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ANDREA MANGANARO

SIGNIFICATI DELLA LETTERATURA


Scritture e idee
da Castelvetro a Timpanaro

SALVATORE SCIASCIA EDITORE

PROPRIET LETTERARIA RISERVATA

Copyright 2007 by Salvatore Sciascia Editore s.a.s.


Caltanissetta-Roma
ISBN 978-88-8241-275-3

Volume pubblicato con il contributo dellUniversit degli Studi di


Catania (Progetti di ricerca di Ateneo) e del MUR (progetto PRIN).

Stampato in Italia/Printed in Italy

V
LAPOLOGO DEL CAD E IL PRIGIONIERO:
SULLE TRACCE DI UN APPUNTO
DI ANTONIO GRAMSCI

(49) Apologhi. Il Cad, il sacchetto rubato, i due Benedetti e i cinque noccioli dolive. Rifare la novellina delle Mille e una Notte1: un appunto, di poche parole, disperso tra
le migliaia di pagine dei Quaderni del carcere. Scritto in un
Quaderno, il 9, utilizzato da Gramsci per tradurre dal russo,
per segnarvi note miscellanee e sul Risorgimento. E anche per
stendere appunti che rinviano alla sfera riservata degli affetti familiari, come lannotazione per il figlioletto Delio (e per
una lettera a lui destinata) sugli animali conosciuti da bambino2.
Lappunto sullapologo del Cad un esplicito riferimento alle Mille e una notte. Disposto tra note varie, rubricate con
titoli fortemente impegnati (I nipotini di padre Bresciani;
Passato e presente; Argomenti di cultura). Non , questo, lunico accenno alle raccolta araba presente negli scritti di Gramsci, ma quello che pi incuriosisce. Per lintenzione, innanzi
1 Cfr. A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dellIstituto
Gramsci a c. di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 2001, p. 1126: Quaderno 9
[1932]. (49) (corrisponde alla p. 37 del manoscritto originale). Dora in poi
i Quaderni saranno citati in modo abbreviato facendo riferimento a questa
edizione critica: alla sigla Q seguir il numero del quaderno e quello della
nota, preceduto dal segno , e quindi lindicazione delle pagine. I riferimenti al IV volume delledizione critica, contenente lapparato critico, saranno
dati con il nome del curatore, V. Gerratana: Descrizione indicher la Descrizione dei Quaderni, Note le Note al testo delledizione.
2 V. Gerratana, Descrizione, pp. 2397-400. Sul retro della pagina in cui
segnato lappunto sul cad sono presenti le traduzioni di Gente superflua
di Anton Cechov, Sul Volga di Vladimir Korolenko.

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tutto, dichiarata da Gramsci, di rifare una ben precisa novellina: non solo fornendo un cursorio riferimento, ma anche
una propria essenziale interpretazione dei motivi fondamentali, con lindicazione degli oggetti (il sacchetto rubato e i cinque noccioli dolive), e con lindividuazione dei personaggi (il
Cad, i due Benedetti). E (altra ragione) per il silenzio che
segue a questa indicazione, per la mancata scrittura di questo
apologo: suggerito in un appunto scritto a penna corrente3,
ma rimasto incompiuto, anchesso, allinterno del discorso incompiuto (E. Said), non sistematico, dei Quaderni4.
Un assunto, il rifare la novellina delle Mille e una Notte,
che Gramsci rubrica sotto il titolo di Apologhi. Forse solo in
un altro caso nei Quaderni egli indica cos perentoriamente il
proposito di rifare: occorre rifare per la concezione filosofica del Croce la stessa riduzione che i primi filosofi della filosofia della praxis hanno fatto per la concezione hegeliana5.
Ma in questo caso rifare rientra nel confronto con la filosofia di Croce, e attiene al compito dell Anti-Croce. Mai
per Gramsci segna come rapido promemoria6 il compito di
rifare un testo, e per farne un apologo: se non, appunto, nel
caso della novellina araba.
Apologhi, come pure novelline, fiabe, ricorrono frequentemente nei Quaderni: ma in genere sono exempla, fatti fissati nel patrimonio letterario e della cultura popolare che
Gramsci richiama per argomentare il proprio pensiero. La singolarit del riferimento alle Mille e una notte consiste nel suo
fermarsi allindicazione di un impegno di riscrittura, per i motivi sviluppabili in un apologo. Un assunto non adempiuto che
3 Q 11, p. 1365: cos in unavvertenza scritta per le note del Q 11, ma
espressamente estesa a tutte le altre. E cfr. anche Q 4, 16, p. 438.
4 Cfr. Reflections on Exile, citato da J. A. Buttigieg, Un dialogo aperto,
in A. A. Santucci, Antonio Gramsci (1891-1937), Palermo, Sellerio, 2005,
pp. 21-22.
5 Q 10, 11, pp. 1232-1234.
6 Q 11, p. 1365.

