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N9505 GERLINDA SMAUS Universita del Saarland ABOLIZIONISMO: IL PUNTO DI VISTA FEMMINISTA A proposito delle riforme delle norme sulla violenza sessuale in Italia e in Germania Tradusione dal tedesco di Anna Patrucco Becchi René van Swaaningen [1989] ha mostrato in un suo contributo l’esistenza di “convergenze” fra l’abolizioni- smo ed il femminismo. | modelli di una giustizia fem- minista citati in quell’occasione sono situati su un pia- no! che non li fa rispecchiare in ogni caso nel movi- mento femminista. Abolizionismo e femminismo nella prassi risulta- no essere movimenti che in relazione al diritto penale difendono interessi a volte contrari. Le femministe piombano, per cosi dire, con le loro attivita alle spalle degli abolizionisti che vogliono abolire il diritto pena- le. Si tratta qui di presentare la controversia fra aboli- zionismo e femminismo da una posizione femminista. L’argomentazione deve a questo scopo essere esempli- ficata al massimo, dal momento che come non vi é un abolizionismo unitario, cosi non vi é nemmeno un fem- minismo unitario. Occorre premettere la constatazio- ne che nella prassi abolizionismo e femminismo non hanno quasi punti in comune; tuttavia, in ambito cri- minologico, dove il loro rapporto pud essere discusso in modo pit significativo, le loro opposte strategie pos- sono provocare una crisi della criminologia critica. Per- cepisco come crisi il fatto che le differenti strategie re- lative al diritto penale escludano la possibilita di un’ap- partenenza ad ambedue i “campi”, sia a quello aboli- zionista che a quello femminista, tanto pit che il “pren- dere sul serio” i problemi di quest’ultimo evoca analo- gie con il realismo di sinistra. ' Oltre a cid ho interpretato Heidensohn nel senso che i criteri del trattamento “leale, aperto e ra- zionale” delle donne in giudizio sa- rebbero criteri importanti che il tri bunale non soddisfa mai. Heiden- sohn richiede per le donne inoltre un procedimento che corrisponda meglio alla loro natura, allincirca se- condo il modello della giurisdizione minorile. Se a cid sarebbe legata pit Siustizia (“doing justice to diversity”, dice van Swaaningen) o invece una tutela ancora maggiore delle donne, la Heidensohn stessa non ¢ in gra. do di deciderlo {F. Heidensohn, 1986, 296}. Comune ad ambedue i movimenti é il fatto di es- sere movimenti di liberazione che si pongono come obiettivo l’abolizione, nel senso dei diritti umani, di in- giustizie e repressioni evitabili. Come ha illustrato Re- né van Swaaningen, essi in parte considerano giuste le medesime strategie e forme dell’opposizione. Eviden- ziare gli aspetti formali delle strategie e delle finalita generali non pud tuttavia nascondere il fatto che am- bedue i movimenti perseguono a volte interessi oppo- sti riguardo al contenuto. Cercherd qui di dare un qua- dro sommario di essi. 1. Gli abolizionisti si pongono come obiettivo quel- lo di evitare i problemi che nascono per i cosiddetti col- pevoli e per il loro ambiente dall’applicazione del dirit- to penale. Solo a causa della crescente critica nei loro confronti, gli abolizionisti si interessano anche delle cau- se di conflitti e situazioni problematiche, che portano ad azioni le quali possono essere designate come cri- minali. Questo non é tuttavia il loro problema pia im- portante. Alle femministe interessa invece il miglioramento delle condizioni primarie che rendono le donne parti- colarmente esposte alle violenze da parte del sesso ma- schile. I] diritto penale é visto da loro in questo conte- sto come uno dei mezzi con i quali si pud pubblicamente problematizzare e politicizzare la loro posizione. Le con- seguenze secondarie del diritto penale non sono in que- sto ambito il loro problema principale. 