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DELLE STORIE
Storie Coop nellanno di Expo
INDICE
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Valore dei prodotti, valore delle persone . . . . . . . . 99
Le mani in pasta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
La mia storia di ordinaria cooperazione. . . . . . . . . 109
Fare pane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
Lettera a mia figlia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113
Giusto equilibrio tra dare e avere . . . . . . . . . . . . . 115
Una nottata particolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
Anna, Marta, Petit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Fare del nostro meglio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
Un pensiero per lExpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
Colazione da Coop . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
Almost eight . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140
INTRODUZIONE
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tare per sottolineare come i nostri clienti credono e si fidano della qualit dei prodotti che ogni giorno proponiamo con la consapevolezza di svolgere un lavoro non
sempre facile ma ricco di soddisfazioni.
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mento, ogni volta che questa signora (che io non conoscevo) veniva a far spesa, ci sorrideva e ogni tanto mi veniva a dire mi raccomando, se Antonio la fa arrabbiare,
me lo dica che ci penso io!
In questo racconto, ci vedo la voglia di fare bene il proprio
lavoro, limpegno, la fidelizzazione, lattenzione al cliente,
il coinvolgimento, ma soprattutto.......la leggerezza!
Adesso sono io caponegozio, non so se riuscir mai a riprodurre scene simili (a dir la verit quella sopra citata era
solo una delle tante) ma i valori che ci ho riconosciuto,
me li porto dentro ogni giorno.
Spero che riusciate a leggerli anche voi!
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certamente una lotta continua, per la competizione sempre pi grande che sul mercato.
Ma sono i clienti, che devo ringraziare pi di tutti, loro
mi permettono di mantenere il mio posto di lavoro, perch scelgono di venire a fare la spesa alla coop, sapendo
che i nostri prodotti soprattutto quelli con il nostro marchio, sono buoni e controllati dai soci e consumatori.
Quelle persone che passano dalla cassa, alcuni di loro, si
accorgono se stai male, se sei triste, se sei allegra, se sei
stanca, i bimbi ti osservano sono curiosi vorrebbero provare la casse, il salvatempo per i pi piccoli un gioco affascinante, le persone anziane scambiano una parola
perch magari sono sole, ce ne sarebbe talmente tante da
raccontare.
Io ho capito una cosa, in questo mondo dove tutti si va
cos di corsa, da non accorgersi di chi abbiamo davanti,
ho la possibilit con il mio lavoro, nel piccolo spazio di
una spesa, di dare e ricevere tanto calore umano, uno
sguardo buono un sorriso, il modo pi bello di comunicare con tutti, persone italiane e straniere di tutto il
mondo.
Questa stata fino ad ora la mia carriera lavorativa, i
clienti buoni che mi danno tanto, tutti i giorni.
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Pensionati
Una mattina di primavera come tante, nellaria quel non
so che di frizzante che preannuncia lestate ormai prossima.
Siedo alla mia cassa, la 29 una delle mie preferite, fresca,
vicino ai frigo, una delle ultime che lavora di pi.... e il
tempo passa pi in fretta.
La mattina presto lipercoop quasi esclusiva dei pensionati, vengono ogni mattina, ma pi che la spesina quotidiana vengono a cercare un sorriso che gli scaldi il cuore,
la possibilit di scambiare due parole.. e per un attimo
una giornata lunga da far passare sembra meno grigia..
Non sempre i clienti li vedo, molto spesso li guardo ma
tante volte le facce si confondono, le voci diventano indistinte e i gesti meccanici.
Ma non questa mattina, verso le 9-30 venuta in cassa
una signora anziana. Le spese dei vecchietti (si pu dire
in un mondo dove nessuno invecchia pi?) si assomigliano tutte, monoporzioni, pane morbido per i denti
(quelli rimasti...), mezzo litro di latte... sa, la colite, caff
economico e biscotti che spesso oltre che la colazione appaiono anche a cena, davanti alla tv... si sa... le pensioni
minime.
Carne e pesce quasi mai, ti viene da chiederti cos che
tenga in piedi questi vecchietti che hanno visto bombardamenti e morti e che ora cenano a caffellatte. Ci tengono
a dirti che sono soci Coop da decenni, quando tu non eri
ancora nata ..e che si fidano solo dei nostri prodotti, e che
quando gli presti attenzione se ne vanno tutti contenti e
magari ti apostrofano con un ciao bimba... quando
bimba non lo sei pi da tempo...
Comunque questa signora ricambia il mio sorriso ma su-
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con il passare del tempo aspettavamo questa simpatica figura, e se una mattina non lo vedevamo entrare, quel signore che ormai era diventato come il nonno di tutti
noi, ci preoccupavamo e chiedevamo agli altri clienti se
qualcuno lavesse visto; poi il giorno seguente arrivava e
noi tutti Oh Piero ci hai fatto preoccupare ieri, non sei venuto, sai se noi non ti si vede alle 8:15 andiamo in apprensione!
E cos per molto tempo, tutte le mattine, alle 8:15 entrava
in negozio con il foglietto stropicciato, che a me che sono
di Viterbo mi serviva un interprete per capirlo e tutte le
mattine: Bimbe, chi lo aiuta stamani Piero? Piero cosa
fai oggi di pranzo?una mattina gli serviva il cavolo nero
.. Sai cho da fa la ribollita diceva; e un altro giorno cercava un pezzo di campigliese per fare colazionepoi la
presa per dolci .. Se mi riesce voglio fa il corollo e cos
tutte le mattine se ne tornava a casa con la sua bella spesa,
tutto contento.
Ma come ho scritto allinizio, questa una semplice storia
di paese, dove le cose passano e lasciano tracce per la memoria di chi verr dopo di noi.
Cos un marted mattina non venne, e noi speravamo di
vederlo il giorno dopo, magari aveva qualche visita da
fare, oppure era stanco.
Il giorno dopo la mattina, ancora niente..e allora ci iniziammo a preoccupare.
Poco dopo una signora del paese che chiamiamo il Corriere, per ovvi motivi, venne in negozio e ci disse Bimbe,
avete saputo? Piero si sentito male ieri, purtroppo non ce
lha fatta.
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trasformato in qualcosa di speciale, in una affettuosa amicizia che non aveva bisogno di molto, solo di pochi minuti al giorno.
Giulia guard di nuovo lorologio, gi le undici.
Da quanto non lo vedeva? Una settimana, forse due?
Il tempo passa cos veloce e non un buon amico di chi
ha gi percorso la maggior parte della sua strada.
Allimprovviso si rese conto che non sapeva dove abitasse,
n il suo nome, laveva soprannominato affettuosamente
il nonno con la sporta a fiori.
In verit non gli aveva mai fatto troppe domande, si limitava ad ascoltarlo, in silenzio, con il bip della cassa che
faceva da sottofondo, perch aveva intuito che era quello
di cui lui aveva bisogno. Di qualcuno che avesse ancora
voglia di ascoltare le sue parole.
Con la voce un po roca, ogni giorno, le regalava una piccola parte di s ed in cambio, chiedeva solo un sorriso.
Eppure, mentre con le mani deformate e un po tremanti,
afferrava uno alla volta gli oggetti e li metteva con cura
nella borsa, quante volte, lei, aveva visto impazienza e, talvolta, commiserazione nelle occhiate delle persone che,
in attesa del loro turno, lo guardavano, scuotendo la testa.
Forse anche per questo il nonno con la sporta a fiori aveva
preso labitudine di andare a fare la spesa al mattina presto.
Perch, sebbene facesse sempre finta di non vederli, quelle
occhiate insofferenti gli facevano molto male e, ogni volta,
gli ricordavano quanto fosse difficile vivere, quando il
corpo ti sta lentamente abbandonando.
Giulia cerc di ricordare qualcuno che lo conoscesse e potesse dargli sue notizie ma non le veniva in mente nessuno.
Pens di chiedere alle colleghe se lavessero visto ma probabilmente nemmeno se lo ricordavano, per loro era solo
un viso come tanti, con una storia come tante.
La moglie laveva lasciato tanti anni prima, se lera portata
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laveva descritta molto bene-Antonio?-il mio vicino di casa, un signore anziano, veniva a fare la
spesa qui tutti i giorni. Questa mattina ci ha lasciatoIl cuore cominci a batterle forte.
-Aveva preso una brutta influenza ma sembrava averla superata. Poi, ieri, non lho visto trafficare in giardino con le
sue rose, come al solito e sono andato a bussargli alla porta.
Siccome non rispondeva ho usato la chiave che mi aveva
dato per le emergenze, sa, ci conoscevamo da anni. Lho
trovato steso a terra. Labbiamo portato in ospedale ma il
medico ha detto che cera poco da fare, il cuore stava cedendo. Sono rimasto con lui tutto il tempo. Era sereno,
voleva raggiungere sua moglie. Mi ha parlato di lei, di
quanto fosse stata gentile e quanto lavesse aiutato a sentirsi
meno solo. Mi ha fatto promettere che stamattina le avrei
portato una cosa, aveva in programma di farlo lui, avrebbe
tanto voluto venirla salutare, almeno unultima voltaTir fuori un fiore da un sacchetto e glielo mise tra le
mani.
-Lha tagliata ieri, poco prima di sentirsi male. Ha insistito
che venissi subito a dargliela, non voleva che appassisse prima
che lavesse vista. Ha detto che era una sorpresa per leiGiulia sent le lacrime salirle agli occhi.
Tra le mani aveva la rosa pi bella che avesse mai visto in
vita sua.
I petali arancioni, vellutati come la seta, avevano delicate
sfumature di giallo, che ricordavano il colore del sole, al
tramonto.
Era un fiore unico e inimitabile, come la persona che
glielaveva regalata, il nonno con la sporta a fiori.
Una persona speciale, come tante altre che si incontrano
ogni giorno, a cui, a volte, per sentirsi meno soli, basta
davvero molto poco.... anche solo un sorriso.
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Dindina
In una mattina come tante, nel negozio di Abbadia San Salvatore, la Signora, che io chiamer, per ovvi motivi, Dindina,
si aggirava tra le corsie, mangiando spensierata la sua ciaccia.
Certo: sua, dopo, per, essere passata alla cassa, ma lei
a questo non pensava e mangiava.
Noi siamo una squadra attenta e pronta, quindi, parte il
collega dalle corsie, va al banco-forneria e qui la collega si
ricorda bene di Dindina, non solo per i suoi baffi, ma
anche per la ciaccia di circa 1,30.
Il telefono suona in tutte le casse, gli addetti sono avvisati:
ATTENZIONE A DINDINA.
La fila non neanche lunga, presto Dindina si ritrova davanti alla cassiera, che con gli occhi cerca qualcosa in pi tra
la sua spesa. Il sacchetto della ciaccia non c, neanche vuoto.
Allora, con un sorriso accattivante e sicuro, la cassiera
dice: - Dindina, aggiungo anche 1,30 della ciaccia?!-.
Dindina l, con il suo faccione pieno di peli e di stupore,
ma poi subito trasfigurato da una vera indignazione, specifica
- Eh no, cara: 1,27 ! -, tirando fuori dalla tasca un pallotto
di carta, quello che era stato il sacchetto della forneria.
Ora, la cassiera proprio di fronte allevidenza: tutta
sgualcita e unta, ma vera.
Le soddisfazioni di Dindina, quella mattina, non erano
comunque finite, perch uscendo, tra le auto parcheggiate,
vede una figura: S!!!: quella che le ha dato la ciaccia!
Affretta il passo, le fa un gesto con la mano, poi con il fiatone le arriva davanti e tuona: - Ehi tu, bellina, sei una
bugiarda - La collega, basita - Chi, io? - Allora con veemenza e il dito puntato, Dindina esplode: - S, bugiarda bugiarda e SPIONA! -.
Eh quando si dice che il cliente ha sempre ragione!
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Ramone
Lo si nota da subito per la mise: jeans sfilacciati e lisi in
pi punti, giacca di pelle nera borchiata e consunta, maglietta indefinibile e Adidas ai piedi. I capelli lunghi, arruffati e spettinati, completano il quadro. un perticone
secco e allampanato che allunga sguardi curiosi e miopi
sulle tozze rezdore emiliane che incrocia in galleria.
Lincontro un rallenty filmico, un non-tempo che, complice la luce innaturale della galleria commerciale, pare
ovattato e sospeso nel vuoto.
Le rezdore, procedono con passo deciso: le mani serrano
il carrello della spesa. Hanno gi adocchiato il perticone,
hanno gi registrato lo strano animale che avanza verso
di loro. Loro vanno di fretta, lui cammina calmo e tranquillo. Si capisce che un perdigiorno mentre loro han
sempre mille cosa da fare.
Le rezdore avanzano a capo chino, lo sguardo rivolto al
pavimento. Lui, al contrario, le studia e le osserva con fare
sfacciato e indagatore e, perticone com, le rimira dallalto. Loro, che non intendono concedergli lintimit
dello sguardo, studiano il pavimento.
Ed ecco che nel loro campo visivo entrano dapprima le
Adidas e poi quei jeans strappati e consunti. Laccelerazione improvvisa ed inaspettato il movimento. In un attimo, si capovolgono i ruoli e, come allo zoo, non pi
chiaro chi studia chi. lattimo che descrive lesatto confine tra i due corpi. Troppo presto mi vede, troppo tardi
non lo vedo: dal basso verso lalto, sguardo furtivo, di
sguincio, il collo che si torce, uno spasmo muscolare ed
ecco fissata sulla retina limmagine di quel perticone
lungo che rimanda a un definitivo e categorico: zio canta
sle brt, foss mi fil al mazz.
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Brutte figure
Alle volte penso di avere uninnata propensione per le
brutte figure.
Provo a spiegarmi meglio.
Ero al lavoro e, mentre stavo facendo il rifornimento degli
scaffali, mi si avvicinato un ragazzo che non avevo mai
visto prima in negozio.
Ehi, ciao! dice ad alta voce.
Ciao rispondo, ricambiando il saluto.
Allora, come stai? chiede in tono frizzante.
Ma bene dico io, mentre cerco di ricordare il luogo in
cui ci eravamo visti, il solito Sabato di corsa.
E tua figlia come sta?
Mia figlia? chiedo dubbioso.
E in quel momento, mentre continuavo a fissarlo con
tono interrogativo per cercare di capire a quale figlia si riferisse, il ragazzo gira appena la testa, rivelandomi lamara
verit: un auricolare Bluetooth!
Non stava parlando con me, ma era al telefono!
A quel punto non sapevo pi cosa fare, se buttarmi a terra
fingendomi svenuto oppure continuare a fare rifornimento, facendo finta di niente.
