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GIANFRANCO BorreLut ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO IN ITALIA Dall'opera di Giovanni Botero (1589) fino a quella di Scipione Chia- ramonti (1635) si sviluppa in Italia una serie compatta di scritture a stampa intitolate alla «ragion di Stato»; nella maggior parte di questi trattati assume un posto di rilievo, per le argomentazioni di natura etico-politica ivi con- tenute e per le modalita logico-espositive impegnate, il riferimento alle posizioni dell’aristotelismo. Si tratta di una importante elaborazione — legata agli eventi estremi della cultura rinascimentale e inconata all’impegno di normalizzazione condotto dalla controriforma cattolica — che concerne le forme particola- 11 della utilizzazione delle teorie aristoteliche e che assume i caratteri di una reinterpretazione sicuramente originale; in effetti, nell’indagine dei tapporti tra aristotelismo politico e ragion di Stato, il riferimento anche esplicitamente teorico agli aspetti pradenziali, fronetici, del sapere pratico inteso alla maniera aristotelica deve essere studiato in queste scritture co- me attenzione, rappresentata su molteplici livelli, per modalita di conce- Pire ¢ di descrivere le forme concrete dell’agire politico secondo orienta. menti fortemente innovativi. Progettazione teorica, dunque, ma insieme tentativo di individuare percorsi pratici concreti da contrapporre ai nuovi discorsi che ~ nelle regioni europee a fine Cinquecento - si stanno diffo,., dendo secondo le forme della decisa esaltazione della autorita autonoma della politica: se, da un canto, il tarlo machiavelliano ha posto in evidenza /a normalita della separazione della virtdi morale dallagite politico, la pro- vocazione bodiniana mira a rendere h persona fisica del sovrano allo stesso tempo fonte sosunziale € garanzia giuridica dello svolgimento dell opera di governo. Peraltro, preliminare al lavoro di ricostruzione storico-critica ¢ Pav- viso che il termine di comparazione cui bisogna riferire le diverse serit ture della ragion di Stato non é costituito solo dal corpo dei testi etico- Politici di Aristotele, ma anche dagli sviluppi storici particolari dei di — 181 — GIANFRANCO BORRELLI versi aristotelismi, nel riferimento ancora pid determinato ai variegati sviluppi degli aspetti pratici e politici della teoria aristotelica; quindi, innanzitutto le reinterpretazioni dei filosofi rinascimentali e lopera di sistematizzazione operata dalla tarda scolastica, che — a loro volta — rinviano allle influenze esercitate dai commentari arabi e dalla utilizza- zione tomistica.' Un concreto punto di partenza é offerto all’indagine dall’individuazio- ne dei processi complessi, di natura storica e corrispondentemente teorica, relativi alle modificazioni di quella che possiamo chiamare in termini ge- nerali la tradizione dell’aristotelismo etico-politico nella seconda meta del Cinquecento: innanzitutto, la perdita della centralita della politica ecclesiasti- ca— in quanto forma della normale convergenza di azione ecclesiastica € prassi politica — ed il crescente esaurimento della produttivita giuridico- simbolica propria della repraesentatio auctoritatis della chiesa cattolica lascia~ no spazi e tempi a modi diversi di concepire e di praticare il governo degli uomini. Inoltre, gli avvenimenti europei di fine secolo hanno posto in evidenza il profondo contrasto tra principi della fede e regole dell’azio- ne, tra norme giuridiche e tecniche politiche finalizzate al comando; con- {litti religiosi e guerre civili vanificano quotidianamente valori e parametri comportamentali: la ragione naturale — fondamento dell’argomentazione giusnaturalistica che consente di giustificare la concordia civile ed il patto societario — rimane inattiva e comunque costantemente contraddetta dai comportamenti degli uomini; in breve, i fatti stessi smentiscono con im- mediata evidenza gli assunti teorici della spontanea socievolezza degli uomini e della finalita naturale del necessario perseguimento del bonum commune. La teologia politica — da Suarez a Charron, da Mariana a Bellarmino — si interroga per prima sui modi attraverso i quali indirizzare le energie ri- poste ed inespresse dei credenti verso forme positive di rafforzamento e di rinnovamento dell’autorita organizzata della fede; si tratta di escogitare relazionamenti diversi tra comportamenti religiosi ¢ pratiche delobbe- dienza civile, tra corpo ecclesiastico e sovraniti politica. Contemporaneamente vengono promossi, nelle diverse aree europe, tentativi di una elaborazione teorica multiforme, che riutilizza le teorie del 1 Come introduzione al tema dei diversi aristotelismi nella tradizione rinascimenule pos- sono consultarsi i seguenti testi: P.O. Krusrewer, La tradizione aristotelica del Rinascimento, Pa- dova, Antenore, 1962; gli studi contenuti nel volume edito da M. Mooney, Reuaissance Thought and Its Sources, New York, Columbia University Press, 1979; C. B. Scumrrr, A critical Sumey and Bibliography of Studies on Renaissance Aristotelianism, 1958-1969, Padova, Antenore, 1971; e, in particolare, di E. Gaamy, il capitolo dedicato alfaristotelismo cinquecentesco in Storia delta filosofia italiana, Torino, Einaudi, 1966, vol. IL — 182 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO Pensiero classico greco e latino: non solo platonismo e aristotelismo, ma anche Tucidide, Tacito, gli autori diversi dello stoicismo, ed altri anco- ta; da questo ricco commentario consegue la commistione di elementi appartenenti ad autori diversi, con operazione che é caratteristica preci- pua dell’epoca. Laristotelismo rimane notevolmente impegnato in questo tentativo di rifondazione dei principi dell’agire politico; per quanto concerne l’area italiana, nel periodo che va dalla seconda meta del Cinquecento fino ai primi decenni del secolo successivo, perdura ¢ si rafforza il lavoro di inter- Pretazione del testo aristotelico. Bastera ricordare di passaggio i notevoli contributi di Felice Figliucci, Antonio Montecatino, Vito Nicol Di Goz- zi, Fabio Albergati, Massenzio Carbonario;? troviamo poi i contributi di numerosi autori appartenenti alla letteratura della ragion di Stato ed a que- sti & dedicato il presente lavoro. Dal complesso di queste scritture emergono tematizzazioni e commenti che pongono una serie di urgenti interrogativi agli snodi teorici portanti dell’aristotelismo politico: essi riguardano innanzitutto i rapporti tra la diffi- cile tenuta dell’ unita di etica-politica-economia, tripartizione codificata an- che dalla filosofia di tradizione scolastica, ¢ la crisi contemporanea