2. Oggetto di attenzione degli abolizionisti sono sempre §]i “altri”: il pit delle volte uomini dei ceti su- balterni, nei cui confronti essi, spesso senza che gli ven- a richiesto, intraprendono in loro vece sforzi per libe- rarli. I] loro interesse professionale coincide con gli obiettivi del movimento. In cid essi si rivelano “impren- ditori morali” che hanno cura di far fare agli altri uo- mini cid che essi ritengono giusto e che ora, nella per- sona di van Swaaningen, consigliano alle femministe che é bene per loro fare cid che gli abolizionisti repu- tano giusto. Gli avversari degli abolizionisti nel conflit- to sono “uomini”? che rivestono posizioni in istituzio- ni statali, e per questo si tratta di un conflitto intra- sessuale. Oggetto di attenzione del movimento femminista sono le donne stesse. Anche se si ammette che il mo- vimento presenta un nucleo centrale, cerchi con diffe- renti distanze da questo nucleo e “frange” periferiche, e che non comprende le donne nel loro insieme, tutte le donne sono colpite tuttavia dalle violenze sessuali in un modo completamente diverso da quello in cui gli abolizionisti lo sono dalle pene carcerarie. Gli avversa- ri nelle loro dispute sono uomini in quanto soggetti che rivestono un ruolo sessuale, o pia in generale é l’ordi- ne patriarcale. Si tratta percid di un conflitto interses- suale. Il campo conflittuale é quindi molto pit ampio — esso riguarda tutti gli ambiti della vita pubblica e di quella privata — rispetto alla limitata finalita dell’abo- lizionismo. Percid bisogna anche teoricamente ammettere che i due movimenti possono avere fini divergenti fra loro. Gli obiettivi non sono in fondo delle costruzioni o defi- nizioni arbitrarie, ma rispecchiano la situazione socia- le in cui si trovano ad essere protagonisti. Cosi la mag- éior parte degli abolizionisti da noi conosciuti sono uo- mini, ai quali spettano illimitatamente i vantaggi patriar- cali della societa attuale. Inoltre essi godono dell’alta considerazione sociale e delle ricompense da parte del ? Questa personalizzazione @ — stematico. L’abolizionismo si serve opportuna perché il movimento abo- _ dell’approccio illuministico e questo lizionista rifiuta un punto di vistasi- si rivolge sempre a persone. 87 sistema, le quali sono connesse alle loro posizioni ac- cademiche. E onorevole che essi sfruttino questa posi- zione per aiutare i membri pit deboli del loro sesso. Senza mettere in discussione lonesta delle loro moti- vazioni si pud supporre pero che le loro attivita in de- terminati contesti non possano che aumentare la sti- ma nei loro confronti. Da un punto di vista storico la maggior parte degli abolizionisti si trova in una condi- zione privilegiata che permette loro di problematizza- re gli sviluppi disfunzionali degli Stati moderni e le co- lonizzazioni dei “mondi vitali”. Essi hanno raggiunto la condizione della postmodernita, dove si presume che i problemi distributivi non giochino pid alcun ruolo. I] patriarcato invece resta anche per loro una zona oscu- ra, benché il rapporto fra i sessi rappresenti un impor- tante mezzo egemonico. Le donne invece, restando all’immagine preceden- te, non hanno ancora raggiunto la modernita. Esse non sono ancora rappresentate nello Stato, nelle sue istitu- zioni e nel mercato del lavoro in egual misura degli uo- mini. I] loro mondo é finora prevalentemente il “mon- do vitale”, nel quale esse sono esposte a due forme di colonizzazione: da un lato esse sono ampiamente esclu- se dal sistema e sottomesse alle sue “esigenze funzio- nali”. Con cié il loro raggio d’azione viene incredibil- mente limitato, esse non possono partecipare a deci- sioni che le riguardano, per non parlare di quelle che riguardano |’umanita. Dvaltro lato esse, nel mondo vitale, sono sottomes- se al patriarcato privato. E quindi comprensibile che evadano da quel mondo vitale, che agli abolizionisti ap- pare come il paradiso da riconquistare, e cerchino di guadagnar spazio anche nel sistema dichiarando pub- blici e politici i loro problemi fino ad ora privatizzati. In quale altro modo potrebbe il sistema riprodutti- vo, che é stato respinto nel privato, rivoltarsi contro il sistema produttivo? § una riflessione strategica quella di servirsi del patriarcato privato contro il patriarcato pubblico facendo sempre nuove coalizioni e ottenen- do alternativamente il sostegno d’ambedue i patriarcati. Le donne non hanno ancora ottenuto |’equiparazio- ne dei diritti, vivono ancora in larga misura nella situa- zione di mancanza di diritti (cfr. S. Klein-Schonnefeld, 1978, 248 ss.]