y0 ) tale che
1.2
Il seguente teorema, dovuto a Ulisse Dini, `e il risultato di base nella teoria delle funzioni implicite. Esso afferma in sostanza che, sotto opportune
ipotesi, lequazione F (x, y) = 0, si pu`o risolvere localmente ricavando una
delle variabili in funzione dellaltra.
Teorema 1.2 Sia R2 aperto e sia F : R di classe C 1 in . Sia
(x0 , y0 ) tale che
F (x0 , y0 ) = 0,
F
(x0 , y0 ) 6= 0.
y
(1.2)
(1.3)
per x (x0 , x0 + ).
Fx (x, y)
(x x1 ).
Fy (x, y)
(1.5)
(1.6)
tende a Fx (x, f (x)) e Fy (x, y) tende a Fy (x, f (x)). Quindi il rapporto incrementale a sinistra in (1.6) tende a Fx (x, f (x))/Fy (x, f (x)). Ma allora f
`e derivabile in x (x0 , x0 + ) e la sua derivata ha lespressione (1.3).
Poich`e tale espressione `e continua in x per le ipotesi fatte su F e tenendo
conto della continuit`a di f , possiamo concludere che f `e di classe C 1 in U .
Osservazioni. Il teorema precedente si pu`o formulare scambiando tra loro
i ruoli della x e della y. In questo modo, se almeno una delle due derivate
parziali `e diversa da 0 nel punto (x0 , y0 ), cio`e se (x0 , y0 ) non `e stazionario,
lequazione F (x, y) = 0 definisce implicitamente a partire da (x0 , y0 ) una
e una sola funzione y = f (x) di classe C 1 oppure una e una sola funzione
x = g(y) di classe C 1 . Quindi se
F (x0 , y0 ) = 0
F (x0 , y0 ) 6= 0
(1.7)
(1.9)
Si pu`o procedere allo stesso modo, ottenendo la forma esplicita delle derivate
successive di f mediante le derivate parziali di F .
Esempio. Sia F (x, y) = yex + xey . Si ha F (0, 0) = 0. Le derivate di F
valgono
Fx = yex + ey , Fy = xey + ex .
` quindi applicabile il teorema del Dini con (x0 , y0 ) =
da cui Fy (0, 0) = 1. E
(0, 0). Lequazione F = 0 definisce implicitamente a partire da (0, 0) una e
una sola funzione y = f (x). La funzione f `e di classe C , poich`e tale `e F .
Poich`e Fx (0, 0) = 1, si ha f 0 (0) = 1.
Le derivate seconde di F sono: Fxx = yex , Fxy = ex + ey , Fyy = xey .
Tali derivate sono nulle nellorigine tranne la derivata mista che vale 2.
Allora f 00 (0) = 4. Otteniamo unespressione approssimata per f mediante
la formula di McLaurin arrestata al secondo ordine: f (x) = x+2x2 +o(x2 ).
In particolare dalle formule (1.3) e (1.9) otteniamo immediatamente il seguente
criterio sufficiente relativo agli estremanti della funzione implicita y = f (x).
Corollario 1.4 Teorema 1.5 Valgano le ipotesi del teorema 1.2 ed inoltre
F sia di classe C 2 in .
i) Se Fx (x0 , y0 ) = 0 e Fxx (x0 , y0 )Fy (x0 , y0 ) < 0 allora x0 `e un punto di
minimo forte per f .
ii) Se Fx (x0 , y0 ) = 0 e Fxx (x0 , y0 )Fy (x0 , y0 ) > 0 allora x0 `e un punto di
massimo forte per f.
Dim. Infatti nel primo caso si ha f 0 (x0 ) = 0 e f 00 (x0 ) > 0. Nel secondo caso
f 0 (x0 ) = 0 e f 00 (x0 ) < 0.