di queste sfere diverse delle pratiche umane. Infatti, se a fondamento della filosofia Pratica aristotelica é l'unita naturale tra agire etico individuale — conforma- to ai valori delle isticuzioni, degli usi sociali e dei costumi vigenti —, prassi politica di governo della comunita civile ed economia della organizzazione della casa; e ancora, se tradizioni normative ¢ consuetudinarie a fine Cin- quecento risultano intimamente sconvolte al punto da non rendere possibi- le la sicurezza ¢ la stabilita del governo politico: allora, quale tipo di pratiche 2 F. Ficuuces, De la politica, over scienza civie secondo ta dottrina d’Aristotele, libri octo, Vene- Ha, Gio, Batt. Somasco, 1583; A. MonTEcATINO, Progymnasmata it politican sive in civiles libros Aistotelis, Ferrara, Vittorio Baldini, 1387; V.N. Dt Gozzi, Dello Stato delle Repubbliche secondo la mente di Aristotele con esempi moderni, Venetia, preso Aldo, 1591; F. Ausercati, Discorsi politici nei quali viene riprovata la dottrina di Gio. Bodino ¢ difesa quella d’ Aristotele, Roma, Luigi Zanetti, 1602; M. Carnonario, I! govematore politico e «ristiae, Fabriano, appr. Cesare Scaccioppa, 1617. Per una sintetica introduzione alle tematiche presenti in queste scritture vedi R. De Marner, Propaggini di platonismo e trionfo dell'aristotelismo nel pensiero politico italiano del seicento, «Maia», TIL, 1950, 2, pp. 95-116; testo rielaborato in Hl pensiero politico italiano della Contre nforma, Milano-Napoli, Ricciardi, 1984, vol. II, pp. 99-118. La discussione delle problemati- che relative alla crisi dell'anistotelismo etico-politico nell'area italiana tra fine Cinquecento ¢ inizi del secolo successivo viene affrontata nei contributi di E, Nuzzo, I percorsi della quiete Aspetti della tratiatistica meridionale del primo Seicento nella crisi del’ «aristotelismo politico», «Boller fino del Centro di Studi Vichiani», XVI, 1986, pp. 7-93, ¢ di A. Povel, Il problema della flosofia morale nella seuola padovana det Rinascimento: platonismo ¢ aristotelismo nella definizione del metodo dell etica, im Platon et Aristote a ta Renaissance, XVIe Colloque international de Tours, Paris, Vrin, 1976, pp. 105-146. —— 183 — GIANFRANCO BORRELI possono ancora validamente garantire il rapporto tra individui ed istituzioni? quale la misura del «giusto» da assumere a norma e a criterio per Pagire in- dividuale e contestualmente per l'agire politico? in breve, quali diversi rela zionamenti tra saggezza umana e prudenza civile possono rendere costruttivi ed efficaci la conduzione ed il governo della citta? * Le differenti modaliti argomentative delle risposte a questi interroga- tivi pongono in immediata evidenza utilizzazioni certamente diverse dello strumento dell’aristotelismo; in particolare, nel quadro complesivo della produzione degli scrittori di ragion di Stato, la riflessione pid originale mostrera di avere efficacemente operato nel senso di assumere gli elemen- ti ancora vivi dell’insegnamento aristotelico, al fine perd di andare oltre i confini segnati dalle letture tradizionali dei testi aristotelici. In effetti, ve~ dremo come Vinsieme delle modificazioni indotte da questi autori nel corpo delle claborazioni certamente diverse degli aristotelismi, se, da un canto, costituira per alcuni aspetti uno stravolgimento di alcuni fonda- mentali assunti del pensiero aristotelico, segnera tuttavia alcune importan— ti novita: di qui uno strumentario teorico in buona parte inedito, innan- zitutto orientato ad offrire un rimedio alla destrutturazione ed allo squili- brio di morale e politica, soprattutto capace di adattare i principi aristote- lici ai nuovi tempi della ragione politica moderna. 1. Una parte consistente delle scritture politiche della ragion di Stato assume I’aristotelismo come indice dei problemi urgenti da trattare e come strumento di organizzazione logico-espositiva della materia. Insieme, que- sta letteratura esprime la piena consapevolezza che la diversa utilizzazione del mezzo aristotelico ha contribuito a configurare scritture differenti nel- T'ambito stesso della ragion di Stato. In particolare, Scipione Chiaramonti discute esplicitamente nella sua opera Pesistenza di una molteplicita di ragioni di Stato; Chiaramonti chiu- de una stagione feconda di elaborazione teorica e contemporaneamente sottopone ad interpretazione i diversi trattati, dimostrando particolare in- teresse per il tema delle modalita logiche utilizzate nella esposizione delle argomentazioni delle diverse ragioni di Stato; inoltre, egli € perfettamente consapevole di utilizzare — ai fini della organizzazione del suo discorso — una versione particolare dello strumento della logica aristotelica. » Per una efficace messa a punto dei problemi teoretici relativi ai rapporti tra etica, politica ed economia nella crisi dell’aristotelismo politico nel periodo degli inizi del Seicento risultano decisivi i lavori di J. Rurrer, Metaphysike und Politik. Studien zu Aristoteles und Hegel, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1969, e di M. Purpet, Metaphysic und Metapolitik. Suudien 2u Aristoteles und >u poitische Sprache der neuzeitlchen Philosophie, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1975. — 184 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO Allora puo essere interessante ricostruire in modo schematico l’ordine dato dal Chiaramonti alla materia del suo trattato, insieme evidenziando gli assunti della specifica strumentazione logica messa in opera.* Per l'autore, secondo i fondamenti aristotelici, logica ¢ disciplina stru- mentalis: essa si applica in modo diverso alle scienze contemplative, che han- no finalita esclusivamente conoscitive, ed alle scienze operative — anche de- finite arti o discipline — che presentano finaliti pratiche. In particolare, il metodo dimostrativo — che opera attraverso la stretta unione di procedi- mento resolutivo e di procedimento compositivo nella nota figura denomina- ta regressus («demonstratio potissima») ~ non si pud applicare alle scienze operative, cioé a quelle scienze che riguardano le cose che possono essere modificate o prodotie dagli uomini. Nell’ambito di questi saperi partico- hari si pud raggiungere una migliore conoscenza di quei fini determinati che essi perseguono a condizione che tali fini vengano indagati solo per via analitica o resolutiva: in realta, tale ricerca si rivolge alla comprensione dei termini che ~ al di li dell’unica funzione conoscitiva — possano agevo- hare 'intelligenza delle operazioni utili alla pratica realizzazione di quei fini particolari analizzati. Tale procedimento di indagine si applica, ad esempio all’arte