. I] loro rifiuto ad entrare nell’organizza- zione giuridica, secondo il motto: “Immaginati un po’, c’é un governo e nessuna donna ci va!”, non avrebbe alcun effetto, dato che finora le donne sono state as- senti in essa e negli organi rappresentativi dello Stato. Non é un’assenza volontaria ma si tratta piuttosto di un’esclusione. Credo pertanto che le donne dovreéb- bero prima raggiungere la situazione che i colleghi ma- schi considerano degna di essere abolita. La nuova so- cieta postmaterialistica non sopraggiunge fin tanto che la meta dei suoi membri rimane nella situazione della societa dei ceti [efr. U. Beck, 1986, 118, 178 ss] o in quella del terzo mondo®. Quando §li abolizionisti pretendono che le donne abbiano comprensione per i loro sforzi, cid corrispon- de al vecchio cliché del ruolo femminile, secondo il qua- le le donne dovrebbero porre in secondo piano i pro- pri interessi a favore de@gli interessi altrui. Si potrebbe pretendere, allo stesso modo, che gli abolizionisti cer- chino, nel senso del loro paradigma interpretativo pre- ferito e delle priorita che essi riservano al mondo vita- > La teoria femminista scopri la somiglianza strutturale fra la ridu- zione al ruolo di casalinga, e la “co- lonizzazione” In entrambi i casi si tratta del fatto che la produzione di sussistenza, ossia il lavoro non paga- to per la produzione e la conserva- zione della vita immediata, non @ so- Jo un fenomeno precapitalistico, ma costituisce ancora oggi una condizio- ne essenziale di esso, Nelle metro- poli le casalinghe vengono sfruttate a vantaggio degli uomini; nel'econo- mia mondiale le metropoli sfruttano il lavoro della popolazione delle co- lonie del terzo mondo [cfr. M. Mies, 1983, 115 ss; C. v. Werlof, 1983, 135 ss; V. Bennholdt-Thomsen, 1983, 195}. le, di capire gli interessi delle femministe dall’interno del loro punto di vista, invece di decidere chi sia in pos- sesso della verita. Dobbiamo quindi distinguere in modo chiaro fra gli sforzi per l'uguaglianza nel diritto privato e gli sforzi per la funzionalizzazione del diritto penale, poiché, come gia si é detto, mentre il primo riguarda i diritti soggetti- vi delle donne, il secondo — il diritto penale — riguar- da invece sanzioni per altri, per uomini (cfr. G. Smaus, 1984, 296 ss.]. Allo stesso modo in cui i lavoratori or- ganizzati hanno cercato di imporre la tutela dei loro in- teressi nel diritto, anche le donne non possono rinun- ciare a questo strumento. E allo stesso modo in cui le conquiste gia raggiunte dai lavoratori nel corso del tem- po sono state nuovamente respinte da potenti gruppi d’influenza, anche le donne possono contare sul fatto che le loro richieste non verranno mai soddisfatte com- pletamente e saranno costantemente esposte ad un pro- cesso di erosione [cfr. W. Chambliss, 1988, 105 ss.]. Invece di prendere fin da principio una posizione difensiva, ci si deve rendere conto che il miglioramen- to della situazione della donna nell’ organizzazione giu- ridica e nella societa ha un carattere progressivo: un movimento deve restare in movimento‘. Lo stesso va- le anche per il diritto penale. Da un punto di vista me- ramente funzionale bisognerebbe sconsigliare alle don- ne di aspettarsi dallo strumento patriarcale del diritto penale un qualche miglioramento della loro situazio- ne. A questo riguardo si potrebbero ripetere tutti gli ar- gomenti abolizionisti di van Swaaningen. Certamente vi sono ragioni per ritenere che le donne non possie- dano una vera conoscenza del diritto penale {efr. G. 4 All'Universita di Oslo, pres- quello di migliorare la situazione del- so la facolta di giurisprudenza, é sta- _le donne nell'organizzazione giuridi- to istituito un corso di studi in “di- cae nella societa (cfr. T. Stang Dahl, ritto delle donne”, il cui obiettivoé 1986, 239 ss. Smaus, 1984, 296 ss.]