Esempio. Sia F (x, y) = x2 + y + arctan xy. Sia (x0 , y0 ) = (0, 0). Allora
F (0, 0) = 0. Inoltre
Fy = 1 +
x
,
1 + x2 y 2
Fx = 2x +
y
2xy 3
,
F
=
2
.
xx
1 + x2 y 2
(1 + x2 y 2 )2
1.3
F
2
(F1 , .., Fm )
(x, y) = y1
(y1 , .., ym )
Fm
y1
F1
y2
F2
y2
Fm
y2
F1
ym
F2
ym
Fm
ym
(1.11)
2
(F1 , .., Fm )
(x, y) = x1
(x1 , .., xn )
Fm
x1
F1
x2
F2
x2
Fm
x2
F1
xn
F2
xn
Fm
xn
(1.12)
(F1 , .., Fm )
(x , y ) 6= 0.
(y1 , .., ym ) 0 0
(1.14)
1
(Fx1 (x, f (x)), .., Fxn (x, f (x))).
Fy (x, f (x))
Quindi
F
(x, f (x))
xj
f
(1.16)
(x) =
F
xj
(x, f (x))
y
Come nel caso n = 1, da questa formula si pu`o ricavare che una maggior
regolarit`a di F comporta una analoga maggior regolarit`a di f . (Per m
qualunque, in maniera analoga ma molto pi`
u onerosa, si pu`o dimostrare che
se F `e di classe C k anche la funzione implicita `e di classe C k . Infatti le
derivate della funzione implicita si esprimono ancora mediante operazioni
algebriche elementari sulle derivate di F fino allordine k.).
Il caso n = 1, m = 2 `e particolarmente importante per i suoi risvolti
nello studio delle superfici in R3 : usando le abituali notazioni, stiamo considerando una equazione
F (x, y, z) = 0
Fz = ez + zez ,
Fz (1, 1, 0) = 1.
Le ipotesi del teorema 1.6 sono dunque verificate. Quindi esiste una e una
sola funzione z = f (x, y) di classe C definita in un intorno di (1, 1) tale
che F (x, y, f (x, y)) = 0 e f (1, 1) = 0. Si ha Fx = 3x2 , Fy = 3y 2 . Quindi
Fx (1, 1, 0) = 3, Fy (1, 1, 0) = 3. Ne segue fx (1, 1) = 3 e fy (1, 1) = 3.
Si consideri ora la stessa funzione in un intorno di (0, 0, 0). Si ha F (0, 0, 0) =
0 e Fz (0, 0, 0) = 1. Si pu`o anche in questo caso applicare il teorema 1.6 e
concludere che F definisce inplicitamente una e una sola funzione implicita
z = f (x, y) di classe C in un intorno di (0, 0) tale che f (0, 0) = 0. Questa
volta Fx (0, 0, 0) = 0, Fy (0, 0, 0) = 0 e quindi fx (0, 0) = fy (0, 0) = 0.
Si noti che non possiamo applicare il teorema 1.6 per ricavare x in funzione
di y e z, o per ricavare y in funzione di x e z a partire da (0, 0), in quanto le
derivate di F rispetto a x e a y sono nulle nellorigine. Per`o da F (x, y, z) = 0
possiamo ricavare
p
p
3
x = 3 y 3 zez ,
y = x3 + zez
definite e continue in tutto il piano, ma non differenziabili in (0, 0) (ad
esempio perch`e non derivabili rispetto a z nellorigine).
1.4
Diffeomorfismi
Alla luce del teorema delle funzioni implicite, ritorniamo sul problemadellinvertibilit`a di funzioni di pi`
u variabili reali e prima di tutto ricordiamo la
seguente definizione.
Definizione 1.7 Siano A e B aperti in Rn . Sia f : A B una funzione
biunivoca e di classe C 1 in A. Se la funzione inversa g : B A `e di classe
C 1 in B diciamo che f `e un diffeomorfismo (globale) tra A e B.