Ho optato per la seconda opzione e, da quella volta, controllo sempre con attenzione se la persona con cui sto parlando ha un auricolare Bluetooth oppure no.
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Pioveva a Poggibonsi
Buongiorno Direttore. S, oggi il mio primo giorno in
Unicoop Firenze e volevo dirle che, s in effetti, sono
molto emozionata. Ecco, volevo dirle che sono molto
contenta di poter iniziare a lavorare in questa azienda e
vorrei
Dunque ti fermo subito: intanto in Cooperativa ci si d
tutti del tu. E poi questa non unazienda, una Cooperativa, appunto. Siamo una Cooperativa. Segnatelo: Coooooperaaatiiivaaaa!!!
Era il 10 ottobre 2004, sotto una pioggia imperterrita,
con tanto di tuoni e fulmini e uno di questi mi aveva
preso in pieno dopo i miei primi dieci secondi in Cooperativa. Poche sillabe emozionate e stentate per rompere
il ghiaccio e stampare la famosa prima impressione
come quella che conta e zac: avevo bruciato gi il jolly
ed ero gi a debito ancora prima di muovere il primo
passo in negozio.
Era il 10 ottobre 2004 e tutto sembrava estremamente
complicato, veloce, rumoroso e caotico.
Il punto vendita: un marchingegno che ho attraversato
tante volte come cliente, aggirandomi divertita o annoiata
o frettolosa; curiosa fra gli scaffali, in cerca della novit,
alla rincorsa di qualcuno per sapere dove il lievito in cubetti o la salsa verde per il lesso eppure mai e poi mai
avevo davvero osservato questo congegno vorticoso che si
muove senza sosta, che sembra non avere regole in un
fluido continuo di persone che scorrono, corrono, si accatastano, si accodano, litigano, strattonano, strappano,
rubano, staccano, chiedono, insistono, sorridono, ridono,
ringraziano. E, a volte, scelgono, la cassiera preferita, il
gastronomo di mano fine. Che hanno scelto, in coda alla
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cassa o al box informazioni, per il mio broncio un po imbronciato e il mio accento non toscano.
Gi, perch dopo circa dieci minuti di colloquio di benvenuto con il direttore, dopo la mia frase infelice, dopo i
convenevoli Benvenuta non so se sai che... qui si entra
da il capo reparto sarai affiancata lorario lo
spogliatoio puoi devi qui trovi questo, qui trovi
quello qui vietato e dopo lintroduzione di rito
del direttore, chiara, concisa e pratica, ho trovato una destinazione che, da l a qualche giorno, mi avrebbe visto
seduta a una cassa.
Unemozione, un gioco, nuove cose da imparare: Buongiorno, ha la carta socio? Vuole delle buste? ti - ti - ti ti sono 37 Euro e 24 centesimi Grazie arrivederci.
Non potevo non ricordare le mille volte che io e la mia
amica di infanzia abbiamo giocato alla cassiera: avrei pagato oro per avere una cassina piccola piccola a mia dimensione, una cassina vera che facesse quel suono
cadenzato e un po petulante che fa da metronomo al
gesto ritmato di passare la spesa. Non posso non ricordare
quante volte mi sono chiesta in quali case sarebbe finita
quella spesa, chi avrebbe mangiato tutta quella nutella o
chi avrebbe cucinato tutto quel pesce e con che ricetta
chiss, tutta quella gente che passa, cosa fa nella vita.
Volti, voci, numeri, spese, conti, soldi, soldi mancanti,
soldi in avanzo.
Persone che tengono in piedi quel marchingegno complesso e inspiegabile che un negozio.
Mai pi negozio: la parola negozio non va pi di moda
perch ora si chiamano punti vendita. Cos lo chiamo
quando scrivo, ora che sono allufficio comunicazione e
mentre scrivo in silenzio, riascolto i ricordi rumorosi del
negozio.
Negozio, s, perch negozio il contrario dellozio e un
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punto vendita proprio esattamente il contrario dellozio: correre, stare al ritmo, stare al passo; mai passeggiare, ma tenere il tempo. Rallentare se serve, attardarsi
un soffio quando il cliente, il socio, il collega, il capo e il
bambino in coda ti cercano con lo sguardo e sperare che
loro rallentino quando tu cerchi loro. Fluire con il flusso,
essere nella macchina ma mai essere una macchina.
Viaggiare in un gruppo a combinazione variabile: perch
un negozio non mai uguale a se stesso. acqua di
mare: l, sempre, tutti i giorni identica allapparenza, eppure mai ferma e mai fissa. E se da fuori tutto sembra
chiaro e squadrato, come ledificio che contiene La
Coop, il segreto per starci dentro pedalare mai da soli.
Pedalare al ritmo giusto che non mai solo il mio, il tuo,
il suo, n mai solo quello di una sola cassa.
In fondo, ho scoperto il rumore del punto vendita solo
quando, nel vuoto della sera, sono rimasta a tirare gi il
bandone: tante volte, l, tra i conteggi della chiusura, ho
pensato alla mia piccola grande responsabilit. E, nel silenzio, ho pensato che quel luogo la vita che le persone
portano dentro.
E che tutti i luoghi che ho visto in Cooperativa, sono le
persone che ho incontrato e da cui ho imparato. ci che
loro mi hanno lasciato e ci che a loro ho lasciato.
La Cooperativa come una storia che passa di mano in
mano, invisibile o rumorosa, tra corsie affollate, code spazientite, due caff alla macchinetta e una battuta in magazzino.
la vita che passa fra le gocce di pioggia, in un marted
dinizio ottobre.
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Io
Io sono presente,
in mezzo a tanta gente,
Io sono presente,
ma per quanti sono inesistente,
ognuno vive indifferente,
ognuno corre troppo
freneticamente,
Fermati! Fermati!
Fermati un solo istante!
Io... sono presente!
Ispirata dalla frenesia della vita che, anche nei posti pi affollati,
ti porta a non dare la giusta importanza alle persone che ti circondano
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Ogni giorno
Ogni giorno
la volont,
Ogni giorno
con dignit,
Ogni giorno
affaticato
per il pane guadagnato
Ogni giorno
un sorriso sfoderato
ed un torto ricevuto
Ogni giorno
un brivido di dolore
che la Fede fa scemare
Ogni giorno
che una lacrima scesa
per la gioia di una sorpresa
Ogni giorno
la commozione di un affetto
che fa battere forte il petto
Ogni giorno
che stato in un ricordo tramutato
indelebile nella mente
Ogni giorno
vissuto intensamente!
Ispirata dalla moltitudine di sensazioni, emozioni e sentimenti
che vivi in un contesto lavorativo come il nostro
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Un mondo variegato
Lavorando come cassiera in un supermercato vi trovate
in uno degli osservatori migliori per analizzare la gente:
un campione del mondo circostante che vi fa capire come
alla fine problemi, gioie, abitudini, vita di tutti i giorni
(feste comprese) rendono le persone tutte simili.
E quando vi capita di trovare il cliente originale, chiassoso, a volte anche impegnativo che d movimento
alla vostra giornata lavorativa, sia in positivo che in negativo, gliene siete grati.
C quel signore che arriva con la bicicletta dentro il negozio, per farsi un giro lungo la parte esterna della barriera
casse, oppure quellaltro vestito di tutto punto da ciclista:
tutina aderentissima e scarpette che lo fanno camminare
come sopra i vetri.
Ah! ma i clienti abituali sono la vera chicca. Fanno per te,
solo per te, la fila pi lunga del mondo e quando arriva
il loro turno ti riempono di battute simpatiche e affettuose.
E non vi dico i giorni dei bolloni: sono una grande soddisfazione! Vorresti far felice tutti, specialmente quelli che
vengono armati di tanta voglia di fare la spesa-grandespendendo-poco. Vi sentite in quei giorni una befana che
elargisce regali a piene mani, perch anche se voi non tirate fuori di tasca un centesimo, il cliente vi vede come se
tutto dipendesse da voi, e quando non hanno i bolloni da
presentare per voi come se a vostro figlio quel giorno
non avete dato la merenda.
Purtroppo succedono anche situazioni tristi. Vuoi la confusione, vuoi la pressione che si abbassa, a volte le persone,
spesso anziane, hanno un malore e una volta arrivati alla
cassa (diciamo arrivati al traguardo) svengono. Dopo un
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Qui
Rumori, toni alti, strilla di bambini, canzonette, dlin
dlon, qualcuno che litiga per passare avanti, splash...
Qualcosa si rotto, ma non stato nessuno. Biip biip
biiip scusate, permesso, attenzione, un bancale vuole passare, sta cercando il suo posto per fare bella mostra di s.
Parola dordine: esibizionismo.
Scusi mi sa dire dove si trova? Reclami, annunci qualcuno
si perso, qualcuno ha perso la pazienza, e per fortuna la
commessa alla cassa lha ritrovata. Si perde tutto qui,
anche il tempo e lorientamento, e tutti che corrono per
riacciuffarlo. Vieni qui e aspettami. Quante volte te lo
devo dire!
Luomo con la pistola sembra cattivo, ma buono, come
quei pacchi di biscotti che dicono che non hanno zucchero ma sono dolci lo stesso.
Contestazioni, apprezzamenti, se fate i bravi daremo i
buoni. Ha la tessera? Domanda pi frequente? Quanto
pago? Stupore, esclamazioni, apprezzamenti... amnesie,
qui si dimentica sempre tutto a cominciare dal pin del
bancomat, e adesso come faccio? Attimo di smarrimento,
la cassiera teme di dover rimettere a posto duecento euro
di spesa di cui il cinquanta per cento freschi e surgelati, i
pazienti in fila scalpitano come cavalli al cancello di gara,
per un attimo tutto si ferma anche la musichetta in sottofondo diventa un thriller alla Kubrick. Ta da... dolcetto
o scherzetto? La mente riprende possesso della testa e la
testa del pin ecco! Tutto a posto... grazie e arrivederci...
Fiuuuu. Sospiro di sollievo.. mammiferi, quanti, una
bionda che fa girar la testa, bipedi che non vorrebbero far
passare avanti tripedi, alla cassa prioritaria c sempre incomprensione, qualcuno prova a prendere il posto di chi
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Brutta ma buona
Uffa che crisi... Sono in crisi a forza di sentire parlare di
questa crisi, alla televisione, con il sindacato, alla cassa
dove il vuoto parla pi di mille parole. Uno stomaco
vuoto per esempio, molto pi loquace di uno pieno.
Economisti al lavoro, non fosse altro per gli stipendi che
chiedono, politici preoccupati, per la disoccupazione giovanile, non fosse altro per la colla che gli impedisce di cedere ai giovani le loro poltrone.
Crisi che poi diventata recessione, limbuto di Acqua
Fan va molto meno veloce. E dirigenti di azienda improvvisati che non sanno fronteggiarla solo mandando il lavoratore al macero o privando dei pi elementari dei
diritti in virt del fatto che fuori della porta c la fila di
polli pronti a farsi spennare.
Gi ma che centra? Proprio loro... Eppure in questo clima
proprio chi parla di crisi contribuisce ad ingrassarla ed
ogni volta che trovo un pollo tra i detersivi, ormai si sa
che lavoro nella grande distribuzione, con grande fatica,
lo ammetto di sti tempi a dover sopportare tutti gli effetti
in grande... ecco mi domando... biiiip sarei troppo cattiva
e mi rispondo biiippp che anche questa crisi.
Ma dietro a un pollo fatto nascere, crescere, sfruttato in
gabbie o campese, un centimetro di campo, povera bestia, ucciso lavato pulito e tagliato, messo in pacchetti che
anche questi vengono dalla fabbrica, trasportato, scaricato
ed esposto... lo sapete quanto lavoro c?... che nessuno pagher, anzi pagheranno tutti con effetto a cascata dal momento che quel costo non ha avuto un ritorno, se non
crisi questa... riflettiamo fratelli... prima di andare in pace.
Poi ci sono loro i brutti ma buoni, io aggiungerei simpatici, sono come quelle persone che non si danno impor-
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tanza, ma salvano la vita agli altri, o almeno nel loro piccolo ci provano, si rimboccano le maniche nellombra e
nessuno sapr mai di loro. Sono quelle persone di cui non
si sa nulla, come quei prodotti senza etichetta, quelle scatole un po schiacciate che storcendo il naso riappoggiamo
sullo scaffale, quello che non colpisce locchio colpisce il
cuore... che nessuno nota perch non hanno un bel vestito
o un bel taglio di capelli, perch preferiscono il silenzio a
mille parole, ma che valgono pi di quelli che in televisione, incollati alle poltrone, sanno solo parlare di effetti
devastanti del loro operato a cuore chiuso.
Ebbene s, sono brutta... ma buona!, lha sempre detto
mia mamma... perdonatemi lo sfogo. Disse la marmellata
senza etichetta, portata via dallo scaffale, a quella costosa
ma scaduta.
Enrico e Romano
Il 12 Maggio del 1987 una data indimenticabile, una
data che ha qualcosa di speciale e unica per me. In fondo
quella che un giovane di solito aspetta finiti gli studi e
che, negli ultimi anni nella nostra cara Italia, stata spesso
rimandata. Si tratta del mio primo giorno di lavoro e nello
specifico, a tempo indeterminato presso la sede di Unicoop Tirreno a Vignale con qualifica di impiegato.
Due precisazioni: impiegati alla sede sono quasi tutti, o
almeno chi lavora in ufficio, nel mio caso per la mansione
che svolgevo, ero inquadrato come Addetto alle valigie,
cancelleria e Centro Stampa. La seconda precisazione
che lanno precedente lavorai come stagionale in magazzino Generi Vari come preparatore per un periodo di tre
mesi, quindi a tempo determinato.
La prima esperienza fu, nonostante le giornate di duro lavoro, molto gratificante, sia da un punto di vista economico sia di rapporti con alcuni colleghi di cui ad oggi,
anche dopo trascorsi tanti anni, mantengo una bella relazione. Ma quella data dellanno successivo, in particolare,
segna il fortunato incontro con due colleghi di lavoro di
cui serbo ancora oggi un vivido e carissimo ricordo: Enrico e Romano.