. D’altra parte il sapere degli abo- lizionisti é altrettanto selettivo e lacunoso. Per esem- pio, Louk Hulsman non vede il diritto penale nella sua totalita, ossia nelle sue funzioni sia manifeste che la- tenti, bensi soltanto nelle prime, cioé negli obiettivi di- chiarati. Poiché il diritto penale non realizza questi obiet- tivi, esso pud venire abolito. Si potrebbe definire que- sta posizione, in considerazione della funzione latente del diritto penale di riprodurre la popolazione crimi- nale e con cid il terreno della piramide sociale, come ugualmente ingenua. Una tale discussione avrebbe, tut- tavia, poco senso. Invece di rinfacciarci a vicenda i difetti, dovremmo renderci semmai conto che ogni movimento si pud por- re solo degli obiettivi limitati, che ogni movimento li- mita in modo selettivo la contingenza ed infine che ogni soluzione pud essere solo limitata, vale a dire lascia in- tatti determinati conflitti e ne provoca dei nuovi. Riguardo al diritto penale é degno di nota che le donne, in Italia e sicuramente anche in altri paesi, du- rante la raccolta delle firme per la riforma dell’articolo 519 del codice penale sulla violenza sessuale fossero del tutto conscie dal fatto che leggi e pene piti dure non avrebbero influito sulla criminalita e che dal diritto pe- nale non ci si sarebbe potuto aspettare un miglioramen- to della loro situazione materiale. Le loro richieste ri- guardavano espressamente il loro status legale come presunti soggetti di diritto formalmente uguali, status che esse consideravano leso dal diritto penale tradizio- nale. Cid emergeva gia nella definizione del bene giu- ridico tutelato ufficialmente da quell’articolo. Esso tu- tela penalmente non la dignita e l’identita fisica delle donne, bensi la morale. Non era la donna ad essere con- siderata lesa, bensi la proprieta dell’uomo. Le femmi- niste pretendevano, sostenute da migliaia di donne, che la violenza sessuale venisse ridefinita come delitto di violenza e che le donne vittime di questo delitto, per il quale la misura della pena doveva essere aumentata, fossero trattate allo stesso modo di altre vittime. Doveva finire la prassi per cui la colpa veniva asse- gnata alla vittima, ed era la donna, e non il violentato- re, ad essere condannata moralmente. Con la riforma di questo articolo si doveva estinguere, per cosi dire, un debito del diritto penale nei confronti dell’uguaglian- za giuridica delle donne: esso non doveva essere pit redatto ed applicato in modo selettivo sessista (cfr. T. Pitch, 1985, 35 ss.]. Cid mi sembra non soltanto una ricerca di uguaglianza, che secondo van Swaaningen non avrebbe valore etico, ma anche di giustizia. Non si de- ve dimenticare che “uguaglianza” nella sociologia, che vuole procedere libera da valori, spesso viene usata co- me un’abbreviazione per “giustizia”. A me pare piuttosto che la non specificata molte- plicita di cui tanto si parla nell’abolizionismo sia etica- mente indifferente: deve starci veramente a cuore tut- to e ciascuna cosa allo stesso modo? La legge offriva alle donne l’occasione per un’ampia discussione pub- blica e politica, la quale provocd un mutamento di co- scienza non da ultimo nelle donne stesse ‘. Il fatto della violenza sessuale simbolizzava improv- visamente la limitazione della liberta e la dimensione dell’oppressione, che comincia gia dalla mera possibi- lita di usare violenza. La discussione rivelo anche che gran parte del po- tere maschile viene assicurato con i mezzi primitivi della 5 La “taz” del 23 gennaio 1989 cita nell'articolo Was eigentlich ist Seximus? (“Ma che cos’é il sessi- smo?") Alice Schwarzer: “Non ho mai nascosto che mi interessa so- prattutto la campagna complessi- a e che la legge é solo una concre- tiseazione provocatoria esaspera- ta del pensiero”. La campagna an- tipornografia ha fatto si che in tutta la Germania si riflettesse attenta mente su cid. Questa campagna ha favorito la comunicazione; la legge antipornografia fu discussa in tutte le frazioni del parlamento federale [eft. “Emma”, 3 marzo 1988}. violenza fisica, che sono ancora ben lungi dall’essere “monopolizzati” dallo Stato come vuole la nota