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AA VV - Dubos PDF
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Supplementa
Jean-Baptiste Du Bos
e lestetica dello spettatore
a cura di Luigi Russo
Aesthetica Preprint
Supplementa
la collana pubblicata dal Centro Internazionale Studi di Estetica ad integrazione del periodico Aesthetica Preprint . Viene inviata agli studiosi impegnati nelle problematiche estetiche, ai repertori bibliografici, alle maggiori biblioteche e istituzioni di cultura umanistica italiane e straniere.
Aesthetica Preprint
Supplementa
15
Dicembre 2005
Jean-Baptiste Du Bos
e lestetica dello spettatore
a cura di Luigi Russo
Il presente volume raccoglie i testi presentati e discussi nellomonimo Seminario promosso dal Centro Internazionale Studi di Estetica in collaborazione con lUniversit degli Studi di Palermo (Palermo, 21-22 ottobre 2005), in occasione della pubblicazione
delledizione italiana delle Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura di Jean-Baptiste
Du Bos e nella ricorrenza del venticinquesimo anniversario di fondazione dellIstituto.
Il presente volume viene pubblicato col contributo del MURST (fondi di ricerca scientifica PRIN 2003, coordinatore scientifico prof. Luigi Russo) Universit degli Studi di Palermo, Dipartimento di Filosofia, Storia e Critica dei Saperi (FIERI), Sezione di Estetica.
Indice
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significativo, e per certi versi inquietante, che nel medesimo anno due eventi editoriali riaprano un problema che sembrava chiuso
allinterno di una cerchia specialistica, attribuendogli significati, in modo diretto o implicito, che senza dubbio escono dai confini storici della questione. Si allude, in primo luogo, alla traduzione italiana delle
Riflessioni di Du Bos: opera talmente immensa, di non facile reperibilit neppure in lingua originale, e mai davvero sottoposta a una edizione pur essendo stata, nel Settecento, tra i lavori di teoria dellarte pi letti, tradotti e apprezzati. Opera, si aggiunge, mai davvero dimenticata anche quando i dibattiti in essa contenuti avevano perso,
tra Ottocento e Novecento, la loro stringente attualit. Il fatto che ora
questo monumentale lavoro sia tradotto, pur essendo il segno di numerosi eroismi individuali e imprenditoriali, non un elemento casuale (esattamente, per rimanere allinterno del programma scientifico
di Aesthetica Edizioni, non lo era stato la traduzione degli atti di Nicea II), e indica piuttosto la necessit di rispondere (almeno) a un duplice interrogativo, che si riferisce senzaltro alla nascita problematica
dellestetica moderna, di cui le Riflessioni dubosiane sono una vera e
propria enciclopedia, che potrebbe venire esplorata per anni senza
esaurirne la ricchezza, ma che conduce anche sul tema della Querelle. Forse questo tema non soltanto un orizzonte poetico o retorico,
una questione marginale di una corte assai battagliera (quella di Luigi XIV) e di un successivo periodo di Reggenza in cui le lotte di potere
si mascheravano in infiniti modi diversi, bens qualcosa che parla al
di fuori dellepoca storica in cui nata, e che parla perch si riferisce
al destino della nostra stessa identit (che sempre un problema di
sensibilit e sentimento, prima ancora che di ragione: dunque un
problema che non ha con lestetica un incontro occasionale, ma costitutivo della nostra stessa esteticit).
Ci si riferisce, allora, al secondo evento, cio la traduzione (arricchita di nuovi scritti, il che la rende, anche in questo caso, qualcosa di
nuovo) del testo di Marc Fumaroli Le api e i ragni. La disputa degli
Antichi e dei Moderni (Adelphi 2005): lavoro straordinario di storia
delle idee, indiscutibile nelle sue metodologie di ricerca e nella lucidit
7
nato, Perrault e Boileau si resero conto che lassolutizzazione del conflitto giovava soltanto a chi sapeva trarre da esso posizioni nuove, totalmente estranee ai giochi di corte. Queste posizioni nuove escono
dalla Querelle, le sono senza dubbio debitrici, ma non sono riducibili
ad essa, alle sue estremizzazioni e ai suoi contesti politici e letterari.
significativo, allora, che tali vincitori (nellambito della storia
del pensiero, che lunico che qui conta) sono, sul piano tecnico,
sia di un partito sia dellaltro. In primo luogo, sin dal 1677 Bernard Le
Bovier de Fontenelle scrive una Digression sur les Anciens et les Modernes dove imposta il problema in modo ben diverso dallamico Moderno Perrault e dallavversario Boileau. Egli infatti sostiene che la
natura ha plasmato uguali gli ingegni degli antichi e dei moderni e che
dunque impossibile distinguere il moderno e il classico in base a riferimenti alla natura. Le differenze sono quindi di carattere culturale
e storico. Ecco, allora, la prima definizione compiuta della modernit
del classico: se si considera larte sul piano della complessit storica
evidente che anche per le arti possibile parlare di progresso, e di
differenze con il classico. Ma se si guarda invece al lato soggettivo delle arti, alla loro capacit di suscitare sentimenti naturali, ovvio che
caratteristica del classico, in ogni epoca, manifestare un senso di continuit, che non bastano nuove regole ad abbattere o mettere in discussione. Il classico segna cos la continuit della capacit artisticoprogettuale da parte delluomo. su queste basi fontenelliane che si
muover gran parte del Settecento, e non solo in Francia (e anche lo
stesso Du Bos): loggettivit del bello e dellarte ha bisogno di leggi
progressive (cio moderne) che per siano in grado di suscitare sentimenti formali, cio storicamente connessi alla percezione della classicit. O ancora: il gusto in quanto capacit di giudicare il bello pu
progredire e rivestirsi di contenuti moderni, ma la sua base pur sempre una sorta di regolistica naturalit dellarte, offerta dalla classicit.
Fontenelle, che fu segretario dellAccademia delle Scienze dal 1697
al 1740, e divulgatore di molte teorie scientifica di attualit filosofica,
ritiene infatti che la poesia nasca per fissare nella memoria le leggi profonde delle cose, e abbia dunque una ben precisa funzione epistemologica. Inoltre, nei Dialoghi dei morti (che riprendono nel titolo, e non
per caso, il classico Luciano) Fontenelle dimostra, rifiutando ogni
ideologia scientista o umanistica, che Montaigne e Socrate possono e
debbono dialogare: e dialogano perch entrambi conoscono gli strumenti di unarte del pensiero che il vero patrimonio dellumanit, al
di l delle dispute e delle astratte categorizzazioni. In questo dialogo,
pur esaltando il processo scientifico, si consapevoli, con un motivo
che tipico degli antichi, e che si ritrover in Du Bos, che la natura
umana sempre uguale e anche se ci sono secoli rozzi e secoli raffinati, non ci sono secoli pi virtuosi e secoli pi malvagi 7. Secondo
11
forse proprio perch Du Bos scrive unestetica che affronta il problema essenziale del giudizio, ovvero del rapporto tra sensibilit e critica. Il classico, come si sa, non qui connesso alla dimensione astratta
della regola, bens si definisce, in primo luogo, grazie a una sorta di
sensualismo empirista: le opere degli antichi sono superiori a quelle dei
moderni in virt del piacere metastorico che suscitano, cio perch
anche oggi generano sentimenti, dimostrando in questo modo che non
esiste progresso nella determinazione dei valori spirituali e, di conseguenza, che la durata di alcune regole naturale e fondata sul loro
valore estetico-espressivo. Ma, di contro a queste posizioni antiche,
come in Fontenelle, vi in Du Bos una prospettiva del tutto diversa:
il classico pu diventare moderno perch egli individua la sua autentica modernit non in nuove regole che devono soppiantare le vecchie, ma nelle costanti estetico-sensibili-sentimentali che accompagnano
lautentica classicit. Classicit che non dunque mera applicazione di
un apparato regolistico statico, ma la manifestazione della capacit dellarte di suscitare emozioni attraverso regole. Con ci si individua per
larte un ben preciso orizzonte conoscitivo, che coincide con quello
della qualit: ed stato questo ordine di conoscenza che i moderni,
con leccezione di Fontenelle, non sono stati in grado di afferrare, tanto meno di trasferire al mondo delle cosiddette belle arti. La modernit del classico non si pone quindi nel cogliere il progresso delle
arti, bens nel comprendere che larte sempre attuale (cio, propriamente, sempre moderna) se, e solo se, sa afferrare quella stessa
emozionalit che caratterizza larte antica, se sa cio trovare una via di
mezzo, una mediazione tra regola ed emozione, tra ragione e passione.
Larte tanto pi moderna e attuale quanto pi classica, cio
quanto pi in grado di instaurare un rapporto, empatico e intellettuale, tra lopera e il suo fruitore. In questo senso, pur appartenendo
senza dubbio Du Bos a un Settecento che ancora non conosce i Lumi,
e pur essendo figlio degli Antichi, le sue parole aprono la strada a una
visione critica dellarte, priva cio di mitizzazioni astratte e di pregiudizi. Aprono la strada a Burke ben pi di Boileau e, soprattutto, per
quel che scrive sulle arti figurative, alle passeggiate dei Salons di
Diderot e a una nuova disputa sul moderno e il classico che soppianta,
e per valore teorico fa scordare, quella secentesca.
Du Bos, anche attraverso la mediazione di Diderot, insegna infatti a Winckelmann e Lessing che larte classica non un modello statico, bens unimmagine originaria, un Urbild: ma non per questo vi
alcuna utopica nostalgia, bens soltanto la convinzione che, anche nella
modernit, larte deve mirare a unespressivit serena, educatrice,
capace di controllare il mondo del disordine e della passione non annullandoli, bens esaltando la sensibilit corporea allinterno di unessenziale idea di forma. Ma perch ci accadesse, perch lidea del clas13
sico continuasse a vivere nella modernit, era necessario mettere definitivamente da parte il modello classicistico. Crisi paradigmatica che
prende avvio dalla Querelle, ma che sono un Antico e un Moderno
insieme Du Bos e Fontenelle a lasciare in eredit al neoclassicismo
tedesco, e a Lessing in prima istanza. Perch, in lui, la critica dubosiana allut pictura poesis oraziano, caposaldo del classicismo secentesco,
precisa consapevolezza, non pi mediata da strumenti che provengono dalla pur nobile tradizione della retorica, che il classico pu nella
modernit imporsi soltanto attraverso la consapevolezza della differenza tra le arti, differenze espressive che vengono determinate in base al
loro diverso rapporto estetico-sensibile con lo spazio e il tempo. Classica dunque quellarte che sa usare in una direzione espressiva le
possibilit estetico-sensibili che la sua materia le offre.
Du Bos si era fermato un passo prima: ma un passo che disegna
scenari ignoti alla Querelle, cio sottolineando che le differenze tra le
arti non sono riducibili allantico e al moderno, bens ai segni che le
caratterizzano e alle emozioni che suscitano.
Avere sottolineato questa espressione segnala che il nucleo del pensiero di Du Bos, quel che eredita e che lascia in eredit, proprio un
dialogo tra antichi e moderni che vede nelle regole semiotiche e nella loro capacit di generare sentimenti artificiali il nucleo di unestetica ignota ai morti antichi e moderni, e che tuttavia pu essere resa
vivente facendoli dialogare. Si riconosce come mal posta la domanda
se sia pi importante il contenuto espressivo o la regola formale, il
sentimento o la ragione e limitazione viene interpretata come una
motivazione che si stabilisce fra le due facce del segno, significante e
significato. A questo modo la problematica estetica sinscrive esplicitamente nel quadro di una semiotica 13. Quando Du Bos elabora la
propria teoria della differenza tra i segni artificiali della poesia e i segni naturali della pittura, inaugurando una prospettiva che Lessing,
con ben altra consapevolezza simbolica, porta sino alla contemporaneit, che solo in quanto cos posta pu essere dalla contemporaneit
scardinata, le sue fonti sono infatti, al tempo stesso, antiche e moderne: Platone, Agostino, Port Royal, Pascal, Arnauld e Nicole sono
tutti quanti presenti in un contesto nuovo.
E ci accade ed il secondo punto essenziale perch questi
segni devono essere giudicati. Fontenelle e Du Bos, che non sono cortigiani, aprono il problema della critica, che poi lautentico risultato
della Querelle tramandato ai Lumi. Ma Lumi che non sono un blocco che avanza inesorabile in un sola direzione, bens un crogiolo di
idee che hanno amplificato, esteso, drammatizzato con ogni sorta di
nuovi sviluppi e di intersezioni impreviste, e su scala europea le due
dispute che la costellazione delle Accademie reali sotto Luigi XIV era
riuscita a contenere entro i limiti dello Stato colto 14. Vi sono, di con14
nella sezione 26: alla fin fine i giudizi del pubblico prevalgono sui giudizi della gente del mestiere. E, con spirito lockiano, afferma che
lesperienza stessa a insegnare che sono frequenti gli errori della gente
del mestiere, dal momento che i loro giudizi sono spesso annullati da
quelli del pubblico. Il giudizio dunque estetico-sentimentale, senza
dubbio intersoggettivo, ma non derivante per questo dalla discussione, cio da ragionamenti particolari e specialistici. Infine, soprattutto, muta il soggetto di tale giudizio, che non il critico, bens il pubblico, ovvero una nozione che, pur da definire e circoscrivere, , rispetto ai protagonisti della Querelle, ben pi delineata. Boileau, qui citato da Du Bos, partigiano come era del carattere storico e memorativo
delle arti, sulle quali fondava il loro valore, e il valore stesso di unarte
che celebrasse il presente come punto di arrivo di una tradizione, non
poteva ignorare il gusto generale del pubblico. Ma tale gusto era
necessariamente sottoposto a una serie di mediazioni che ne inficiavano, ben al di l delle apparenze, la forza impositiva. Senza dimenticare che il pubblico in s era un concetto astratto, dal momento che
il valore dellarte era sancito a Versailles, e non sulle piazze di Francia:
se, dunque, valeva lopzione sentimentale, lunica a garantire la continuit tra il passato e il presente, laspetto intersoggettivo di tale sentimento giudicante era qualcosa che la generazione della Querelle poteva vedere solo confusamente o tramite esempi esclusivamente letterari, in quanto, come noto, il valore pubblico di unopera pu essere
stabilito solo l dove vi libert di giudizio, senza un principe o dei
cortigiani che frenino il libero arbitrio.
Il problema, in realt banale, relativo alla storicit della percezione non qui in gioco: che vi sia in essa una componente storica ,
appunto, unovviet. La percezione in velocit o dallaltro ha mutato
alcuni suoi aspetti, come peraltro anche linvenzione delle lenti o luso
di allucinogeni. Ma la questione unaltra: muta lessenza della percezione dellarte, cio la relazione empatica che pu instaurarsi tra
unopera e il suo pubblico fondata su atti di apprensione sensibile? La
risposta di Du Bos fenomenologicamente corretta: non solo non muta, ma anche la prova della continuit emotiva che larte in grado
di suscitare tra il passato e il presente, dimostrando il valore delle opere antiche e, al tempo stesso, la capacit giudicante del pubblico. Pubblico che, pur non essendo la Francia lInghilterra di Addison e del
suo Spectator, non soltanto un antico soggetto retorico. Anche se
vi sono retaggi delluditorio proprio alla tradizione della retorica 15,
retaggi che vogliono contrapporre alla discussione ragionante dei cartesiani largomentazione emotiva ed empatica, con tutti i suoi ben stratificati pregiudizi, il pubblico di Du Bos una concreta realt estetica, sia sul piano sociale sia su quello teorico, nel senso che il sigillo
dellunificazione di individui che non sono pi tenuti legati da una
16
1 M. Fumaroli, Le api e i ragni. La disputa degli Antichi e dei Moderni, Milano, Adelphi,
2005, p. 14.