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rende ancor pi ellittico il riferimento. Non isolato, per, n effimero. A distanza di tempo, in un altro Quaderno, lappunto
venne riproposto, con qualche variante: nel 16, intitolato da
Gramsci Argomenti di cultura, scritto nel periodo 1933-34, che
raccoglie trenta note (tutte, tranne una, di seconda stesura)7:
24. Apologo del Cad, del sacchetto smarrito al mercato, dei
due Benedetti, dei cinque noccioli di oliva. Rifare la novellina
delle Mille e una Notte8.
La novellina della raccolta orientale ora definita senzaltro lapologo del Cad. Il riferimento stato individuato da
Gerratana nella novella intitolata Storia di Harn ar-Rashd con
Al il persiano, cui segue il racconto del sacco e del Curdo9:
unagnizione che pare condivisibile. Nella novella Harn ar-Rashd, incapace di prendere sonno, convoca un famoso narratore,
Al il persiano, perch narrando ponga fine ai suoi affanni. Al
racconta una storia di cui era stato protagonista, incentrata su un
piccolo sacco di cuoio, dal contenuto ignoto, sottrattogli in un
mercato da un Curdo che ne reclamava la propriet, con tutta la
roba in esso contenuta. Recatisi i due litiganti di fronte al cad, e sostenendo ognuno di essere lunico proprietario, il magistrato chiese di provarlo descrivendo il contenuto del sacco. La
descrizione si sviluppa in una gara di mirabolanti fandonie tra i
due litiganti, in un fantasioso elenco di numerosissimi oggetti,
sempre pi grandi, in un crescendo di meravigliose, incredibili
invenzioni, che amplificano con limmaginazione la capienza del
sacco sino a dimensioni inverosimili. E tutto, per, senza mai far
7 V. Gerratana, Descrizione, p. 2414. Cfr., per le diverse ipotesi di datazione dei Quaderni, G. Francioni, Lofficina gramsciana. Ipotesi sulla struttura dei Quaderni del carcere, Napoli, Bibliopolis, 1984; R. Mordenti, Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, in Letteratura italiana diretta da A.
Asor Rosa, Le opere, v. IV, t. II, Torino, Einaudi, 1996, pp. 553-629, a p. 569.
8 Q 16, 24, p. 1898.
9 V. Gerratana, Note, p. 2838. Cfr. Le mille e una notte, prima versione
integrale dallarabo diretta da F. Gabrieli, Torino, Einaudi, 1976, vol. II, pp.
208-211.

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venir meno la pretesa di ognuno, fondata su spudorate menzogne, di essere il legittimo proprietario. Aperto finalmente il sacco, per ordine del cad, ecco che dentro cera un panino, un limone, un pezzo di formaggio, delle olive.
Gramsci nel secondo appunto muta sacchetto rubato in
smarrito, mantenendo per la designazione dei due personaggi, con il nome, non attestato nella novella, di due Benedetti. Forse un errore di memoria, pi che plausibile, non possedendo tra laltro Gramsci, a quanto risulta, nessuna edizione
delle Mille e una notte? Oppure una indicazione allusiva, uno
spostamento antonomastico, con luso di nomi di personaggi a
Gramsci pi noti di quelli della novellina araba, e comunque a
loro simili? I principali racconti delle Mille e una notte erano
certamente noti a Gramsci, che li aveva pi volte citati nei suoi
scritti giornalistici giovanili, chiamando ad esempio in causa
lapriti sesamo dei quaranta ladroni della caverna di Al Bab per ironizzare sulla sapienza ermetica di certe pagine di
giornali della sera o su certe affermazioni di Arturo Graf10.
Quella fornita dal promemoria dei Quaderni sulla novellina del cad solo una debole traccia, che rende ancor pi misterioso il significato dellapologo promesso: traccia da seguire con cautela, evitando di colmare con nostre illazioni ci che
Gramsci lasci incompleto, in un discorso comunque provvisorio. Bisogna sottrarsi al rischio, da Gramsci segnalato, di sollecitare i testi facendo dir loro per amore di tesi, pi di quanto i testi realmente dicono. Un errore di metodo filologico
che egli non limitava allorticello concluso e allo specialismo
professionale della filologia, ma che scorgeva in tutte le analisi e gli esami delle manifestazioni di vita, e che trovava cor10 A. Gramsci, Sotto la Mole (1916-1920), Torino, Einaudi, 1972, p. 273:
La saggezza dei popoli, nell Avanti torinese del gennaio 1917; Idem, La
citt futura (1917-1918), a c. di S. Caprioglio, Torino, Einaudi, 1982, p. 981:
recensendo nelle Cronache teatrali La Tunisina di Rosso di San Secondo,
osservava che nel paesetto siciliano [] viene fatta apparire come la figlia
di Al Bab, Tunisi che diventa il paese dei milioni.