medica: ma anche proprio alla teorica della Ratio Status; in questo ultimo caso, bisogna pervenire dalla condizione dell’equivocité della ragion di Stato, risultato dell'utilizzo diffuso del termine, alla definizione di buona nagion di Stato che persegue la finalita della conservazione politica per il bene comune, via via attraverso l’affermazione del carattere etico origina rio della socievolezza umana ¢ del giusto naturale. Chiaramonti dedica allora la prima parte del suo trattato all’indagi- ne circa l’equivocitd dell’ espressione ragion di Stato, con relativa analisi dei diversi significati dei termini ragione e Stato, presi dapprima in modo separato € poi congiuntamente (Della Ragione di Stato, pp. 4-9); vengo- no poi analizzate le attribuzioni qualitative diverse, come buona e cattiva ragion di Stato (ivi, pp. 13 sgg.); quindi, i criteri di giusto e utile:5 Vau- tore fa poi opera di definizione del fine vero dello Stato (con citazioni tratte da Aristotele, Tommaso e Platone) ¢ del fine apparente dello Sta- to (con riferimento particolare a Machiavelli); a questo punto, vengo- * L’opera di Chiaramonti cui si fa di seguito riferimento Della Ragione di Stato, Fiorenza, stampa di Pietro Nesti, 1635. 5 1 criteri di giusto e utile vengono analizzati nel loro uso vero o apparente: in particolare, specificazione del giusto comunemente tale (secondo il comune corso delle cose naturali), straor. dinariamente tale (modificato attraverso qualche accidente 0 causa), apparentemente tale (come negazione del giusto) (ivi, pp. 17 sgg.) © Le citazioni tratte da Aristotele: bene commune, sommo bene hnumano non d’huno ma di tutti i aittadini; da Tommaso: la comune pace e concordia dei cittadini; da Platone: render bellcosi i cttadini ¢ — 185 — GIANFRANCO BORRELU no discusse le ulteriori definizioni delle ragioni di Stato buone € ree, di diritto ¢ di utile” Chiaramonti é autore di uno scritto dedicato alla questione del meto— do, De methodo ad doctrinam spectante (1639), in cui discute le problemati- che concernenti il dibattito sulla methodus di fine Cinquecento, incentrato sulle opposte argomentazioni dello Zabarella ¢ del Piccolomini: in questo scritto, egli argomenta una sua personale presa di posizione in merito al problema centralmente dibattuto, la differenza tra metodo espositivo (in- dago methodi) ¢ ordine dell'esposizione (indago oppure ratio ordinis). Qui il nostro autore si dimostra perfettamente consapevole dell’importanza dei contenuti dello scontro tra le diverse teorie: V’efficacia del metodo — che & esclusivamente conoscitiva — deve essere distinta dall’utilita propria del- la funzione dell’ ordo doctrinae, che non ha finalita conoscitive ma che aiuta solo a disporre meglio i concetti per l'ulteriore intervento del metodo e, soprattutto, rende piti efficaci l’'apprendimento ¢ Vinsegnamento (ratio do- cendi). Certamente questo ordine espositivo della disciplina (ordo doctrinae) non pué coincidere con l’ordine naturale delle cose (ordo naturae), infatti, siamo noi stessi a definire i criteri edi principi della ratio ordinandi: e questo pud solo confermare gli esiti probabili, ma non sicuramente certi, dei sa- peri ordinatamente esposti. Ora, nella esposizione delle scienze teoretiche Vordo compositive decide della sistemazione per le proposizioni dedotte con metodo dimostrativo: per cui si procede dai primi principi relativamente pit semplici fino alle conseguenze complesse, in modo da rendere piti facile didatticamente la comprensione dell’elemento trattato; invece, alle scienze operative si applica I’ordo resolutivo: quindi, a partire dalla enuncia- zione del fine da meglio determinate, il materiale concettuale viene espo- sto secondo lo sviluppo ordinato posto da quei principi grazie ai quali ven- gono descritte le operazioni idonee a generare quel fine stesso, di qui poi le particolari digressioni attraverso le quali vengono trattati specificamente i mezzi con i quali il fine in discusione pud essere raggiunto.* peri atti a vincee lealte citi la citazione presa da Machiavelli: la forma del govervo, non Uuaiita fel pubblico perseguita dalla maesta del Prencie (vi, pp. 32-34 e 188 sgp.). 7 Scrive Chiarzmonti: «la buona ragione di Stato, per l'abito presa, a due si riduce: P'uno & Ia giustizia universie, Valtro é la prudenza politica, delle quali quella In il ditto, questa Vutile dello Stato per oggetto» (ivi, p. 437); le definizioni di diritto e di utile sono relative al diritto sndinaio — straordinario — apparente, ¢ di utile ordinario ~ straorditario — apparente (ivi, pp. 448- 459 © 460-465) & Per approfondire il tema della noviti logica proposta nell'opera di lacopo Zabarella st pud innanzitutto consultare il saggio di C. Vasou, Lacopo Zabarela e a sua teora della «metho. Fas in Storia della sultura veneta. Dal primo quattrocento al Concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi oM. Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Poza, 1981, vol. IIL, pp. 67-73; quindi, risultano parti Colamente importanti i lavori di A. Porot, Li dottrina della scienza in Giacomo Zabarella, Padova, — 186 — ARISTOTELISMO POLITICO F RAGION DI STATO In effetti, ultima parte del trattato di Chiaramonti é dedicato all’espo- sizione degli strumenti particolari del governo: quindi tecniche ed artifici secondo i diversi habiti della ragion di Stato, propri della giustizia universale 0 eroica, e dell’ingiustizia 0 astutia; infine, la descrizione delle forme dell’e- ducazione del Prencipe e degli artifici possibili rispetto alle tecniche degli inganni illeciti (ivi, pp. 467-486). In riferimento particolare a questo ultimo decisivo punto, il lavoro di Chiaramonti pone in evidenza come nell’azione politica differenti codici tecnici stiano acquisendo pit ampia autonomia espositiva, con l’effetto complementare di produrre un ventaglio ricco di possibilita applicative da svolgere secondo le esigenze dei tempi diversi; si tratta di tecniche neu- trali o anche illecite da utilizzare all’interno dello Stato oppure contro il nemico esterno al fine della conservazione del soggetto che detiene il co- mando politico. 