2
Ivi, p. 130.
3 Ivi, p. 131.
4 Ivi, p. 132.
5
Ivi, p. 158.
6 N. Boileau, uvres completes, a cura di A. Adam e F. Escal, Paris, Gallimard, 1966,
pp. 348-49.
7
G. Preti, Retorica e logica, Torino, Einaudi, 1971, p. 136
8 B. Fontenelle, Dialogues des Morts anciens avec des modernes, in uvres, vol. III, Paris, 1825, p. 425
9
M. Fumaroli, cit., p. 188.
10 Ibidem.
11 Si veda Il Gusto. Storia di unidea estetica, a cura di L. Russo, Palermo, Aesthetica,
2000.
12 M. Fumaroli, cit., p. 203.
13 T. Todorov, Teorie del simbolo, a cura di C. De Vecchi, Milano, Garzanti, 1984, p.
181.
14 M. Fumaroli, cit., p. 206.
15 Nella mia Introduzione alle Riflessioni ho osservato che la struttura del percorso dubosiano ricorda le classiche finalit del sistema retorico nel momento in cui diviene prassi
pubblica, confrontandosi con lidea di uditorio universale: movere (commuovere), delectare
(piacere), docere (insegnare), quindi trasferire lethos e il pathos sul piano di un giudizio condivisibile.
16 A. Becq, Gense de lesthtique franaise moderne, Paris, Michel, 1994, p. 257.
17 Su cui si veda il gi citato volume di G. Preti, Retorica e logica.
18
M. Fumaroli, cit., p. 259.
19 Ivi, p. 13.
20
teratura latina. Nata infatti con i caratteri della derivazione e dellapprendistato, la letteratura latina aveva sbito riconosciuto il prestigio
della letteratura greca e ne aveva derivato modelli degni di essere appresi e ritentati nella lingua di Roma 19. Lungi dal cancellare lidentit nazionale, il culto degli exemplaria grca concepiva la pratica della
mimsi nella specie di quel fecondo agonismo culturale per cui gli imitatori si proponevano non gi come epigoni ma come emuli degli imitati e tentavano di riadattarne la lezione al gusto e alle attese della societ romana. Secondo Quintiliano, anche gli scrittori che non miravano alle vette avrebbero dovuto confrontarsi con i grandi modelli: non
gi per ricalcarli pedissequamente, ma per ingaggiare con loro un cimento tale da meritare la laus di avere superato i predecessori e di
avere insegnato ai successori (Quintil. 10.2.9, 10.2.28): [...] anche coloro che non aspirano al primato devono gareggiare piuttosto che seguire passo passo. [...] Giacch torner a gloria di questi scrittori anche il fatto che di loro si dir: hanno superato i predecessori, hanno
insegnato ai successori.
Ma gi prima di diventare, grazie a Quintiliano, un precetto scolastico, laspirazione a unmulatio creativa aveva caratterizzato il classicismo augusteo e aveva trovato i suoi pi efficaci propugnatori in
due autori cari a Du Bos: Orazio e soprattutto Longino. E appunto
secondo lAutore del trattato Sul sublime, lo scrittore proteso alla grandezza avrebbe dovuto porsi in un cimento agonistico con la tradizione e avrebbe dovuto attendere alla propria opera come se essa fosse
stata destinata al giudizio dei grandi del passato: di qui la necessit di
assimilare compiutamente la lezione degli spiriti magni della letteratura
e la conseguente opportunit di concepire la scrittura come una continua evocazione delle loro ombre sublimi 20.
Nellultimo scorcio del secolo XVII, la lezione di Longino era stata
ampiamente divulgata da Boileau, attraverso la sua classicistica traduzione del Per hypsous. E tuttavia Boileau non si era mai posto il problema di una competizione con i modelli: Die Frage einer berbietung der Alten stellt sich fr Boileau eigentlich nirgends auch nicht
im Art potique, der durchweg Regeln angibt, wie sich ein Autor in
franzsischen 17. Jhdt. durchsetzen kann. Die Alten sind dabei nur ein
Orientierungspunkt neben nature und raison 21. Lo spirito con cui
invece Du Bos guardava agli antichi era proprio quello di unemulazione che, senza irrigidirsi nelle forme di un classicismo raggelante, sapesse, come abbiamo visto, instaurare un confronto utile a formulare un
principio estetico applicabile alla moderna esperienza della poesia, della
pittura e della musica. Tale era il principio della persuasion passionnelle
ovvero degli effetti emotivi dellarte, che Du Bos ricavava dallantica
dottrina dei pathe, delle passioni, cos come essa era stata enunciata da
Quintiliano e dalla manualistica prequintilianea: La confusion,
24
Melantone ne raccomanda lo studio. Alla scuola di Quintiliano lEuropa moderna ha imparato a pensare e a parlare autonomamente 26.
Spesso Quintiliano cerca di dare un contributo personale allapprofondimento delle formule tradizionali. Tale , per esempio, la trattazione della nozione ethos, condotta in opposizione alla nozione di pathos.
Lethos il contrassegno di quella umanit affabile e dignitosa che
rende credibile loratore anche quando descrive personaggi moralmente equivoci: saddicono quindi allethos le situazioni della commedia
psicologica e il registro stilistico medio. Il pathos ovvero ladfectus esige
invece le passioni forti e lo stile sublime convenienti alla tragedia.
Quintiliano illustra luso letterario del pathos-adfectus con esemp tratti
dallEneide, dimostrando quale importanza avesse nel frattempo assunto la poesia (e in ispecie la poesia vergiliana) nellinsegnamento della
retorica. Virgilio, in particolare, lodato per la capacit di suscitare
emozioni attraverso lenrgeia, la tecnica della visualizzazione mentale
(Quintil. 6.2.29-33):
Riuscir efficacissimo nel destare le emozioni chi sapr ben concepire quelle che
i Greci chiamano phantasai (noi possiamo pure definirle visiones): per esse le immagini delle cose assenti vengono rappresentate alla nostra mente in modo tale che ci
sembra di vederle con i nostri occhi e di averle davanti a noi. [...] Saggiunga lenrgeia che Cicerone chiama inlustratio o evidentia. Pi che dire le cose, lenrgeia sembra mostrarcele: s che ne restiamo commossi come se prendessimo parte ai fatti.
Non sono forse frutto di visiones quelle espressioni vergiliane: la spola le cade dalle
mani e il gomitolo si sdipana, aprirsi la ferita nel petto delicato e il cavallo con
le insegne deposte al funerale di Pallante? E questo stesso poeta non ha forse colto
dentro di s limmagine dellestremo fato per poter dire: e morendo la dolce Argo
ricorda 27.
26
Ma il precetto aristotelico della flagranza icastica dello stile ricompare, attraverso la mediazione stoica, anche in Longino, in uno dei
luoghi che pi si sono prestati ai fraintendimenti romantici del Per
hypsous (15.1):
Molto efficaci, mio giovane amico, per produrre gravit, grandezza espressiva e
forza di dibattito sono anche quelle che noi chiamiamo fantasie e che alcuni invece
29
chiamano idolope. Infatti si definisce comunemente fantasia ogni pensiero che, comunque si presenti alla mente, genera un discorso: ma il termine s imposto anche
per quei discorsi nei quali le cose che tu dici nellentusiasmo e nella passione sembri proprio vederle e le metti sotto gli occhi degli ascoltatori.
Ovviamente, qui la phantasa non limmaginazione creativa modernamente intesa. Bench Longino insista sullemozione dellautore
piuttosto che su quella del lettore, la phantasa di cui egli parla non
tanto la facolt rappresentativa quanto loggetto rappresentato, come
risulta anche dal confronto con il luogo quintilianeo che conosciamo.
Ai fini delleffetto sublime, Longino stringe la phantasa allentusiasmo
e alla passione e distingue poi lkplexis, effetto della fantasia poetica,
dallenrgeia, effetto della fantasia prosastica. Una distinzione di cui
sembra ricordarsi anche il nostro Du Bos quando, allinizio della seconda parte delle Rflexions, scrive: Il sublime della poesia consiste
nellemozionare e nel piacere, quello delleloquenza nel persuadere 39.
5. Lo studio delle fonti antiche di Du Bos potrebbe ancora toccare
molti temi. Si potrebbero, per esempio, rilevare le ascendenze aristoteliche dellopportunit di conciliare il verosimile con il meraviglioso 40. Si potrebbe indagare quanto lidea che il semplice manovale, ancorch tecnicamente abilissimo, riesca sempre e comunque inferiore al
grande artista debba al motivo oraziano e longiniano per cui la perfezione senza grandezza non mai preferibile alla grandezza con qualche imperfezione 41. Si potrebbe sottolineare laccordatura longiniana
del criterio dellammirazione universale come garanzia della qualit di
unopera darte 42.
Lo spazio a nostra disposizione non ci permette di approfondire n
queste n altre, pur importanti, analogie. Avere rintracciato la presenza
della poetica e della retorica classiche nella rivalutazione dubosiana
dellemozione dovrebbe comunque aiutarci a comprendere quale contributo Rflexions abbiano portato alla riscoperta degli antecedenti
antichi del pensiero moderno.
1
G. Morpurgo-Tagliabue, Demetrio: dello stile, Roma 1980, p. 180. Per la nozione di
deintes: Demetrio, Lo Stile, a cura di G. Lombardo, Palermo 1999, passim.
2 J. B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, a cura di M. Mazzocut-Mis
e P. Vincenzi, trad. it di M. Bellini e P. Vincenzi, prefazione di E. Franzini, cura delle fonti antiche di M. Gioseffi, consulenza musicale di C. Serra, uniformazione editoriale di F. Orabona, Palermo 2005, p. 37.
3
Ibid.
4 Lucr. 2.1-13. Du Bos cita solo i vv.1-2 e i vv.5-6. Vedi: J. B. Du Bos, Riflessioni etc.
cit. (qui supra nota 2), I.2, pp. 40-41. Per la metafora del naufragio con spettatore: H. Blumenberg, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dellesistenza, trad. it. di Fr. Rigotti e B. Argenton, introd. di R. Bodei, Bologna 1985 [ed. or.: Frankfurt 1979].
5 G. Morpurgo-Tagliabue, Il concetto di gusto nellInghilterra del Settecento, in Id., Il
30
gusto nellestetica del Settecento, (Aesthetica Preprint, Suppl. 11), Palermo 2002, pp. 129209; per la frase cit. p. 159.
6 Cos B. Saint Girons, Esthtiques du XVIIIe sicle. Le modle franais, Paris 1990, p. 22.
7 Ibid. Ma vedasi anche: A. Lombard, LAbb Du Bos: un initiateur de la pense moderne
(1670-1742), Paris 1913, p. 206.
8 E. Franzini, Jean Baptiste Du Bos e la genesi dellestetica moderna, in: J. B. Du Bos,
Riflessioni etc. cit. (qui supra nota 2), pp. 11-30; la cit. a p. 27.
9
Ibid.
10 Ivi, p. 23.
11 M. Fumaroli, Le Api e i Ragni. La disputa degli Antichi e dei Moderni, trad. it. di Gr.
Cillario e M. Scotti, Milano 2005 [ed. or.: Paris 2001], p. 204.
12 Ibid. Al riguardo leggasi anche E. Fubini, Empirismo e classicismo. Saggio sul Dubos,
Torino 1965, p. 126: Il Dubos difende gli antichi capovolgendo i presupposti teorici, mal
fondati, dei tradizionali sostenitori dei classici, difende gli antichi con armi moderne e proprio in questa difesa gli si offre loccasione di mostrare la validit e la praticit della sua estetica (corsivo di Fubini).
13
Sullo stretto rapporto tra la retorica e la critica letteraria nellantichit classica: C. J.
Classen, Rhetoric and Literary Criticism: their Nature and their Function in Antiquity, Mnemosyne, 5, 1995, pp. 513-35.
14
B. Munteano, LAbb Du Bos esthticien de la persuasion passionnelle, Revue de Littrature Compare, 3, 1956, p. 318-40 (la cit. a p. 324). Ma vedasi anche, dello stesso B.
Munteano, Les prmisses rhtoriques du systme de lAbb Du Bos, Rivista di Letterature Moderne e Comparate, gennaio-marzo 1957.
15 Cos E. Fubini, Empirismo e classicismo, cit. (qui supra, nota 12), p. 148.
16 B. Munteano, LAbb Du Bos etc., cit. (qui supra, nota 14), p. 324.
17
Ivi, p. 325.
18 M. Fumaroli, Le Api e i Ragni, cit. (supra nota 11), p. 203.
19 Al riguardo: M. von Albrecht, Storia della letteratura latina. Da Livio Andronico a
Boezio, trad. it. di A. Setaioli, Torino 1995-1996, vol. I, pp. 14-15.
20 Vedasi Auct. de sublim. 14.1-3. Per un commento a questo passo: Ps. Longino, Il Sublime, a cura di G. Lombardo, Palermo 19922, p. 43 e pp. 45-46. Pi in generale, sullantica poetica dellmulatio: G. Lombardo, Unantica metafora dellintertestualit: la Pietra di
Eraclea (Plato, Ion 533d-e; 535e-536b), Helikon, 31-32, 1991-1992, pp. 201-43.
21 K. Maurer, Boileaus bersetzung der Schrift Peri hypsous als Text des franzsischen 17.
Jahrhunderts, in: H. Flashar, (d.), Le Classicisme Rome aux Iers sicles avant et aprs J.C.
(Fond. Hardt, Entr. sur lAntiquit Classique, 25), Vandoeuvres-Genve 1979, pp. 213-57
(Discussion: pp. 258-61); la nostra cit. a p. 261.
22
B. Munteano, LAbb Du Bos etc., cit. (qui supra, nota 14), p. 327 (c.vo dellA.).
23 Sullorigine questo appellativo: A. Lombard, LAbb Du Bos etc., cit. (supra nota 7), p.
190.
24
Vedi qui supra nota 18.
25 Per il silver-gilt style di Quintiliano vedasi: Quintilian, Training of an Orator, trans. by
H. E. Butler, Cambridge- London, 1921-1922, p. IX; G. M. A. Grube, The Greek and Roman
Critics, London 1965, p. 287.
26 M. von Albrecht, Storia della lett. lat., cit. (supra, p. 11, nota 33), vol. II, pp. 1261-62.
27 Per i riferimenti vergiliani del passo: Verg. Aen. 9.476, 11.40, 11.89, 10.782.
28
Al riguardo: R. W. Lee, Ut pictura poesis. La teoria umanistica della pittura, trad. it. di
C. Blasi Foglietti, Firenze 1974 [ed. or.: New York 1967]; J. H. Hagstrum, The Sister Arts.
The Tradition of Literary Pictorialism and English Poetry from Dryden to Gray, Chicago and
London 1958, pp. 57-92.