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rispondente, nel diritto penale, al reato di frode nella vendita11.


Unavvertenza, questa, che ci suggerisce prudenza nellattribuire significati precisi a singole affermazioni casuali12, ma
che ci motiva a fornire riscontri, indagare i suoi interessi, individuare coincidenze allinterno della sua opera.
I due appunti sullapologo del cad e altri accenni alle Mille e una notte non sono i soli riferimenti alla cultura araba presenti nei Quaderni. Prima ancora dellaccenno, nello stesso
Quaderno 16 contenente il secondo appunto sulla novellina, al
contributo dato dagli Arabi alla civilt europea13, Gramsci si
era gi posto il problema se lIslam fosse come religione conciliabile con il progresso moderno e, come tale, suscettibile
devoluzione. E rispondeva affermativamente individuando
anzi nellassenza di una massiccia organizzazione ecclesiastica del tipo cristiano-cattolico una maggiore facilit di adattamento (ma anche la grande eresia nel sentimento nazionale contro il cosmopolitismo teocratico)14. Una delle peculiarit della cultura islamica risiedeva daltra parte per Gramsci nellassenza di un clero regolare che serva di trait-dunion
tra lIslam teorico e le credenze popolari. Ma pure individuava, con implicita analogia alla storia italiana, un grande distacco tra intellettuali e popolo15.
Lappunto iniziale sulla novellina del cad, nel Quaderno
9, rientra tra le note stese da Gramsci fra laprile e il settembre
del 193216. Le fonti utilizzate nelle note immediatamente contigue, presenti e successive allappunto, vanno dal maggio al
giugno 193217. Nella vicina nota 51 un articolo pubblicato
sullItalia letteraria del 22 maggio 1932, a proposito di alcu11 Q 6, 198, p. 838.
12 Q 16, 2, pp. 1840-43: Quistioni di metodo.
13 Q 16, 5, p. 1847.
14 Q 2, 90, pp. 246-248. Ma cfr. anche Q 2, 30, pp. 186-188.
15 Q 5, 90, pp. 621-23. Si sofferma sui santi musulmani.
16 V. Gerratana, Descrizione, p. 2403.
17 Idem, Note, pp. 2838-9. Q 9 46, p. 1124.

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ni versi di Carlo Bini sulla prigione (una lima cos sottile, che
distrugge completamente il pensiero), gli suggerisce un aneddoto in cui difficile non avvertire il riflesso dellaggravarsi
delle sue condizioni in carcere. La prigione fa come quel maestro artigiano, al quale era stato consegnato un bel tronco di legno dolivo stagionato per fare una statua di S. Pietro, e taglia
di qua, togli di l, correggi, abbozza, fin col ricavarne un manico di lesina18. Le lettere dello stesso periodo aprono daltra
parte squarci sulla censura che veniva esercitata sui suoi scritti19, sullaggravarsi delle condizioni di detenzione e delle sue
condizioni di salute, sulle pressioni psicologiche alle quali era
sottoposto. Definiva una domanda di grazia di Federico Confalonieri prigioniero allo Spielberg, come propria di un uomo
ridotto al massimo grado di avvilimento e di abiezione: un
messaggio in cifra destinato allesterno per escludere qualsiasi iniziativa lesiva della propria dignit20.
Nel Quaderno 821, qualche mese prima dell appunto sulla
novellina del cad, Gramsci aveva assegnato il titolo di Nozioni enciclopediche e argomenti di cultura ad una rubrica in
cui raccogliere spunti per un dizionario di politica e critica,
nozioni enciclopediche propriamente dette, motivi di vita morale, argomenti di cultura, apologhi filosofici ecc.22. Nel Quaderno 16 il secondo appunto sullapologo del cad seguito da
una nota in cui lipotesi della forma di apologo connessa
18 Cfr. Q 9, 51, p. 1126; Q 9, 92, p. 1157.
19 A. Gramsci, Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio e E. Fubini,

Torino, Einaudi, 1965, pp. 646-7, lettera a Tania del 12 luglio 1932 (le chiede recisamente di non parlargli di altro che delle cose famigliari, nella forma pi chiara e perspicua che possibile).
20 Ivi, pp. 626-7: lettera a Tania del 23 maggio 1932. Ma cfr. anche in
A. Gramsci T. Schucht, Lettere 1926-1935, a cura di A. Natoli e C. Daniele, Torino, Einaudi, 1997, p. 1013, nota.
21 Cfr. V. Gerratana, Descrizione, p. 2396: iniziato alla fine del 1931, il
Q 8 fu probabilmente concluso entro il primo semestre del 1932.
22 Q 8, 125, p. 1015.