Enrico, grossetano di origine, oltre che mio responsabile
in quei primi anni di lavoro, si rivel una persona unica
nei miei confronti. Comprensiva, umile, generosa, scherzosa, disponibile, estroversa, imprevedibile, solare, questi
i principali aggettivi per definire un uomo che mi ha fatto
trascorrere alcuni anni della mia vita lavorativa e non, allinsegna dellumorismo, di gioie e di speranze, insomma
un vero amico, con la a maiuscola. Lavorava gi fin dalla
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fine degli anni 60 in Cooperativa, che allepoca si chiamava La Proletaria, e in sede lo conoscevano tutti, oltre
che per le sue mansioni, per la sua... esilarante interpretazione della vita e, soprattutto, del lavoro. E questo fatto
che mi porter spesso a considerare la giornata lavorativa
passata insieme a lui, non come una collaborazione obbligatoria e doverosa, unalternativa scomoda, ma come
ad un incredibile divertimento, un passatempo!
Basta sapere che quando alle 15:30 linconfondibile fischio della gigantesca sirena, ora non pi in uso posta sul
tetto del magazzino principale della sede, annunciava la
fine dei lavori, io gi pensavo al giorno dopo, quando alle
7:30 puntuale mi presentavo al Centro Stampa, un reparto tuttora esistente e funzionante, ma dislocato in
altro edificio, dove di li a poco arrivavano Enrico e Romano.
Gi, Romano. Piombinese DOC, comunista non con un
solo pugno alzato ma con due, fumatore accanito di Nazionali senza filtro, fedelissimo tifoso della Signora bianconera, uomo di una innata calma e compostezza,
integerrimo e metodico operatore alle fotocopiatrici,
quello della colazione con pane, birra e lardo di Colonnata, direi un altro zoccolo duro della Coop. Un personaggio che merita una menzione a parte, non solamente
per le consuete memorabili discussioni di varia natura e
target con Enrico, a cui assistevo spettatore imparzialmente divertito, ma soprattutto per quello che ha dato
alla cooperativa. Infatti fu quasi per darle la vita in un
drammatico episodio di violenza, quando una notte, in
veste di guardia ad un nostro supermercato sito in via
Gori a Piombino, un ladro di pochi scrupoli non esit a
pugnalarlo alla gola per poche migliaia di Lire depositate
in cassaforte...
Enrico fisicamente era di statura piccola, con la pancetta,
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prendi che il tuo punto di vista solo una facciata del nostro punto di vista, quello di un gruppo.
Il viaggio stato a tappe, ognuna di esse scandita da esperienze e sapori , donne coraggio che cuciono borsine e
sciarpe, fiori solidal, la Caciara caciarona, il Mastro birraio, Il Beppe, emozionato nel ripetere meticolosamente
ancora una volta il proprio lavoro, Dynamo Camp un
luogo magico, e tanti alti ancora.
Non mancato il nostro Virgilio romagnolo, che ci ha
accompagnato, demolito e spronato in tutto il percorso,
non rendendoci facile la traversata ma indirizzandoci
verso la luce in fondo al tunnel, che non era quella di un
treno che ci veniva contro!!!
Ah dimenticavo i tre loschi figuri, quelli iniziali, che ci
hanno sempre e costantemente supportato e sopportato
che sono sempre stati di fianco a noi accompagnandoci
in questo viaggio che si prolungato e ha preso svolte inaspettate anche per loro ma che alla fine spero sia stato
anche per loro fantastico.
Adesso non sono pi lultimo ma il penultimo dei cooperatori, fino a quando qualcun altro non scoprir la bellezza di cooperare!
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Tutto in 10 giorni
Una chiamata persa. Il dottore. Perch mi chiama questa
mattina? Ci saranno novit, ma no, che novit?
Non avrebbe dovuto chiamare, siamo daccordo che ripeter lesame.
Guardo il telefono dopo un po, una seconda chiamata,
mi batte forte il cuore, sono preoccupata.
La mattina c molto da fare in reparto, scarico e rifornimento, ordini, scadenze e orari da rispettare, non posso
interrompermi ma tra poco far la pausa caff e potr richiamarlo. Mi prende lansia, mi sfogo con la collega: Il
medico mi ha chiamata, per ben due volte! Faccio dellironia per sdrammatizzare: O il dottore si innamorato
di me o sto morendo!... Lei mi rincuora ma sappiamo
entrambe che la situazione non delle pi felici.
Minuti interminabili e poi finalmente in pausa, prendo
il telefono freneticamente e lo richiamo, Buongiorno signora, come va? Bene, grazie, ripeter lesame fra due
giorni, come daccordo.
Tutto qua, mi chiama per chiedermi come va, sono confusa e sorpresa, i medici si comportano cos con i pazienti?
Sarebbe bellissimo se non ti venisse il pensiero che lo facciano con le persone ammalate gravemente.
S, ero malata, doccia fredda mentre tutto intorno si preparava al Natale, un tumore da mettere sotto lalbero.
Questanno avevo esagerato con gli addobbi, dentro e
fuori casa; ora tutto quello che abitava le nostre stanze era
una tristezza cos fitta che si poteva toccare.
Luigi mi inviava le foto dei suoi addobbi, in Canada ci
tengono molto, io mi davo da fare per imitarlo e inviavo
le foto a mia volta. Da questa competizione sugli addobbi
eravamo passati a parlare del mio tumore, il tono delle
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nostre conversazioni era precipitato. Tu non mi puoi lasciare mi diceva A chi posso rompere le scatole se tu non
ci sei?
E poi le critiche alla Sanit italiana, troppo tempo! Per un
vero amico sempre troppo tempo quello che impiegano
per farti un esame e per curarti. Per me, invece, i giorni
volavano, non avevo fretta di farmi confermare quello che
era ancora rimasto incerto. Il secondo esame sarebbe servito a questo, confermare o escludere il tumore, godersi
il Natale o farsi crollare il mondo addosso.
Il lavoro aiutava il passare del tempo, specialmente in quei
giorni di met dicembre quando il negozio era pi affollato e la clientela finalmente bendisposta a spendere, dimenticando per un po la parola crisi. Latmosfera gi
sapeva di festa e nel reparto Ortofrutta, arricchito dallalbero di Natale posto al centro di una ricca esposizione di
frutta secca, si sentiva maggiormente il calore e la vicinanza delle persone, il bisogno di un saluto particolare o
di un consiglio per acquisti soddisfacenti.
Troppe volte, solo per abitudine, senza pensarci, si risponde bene, grazie! quando ti chiedono Come va?
Ora rispondevo con lamaro in bocca e comunque lo
stesso bene, grazie, ma ogni augurio lo apprezzavo di
pi e lo avrei voluto tenere stretto, renderlo vero ed efficace.
E poi i figli, listinto di proteggerli anche in questo frangente, farli stare sereni mostrandoti forte come ti hanno
sempre vista e nello stesso tempo il bisogno di abbandonarsi al pianto e farsi confortare, invertire i ruoli, essere
la figlia di qualcuno per farsi accarezzare. Essere figlia di
mia madre mi risultava difficile, le avevo nascosto il lato
negativo della situazione, lei era forse lunica che non
avrebbe sopportato.
Quasi come una ladra, di nascosto, facevo ricerche sulla
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malattia e confrontavo il tutto con i miei referti nella speranza di trovare anche un piccolo particolare che mi escludesse dalla popolazione malata di tumore. Avevo fiducia
ma troppo spesso le mie ricerche mi portavano ad avere
gli occhi gonfi di lacrime, dicevo a me stessa di non illudermi; del resto, cosa avevo di diverso dalle persone che
non erano state risparmiate? Poi avevo raggiunto una certa
rassegnazione e mi sentivo quasi pronta ad affrontare
qualsiasi verdetto, in fondo in fondo non mi sentivo malata, n condannata, stavo bene, nel pieno delle forze,
scattante come sempre.
Rifiutavo il pensiero di dover affrontare un nemico che
mi avrebbe allontanata momentaneamente o per sempre
dai miei cari, dagli amici, dal lavoro, da cani e gatti, dalle
mie piante, dalla musica, dalla mia casa, la casa che avevo
fortemente voluto per vivere in campagna. L, sotto le
querce, laria era cos buona e tutto intorno silenzio, ogni
cosa sapeva di libert.
Costruirla mi era costato rinunce e sacrifici, non era stato
facile considerando che nel frattempo stavo crescendo tre
figli.
Mi guardavo intorno e ripensavo alle notti passate a disegnare, avevo curato tutti i particolari, specialmente per le
camere dei ragazzi e quella della mia principessa, tutta
rossa e con il letto a baldacchino come lei desiderava.
Anche il camino mi era venuto bene, ne ero orgogliosa.
Fuori in cortile le mie rose, le amavo cos tanto che mi
chiedevo chi le avrebbe curate al mio posto.
Un nodo in gola, un grande senso di ingiustizia mi assaliva al pensiero che rischiavo di non vederne pi una fioritura, cos come le lucciole nelle belle serate di giugno.
Da qualche mese anche il mio cane era malato, era alla
fine, ne ero certa e non mi davo pace, non sopportavo che
la sua esistenza cos perfetta stesse terminando. Compa-
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Ma ricordo pure le cene, il vino a fiumi, i pranzi tutti insieme e la sensazione di far parte di un gruppo. Mi ricordo
i caff velenosi alla macchinetta della sala ristoro e i Negroni ignoranti bevuti al bar con qualche collega, prima
di tornare a casa.
In quegli anni, grazie a lui ho capito quanto importante
il lavoro di squadra. Grazie a lui ho davvero capito che una
macchina come la Coop funziona grazie al lavoro di tutti.
un concetto che pare scontato, ma non lo . Il buon Attilio ormai si gode la sua meritata pensione, ma i suoi insegnamenti mi son rimasti sulla pelle e me li tengo stretti.
Mi tengo stretti pure quegli anni in cui ero giovane, piena
di voglia di far bene e piena di domande. Non che adesso
non le abbia, ma sono domande diverse. O forse sono io
ad essere un po diversa. Il lavorare a servizio dei negozi
ma non in negozio un po diverso. un po come guardare il panorama dal finestrino, lo vivi ma lo respiri di
meno.
Ci son volte in cui mi mancano quelle giornate caotiche.
Altre volte invece mi sento parte dei privilegiati a lavorare
in sede, con orari pi regolari e lontana dal caos.
Ne son passati di anni da quellottobre 1997, e di cose ne
son successe tante, in cooperativa, certo, ma pure fuori
da qui. Questa una storia come tante, ma non solo
una storia fatta di numeri e bilanci.
Non solo la storia della Coop e di quanto sia forte a livello economico. Questa soprattutto una storia di persone. Quelle che stanno dietro ai numeri. Quelle che mi
hanno insegnato tanto in questi anni. Quelle che si godono la meritata pensione e quelle che purtroppo son
partite troppo presto. Ma soprattutto quelle che ci sono
ancora e sono la vera forza di questa cooperativa.
Quelle persone, di cui non ci dobbiamo dimenticare.
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aggiornamenti di rito, prima di tornare ad essere effettivamente operativi, nel pieno della situazione lavorativa.
Poich sul posto di lavoro trascorriamo il maggior numero
di ore giornaliere, altres fondamentale instaurare buone
relazioni, per mantenere alta la soglia di efficienza. Personalmente ho avuto la fortuna di conoscere, in tutti questi
anni, colleghi che hanno ben tollerato alcune mie euforie
in giornate particolarmente allegre e talvolta qualche mio
broncio, quando non ho saputo dissimulare la tristezza di
certi eventi esterni pi o meno drammatici.
Il vantaggio di non dover lavorare a contatto diretto con
il pubblico stato questo: la possibilit di togliere ogni
tanto quella maschera di solarit, che altrimenti sarebbe
stata dobbligo anche nei giorni pi difficili. Io stessa ho
raccolto confidenze, talvolta cercando di consolare e consigliare colleghi meritevoli, in comprovate difficolt interiori e in cambio ho ricevuto molto affetto.
Ricordo tra tanti un aneddoto curioso, che ancora oggi
mi porto nel cuore. Da pochi giorni era entrata a lavorare
con me in ufficio Mary, una ragazza in sostituzione di
unaltra assente per maternit: un ciclone, una che non
riusciva a sentirsi a proprio agio seduta tutto il giorno alla
scrivania, abituata nel mondo frenetico della realt lavorativa di un negozio Coop, alle prese con il rifornimento
e la disposizione dei prodotti in vendita su scaffali e display, dove la sua posizione era molto meno statica. Per
questo pretendeva un sottofondo musicale seppur soft e
quasi ogni ora si alzava dalla sedia accennando qualche
passo di danza o magari qualche esercizio di allungamento, da appassionata di yoga qual era!
Confesso che mi trovai imbarazzata di fronte ad un tipo
cos esuberante, poich gi nel periodo di formazione,
tendeva a voler abbreviare e sintetizzare il pi possibile le
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Fuori onda
In fondo la vita proprio come unonda: va e viene, irregolare, scomposta. Imprevedibile.
Quando arriva, magia e futuro. E quando si ritira, cos
di botto, a riva lascia una fila di piedi freddi e incapaci di
riprendere il passo.
Per Walter londa si ritirata di colpo, senza preavviso di
bufera e bassa marea, lasciando i bagnanti intorno sotto
una nuvola fitta di dolore.
Walter per me la storia di una messa in onda mai andata in onda: non ho mai conosciuto Walter personalmente e proprio quando avrei dovuto, il destino lo ha
imbarcato per un altro viaggio.
Quella con Walter la storia di un non incontro: gli avevo
strappato un s controvoglia per la registrazione di un
servizio per la trasmissione Informacoop. Dopo tante e
tante resistenze e incertezze e mille rimandi e telefonate
mancate, si era lasciato convincere malvolentieri a partecipare al progetto con unintervista.
Da qualche contatto telefonico avevo intuito quella forma
di resistenza dovuta, non a mancanza di interesse o disponibilit, quanto piuttosto a un desiderio di non apparire,
di fare senza esibire, di arrivare al dunque senza fronzoli,
chiacchiere n vetrina.
Ma linsistenza, mia, aveva vinto sulla timidezza, sua: S,
e va bene, registrer il servizio. Non mi piace molto la telecamera per se dura poco.
Se dura poco, si pu fare.
E quindi, avevo riempito finalmente quella casella del foglio di programmazione della trasmissione. Casella riservata: Intervista a Walter Tegli - ore -presso.
Esattamente a met febbraio. Febbraio 2012.
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Per mesi, ogni volta che ho riaperto quel file, non ho potuto non buttare un occhio a quella casella dove ho lasciato scritta la prenotazione: un s strappato a tutti i costi,
per un servizio mai registrato.
In quella stringata casella, dietro un appuntamento mancato, cera scritto tutto quello che la vita ha tolto a Walter,
cos in un soffio; e a tutti quelli che restano a guardare increduli e con i piedi freddi a bordo dacqua.
Londa si ritirata, di botto. Febbraio 2012.
E la puntata non mai andata in onda.