teoria weberiana. In questo modo Ia fattispecie della violen- za sessuale assumeva per il movimento la funzione in- tegrativa di un’ideologia. L’affermazione nel diritto pe- nale della richiesta del movimento fu valutata dalle don- ne del tutto dialetticamente: da un lato considerarono come segno di una situazione obiettivamente critica del movimento il fatto che esso si dovesse rivolgere al di- ritto penale, dall’altro considerarono pero questo stes- so fatto come il riconoscimento delle loro pretese da parte del sistema politico. Bisogna sottolineare che que- sto é accaduto in Italia. In Germania invece la tentata riforma del paragra- fo 177 del codice penale tedesco ha avuto un “misero finale” (cfr. M. Frommel, 1989, 11 s.]. Monika Frommel definisce, del tutto legittimamente, alludendo a Schee- rer [S. Scheerer, 1986], il fronte compatto di partiti con- servatori e “uomini” come un fronte di abolizionisti “atipici”. E interessante constatare come le possibili coali- zioni con dei conservatori non possano essere un cri- terio di qualita per settori della criminologia critica, poi- ché si pud di fatto designare con Frommel il rifiuto della riforma del paragrafo del codice penale tedesco sulla violenza sessuale come il rovescio della ipercriminaliz- zazione. Sia l’uso selettivo che il non-uso del diritto pe- nale stabilizzerebbero rapporti di potere e corrispon- derebbero a ben escogitate norme informali del tratta- mento disuguale (M. Frommel, 1989, 11]. James Mes- serschmidt direbbe a questo proposito che Ja crimina- lizzazione selettiva dei membri maschili del ceto infe- riore assicura il dominio del patriarcato pubblico deg)i uomini del ceto elevato, e che la non-criminalizzazione dei delitti di violenza verso le donne assicura il domi- nio dei patriarchi privati, la cui appartenenza ad un de- terminato ceto sociale, in questo caso, rimane indiffe- rente [J. Messerschmidt, 1988, 83 ss.] Abolizionisti tipici e abolizionisti atipici sono fra loro concordi nel dire che il diritto penale non ha comun- que effetti — non lo sanno questo anche le donne stes- se? E tuttavia l’opposizione al mutamento mostra che vi é qui qualcosa da difendere. Come mostrarono le ri- cerche sul mutamento della lingua sessista delle leggi, non si tratta solo di parole, bensi della realta da esse definita. In opposizione alla parola “professoresse” si organizza l’opposizione alle professoresse [cfr. O. Stein, 1986, 197 ss.}. Nell’opposizione alla riforma del paragrafo 177 del codice penale tedesco gli uomini difendono i loro pri- vilegi e la loro definizione della sfera sessuale. Anche se si restringesse il mondo all’aula delle udienze, dove avvocatesse difenderebbero le loro clienti, vittime di delitti di violenza, contrastando la visione sessista del pubblico ministero e dei giudici, una riforma che mi- Sliorasse i loro mezzi giuridici d’espressione sarebbe gia ben giustificata °, E significativo che tali “funzioni specifiche” e tali effetti delle campagne di criminalizzazione non venga- no affatto tematizzati. La discussione retrocede dietro allo stato raggiunto dalla sociologia dei movimenti so- ciali, o addirittura dietro al modo di pensare dialettico. Dalla prima dovrebbe essere noto che i fini manifesti dei movimenti devono dispiegare soprattutto effetti in- © Ulrike Teubner cita nel suo articolo 'avvocatessa berlinese I. Lohstéter: “L'amministrasione del- la giustizia cambiera solo quando si faranno sempre pitt processi per violensa sessuale, quando saran- no criticati il pubblico ministero ed i giudici e quando i nostri argo- ‘menti e 'autocosciensa delle don- ne saranno rappresentati anche di fronte alla giustisia degli uomini” {U. Teubner, 1988, p. 88). Frommell 6 dell’opinione che lo spostamento di prospettiva della difesa dal com- portamento della vittima all’autoper- cezione del colpevole sia da valuta: Te come un successo non-punitivo del movimento femminista {From- mel, 1989, 12). tegrativi verso l’intero e che i risultati positivi non de- vono per forza coincidere con i fini dichiarati. Sia la di- scussione sulla violenza