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alla possibilit di trattare un argomento ispirato dallopinione


corrente su Il male minore o il meno peggio (da appaiare con
laltra formula scriteriata del tanto peggio tanto meglio)23.
Anche questa, come quella sul cad, una nota di seconda stesura, che rielabora testi del Quaderno 9. E pone, dietro le formule proverbiali sul male minore da sviluppare in forma di
apologo24, questioni di notevole complessit teorica (la forma che assume il processo di adattamento a un movimento storicamente regressivo), chiamando in causa il I libro del Capitale25.
Luso dellapologo e della favola, come exempla sedimentati
nella tradizione letteraria da attualizzare, molto frequente nei Quaderni26, risaliva agli scritti giornalistici giovanili, in cui Gramsci
richiamava e tratteggiava caratteristiche dei personaggi delle forme semplici, mostrandone la reincarnazione tragico comica in
personalit della moderna scena politica. Ed era soprattutto il materiale della letteratura popolare, della favolistica antica (Fedro)27,
e moderna (La Fontaine28), della novella medievale29 e della fiaba (Grimm30) a fornirgli la possibilit di mostrare la persistenza
di alcune caratteristiche umane nel corso del tempo. Ma anche,
allo stesso tempo, di evidenziare la specificit storica, nellattua23 Q 16, 25, p. 1898.
24 Q 9, 7, p. 1100; Q 9, 45, p. 1124.
25 Q 16, 25, p. 1898. V. Gerratana, Note, p. 2830: erano riprese affer-

mazioni di Marx sullimmagine del suo avvenire offerta dal paese industrialmente pi sviluppato a quello meno sviluppato.
26 Q 1 (1929-30), 56, p. 68: Apologo del ceppo e delle frasche secche; Q 1, 101, p. 95: Piedigrotta; Q 10, 5, p. 1221: apologo della
domanda, posta ad un bambino, sulla mela da dividere col fratello. E cfr. La
favola del castoro, Q 3, pp. 319-321; Storia dei 45 cavalieri ungheresi, Q,
15, pp. 1788-89.
27 A. Gramsci, La citt futura (1917-1918), cit., p. 384.
28 Ivi, p. 337.
29 Ivi, pp. 679-82: La novella rivive nellattualit. Il diavolo stato evocato dalla scettica classe dirigente italiana.
30 Ivi, pp. 62-65.

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lit, delle reincarnazioni dei tipi e dei motivi narrativi delle forme semplici. La cronaca quotidiana ne risultava straniata, e anche pi ferocemente ironizzata, colta come ulteriore momento di
una pi antica commedia che sempre si ripeteva.
In questo riattualizzare i fatti letterari, si manifestava lantica passione di Gramsci per le forme della narrativa breve, risalente al tempo in cui, fanciullo in Sardegna, amava ripetere
e inventare storie. Avrebbe rievocato questa sua predilezione alla sorella lontana, negli anni del carcere, rammaricandosi
che la prigione gli avesse ormai ridotto i piaceri dellimmaginazione, la possibilit di creare nel cervello novelle e romanzi, [] personaggi immaginari con una loro vita, con loro avventure31. Con le novelline popolari provava a riallacciare
legami con il passato dellinfanzia in Sardegna e con il presente dei suoi familiari nellisola. Anche traducendo dal tedesco le
fiabe dei Grimm che udiva e leggeva da piccolo, per fare un
dono, per dare in qualche modo un suo contributo allo sviluppo della fantasia dei piccoli dei suoi parenti sardi32. E inviava ai propri figli in Russia i libri della giungla di Kipling33,
sconsigliando i sentimentalismi della Capanna dello zio Tom,
proponendo invece le novelle della foca bianca, che riesce a
salvare dalla distruzione il popolo delle foche, quella di RikkiTikki-Tawi, la giovane mangusta che lotta vittoriosamente contro i serpenti di un giardino indiano, e di Mowgli, il bambino allevato dai lupi. Ne apprezzava infatti lenergia morale
e volitiva che voleva far gustare al figlio Delio come a ogni
altro bambino del quale si voglia irrobustire il carattere ed esaltare le forze vitali34. E pure educava Delio alla comprensione
del mondo grande e terribile scrivendo per lui lo stupendo
31 A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., p. 716: lettera a Grazietta del 13
dicembre 1932.
32 Ivi, p. 560: lettera a Teresina del 18 gennaio 1932.
33 Ivi, p. 791: lettera a Delio dell11 luglio 1933. E cfr. ivi, p. 811: lettera a Iulca dell8 agosto 1933.
34 Ivi, pp. 782-83: lettera a Tania del 22 maggio 1933.