Se, come dicono alcuni, la vita anche un po un palcoscenico, c chi dietro le quinte decide le maree, i temporali e gli effetti speciali, senza che gli spettatori sappiano,
n possano nulla.
E quando, oggi, guardo quella casella con su scritto Intervista a Walter Tegli mi piace pensare che dietro le
quinte ora c lui, pronto a mandarci un raggio di sole,
qualche suggerimento e unonda tiepida quando i piedi
non sopportano pi il freddo.
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I reparti allalba
Linsegna della Coop era spenta, fuori era ancora buio
pesto e nel parcheggio non cera neanche unauto. Le case
intorno avevano le serrande ancora serrate e un vento fresco e leggero muoveva impercettibilmente le fronde degli
alberi circostanti. Da lontano si sent suonare la campana
della chiesa.
Don don don don don. Gi le cinque, pens Vasco.
Il negozio era quasi alloscuro, cerano solo le luci di emergenza, con la loro luce fioca e fredda a illuminare i locali.
Vasco passeggiava tra le corsie lentamente, accarezzando
gli scaffali e i prodotti esposti, mettendo in ordine le confezioni fuori posto e buttando unocchiata esperta ai cartellini segnaprezzo. Questofferta non stata mai fatta,
saranno felici i nostri soci, pens tra s, sorridendo.
Oh, ma ci sei anche tu? disse Alessandro battendogli
una mano sulla spalla. Ale, cos bello rivederti, disse
Vasco abbracciandolo.
Come stai?
Ora bene: mi sento leggero. Anche se...
S capisco, rispose Vasco. Anche se ti mancano un sacco
di cose, vero?
Beh s, disse Alessandro. Sono sereno: ma questa cosa
di essere qui cos presto, essere uscito quando a casa ancora dormono, aver baciato i miei facendo piano per non
svegliarli, aver dato loro una carezza leggera ed essere in
negozio... Beh s, mi sembra strano.
Sai, disse Vasco, ci devi fare labitudine! Ci vuole un po
di tempo!
Alessandro prosegu: bello per essere qui, in questo
luogo familiare, dove abbiamo passato tanto tempo, ve-
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La camicia azzurra
Lo aveva notato da un po di tempo. Veniva a fare la spesa
alla Coop abbastanza spesso e aveva sempre il carrello stracolmo di roba, e il buffo era che quando arrivava da lei
alla cassa, appoggiava gli articoli uno per uno lentamente,
mettendoli in ordine per tipo, le bottiglie tutte insieme,
lo stesso tipo di pasta a coppia, due rigatoni, due fusilli,
due spaghetti e cos via.
Certo la sua flemma poteva anche irritare, laltro giorno
una signora dietro di lui aveva cambiato cassa, sbuffando
forte in modo che lui sentisse. Ma lui niente, aveva continuato imperterrito a mettere sul nastro tutti gli articoli
in ordine, senza fretta. Doveva avere un discreto stipendio
viste le cifre che pagava ogni volta; vero che comprava
molti articoli a marchio Coop, ma quasi tutto Fior fiore,
e anche molto Viviverde. Sicuramente aveva un gatto,
forse due, perch comprava i croccantini nei sacchi
grandi. Per non doveva avere figli, perch non si ricordava di averlo visto comprare cose per bambini, nessun
gioco, n quaderni o pennarelli. Veniva spesso a pagare
alla sua cassa e ogni volta lei cercava di fare in fretta per
non fare aspettare troppo quelli dietro, ma lui rimetteva
le cose nel carrello con la stessa calma, cos anche lei era
costretta a rallentare la lettura dei codici, perch senn si
accumulavano troppi articoli uno sullaltro. Siccome era
socio, una volta ebbe la tentazione di consigliargli di usare
il salvatempo, per far prima, ma si trattenne, chiss perch.
E dai che lo sai perch si disse chiaro che ti piace,
no? Oddio, non esagerare adesso, proprio piacere, magari no, cos, lo aveva notato, cera in lui qualcosa che
laveva attratta, ma non subito, allinizio lo aveva notato
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veva dire, e questo la addolorava ancora di pi perch almeno, la presenza di unaltra, avrebbe motivato il loro distacco; invece dovettero accettare il fatto che,
semplicemente, il loro amore era finito, e quindi non
aveva pi senso stare insieme.
Non ebbero bisogno di avvocati per mettersi daccordo
sul modo di stare vicini al loro figlio, che aveva poco pi
di cinque anni. Giovannino avrebbe vissuto con lei e lui
lo avrebbe potuto vedere ogni volta che avesse voluto.
Riuscirono anche a mettersi rapidamente daccordo sulla
cifra che Franco le avrebbe dovuto passare ogni mese. Una
separazione tranquilla, civile, educata, e molto dolorosa.
Da quando lui se nera andato di casa lei era cambiata
molto; sul lavoro si sforzava di sorridere e si impegnava
con pi trasporto per non sentire quel vuoto nel cuore
che la faceva vivere estranea al mondo e agli altri. Anche
fisicamente era cambiata, era sempre una donna attraente,
ma il suo sguardo si era fatto pi assente, i suoi occhi avevano perso la lucentezza della donna innamorata.
Era arrivata sotto casa dei suoi senza accorgersene; era talmente immersa nei suoi pensieri che non aveva memoria
della strada che aveva fatto guidando fino l. Anche da
piccola rimaneva cos sola con le sue fantasie, da non sentire che sua madre la stava chiamando dalla cucina e che
poi la veniva a cercare preoccupata. Il pi delle volte la
trovava seduta per terra, tra il letto e il muro, con le braccia attorno alle ginocchia e il mento appoggiato sopra. Allora era lei che si spaventava, vedendo la madre apparire
allimprovviso con unespressione irritata.
Gi al portone suon il campanello e la vocetta di suo figlio al citofono chiese:
- Chi ? - Sono io amore, apri per favore -
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- No guarda, non ho proprio idea di chi possa essere - Beh adesso tutta la Coop sa che hai un ammiratore, sei
contenta? No, non era molto contenta, ringrazi la collega al telefono e ritorn verso la macchina, in preda a una certa inquietudine; era anche indispettita perch la telefonata le
aveva guastato lumore, poi non le faceva piacere lidea di
dover ritirare le rose al punto di ascolto, immaginava gi
i sorrisini e i commenti delle colleghe.
Chiss perch, si era imposta di non andare al lavoro in
anticipo per poter avere il tempo di leggere la lettera;
quando pass al punto di ascolto aveva giusto il tempo di
cambiarsi, cos ritir le rose e infil la lettera nella borsa,
andando in fretta a cambiarsi.
Il tempo al lavoro sembrava non passare mai, finalmente
alluscita and subito dai suoi a prendere il bimbo. Rifiut
linvito a rimanere a cena e and a casa in fretta; quando
in macchina Giovannino vide le rose lei disse che gliele
avevano regalate le amiche. Le dispiaceva molto raccontare una bugia al figlio, ma non se la sentiva di dirgli la
verit, poi lui avrebbe cominciato a fare domande a cui
non poteva dare risposte.
La sera, dopo aver cenato, Giovannino non voleva andare
a dormire, voleva ancora raccontarle di quello che aveva
visto allacquario il giorno prima, poi si lamentava di un
compagno di classe che la mattina lo aveva trattato male,
poi cominci a fare i capricci, non voleva dormire solo,
voleva stare con lei nel lettone grande. Ogni tanto capitava che volesse dormire con lei, cos Caterina si lasci
convincere e finalmente il bimbo si addorment.
Torn in soggiorno, si sedette sul divano, apr la lettera e
con una certa agitazione cominci a leggerla:
Buongiorno Caterina, conosco il suo nome, perch ho
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Fior fiore e di una ventina di barattoli di polpa di pomodoro Viviverde mi hanno promesso di riservarmi un tavolo da cui si gode uno splendido panorama. Per questo
le chiedo di accettare un invito a pranzo per la prossima
domenica, le prometto che da qui a domenica trover
senzaltro qualcosa da dirle.
Concludeva la lettera lasciandole la sua mail e un numero
di telefono, promettendo che sarebbe passato il prossimo
sabato per una risposta. Si firmava con nome e cognome:
Enrico Benetti.
And a letto agitata, non sapeva come prenderla, le sembrava che linvito le facesse piacere, ma un attimo dopo
aveva gi trovato mille argomenti che la convincevano a
rifiutare.
Si addorment tardi; alle quattro accese la luce perch il
figlio si muoveva nel sonno, farfugliando qualcosa. Lo accarezz piano per non svegliarlo, lui si volt su un fianco
tranquillizzandosi.
Sul comodino cera la lettera; la rilesse unaltra volta, poi
cerc di riprendere sonno e dopo un poco si assop.
Alle sei era in cucina.
Mentre aspettava che il caff uscisse, si mise a ricucire la
camicia azzurra.
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Lamore cooperativo
Non credo che si possa parlare realmente di colleghi
quando si parla dei dipendenti Coop... siamo pi combattenti di uno stesso esercito... Tanti negozi, piccoli e
grandi, tante squadre, piccole e grandi unite, nelle diversit dei componenti, dalla stessa smania di vuotare un magazzino sempre perennemente stipato. Gli ordini, larrivo
del camion, il carico... e tutto il resto, che letto da fuori
sembra quasi ridicolo ma che insinua nei nostri animi una
sorta di unione che, per essere scontata, voglio chiamare
cooperazione. una linea sottile tra la vita di ognuno di
noi e il lavoro inteso come solitamente ovvio pensare:
mezzo di sostentamento.
Succede quindi che nella passione del combattimento
quotidiano nasca la passione damore. Forse offuscata
dallobiettivo comune, forse sostenuta dalla consapevolezza che essere desiderata da chi ti vede la mattina alle
sette ancora stravolta, struccata e sfinita, sia una passione
che va oltre il comune.
Questo voglio raccontare... un amore nato cos per caso
tra gli scaffali e la pescheria di un supermercato dove lei
la principessa sempre un po sporca e anche puzzolente...
e lui un uomo determinato ad averla... comunque.
Perch molto pi semplice incontrarsi in un bar... belli e
disponibili alla conoscenza, scambiarsi i numeri, tenere
contatti, incontrarsi solo per il piacere di farlo e mostrare il
meglio di s. Il difficile rubarsi gli sguardi mentre si corre
per finire il banco alle 6.30 di mattina, mentre si aprono le
serrande... .un bacio in magazzino col sapore della fatica in
bocca... sopportare le lusinghe delle clienti alloggetto del
nostro amore... aspettare o creare lopportunit di rinforzarci a vicenda... senza essere visti da nessuno.
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Essere invisibili in un esercito, coltivare lamore cooperativo, che in fondo non finisce mai, che nonostante la vita
che ci evolve in altro... lascia un segno profondo e carico
di unione.
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Per fare un servizio ai soci di cui eravamo divenuti rappresentati ho finito per fare un servizio a me stessa, avvalorando nel tempo e su reali motivazioni, un senso di
fiducia e di garanzia che in questi tempi confusi funziona
da importante punto di appiglio e di speranza .
Mi dispiace che ben poco di ci che ho appreso in questi
anni di piacevole volontariato allinterno le sezioni soci
arrivi alla effettiva conoscenza della maggior parte dei
soci, anche storici, e men che meno ai tanti che potrebbero scoprire che le loro esigenze di consumatori possono
essere realmente soddisfatte dai principi e dagli investimenti fatti da coop.
Tutti i simboli riportati in etichetta dai prodotti a marchio
Coop meriterebbero di essere conosciuti, approfondito e
commentati, cos come ho avuto la gioia di fare partecipando come docente ai corsi di formazione professionale
dei dipendenti di Coop Amiatina nel corso del 2014. Sintetizzano e svelano un mondo ed un sistema di grande a
capillare cura, costante ricerca nel rispetto anche delle persone e dellambiente.
Vorrei soffermare per la mia emozionata attenzione su
uno in particolare di questi simboli purtroppo poco conosciuti e attentamente osservati. il simbolo stilizzato
di un uomo rappresentato da un ovale con tre puntolini
ed un cerchietto a formare la testa, presente praticamente
su tutti i prodotti coop e che indica che quel preciso articolo stato realizzato in ogni sua fase, senza lo sfruttamento di manodopera e nel pieno rispetto del valore della
persona e della sua dignit.
Trovo che sia un aspetto importantissimo e che sia fondamentale sempre tenere presente che il centro di ogni
impresa, ancor pi se onestamente cooperativa sia la persona, la sua dignit e la sua partecipazione.
Qui si inserisce allora la nostra piccola storia personale di
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Una signora che stata proprio nel negozio dove lui lavora
a comperare il libro a lui dedicato, mi ha riferito che passando alla cassa, la ragazza che ha battuto la spesa prendendo il libro in mano ha detto alla signora :-E bello sa!
parla di Ezio, uno dei nostri!
Mi sembrato bellissimo e ancora non riesco a dirlo senza
commuovermi pensando che veramente alimentare il pianeta vuol dire anche ritrovare il valore assoluto del rispetto
umano, lenergia degli affetti e delle motivazioni che ti
fanno sentire una persona.
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Le mani in pasta
Questo sar il tuo regno.
Ricordo ancora queste parole, dette dal capo negozio
mentre visitavo il nuovo reparto panetteria, non ancora
operativo, della Coop Reggio Est appena ristrutturata.
Era il 2006 e mi aspettava un periodo davvero impegnativo, ma non sospettavo nemmeno che sarebbe stata
anche unesperienza interessante e di crescita professionale
e umana, nonch linizio di unavventura chiamata panificazione.
Mi fu proposto di diventare coordinatrice della nuova panetteria con produzione e io accettai senza sapere bene
cosa mi aspettava. Contemporaneamente a Reggio Est
venne ristrutturata anche la Coop di Scandiano e anche
l sarebbe partito il progetto della panetteria con produzione. Cos nel luglio del 2006, io e il mio collega Marco
di Scandiano iniziammo il percorso di preparazione che
ci avrebbe catapultato nel mondo della panificazione: stavamo per diventare dei veri fornai!
Le prime due settimane furono molto impegnative: dovevamo recarci ogni giorno allIpercoop Virgilio di Mantova, dotato di un enorme reparto panetteria con 3 fornai
e svariato altro personale addetto alla produzione di diversi tipi di pane, pizze, focacce e anche pasticceria.
Ci alzavamo ogni notte alle 4 per poter essere a Mantova
alle 6, orario di inizio del lavoro, ma con Marco avevamo
trovato un accordo perfetto: lui non ama le chiacchiere,
specie a quellora del mattino, e io a quellora del mattino
amo dormire, perci lui guidava e io dormivo!