sessuale, sia quella sulla por- nografia hanno avuto un effetto unificante del movimen- to e anche un effetto modificativo sulla coscienza del pubblico’. Inoltre, questa campagna priva di successo ha rivelato il carattere sessista del diritto ed ha contri- buito a tenere viva la coscienza del movimento. Partendo dal modo di pensare dialettico si pud, io credo, applicare ai tentativi delle donne cid che Stei- nert afferma in generale sulla resistenza: Questa resistenza é di solito ambigua: essa si realizza nel- l'ambito di situazioni che non sono state scelte libera- mente con i mezzi che sono a disposizione contro parti ed aspetti di queste situazioni che non sono state scel- te. Per questo essa é anche sempre una resistenza adat- tata [H. Steinert, 1981, 57]. Le donne, come anche altri gruppi sociali, devono rivolgersi con le loro richieste allo Stato, poiché sono le sue istituzioni che decidono come deve venire fatta giustizia, dato che é agli Stati, nel momento della loro fondazione, che é stata trasferita la competenza a deci- dere e comporre conflitti sociali *. 7 Persino Brants e Kok, che si_ so corrisponde ad una logica (0 psi- vogliono attenere strettamente al di- che) maschile. A questo argomento ritto penale come ad un ultimum re- Carol Smart contrappone lopinione ‘medium, si domandano se la socie- che il diritto corrisponda soprattut- ta disponga di mezzi sufficienti per to alle strutture sociali ed economi- ovviare al problema delle violenze che. Invece di prendere le mosse da sessuali e della pornografia. Essinon uno Stato maschile onnipotente, el- ignorano che Timplementazione del _ la suggerisce di accettare la teoria di la legge potrebbe rinforzare l'obiet- uno sviluppo diseguale, che favori- tivo ideologico delle donne (cfr. Ch. sce una costante attivita politica del- Brants, E. Kok, 1986, 282] Je donne: “The goal of engaging 8 Una serie di autrici femmini- with law as part of the process of ste (per esempio Mac Kinnon) spie- transforming the conditions under gano Vinefficienza del diritto nei ri. which women live, is a strategy guardi delle donne col fatto che es- which integrates the theory and Non é superfluo ricordare che sono state delle don- ne ad aver ottenuto con.la protesta di piazza una libe- ralizzazione del paragrafo 218 del codice penale tede- sco che proibisce l’aborto. Gia allora esse si vedevano affidate a se stesse; la criminologia critica era, nel 1971, appena agli inizi. Sembra che determinati temi morali vengano resi pubblici soltanto quando si servono di uno sfondo gius- penalistico. Questo fatto pud essere criticato, ma esso presenta pero il vantaggio di far si che temi morali ven- gano privati della loro connotazione morale, e che il loro carattere strumentale, — Pegemonia maschile —, risulti chiaro. A ragione domina la teoria per cui il di- ritto penale non dovrebbe occuparsi di morale. L’idea che le donne stesse si impegnerebbero per |’afferma- zione di una nuova morale sessuale non-violenta, co- me fecero un tempo nel temperance movement, é an- tiquata e le esporrebbe molto presto al ridicolo. Le don- ne che invocano la funzione simbolica del diritto pe- nale vengono si criticate, ma prese sul serio. Una rinun- cia a provocare una discussione ne] diritto penale sa- rebbe per le donne un atto unilaterale senza contropre- stazione. Le donne possono avere anche una prognosi diferente per quanto riguarda la rischiosita delle isti- tuzioni e, fin tanto che il diritto penale sussiste, non vedere alcuna ragione per cui non dovrebbero cercare di attaccare con le loro pretese anche questo strumen- to patriarcale. Credo che si possa interpretare il dibat- tito sulla violenza sessuale pitt come un attacco al di- ritto penale che come una cooperazione con esso, poi- ché — come gia detto — l’opposizione alla riforma é stata enorme. : the practice of feminism’ |C. Smart, _trale nella riproduzione dell'opposi- 1986, 122}. Le teorie del dirittoe de!