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racconto dellalbero del riccio: non un idillio, ma una storia


vera, drammatica, che comincia col chiaro di luna e finisce
nel buio ignoto di uno stomaco vorace35. E per Giulia, il suo
dolce amore ormai defunto, essendosi impedito ogni ricordo di felicit, riscriveva la novella delluomo caduto nel fosso, il vertice delle sue favole di libert, valide per chiunque,
individui, partiti o nazioni siano caduti nel fondo di un fosso
(parole di Carlo Muscetta)36.
Ed proprio nellambito della sfera degli affetti familiari e
della corrispondenza privata che ricorrono alcuni riferimenti di
Gramsci al mondo arabo. Quasi allinizio del suo peregrinaggio per le prigioni italiane, nel gennaio 1927, da Ustica, riferiva entusiasta alla cognata Tatiana di aver udito narrare, dalla
viva voce di un arabo confinato nellisola, una magnifica storia di cavalli, seppur in un italiano alquanto bislacco e con
molte oscurit37. Il ricordo dei beduini confinati politici ad
Ustica riappare pi volte nelle lettere38. E uno di questi arabi
acquista particolare concretezza, non solo perch designato con
un nome (Haussiet), ma perch evocato come testimone di
quel prezioso legame con i familiari costituito per Gramsci dal35 Ivi, pp. 578-79: lettera a Delio del 22 febbraio 1932. E cfr. C. Muscet-

ta, Gramsci in carcere [1947], in Realismo neorealismo controrealismo, Roma, Lucarini, 1990, pp. 74-85, a p. 83.
36 A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., pp. 643-44: lettera a Iulca del 27
giugno 1932. E cfr. C. Muscetta, Introduzione ad A. Gramsci, Favole di libert, a c. di E. Fubini e M. Paulesu, Firenze, Vallecchi, 1980, pp. XXVIIXXVIII. Ma sulla scrittura di Gramsci cfr. ora i saggi raccolti in La prosa del
comunismo critico. Labriola e Gramsci, a c. di L. Durante e P. Voza, Bari,
Palomar, 2006; e B. Anglani, Solitudine di Gramsci. Politica e poetica del
carcere, Roma, Donzelli, 2007.
37 A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit., pp. 41- 42: lettera a Tatiana da
Ustica del 15. I. 1927.
38 Ivi, p. 72: lettera a Tania da Ustica dell11 aprile 1927: Il 7 dicembre, arrivo a Ustica. Conosco il mondo dei coatti: cose fantastiche e incredibili. Conosco la colonia dei beduini di Cirenaica, confinati politici: quadro
orientale, molto interessante.

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le fotografie di Delio e di Giulia39. Il ricordo del beduino di


Ustica accompagner Gramsci fino ad una delle ultime lettere
alla moglie (nel dicembre 1936), nella quale confessava di non
riuscire pi ad immaginarla. E nel richiederle recenti fotografie per ravvivarne il ricordo, Gramsci si avvaleva, ancora una
volta, della rievocazione della figura del beduino di Ustica, a
lui molto affezionato, che gli raccontava novelle del deserto e poi stava zitto per delle ore a guardarlo leggere o scrivere; e che per si rammaricava, nel vedere le fotografie dei parenti custodite da Gramsci, del divieto islamico di riprodurre la
figura umana, e dellincapacit della propria moglie anche solo di sapere cosa fosse la fotografia. Tu non diventerai mica la moglie del beduino? chiedeva pertanto Antonio a Giulia, sovrapponendo la figura della moglie lontana a quella di
una donna araba, incapace di ricostituire con la riproduzione
fotografica un legame col marito prigioniero40.
Ed una lettera del 1927 in cui Gramsci rievoca alla cognata Tania il colorito mondo carcerario, che appare un diretto riferimento, di straordinaria rilevanza, alle Mille e una notte. Una
efficacissima preterizione consente a Gramsci di far rapidamente rivivere le figure umane incontrate nelle carceri, e di rievocare una discussione fra popolani meridionali:
Ti devo ancora parlare del mio amico calabrese, il contadino Salvatore Chiodo, che ha ammazzato la moglie, e del mio protettore, il
contadino salernitano di cui non so il nome che ha ammazzato il suocero e ne ha ereditato le sostanze [] del soldato napoletano Scarpato che mi ha narrato tutta la storia di Rolando e Scalabrino e dei
Reali di Francia e discuteva con un calzolaio messinese se le imprese di Ganellone di Maganza e di Malagigi potessero essere opera di
singoli essi o fossero un panachage storico; il messinese era per il
panachage, lo Scarpito invece era persuaso che tanto Ganellone quanto Malagigi fossero capaci anche di altre imprese; e questo calzolaio
39 Ivi, pp. 272-73 (lettera a Tania del 6 maggio 1929).
40 Ivi, pp. 872-73.

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messinese mi raccont tutte le avventure di Sindbad il marinaio nella versione siciliana, quale laveva intesa dai suoi nonni e non volle
credere (io non insistetti) che fosse una novella delle Mille e una notte; e laccademia di recitazione che in mio onore tennero alcuni detenuti romani, con la Scoperta dellAmerica di Pascarella e altre poesie romanesche41.