Iniziammo lesperienza accolti con entusiasmo dai nostri
colleghi del Virgilio che avevano giusto bisogno di quattro
braccia in pi per svolgere lenorme mole di lavoro che li
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Una nuova settimana ci aspettava: questa volta non lontano da Reggio, nel supermercato di Correggio, inaugurato lanno prima e dotato gi di un moderno reparto
panetteria che per non produceva ancora il pane, ma
pizze, focacce e pasticceria secca.
La realt di questo supermercato era molto vicina a quella
che sarebbe stata la nostra a Reggio Est e Scandiano. Qui
oltre alla parte pratica prendemmo confidenza con la gestione vera e propria del reparto, dalla compilazione degli
ordini ai fornitori, alla preparazione degli orari di lavoro
per tutti gli addetti del reparto. La parte pi interessante
fu la pasticceria: le colleghe erano veramente brave e sfornavano ciambelle, crostate, biscotti e torte di vari tipi.
Quando fu ora di tornare alle nostre abituali sedi di lavoro
eravamo ricchi di esperienze e anche se non potevamo ancora chiamarci fornai, di certo si era per noi aperto un
mondo nuovo, quello della lievitazione! Avevamo anche
capito che veri fornai si diventa con la passione e con anni
di esperienza e che quindi ce lavremmo dovuta mettere
tutta per avviare la produzione in modo accettabile.
Nel mese di settembre le panetterie furono aperte con successo, ma passarono due anni prima che si potesse, per
motivi burocratici, avviare la produzione di pane, pizze e
focacce. Io mi chiedevo in continuazione se al momento
opportuno mi sarei ricordata ancora di quanto appreso in
quel proficuo periodo di preparazione.
La risposta arriv verso la fine di maggio del 2008: finalmente cerano tutte le autorizzazioni, le materie prime
erano state ordinate e i silos erano pieni di farina.
Potevamo cominciare a fare il pane!
Dopo svariate prove e qualche passo falso iniziammo a
produrre e vendere sei o sette tipi di pane che riscossero
molto successo presso i clienti al punto che fu necessario
un altro fornaio.
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Fare pane
Acqua, farina e un giorno nuovo
ripasso di sapienti gesti antichi
fiorire di tradizioni rinnovate
e profumo di banconi da bottega.
Gira limpasto gira e prende forma
gira limpasto gira e poi riposa.
Si salda la struttura e aumenta di sapore
che tante mani vi hanno preso parte
linsieme di ogni singolo armonia
e si sprigiona in esso la sua essenza.
Gira limpasto gira e prende forma
gira limpasto gira e poi riposa.
Laroma di una madre d vigore
e riconferma il quotidiano impegno
fragrante sulla tavola accompagna.
Il buongiorno si vede dal panino.
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rienza comune. Fu al termine di questa operazione, richiudendo fragorosamente una delle cassette verdi che
avevano utilizzato per il trasporto che, girando casualmente la testa, la not di sfuggita, l a dieci metri.
Lei stava ritta sulle punte, con la mano protesa verso lalto
che per, nei ripetuti e vani tentativi di prendere qualcosa
riusciva a raccattare solo aria. La chioma fatta di lunghi
capelli lisci neri contrastava con le scarpe da tennis bianche. Lo sguardo di Anna si concentr sulla bambina e in
un attimo fu nei pressi. Dove vuoi arrivare? le chiese
con un tono a met tra la cortesia professionale e lumanesimo adulto. Ricevette come risposta il movimento
della mano che serr tutte le dita tranne lindice, il quale
indic inequivocabilmente una confezione di pasta
pronta, posta nel punto pi in alto del banco. Nel prenderla Anna non riusc a resistere dal guardarla pi da vicino. Tieni, la tua mamma oggi vuole farti mangiare
proprio bene! le disse per coprire il vuoto del silenzio,
allungando con gentilezza la confezione. Per un attimo
sembr che gli occhi di lei volessero rispondere. La bocca
per rifiut.
Radici
Esistono tanti tipi di dolore. Ma quello pi grande ha
paradossalmente questo vantaggio. Che se riesci a resistere
al suo primo assalto frontale, alla prima battaglia furiosa
e lacerante, poi ti sembra di poterlo superare per sempre.
Sono i piccoli dolori costanti che non ti lasciano mai, fastidiosi e petulanti. Cos pensava Anna. Tranciante come
il suo carattere. Donna verticale, tenace come il sole della
Sicilia. Aveva fatto appena in tempo a nascere nella sua
Sciacca, che i genitori qualche mese dopo emigrarono al
Nord. Il babbo aveva trovato lavoro in fabbrica. Cu nesci
arrinesci! ripeteva da siciliano laborioso. Incapace di re-
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cidere le proprie radici ma curioso del mondo fuori dallisola. E negli anni sessanta del novecento tutto sembrava
possibile. LItalia era una locomotiva in piena corsa e infatti con quel treno lasciarono la Sicilia, con tante valigie
e ancor pi speranze.
La mamma Rosaria si era portata dietro la Singer a pedale
e sarta per necessit e per diletto aveva aiutato il bilancio
familiare da casalinga emancipata, cucendo e lavorando
da casa, che travagghiu ci nera assai scriveva ai parenti
rimasti a Sciacca.
Petit!, Petit! queste banane Coop le voglio vicino alle
altre, cos i clienti ne vedono la differenza! ma quante
volte lo devo dire? disse decisa Anna a quello che era
stato il primo dipendente assunto di origini senegalesi
della cooperativa. Petit sorrise, perch della caporeparto
riconosceva lautorevolezza prima dellautorit. Faccio
subito, mancavano le verdure fresche e Perch Gianni
stamane non ha rifornito? incalz lei a cui non sfuggiva
nulla dellorganizzazione del reparto. S, ma io mi sono
preso limpegno -Va bene va bene strinse Anna, fai,
fai ora! Petit era un lavoratore instancabile e soprattutto
meticoloso, a cui piaceva fare le cose in prima persona. Se
un difetto aveva, era nel lavoro di gruppo. E non che non
avesse fatto dei passi in avanti. Ma era insuperabile nel lavoro individuale. Era stato assunto dopo alcuni anni in
Italia a raccogliere carciofi, pomodori e a lavorare nelle
vendemmie. Lo aveva notato un capo negozio, amico di
un viticultore, mentre si caricava sulle spalle il doppio
delle cassette di uva umanamente trasportabili e quasi per
scherzo gli aveva proposto di venire a lavorare in Coop.
Accadde veramente.
Lo chiamavano tutti Petit, ma per pochi tra cui Anna
era anche Asary, loriginario nome africano. Il ragazzo non
aveva mai sgarrato alle regole, tranne una volta. Quella
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con lo sguardo fino alla barriera casse. Era sola. Il contrasto dei capelli neri con gli occhi azzurri le risult inesprimibile a parole.
Tra carciofi e speranze
Sabato e domenica spostiamo i carciofi su di un banchino in testata e diamo ancor pi lidea di un piccolo
mercato, che ne dici Giuliana? irrefrenabile Anna proponeva in continuazione qualche piccola novit nel display, esponendo i prodotti per quanto possibile in un
modo sempre innovativo. E tutti gli venivano dietro.
Compreso il capo negozio che nellortofrutta laveva sempre assecondata. Del resto ad Anna non mancava lo spirito di iniziativa, tutti si ricordavano quella volta che un
uomo, in piena primavera, si stava aggirando in negozio
indossando un giaccone invernale. La stranezza si era tramutata in certezza del taccheggio quando luomo dimprovviso usc a grandi passi, forzando il cancellino
dingresso e saltando cos le barriere antitaccheggio. Fu
Anna che, nello sbigottimento generale, distinto gli buss
alle spalle proprio sulla porta scorrevole di uscita e ottenne
il risultato di rimanere con il giaccone in mano. Luomo,
colto di sorpresa da dietro, se lo sfil in un attimo e scomparve. A terra rimasero cinque bottiglie di liquori in frantumi. Sul pavimento una mistura alcoolica che andava dal
Lagavulin al pi modesto Pampero. Fu lunica volta che
il capo negozio si incazz cos tanto con Anna che lei non
sapeva pi che dire. E se ti avesse dato un pugno? Una
coltellata?- E se avesse rubato a casa tua? a un certo
punto lei rispose. Alessio si zitt ritenendo inutile continuare. Al ricordo di questa storia tutti in negozio sorridevano. Anna invece ci rideva proprio. I carciofi andarono
a ruba quella domenica. Sul banchino aveva fatto mettere
alcune ricette gastronomiche e un depliant sui loro effetti
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Petit ci aveva trovato perfino una ricetta africana e ne andava orgoglioso. Alessio, il capo negozio, era raggiante
perch era stato scelto il suo negozio. Ma tutti i dipendenti si sentivano per la verit inorgogliti, perch con critiche e autocritiche ci si sfiniva allinterno, ma se qualcuno
dallesterno si azzardava a parlarne troppo male della cooperativa erano guai.
Era per la verit successo lanno prima quando, pesando
alcuni ananas sulla bilancia, tre turisti di modeste vedute,
avevano pensato bene di usare lo scontrino adesivo del
prezzo dellananas pi piccolo su quello pi grande che
pesava almeno il doppio. Raramente succede, ma successe. E Giuliana se ne era accorta e aveva invitato i clienti
a pesare correttamente. Non lavesse mai detto! Uno di
questi si era innervosito senza alcuna ragione: Ma siete
proprio una cooperativa, non pagate le tasse e siete voi i
ladri gli era scappato detto ad alta voce. Petit, che non
era proprio un fuscello, si era interposto tra Giuliana e i
tre. Anche i negri adesso... ma andate a raccogliere gli
ananas!! quellaltro aveva inopportunamente rincarato.
Petit con una mano gli aveva strappato il frutto mal pesato
e stringendolo forte nel grande pugno lo aveva frantumato. Alla vista del liquido giallo e della polpa che scorreva in gi, quelli ebbero un primo sussulto che non era
per la verit granch rispetto a quello che gli venne dopo
quando dei clienti si fermarono piuttosto infastiditi, tra
cui altri turisti pi evoluti facenti parte di una selezione
di rugbisti di passaggio che portavano come simbolo sulle
tute indossate Tommie Smith con il famoso pugno chiuso
alzato.
Alessio si interpose coraggiosamente e nel parapiglia rimedi un pestone sullocchio. Dei tre clienti maleducati
si persero le tracce. Quel giorno di ananas non ne rimase
neppure uno in vendita.
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Il futuro in un negozio
Quella storia del progetto pilota si replic una settimana
dopo. Con ancor maggior successo. Questa volta i carrelli
tecnologici erano stati raddoppiati. Un grande monitor
allingresso del negozio spiegava come utilizzare la tecnologia al servizio del consumatore. Dieci ragazzi, tutti sotto
i trentanni, dei Sistemi Informativi della cooperativa
erano venuti apposta dalla sede e spiegavano ai clienti
tutto quello che si poteva fare con quegli apparati. Ogni
carrello non faceva in tempo ad essere restituito che subito
trovava un nuovo cliente in attesa. Le vendite quel giorno
salirono alle stelle. Alessio, il capo negozio, si aggirava instancabile piroettando ripetutamente da tutte le parti,
colto da un raptus presenzialista. Rispondeva a domande
di pi clienti in contemporanea, controllando nel contempo con la coda dellocchio il percorso di tutti i carrelli
tecnologici, o almeno cos si illudeva di fare. Alla fine ringrazi gli informatici per il bel lavoro.
Anna guardava con orgoglio tutto quanto. Aveva preparato un allestimento assai originale della piazza del fresco,
integrando in parte la propria offerta commerciale con i
salumi e latticini. Trovavi baccelli, prosciutto e formaggio
insieme in un insolito pacchetto take away e poi i cocomeri affettati, le macedonie pronte e il succo di verdure
centrifugate. La frutta esotica era in bella vista. Sembrava
un negozio multicolore e multietnico. Anna, come sempre, metteva molta passione in quello che faceva. Aveva il
suo lavoro, i suoi libri, le sue vacanze, le sue amicizie
scelte. Adesso era arrivata quella bambina che in poche
settimane laveva costretta a fare per molte cose nuove.
Dopo la giornata del gelato aveva conosciuto il padre,
Asgon Mirdrit, che stava rimettendosi dallinfortunio. Un
onesto lavoratore, un buon uomo avrebbe potuto dire,
ma nulla di pi. E questo rendeva ancor pi stupefacente
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altra gente. Il supermercato Coop sembr quel giorno essere non solo il luogo della merce, ma anche uno spazio
attraversato dalla vita delle persone. E tutti si trovarono
in quei pochi attimi a proprio agio. La pasticceria sforn
una gigantesca torta al cioccolato e Anna regal a Marta
un telefonino nuovissimo con un abbonamento valido
per tutta Europa. Qualcuno si commosse. Marta si comport per tutto il tempo invece in modo spigliato e deciso.
Faceva quasi rabbia.
Solo Petit si accorse che, per un attimo e in un angolo, si
era messa a piangere, proprio come una bambina.
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Colazione da Coop
Holly non voleva proprio alzarsi da letto. Scostando appena la mascherina di raso azzurro che da sempre indossava per la notte cap che il sole era gi alto nel cielo.
Si rigir ancora nel letto ignorando i miagolii di gatto che
reclamava la sua dose quotidiana di coccole e cibo.
Dove trovava un buon motivo per svegliarsi ed affrontare
la giornata?
La citt destate era calda e desolata, la stagione dei saldi
era ormai finita. Laffascinante scrittore che viveva nellappartamento accanto era sparito dopo lennesima accesa
discussione. E come se non bastasse lultimo scapolo doro
della citt aveva annunciato il suo fidanzamento ufficiale
con lerede della dinastia Caprotti.
Gatto intanto non aveva intenzione di arrendersi e strofinandole il morbido muso contro il collo la costrinse a
girarsi, a togliersi la mascherina e a socchiudere i dolcissimi occhi.
Comera bella Holly!
- Gatto! Oh smettila. Va bene, va bene, mi alzo.
Scese dal letto e dondol fino al frigo; Gatto si anim intravvedendo dietro lo sportello i familiari riccioli biondi
della bimba che ogni giorno gli versava quel buon latte
fresco.
- Ecco qua Gatto la tua colazione - disse versando il latte
nella ciotola e accarezzando il suo fedele amico.
Si sedette per terra ad osservarlo: quanto doveva essere
buono quel latte. Gatto era visibilmente felice. Che bello
iniziare la giornata assaporando qualcosa di cos gratificante, rassicurante e buono! Lentamente lo lecc fino allultima goccia e torn soddisfatto a ricompensare la sua
amata padrona coprendola di fusa.
