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Premessa
Non da oggi denunciamo che i principali problemi di Telecom Italia sono da ricercarsi in:
• un debito eccessivamente alto, che riduce la capacità di investimenti e rende
l’azienda fragile da un punto di vista finanziario;
• un assetto proprietario che nel tempo non solo non si è consolidato (assenza di
un nucleo forte a vocazione industriale) ma non si è evoluto neanche verso
quella “public company” da noi più volte sollecitata;
• un’incapacità di definire in ambito nazionale un piano industriale di medio
periodo volto ad aumentare le capacità trasmissive della rete fissa e mobile
(NGN), offrire nuovi servizi ad alto valore tecnologico, favorire un’evoluzione dei
servizi di assistenza alla clientela consumer e business verso la
personalizzazione del contatto, sviluppare una reale strategia verso la
convergenza dei diversi terminali fino alla diffusione di modelli di casa ed
impresa digitale;
• una strategia (perseguita anche dall’attuale management) di remunerare gli
azionisti anche a fronte di queste difficoltà, sottraendo così risorse agli
investimenti infrastrutturali, per nuovi mercati e servizi;
• il sistematico ritirarsi dal mercato internazionale (da ultimo con la vendita delle
attività in Centro America e in Germania), con una presenza sempre più limitata
all’Argentina e al Brasile (mercati su cui opera come concorrente la stessa
Telefonica).
Tutti nodi che chiamano in causa non solo le parti sociali, ma il Governo, l’AGCOM e le
stesse forze politiche, troppo distratte rispetto all’importanza del settore (e di Telecom)
o esclusivamente interessate a discutere di TLC in un’ottica a dire poco riduttiva.
Siamo ovviamente in attesa del nuovo Piano Industriale che sarà presto comunicato al
mercato e alle parti sociali, dopo le tante voci e smentite che in questi giorni si sono
inseguite, a partire da un maggiore peso di Telefonica negli assetti proprietari. E
rimandiamo al documento di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL già inviato nel
2009 ad AGCOM (che qui richiamiamo integralmente) per sottolineare analisi più
generali di scenario (quale remunerazione degli investimenti per la NGN? Quali
politiche industriali per favorire la nascita di una domanda di servizi digitali? Quali
politiche e risorse pubbliche per contrastare il digital divide, ecc.).
• i piani industriali vengono prima degli assetti proprietari e finanziari. Per troppo
tempo Telecom ha subito la sistematica spoliazione da parte di chi ha cercato
più di speculare e drenare risorse finanziarie/immobiliari che non di rilanciare
una grande azienda di TLC quale Telecom è e può continuare ad essere;
• Telecom deve uscire dallo stallo in cui è: la situazione attuale non è più
sostenibile. Occorre affrontare il tema del debito e di una ricapitalizzazione
dell’azienda. L’unica strada, facilitata anche da una credibile proposta di
remunerazione delle nuove reti, passa o attraverso una ricapitalizzazione da
parte degli attuali soci o attraverso la ricerca sul mercato (possibile, vista la
liquidità e il valore degli assett) di risorse specificatamente rivolte a mettere
l’azienda nelle condizioni, per i prossimi anni, di raddoppiare gli investimenti sul
mercato domestico ed internazionale. Occorre infatti che Telecom Italia abbia
“maggiore libertà di iniziativa” per i prossimi anni e non minore, tanto sul
mercato domestico quanto e soprattutto (in funzione di ricavi da reinvestire in
Italia) nelle aree a forte vocazione di crescita.
Per queste ragioni siamo molto preoccupati dalle recenti scelte aziendali di precostituire
“scatole” per le attività di staff oggi (HRS), informatiche o di customer care domani. Così
come siamo critici sull’incapacità dell’azienda (a livello di relazioni nazionali e territoriali)
di dare garanzie certe e visibilità sui livelli dei volumi di attività e quindi dei livelli
occupazionali (si veda per tutti il caso del 119; senza dimenticare che a marzo si avrà la
prima verifica sulle condizioni degli oltre mille lavoratori delle Directory Assistance oggi
in contratto di solidarietà). Mantenendo nell’incertezza migliaia di lavoratori e l’azienda
senza una reale strategia di medio termine.
Per noi rimane fondamentale il rilancio industriale dell’azienda che non scarichi,
attraverso la solita politica del contenimento dei costi, esclusivamente sul costo del
lavoro le contraddizioni dell’attuale management e dell’attuale proprietà ed è prioritaria
la definizione di un piano credibile di investimenti nel medio periodo, all’interno di una
chiara politica industriale per il settore (oggi del tutto assente).
Non è più rinviabile, infine, un tavolo tra Governo, CGIL, CISL, UIL, SLC-CGIL, FISTEL-
CISL, UILCOM e le principali imprese del settore per mettere tra le priorità dell’agenda
politica del Paese lo sviluppo delle nuove infrastrutture di TLC, alimentando così una
domanda ed un’offerta di servizi innovativi, volano per una crescita di qualità dell’intero
sistema.