In una lettera precedente scriveva di aver percepito che dai


contatti con i coatti comuni si sarebbero potute sviluppare
delle osservazioni di psicologia e di folklore di carattere unico42. E quella sopra citata appunto una straordinaria esemplificazione narrativa, con personaggi reali, di alcuni punti fondamentali delle concezioni sul folclore, che Gramsci avrebbe
in seguito sviluppato nei Quaderni, e in particolare proprio nel
9 43: i Reali di Francia, le storie dei cavalieri, il Guerin Meschino, sono i testi di una determinata letteratura popolare, la
pi elementare e primitiva, in cui Gramsci avrebbe visto riflessa la concezione degli strati pi arretrati e isolati del popolo, specie meridionale44; il confronto dei due carcerati sul
panachage anticipa le considerazioni sullagglomerato indigesto di frammenti di tutte le concezioni del mondo e della vita che si sono succedute nella storia, di cui nel folclore si trovano i superstiti documenti mutili e contaminati45. E le avventure di Sindbad narrate dal marinaio siciliano sono una
esemplificazione anticipata della gramsciana definizione di letteratura popolare: tale non perch scritta dal popolo n per il
popolo, ma perch da esso adottata in quanto conforme alla
41A. Gramsci T. Schucht, Lettere 1926-1935, cit., pp. 56-57 (lettera di

Gramsci a Tania del 12. III. 1927). Lettera pubblicata per la prima volta in
Rinascita, 26 novembre 1974.
42 In Lettere dal carcere, cit., p. 21 (lettera a Tania da Ustica, del 19. XII.
1926).
43 Q 9, 15, p. 1105.
44 Q 6, 207, pp. 844-45.
45 Q 27, 1, p. 2312.

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sua maniera di pensare e di sentire46. In questa folgorante narrazione gramsciana, accanto alle novelle delle Mille e una notte narrategli (cos come le aveva apprese per trasmissione e tradizione orale) da un marinaio siciliano, ignaro di ripetere il capolavoro della novellistica araba, appare, emblematica, la Scoperta dellAmerica di Pascarella. Un testo, questo, per Gramsci esemplare delle modalit di bizzarra assimilazione popolare del pensiero e della scienza moderna, della sua caduta nel
dominio popolare e del suo inserimento nel mosaico della tradizione47.
Questo incontro con narrazioni popolari derivanti dalle Mille e una notte, lagnizione delle letterarie ascendenze orientali
di popolari narrazioni orali, compiuta dal prigioniero Gramsci
nelle carceri fasciste, ebbe una insolita replica, a distanza di anni, e in ben altre condizioni. Tra il 1954 e il 1956 anche Italo
Calvino, raccoglitore delle fiabe italiane, individu non poche
riprese della traduzione settecentesca del Galland, esemplari
casi di discesa dalla letteratura al folklore in epoca non lontana da noi48. Casi che Calvino (allora ignaro del racconto
gramsciano, pubblicato per la prima volta solo nel 1974) in effetti riscontr pi nelle fiabe dellItalia centrale (nelle Sessanta novelle popolari montalesi raccolte dal Nerucci) che in quelle del Sud, dove rintracci s una prevalente influenza del mondo arabo-orientale, ma con una sedimentazione molto pi
profonda della pi recente spolveratura originata dalla fortuna
anche popolare dalcune delle Mille e una notte di Galland49.
Ma anche nei Quaderni sono individuabili ulteriori diretti
riferimenti al capolavoro della novellistica araba, anchessi
connessi alla questione centrale della cultura popolare. Un
46 Q 5, 156, pp. 679-680.
47 Q 27, 1, p. 2312.
48 Cfr. I. Calvino, Introduzione [1956], in Fiabe italiane, pref. di M. La-

vagetto, Milano, A. Mondadori, 2002, pp. 29-30. Cfr. anche M. Paino, Lombra di Sherazade, Cava de Tirreni, Avagliano, 2004, pp. 78-79.
49 I. Calvino, Introduzione, cit., p. 43.

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esplicito accenno alle Mille e una notte infatti rubricato sotto il titolo generale di Carattere popolare nazionale della letteratura italiana, in margine a una nota su Goldoni, sulla popolarit di questo scrittore (caso quasi unico nella nostra tradizione letteraria). E in particolare a proposito del confronto tra
il suo atteggiamento ideologico democratico e quello reazionario di Carlo Gozzi, e del contraddittorio carattere popolare
delle Fiabe di questultimo, a dispetto dellintenzione di dimostrare che il popolo accorre alle pi insulse strampalerie.
un altro cursorio appunto che suggerisce possibili ricerche:
in verit anche le Fiabe hanno un contenuto popolare, sono un
aspetto della cultura popolare o folclore, in cui il meraviglioso e linverosimile (presentato come tale in un mondo fiabesco) parte integrante. (Fortuna delle Mille e un notte anche oggi, ecc.) 50.