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Persa nei suoi pensieri Holly inizi a prepararsi per affrontare nel migliore dei modi la lunga giornata estiva; indossato il suo irrinunciabile tubino nero, un filo di perle, gli
occhialoni di tartaruga e il cappello a larga tesa che proteggeva la sua delicata pelle dal sole usc senza meta e inizi il suo vagabondare nella citt.
Era gi ora di pranzo quando si accorse di non avere ancora fatto colazione. Decise di concedersi un croissant e
una tazza di caff nero da passeggio e continu il suo giro
nelle vie del centro fermandosi solo un momento per risistemarsi il look: una vera signora non affronta mai una
giornata senza rossetto.
Approfitt della vetrina di un negozio per specchiarsi ma
la sua attenzione fu attratta dallo stesso viso che aveva
tanto rallegrato la mattina di gatto: era la bionda bimba
del latte che le sorrideva dallinterno di un banco frigo.
Attratta dai colori caldi del negozio entr. Si respirava un
atmosfera serena e tranquilla.
Dal 1854 Cooperativa di consumatori laccolse la scritta
sul bancone dingresso. Un valore che dura nel tempo;
come i diamanti, pens mentre avanzava attratta dai colori vivaci della frutta di stagione. Qualit sicura recitava
un allegro cartello appeso sulle albicocche. Per, che bello
poter mangiare con gusto e a cuor leggero ma gi la sua
attenzione veniva attirata da una bellissima macchia color
granato al di l delle cassette di verdura.
Fior Fiore; un bouquet prezioso di prodotti raffinati
stava prendendo vita dalle mani esperte e attente del commesso sorridente.
- Gradisce un assaggio Signora- le chiese gentilmente offrendole un delizioso pasticcino al caff e latte che la riport ai sapori ed alle emozioni della sua infanzia.
Estasiata da tanta dolcezza Holly prosegu nellesplorazione di quellaccogliente luogo scoprendo angoli preziosi
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Almost eight
In certi giorni sei quasi alla fine del turno
E la radio che canta quasi aperto
Ancora non lhai visto ti sei alzato presto
Quasi le otto c da riempire non servono parole
E le righe aspettano come scaffali vuoti
E gli scatoloni sono quei sogni finiti da buttare
Almost eight qualcosa di nuovo di inglese
con la mia testa italiana di spiagge e di treni destate
di inverni da correre via di immagini che scendono
e salgono
Vedo tutti i giorni che ho amato che ho rincorso
e ho detto
Non te ne andare
Quasi le otto e sbrigati!
Che le serrande sono occhi che si riaprono e la luce entra
di fretta
A volte un volo
C sempre chi laspetta chi non riesce a dormire
E poi lannuncio un canto
La voce di una segreteria
No...oggi resto nel letto
Anche se sono quasi le otto
C il sole sul tetto
Lalbero
Qualcuno di voi ha mai visto le lacrime di un albero?
Sono rosse, di un rosso intenso e appiccicose come le
mani dei bambini quando prendono una caramella succhiata. Io le mie lacrime le vedo tutte le volte che piango
e ultimamente sto piangendo spesso, perch sono rimasto
lunico albero di questa zona. Fino ad un po di tempo
fa, qua cera un bellissimo parco dove i bambini venivano
a giocare, cerano scivoli, altalene perfino un campo da
calcetto... e tanti alberi. Quanta compagnia ci facevamo.
E come eravamo grandi e belli. Parlavamo di tutto, ma
soprattutto delle cose buffe che avevamo visto durante il
giorno.
Ciao quercia hai visto quel signore antipatico com caduto? E tu salice? Quel bambino che si sporcato con
il gelato? Lhai visto?. Che ridere! A dirla tutta il mio miglior amico era il mio vicino, un ciliegio, ogni tanto allungavamo le nostre radici per farle toccare, quello era il
nostro modo di salutarci. E che bella che era la primavera,
rinascevamo completamente. I nostri rami cominciavano
a riempirsi di foglie, di fiori e di colori e il parco era un
andare e venire di bambini. Non come lautunno in cui
eravamo spogli da tutto e il parco era desolatamente vuoto
o peggio ancora come linverno, che fastidio la pesantezza
della neve sui miei rami. E ora cosa mi rimasto? Assolutamente niente. Dicono che non ti aiuta pensare al passato... sar. Adesso ho un po di compagnia solo da
qualche passero che fa il nido sui miei rami. Ma non rie-
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sco proprio a parlarci con i passeri.....dopo tanti anni ancora non riesco a capire cosa dicono con quel loro cip cip
cip....boh.
Ora quel bellissimo parco ha lasciato spazio ad un centro
commerciale ed io sono l unico albero del parcheggio.
Gli altri amici alberi per fortuna non sono stati abbattuti
ma sradicati e portati altrove. In un altro parco, lontano
da qua. Ecco se potessi esprimere un desiderio chiederei
alla fatina verde che ci protegge di raggiungerli, qua sono
tanto solo, qua sono troppo solo.... Voi non lo sapete ma
io stanotte la fatina verde lho sognata. Mi ha detto di
stare tranquillo perch presto il mio desiderio verr esaudito....
Infatti la mattina seguente al risveglio, il nostro protagonista trov degli operai che stavano lavorando sul suo
tronco e sulle sue radici. Subito pens che lo stessero abbattendo, invece lo stavano solo sradicando. Si preoccup
un po, poi vide il viso tranquillo degli operai e si rilass.
Delicatamente lo presero, lo adagiarono su un grosso camion e lo portarono via. Arrivarono in un grande parco
di unaltra citt e con molta fatica lo piantarono l.
Lalbero fu davvero felice di non essere pi solo, si ritrov
con altri alberi e fece subito amicizia. Ritorn a parlare di
tutto e a ridere delle cose buffe che accadevano nel parco.
Questa volta per vicino aveva un tamericio, ma non era
molto simpatico, i suoi migliori amici divennero quindi
un pero e un ulivo che anche se era pi piccolo di lui lo
trovava molto gentile e intelligente. Stava proprio bene
ora. Ed era molto molto felice. Di notte ogni tanto la fatina verde gli appariva in sogno e questo lo tranquillizzava
perch aveva capito che la speranza non bisogna mai perderla e che tutti i sogni anche i pi difficile si possono realizzare.
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Fragole e panna
Elena era caduta nuovamente nel buio.
Credeva di esserne uscita, ma certe malattie ti accompagnano per tutta la vita. Quando le cose sembrano andare
meglio lei, la Dea Nera, comunque l che aspetta, in silenzio, immobile, mimetizzandosi nel quotidiano. E
quando tu fai un passo falso eccola che ricompare con
tutta la sua energia, ti strappa da quel poco che eri riuscito
faticosamente a conquistare, ti prende e ti trascina gi,
sempre pi gi nel buio profondo.
E anche se tu cerchi in tutti i modi di uscirne, lei cos
subdola che riesce a tenerti avvinghiata a s come
unamante disperata che non vuole essere lasciata.
Elena si sentiva legata, costretta, soffocata. Nuotava in un
mare di melma ed ogni bracciata che faceva era sempre
pi faticosa e pesante.
Avevano tutti una bella voglia a dire che doveva reagire,
che cerano tante altre malattie ben peggiori, che era solo
un momento e che presto sarebbe passato, ma Elena si
sentiva come imprigionata nelle sabbie mobili, dove ogni
movimento che fai per cercare di tirarti fuori ti fa solo inghiottire sempre pi e alla fine sei talmente stanco che
smetti di lottare e ti lasci andare.
In gola aveva un immenso grido di aiuto, ma era come se
la sua voce fosse sparita. Addirittura non sapeva nemmeno
a chi rivolgere la sua richiesta.
Elena si sentiva inutile, trasparente, un fantasma.
Quando usciva a fare una passeggiata non riusciva mai a
trovare qualcuno per fare due chiacchiere, era invisibile.
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Il caff convenzionale
Da uno scherzo tra colleghi nasce questa filastrocca, per
un caff convenzionalesotto a chi tocca!
Non c niente da pagare
c solo da degustare
non c niente da pagare
devi solo zuccherare
non certo equo e solidale
solo un caff convenzionale
per gustare meglio il tuo caff
pa-ga-lo da te
per gustare meglio il tuo caff
pa-ga-lo da te
Ma dimmi poi che ti metti a dire
c qualcosa di illegale
tu devi solo zuccherare
e tutto torner regolare
non c niente da pagare
devi solo zuccherare
solo un caff convenzionale
per gustare meglio il tuo caff
pa-ga-lo da te
per gustare meglio il tuo caff
pa-ga-lo da te
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tutte le sere ovviamente bisogna tirarle gi. Tutto rigorosamente a mano. Molte volte si incastrano e non vanno
su e molte volte si incastrano e non vanno gi. Tutti i dipendenti sono stati operati allernia al disco almeno due
volte.
Lo scarico merci non esiste, alle volte si passa con i bancali
direttamente in negozio e il camionista spesso se ne infischia dei clienti che trova sulla sua strada. Li investe col
muletto. Hanno gi schiacciato trentadue clienti.
Altre volte si pu passare dal retro ma vi dislivello rispetto ai camion. Questo dislivello colmato da una pedana di tre metri per quattro, in ferro massiccio con piedi
saldati, bisogna sollevarla in quattro e sistemarla con precisione millimetrica altrimenti si ribaltano i bancali contenente la merce. Abbiamo perso gi sei camionisti, sia
per i bancali sia cadono sia colti da infarto nel sollevare la
pedana.
Limpianto di riscaldamento anche impianto di condizionamento, basta girare una semplice manopola, per
convertire il soffione caldo in soffione freddo e viceversa.
Questo semplice lavoretto richiede di solito soltanto quattro o cinque mesi di lavoro. Limpianto si trova nei garage
del palazzo situati sotto, sotto, sotto, il nostro magazzino.
I minatori idraulici si sa non si trovano facilmente e anche
quando si trovano, molte volte vanno la sotto, sotto,
sotto, ma non ritornano pi. Ne abbiamo gi dispersi
quattro.
Anche quando riescono a far funzionare limpianto, i gettiti di aria non sono uniformi. Cosicch destate potete
trovarmi con le stalattiti e le stalagmiti nei capelli, nelle
sopracciglia, nei baffi, nella barba e nei peli del naso.
Mentre dinverno potete tranquillamente trovarmi in
cassa sotto forma liquida e in certi giorni anche di vapore
acqueo.
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Allesterno i clienti possono trovare i nostri colleghi extracomunitari, addetti al centro commerciale esterno allaria aperta, che vendono prodotti non alimentari come
accendini, calze, cassette musicali, compact disc, borsette
e altra merce tutta regolarmente contraffatta o di contrabbando legale.
Inoltre i nostri colleghi offrono servizi tipo la custodia del
cane, lallarme contro le multe dei vigili e addirittura la
pulizia del parabrezza tutto per una mancia quasi spontanea di diecimila lire fino a quando cera la lira. Dallavvento delleuro per non essere da meno dei commercianti,
in generale, hanno applicato la conversione diretta, quasi
tacitamente autorizzata dallo stato: le dieci mila lire sono
diventate dieci euro.
Ormai anche noi grazie al loro aiuto ci stiamo trasformando in un centro commerciale.
Diversificando con loro, la gamma dei prodotti venduti
e dei servizi offerti. La gente accorre entusiasta.
Siccome questi nostri colleghi esterni non hanno tettoia,
se piove si dotano di un ombrellone da spiaggia che fanno
sorreggere da alcuni nostri clienti molto anziani che sono
talmente lenti nel camminare che sembrano fermi. Questi
clienti ne sono felici perch sono molto utili e si sentono
in qualche modo ancora inseriti nellingranaggio produttivo.
Tutto il supermercato, come avete potuto notare, rispetta
la legge sulla sicurezza 626.
Spesso abbiamo subito la visita notturna dei ladri, che
per una volta entrati nel negozio si sono fatti promotori
di una raccolta di fondi per migliorare le infrastrutture
del negozio. Alla mattina abbiamo trovato una cassetta
per chi voleva contribuire con scritto su
<< Migliorare il posto di lavoro si pu. Raccolta fondi>>
con dentro anche il loro cospicuo e sentito contributo
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Solo sua
La sent nettamente. La percepiva. Si era accorto fin da
subito del suo formarsi. Sembrava quasi che una forza
esterna lavesse richiamata ad uscire. Si era formata poco
sopra la sua tempia sinistra. Era rimasta l, ferma, immota
e si era autoalimentata. Era cresciuta, lentamente, costantemente, fino a che la forza di gravit non aveva esercitato
il suo dovere. Allora cominci a scendere. Dapprima lentamente, poi, come acquistando forza e sicurezza, rapidamente. Non la guardava. La sentiva solamente. La sua
attenzione era rivolta in tuttaltra direzione. La sent scorrere, passare accanto al suo occhio, accelerare sulla sua
guancia, sfiorare appena la sua bocca, indugiare per qualche secondo sul suo mento e poi, lanciarsi in un ultimo,
definitivo volo nellignoto, destinata a confondersi sul pavimento assieme alle altre gocce di sudore che erano gi
cadute.
Oramai erano ore che era fermo, nella stessa posizione.
Aveva passato tutta la notte, nascondendosi per sfuggire
ai controlli. Era un appuntamento troppo importante per
lui, da non poter mancare. Costi quel che costi. Niente
avrebbe potuto o dovuto impedirgli di osservare. Ci aveva
messo settimane per arrivare a quel punto. Mesi di impegno e dedizione. La prima volta che laveva vista, era rimasto come paralizzato. Non un solo muscolo del suo
corpo riusciva pi a stendersi. Non una singola parte della
sua persona era pi sotto il suo controllo. N, daltra
parte, avrebbe mai voluto. La sua mente era totalmente
rapita e non poteva far altro che fissarla, incurante di
quello di chi gli stava intorno potesse mai pensare. Rapito
in una estasi profonda, era completamente assuefatto dalla
sua vista.
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Quanto tempo ci aveva dedicato. Era diventata una malattia. Non usciva pi. Non incontrava pi nessuno. Spendeva ogni minuto del suo tempo libero a capire come
poterci arrivare. E dopo neanche troppo tempo, non si
tratt pi solo del suo tempo libero. Cominci a rubare
tempo al tempo. Trascurava gli altri impegni, che pure
erano tanti. Si sforzava di restare concentrato su di lei,
quanto pi a lungo fosse possibile. Ogni occasione era
buona per trovare informazioni. Era diventato avido di
conoscenza. Viveva un misto di curiosit e di gelosia.
