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Socetas Raffaello Sanzio

Giulio Cesare
Pezzi staccati
Intervento drammatico su W.Shakespeare
Ideazione e regia: Romeo Castellucci

con:
Giulio Cesare: Gianni Plazzi
Marcantonio: Dalmazio Masini
vskji: Simone Toni
E con due figuranti da trovare in loco
Assistenza alla messa in scena: Silvano Voltolina
Tecnica: Gionni Gardini
Produzione: Socetas Raffaello Sanzio
durata: 45 minuti

Tornare a Giulio Cesare, spettacolo della Socetas Raffaello Sanzio andato in scena per la
prima volta nel 1997, non significa assecondare la nostalgia o la seduzione
dellautocitazione.
I discorsi di vskij e Marco Antonio si fronteggiano ora come due nuclei vivi. Sono pezzi
staccati come qualcosa che si riferisce a un tutto ma che, al contempo, lo supera in
funzione. Sono immagini icastiche di quel dramma della voce, alle prese con il potere
ammantato dalla forza della parola. La topologia del dire (dellattore), incistato nel
linguaggio e nelle sue macchine, la sua compromissione con la retorica, si inscrivono in
una polarit che ha la forma del calco e dellimpronta. Al centro c il corpo con i suoi
organi locutori, in ruolo di spicco.
Da un lato: il personaggio di vskij, allusione a uno dei padri fondatori del teatro,
inserisce una telecamera endoscopica nella cavit nasale fino alla glottide. Il percorso
dellendoscopio proiettato su uno schermo circolare che visualizza il viaggio a ritroso
della voce fino alla soglia delle corde vocali. Il lungo tubo che conduce il soffio e le parole
del dialogo tra Flavio, Marullo e il Ciabattino fino al suo sipario di carne, mostra lorigine
sessuale delle parole, il limite tautologico di una voce che coincide con la vibrazione
udibile-visibile del cavo orale. Assoluto tatuaggio della fonazione.
Dallaltro: Marco Antonio un laringectomizzato. Mette sul piedistallo lorazione funebre
che picco retorico del dramma, tensione al monumento, con una tecnica fonatoria altra.
La voce, senza una gola di carne, diventa pulsione esofagea, puro vibrare di commozione.
Larticolazione dei significati si offusca e svanisce: ne rimane la modulazione vocale,
mezza persa e, dun colpo, assorbita dai rumori del corpo. Il dire sgolato diventa
lesoscheletro della persuasione retorica, mentre il discorso coincide con un parlato
letteralmente da una ferita, la sola in grado di sopportare il racconto del corpo di Giulio
Cesare trafitto da bocche mute. Questo corpo senza lorgano del linguaggio (le corde
vocali) vessillo di un corpo di per s eloquente come un io invaso dal cadavere che
occupa il trono del discorso con lesposizione nuda di un castigo corporale.
In una teologia negativa della voce, il buco attraverso cui passa il respiro di Marco
Antonio, lascia intravedere in assenza la gola rivoltata di vskij.
Piersandra Di Matteo

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