1.4. DIFFEOMORFISMI
11
(1.17)
Dim. Dobbiamo solo dimostrare la sufficienza della condizione (1.17). Ine di x0 tale che la restrizione
nanzi tutto dimostriamo che esiste un intorno U
e `e iniettiva. A questo scopo, osserviamo prima di tutto che, denodi f a U
tando con fj , j = 1, .., n, le componenti di f , possiamo applicare il teorema
di Lagrange a ogni componente: se W `e un intorno di x0 tutto contenuto
in A, per ogni x e z appartenenti a W e per ogni j, esiste un punto j sul
segmento di estremi x e z tale che si abbia
fj (x) fj (z) = (fj ( j ), x z).
(1.18)
Ragioniamo ora per assurdo e supponiamo che f non sia iniettiva in alcun
intorno di x0 : esistono allora due successioni di punti xk 6= z k in W , ambedue
convergenti a x0 , tali che f (xk ) = f (z k ). Per (1.18) si ha per ogni k
(fj ( j,k ), xk z k ) = 0.
(1.19)
Poich`e linsieme {v Rn : ||v|| = 1} `e compatto, pur di passare a una sottosuccessione, v k converge a un versore v. Facendo tendere k a + in (1.19),
tale versore deve soddisfare le relazioni
(fj (x0 ), v) = 0.
(1.20)
e ).
funzione implicita, y = f (g(y)) per ogni y V . Questo implica V f (U
e . Chiaramente U `e aperto e x0 U ; verifichiamo
Poniamo U = f 1 (V ) U
che f (U ) = V .
e ) ed esiste quindi
Ovviamente f (U ) V . Inoltre, se y V , allora y f (U
1
e
e = U e quindi
x U tale che y = f (x ); ne segue che x f (V ) U
y f (U , cio`e f (U ) V
Poich`e f `e iniettiva su U , la relazione y = f (g(y)) implica f 1 (y) = g(y)
per ogni y in V . Quindi g (definita su V ) `e linversa di f ristretta a U .
Come immediata conseguenza del teorema di invertibilit`a locale otteniamo
il seguente criterio.
Corollario 1.10 Siano A e B aperti in Rn e sia f : A B di classe C 1
in A. Condizione necessaria e sufficiente affinch`e f sia un diffeomorfismo
tra A e B `e che f sia biunivoca e per ogni x0 A si abbia det Jf (x0 ) 6= 0 .
1.5
13
F
f
(x, y) =
(x, y)
x
x
f
F
(x, y) =
(x, y)
y
y
F (x, y) = 0
(1.21)
(1.22)
(1.23)
m
X
Fj
f
(x)
=
j
(x) per i = 1, .., n
x
xi
i
j=1
(1.24)
F (x) = 0.
Osservazione. Lo scalare nel caso m = 1 o il vettore se m > 1 `e noto
come moltiplicatore di Lagrange e il metodo descritto dai precedenti
15
teoremi per la ricerca dei punti stazionari vincolati viene chiamato metodo
dei moltiplicatori di Lagrange.
x+y
Esempi. Sia
ricerchiamo gli estremanti di f nel cerchio
f (x, y) 2= e 2 e
chiuso D = (x, y) : x + y 1 . Esaminiamo dapprima linterno. Poich`e
fx = fy = ex+y , la funzione non ha punti stazionari allinterno del cerchio.
Esaminiamo ora la frontiera, che possiamo esprimere mediante lequazione
F (x, y) = x2 + y 2 1 = 0; chiaramente F (x, y) 6= 0 in ogni punto di
frontiera. Scriviamo il sistema (1.21). Si ha
x+y
= 2x
e
ex+y = 2y
2
x + y 2 1 = 0.
=
e
y = 2x
x=
y = x2 .
1.6
t [0, ]
oppure
(t) = (2 cos t, 2 sin(t + ))
t [/2, /2]
oppure
(t) =
p
4 t2 , t
t [2, 2]
17
0
(t)
dt =
Zb
0
( (t)) 0 (t)
dt............