- zione delle donne ivi, p. 110]. Jo Stato rivelarono il loro ruolo cen Sarebbe fatale per il movimento se esso si concen- trasse unicamente sulla legislazione. Ma anche questo non é affatto il caso. Iniziative come queste rappresen- tano semmai solo un vertice politico e pubblico di dif- ferenti attivita. Vi sono state dapprima le fondazioni di case della donna e di organizzazioni di autodifesa per donne picchiate e violentate ecc., che la critica aboli- zionista perde d’occhio. Ma con cid il movimento fem- minista ha dato prova di aver affermato nel modo pia coerente, fra tutte le infrastrutture alternative, i princi- pi della organizzazione autonoma decentrata [efr. K.W. Brand, D. Basser, D. Rucht, 1983, 142 ss.] — e questo sta in netto contrasto con il fatto che gli abolizionisti operino su una base istituzionale ben dotata e che il loro campo d’azione non siano i mondi vitali, bensi i convegni scientific. L’abolizionismo finora si € occupato poco o per nul- la di problemi femministi. Questa omissione viene im- putata alla criminologia critica, la quale avrebbe trascu- rato l'aspetto specifico sessuale. La tematizzazione del sesso conduce tuttavia di regola molto rapidamente a riconoscere che le donne nella criminalita, nella mag- ior parte dei casi, non compaiono come colpevoli, bensi come vittime®. Cid é anche comprensibile a mio avvi- so, poiché il diritto penale é uno strumento che cerca di controllare soprattutto la devianza maschile. Lrentita della violenza esercitata nei confronti del- le donne e delle ragazze, che finora non era apparsa nelle statistiche criminali per via dell’applicazione ses- sista del diritto e che ora é stata portata alla luce, rap- ° Cid é sfuggito per esempioa _ciale documentano il loro compor- Jeanne Gregory [1983]. Uno spunto _tamento “deviante” con definizioni promettente per la spiegazione del- non penali, bensi psicologiche e psi- la scarsa quota di donne ¢ ragazze _chiatriche [efr. L. Gelsthorpe, 1986; criminali sta nel riconoscimento del 8. Lees 1986 fatto che gli agenti del controllo so- presenta un fatto problematico per gli abolizionisti. In- fatti l'interesse si deve spostare dagli aspetti del con- trollo alle azioni reali e parimenti ai rapporti diseguali di potere e di dominio nel mondo vitale. La tesi degli abolizionisti per cui il mondo vitale risolverebbe da sé il 99% dei suoi conflitti penalmente rilevanti, potreb- be allora voler anche dire che questi, nella misura in cui riguarderebbero le donne, non dovrebbero essere risolti, bensi sopportati. Ci si pud chiedere con Steinert perché a questo riguardo non sia stata ancora compiu- ta una “ricerca sulla soglia di accettazione” (cfr. H. Stei- nert, 1981, 57]. Purtroppo anche van Swaaningen non si occupa delle donne e dei bambini, ma genericamen- te della “gente”. Ricerche abolizioniste che analizzano questo pro- blema sono state fatte, che io sappia, solo in Olanda — che gli abolizionisti si interessino delle donne lo dob- biamo al fatto che le femministe sviluppano iniziative penali apparentemente opposte — e cid dovrebbe da- re da pensare ad ambedue le parti. Nessuno ha impe- dito agli abolizionisti di dedicare particolare attenzio- ne alla situazione delle donne nelle prigioni o ne§li isti- tuti psichiatrici — cid lo hanno fatto sempre le donne. Pid grave di questa omissione mi sembra comunque il fatto che gli sforzi di decriminalizzazione inizino da de- litti sessuali, le cui vittime sono soprattutto donne e bambini. Temo che la logica di cid potrebbe risiedere nel fatto che in questo caso ci si aspetta opposizione minima da parte dei custodi maschi del diritto penale. Il cancellare queste fattispecie facendo notare che es- se non hanno alcun effetto, mi sembra cinico persino sul piano simbolico. Il movimento abolizionista ha fatto secondo me an- cora poco per guadagnarsi la simpatia del movimento delle donne. Se le donne tendono la loro mano per la collaborazione nell’ambito generale dei movimenti li- bertari, sara loro permesso di chiedere quale sara la con- troprestazione? Il compito di assumere una volta tanto il punto di vista femminista mi ha portato ad un grosso dilemma. Similmente a Marlies Dirkop mi sono adirata in occa- sione della discussione del libro di Schur Labelling Wo- men Deviant [M. Dirkop, 1986, 273 ss.]