2. In realta, il carattere fortemente descrittivo del metodo aristotelico nell’esporre e nell’ordinare i materiali dei saperi etico-politici agevola — al’interno delle scritture della ragion di Stato — la produzione di risposte differenziate allo sforzo di congegnare nuovi tipi di sistematico relaziona- mento tra etica, politica ed economia, di impostare diversamente i rappor- ti tra comando del principe ed obbedienza da parte dei sudditi. Nella produzione di Giovanni Botero risulta innanzitutto particolar- mente significativo il modo di affiancare le riflessioni contenute nell’ope- ta Della Ragion di Stato alla continua ricerca di materiale empirico rappre- sentata nelle Relazioni universali; Yautore segnala poi in molti luoghi l'uti- lizzazione di un impianto metodologico sperimentale, che fara del testo Della Ragion di Stato la proposta compiuta di un’ ipotesi teoricamente strut- turata di conservazione politica, discussa per circa un cinquantennio da alcune generazioni di scrittori politi Intanto, l’esperienza e il dato conoscitivo della notizia costituiscono il punto di partenza della costruzione boteriana."® Dapprima, l’autore de- Antenore, 1972, ¢ di W. Russe, Zabarclas Methodenlehue, in Aristotelismo e scienza veneta. Atti del venticinguesima anno accademico del centro per da storia della tradizione aristotelica nel Veneto, a cura di L. Olivieri, Padova, Antenore, 1983, vol. [, pp. 155-172. ° Per gli scritti sopra citati di Giovanni Botero faccio riferimento alle seguenti edizioni: Della Ragion di Stato, Venezia, Gioliti, 1598 (edizione a cura di L. Firpo, Torino, UTET, 1948); Relation’ universali, Bergamo, Comin Ventura, 1596. °° Bsperianza e notizia vengono esplicitamente collegate da Botero alla necessita di ricon- siderare deciumente i rapporti tra mone e politica: (al principe) «@ necessaria, non che utile la notitia di tutte quelle cose che spettano alla cognizione de gli affetti e de’ costumi (che si dichiarano copiosamente da° Filosofi morali) © alle maniere de’ governi (che si esplicano — 187 — GIANFRANCO BORRELLI nuncia impossibilita di utilizzare ai fini della pace e della conservazione politica il solo strumento razionale, di per sé inefficace nelle forme con- crete dell’agire politico; "' quindi, per il maneggio del govemno, la prudenza esalta la via conoscitiva dell’ esperien za; il principe deve vivere direttamente Vazione politica e deve potere contare sulla approfondita notizia delle cose ¢ delle pratiche di governo: e tanto gli é reso possibile — scrive Botero con espressioni che richiamano direttamente i testi aristotelici ~ a seconda che Vesperienza s‘acquista immediatamente da noi oppure per mezzo degli altri.'° Prudenza politica é ars practica, nel senso pienamente aristotelico della particolare capacita di utilizzare conoscenze dei fatti e saperi diversi ai fini della attiviti pratico-politica; peraltro, il modo boteriano di concepire la categoria della prudenza politica modifica sostanzialmente la teoria di Ari- stotele che tiene strettamente congiunte etica-politica~economia. Infatti, alla prudenza politica viene fatta acquisire una piit definita centralita, dal momento che si impegna a tradurre il cumulo delle notizie in tecniche pratiche di intervento sui comportamenti umani, diventati oggetto di continua osservazione e di possibile disciplina; la prudenza politica viene assumendo capaciti mediative ¢ funzioni di controllo per gli istinti natu- rali e per le passioni, compito assegnato dall’aristotelismo classico all'inter- vento naturale ed autonomo delle virtii etiche."* da’ politici) perché la morale di la cognitione delle passioni communi a tutti, la politica inse~ gna a temperare, 0 secondare queste passioni, e gli effetti, che ne seguitano ne’ suddici, con le regole del ben governarer (Ragion di Staio, Il, 2) 11 @Non é cosa pitt necessaria per dare perfettamente alla Prudenza e per lo buon maneggio della Repubblica, che l'esperienza, madre della suddetta virti. Perché mole cose paiono fon date su la ragione, mentre si discorre otiosamente in camera, che, mese poi ad effetto, non riescono; molte paiono facili ad effettuare, che la pratica mostra essere impossibili, non che dificil» (ivi, I, iti, p. 98) 12 «La prima é necesaria molto ristreta, e da’ luoghi, e da’ tempi; perché uno non pud esere in molte parti, né far pratica di molte cose, ma pur deve sforzari di cavar succo di prudenza da quel che vede, e sente. Valtra & di due sorti, perché si pud imparare, o da’ viventi, o da’ morti, La prima, se bene non é molto grande quanto al tempo, pud nondimeno abbracciare moltissimi luoghi, perché, ¢ gli ambasciatori, e le spie, ed i mercatanti, ed i soldati, ¢ simili persone, che per piacere, © per negotii, o per altro accidente sono stati in vari luoghi, ¢ ritrovatesi in diverse Occorrenze, ci possono informare di infinite cose necessarie, o utili all ufficio nostro; ma mol maggior campo di imparare é quello, che ci porgono i mort con le Historie scrtte da loro, per- ché questi comprendono tutta la vita del mondo e tutte le parti di esso» (ivi, IL, ii, pp. 98-99) 13. Per le trasformazioni semantiche delle categorie della prudenza in epoca tardo-rinasci- mentale vedi i seguenti studi: R. De Mattes, Sapienza e prudenza nel pensiero politico italiano dall’ Umanesimo al sec. XVH, in. Umanesimo e scienza politica, a cura di E, Castelli, Milano, Mar- zorati, 1951; M. SANTORO, Fortuna, ragione ¢ prudenza nella civila leteraria det Cinguecento, Na- poli, Liguori, 1966; V. Dus, La pnidenza da virtl a regola: tra ricerca del fondamento ed ossenvazione empirica, in V. Diwt-G. Sanme, Sagge=za.e prudenza. Studi per la ricostruzione di un’aniropologia in prima eta modema, Napoli, Liguori, 1983; G. Bonnett, Ragion di Stato e Leviatano. Conserva- ‘rione ¢ cambio alle origini della modemita politica, Bologna, II Mulino, 1993. — 188 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO. La conoscenza per via d’esperienza sembra dunque indicare che la no- tizia di tutti i tempi utili € davvero la condizione prima attraverso cui il principe cerca di interpretare e di fissare in codici conoscitivi i tempi in- dividuali dell’esperienza umana. II progetto prudenziale risulta tanto pit adeguato nella considerazione dello stravolgimento estremo cui é perve- nuta la natura umana. Inganni e ipocrisie vivono normalmente nell’uo- mo interiore: «non é cosa, che pit abbondi al mondo, che le bugie, per cid @ scritto omnis homo mendaxy.'* La prudenza politica funziona allora come calcolo temporale finalizza- to al perseguimento dell’utile attraverso le forme dell’agire dissimulato: Puomo di governo deve esercitarsi ad intervenire con modalita appropria- te nel’applicazione delle necessarie tecniche, incluse quelle di dissimula- zione, al fine di conseguire il sucesso con buona percentuale di approssi- mazione (vedi capi di prudenza, in Della Ragion di Stato, Ul, vi)."