E nellambito delle stesse indagini sulla letteratura popolare, in una nota sul Giornalismo, prossima temporalmente a quella sullapologo del Cad, viene istituito un interessante accostamento tra la raccolta orientale, il feuilleton e la
cronaca giudiziaria dei grandi giornali, definita come un perpetuo Mille e una notte concepito secondo gli schemi del romanzo dappendice. Lassimilazione suggerita dallo schema del rallentamento, dalla variet e iterazione dei motivi:
Il Corriere della Sera non pubblica romanzi dappendice: ma
la sua pagina giudiziaria ne ha tutte le attrattive, con in pi la nozione, sempre presente, che si tratta di fatti veri51.

stato per ancora lasciato in sospeso linterrogativo iniziale, sullappunto da cui ha preso le mosse questa nostra indagine: chi erano i due Benedetti? una allusione rivolta a
50 Cfr. Q 6, 153, pp. 809-810. Le note del Q 6 sarebbero state scritte

tra la fine del 1930 e i primi del 1932: V. Gerratana, Descrizione, p. 2388.
51 Q 8, 147, p. 1031.

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personaggi contemporanei? Oppure anche questo un exemplum, che assimila a fatti storici i comportamenti dei due personaggi della novellina araba? Il primo volume della Storia
dei papi del Pastor (opera pi volte citata nei Quaderni52, e ricordata da Croce sulla Critica nello stesso 193253), fornisce
una possibile soluzione dellenigma. A conclusione del grande
scisma dOccidente ci furono due papi di nome Benedetto, due
antipapi, in contiguit temporale: Benedetto XIII (Pedro de Luna), che dopo essere stato deposto nel Concilio di Costanza del
1417, pretese comunque di regnare fino alla morte; e Benedetto XIV, a sua volta antipapa dellantipapa, perch eletto da uno
dei quattro cardinali seguaci di Pedro de Luna in opposizione
al candidato degli altri tre. Con loro, scrisse il Pastor, il grande scisma si risolse cos in commedia54. Non solo. Sempre nella storia della Chiesa, lo stesso nome di Benedetto XIII venne assunto due volte: da Pedro de Luna, divenuto papa nel 1394
e poi antipapa, e da Pietro Francesco Orsini (1724-1730)55. Nella storia della Chiesa apparivano pertanto due Benedetti che,
come i personaggi della novellina del Cad, si erano entrambi
dichiarati legittimi proprietari. Ma in che direzione poteva svilupparsi lapologo che aveva in mente Gramsci? Ogni congettura a questo punto dovrebbe sollecitare i testi e potrebbe risultare poco rispettosa delle quistioni di metodo da Gramsci
stesso poste. Non per forse del tutto inutile ragguagliare su
alcune coincidenze e ricorrenze, da leggere comunque con lopportuna cautela. Una, innanzi tutto, relativa alla persistenza di
52 Q 7, 68, p. 905; Q 17, 3, p. 1909 (un riferimento ai primi volumi della Storia dei Papi); Q 17, 15, p. 1919.
53 B. Croce, Recensione: L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del medioevo, vol. XIV, parte II [] versione italiana di P. Cenci, Roma, 1932, in
La Critica, 1932, pp. 456-457.
54 L. Pastor, Histoire des papes depui la fin du Moyen Age, traduit de
lallemand par F. Baynaud, I, Paris, Plon, 1907, p. 287.
55 Cfr. Enciclopedia Italiana, VI, Treccani, Roma, 1930, p. 612 (voci curate da G. Falco e A. C. Jemolo).

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un motivo narrativo che risale al tempo della sua infanzia in


Sardegna: secondo la testimonianza dei familiari, Nino amava narrare, mescolando realt e invenzione, una storiellina a
proposito del fratello Carlo, pi piccolo di sei anni, avventuratosi per la prima volta in una strada solitaria: incontrati gli assassini, di fronte alla richiesta inappellabile (o la borsa o la
vita), Carlo acconsente, con le lacrime agli occhi: Infila la
mano in tasca Ma cosa consegna agli assassini? Un sacchetto chiuso con lo spago, che contiene pochi semi di melone!56.
Anche in questa novellina infantile, come in quella del cad, ricorre il motivo del sacchetto, che una volta aperto, rivela un
contenuto inconsistente, destinato a deludere ogni brama di possesso. Nel racconto delle Mille e una notte sono per anche presenti ulteriori motivi: la pretesa di una propriet, sostenuta di
fronte al giudice, il cad, da ognuno degli interrogati; linconsistenza della testimonianze fornite dai litiganti, totalmente soggettive; limpossibilit, pertanto, di un giudizio basato sulle loro dichiarazioni, clamorosamente false; la necessit di un giudizio che si fondi invece sulle sole prove materiali, oggettive.
Motivi a ben vedere tuttaltro che semplici, se, come negli apologhi, dai fatti narrati si sposta lattenzione ai significati pi generali. Questi stessi motivi (o comunque molto simili)
ricorrono nei Quaderni pi volte a proposito di una questione
di grande rilevanza: una coincidenza, da Gramsci individuata,
tra la moderna procedura penale e il materialismo storico. Sarebbe come se un giudice giudicasse un imputato da ci che
questo dice di s: cos nel manoscritto del Quaderno 1 Gramsci ricord a memoria, con approssimazione, un passo dalla
prefazione alla Critica delleconomia politica (poi corretto, do56 Cfr. Gramsci vivo nelle testimonianze dei suoi contemporanei, a c. di
M. Paulesu Quercioli, prefazione di G. Fiori, Milano, Feltrinelli, 1977, pp.
31-32: la storiellina che Gramsci amava narrare stata riferita dalla sorella
Teresina. Cfr. anche A. Gramsci, Le avventure di Carlo, in Favole di libert, cit., p. 137.