29 R. W. Lee, Ut pictura poesis, test cit., p. 8.
30 Ripeto qui unosservazione di C. O. Brink, Horace On Poetry. The Ars Poetica, Cambridge 1971, pp. 368-72.
31 J. H. Hagstrum, The Sister Arts, cit. (qui supra nota 28), p. 9.
32 A. Lombard, LAbb Du Bos etc., cit. (supra nota 7), p. 211.
33
R. W. Lee, Ut pictura poesis, cit. (supra nota 28), p. 100.
34 Fnelon, Dialogues sur lloquence, in Id., uvres, d. par J. Lebrun, Paris 1983, II, p.
689.
35
Losservazione di A. Michel, La parole et la beaut. Rhtorique et esthtique dans la
31
tradition occidentale, Paris 19942, p. 292: il faut toucher et, pour toucher, il faut peindre.
36
J. B. Du Bos, Riflessioni etc. cit. (qui supra nota 2), II.1, pp. 195-96.
37 Cos appunto si legge nel passo poco sopra riportato: J. B. Du Bos, Riflessioni etc. cit.
(qui supra nota 2), II.1, p. 195.
38
Per tutta questa problematica, vedasi il cap. aristotelico di G. Lombardo, Lestetica
antica, Bologna 2002, pp. 85-133.
39 J. B. Du Bos, Riflessioni etc. cit. (qui supra nota 2), II.1, p. 195.
40
J. B. Du Bos, Riflessioni etc. cit. (qui supra nota 2), I.28, pp. 111-13: per cui cfr. Aristot. Poet. 24.9, 1459a 30, 24.7, 1460a 15, 25.14, 1561b 10.
41 J. B. Du Bos, Riflessioni etc. cit. (qui supra nota 2), II.1, pp. 195-96: per cui cfr. Hor.
ad Pis. 347-65, Auct. de sublim. 33.2, 34.1-4. Ma vedi anche Sen. ep. 114.12: nullum sine
venia placuit ingenium.
42 J. B. Du Bos, Riflessioni etc. cit. (qui supra nota 2), II.38; p. 66; per cui si legga Auct.
de sublim. 7.4.
32
Ora, va detto che la composizione si distingue per Du Bos in composizione poetica e composizione pittorica. unarticolazione innovativa, nella quale Rennselaer Lee vede addirittura la dissoluzione delleredit umanistica e linizio delle idee estetiche moderne.
Ebbene, in fatto di composizione pittorica (vale a dire di effetto di
armonia generale nellinvenzione e nella disposizione degli elementi
del quadro) si deve riconoscere che a giudicare dai bassorilievi e
dalle pitture rimaste gli antichi non sembrano affatto superiori a Raffaello, Rubens e altri grandi moderni (per non parlare della scarsa conoscenza della prospettiva).
Diverso il discorso sulla composizione poetica, vale a dire sulla
composizione funzionale allespressione drammatica. Sono troppe e
troppo circostanziate le testimonianze degli scrittori antichi per dubitare che i pittori antichi fossero perfettamente capaci di rendere con
tratti e colori i moti dellanimo. Si va da Aristide di Tebe, che nel raffigurare, allinterno di una scena di assedio, una madre ferita a morte
mentre allattava il figlioletto, seppe esprimere lo sgomento per la propria sorte e insieme lamorevole apprensione per il destino della sua
creatura; a Timomaco, che fu capace di rendere la battaglia di contrastanti sentimenti nel cuore di Medea che si appressa ai figli per ucciderli; a Zeusi, che nella Famiglia di Centauri lasci trasparire la natura
mista insieme umana e ferina delle passioni di quelle ibride creature, e via di questo passo.
Per quanto riguarda lespressione, poi, Du Bos ripropone il postulato dellesordio: non pensabile che i pittori fossero da meno di quegli scultori che avevano concepito Laocoonte e i suoi figli, lArrotino, il
Gladiatore morente, Papirio e sua madre 2.
Infine il problema del colorito. Problema per la cui soluzione non
basta certo, secondo Du Bos, lesame delle Nozze Aldobrandini (la pittura
antica pi celebrata allepoca della stesura delle Rflexions) e dei pochi
altri frustuli, tutti peraltro di et romana. Tutto quello che si pu dire
che il fatto di non conoscere la pittura a olio non precludeva a priori agli
antichi la possibilit di essere buoni coloristi. Invece quello che dicono
gli scrittori antichi sulla padronanza del chiaroscuro porta a ritenere che
i pittori antichi eguagliassero in questo i pi grandi pittori moderni.
La conclusione di Du Bos che gli antichi vanno considerati pari
ai migliori moderni per quanto riguarda la composizione poetica,
lespressione, il chiaroscuro, oltre che, naturalmente, per il disegno.
Sul colorito non possibile pronunciarsi, mentre per quanto riguarda
la composizione pittorica essi appaiono, sempre per quanto se ne pu
giudicare, inferiori ai moderni. Una sorta di compromesso, insomma,
tra le opposte fazioni della Querelle, per la quale Du Bos non ha peraltro un eccessivo interesse.
Non si pu non osservare che la posizione su cui egli finisce per
34
ombra, perch la poesia pone le sue cose nella immaginazione di lettere, e la pittura le d realmente fuori dellocchio [...] non altrimenti
che selle fossero naturali ; e mentre le opere dei poeti spesse sono
le volte che non le sono intese [...] lopera del pittore immediate
compresa da suoi risguardatori.
La pittura ha anche un altro vantaggio rispetto alla poesia: il pittore pu dire tutte insieme le cose che il poeta deve esporre una dopo
laltra, col rischio di annoiare. Per esempio, il pittore pu efficacemente rendere una folla partecipe di unazione, mentre in poesia una folla di personaggi non essenziali allazione fredda alleccesso.
Eppure, nonostante la maggiore forza comunicativa, la arti visive hanno per Du Bos come lavranno poi notoriamente per Lessing un
limite oggettivo rispetto alle arti della parola: non possono rappresentare
la durata delle azioni, lo svolgimento di queste nel tempo. Il pittore o lo
scultore costretto a immobilizzare la porzione della realt che ci vuol
mostrare in un istante (quello che Lessing chiamer pregnante, o fecondo). E dato che pu rappresentare una sola volta i suoi personaggi, anche
per quanto riguarda i sentimenti ne pu esprimere uno alla volta. A lui
negato quello che Du Bos chiama il sublime de rapport, cio leffetto
che deriva dal contrasto drammatico con quanto precede il momento
culminante, o dalla preparazione di questultimo attraverso un climax.
Questo handicap della pittura si manifesta esemplarmente per Du
Bos in un quadro di Poussin, La morte di Germanico (1623, Minneapolis, Institute of Arts). Gli accademici seicenteschi, Poussin e Lebrun
in testa, non avevano dubbi sul come si potessero esprimere la passioni
in pittura: col gesto, la posa e la fisionomia del volto.
37
39
40
la stessa sorte del secolo di Platone, quello in cui vissero, fra gli altri,
Apelle e Prassitele, Euripide e Aristofane, A cavallo dellera volgare,
quando vissero Virgilio e Orazio, Properzio e Tibullo, si ebbero anche
eccellenti opere di scultura e di architettura (e qui Du Bos dispiega la
sua dottrina antiquaria, citando a supporto una quantit di opere note
e meno note).
Partito dal paragone tra arti figurative e letteratura, Du Bos approda dunque al parallelo delle arti sorelle. Ma se la sincronia nel prodursi di certi fenomeni, che gi gli antichi avevano rilevato (Du Bos riprende in proposito, adattandolo, un passo di Velleio Patercolo), gli
appare chiara, le ragioni di ci ammette con sincerit non lo sono
altrettanto. Du Bos ritiene tuttavia che la risposta al perch ci siano
dei secolo illustri e dei secoli di stagnazione o di decadenza nelle arti,
vada cercata in buona misura nellinfluenza climatica.
Ora, lidea che esista una correlazione tra clima e indole dei popoli,
non certo nuova (si trova gi nei testi di medicina greca), e in questo senso facile per Du Bos argomentare che esistono aree geografiche naturalmente pi favorevoli di altre alle belle arti. Pi difficile
spiegare perch allinterno delle stesse aree si registri storicamente
unalternanza di periodi di progresso e periodi di decadenza. Du Bos
ipotizza che le emanazioni della terra, che un corpo misto in cui si
producono continui fermenti, non possono essere sempre esattamente
della stessa natura in una certa regione [e] la differenza tra due generazioni di abitanti dello stesso paese si avr per lo stesso motivo per il
quale gli anni non sono ugualmente temperati e i frutti di un raccolto
sono migliori dei frutti di un altro raccolto. Insomma, come si attribuisce la differenza del carattere dei popoli alle differenti qualit dellaria dei loro paesi, allo stesso modo bisogna attribuire ai mutamenti
che sopraggiungono nelle qualit dellaria di un certo paese le variazioni che si verificano nei costumi e nel genio dei suoi abitanti.
Questa spiegazione, basata interamente su cause naturali, pu apparire, per il suo marcato determinismo, poco convincente a un lettore di
oggi; ma allo stesso tempo ci ricorda che le Rflexions non vanno lette come un sistematico trattato di filosofia delle belle arti ma come lindagine di una mente brillante assai poco tentata da suggestioni idealistiche, e curiosa invece di quella molteplicit di saperi che di l a poco
avrebbe trovato nellEncyclopdie il proprio monumentale inventario.
Bibliografia
Su Du Bos e le arti visive: Saisselin R., Ut pictura poesis: DuBos to Diderot,
in The Journal of Aesthetics and Art Criticism, 20, 2 (1961), 145-56; Lee R.,
Ut pictura poesis. La teoria umanistica della pittura, Sansoni, Firenze 1974 (ed.
43
orig. Merton and Co., New York 1967); Rudowski V. A., The Theory of Signs in
the Eighteenth Century, in Journal of the History of Ideas, 35, 3, 1974, pp.
683-90; Alderson S., Ut pictura poesis and its discontent in the late seventeenth- and early eighteenth-century England and France, in Word & Image, II, 3
(1995), pp. 256-63; Kavanagh Th.M., Esthetics of the Moment. Literature and art
in the French Enlightenment, University of Pennsylvania Press, Philadelphia
1996, pp. 148-63; ONeal J. C., Changing Minds. The shifting perception of culture in eighteenth-century France, Delaware, Newark-London 2002, pp. 25-45.
Sullinfluenza di De Piles su Du Bos: Teyssdre, B., Roger de Piles et les
dbats sur le coloris au sicle de Louis XIv, Bibliothque des Arts, Paris 1957;
Rubin J. H., Roger de Piles and Antiquity, in The Journal of Aesthetics and Art
Criticism, 34, 2 (1975), pp. 157-63; Puttfarken, Th., Roger de Piles Theory of
Art, Yale U. P., New Haven and London, 1985.
Sulla teoria climatica: Koller A. H., The Abb Du Bos. His Advocacy of the
Theory of Climate: A Precursor of Johann Gottfried Herder, The Garrand Press,
Champaign, 1937; Gates W. E., The Spread of Ibn Khaldun Ideas on Climate
and Culture, in Journal of the History of Ideas, 28,3, 1967, pp. 415-22.
Su Du Bos e Winckelmann: Woodfield R., Winckelmann and the Abb Du
Bos, in British Journal of Aesthetics, 13, 3 (1973), pp. 271-75.
1
Il primo impatto con le antichit di Roma, nel 1700, era stato perfino deludente, come
confess per lettera allamico Abb Feuquires.
2 Du Bos si riferisce a queste opere con i nomi sotto cui andavano allepoca: lArrotino
degli Uffizi stato successivamente riconosciuto come lo Scita del gruppo ellenistico del
Supplizio di Marsia; il Gladiatore morente del Museo Capitolino un Galata morente, copia
del donario pergameno di Attalo I; il gruppo di Papirio e sua madre, gi nella Collezione
Ludovisi e oggi al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, firmato da Menelaos,
allievo di Pasiteles (I sec.) e rappresenta pi probabilmente Oreste ed Elettra.
3 Tra laltro, Dubos afferma che Poussin avrebbe dipinto questo soggetto plusieurs fois,
espressione che meglio si interebbe se riferita a pi di due quadri con lo stesso soggetto.
44
pascaliano e quantaltro, destinato ancora a lunga fortuna nel settecento francese non figura in Du Bos, a ben vedere, che al fine di mettere in chiaro, nellessenziale, la distinzione, direi il vero e proprio discrimine antropologico, fra due modi di porre rimedio alla noia stessa: lanimo umano, dice Dubos, pu tenersi occupato solo in due
modi: o abbandonandosi alle impressioni che gli oggetti esterni esercitano su di esso, e questo si chiama sentire; oppure intrattenendosi
con speculazioni su materie utili e curiose, e questo si chiama riflettere
e meditare 5. Queste considerazioni, sviluppate da Du Bos nel primo
capitolo della prima parte delle Riflessioni critiche, meritano particolare attenzione, dal momento che propongono in certo modo la griglia
su cui si articoler buona parte dellopera. E allora vediamo come in
questa contrapposizione fra sentire e meditare, direi fra unantropologia e unestetica delluomo che sente e una delluomo che medita, si
innesti il riferimento alle due fonti che vorrei tener particolarmente
presenti: Huarte de San Juan e Franois Lamy. Riferimenti qui entrambi impliciti, ma credo assolutamente trasparenti: dice infatti Du
Bos che il secondo genere di occupazione, cio la meditazione, risulta penoso e a volte perfino impossibile [] specialmente quando
oggetto delle riflessioni non un sentimento attuale o recente 6.
Gli sforzi di concentrazione, spiega quindi Du Bos, risulteranno in
tal caso spesso sterili per nessun altro motivo che per la stessa disposizione degli organi del cervello, cui da riportare unimmaginazione troppo accesa o la vana e infine stancante tensione della mente.
Queste parole fanno riferimento, come era sin troppo evidente per il
lettore contemporaneo, alla fisiologia sottesa al celeberrimo Examen
de Ingenios di Huarte de San Juan, lopera del celebre converso che,
dopo la prima edizione spagnola del 1575, aveva conosciuto una traduzione in latino e almeno una decina di edizioni in svariate lingue
moderne (due in italiano gi nel primo quindicennio dalla comparsa
dellopera, due francesi, svariate ristampe); a ulteriore testimonianza
dellinfluenza dellopera di Huarte baster ricordare che ancora nel
1751 uno dei primi lavori impegnativi di Lessing in campo filosofico
sar una traduzione tedesca, pi volte riedita, dellExamen 7.
Torniamo alle relazioni col nostro Du Bos: in senso pi specifico
occorrer riferirsi a quel ripensamento della teoria umorale che, in
nome di una stabile connessione fra il corpo e le differenti forme di
conoscenza, portava Huarte ad attribuire alla diversit fra gli ingegni
una precisa base fisiologica, prima ancora e piuttosto che anatomica,
pur in presenza di un modus operandi sostanzialmente unitario dei ventricoli cerebrali 8. La diversit infinita fra gli ingegni si spiegher sostanzialmente, per il medico spagnolo, sulla base della teoria umorale, innestando tuttavia nella tradizione della medicina ippocratico-galenica
gli esiti di un dibattito che attraversa la cultura umanistica rinascimen46
pologico, con esso compenetrata al punto da trovare un esemplare momento saliente nella costruzione della nuova teoria del genio.