0
(r)
dr
r [0, L] ,
Capitolo 2
Forme differenziali
2.1
Insiemi connessi
In questa sezione vogliamo riunire alcune informazioni relative alla connessione che risultano utili in molti ambiti dellanalisi. Questa nozione `e introdotta in spazi topologici, utilizzandone il linguaggio; di fatto per i nostri
scopi `e sufficiente unambientazione in spazi metrici (un caso particolare di
spazio topologico) e pi`
u in particolare negli spazi euclidei.
Definizione 2.1 Sia (X, d) uno spazio metrico; diciamo che due sottinsiemi non vuoti A e B di X sono una coppia di insiemi separati se
AB =
AB = .
B = [5, 8)
A = (1, 4)
B = (4, 5)
A = {1}
B = (4, 5)
B = (1, 4) .
20
r>0
21
indotta (E, d): in questo caso E `e connesso se e solo se non si pu`o rappresentare nella forma E = A B, dove A e B sono sottinsiemi di E non vuoti,
disgiunti e aperti (in X).
Veniamo ora a studiare la connessione in Rn (metrica euclidea). Per quanto
riguarda il caso n = 1, il problema `e risolto dal teorema seguente.
Teorema 2.5 E R `e connesso se e solo se soddisfa la seguente propriet`
a:
x, y E
x<z<y
zE
(t)
(b) + (t b)(x (b))
t [a, b]
t (b, b + 1]
22
23
I sottinsiemi che soddisfano la seguente definizione ricoprono un ruolo significativo nella teoria delle forme differenziali.
Definizione 2.8 Sia E Rn . Diciamo che E `e stellato se esiste un punto
x0 E tale che per ogni x E il segmento congiungente x0 a x `e contenuto
in E.
Anche questi insiemi sono connessi per archi (e quindi connessi) in quanto
ogni punto viene raggiunto da un altro tramite una spezzata passante per x0 .
In proposito, osserviamo che i sottinsiemi convessi di Rn sono stellati (basta
considerare un qualsiasi punto x0 E), mentrenon vale limplicazione op
posta; ad esempio linsieme R2 E, dove E = (x, y) R2 : x 0, y 0 ,
`e stellato rispetto a un qualsiasi punto x0 appartenente alla bisettrice del
primo quadrante, ma non `e convesso.
Concludiamo questa sezione che mette in evidenza il ruolo della connessione:
`e ben noto che una funzione reale di variabile reale, derivabile su un intervallo, `e costante se e solo se ha derivata identicamente nulla. Ma in Rn , che
cosa succede?
Teorema 2.9 Sia Rn aperto e connesso; sia f : R una funzione
differenziabile. Allora f `e costante se e solo se
f (x) = 0
per ogni
x .
2 = 1 .
2.2
24
T 1 (t, 2)
T 2 (t, 2 1)
[0, 1/2]
[1/2, 1]
realizza la omotopia di a .
Nella teoria delle forme differenziali hanno un ruolo importante gli insiemi
soddisfacenti la seguente definizione.
Definizione 2.11 Sia Rn un aperto connesso. Diciamo che `e semplicemente connesso se ogni Xc () `e omotopa a un punto.
Ovviamente Rn `e semplicemente connesso, poich`e lapplicazione
T (t, ) = (1 )(t)
25
t [0, 2]
26
2.3
Forme differenziali
dxn (y) = yn
per ogni y = (y1 , y2 , ...yn ) Rn . I funzionali della base duale non sono
altro quindi che le proiezioni sugli assi coordinati di Rn e in particolare
dxk (ei ) = 0 se k 6= i, mentre dxk (ek ) = 1. Come ogni vettore di Rn si scrive
come combinazione lineare degli {e1 , e2 , ..., en }, cio`e
y=
n
X
yi ei ,
i=1
n
X
Li yi ,
i=1
n
X
i=1
Li dxi (y)
per ogni y Rn
27
P
cio`e, con le notazioni funzionali, L = ni=1 Li dxi .