* All’esperienza incerta e carica di violenze della sovranita assoluta e im- personale, cosi come viene affermandosi in Francia, Botero contrappone un progetto differente, che sebbene non rifiuti I’accentramento assoluto del comando nella figura di un unico soggetto politico, tuttavia ne riduce le prerogative di natura specificamente giuridica: ragion di Stato consiste infatti delle tecniche dinamicamente poste in essere dalle capacita pruden- ziali che mirano a razionalizzare al massimo le potenzialita del comando soggettivo; questo é l’elemento essenziale e propulsivo della politica pru- denziale, attivita che si rende autonoma dalla sfera etica individuale e da tutte le altre sfere private. Inoltre, l'autorit’ politica riconosce una gerarchia differenziata di po- teri, costituita dai corpi aristocratici e da alcuni strati del popolo che pos- sono contribuire alla conservazione della situazione di comando esistente; per questa via Botero ribadisce quella nozione di medieta esposta da Ari- stotele nel quarto libro della Politica, centrata sull'importanza della classe media ai fini della maggiore convenienza per la conservazione politica. Questa nuova lettura della categoria di medieta ingloba ed oltrepassa le semantiche specifiche della semplice temperanza; essa viene reinter- pretata da Botero secondo I’esigenza, resa principale ed autonoma, di Continua Botero: «Non é cosa pid rara, che la veriti: percid non sarai facile a crederci. Sospendi I’assenso: piglia tempo e pensaci sopra: perché gran parte della prudenza humana é il non credere facilmente, ¢ il non nspondere subito», Detti memosabili di personage’ illustri, To tino, Tarino, 1608, p. 522. 45 Su questo punto faccio riferimento al mio kvoro Prudenza, sagge2za ed obbedienza nel paradigma conservativo di Giovanni Botero, contenuto nel volume a cura di A. E. Baldini, Botero ¢ fa Ragion di Stato». Atti del convegno in memoria di Luigi Firpo (Torino, 8-10 marzo 1990), Firenze, Olschki, 1992. — 189 — GIANFRANCO BORRELLI fare della ragion di Stato prudenziale il riferimento determinato della articolazione relativamente indipendente di corpi sociali di interessi me- ‘zani, che consentano al principe di godere dell’appoggio pitt consisten- te. Infatti, nella considerazione che i mezani sono « (ivi, pp. 250-251). eo eee GIANFRANCO BORRELLI mente nella esperienza immediata, degli atti di malvagita, inganni, frodi, fal- sita, fuurti, estorsioni: & necessario che egli imponga dall’alto quei principi compositi delle leggi civili, che dettano proibizione ed obbedienza (ivi, pp. 251-254). L’asolutismo politico interviene per imporre esplicitamen- te una forte regol esteriore alle azioni degli uomini: ed in effetti Palazzo non individua percorsi diversi al fine di motivare e rendere piti efficace il rapporto tra comando ed obbedienza, tra legge sovrana e comportamenti dei sudditi; solo la religione spinge gli uomini ad interiorizzare norme comportamentali che valgano ~ nel rispetto dell’ ordine proposto dalle leg- gi divine — a rafforzare nella vita associata la quiete dell’ordine vigente dei poteri. Ragion di Stato si conferma, allora, come possibilita propria della prudenza politica di realizzare tutti gli adattamenti conservativi idonei a pre venire 0 a risolvere gli eventuali conflitti che possono mettere in dubbio Yordine dello Stato. Dal canto suo, Frachetta specifica che la prudenza di cui si serve la ragion. di Stato «non é semplicemente quella, che si dice habito dell’intelletto della quale parla Aristotele nella sua Morale Philosophia, percioché questa si con- viene ad ogni huomo, come huomo: esendo sempre congiunta con le virth morali, ¢ si raggin intomo le attioni particolari et proprie, né é quella, che versa intorno il governo della famiglia, ¢ delle cose domestiche, la quale con- viene ad ogni capo di casa»; la prudenza appartiene alla politica, «la qual versa circa il governo della Citta, et de’ Stati, et conviene al Principe come Prin cipes2? Dunque, h prudenza civile che si richiama all’insegnamento aristote- lico deve sempre tenere congiunti l'utile e Ponesto, mentre la ragion di Stato é solo falsa prudenza, idonea a certe condizioni all’esercizio del governo, tut- tavia disgiunta da finalita morali (vi, p. 86). Frachetta @ del tutto consapevole delle nuove pretese di autonomia da parte della ragion di Stato prudenziale, che bisogna considerare comunque valido strumento di governo: essa viene considerata una forma di disciplina da utilizzare necessariamente nei confronti dei popoli torbidi; peraltro, la finalita autonoma dell’ utile, disgiunta dal rispetto della virth, viene anche perseguita dal principe, definito dal Frachetta Retfor del popolo, Tutore delle facolta pubbliche e private, operando in maniera rigidamen— te verticale. Affianco agli strumenti tradizionali dell’etica cetuale dell’onore dei principi aristotelici del buon govemo della casa, troviamo in Frachetta la determinazione di offrire prerogative politiche autonome al comando del principe, tali che gli consentano di esplicare la finalita complessiva della con- servazione politica in forme idonee di intervento. 22 G, Fracnerra, Seminario de’ govemi di Stato et di guerra, Venezia, per Evangelista Deu- chino, 1617, p. 80. — 192 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO L’agire prudenziale messo in opera dal principe in favore del popolo, considerato soggetto passivo ed inetto, é l'unico strumento in grado di sosenere il positivo relazionamento di morale e politica, di savierza e di pmdentia, non a caso questo tipo di scritture di ragion di Stato afferma la possibilita di utilizzare ogni specie di deroghe e di deviazioni. E davve- TO interessante osservare come l’opera di relativizzazione dei contesti com- portamentali particolari, finalizzata all’utilizzo di tecniche di comando an- che illecite, venga condotta anche grazie alla particolare attenzione dedi- cata al potere delle tecniche specifiche dell'argomentazione; ed ancora su questo livello vengono chiamati in causa ¢ ridiscussi i canoni della retorica aristotelica. Per Federico Bonaventura, bisogna distinguere la funzione le- gislatrice — © architettonica, come viene definita da Aristotele — della pruden- za civile dalla funzione consultativa propria della ragion di Stato.Questa non svolge le proprie argomentazioni secondo le regole dei generi giudiziario © deliberative: essa non si lascia obbligare dalle leggi, pud infatti sostituirle, «muta, ¢ altera sempre, ¢ corregge secondo il bisogno |[...]; ha specialmente luogo nelle cose dubbie».** In questo stesso contesto Scipione Ammirato afferma che privilegio del principe — persona pubblica garante del bene co- mune — é la esplicita possibilita di «derogare alla ragione comune per ri- spetto della persona sua contro gli offenditori di lei».