1 J.-B. Du Bos, Rflexions critiques sur la posie et sur la peinture (1719), Paris 17707, ed.
it. a cura di M. Mazzocut-Mis e P. Vincenzi, Palermo 2005, nel seguito cit. semplicemente
come Riflessioni.
2 Cfr. J.-B. Le Blanc, Lettre sur lexposition des ouvrages de peinture, sculpture etc., Paris
1747, p. 166; A. Lombard, LAbb Du Bos, un initiateur de la pense moderne (1670-1742),
Paris 1913, rist. an. Genve 1969, p. 190; B. Munteano, Un rhteur esthticien. LAbb Du
Bos, in Idem, Constantes dialectiques en littrature et en histoire, Paris 1967, p. 297 (ivi il rif.
a Le Blanc); M. Fumaroli, Les abeilles et les araignes, in La Querelle des Anciens et des Modernes, Paris 2001, p. 212.
3 Evidente la cosa con i primi due nomi, sullultimo si veda almeno G. Ueding, Schillers
Rhetorik, Tbingen 1971.
4 Gi H. Von Stein, Die Entstehung der neueren sthetik, Stuttgart 1886, p. 240, sottolineava questo aspetto decisivo.
5
Riflessioni, 1, I, p. 38.
6 Ibidem.
7 G. E. Lessing, Johann Huarts Prfung der Kpfe zu den Wissenschaften, Zerbst 1752, n.
ed. Mnchen 1968.
8 Penso in particolare a quanto Huarte dice nel cap. VIII della sua opera, si veda led.
it. J. Huarte de San Juan, Esame degli ingegni, Bologna 1993, pp. 107-16.
9
Cfr. Riflessioni, 2, I, p. 198.
10 B. Munteano, cit., pp. 339-40 e pp. 357-64.
11 E. Migliorini, Studi sul pensiero estetico del Settecento, Firenze 1966, p. 211.
12
In 4 voll., Paris 1694-98.
13 B. Munteano, cit., p. 339.
14 Ivi, p. 361.
15
Fr. Lamy, De la Connoissance de soi-mesme, vol. I, Paris 1694, Prface, non numerata (alla p. 23).
16 M. Mazzocut Mis, Animalit. Idee estetiche sullanima degli animali, Firenze 2003, p.
63 nota.
17 Fr. Lamy, De la Connoissance de soi-mesme, vol. I, cit., Prface, p. 1.
18 Questo tema percorre continuamente il lungo trattato di Lamy, fino a essere teorizzato
nel modo pi esplicito nel terzo volume, Paris 1697, pp. 195-258.
19 Fr. Lamy, De la Connoissance de soi-mesme, vol. I, cit., Prface, p. 5.
20 Ivi, p. 13.
21
Ivi, p. 14.
22 Ivi, p. 18.
23 Idem, De la Connoissance de soi-mesme, vol. III, cit., p. 195.
24
Idem, De la Connoissance de soi-mesme, vol. I, cit., Prface, pp. 23-27.
25 Ivi, p. 19.
26 Idem, De la Connoissance de soi-mesme, vol. V, Paris 1698, p. 407.
27
Idem, De la Connoissance de soi-mesme, vol. I, cit., Prface, p. 21.
28 In proposito, oltre al cit. Munteano, cfr. P. France, Rhetoric and truth in France, from
Descartes to Diderot, Oxford 1972; M. Fumaroli, Lge de lloquence, n. ed. Paris 1994; V.
Kapp, Lapoge de latticisme franais ou lloquence qui se moque de la rhtorique, in M. Fumaroli (a cura di), Histoire de la rhtorique dans lEurope moderne 1450-1950, Paris 1999, pp.
707-86, specie 780-84.
29
Fr. Lamy, De la Connoissance de soi-mesme, vol. III, cit., pp. 116-36.
30 Ivi, p. 122.
31 Ivi, p. 123.
32
Cfr. ivi, p. 132 e cfr. M. Fumaroli, Lge de lloquence, cit., p. 640 e la relativa bibliografia.
33 Cui infatti risponde piuttosto prontamente il gesuita Balthasar Gibert, De la vritable
53
loquence, ou Refutation des paradoxes sur lloquence: Avancez par lAuteur de la Connoissance de soi-mme, Paris 1703; Lamy risponde con La Rhtorique de collge trahie par son apologiste, dans son trait de la vritable Eloquence, contre celuy de la connoissance de soy-mme,
Paris 1704; segue ancora il gesuita con unopera in tre volumi (Paris 1705-07) di Rflexions
sur la rhtorique: o lon rpond aux objections du P. Lamy, bndictin. Ancora il gesuita avr
lultima parola, dopo la morte dellavversario (1711) raccogliendo tre altri volumi (Paris 171319) di Jugemens des savans sur les auteurs qui ont trait de la rhtorique. Il lettore sar confortato nellapprendere che quasi tutti i testi citati, insieme a una confutazione di Spinoza
opera dello stesso Fr. Lamy, sono direttamente scaricabili dal sito (gallica.bnf.fr) della Biblioteca Nazionale di Parigi.
34
Cfr. Fr. Lamy, De la Connoissance de soi-mesme, vol. III, cit., p. 133.
35 Ivi, p. 134.
36 Idem, De la Connoissance de soi-mesme, vol. V, cit., p. 382.
37
B. Gibert, Rflexions sur la rhtorique, cit., vol. I, p. 68. Gibert, in una rflexion che
mira a dimostrare che retorica ed eloquesnza non sono altra cosa che la ragione stessa,
tratta Locke da perfetto sconosciuto che Lamy avrebbe limpudenza di contrapporre a tutte le autorit della retorica e del pensiero filosofico.
38 Fr. Lamy, De la Connoissance de soi-mesme, vol. III, cit., p. 123.
39 Ivi, p. 226.
40
Ivi, p. 230.
41 Ivi, p. 233.
42 Ivi, pp. 234-35.
43
Riflessioni, 1, I, p. 38.
44 Ivi, p. 39.
45 Ivi, pp. 39-40.
46
Ivi, 1, II, p. 40.
47 H. Von Stein, Die Entstehung der neueren sthetik, cit., p. 231.
48 Riflessioni, 1, III, p. 45; stesso riferimento per le cit. che seguono.
49
Ch.-L. Secondat de Montesquieu, Lettere persiane, ed. it. Milano 20007, p. 106.
50 Si legga del resto, a conferma, questo passo di Dubos: Coloro che comprendono gli
antichi e non ne provano piacere, sono cos pochi rispetto a quelli che ne sono appassionati, come gli uomini che hanno una naturale avversione per il vino sono pochi rispetto a tutti
gli altri; Riflessioni, 2, XXXV, p. 353.
51 Riflessioni, 1, III, p. 44.
52
Ivi, 2, XXXV.
53 Ivi, 2, XXXIV, p. 346.
54 Mi riferisco qui a H. Blumenberg, Anthropologische Annherung an die Aktualitt der
Rhetorik, in Idem, Wirklichkeiten in denen wir leben, Stuttgart 1981, pp. 104-36, trad. it.
Milano 1987, pp. 85-112.
54
lands, 1672), ma non il saggio sulla poesia del 1690, presto tradotto e
incluso fra le uvres mles pubblicate a Utrecht nel 1693; o il trattato On Ancient and Modern Learning (1690), cui Wotton replic
quattro anni dopo con un saggio modernista ben noto a Du Bos,
che ne riporta alcuni luoghi (fra i pochi in cui siano fatte concessioni
al primato degli antichi; I 19, p. 81). N menzionato Alexander Pope, il cui Essay on Criticism, sorta di risposta inglese allArt potique di
Boileau, a partire dal 1711 si era assicurato in Europa notevole risonanza, e gi nel 1717 era apparso in versione francese, seppure parziale, per cura di John Robethon.
Pi ovvio il silenzio delle Riflessioni critiche intorno alla pittura
doltremanica, giacch l una scuola nazionale, sebbene in formazione,
non si sarebbe affermata che verso la met del secolo. In uninteressante digressione sullarte britannica, Du Bos riconosce che questa annovera validi musicisti e poeti eccellenti, ma non pittori che occupino, tra i pittori celebri, lo stesso posto che i filosofi, gli studiosi, i
poeti e gli altri inglesi illustri occupano tra quelli delle altre nazioni
che si sono distinti nella stessa professione; e solo in una rubrica a
margine del testo egli richiama i tre ritrattisti Samuel Cooper, William Dobson e John Riley (II 13, p. 243). Converr per ricordare che
al tempo di Du Bos il peintre-philosophe Jonathan Richardson aveva
riscosso gi una certa attenzione anche fuori dInghilterra coi suoi trattati sulle arti e sulla critica: in Italia labate Pellegrino Orlandi non
solo lo include con plauso fra gli artisti del suo Abecedario pittorico
(nella seconda ed. accresciuta del 1719) 3 , ma anche ne menziona il
saggio sulla Theory of Painting pubblicato a Londra quattro anni prima e noto ben presto ai cultori europei delle arti.
In campo specificamente estetico lInghilterra aveva prodotto alcuni
dei suoi testi pi influenti gi prima che Du Bos mettesse mano alledizione originale delle Riflessioni critiche del 1719: per limitarsi a quelli di risonanza pi immediata, o duratura, si ricorder che i Saggi di
Bacone, uno dei quali specificamente dedicato alla bellezza, iniziarono
a circolare in francese dal 1619, con due diverse edizioni e versioni in
soli quattro anni. Verso la met del Seicento il drammaturgo William
Davenant e Thomas Hobbes serano gi confrontati pubblicamente su
questioni di teoria poetica, lasciandone testimonianza scritta il primo
nella prefazione al suo dramma Gondibert (1650), il secondo in una
celebre replica pubblicata lanno successivo (Answer of Mr. Hobbes
to Sir William Davenants Preface Before Gondibert). Inoltre, sui temi
della fancy e dellimagination Hobbes si era fermato non solo nel Leviatano (1651), del quale difficile credere Du Bos non avesse sentito parlare (anche perch una versione ridotta dellopera era disponibile
dal 1668 in latino, idioma certamente noto al francese), ma anche nel
trattatello sui pregi del poema eroico premesso alle sue traduzioni se56
spetto di un generale romano morente; a differenza di questultimo, per, i primi due non sono mai intervenuti nellesperienza di nessuno come realmente esistenti, o dati in natura: proprio questa non-esistenza
oggetto della censura di Du Bos, per il quale ci che non pu essere
solleva le difese razionali e impedisce lautentico apprezzamento estetico. Il problema conciliare una simile affermazione con luniversale
ammirazione, da lui stesso condivisa, per la letteratura greca e latina,
certo non priva di ciclopi, sirene, gorgoni, sfingi e altri mostri polimorfi.
Un fatto verosimile un fatto possibile nelle circostanze in cui lo
si fa accadere, giustifica Du Bos, commentando che non condannabile il poeta che descrive Diana in atto di rapire Ifigenia per salvarla
dal sacrificio e trasportarla nella Tauride, giacch lepisodio era possibile, secondo la teologia dei Greci di quel tempo (II 28, p. 111).
Tuttavia, possibile qui sta a indicare qualcosa non che ha parvenza
di verit, ma che si crede possibile; e il secondo fatto, lungi dal discendere, va anzi distinto dal primo. Le circostanze oggettive che rendono possibile credere nellesistenza di una citt chiamata Lovanio non
sono le stesse che giustificano la convinzione che si possa scendere agli
Inferi e poi tornare grazie a un ramo doro. Questo qualcosa a cui gli
antichi credevano, se vi credevano, senza prova o conferma desistenza.
Du Bos piuttosto critico con le invenzioni fantastiche di Ariosto, ma
dubito che il Pegaso di Bellerofonte apparisse agli antichi Greci pi
possibile dellIppogrifo di Astolfo agli umanisti. Alla base dellidea
di verisimiglianza come fedelt alla natura sembra essere lasserzione
che ove sia descritto il non-esistente, ovvero ci che in natura non ha
possibile esistenza, allora necessariamente non si d vera arte. Ma nella
sua forma positiva una simile proposizione mostra la propria incongruenza perch implica che ove sia descritto lesistente allora si d necessariamente vera arte: il che, ovviamente, non vero. Con ci non
intendo sostenere, giacch non lo penso, che il riconoscimento dellautonomia dellarte sia negli autori britannici frutto di ragionamento:
rilevo solo che le accezioni concessiva o limitativa del verosimile conducono anche logicamente a estetiche difformi.
Cos, avrei potuto trovare, e certo vi sono, temi e problematiche
comuni agli scritti inglesi sullarte e alle Riflessioni critiche di Du Bos:
penso, per esempio, al gi ricordato motivo del soliloquio, che Du Bos
avanza comunque evocando lauctoritas non di Shaftesbury ma di Orazio; o alla teoria della composizione figurativa e relativa distinzione fra
verit pittorica e poetica (I 31, p. 120 s.), che ripete quasi alla lettera
quanto enunziato da Shaftesbury nel trattato sul disegno storico 14 . E
al filosofo dellaesthetic sense rimanda ancora lidea dubosiana del sentimento come primo reagente alla sollecitazione estetica (vd., p. es., II
23, pp. 300-304); mentre lenfasi posta dal francese sulle impressioni
visive che determinano la superiorit della pittura sulla poesia (I 40,
62
Tuttavia, muovendosi anche nel solco di canoni letterari tradizionali e accogliendo il retaggio del classicismo antico e rinascimentale
pur sistemato, aggiornato e ampliato nei suoi mbiti di competenza
che le Riflessioni critiche hanno potuto esercitare influenza duratura
sul pensiero estetico moderno. Nel primo Settecento gli Inglesi mostrano la fervida esuberanza e il vigore di chi si avvicina a una materia ancora insondata con forze nuove; ma Du Bos aveva la posata sicurezza e il calmo equilibrio dellesperto conoscitore. Ad altri di dire
se e come i due atteggiamenti si siano confrontati e reciprocamente
avvantaggiati in progresso di tempo. Rilevo solo che nel suo saggio
sulleloquenza del 1742 Hume, nella scia di Du Bos, avvertiva il pubblico che unopera di genio si distingue dalle bellezze adulterate di
uno spirito e di una fantasia capricciosi 16; e il primo fra i pittori e
teorici dellarte inglesi del XVIII secolo, Sir Joshua Reynolds, dal 1769
impart agli studenti della Royal Academy of Arts una serie di lezioni
sui limiti che simpongono al genio creativo e sulla necessit di imbrigliare anche il talento pi fervido entro la salda guida di canoni collaudati. Per contro, Blake di limiti creativi non volle mai sentir parlare,
lanciando violente invettive su chiunque (Reynolds incluso) mettesse in
discussione lautonomia del genio; e se in Francia Du Bos avvertiva
che non pu trarsi alcun piacere da un dipinto che rappresenti un
contadino che va per i fatti suoi conducendo due bestie da soma (I
6, p. 52), centanni dopo dallaltra parte della Manica John Constable
volle ispirarsi proprio a temi come quello per realizzare i suoi capolavori. Ma gli inglesi, si sa, fanno sempre a modo loro.