Veniamo ora a definire uno strumento matematico di largo uso nella descrizione e nella trattazione di fenomeni fisici, in particolare quando intervengono i campi vettoriali.
Definizione 2.12 Sia Rn aperto. Chiamiamo forma differenziale su
unapplicazione definita su a valori in Rn .
Alla luce di quanto sopra ricordato, se x , poich`e (x) Rn , possiamo
esprimiere (x) in termini della base canonica, ottenendo
(x) = a1 (x)dx1 + a2 (x)dx2 + .. + an (x)dxn =
n
X
ai (x)dxi .
(2.1)
i=1
Zb X
n
(2.2)
a i=1
28
ai ((t))0i (t) dt
a i=1
Zb X
n
(b)
Z
n
X
(a)
Zb X
n
a i=1
ai ((r))i0 (r) dr
Zd X
n
ai ((r))i0 (r) dr
c i=1
i=1
Z
=
n
X
1 (a)
Z
ai ((r))i0 (r) dr = .
i=1
n
X
Fxi dxi
i=1
29
Zb X
n
Zb
=
a i=1
d
F ((t)) dt =
dt
= F ((b)) F ((a)).
La (2.3) `e una formula molto importante: essa afferma che per ogni a, b
lintegrale di dF lungo una qualsiasi curva di classe C 1 a tratti, : [a, b] ,
tale che (a) = a, (b) = b, dipende soltanto dagli estremi della curva, i
punti a e b e non dalla curva , cio`e dal cammino che li unisce.
2.4
30
archi, per ogni x esiste una curva di classe C 1 a tratti che connette p a
x, cio`e una curva p,x (). Poniamo
Z
F (x) =
(2.5)
t [a, b]
t (b, b + 1]
(t)
x + (t b)hv
Zb+1X
n
a
i=1
Zb+1X
Zb X
n
n
0
ai (x + (t b)hv)hvi dt.
ai ((t))i (t) dt =
a i=1
i=1
Zh X
n
ai (x + rv)vi dr =
0 i=1
n
X
ai (x)vi
i=1
X
F
(x) =
ai (x)vi
v
i=1
31
(2.6)
2.5
Le condizioni espresse dai teoremi 2.17 e 2.18 non sono in generale di agevole applicazione per stabilire se una forma differenziale su `e esatta.
In questa sezione ci occupiamo di determinare condizioni necessarie e/o sufficienti di pi`
u semplice utilizzo. Queste sono legate sia ad una maggior
regolarit`a della forma che ad ipotesi pi`
u restrittive
P sullaperto .
Partiamo dalla seguente osservazione: se = ni=1 ai dxi `e un differenziale
esatto su un aperto connesso e `e di classe C 1 su , cio`e ha una certa
regolarit`a, allora il potenziale F di (che `e definito a meno di una costante
additiva) `e una funzione di classe C 2 su . Dal teorema di Schwarz segue
allora che, se i 6= j,
Fxi xj (x) = Fxj xi (x)
per ogni x
per ogni x .
(2.7)
Pn
Definizione 2.19 Sia =
i=1 ai dxi una forma differenziale di classe
C 1 su un aperto Rn . Diciamo che `e una forma chiusa se per ogni
i, j = 1, 2, .., n, i 6= j, valgono le (2.7).
In base a questa definizione e al ragionamento precedente possiamo enunciare
il seguente teorema.