Tolse quasi subito il saluto ad un collega che aveva accennato di conoscerla bene. Arriv quasi al punto di affrontare un altro collega che laveva sminuita.
E gli altri non capivano. Che andassero al diavolo, gli altri.
Che ne sapevano loro? Cominci a cercare in rete tutte le
informazioni che riusciva a trovare. Ogni occasione era
buona per capire come fare ad avvicinarla. Incominci a
cercare fotografie su fotografie. Quando possibile, ed
erano quelle che preferiva, le scattava lui stesso e, soddisfatto, correva subito a stamparle. Allinizio pi piccole,
poi sempre pi grandi. Arriv a staccare tutto quello che
era possibile dalle pareti, che fosse roba sua o meno, per
avere ancora pi spazio dove poterle attaccare. Coscienziosamente e con metodo, annotava su ogni foto giorno,
ora e minuto dello scatto. Le disponeva ordinatamente.
Tutto aveva il suo ordine. Era metodico. Capace di spostare una foto una, due, tre quattro volte. E poi ancora se
ce ne fosse stata la necessit. E spesso cera.
Ora era l, fermo. Immobile. Immoto. Ci aveva messo
mesi a prepararsi. Non poteva farsi cogliere impreparato.
Non lo avrebbe accettato. N avrebbe accettato che altri
approfittassero di quello che a lui era costato grandi sacrifici, sudore, ore insonni a ripassare ogni pi piccolo
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dettaglio, per quanto potesse sembrare banale. Era arrivato al punto di calcolare anche quale luce potesse dare i
risultati migliori e quale sarebbe stata lora migliore. Essenziale, categorico ed imperativo era che nessun altro vi
si avvicinasse. Lui era lunico. Solo lui poteva farlo.
Per questo era l. Doveva essere sicuro. Doveva essere il
solo. Doveva avere certezze. Doveva non farsi distrarre.
Era ad un passo dalla sua vittoria. Sapeva che era vicino,
e come tutti quelli che sono ad un passo dalla conquista,
quando sei talmente vicino da sentirne il profumo, quellodore che ti pervade, allora prendi consapevolezza della
possibilit di perdere tutto in un attimo.
E fu proprio un attimo!
Un voce che da qualche parte diceva buongiorno! Voci
confuse ed indistinguibili, che si mescolavano e creavano
confusione. Luci che si accendevano. Corpi che si accalcavano e che si spingevano. Le gocce di sudore che aumentavano sulle sue tempie. La gola che improvvisamente
si era fatta secca e riarsa. Poi, pi niente. Tutto nero. Nessuna immagine, nessun rumore. Solo dopo un tempo che
non riusciva a calcolare, sent due, quattro forse sei o forse
otto braccia che lo sollevavano, a gran fatica, opponendosi
alla sua forza, che come tutti quelli che sanno di avere un
grande compito da svolgere, aveva decuplicato, nello
sforzo titanico di riuscire. Lo avevano tolto da sopra quella
anziana donna che per prima, meschina e sventurata, si
era avvicinata con il braccio alzato, pronto ad afferrare.
Lo avevano portato fuori in quattro. Alcuni raccontano
ancora che fossero stati necessarie almeno dieci persone,
qualcuno parla addirittura di quindici, e tutti sufficientemente robusti, per poter resistere alla sua forza. Non si
arrendeva. Per un attimo cerc di scappare, con quelle
forze che ancora sembrava celare dentro di s. Non lo poteva permettere! Era sua. Solo sua! Dopo tanto lavoro. Ci
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La Spiga
Rimasi incantato dal suo colore paglierino,
splendente alla luce del sole.
Piegata al volere del vento,
mi avvicinai lentamente per accarezzarla;
ero maldestro, in questo,
ma non volli esitare.
In questo mare dorato,
ha tante gemelle che,
come lei,
donano vita
e amore
a chiunque sapr raccoglierne i frutti.
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Inizio turno
Iniziava il suo turno.
Unocchiata veloce per controllare se tutto era in ordine,
una stiracchiata ai muscoli delle braccia e come sempre
faceva una schicchera rituale al suo badge. Si gir in entrambe le direzioni per vedere se sarebbe stato da solo, alla
sua destra il vuoto mentre alla sua sinistra a pochi metri
cera una sua collega indaffarata. Si sorrisero a vicenda.
Ecco il primo cliente, poi un secondo, un terzole sue
mani si muovevano velocemente al ritmo di una musica
muta, gli occhi puntati sul display che si sposavano con
un breve sorriso, laugurio di una buona giornata, la richiesta della tessera socio, qualche parola scambiata di
tanto in tanto. Latmosfera era frenetica nel supermercato
e tutti si muovevano come fossero parte di unimmensa e
variopinta coreografia.
Con la coda dellocchio vide la sua collega che cercando
di non far capire la sua preoccupazione, sebbene si leggesse dal suo sguardo, premeva un bottone. Subito una
cupola trasparente che usc dalla sua cassa lavvolse come
una gigantesca bolla. Davanti a lei un cliente.
Viola.
12 tentacoli. 4 occhi gialli e uno nero.
Radioattivo per gli esseri umani.
Sorrise nel vederla cos preoccupata ma se ricordava bene
doveva essere arrivata da poco. Con lo sguardo controll
la fila di bottoni colorati davanti alla sua cassa, quelli si
che erano dei salvavita. Ogni tanto accadeva qualche sbaglio, come quella volta che premette il bottone sbagliato
ed un getto dacqua invest il cliente di Andromeda, getto
dacqua che invece serviva per ricreare lhabitat nativo di
quei clienti che arrivavano dal pianeta XY 245, piccole
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nendo. Accese il semaforo rosso per far capire dellimminente chiusura e trasmise lincasso al computer centrale.
Si avvi verso gli spogliatoi per togliersi luniforme di lavoro, girandosi ad osservare quella moltitudine di vite e
colori che animavano il supermercato.
Dopo pochi minuti era gi fuori alla fermata. Laereonave
delle 15 era in ritardo, e per le 16 era prevista una pioggia
di asteroidi. Alz la testa al cielo, luniverso era immenso
e le stelle sembravano cos vicine da poterle toccare.
La Terra invece era un puntino lontano appena visibile.
Sospir.
La tuta spaziale gli prudeva.
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mi stato fedele.
Gli anni sono trascorsi, ed io son cambiata... rafforzata in
cuor mio, ma ancor pi determinata.
Ma anche Tu sei cambiata... e finalmente ti han rinnovata!
Adesso sei di color vinaccia, un colore che ci unisce in un
unico abbraccio, vicini e lontani, piccoli o grandi ma che
finalmente ci raggiunge tutti quanti!
Sicuramente ci che non e cambiato e il tuo nome... vestina o DIVISA.
Ma RICORDA... lo sei di nome, ma non di fatto, e mai
per me, perch se adesso son ci che sono, lo dovr solo
e soltanto a TE...
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Che dire
Di vestiti in cooperativa me ne son cambiati tanti da quel
lontano ottobre 1997, ma a volte mi piace credere che
sono sempre la stessa.
La stessa ragazzina apparentemente arrogante che faceva
sempre casino a dare i resti ai clienti.
La stessa ragazzina con la paura della differenza cassa a
fine giornata.
La stessa ragazzina con il papillon arancione.
Ma soprattutto, la stessa ragazzina con i mocassini di Pitone blu
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I migliori anni
Era il 1987, avevo ventanni e sono entrata per la prima
volta in quellufficio. Era il mio primo lavoro serio, dopo
il diploma dellanno precedente, e fino ad allora avevo
avuto solo qualche occupazione saltuaria. Ero contenta
ma impaurita, non sapevo niente della Coop; sono entrata
in quella bella villa, la sede di Firenze in Via Santa Reparata, nel centro della citt. Fino ad allora io, che abito sulle
colline di Scandicci, in centro a Firenze ci andavo solo per
qualche gita o per la passeggiata della domenica. Ma lavorarci, in centro, accidenti che prospettiva interessante.
Era gi un lavoro sicuro, un bel contratto di formazione
che si sarebbe trasformato, con ogni probabilit, in un
posto fisso. E cos stato, tanto che sono ancora qua.
Sono entrata nellufficio in cui si registravano bolle e fatture di merci acquistate, e si facevano lavori ben suddivisi
fra tutti e prevalentemente di semplice inserimento dati.
Mi sono trovata addosso una decina di paia docchi che
mi fissavano, volevano studiare la nuova arrivata che sarebbe diventata la nuova loro collega. Credo di essere diventata di mille colori, mi sono presentata, ciascuno mi
diceva il suo nome, senza togliermi gli occhi di dosso. Anchio li osservavo e pensavo che erano tutti pi grandi di
me, qualcuno solo di poco, qualcun altro era senzaltro
pi avanti negli anni.
In fondo allufficio, poi, seduto ad un tavolo davanti a
tanti scaffali pieni di faldoni, cera un buffo signore non
pi giovanissimo, con baffetti, occhiali con montatura
grande e scura e la vestina verde che allora indossavano
solo gli addetti in negozio. Era larchivista Ruben, un
esule cileno miracolosamente scampato al golpe degli anni
70, che era stato perseguitato nel suo paese, e, una volta
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tinuato a frequentare anche il gruppo del lavoro, scoprendo con tutti questi nuovi amici localini piacevoli in
centro, teatri, film su vari temi oggetti delle nostre discussioni, cantanti, canzoni, scrittori o libri che fino ad allora
non conoscevo. Confrontandomi con queste persone, e
soprattutto con le loro idee, si aperto qualcosa, maturato in me per la prima volta un accenno di coscienza politica ed etica orientata ad un pensiero che ancor oggi mi
appartiene. Ho avuto molto stimoli in questo senso, non
ultimo quello di lavorare in una realt particolare, diversa
da ogni altra azienda commerciale, con alcuni valori propri solo della nostra cooperativa.
Con Teresina ho piano piano imparato a comunicare, rispettando, quando cerano, i suoi silenzi e la sua riservatezza; sono riuscita a dirle tante cose di me, che scoprivo
e affrontavo poco alla volta crescendo, lei mi ascoltava
sempre, senza dare mai giudizi. Mi dava per dei consigli,
ed io, anche per gli anni che ci separavano, li consideravo
molto saggi, frutto di unesperienza che a me mancava.
Ancor oggi, se ci ripenso, ritengo che le cose che mi diceva
fossero molto belle e sagge e le sono davvero grata di essere
stata una presenza cos importante in anni in cui crescevo,
diventando adulta. Con lei, e con altri del gruppo di lavoro, ho iniziato a fare la volontaria alle feste dellUnit;
era unattivit che per un breve periodo ci impegnava tutte
le sere, nei vari stand a cui eravamo assegnati, ma era bellissimo trovarsi insieme ad altri che donavano il loro
tempo gratuitamente, per unidea comune; era un condividere fatica, ma anche allegria e divertimento, una condivisione che mi ha tanto arricchita. Ho conosciuto
persone che utilizzavano le loro ferie per il volontariato
alle feste.
Sono stati anni bellissimi, la mia amicizia con Teresina e
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Non contenta di una vita di fatiche, da anziana continuava a fare quel sentiero a piedi, dalla casa sua e della
Nonna Cl, portando a mano i sacchetti della spesa, con
la solita mortadela, la solita groviera, lolio quello
buono solo di oliva e limmancabile pane. Per lei e nonna
Cl non era una fatica, ma un piacere, era il loro mondo,
la loro vita.
Grazie Zia Linda e nonna Cl
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Ricordi
Eri con me quando,
da un piccolo paese di collina,
entusiasta scesi a valle con il mio scooter nuovo di pacca,
assaporando la liberta di dire:
ok mamma faccio io un salto in Coop e ti prendo quelle
due/tre cose.
Eri con me quando,
da un piccolo paese di collina,
entusiasta scesi a valle per la prima volta da sola in macchina,
a fare la spesa grossa, con il carrello.
Eri con me quando,
dopo aver perso il lavoro, il mio primo ed unico lavoro
durato undici lunghi anni,
mi hai dato la possibilit di ricominciare da zero,
ricominciare da te.
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La COOP oggi
In sala ristoro, tra i tanti fogli, uno in particolare attira la
mia attenzione. COOP ed EXPO il titolo in grassetto,
ma quello che mi colpisce di pi il sottotitolo: STORIE DI ORDINARIA COOPERAZIONE.
Cooperazione una parola di gran significato; collaborare
e lavorare tutti insieme, clienti e lavoratori uniti per lo
scopo che COOP vuole raggiungere. Ad oggi i datori di
lavoro richiedono la collaborazione e la predisposizione
al lavoro di squadra, ma non sempre i dipendenti sanno
veramente cosa significhi, nonostante gi 91 anni fa, nel
1924, Sandro Pertini argomentasse la sua tesi, intitolata
appunto la COOPERAZIONE, spendendo davvero
tante parole ed altrettanti aneddoti al fine di esporre al
meglio lorigine ed il significato del termine.
Siamo ormai nel 2015 e levoluzione, ma soprattutto limpegno di tanti idealisti del suo calibro e sostenitori, ci
hanno portato alla nascita delle cooperative attuali, una
in particolare mi riguarda da vicino, la COOP.
Sono una dipendente Coop e da quando sono stata assunta ho visto molti cambiamenti, sia in ambito lavorativo che relazionale.
Il progresso ha introdotto nei nostri locali molte innovazioni, un esempio possono essere le casse automatiche, un
sistema non gradito a tutti, soprattutto per una persona
anziana non facile rimanere al passo con la tecnologia,
preferisce il contatto con la cassiera, lo scambio di parole
e il servizio che gli deve essere offerto, qualcun altro invece
si trova subito a proprio agio, pronto alla novit ed al futuro.
LAVORARE COL CLIENTE, questa mi sembra
unespressione che nel nostro lavoro pi che una frase
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Piombino
Mi chiamo Antonio e sono nato a Piombino il 22 marzo
del 1935 da Eugenio Chierichetti e Assunta Antolini sposi
con rito civile nel 1932. Sono rimasto orfano allet di 8
anni quando nel 1943 pap mor .
Sono socio della Societ Cooperativa Popolare di Consumo La Proletaria, una cooperativa di consumatori nata
nel 1945. Si stava uscendo dalla guerra e mio nonno insieme ad altri amici volle unirsi e ricreare una cooperativa.