* I capitoli e le pagine indicate tra parentesi si riferiscono a Jean Baptiste Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, trad. it. di M. Bellini e P. Vincenzi, a c. di M.
Mazzocut-Mis e P. V., Prefaz. di E. Franzini, Palermo, Aesthetica Edizioni, 2005.
1
Shaftesbury, Soliloquio, ovvero consigli a un autore (1710), trad. it. di N. & P. Zanardi, a c. di P. Z., Padova, Il Poligrafo, 2000, p. 121.
2 W. Tatarkiewicz, Storia dellestetica, III. Lestetica moderna (1970), trad. it. di G. Cavagli, Torino, Einaudi, 1980, p. 497.
3 Abecedario pittorico, Venezia, Appresso G. Pasquali, 1753, p. 445a, s.v. Richardson di
Londra.
4
Cfr. Saggio sulla pittura, in Illuministi italiani, II. Opere di Francesco Algarotti e di Saverio Bettinelli, a c. di E. Bonora, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, p. 377, sul tema della verosimiglianza.
5
Spectator del 2 febb. 1712 (nr. 291), in Joseph Addison, Essays in Criticism and
Literary History, ed. by J. Loftis, Northbrook (IL), AHM Publ., 1975, p. 125 (mia la trad.).
6 In Jonathan Richardson, The Works, ed. by J. Richardson Jr., London, Pr. by T. Davies, 1773, p. 76 s. (mia la trad.).
7 Spectator del 1 lu. 1712 (nr. 419), in I piaceri dellImmaginazione, tr. it. di G. Miglietta, a c. di G. Sertoli, Palermo, Aesthetica, 2002, pp. 59-61 (Del fiabesco): p. 60 s.
8
Spectator del 2 lu. 1712 (nr. 420), ivi, pp. 63-65 (Scienza e immaginazione): p. 63.
9 Sir Philip Sidney, Elogio della Poesia, a c. di M. Pustianaz, Genova, Il melangolo, 1989,
p. 29.
64
65
Du Bos e la musica
di Enrico Fubini
Il titolo esatto e completo delle famose Rflexions del Du Bos, com noto, Rflexions critiques sur la posie et sur la peinture. Come
mai la musica non compare in questo titolo anche se il Du Bos dedica poi, in effetti, alla musica parecchie pagine del suo trattato e si tratta di pagine non marginali, e inoltre dedica in fondo alla musica in
senso lato anche il terzo volume delle Rflexions? Nel XVIII secolo la
musica era considerata presso la maggior parte dei trattatisti, filosofi e
critici come unarte minore e nelle gerarchie delle arti, cos consuete
durante tutto il Settecento, la musica occupava lultimo gradino a causa
del suo scarso o nullo potere semantico o, come si diceva a quel tempo, a causa del suo scarso o nullo potere dimitazione. Ovviamente
nellestetica settecentesca il concetto chiave di imitazione della natura
portava inevitabilmente a una svalutazione della musica: cosa poteva
mai imitare la musica se non pochi e forse inessenziali rumori del mondo naturale? Di per s questa ridotta imitazione non permetteva la
creazione di opere ragguardevoli; al pi poteva servire nellambito melodrammatico, dove gli apparati scenici erano imponenti, a sottolineare ed esaltare temporali, scorrere dellacqua, fruscii campestri, canti
di uccelli e via dicendo.
Il Du Bos si trovava dunque di fronte a questa situazione che, con
poche varianti, ritroviamo per lo pi nel pensiero musicale della prima met del Settecento. Il Du Bos non ha mai avuto lintenzione e
neppure la coscienza di essere un rivoluzionario, neppure in materia di
estetica ed eredita pertanto il linguaggio e i concetti chiave dellestetica
settecentesca 1. noto che nella famosa querelle des anciens et des modernes opta per gli anciens, qualificandosi pertanto come uno storico
e un pensatore conservatore. Ma la grande novit del pensiero del Du
Bos consiste negli strumenti concettuali che usa per capovolgere molti
tra i giudizi e pregiudizi del suoi contemporanei in fatto di estetica e
nello specifico di estetica della musica, pur conservando per lo pi il
vecchio linguaggio.
Non c quindi da stupirsi pi di tanto se nel titolo delle Rflexions
non compare la musica: nel sentire comune ovvio che larte per eccellenza fosse la poesia e in secondo luogo la pittura. La rivalutazione
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della musica, che a mala pena poteva considerarsi unarte al pari delle
consorelle, avverr nel contesto del Rflexions, alla luce delle ampie
premesse esposte nei primi capitoli: forse non era neppure del tutto
cosciente il Du Bos del fatto che la sua trattazione della musica poneva problemi totalmente nuovi nellambito del pensiero settecentesco e
doveva passare un mezzo secolo perch gli spunti originali e possiamo
ben dire rivoluzionari fossero raccolti e sviluppati da Rousseau, da
Diderot, da Grimm e da tanti altri pensatori, soprattutto in ambito
francese. In altre parole nella trattazione della musica, ma gi nella
trattazione della poesia e della pittura, che precede quella sulla musica,
il Du Bos pone le solide fondamenta per sovvertire la ben nota gerarchia delle arti e per superarla in una nuova concezione in cui la poesia e la musica si troveranno in una posizione di integrazione e non
pi di subalternit.
La sezione XLV del primo volume viene intitolata dal Du Bos Della
musica propriamente detta e cos si apre:
Ci rimane da parlare della musica, come terzo modo inventato dagli uomini per
dare nuovo vigore alla poesia e per metterla in condizioni di esercitare su di noi una
maggiore impressione. Cos come il Pittore imita i tratti e i colori della natura, allo
stesso modo il musicista imita i toni, gli accenti, le brevi pause, le inflessioni della
voce insomma tutti quei suoni per mezzo dei quali la natura stessa esprime sentimenti e passioni. Tutti questi suoni, come abbiamo gi detto, possiedono una forza
straordinaria per emozionarci, poich sono i segni delle passioni, istituiti dalla natura
da cui hanno ricevuto lenergia; le parole articolate invece non sono altro che i segni arbitrari delle passioni. Il loro significato e il loro valore dato unicamente da
quanto gli uomini hanno stabilito in un certo paese 2.
Gi da queste prime righe colpisce il fatto che la musica viene, almeno a livello di trattazione equiparata alle altre arti. Anche per quello
che riguarda loggetto delle sue imitazioni, non compare nessun accenno a una possibile gerarchizzazione. Infatti troviamo nelle Rflexions
espressioni di questo tipo: come il pittore imita cos la musica
imita tutti i suoni con cui la natura esprime sentimenti e passioni 3.
Ogni arte dunque ha un suo campo specifico dimitazione e non si
pu certo dire, nellottica tendenzialmente empiristica e sensistica del
Du Bos, che sentimenti e passioni siano meno importanti dei colori
della natura, oggetto dimitazione della pittura, dal momento che scopo
dellarte in generale proprio quello di suscitare commozione ed emozioni. Ma nella citazione sopra riportata c ancora un altro elemento
di grande importanza: la musica si serve di segni delle passioni, istituiti dalla natura, mentre la poesia si serve di segni arbitrari delle
passioni. Di qui la musica deriva la sua forza, analogamente alla pittura perch anchessa si serve di segni naturali e non arbitrari o convenzionali, come la poesia. Du Bos non istituisce piramidi delle arti ma
tuttavia sintravede nel suo discorso un capovolgimento rispetto alle
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aspirazione non era estranea alla musica francese del tempo. Il Du Bos,
pur rimanendo nellambito di tali concetti, ritocc appena il principio
dimitazione della natura affermando che la musica ha un suo campo
particolare dimitazione, cio quello dei sentimenti. Si sa quale fortuna sar destinata ad avere per tutto il secolo diciottesimo la formula
che definisce la musica come imitazione dei sentimenti, e il Du Bos
forse stato il primo a usarla, seguito poi dal Batteux qualche decennio
pi tardi e poco oltre dagli Enciclopedisti. Il problema di mostrare
quali siano i mezzi di cui dispone il musicista per imitare i sentimenti, dal momento che i sentimenti sono qualcosa di astratto, di connaturato allanimo umano, che si manifestano tuttal pi, e non sempre,
con pochi segni esteriori.
La musica quindi realizza lo stesso fine delle altre arti; non solo,
ma, dalle parole del Du Bos, emerge con chiarezza che esiste una segreta complicit e affinit tra la musica e il mondo dei sentimenti, per
cui di fronte a essi la musica appare in una posizione quasi di privilegio rispetto alla poesia e alla pittura. Indubbiamente questa teoria sembra preludere alla concezione della musica di Rousseau; infatti anche
il Du Bos concepisce la musica come unintegrazione del linguaggio
verbale, di per s insufficiente e privo dimmediatezza. Tuttavia importante notare che egli si stacca dal pensiero di tutta la critica a lui
contemporanea, che considerava la musica nel melodramma tuttal pi,
come unaggiunta inessenziale, un ornamento dannoso al testo poetico, con la funzione di renderlo forse pi facile e gradevole a intendersi
blandendo il nostro orecchio, ma a scapito per della sua drammaticit e soprattutto della sua verosimiglianza.
Nellambito di una dottrina come quella del Du Bos non priva di
elementi sensualistici, o che comunque ha portato a una rivalutazione
dellemozione e della sensibilit come organi della fruizione estetica,
naturale e coerente che si tenti anche una rivalutazione della musica in
quanto arte della sensibilit. Ancora una volta pertanto il principio dellimitazione della natura ha rappresentato per tutto il secolo diciottesimo
un serio ostacolo a questo processo di riconoscimento del valore artistico della musica. Infatti se esso ha costituito lunico principio unificatore delle varie arti, ha anche costituito un principio discriminante formando automaticamente delle gerarchie di valore mirante a escludere
certe arti. Gli strumenti concettuali e le categorie estetiche settecentesche erano poco adatti a inquadrare la musica in un sistema estetico che
non la degradasse allultimo gradino delle arti. Pertanto tutta la trattazione del Du Bos sulla musica risente di questa situazione, riflettendo
le difficolt e le incertezze connesse alluso del linguaggio estetico-filosofico del tempo. Du Bos pur senza uscire da tale linguaggio ha cercato
di piegarlo a esprimere un mondo nuovo e diverso, in cui la musica
potesse essere rivalutata e portata al livello delle arti sorelle.
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dei canti devono servire in musica solo per fare e per abbellire limitazione del linguaggio della natura e delle passioni. Quella che viene chiamata scienza della composizione una serva, per usare questespressione, che il genio del musicista deve
tenere alle sue dipendenze, cos come il genio del poeta deve tenere il talento del
rimare [...] Credo anche che tutti i poeti e che tutti i musicisti sarebbero del mio parere se non fosse pi facile rimare rigorosamente che sostenere uno stile poetico
come pure trovare, senza scostarsi dal vero, dei canti che siano allo stesso tempo naturali e graziosi. Ma non si pu essere patetici senza possedere genio mentre sufficiente aver esercitato larte, anche quando ci si fosse applicati senza genio, per
comportarsi sapientemente in musica o per rimare riccamente in poesia 8.
Ma il Du Bos seguiva una sua idea gi esposta nel capitolo sulla musica: tutto il terzo volume delle Rflexions in realt si presenta come la
giustificazione, la dimostrazione della validit della sua teoria sulla musica e sullarte pi in generale. Il Du Bos infatti non si limita a esporre
il frutto delle sue ricerche, ma ne teorizza il risultato e rimpiange che
luso della notazione musicale nei testi teatrali sia scomparso, non solo
perch aiuterebbe gli attori nella recitazione, ma per un motivo ben
pi importante: musica e poesia si integrano vicendevolmente e ci che
oggi affidato al buon senso e allistinto dellattore nellantichit era
fissato dallartista stesso, conscio che la poesia doveva trovare il suo
completamento espressivo nella declamazione, cio negli accenti, nei
sospiri, nelle modulazioni della voce che lavrebbero accompagnata
nella recitazione. Secondo il Du Bos nellantichit la musica era unarte
ben pi vasta e completa, e linsegnamento di essa includeva molte
altre arti. Oltre alla danza, allarte dei gesti, anche larte poetica era
una delle arti subordinate alla Musica e di conseguenza era la Musica
che insegnava la costruzione dei versi di ogni tipo 6.
Il fatto che la musica avesse nellantichit confini molto ampi starebbe a dimostrare una certa unit originaria dellespressione artistica,
e in particolare di musica e poesia. Si era accennato alla teoria sulla
musica di Rousseau come a uno sviluppo di quella del Du Bos; forse
Rousseau non lesse mai il Du Bos, tuttavia proprio dalla trattazione del
problema della declamazione si pu riscontrare in modo pi preciso
lindubbia parentela tra le due dottrine. Il Du Bos infatti vagheggiava
il teatro antico, con la sua declamazione musicale, come unarte perfetta, completa, in cui lespressione verbale e quella musicale, lespressione articolata e quella inarticolata si fondevano in ununit inscindibile, rappresentando il linguaggio stesso delle nostre passioni. Il melodramma di Lulli costituisce un tentativo di ricostruire questunit originaria spezzata per tanti secoli.
Questa lunga dissertazione pertanto costituisce il tentativo pi significativo di rivalutare la musica nei suoi stessi fondamenti, ritornando alle sue origini storiche. La via aperta dal Du Bos si dimostrata
la pi feconda, e lo stesso Romanticismo non ha fatto che sviluppare
il concetto, appena adombrato nelle Rflexions, di musica come linguaggio originario e privilegiato dei sentimenti.
1
Tra i pochi studi italiani che abbiano affrontato questo tema si rimanda soprattutto
allottimo saggio di Ermanno Migliorini, Studi sul pensiero estetico del Settecento, Il Fiorino,
Firenze 1966.
2
Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, trad. italiana di Manuele Bellini e Paola
Vincenzi, Aesthetica Edizioni, Palermo 2005, p. 177.
3 Ibid.
74
Ivi, p. 182.
Ivi, p. 178.
Ibid.
7 Ibid.
8
Ivi, p. 183.
9 Ivi, p. 188.
10 Ivi, p. 182.
4
5
6
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ci, Grimarest, Gildon, e Lang di districare la recitazione dalla rete delloratoria, la posizione di Du Bos appare senza dubbio pi brillante e
originale. Di fatto, anzich individuare larte dellattore come una forma possibile di eloquenza nei termini pi tradizionali, Du Bos ricompone la rete di riferimenti teorici in cui deve essere inserita la recitazione teatrale. Da un lato resta ancorato ai fondamenti classici delloratoria Cicerone e Quintiliano che anzi sfrutta ampiamente in decine
e decine di citazioni. Ma dallaltro lato, anzich utilizzare questi riferimenti alla luce degli sviluppi della pi ortodossa teoria delloratoria
elaborata nel corso del seicento, li coniuga con un altro autore del
pensiero antico, Aristide Quintiliano, e trasferisce senzaltro la recitazione allinterno di un sistema diverso, quello delle arti musicali.