32
x2
y
x
dx 2
dy,
2
+y
x + y2
(2.8)
= 2
=
.
y x2 + y 2
(x + y 2 )2
x x2 + y 2
Daltra parte non `e esatta. Infatti, poich`e per ogni y 6= 0
x
y
arctan = 2
x
y
x + y2
x
x
arctan = 2
,
y
y
x + y2
x
+d
y
xx0
y0+
y0
x
y>0
arctan + c
y
c /2
y = 0, x < 0
(2.9)
F (x, y) =
arctan + c
y<0
y
Ma, per ogni x0 > 0, si ha
lim F (x0 , y) =
y0+
3
+ c 6= + c = lim F (x0 , y)
y0
2
2
33
t [0, 1]
La dimostrazione
consiste nel verificare che F `e un potenziale di . Se
P
= ni=1 ai dxi , si ha
F (x) =
Z1 X
n
0 i=1
1
Z X
n
F
(x) =
ai (x0 + t(x x0 )) (xi x0,i ) dt = aj (x)
xj
xj
0 i=1
cio`e `e una funzione del vettore x che compare nella funzione integranda (`e
quello che si chiama un integrale dipendente da parametro). La regolarit`a
di cui gode nel nostro caso la funzione g permette di proseguire derivando
sotto il segno di integrale, cio`e garantisce la seguente uguaglianza
1
Z1
Z
g(x, t) dt =
g(x, t) dt.
xj
xj
0
34
Quindi
F
(x) =
xj
Z1 X
n
ai
(x + t(x x0 )) (xi x0,i ) t dt+
xj 0
0 i=1
Z1
aj (x0 + t(x x0 )) dt
+
0
ai
(x + t(x x0 )) (xi x0,i ) t dt =
xj 0
X aj
0 i=1
xi
Z1
=
d
[aj (x0 + t(x x0 ))] dt
dt
In conclusione otteniamo
F
(x) =
xj
Z1
d
t [aj (x0 + t(x x0 ))] + aj (x0 + t(x x0 )) dt =
dt
Z1
=
d
[taj (x0 + t(x x0 ))] dt = [taj (x0 + t(x x0 ))]t=1
t=0 = aj (x)
dt
cio`e la tesi.
Osservazione. La dimostrazione del teorema 2.21 fornisce in particolare
un metodo pratico per la determinazione del potenziale di una forma chiusa
su un insieme stellato.
Consideriamo, ad esempio, la forma differenziale
yx+1
2xy 2x2 1
dx +
dy
yx
yx
sullinsieme = (x, y) R2 : y > x .
La forma (che `e ovviamente di classe C su ) `e chiusa, poich`e
=
2xy 2x2 1
1
yx+1
=
=
2
y
yx
(y x)
x y x
35
t [0, 1]
Allora
Z
Z
=
F (x, y) =
Z1
=
1
2x
yx
1
dx + 1 +
yx
dy =
1
2tx
1 + t(y x 1)
x dt+
Z1
+
1+
1
1 + t(y x 1)
(y 1) dt =
= x2 + y 1 + log(y x)
Ovviamente la funzione F cos` determinata rappresenta il potenziale che si
annulla nel punto (0, 1), mentre tutti i potenziali di su sono le funzioni
Fc (x, y) = log(y x) + x2 + y + c
cR
2
(2xy + yex+y ) = 2x + (y + 1)ex+y =
(x + (y + 1)ex+y ),
y
x
per il teorema 2.21 `e esatta.
Consideriamo allora la spezzata congiungente (0, 0) con (x, 0) e successivamente (x, 0) con (x, y); lintegrale di su tale curva (regolare a tratti) fornisce per il teorema 2.17 un potenziale di su R2 , pi`
u precisamente quello
che si annulla in (0, 0). Il tratto orizzontale della spezzata `e il sostegno della
curva
(t) = (tx, 0)
t [0, 1]
Z
e quindi = 0. Quanto al tratto verticale, sostegno della curva
t [0, 1] ,
36
Z
=y
c R.
x2
y
x
dx 2
dy
2
+y
x + y2
Il teorema 2.22 asserisce che per ogni curva di classe C 1 a tratti omotopa
a si ha
Z
= 2.
37
Carlamaria Maderna
Professore Associato
Dipartimento di Matematica
Universit`a degli Studi di Milano