* In effetti, dietro le caute € misurate argomentazioni di questi autori si legge una comune precisa posizione: l'autonomia dei codici politici di intervento tende co- munque a svincolare la decisione politica da prescrizioni di natura mora- le; la ragion di Stato pud quindi utilizzare dispositivi neutri oppure di dis- simulazione e di inganno. In modo coerente con questi assunti, la maggior parte di questi scrit- tori— da Palazzo a Frachetta, da Bonaventura a Settala — descrive la forma di governo monarchica come strumento meglio idoneo alla conservazio- ne: il comando affidato ad un solo soggetto rappresenta una pitt solida garanzia rispetto alla costituzione mista dei poteri. Ancora su questo punto il richiamo ad Aristotele — ed alla centralita del problema delle forme di governo e della loro degenerazione — risulta un espediente espositivo di fatto esteriore: in effetti la teoria aristotelica viene decisamente confuta- ta. Al riguardo significativo é il caso del Settala, che struttura la propria 3 L’opera di F. Bonaventura, Delia ragion di Stato et della prudenza politica, viene pubblicata ad Urbino nel 1623; in realta la sua stesura, che rimane incompiuta, dovrebbe risilire al 1601, poco prima della morte dell’antore. Al riguardo vedi la scheda bio-bibliografica di L. Faro approntata per il Dizionario Biggrafico degli Italiani, XI, 1969, pp. 644-646. Le citazioni ripor- tate sono alle pp. 507 ¢ 579. % S, Aummato, Discorsi sopra Comelio Tacito, Fiorenza, F. Giunti, 1594, p. 240. = 193. B GIANFRANCO BORRELLI opera nel riferimento al quinto libro della Politica aristotelica, assumendo dunque a criterio espositivo la definizione delle tre forme rette di governo € delle tre oblique: dalle sue argomentazioni emerge con evidenza che egli intende in sostanza sostenere che tutte le forme di Stato conosciute hanno diritto di esistere perché di fatto esistono, e che ogni cosa é¢ predisposta secondo utile di chi governa. Non risulta preferibile una forma di gover- no rispetto ad un’altra, tantomeno viene auspicata la commistione di ele- menti tra le migliori forme costituzionali, e nemmeno viene considerata positivamente la possibile alternanza tra le diverse forme di governo: per gli scrittori di ragion di Stato i dispositivi politici posti in essere interven- gono come funzioni tendenzialmente autonome per la conservazione di qualsivoglia forma di governo.* 4. In un terzo tipo di scrittura, la disciplina politica della prudenza presta maggiore attenzione al problema della produzione di consenso da parte dei sudditi nei confronti dell’autorita politica. Nella formula di Lodovico Zuccolo — per cui la politica persegue Ia felicita di chi obbedisce e di chi comanda*® — viene considerata decisiva la partecipazione del popo- loa sostegno dell’autorita politica; non a caso, la migliore forma istituzio- nale di governo viene considerata da Zuccolo la repubblica. In effetti, pre- cisa Pautore, lo stesso Aristotele fa consistere nella monarchia la forma di governo auspicabile solo perché viene riferita ad un impossibile stato per- feito, «mentre poi discende alla pratica, fa pit’ caso del reggimento popo- lare, che di ciascun altro. Sicché per opinion d’Aristotele, il popolo sara piit capace assai di prudenza e di bontd» (Considerazioni politiche e morali, pp. 335-336). Al successo delle pratiche di governo puo certamente contribuire il popolo, per il quale si esprimono considerazioni decisamente positive; tanto vale ancora a significare che per la formulazione delle regole della scienza della politica, che si affianca all’agire concreto della prudenza civi- le, si richiede al teorico di fare posto a quelle metodologie logico-esposi- tive di impronta resolutiva, che ricorrono cio’ — in modo maggiormente coerente con gli assunti dell’aristotelismo — alla necessaria varieta di ele- 25 L’opera di L. Serraza, Della ragion di Stato libri sette, viene pubblicata a Milano, presso Gio. Battista Bidelli, nel 1627. Per la comprensione del suo contributo risulta ancora utile il lavoro di P. Treves, La politica aristotelica di Lodovico Settala, «Civilta moderna», II, 1930, 3, pp. 588-621; vedi pure di S, Rota Gummaui, Ricerche su Lodovico Settala. Biografia, bibliogra- fia, iconografia e documenti, Firenze, Sansoni, 1959. 2 Questa espressione viene pit volte ripetuta nello scritto dedicato alla Ragion di Stato contenuto nelle Considerazioni politiche e morali sopra cemto oracoli di illustri personagei antichi, Ve~ nezia, appresso Marco Ginammi, 1621 — 194 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO menti empirici, individuali, considerati indispensabili per la costruzione dei saperi politici finalizzati alla conservazione. Intanto, le tecniche prudenziali della Ratio Status operano nel senso di realizzare una serie di adattamenti conservativi che si configurano comun- que come accordi prowvisori nel confronto continuo tra comportamenti dei cittadini ed esigenze di governo; questi processi dinamici di adatta- menti debbono potere contare sulle buone tecniche di disciplina da parte della ragione di Stato e, insieme, sulle capacita di autogoverno e di edu- cazione degli individui (ivi, p. 72). La politica viene allora distinta dalle pratiche della ragion di Stato in quanto l’agire politico deve riguardare le reti complesse di comunicazio- ne reciproca tra i cittadini e tra i cittadini ed il re. Per parte sua, la ragion di Stato conferma pienamente l’autonomia del compito della prudenza poli- tica, che interviene nella costruzione del rapporto positivo di comando e obbedienza svolgendo innanzitutto la finalita di avvezzare destramente il popolo ad ubbidire a un solo: l'unita e la forza dell’autorita politica debbono essere rappresentate come naturale riferimento di tutte le dinamiche che provengono dalle parti sociali (ivi, p. 73). I dispositivi prudenziali cercano inoltre di «tenere occupato il popolo in negotii, o in trattamenti di giochi, o di feste, e il procurar sempre di sapere quello che dice, ¢ il mostrar d’esserne informato» (ivi, p. 312); an- cora, la pradenza politica procura di tenere impegnati con il lavoro i ne- ghittosi e i pigri, «laonde chi volontariamente non opera, debbesi con la forza costringere ad operare» (ivi, p. 113). Questa funzione disciplinante della Ratio Status viene giudicata da Zuccolo come attributo particolare della monarchia, del regno, che tende ad imporre con forte autorita la con- formita dei comportamenti dei sudditi alle leggi civili.” Oltre Ja simpatia per la republica, la adesione finale di Zuccolo va alla forma di governo del Regno: questo significa in realti laccoglimento e la esaltazione delle tecniche della prudenza politica, che pud contare comun- que sugli strumenti dell’esempio e della forza del re quali elementi decisivi di imposizione del comando; peraltro, il progetto politico di Zuccolo & quello di descrivere l'efficacia operativa della buona ragion di Stato, seguen- do quindi la indicazione aristotelica di combattere comunque la tirannide: «tyrannus enim, suam, rex subditorum utilitatem spectat (iti, p. 68). 