Loperazione, a prima vista, gli possibile perch il complesso della
riflessione sullarte dellattore e la pratiche stesse delle scene del tempo,
concedevano una spazio infinitamente maggiore alla vocalit dellattore
rispetto alla sua gestualit: non per nulla il trattato di Grimarest dedicava cinque pagine allimpiego dei gesti e cinquantaquattro alluso della voce. Tuttavia la posizione di Du Bos non affatto indirizzata a
sottolineare la maggior importanza della voce rispetto al gesto. Proprio
il riferimento alla dottrina musicale degli antichi gli consentiva di mettere a punto, nella recitazione, larte della vocalit insieme allarte del
gesto. La musica degli antichi spiegava Du Bos aveva sottoposto
a una misura precisa tutti i movimenti del corpo, cos come lo sono i
movimenti dei piedi dei nostri ballerini 20.
Nella sistemazione di Aristide Quintiliano la musica si articolava
infatti in un sistema di arti strettamente coordinate che comprendevano tanto la produzione di effetti strumentali, quanto la vocalit e la
gestualit. Dal punto di vista della composizione si distingueva in arte
di comporre la melopea o i canti, in arte ritmica che forniva le regole per disciplinare con ununica misura tutti i movimenti del corpo e
della voce, e in arte poetica che insegnava la meccanica della poesia e
mostrava come comporre i versi. Dal punto di vista dellesecuzione
abbracciava larte di suonare gli strumenti, larte del canto e larte del
gesto, questultima denominata, precisava Du Bos, orchesis dai greci e
saltatio dai romani 21.
Leffetto artistico complessivo era il risultato della coordinazione
del suono degli strumenti, del canto e del movimento del corpo, e la
coordinazione era appunto garantita dallarte ritmica che sottoponeva
a ununica misura i suoni cavati dagli strumenti e tutti i movimenti del
corpo e della voce 22. Ma la costellazione di regole costitutive di tutti
queste arti musicali, inoltre, poteva ovviamente essere efficacemente
utilizzata solo in presenza di una notazione o comunque di una scrittura che permettesse di fissare gli effetti sonori, gli effetti vocali e i
movimenti fisici dellattore. E tali forme di scrittura erano in effetti
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possedute dagli antichi, che disponevano per altro di veri e propri dizionari dei gesti 23. Impiegando questi sistemi di registrazione, specifiche categorie di specialisti potevano curare la perfetta ed efficace applicazione, ai singoli prodotti artistici, delle regole tecniche relative alle
sei arti musicali. Larte di comporre la declamazione delle opere teatrali, spiegava infatti Du Bos, costituiva a Roma una professione specifica 24.
Ci che Du Bos propone, dunque, lelaborazione di una nuova
codificazione dellarte dellattore, che abbandoni il modello convenzionalmente inteso dellactio oratoria, e ricuperando un diverso suggerimento della cultura antica trovi il fondamento della recitazione nella
sapiente amministrazione di tempi, ritmi e misure. Infatti mentre appare necessario ritrovare un metodo basato su principi certi per guidare lesecuzione scenica dellattore che oggi affidata soltanto allistinto, o tuttal pi a unabitudine aiutata e sostenuta da alcune
osservazioni, solo larte ritmica realmente in grado di coordinare la
gestualit e la vocalit di chi opera sulla scena 25.
In questo modo Du Bos si trova inconsapevolmente allavanguardia di quanti, tendenzialmente antiemozionalisti, reagiscono nel corso
del settecento alla crisi del rapporto tra oratoria e recitazione teatrale
riformulando il codice vocale e gestuale corrente, irrimediabilmente
schiacciato nei limiti dellactio. Ma Du Bos, anzich imboccare la via
che verr seguita dagli autori di poco successivi, diretta a dedurre il
nuovo codice dallosservazione dei gesti reali della quotidianit coniugati a una pi o meno convincente teoria dellespressione delle diverse
passioni, opta per un sistema di riferimento pi astratto e formale (i
tempi, i ritmi, le misure) privilegiando gli aspetti stilistici della recitazione rispetto a quelli immediatamente rappresentativi. Ci che pi
importa, insomma, che lattore si muova e declami bene seguendo
una normativa ispirata a garantire la precisione e la coordinazione di
gesti e vocalizzi, e la produzione di effetti attentamente studiati. Mentre di peso assai inferiore lesigenza che linterprete renda in modo
assolutamente plausibile, convincente, efficace e veritiero la figura di
un personaggio concretamente in azione di fronte al pubblico.
Non per nulla Du Bos, se si sforza di dimostrare che la recitazione deve essere intesa come canto in un senso assai diverso da quello
che noi attribuiamo comunemente al termine, perch gli antichi chiamavano cantare anche la declamazione di un discorso pubblico o di
un proclama, finisce poi con lapprezzare quanto pi possibile una
dizione che evoca le seduzioni o i caratteri propri di quello che chiamiamo canto nel significato pi ovvio e comune, anche se ci rende pi faticosa la recitazione rispetto a una riproduzione pi semplice e diretta della conversazione naturale. Per questo, difende lo stile
caratteristico della recitazione tragica francese del tempo, che non solo
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pi elevato, grave e sostenuto, ma assume anche laspetto, ferocemente criticato da altri teorici, della cantilena 26. E pi avanti apprezza
gli interpreti che quando il senso lo permette ricorrono senzaltro
alla declamazione che pi si avvicina al canto musicale 27.
Per Du Bos del resto non certo la capacit di produrre sul palco lapparenza di unazione reale a conferire perfezione ed efficace alla
recitazione. Non , spiega, lillusione la fonte principale del piacere
che ci procurano gli spettacoli. Nulla di ci che percepiamo a teatro,
dai versi del poeta, allapparato scenico e alla declamazione degli interpreti, diretto a produrre nel pubblico limpressione di assistere allavvenimento stesso 28. Ed questa unaffermazione di capitale importanza, che sancisce labbandono di un principio canonico della recitazione teatrale stabilito gi dalla prima trattatistica italiana, secondo
cui il compito finale dellattore consisteva proprio nellingegnarsi e
sforzarsi per portar gli spettatori a credere non gi di vedere rappresentar cosa concertata n finta, ma s bene di veder succedere cosa
vera et improvvisamente occorsa 29. Non per nulla, proprio allepoca
della pubblicazione delle Rflexions, nei suoi ripetuti attacchi condotto, tra il 28 e il 38, al cantilenato della recitazione tragica francese,
che solo per una vera e propria eresia poteva essere riferito allantica recitazione tragica dei greci, Luigi Riccoboni finiva con il concludere che questo modo di recitare distruggeva negli spettatori lillusione di vedere sulla scena gli eroi stessi che agiscono e che parlano e
non gli attori che li rappresentano 30.
Ma soprattutto, con la proposta di ricorrere a un sistema prestabilito di intonazioni e gesti che privilegiassero gli aspetti stilistici della
recitazione rispetto a quelli immediatamente rappresentativi, la posizione di Du Bos restava particolarmente fragile nei confronti delle posizioni emozionaliste che guardavano con sospetto qualsiasi possibilit di
codificare le espressioni mimiche e vocali. Cos, ad esempio, la coordinazione del gesto con la parola, destinata a diventare un cardine della teoria attorica settecentesca, mentre in Du Bos appare faticosamente
affidata a una normativa sostenuta da una minuziosa notazione, dalla
maggioranza degli autori successivi verr presto concepita come il risultato spontaneo e naturale di un comportamento non eccessivamente irrigidito da regole stilistiche strettamente convenzionali, quali
possono essere quelle desunte dalla teoria musicale degli antichi. E
in ogni caso proprio lesigenza di non ridurre i modi della resa vocale e gestuale dellattore a un repertorio troppo limitato rispetto allinfinita variet delle possibili espressioni, in tutte le combinazioni e
sfumature che ormai paiono indispensabile alla nuova sensibilit proiettata sullarte dellattore, ad escludere per gli emozionalisti ogni possibilit di codificazione e notazione. Se gi Poisson aveva ritenuto inutile esporre le regole della gestualit, perch sufficiente il sentimento,
86
87
no al comporre delle commedie e delle tragedie del 1554, nei Quattro dialoghi in materia di rappresentazioni sceniche di Leone de Sommi, nelle pagine Della poesia rappresentativa e del
modo di rappresentare le favole sceniche di Angelo Ingegneri, e infine nel trattato di Pier
Maria Cecchini apparso nella sua ultima stesura nel 1628 col il titolo Frutti delle moderne
commedie et avisi a chi le recita. In proposito vedi Claudio Vicentini, I primi trattai italiani
sulla recitazione, Annali dellUniversit di Napoli LOrientale. Sezione Romanza, XLV, 1,
2003.
3
Particolarmente importanti a questo riguardo sono la Lettre Mylord *** sur Baron et
sur Mlle Lecouvreur, dellabb Allainval, ora nelle Mmoires sur Molire, Parigi, Ponthieu,
1822, le finissime analisi sugli attori e le attrici francesi del tempo contenute nella Seconde
lettre du souffleur de la comdie de Rouen au garon de caf, ou entretien sur les dfauts de la
dclamation, di Jean Dumas Aigueberre (Parigi, Tabarie, 1730), e poi, in area inglese, il Treatise on the Passions, so far as they regard the Stage, di Samuel Foote (London, Corbett, 1747)
con le analisi delle interpretazioni di Garrick, Quin, Barry e Macklin.
4 Riflessioni, cit., p. 430. Il primo autore a intervenire sulla capacit dei migliori attori e
delle migliori attrici di mutare i colori del volto durante la recitazione Leone de Sommi,
nei Quattro dialoghi in materia di rappresentazioni sceniche, a cura di F. Marotti, Milano, Il
Polifilo, 1968, pp. 42, 44. Per quanto riguarda luso del belletto che impedisce di scorgere le
variazioni di colore sul viso dellattore, secondo alcune (dubbie) testimonianze era possibile
vedere il pallore diffondersi sulle guance di Mrs Cibber, celebre attrice inglese della prima
met del settecento, anche sotto il trucco di scena, vedi P. Fitzgerald, The Life of Garrick,
riportato in W. Clark Russel, Representative Actors, Londra, Frederick Warne, s. d., p. 96.
5
Riflessioni, cit, p. 430.
6 Proprio dalla polemica sulla possibilit di considerare la recitazione come unarte,
garantita dallesistenza di leggi definibili con certezza, aveva del resto promosso la stesura del
trattato di Grimarest. Le due posizione opposte riguardo al problema si trovano esposte nellanonima Lettre critique M. de... sur le livre intitul La vie de Molire, Parigi, chez Claude
Cellier, 1706, e nella risposta di Grimarest, Adition [sic] la vie de Mr. de Molire, contenant
une rponse la critique que lon en a faite, Parigi, Le Fvre, 1706 (ambedue ora Jean-Lonor Le Gallois de Grimarest, La vie de Molire, edizione critica curata da Georges Mongrdien, Parigi, Michel Brient, 1955). Per quanto riguarda Dubos e il riconoscimento dellarte
scenica (recitazione compresa) come fenomeno pienamente degno di attenzione culturale
sintomatico il capovolgimento operato nella sezione IX del terzo libro delle Rflexions. Mentre la ricostruzione delle forme teatrali greche e romane aveva a lungo costituito il modello
di riferimento per la discussione della moderna produzione teatrale, Dubos sostiene che per
capire i passi degli antichi che parlano delle loro rappresentazioni teatrali appare necessario conoscere quanto succede nei teatri moderni e anche consultare le persone che professano quelle arti che hanno almeno qualche nesso con quelle degli antichi, ma la cui pratica
andata perduta (cit., pp. 414-15).
7 Tra le prime testimonianze del tentativo operato dal teatro professionale di assimilare la
recitazione alloratoria la descrizione dellarte dellattrice Vincenza Armani, proposta da
Adriano Valerini nello scritto In morte di Vincenza Armani, comica eccellentissima, ora in F.
Marotti e Giovanna Romei, La professione del teatro, Roma, Bulzoni, p. 34, nonch lidentificazione dellattore con loratore operata da Giovan Battista Andreini nella Ferza. Ragionamento secondo contra laccuse date alla commedia, sempre nella Professione del teatro, cit., p. 496.
8 Sul tema delloratoria come fondamento delle diverse manifestazioni artistiche vedi
Marc Fumaroli, Lge de lloquence, Parigi, Droz, 2002, in particolare alle pp. 28-31.
9 Giovan Battista Andreini, La ferza, in op. cit., p. 497.
10 Andrea Perrucci, Dellarte rappresentativa premeditata ed allimprovviso, Firenze, Sansoni, 1961, p. 55.
11 Charles Gildon, The Life of Mr. Thomas Betterton, London, Robert Gosling, 1710, p.
25.
12
Lonor Le Gallois de Grimarest, Trait du rcitatif, dans la lecture, dans laction publique, dans la dclamation et dans le chant, avec un trait des accents, de la quantit et de la
ponctuation, Parigi, Jacques Lefvre et Pierre Ribou1707, p. 123.
13
Fraciscus Lang, Dissertatio de actione scenica, Monaco, Typis Mari Magdalen Riedlin, 1727, p. 6.
14 Ivi, p. 11
15
Ivi, p. 55
88
89
spiegarne un altro, creando una fluidit concettuale che d alla discussione unapparente dispersivit: Du Bos ha in mente un disegno nitido, che nasconde mescolando fonti e registri linguistici, dando limpressione di praticare un gioco erudito che non vuol distinguere il momento pratico da quello teorico, e inchiodando la dimensione teoretica
della riflessione musicale a quella pragmatica della drammaturgia. Per
poter articolare coerentemente le testimonianze, parlando ai propri
contemporanei, bisogna risolvere anzitutto un problema, spiegare cio
cosa sia la categoria di ritmo nel mondo antico, su cui le testimonianze
latitano, che tipo di ricaduta essa abbia avuto sulluso del declamato,
e infine quale sia lo spessore dellevento vocale nella rappresentazione
teatrale, come si possa, ad esempio, far viaggiare il suono in uno spazio ampio come il teatro antico, quali impasti timbrici la voce possa
utilizzare per rimandare a unimmagine pregnante della corporeit
dellattore, e in fine che ruolo abbia il canto in questo intreccio rappresentativo.
Per organizzare una materia tanto densa, Du Bos deve dar ragione
dello statuto ontologico della voce, delle modalit attraverso cui essa
si offre allascolto e alla sollecitazione delle emozioni: ponendo il problema in questi termini, e collocando momento gestuale e momento
vocale sullo stesso piano, viene in questione il legame dialettico che li
stringe.
Du Bos si muove adottando un doppio registro teorico, che lo
orienta verso una riflessione sulle forme dellespressivit umana, sui
legami originari che la voce stringe con le posture irriflesse del corpo,
e con i suoi spasmi da tutti riconoscibili mediati, sul piano della rappresentazione teatrale, dallartificialit linguistica del gesto convenzionale. Un discorso estetico, quindi, nel senso pi pieno, del termine,
una ricostruzione che oscilla continuamente dal piano antropologico a
quello artistico, dando per ragione della natura del suono vocale, che
non si identifica completamente con lalveo ristretto del suo gemello
musicale e cantato.