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po aver verificato e tradotto egli stesso il testo di Marx57). Con


quella citazione istituiva un accostamento tra la rinnovazione
del diritto processuale e linnovazione portata da Marx nello studio della storia: per entrambi, infatti, il primo posto
preso dalle prove materiali58. Un concetto che, con varianti e
in diverse stesure, appare ripetutamente nei Quaderni, con la
similitudine suggerita tra il principio marxiano (non si pu
giudicare unepoca storica da ci che essa pensa di se stessa),
e quello per cui un giudice non pu giudicare limputato da
ci che limputato pensa di se stesso e dei propri atti59. E proprio nel Quaderno 16, alla nota 20, poche pagine prima del promemoria sul rifare la novellina delle Mille e una Notte, Gramsci riproponeva laccostamento tra il metodo istruttorio per ricostruire la responsabilit penale dei singoli individui e il metodo critico, proprio della filosofia della prassi, di ricostruire la
personalit oggettiva degli accadimenti storici e del loro svolgimento. Postillando per con alcune constatazioni: lattenuarsi del rinnovamento del diritto processuale (che aveva
rafforzato l indipendenza della magistratura), con il ritorno
in molti casi ai vecchi metodi istruttori e perfino alla tortura,
e lindebolimento della legge e della societ legale, i cui interessi sono lesi [] anche e specialmente se un innocente
viene condannato. E Gramsci conclude cos la nota, citando
Dante:
Pare invece si sia formata la convinzione che il fisco [cio lav57 Cfr. V. Gerratana, Note, p. 2523. E cfr. la traduzione, curata dallo stesso Gramsci, del brano di Marx, in Q, p. 2359: Cos come non si giudica ci
che un individuo da ci che egli sembra a se stesso, tanto meno si pu giudicare una tale epoca di sovvertimenti dalla ((sua)) coscienza ((che essa stessa se ne formata)), ma piuttosto si deve spiegare questa coscienza dalle contraddizioni della vita materiale [].
58 Q 1, 113, pp. 100-101.
59 Q 11, 50, pp. 1473-76, a p. 1474. E cfr. anche Q 8, 207, p. 1065;
Q, 10, parte II, 41, p. 1321.

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vocato fiscale] sia un avvocato del diavolo che vuole nellinferno


specialmente gli innocenti per fare le fiche a dio, e che il fisco debba perci sempre volere sentenze di condanna60.

A scrivere questa nota (desidero ricordarlo ora, nel settantesimo anniversario della morte, in un paese ormai pressoch
dimentico della sua opera, riscattata per da una straordinaria
fortuna in tutto il mondo61) era un prigioniero, messo in carcere mentre era ancora deputato in carica. Condannato, tra laltro, perch (come dichiar al processo il pubblico ministero del
tribunale speciale per la difesa dello stato) per ventanni fosse impedito a questo cervello di funzionare62.

60 Q 16, 20, pp. 1888-89. E cfr. Inferno, XXV, 1-6.


61 Cfr. ora Studi gramsciani nel mondo, a c. di G. Vacca e G. Schirru,

Bologna, Il Mulino, 2007; R. Mordenti, Gramsci e gli studi culturali, in


Studi di letteratura italiana per Vitilio Masiello, a c. di P. Guaragnella e M.
Santagata, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 305-20; Esercizi di potere. Gramsci, Said e il postcoloniale, a c. di I. Chambers, Roma, Meltemi, 2006. Nel
recente Convegno internazionale di studi su Gramsci, le culture e il mondo,
Roma 27-28 aprile 2007, D. Boothman intervenuto su LIslam nei Quaderni del carcere.
62 G. Fiori, Vita di Antonio Gramsci, Bari, Laterza, 1977, pp. 267-268.

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