2 «Pid pronto, et pid spedito nelle operationi sua hassi a stimare il Regno, che la Repu- blica, ma il fine della Republica dee bene di gran lunga preporsi a quello del Regno. Poiché nella Republica, massimamente in quella degli ottimati, si mira ad introdurre virtti eminenti, € Regie in tutti cittadini: ma nel regno non si attenda all’introdutione di virti eccellente, fuor- ché nel capo, contentandosi, che 1 membri n’habbiano quel tanto solo, che gli renda a bene ubbidire alle leggi, et all’esere presti al muoversi a un cenno del loro capo (ivi, p. 76). == 195 —— GIANFRANCO BORRELLI Nel contesto coerente della riflessione ¢ dell’ operativita della ragion di Stato, l'unica garanzia che Zuccolo richiede all’autorita politica del re si esprime nella richiesta di accordare il piano delle leggi naturali e morali con quello delle leggi civili tramandate dalla consuetudine; incontriamo peraltro anche [incerta argomentazione di un ampio potere di deroga che rimane comunque affidato al principe.” La produzione di Zuccolo é rappresentazione diretta delle tensioni in- terme alla tradizione tardo-rinascimentale dell’aristotelismo politico. La fe- licita di chi ubbidisce e di chi domanda rimane allora V’espressione che segnala una delle principali esigenze ed insieme una difficolta notevole del proget- to conservativo della ragion di Stato; la disciplinata e convinta adesione degli uomini all’opera di governo richiede il riconoscimento — da parte del autorita che detiene il potere — dell’autonomia di linguaggi e compor- tamenti differenti che provengono dai diversi contesti sociali e dalle nuove generazioni. Se non si realizzano queste forme di scambio comunicativo € pratico tra i gruppi umani, possono derivarne quello squilibrio e quello scontento, che i pravi governi pensano di potere affrontare solamente con quelle machine di sceleratezza, descritte gia da Aristotele e considerate po- sitivamente da Machiavello (ivi, p. 70). In definitiva, nell’opera di Zuccolo viene posta con forza la necesita di fare valere quel rapporto di unita-distinzione, argomentato da Aristotele e ribadito dall’autore attraverso il richiamo diretto all’aristotelismo, tra auto- nomia del percorso etico e procedure specifiche dell’agire politico; la con- seguente differenziazione tra politica e ragion di Stato ribadisce comunque la novita della costituzione dello strumento della ragion di Stato dimostra- tosi nei fatti indispensabile nelle pratiche di governo. 5. Oltre la ricostruzione analitica delle diverse posizioni, possiamo ora tentare di sintetizzare i punti di sostanziale modifica che questi autori pro- ducono nel corpo dell’aristotelismo politico. Risulta perd necessario offri- re, pure se in forma breve, elementi interpretativi pid consistenti circa la funzionalita complessiva attivata da queste diverse scritture allinterno del libro variegato e composito della ragion di Stato, qui considerato critica- mente come un vero e proprio autonomo modello di conservazione po- litica e sociale, composto da teorie e da pratiche definite di intervento. Intanto, analizzate nella efficacia della loro reciproca interrelazione, 28 «Quelle leggi, le quali di lor natura non sono guste, ma tornano in acconcio a i luoghi, a itempy, alla maniera del governo, pud il Prencipe osservarle e non oservirle egli stesso, Siccome le pud fare e disfare: ma pero torna meglio, che inviolabilmente, l'una e Paltre os- servi, quando desideri che i sudditi ubbidiscano loro volentieri» (ivi, p. 337). — 196 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO queste differenti scritture lasciano intravedere come la funzionalita com- plessiva di questo modo di intendere e di praticare la conservazione poli- tica e sociale proponga la piena circolarita di utilizzo e di applicazione dei codici diversi della prudenza politica: questo significa che — al fine della migliore produzione conservativa — il soggetto detentore del comando deve essere in grado di impiegare ciascuna delle modalita di intervento su esposte a seconda della situazione impegnata, in considerazione dun- que dei tempi, dei luoghi e dei conflitti che in modo specifico gli si pre- sentano, Circolarité significa dunque che ciascuna delle suddette modalitd operative della ragion di Stato implica necessariamente le altre; certamen- te, i] punto medio dei dispositivi conservativi — quello magistralmente de- scritto da Botero — costituisce il riferimento preferenziale: tuttavia rispetto ad esso sono da praticare avanzamenti o regressioni — nell’utilizzo delle tecniche nei tempi determinati suggeriti dai codici — a seconda delle esi- genze poste dalle condizioni particolari di intervento. Solo in questo mo- do si posono in definitiva operare quegli adattamenti dinamici — costituiti quindi da rallentamenti, sospensioni, imprevedibili accelerazioni, arresti improvvisi, etc. — che consentono di produrre senza sosta la conservazio- ne della situazione di potere esistente; a fronte del fallimento dei disposi- tivi, neutrali o illeciti, suggeriti dalla prudenza politica, il principe ricorrera all’uso explicito della forza.” Nel contesto degli adattamenti dinamici prodotti dalla prudenza politi- ca, queste diverse scritture sembrano suggerire che la forma piti impersonale acquisita dalle istituzioni politiche nella storia recente non pud prescindere dall’azione diretta di una soggettivita forte, detentrice del comando, che opera nel senso di razionalizzare per il meglio le tecniche € le stesse preroga- tive esercitate dal principe nella formazione delle decisioni; per questi aspetti, lintervento per ragion di Stato pud essere considerato come l’altra faccia del discorso bodiniano sulla sovranita politico-giuridica: precisamente quel ruo- lo significativamente complementare che lo stesso Bodin affida al soggetto sovrano «llorquando in situazioni determinate viene prevista la possibilita di derogare alle leggi dal sovrano stesso promulgate” A partire dal contributo centrale di Botero, queste diverse scritture pro- ducono uno scambio comunicativo, tendenzialmente pubblico, dove risul- 2° Riasumo in questa forma la tesi interpretativa da me sostenuta nel volume Region di Stato e Leviatano, cit. 8 Ricordiamo i noti brani bodiniani sulla definizione di sovranita: «puissance de donner