Di fronte a un tema di tale portata, che stringe immediatamente la
riflessione estetica sullefficacia espressiva della rappresentazione teatrale al modo in cui facciamo esperienza del sentimento, Du Bos oscilla fra due atteggiamenti antitetici: da un lato, egli costretto a ricostruire integralmente il significato originario del termine musica, compito che impone un riattraversamento di tutta la teoria armonica elaborata nel mondo greco, con il continuo riferimento alle categorie di
numero, di armonia, di sistema scalare, sempre vissuto, programmaticamente, allinterno di una sfera epistemologico-prescrittiva, che tende a sporcarsi ben poco le mani con la dimensione della pratica musicale; dallaltro, egli deve percorrere una viaggio straordinario, assolutamente inedito, allinterno di una fitta rete di testimonianze in cui
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materiali provenienti dalla poesia, dalle discipline retoriche, dalle testimonianze epistolari si fondano assieme per costruire unimmagine coerente del teatro antico, e soprattutto dei modi in cui il teatro e la musica portano lo spettatore a commozione.
Stabilire in quali forme gli eventi vocali, i rumori, il canto e il gesto potessero avvolgere lo spettatore, portandolo a identificazione con
il personaggio, non semplice. Nel teatro antico, il personaggio lontano, collocato a parecchi metri di distanza dallo spettatore, che pu
vederne solo la maschera, una sezione del volto, stilizzata, a cui d vita
solo il movimento oculare dellattore e il corpo che la sostiene. Il nostro autore, con originalit, lascia emergere dal quadro composito di
questi temi solo due fili conduttori: il ritmo, inteso come attacco del
vocale sul piano timbrico, e la diffusione del suono nello spazio.
Se il teatro contemporaneo a Du Bos cerca di portare lo spettatore
allinterno dellazione drammatica, che si preannuncia nel mutare del
colore delle scene e del colorito dellattore, risucchiando lo spettatore
allinterno della scena, il teatro antico si riverbera, si proietta fuori dalla scena, per avvolgerlo. Il cono cambia verso: il teatro antico amplificazione, il moderno assorbimento: la macchina antica procede per
stilizzazione che si rovescia sullo spettatore-ascoltatore, quella moderna
agisce per unidentificazione che fa partecipare.
Il cono lo stesso, ma il verso di percorrenza muta: il cono, tuttavia, anzitutto processo vocale, movimento concentrico della voce,
luogo privilegiato per una riflessione sul suono.
2. Il carmen e la modulatio: dal corpo statico alla dinamicit dellazione
Della teoria antica, a Du Bos interessa lo statuto epistemologicofondazionale: il fatto che la musica sia una disciplina in grado di portare a evidenza concetti 4, che sostengono il valore della drammaturgia,
partendo dalla definizione di strutture elementari quali suono, ritmo,
melodia, scala, genere e intonazione. Il suo interesse volto soprattutto alla funzione ipocritica, narrativa, della musica allinterno della costituzione fonica delloggetto poetico: struttura del verso, curvatura
melodica del canto, e intonazione 5 confluiscono nel pensiero che sostiene la costruzione della composizione musicale, e, in questa nicchia,
il movimenti della voce e i movimenti del corpo sono strettamente
correlati tra loro dallintelaiatura ritmica.
Passaggio di per s delicato, che impone che gestualit corporea e
vocale siano intrecciate in modo cos rigido, da evitare un problema
che tanto impensieriva Cicerone, che pure qui Du Bos non cita, ossia
i fenomeni di continuum ritmico, in cui il venir meno della regolarit
della scansione determina un flusso aperiodico, libero, privo di cesu93
re interne, dando luogo a una continuatio incontrollata, in cui si perde larticolazione della struttura temporale 6, e con quella, la capacit
di orientamento nel tempo o nellarticolazione dellorazione.
Quelle staticit che preoccupano loratore vengono meno solo se
metro e ritmo si intrecciano coerentemente, con tenui conflitti locali.
Emerge ancora una tendenza cartesiana alla linearit della forma, alla
totale interdipendenza delle parti con lintero, che si ripercuote sulla
struttura dellopera, ove il numero sostiene implacabilmente la struttura del verso, e il contesto di queste auree banalit sembrerebbe chiudere la discussione nellalveo di un arcadico formalismo, dove il numero offre lo scheletro del verso e la parola ne solo rivestimento sonoro 7. Ma proprio nel momento in cui Du Bos appare massimamente
inoffensivo, egli ci sorprende con una straordinaria torsione teorica,
ponendosi una domanda assai insidiosa: che funzione ha la voce in
tutto ci?
Quintiliano ha sostenuto che la modulatio della voce, il movimento di frazionamento del flusso vocale attraverso accenti e sillabazione
ritmica, pratica dominata da un ritmo musicale specifico, Boezio ci
dice la forma ritmico-sillabica del verso si fonde alla struttura musicale
che lo sostiene, ma tutto questo accade in grazie dellintonazione vocale, di una modulatio che, in fondo si sottrae a tutti questi schematismi, e che colpisce lascoltatore.
I regimi intonativi della modulatio sono rigidi, hanno contesti propri che non vanno imbastarditi tra loro, loratore che si affida a un
tono teatrale sporca la purezza del proprio discorso, il canto guerresco
e la declamazione del proclama hanno un proprio regime vocale inconfondibile, ma tutto questo spinge Du Bos a sollevare una domanda non priva di malizia: se le cose stanno davvero cos, che natura ha
la voce, per riuscire a partecipare a intendimenti tra loro opposti? Il
verso evento che partecipa del rumore vocale, il canto no. Se quella sintesi ha luogo, la voce ha carattere mimetico, elemento metamorfico che passa attraverso quei contesti, non lasciandosene esaurire.
Du Bos si diverte a riportare molti esempi 8 tratti dal mondo greco
e latino, in cui la voce vive in un regime bastardo, fra canto e declamazione, ma perch proprio il vocale, la modulatio a fondersi continuamente ad altre istanze espressive, legate al gesto, alla dimensione
rappresentativa della saltatio, una categoria ampia, in cui il gesto si fa
narrazione e che fa parte del terreno irriflesso di tutta lespressivit
umana. Saltatio e modulatio sono, in primo luogo, atteggiamenti che si
appogiano al corpo prendendo spessore nellurlo o nella gesticolazione
e, in secondo grado, categorie estetiche.
In altri termini, se nella musica ipocritica, e nella saltatio, attori
diversi mimano e recitano, appoggiandosi alla stessa struttura ritmica,
che sostiene canto e accompagnamento strumentale, ci trova fonda94
mento nel fatto che gesto espressivo e intonazione vocale sono un atteggiamento spontaneo, che viene teatralizzato attraverso convenzioni
artificiali. Quellartificialit poggia su una componente cerimoniale,
che fa parte integrante dellespressivit umana.
La lunga polemica che Du Bos intesse con gli esegeti del mondo
antico della sua generazione, e di quella appena precedente, sembra
avere come scopo una questione davvero astratta ossia che la saltatio
non sia solo passo di danza, ma gesto espressivo che rafforza la trasmissione di una emozione. Se sorridiamo amaramente di fronte alla
rassegna di imperatori romani che mettono sullo stesso piano laspetto
gestuale e quello della parola, preferendo, a volte, il gesto alla componente verbale, se Eliogabalo, Caligola, Nerone portano consapevolmente la dimensione teatrale nella comunicazione del politico, perch un residuo emozionale accompagna continuamente la nostra esperienza del mondo, e quel residuo non si esaurisce nella parola. Il gesto oracolare non un doppio della parola, ma un semplice ampliamento del suo senso.
La differenza di grado fra saltatio e danza, la gradualit del passaggio fra modulatio, carmen e canto dispiegato, permette allo spettatore
di teatro di cogliere con maggior chiarezza delle emozioni che lo attraversano nella vita quotidiana. Siamo a un passo dal linguaggio dazione
di Condillac, ma qui non si costruisce una storia naturale della lingua,
ci si limita a osservare il comportamento dello spettatore sollecitato
dallattore, dal corpo e dalla risonanza che esplode nella maschera.
3. Musica e natura ontologica della voce
I toni e il ritmo agiscono su di noi per natura 9: la musica allevia le
sofferenze, mentre la battaglia balletto cruento, in cui i guerrieri si
attaccano al suono, che completa il senso delle loro azioni, scandendone quasi un gesto idealizzato. Nel discorso retorico e nella musica siamo tratti fuori di noi: ma il potere della musica anche potere della
parola, la parola messa in musica dalla melopea devessere eufonica, il
suono vocale guarda in entrambe le direzioni, e nella tragedia lattore
e il musicista obbediscono alle medesime partizioni spazio temporali.
Questo implica che esista una melodicit della declamazione, ma dove
possiamo collocare questelemento intermedio, fra canto, diastematico
e parlato, che continuo?
Du Bos punta sulla scansione del suono, sullattacco dellevento
vocale, come colpo che segue una forma ritmica, e il carmen, da questo punto di vista, valorizzazione del rumore in direzione di una residualit musicale. Laccento, che intensifica la corposit del suono o
che ne riduce limpatto, un sistema per modulare il modo di portare
95
il suono alla presenza attraverso le molte forme percussive dellattacco. Il discorso parlato essenzialmente momento melodico che prende
consistenza attraverso il controllo sul timbratura vocale, che contiene
il flettersi della voce verso lalto e verso il basso. Lantica distinzione
aristossenica stata rovesciata, la comunanza dorigine conta assai pi
della differenziazione formale.
La distinzione fra ritmo e metro, cos sfumata, trova il proprio luogo nella ricerca di un declamato melodico, che sostiene landirivieni
rumoroso delle frequenze vocali e parlanti: il ritmo trattiene, il timbro
ora fa cantare la melodia racchiusa nella parola, e questa ricostruzione del suono antico sembra aprire la porta alle suggestioni di Ligeti e
di Berio, ma con una straordinaria consapevolezza delleffetto drammaturgico del suono vocale, e non della sua polisemia.
In questo, il suo legame con la saltatio si rafforza: il gesto ci accompagna anche nellenunciazione del suono e la messe di portati
lockiani che si appoggiano alla feconda distinzione fra gesti naturali e
artificiali deve, in Du Bos, arricchire la struttura empirica con il portato immaginativo legato alleloquenza del gesto, che ci accompagna in
continuazione.
Tutto il sesto libro della Poetica aristotelica viene spiegato, e brutalmente compresso, in questa prospettiva: vi un convergere originario di danza e suono, di parlato e cantato, che trova il proprio fondamento nellunit originaria della vocazione espressiva delluomo, in
una posizione dove cartesianesimo e filosofia lockiana si tendono inaspettatamente la mano rispetto alle forme del com-prendere: anche se
canto e declamazione vocale sono oggetti scientifici diversi, nel teatro
devono esser portati a unit, nella relazione ritmica che ne scandisce
le occorrenze, mentre la declamazione del carmen abbandona il terreno del parlato per approdare al musicale. Un residuo di musicale, tuttavia, presente nella materia sonora della parola, canta dentro il suono delle lingue naturali: la voce non ha pi un luogo, semplicemente
perch dappertutto. Calcando sulla mediet dellevento vocale, Du
Bos pone con grazia un problema pesante: come distinguere fra suono musicale e componente rumorosa della voce, come sostenere una
distinzione teorica cos forte, se lo statuto espressivo della voce prolifera nellarea intermedia in cui lattacco vocale, sposandosi al ritmo,
rende espressivo il residuo rumoristico del suono vocale? Alla voce
pertiene lopacit e la pesantezza della pietra, come la possibilit di
fusione armonica con gli strumenti, selezionati sulla base dellandamento della declamazione o del canto 10.
Cos, lattore antico, che canta, ha bisogno di un gruppo di strumenti a fiato che lo sostenga nel mutare delle intonazioni e che sappia
creargli intorno un contesto espressivo, in grado di rafforzarne leffetto
drammatico: la possibilit di manipolazione sulla fonte sonora in Du
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della rappresentazione, ci si lega a un prepotente ritorno della componente musicale degli strumenti a intonazione fissa, a corda, che non
permettono allattore o al cantante di poter sporcare lattacco del suono, perch in quel contesto la stonatura, o lapprossimazione dellintonazione, si fa avvertire con nettezza.
Muovendosi verso il canto, la declamazione e il gesto che lo accompagna, devono diventare pi veloci, perch gli attori hanno bisogno di un riferimento musicale continuo, devono cercare la nota di
appoggio e la durata dellemissione si deve contrarre. Per molti versi,
Du Bos non sta pi parlando del mondo antico, ma sta riflettendo su
quel mondo limmagine del dibattito sulla rappresentazione drammatica delle passioni che tanto peso ha nei tempi suoi. Il gesto teatrale
muta, perch si trasformata la compagine strumentale che ne sostiene laggancio vocale. Dietro a Orazio, Du Bos mette in scena i fantasmi di Lulli e Molire, e con quelli il passaggio dalla rappresentazione teatrale della passione come forza a quella dellattore-personaggio
scosso dallemozione.
4. La digressione sulla maschera: la stilizzazione del carattere
Nel XII capitolo della sua ricognizione sul tema del teatro antico
Du Bos apre unampia digressione 12 sulla funzione della maschera antica, portando a fusione i precipitati del rapporto fra carmen e saltatio.
In apparenza si tratta di discutere della funzione di due figure distinte,
il mimo e il cantore nel teatro antico, ma la dotta dissertazione nasconde, dietro allampio repertorio di citazioni, il tema scottante dellidentificazione fra spettatore e attore: il riferimento allirruzione della maschera italiana nella commedia, allattualit, infatti, permette a Du Bos
di aprire una fitta serie di osservazioni sullamplificazione della vocalit nel teatro antico, e sulle capacit rappresentative dellascolto.
Il disegno della maschera offre un carattere al personaggio, lo rende inconfondibile, ne porta alla luce una somatica intrisa di concetti,
crea cio una fisiognomica. La maschera una gabbia che porta in
scena linteriorit del personaggio, non copre, ma svela. Giochi di profilature, dove le maschere di vecchi ostentano serenit da un lato, tristezza dallaltro: presso il Museo Archeologico di Lipari, esiste unemozionante maschera di Edipo, dagli occhi bianchi, e spalancati, che contrastano con lespressione remota che tiene fisso il resto del viso, che
ha gi vissuto la macchina tragica. Du Bos cita molti esempi del vantaggio pratico di un mascheramento in grado di estrovertere linterno:
egli rileva che, nella costruzione dellespressione della maschera, possono coesistere tratti contraddittori, che illuminano le differenti funzioni drammaturgiche dei personaggi, rispetto alle emozioni che le scuote.
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massa daria vocale esce per un pertugio, che la potenzia e la comprime, imponendo un regime di chiarezza e distinzione alla parola intonata, facendoci ripetere, con Boezio, che la concavit della maschera
amplifica la voce.
Teatro della risonanza, dove eco trattiene il suono della poesia e fa
vibrare il pubblico nella sfera sonora attorno al palcoscenico. Questa
osservazione non accontenta Du Bos, che sente il bisogno di aggiungere alla maschera un piccolo cornetto, che ci fa sospettare in lui un
attento lettore della Phonurgia kircheriana.