Ricreare perch nonno gi nei primi del novecento aveva
attuato le sue idee di cooperazione. Durante la grande
guerra del 15-18 simpegn, insieme ad altri, a regolare
la distribuzione dei generi di prima necessit, quali olio,
farina e zucchero, in quanto aumentando a dismisura i
prezzi delle mercanzie numerosi nuovi clienti si orientavano verso le cooperative. Da quella esperienza nonno
intu che per uscire dalle rovine del dopoguerra bisognava
di nuovo cooperare; e cooperare significava fare insieme.
Lo spaccio venne aperto dove prima della guerra sorgeva
lo spazio aziendale dellILVA. Grazie alla direzione dellazienda che don alla cooperativa il locale, il primo camion e gran parte delle scaffalature gi esistenti si pot
partire. Iniziarono in trenta ma ben presto il numero dei
soci crebbe a dismisura. Gi dopo un mese erano pi di
tremila.
Nonno mi ha sempre raccontato che le prime quote sociali furono di 250 lire per ogni socio che permisero di
allestire il primo bancone. Si inizi con farina di castagne,
un sacco di 50 kg di zucchero, 25 litri di olio di oliva e
una damigiana di 20 litri di vino. A fianco dello spaccio
venne adibito un locale ricreativo dove i soci potevano
trattenersi per scambiarsi idee e giocare a carte.
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mente .
Che bello ammirarli nel giocare meticolosamente a briscola o a tressette, la loro complicit e le loro strategie con
la fiducia nel compagno e il rispetto per gli avversari. Parlare con loro stato un arricchimento di vita che a scuola
i professori non ci avevano mai insegnato: ogni fatto acquistava, nei loro racconti, una nuova visione delle cose,
prospettive e angolazioni dei problemi e delle soluzioni
visti in maniera diversa.
Impegnarmi nella cooperativa poi era per me mettere in
pratica le nozioni che acquisivo a scuola. Io giovane ragioniere imparai la gestione dei conti aiutando nonno nel
tenere in ordine i libri contabili della Proletaria. stata
una grossa responsabilit allinizio, ma tutto veniva fatto
con grande impegno da parte mia. Cera grande partecipazione ed era bello condividere i risultati con tutti e dimostrare la trasparenza della proletaria. In unepoca in
cui la maggior parte degli spacci avevano la doppia contabilit (una per il padrone e una per il fisco) nella proletaria facevamo tutto alla luce del sole organizzando
molte riunioni, coinvolgendo nella lettura dei dati e dei
risultati tutti i soci. Sin da subito ho dedicato molto
tempo alla nostra cooperativa. Gestire i fornitori locali,
organizzare eventi, gli inventari periodici. Tutte attivit
che portavano via ad un giovane come me serate di festa
o di riposo. Nei primi tempi devo dire facevo fatica a capire ma ora mi rendo conto che quel dispendio di energie
ha fatto di me un uomo vero.
Ora dopo quindici anni di proletaria siamo diventati
grandi. Dopo le difficolt iniziali abbiamo iniziato un
processo di unificazione con le cooperative di consumo
della zona. Questa unificazione stata necessaria per salvare la cooperazione in quei comuni dove gli spacci erano
in difficolt. Unendo le forze siamo riusciti a tenere in
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piedi, in tutti i comuni della zona, le cooperative, riuscendo a non dover lasciare il territorio.
Questa la mia storia. Il mio e il futuro della cooperativa
parte da qui. Ora si deve andare. Il pullman dei soci
pronto per raggiungere Reggio
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constatare che per colazione prendono anche dei buonissimi biscotti al latte, cosa che fino a poco tempo fa non
pensavano certo potesse mai accadere ed io con loro!
Altra grande invenzione stato il Pane Shalom. Ci siamo
posti il problema di non riuscire a fare una buona baguette, sia per la mancanza di macchinari sia per la presenza di una valida concorrenza.
Da qui nata lidea di fare qualcosa di diverso e di nuovo.
Il nome stata la prima cosa che abbiamo deciso in onore
del Movimento che ha promosso questo progetto. Cosa
pi difficile stato incontrare i gusti di queste persone
abituate solo a baguette.
Si tratta di un pane salato con olio e semi di sesamo, materia poco costosa e facilmente reperibile, in pi molto
conosciuta dai Burkinab perch usata per fare dei graziosi
dolcetti al miele e sesamo. Sembra impossibile ma anche
questa volta abbiamo fatto centro. Il risultato? Un successone. La paura di non farcela ha lasciato il posto alla soddisfazione di tutti, compresa la nostra!
Ora insieme, tutti insieme, ci stiamo concentrando alla
decorazione della pizzeria perch troppo spoglia di colori
in unAfrica che invece ne piena, e stiamo organizzando
la produzione in vista delle circa 2000 presenze preventivate per sabato, giorno dellanniversario.
Ah, dimenticavo di dirvi che il forno a pannelli solari ha
raggiunto 190, un record che ci ha permesso di cuocere
le basi di pasta frolla per le crostate di marmellata.
La pizzeria di Luombil, un monumento alla speranza,
un luogo dove poter cuocere il pane e le pizze, dove preparare il cibo per i bambini e richiamare clienti per diventare autosufficienti e crescere insieme in un piccolo
spazio disperso nellimmensit africana; a Loumbil il
ritmo cambiato, le paure miracolosamente superate.
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Pomodorini felici
Cera una volta un bellissimo campo colmo di pomodorini, sembrava dallalto unenorme fragola.
Ridevano felici al sole, giorno dopo giorno erano sempre
pi rossi, fin quando attiv un uomo vestito di verde e li
raccolse un ad uno per non sciuparli.
Li chiuse in una grande casa senza sole e acqua fresca che
gli solleticava le foglioline.
Divennero tristi ma due di loro presero coraggio e fuggirono per i campi senza fermarsi mai.
Felici di aver ritrovato il sole e tanta acqua, si tuffarono
nella terra e dal loro amore nacque il fior fiore.
Pomodorino datterino, per la pappa di ogni bambino.
La cassiera
Il cliente convinto
fa la spesa contento,
la cassiera un sorriso gli far
e lui presto torner.
Unicoop Tirreno
fa lo sconto per davvero
Carta Coop, signorina?
Benvenuta sta mattina
La nonnina, po che fa?
Perde pure il bancomat!
Ecco qua, caduto tra la gente
ma lei non ricorda niente.
La pazienza ci sar
e anche un po di umanit.
Il bimbo piange e via al pi presto,
10 euro, ecco il resto,
Tra un prodotto e laltro
scorre la gente davanti al mio sguardo
con un arrivederci, un ciao, un buongiorno.
Io vi saluto finito il mio turno.
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Entrai di marted
Era la primavera del 2002, e il mondo era cambiato da
meno di anno.
Sicuramente era cambiata la mia vita, con il matrimonio
dellanno prima, ma dopo l11 settembre anche il resto si
era trasformato. Un mondo a rovescio.
O ero io, a rovescio, che guardavo il mondo?
Incosciente, era lappellativo che pi spesso mi si dava,
dopo aver sposato un ragazzo magrebino. Ma laggettivo
dur poco, perch appena un mese dopo ci fu la tragedia
delle Torri gemelle, e incosciente non bastava pi. Vedevo valori consolidati sgretolarsi sotto ai miei occhi.
Tutto ci che appena un decennio prima si insegnava ai
bambini nel nome della multiculturalit divenne una
pura utopia. E io una pazza scatenata che si era sposata
con un musulmano.
Avevo da poco dato le dimissioni dal precedente lavoro,
una grande multinazionale dove avevo fatto una discreta
carriera. Sicuramente una scelta avventata, ma era solo il
2002, io avevo 34 anni e il mondo era ancora nelle mie
mani.
Mandavo curriculum. Sapevo che dichiarare lo stato civile
e la mia et era un rischio per trovare un lavoro. Una
donna giovane e appena sposata a rischio maternit, ma
contavo sulla mia competenza per superare il problema,
e sulla mia grandissima determinazione.
Del resto la mia onest non mi avrebbe mai permesso di
omettere la situazione.
Ma il problema vero, ai colloqui, non era il matrimonio
in s, ma il matrimonio misto.
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una collega che si chiamava Anna, ora in pensione. Si accorse del mio panico nel guardare la lunga coda che si formava a causa della mia lentezza, mi volt con sicurezza il
viso sul monitor e mi disse Guarda qui, devi guardare
qui!.
Fu il primo giorno della mia nuova possibilit, in un ambiente dove ho trovato valori da condividere e nuove amicizie, con tutti i normali voli pindarici e scivoloni a terra
che si vivono nel lavoro di tutti i giorni, dove scegli che
ogni caduta serve a rialzarti pi forte. Dove investi ci che
sei e ci che sai, perch il lavoro parte della tua vita.
Purtroppo il mio matrimonio fin qualche anno dopo.
Non perch fosse un matrimonio misto, ma perch cos
vanno le cose, e ovunque lamore pu finire. Nel mio caso
si trasformato.
Il mio ex marito si risposato e ha due bambini che mi
chiamano zia.
Una zia un po matta che ha voluto credere in sogni apparentemente irrealizzabili, ma quando il figlio del tuo ex
marito ti viene sulle ginocchia e ti chiama zia non un
sogno perfettamente realizzato?
Anche io ho un nuovo compagno, sono serena e ho ancora tanti sogni.
Ma questa unaltra storia...
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Corsia 35
Zia zia! Guarda! Me lhai insegnato tu mi dice, urlando,
la mia piccola Sophia. Mi fissa, con i suoi occhioni azzurri
e sorridenti. Prende in mano la forchetta e inizia ad arrotolare gli spaghetti per poi divorarli in un sol boccone.
Tutte le volte che mangia un piatto di spaghetti me lo fa
notare, lha persino raccontato ai suoi compagni allasilo.
E vero, sono io ad averle insegnato come si arrotolano gli
spaghetti intorno alla forchetta. Nulla di che, un gesto
come un altro che chiss quante volte si ritrover a ripetere nel corso della vita.
Ci che pi mi riempie il cuore di gioia non il fatto di
averle insegnato qualcosa. Impara quotidianamente un
sacco di cose nuove e, francamente, questa forse quella
che meno le servir nel corso della sua esistenza.
Ci che pi mi rende felice il pensiero che tutte le volte
che Sophia manger un piatto di spaghetti, automaticamente, penser a me.
Io sorrido e quasi mi commuovo. Poi mi ritrovo a fare
una serie di pensieri.
quasi incredibile come tutti noi, istintivamente, associamo al profumo, al sapore e allaspetto del cibo un ricordo.
Subito ripenso a un testo letto al liceo: un estratto del romanzo di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto.
Un semplicissimo t accompagnato da una madeleine,
dolce tipico francese, riporta alla memoria di Proust la sua
infanzia.
Lemozione fortissima provata dallo scrittore prende
forma in queste parole:
Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mi-
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Questa nuova edizione, come la precedente, ci piace immaginarla ovunque ci sia Coop per rappresentare una narrazione in divenire. Una narrazione, speriamo, molto
molto lunga.
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POSTFAZIONI E COMMENTI
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coop, ma cooperatori. Rispecchiarsi, identificarsi nel servizio che la Coop offre. Mangio solo prodotti Coop. Mio
figlio ormai grande, viene lui a comprare i prodotti in
Coop.
Il cibo inteso anche per il suo valore simbolico, nutrimento per il pianeta. Energia per la vita, come recita il
tema dellExpo, ma non come discorso pomposo. Narrazione calda, invece, pomodorini felici, il pane, farina, lievito, acqua testimoni di solidariet. E anche, perch no,
dato che c di che andarne orgogliosi, prodotti Fior fiore,
Viviverde.
La virt del Baule sta nel liberarci dallessere ordinati,
esaustivi. Si accumulano l le cose, roba buona, roba che
bello conservare, e che potr tornar utile prima o poi.
Come appunti su un diario, o post su un blog. Il Baule
delle Storie condividere questi fogli sparsi, racconti,
poesi, riflessioni, ricordi. Ne emerge una storia collettiva.
Non costruita in base a un progetto, ma emersa invece
per accumulazione.
Non ci sono cose pi importanti di altre, cose che indispensabile dire, n ci sono cose trascurabili, insignificanti.
Ogni ricordo, ogni traccia di autobiografia, merita di essere narrato. Non c conoscenza senza narrazione. Le cose
troppo difficili da dire in modo chiaro e definitivo, possiamo, per fortuna narrarle. La narrazione non danneggiata dallessere frammentaria, dal guardare solo a ci che
nel momento in cui scriviamo ci viene in mente e ci emoziona. Ogni racconto spiega gli altri, si connette in una
rete, una storia collettiva.
Da un insieme di dettagli, di frammenti, anche un lettore
che non conosce il mondo di cui si parla, capir, fino a
farsi un quadro complessivo. Anche un lettore che non sa
nulla di Coop, sfogliando queste pagine, avr capito il
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POSTFAZIONI E COMMENTI
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Ringraziamenti
Vogliamo ringraziare tutti gli autori che, con le loro storie,
hanno reso possibile la realizzazione di questa raccolta.
Ringraziamo inoltre Francesco Varanini, studioso, scrittore e formatore, per averne curato ledizione.
La copertina e i capitoli del Baule delle storie sono stati acquerellati da Fabrizio Silei, scrittore e illustratore che ringraziamo.
Autori
Hanno scritto questo libro: Stefano Adiutori, Tania Ballotta, Ivana Bandini, Sara Barbanera, Elena Berrettoni,
Rossana Bianchi, Patrizia Bonaccini, Stefano Bovi, Rita
Burocchi, Romeo Cambi, Monica Cantagalli, Michela
Canzonetti, Marta Cappellani, Caterina Caselli, Debora
Catarcia, Elena Colli, Enzo De Bonis, Maria Pia De Manincor, Rossana De Pastina, Patrizia Fontana, Alice Formenti, Nicoletta Freschi, Sandra Giani, Giusy La Ferla,
Giorgio Lucatelli, Franco Galletti, Giuseppe Gaudenzi,
Paolo Girolimini, Franco Lecce, Barbara Maddiotto, Cinzia Marcello, Laura Marchetti, Marcello Mastroianni,
Marco Matteucci, Silvia Mazzocchi, Nadia Meriggio,
Maurizio Mezzani, Fausto Mezzetti, Davide Morellato,
Anna Mutti, Letizia Nucciotti, Roberto Perfetto, Federico
Puorro, Rita Raffaeli, Francesca Randelli, Maria Cristina
Renai, Mike Ricci, Massimo Rivi, Luciana Rosati, Silvia
Sacchetti, Paola Sbaraglia, Morena Signorini, Sergio Serges, Donatella Socciarello, Elisa Stelluti Scala, Paola Tamanti, Marinella Tralli, Maria Grazia Virgili.