. Perché? Gli abolizionisti hanno in un certo senso vita facile, per- ché i loro fini si collocano al di sopra di ogni dubbio. In cid Pabolizionismo eguaglia tutti i movimenti fon- damentalisti che pongono il loro obiettivo, senza riguar- do alla sua realizzabilita pratica, in modo assoluto. Mi sembra che essi riproducano nella chiarezza delle ri- sposte a tutti i problemi la chiarezza delle reazioni si- stematiche, ossia i] “modello-Portia”. Per le donne in- vece una posizione fondamentalista é esclusa. Se esse vogliono raggiungere qualcosa “realmente”, devono ten- tare di farlo con tutti i mezzi legali e adattare continua- mente le strategie. Le aporie si risolvono solo nel pro- cesso e questo é implicato nella strategia dell’incom- piuto che van Swaaningen rivela essere la caratteristi- ca comune di entrambi i movimenti. Le donne posso- no usare il diritto penale e poi nuovamente rifiutarlo, dato che nella prassi non vi é un obbligo alla coerenza logica come nella scienza". Per il resto la discussione sul sesso e sul sessismo, nella quale ci serviamo sia della terminologia del paradigma di controllo che di quella della criminologia eziologica, mette a nudo molti pro- blemi irrisolti della criminologia critica. Dobbiamo al- lora considerare il movimento per la riforma delle nor- 10 Come riferisce Hagemann: _ proseguimento del processo doves- White in base alla sua conoscenza sero apparire troppo elevati, esse del trattamento in giudizio della vio- _possono ritirare la loro denuncia. Cid lenza nei confronti delle donne, le verrebbe tuttavia interpretato dalla donne si possono anche, in modo —_giustiza come volubilita [C. Hage- flessibile, “dichiarare fuori” da un _ mann-White, 1988, 110 ss]. Pprocesso gia in corso. Se i costi del me sulla violenza sessuale come una Law and Order Campaign, dunque come espressione di un falso biso- gno, oppure come espressione di un bisogno reale? "' Possiamo parlare ad un tempo dei miti del diritto penale e del mito femminista della violenza sessuale? Se i] diritto penale non deve rappresentare la soluzio- ne del problema primario, quale status hanno allora le “cause” delle violenze sessuali? Secondo Tamar Pitch tali questioni potevano essere ritenute scientificamen- te non problematiche fin tanto che si trattava della cri- minalizzazione dei membri dei ceti inferiori. Solo il di- scorso femminista ha svelato che le questioni intorno: 1. alla natura dei problemi sociali, al loro status onto- logico ed epistemologico e alle loro cause; 2. al fondamento sociale del diritto e delle sue defi- nizioni, 3. alla legittimazione di strategie di trasformazione e alla loro connessione con l’analisi delle cause, sono da sempre questioni di natura politica [T. Pitch, 1985, 46]. Per questo la controversia fra abolizionismo e fem- minismo pud essere decisa non secondo punti di vista scientifici, bensi unicamente sotto il profilo politico. Se ci si dichiara per il femminismo, allora si devo- no fare delle riserve nei confronti dell’ abolizionismo. '! L'ideologia dominante dice che la violenza sessuale sussiste so Jo quando fa vittima é una donna che gode di una buona reputazione, vi ve sotto la protezione di un womo (0 @ ancora vergine) e si comporta in modo femminile, Una donna invece che preferisce vivere da sola, che ha 1e dubbia e prende lei ative sessuali non potreb jolentata. Le femministe hanno sviluppato una contro-ideolo ia: in che cosa consista il carattere ideologico della teoria femminista si pud leggere in C. Brants {1982}. BECK ULRIGH (1986), Risikogesellschaft. ‘Auf dem Weg in eine andere Moderne, Suhrkamp Frankfurt a. M. BENNHOLDT.THOMSEN Veronika (1983), Zur Bestimmung der geschlechtlichen Arbeitsteilung im Kapitalismus, in Frauen, die letzte Kolonie, a cura di C. Werlhof, M. Mies, V. Bennholdt- Thomsen, Rowohlt, Hamburg, pp. 194-212 BRAND Karl-Werner, BUSSER Detlef, RUCHT Dieter (1983), Aufbruch in eine andere Gesellschaft, Campus, Frankfurt a. M., New York. 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