et casser la loy [...], aussi comprise la declaration et correction d'icelle» ¢, ancora, «puissance ab- solué n’est autre chose que derogation aux loix civiles», in Les Six livres de la Republique, Paris, chez Jacquez du Puis, 1583, 1, 8, p. 397 e I, 10, p. 494. — 197 — GIANFRANCO BORRELLI tano decisive proprio forma e dimensione della produzione seriale a stampa di questi testi. Infatti, ¢ proprio la modalita comunicativa a mezzo di stampa che consente I'accumulo conoscitivo continuo delle diverse esperienze; di qui la possibilita di sviluppare un’opera di attenta verifica degli assunti teo- tici di partenza; infatti, la serie continua dei confronti tra la teoria ¢ le espe- mienze poste in opera agevolano, da una parte, la piti compiuta formalizza- zione della stessa teoria, e, dall’altra parte, l’ampliamento e la integrazione dei codici di intervento. Continuita ¢ ripetitivita di questa produzione della ragion di Stato — significativamente diversa dalle scritture a stampa cinque- centesche dedicate allillustrazione delle virti, degli specula del principe — riguardano testi che propongono numerose differenze, piccoli ma significa- tivi spostamenti, novitd quasi impercettibili; ne consegue la produzione di una codificazione a ventaglio di dispositivi tecnici che troviamo nei testi dei tanti autori appartenenti alla letteratura della ragion di Stato." Gli esiti finali del confronto e dell’interazione di queste scritture sono quelli di offtire un modello sperimentale con codici alla fine seriali riguar- danti l'impiego in certi tempi differenziati di tecniche politiche — dispositivi neutrali o anche di dissimulazione e di simulazione, di nascondimento e di inganno — da cui attinge il soggetto esercitato alla funzione di comando, In definitiva, sono proprio le caratteristiche originali di questo sperimentalismo tecnico-prudenziale — cosi viene in qualche luogo definito da De Mat- tei? — ad offrire il senso e la misura dei rapporti tra aristotelismo politico e ragion di Stato. Difatti, per un verso risulta vicino alle originali istanze della Politica aristotelica la tensione costruttiva tra teoria e pratiche di inter- vento, tra impegno finalizzato alla definizione scientifica del progetto poli- tico conservativo e, su di un piano distinto, la codificazione delle misure prudenziali poste in essere per la conservazione del potere di governo: su questo piano abbiamo pure visto il tipo di utilizzazione che questi scrittori fanno della logica e della retorica aristoteliche. Queste scritture riprendono anche le argomentazioni del naturalismo aristotelico relative alla cura medi- ca degli element ammalati e degenerati presenti nel govemno della cit’; ed ancora viene confermato, con adesione a quelle parti pit vive della filosofia pratica aristotelica, che tale risanamento deve essere perseguito accogliendo 3! Voglio ricordare innanzitutto due testi che si propongono come codificazioni di tecni- che prudenziali, di dasimulazione e di simulazione: Pterro ANDREA Canonizrt, Dell’introdie- zione alla Politica, alla Ragion di Stato et alla pratica del buon govemo, Anversa, presso loachimo ‘Trogensio, 1614, ¢ di Gasrirte Zinano, Della Ragione de gli Stati Libri XI!, Venezia, Gio. Gue- rigli, 1626. % Sullo sperimentalismo degli scrittori aristotelici — impegnati nella descrizione di teorie ¢ tecniche della ragion di Staio ~ insiste R. De Marra nello scritto citato, Propageini di platonisme ¢ trionfo dell’aristotelismo net pensiero politica italiano del Seicento, pp. 106, 108 ¢ 112. — 198 — ARISTOTELISMO POLITICO E RAGION DI STATO comungue Vistanza del mutamento, quindi del conservare ¢ del promuovere le istituzioni etiche e politiche con l’attenzione specificamente rivolta ai cambiamenti avvenuti nelle scienze ¢ nelle arti. Peraltro, queste istanze genuinamente aristoteliche vengono modifica- te nella sostanza, laddove l’intervento delle tecniche prudenziali mostra di assumere come dato di fatto ¢ irreversibile la separazione tra piano norma- tivo e pratiche politiche, tra il giusto ideale congetturato per le istituzioni etiche e le tecniche razionalizzatrici dell’attivica politica. La conservazione politica viene quindi progettata da questi autori attraverso la realizzazione di una corrispondente forma di separazione che tiene le istituzioni e l’agire della forma politica distanti dalle altre sfere delle attivita individuali e so- ciali; compito del soggetto del comando risulta allora quello di governare la separatezza dei tempi diversi provenienti dai processi di differenziazione delle istanze culturali, delle novita antropologiche sul piano dei linguaggi e dei comportamenti, proprie anche delle nuove generazioni di uomini e donne. In particolare, la prudenza politica svolge la funzione di tenere dinamicamente sotto controllo conflitti e contraddizioni indotte da iden- titi individuali e collettive diverse, da cui emergano istanze di modifica- zioni dell’organizzazione istituzionale dei poteri. Non a caso, abbiamo vi- sto come — in modo fortemente stridente con le coordinate della politica aristotelica — le tecniche operative della prudenza politica sono piuttosto interessate alla conservazione delle condizioni del dominio esistente pre- scindendo dalla forma particolare del governo in atto. L'importante nuovo risultato di queste scritture é allora quello di porre le basi per un nuovo modo di pensare e di agire la politica, che oltrepassa concretamente quel luogo di Aristotele riscritto ancora da Guicciardini nei Ricordi (II, 58): de futuris contingentibus non est determinata veritas; infatti, d’o- ra in poi si rende in tendenza possibile per l'azione politica conservativa una previsione ragionevole — ed una provisione, secondo T'espressione bo- teriana — dal momento che il soggetto detentore del comando pud con- tare su regolarita operative codificate e su possibilita multiformi di inter- vento; di qui un sicuro rapporto — ma insieme una sicura differenza — tra lo strumento prudenziale e¢ la pretesa della prognosi razionale introdot- ta dalle modeme teorie della sovranita politica. In conclusione, la letteratura politica della ragion di Stato modifica profondamente la tradizione dell’aristotelismo politico, offrendone una reinterpretazione che contribuisce ad argomentare positivamente l'utiliz~ zo di congegni che agiscono con finalita esplicitamente conservative all'in- terno dei processi della cosiddetta modernita politica; in effetti, la ragion di Stato procura che all’interno dei percorsi della moderna sovranita agisca il volto rinnoyato e diverso di Aristotele. eee OG

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