Nella maschera dellattore, la bocca si spalanca in modo innaturale,
assume un caratteristico andamento a cono, portando in avanti le labbra e creando una sorta di protuberanza, che funge da amplificatore:
il deformarsi della componente rumoristica rendeva, osserva ancora
Du Bos, che cita ora Quintiliano, il riso dellattore sgradevole, troppo
cavernoso, diremmo noi. Ma lorecchio inquieto di Du Bos ha altri
luoghi da segnalarci, che rimandano alla centralit dello strumento
vocale e del rapporto con la maschera: Stratocle ha voce stridula, impersona bene la tipologia del personaggio dazione, la scattosit del
gesto si coniuga alla grana della sua voce, il cui timbro acuto viene
modulato virtuosisticamente nella risata allinterno della piccola grotta
vocale. Il materiale di costruzione del cornetto si evolve e nella testimonianza di Plinio la pietra calcofona, nera e dal suono dottone, va
raccomandata al commediante.
Du Bos fa preziose osservazioni, che, se da un lato rimandano a
decise sintesi dellimmaginazione (il concetto di suono dottone, non
semplicemente metallico, dove la luminescenza del metallo, che fa
tuttuno col timbro della maschera facciale 14, allude anche allatteggiamento corporeo che porta la voce lontano), dallaltro tracciano la linea
di una fenomenologia del materiale amplificatorio.
Partendo da questi elementi, possiamo trarre alcune conclusioni:
linteresse di Du Bos nei confronti del musicale volto alleffetto, la
sua organologia si trattiene su gruppi di strumenti ingombranti, dalla
sonorit squillante, potente, e si trattiene pi sugli aspetti di teatralizzazione della musica, che non sulla concettualit che la sostiene. Egli
opera una lettura drammaturgica della spazializzazione del suono: allorigine, il teatro antico pura risonanza, rafforzata dal gesto, e questo basta a dar presenza al lontano.
Quella sintesi affonda nel comportamento umano, di cui il teatro
antico ancora rappresentazione stilizzata: la nascita del teatro ci
che il teatro ancora , nella sua essenza, e che la poesia condensa sul
piano del significato. Origine e struttura, per Du Bos, sono identiche,
mentre i mezzi empirici evolvono.
Il teatro antico ritualizzazione dellemozione, e questo riferimento, ancora aristotelico, lo guida in quella che, forse, la parte pi sor100
1
J.-B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, a cura di M. Mazzocut-Mis
e P. Vincenzi, Prefazione di E. Franzini, cura delle fonti antiche di M. Gioseffi, Aesthetica
Edizioni, Palermo 2005.
2
Ivi, p. 395.
3 Esemplare, da questo punto di vista, il tentativo di dimostrare, attraverso Aristide
Quintiliano e Porfirio che nella declamazione del verso nel mondo romano si determini una
bipartizione delle discipline musicali in metrica e arte ritmica propriamente detta. Gli aspetti
ritmici toccano, naturalmente, anche la dimensione del timbro: ivi, p. 375 e ss.
4 Ivi, p. 374.
5
Ivi, p. 376.
6 Per questo problema, vedi Witold Rudzinski, Il ritmo musicale. Teoria e storia, ed. it.
a cura di Rosy Moffa, LIM, Lucca, 1993, p. 181. Cicerone, nel De Oratore, osserva che il
ritmo devessere nettamente percepibile, come accade per le gocce dacqua, che riesci a contare. Nella continuit inarticolata, perdendosi la scansione, si perde lintero andamento del
discorso (De Oratore, III, XLVIII - 84).
7
Vedi lesempio tratto dalle Egloghe virgilane: J.-B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, cit., p. 377.
8 Tutta la discussione che sostiene il quarto, il quinto ed il sesto paragrafo della Parte
terza adombra questa direzione.
9 J.-B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, cit., p. 384.
101
10 Non ci stupisce che un modo cos raffinato, ed eretico, nel proporre la tematica dellascolto aggredisca anche il piano sensibile in cui i suoni musicali si fondono tra loro nelle
consonanze. Seneca osserva che in un coro suoni diversi riescono a fondersi tra loro, in modo
tale che voci in tessitura grave, media e acuta, sostenute dalle sonorit dei fiati, diano luogo
a un complesso sonoro in cui non sia possibile distinguere le parti, in cui suoni diversi divengano semplici momenti di unemergenza complessa. Se questo implica che, in quel contesto,
la declamazione del coro possa emergere semplicemente come canto, Du Bos non esclude
che vi sia la possibilit di lavorare sul coro, per portare la scabrosit vocale del carmen a
essere avvolta da un impasto timbrico in grado di raggiungere una fusione altrettanto efficace.
Du Bos indica la direzione che percorre tutto il modello della cantabilit novecentesca, appena affrancata dalle isole degli intervalli di consonanza, che punta, per varie vie, verso un
parlato cantato, da Janack a Schoenberg.
11 Ivi, p. 416.
12
Ivi, pp. 427-41.
13 Ivi, p. 431.
14 Sul tema, vedi Franoise Frontisi Ducroux, Du masque au visage, Flammarion, Paris,
1995, pp. 39-44.
102
106
Listinto di un diplomatico
Du Bos sa bene quanto lanimo delluomo sia impressionabile,
quanto sia predisposto a emozionarsi sia davanti agli spettacoli reali sia
davanti agli oggetti imitati dallarte. La natura ha dotato luomo di
una sensibilit pronta e sollecita, come principale fondamento della
societ 17. Da questo punto di vista la sensibilit pu diventare non
solo la base di una nuova estetica ma anche il fondamento del vivere
civile proprio perch, arginando lamore per s, promuove la compassione e la compartecipazione. E siccome le lacrime di uno sconosciuto ci commuovono addirittura prima di conoscere il motivo del suo
pianto 18, chi vuole governare una comunit di uomini sa bene che si
ottiene molto di pi attivando la sensibilit, passando attraverso i facili canali della commozione e del turbamento, che non cercando lapprovazione attraverso il ragionamento e la convinzione.
Non un caso che Du Bos fosse un diplomatico e un acuto consigliere politico che metteva i suoi sforzi al servizio di una difesa della
cattolicit anche in funzione propagandistica, svolgendo delicate missioni
soprattutto in Olanda e in Inghilterra 19. Esponente del partito dOrlan, preoccupato di non fondare la monarchia assolutistica n sul diritto divino n sul diritto di conquista, ma su dati storici e giuridici,
vuole restituire ai Parlamenti le loro antiche competenze. Legato al cardinale Dubois, che preme per unalleanza con lInghilterra e con lOlanda contro la Spagna, fautore di un nuovo assolutismo, che riconosce nel pubblico e nella propaganda due strumenti assai potenti 20.
Un fatto certo per Du Bos. La sensibilit deve essere attivata velocemente e in modo impressionistico. Da qui lidea che la fede dei
cattolici possa essere stimolata attraverso lattrattiva delle immagini,
per mezzo di una propaganda energica. Bando, quindi, alle disquisizioni, ai lunghi discorsi. Ci che egli teme pi di ogni altra cosa lasfissia di una frase regolamentata, di una frase soggetta alle regole dellaccademia 21. Egli teme unarte giudicata da un gruppo di funzionari, che applicano una regolistica rigida e senza vita, che decretano che
cosa sia bello e che cosa sia brutto, senza riferimento a quella massa
emotivamente coinvolta, il pubblico, a cui lopera rivolta.
Non a caso, quindi, si dichiara lettore di Roger de Piles, ammiratore sovversivo dei pittori fiamminghi 22, decreta limportanza del colorito, esaltando nel dipinto il gusto non per la verosimiglianza ma per
la menzogna e lartificio e va contro Le Brun, accademico e regolista 23. Cos, leggendo larte attraverso gli occhi di un diplomatico, contro un impero che si chiude in se stesso e che difende i propri valori,
anche attraverso le sue accademie 24, Du Bos esalta lOlanda, con il
suo attivismo, i suoi commerci, i suoi scambi con lOriente, le sue droghe, che cambiano il gusto degli abitanti e lo rinvigoriscono con il calore dei paesi dalle quali provengono 25.
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il piacere metastorico che sono in grado di suscitare (anche per Fontenelle, se larte viene considerata sul piano della complessit storica,
pu progredire quando, guardata dal lato del soggetto, non lo pu
affatto 35).
Ora il paradosso di Du Bos che sono vere entrambe le conclusioni. La prima, per, sar relativa non tanto al gusto quanto al genio, e
gli olandesi lo provano. Cos, per quanto riguarda il gusto, varr in Du
Bos non solo la lockiana esperienza ma anche un certo atteggiamento
conservatore nella difesa non tanto della societ in generale quanto di
quel gruppo di uomini onesti, forse sarebbe meglio dire di uomini onesti borghesi, che costituisce il pubblico in grado di decretare il
valore di unopera.
Perci, se da un lato il gusto pu perfezionarsi attraverso una fruizione allargata che consente di istituire confronti e paragoni (il retaggio esperienziale di lockiana memoria qui evidente), dallaltro non
pu di fatto fallire o contraddirsi, una volta decretato il valore di
unopera. Anzi il perseverare di un giudizio ne garantisce la seriet e
la veridicit che si fonda sul sentimento, patrimonio comune e condivisibile di tutta lumanit, e non influenzabile dal clima.
Una teoria diffusa
Senza sfiorare Montesquieu, che, com noto, subisce la forte influenza di Du Bos e del rinnovato interesse per il clima che ha origine dalle letture dubosiane, e senza recuperare Aristotele o Ippocrate,
le teorie climatiche erano di gran moda ai tempi dellabate, anche a
livello di credenza popolare. La nozione di determinismo geografico, fa notare Jean Ehrard, si accorda bene con due tendenze settecentesche: da una parte fornisce allo spinozismo latente o riconosciuto dellepoca un contenuto concreto e labbozzo di una conferma
sperimentale; dallaltra, supponendo gli uomini individualmente o collettivamente passivi allazione dellambiente naturale, si ricollega allipotesi sensualistica e soprattutto allinterpretazione materialistica che
spesso ne danno i discepoli francesi di Locke 36. Lidea che il clima
potesse influire sullambiente, sugli usi e i costumi di un popolo talmente nota che Boileau linserisce nellArt potique.
Cos Fnelon scriveva:
Sono ben lontano dal voler preferire, in generale, il genio degli antichi oratori a
quello dei moderni. Sono proprio convinto della verit di un paragone che stato
fatto: come gli alberi hanno oggi la stessa forma e producono gli stessi frutti che producevano duemila anni fa, cos gli uomini producono gli stessi pensieri. Ma ci sono
due cose che mi permetto di far osservare. La prima che alcuni climi sono pi fortunati di altri per certi talenti come per certi frutti. Per esempio la Linguadoca e la
Provenza producono uva e fichi che hanno un gusto migliore di quelli prodotti in
Normandia e nei Paesi Bassi. Allo stesso modo gli abitanti dellArcadia erano per natura pi adatti alle belle arti degli Sciti. I Siciliani sono pi portati per la musica dei
111
Lapponi. Si constata pure che gli Ateniesi avevano uno spirito pi vivo e pi sottile dei
Beoti. La seconda cosa che noto che i Greci possedevano una specie di lunga tradizione che a noi manca; avevano una maggior cultura per leloquenza di quanta ne
possa avere la nostra nazione. Presso i Greci tutto dipendeva dal popolo e il popolo
dipendeva dalla parola. Nella loro forma di governo, la fortuna, la reputazione, lautorit dipendevano da ci che i pi sostenevano; il popolo era trascinato dai retori
artificiosi e veementi, la parola era una grande risorsa in pace e in guerra: da ci derivano tante arringhe che sono riportate nella storia e che per noi sono quasi incredibili tanto sono lontane dai nostri costumi 37.
E La Bruyre affermava:
Coloro di cui Teofrasto ci dipinge i costumi nei suoi Caractres erano Ateniesi e
noi siamo Francesi; e se uniamo alla diversit dei luoghi e del clima il lungo intervallo
di tempo che ci separa e se consideriamo che questo libro pu essere stato scritto
nellultimo anno della centoquindicesima olimpiade, cio trecentoquattordici anni prima dellera cristiana e quindi questo popolo di Atene viveva da oltre duemila anni, ci
stupiamo di riconoscere noi stessi, i nostri amici, coloro con i quali viviamo e che tale
rassomiglianza con uomini che ci hanno preceduto tanti secoli fa sia cos completa. In
effetti, gli uomini non hanno cambiato cuore e passioni; sono ancora come erano allora e come sono stati descritti da Teofrasto: vani, falsi, adulatori, interessati, sfrontati,
importuni, diffidenti, maldicenti, litigiosi, superstiziosi 38.
religione ma solo a una generica volont suprema che muove la natura. Una lezione di relativismo, pure questa.
Eppure Du Bos non particolarmente affascinato dal buon selvaggio. La sua una visione tipicamente europeistica. Il resto del mondo
va considerato per quello che : unimmensa regione, varia e complessa, che ha subito un arresto di sviluppo. Du Bos deve, com sua abitudine, far tornare i suoi conti. Vi ununica razza dalla quale noi tutti
discendiamo inutile moltiplicare gli enti ma che purtroppo pu
corrompersi. Lo spirito del diplomatico economista, che guarda di
buon occhio la vittoria dellimprenditoria coloniale, gli suggerisce una
via semplice e proficua: i negri e i lapponi non sono stupidi o ingenui
a causa di una cieca o finalistica ragione divina o vendetta del cielo,
ma ovviamente per il clima, troppo caldo in un caso e troppo freddo
nellaltro. sorprendente che i disegni del Creatore si accordino cos
bene con i pregiudizi razziali di un borghese dOccidente 40.
Saltazione e degenerazione
La fantasiosa filosofia climatica di Du Bos, che ha quale presupposto il riscaldamento della terra, sar di fatto smentita qualche anno
dopo da Buffon che, al contrario, sosterr che la crosta terrestre si sta
raffreddando (noto il calcolo dellet della terra in base a tale teoria) 41.
Il globo terrestre ha un calore interno che gli proprio e che indipendente da quello che i raggi del sole possono comunicargli. [...] Il
calore che il sole invia sulla terra abbastanza poco se lo si paragona
al calore proprio del globo terrestre; e questo calore inviato non sarebbe sufficiente da solo per mantenere viva la natura 42. La terra, globo in origine incandescente, si sta lentamente raffreddando e le regioni
a Nord, un tempo calde, saranno soggette a un irrevocabile raffreddamento.
Ci non toglie che anche per Buffon linfluenza del clima sia determinante e che la stessa temperatura, lo stesso clima, producano, in
ogni luogo della terra, gli stessi vegetali; non diversamente accade agli
animali 43. Anche luomo ha subito le stesse
leggi della natura, le stesse alterazioni, gli stessi cambiamenti. Conveniamo che la
specie umana non differisce essenzialmente dalle altre specie riguardo alle sue facolt
corporee e che a questo proposito la sua sorte stata pressappoco la stessa di quella
delle altre specie; ma possiamo noi dubitare di differire prodigiosamente dagli altri
animali per quel raggio divino che il sovrano essere si compiaciuto di dispensarci?
Non vediamo che nelluomo la materia guidata dallo spirito? Luomo ha potuto dunque modificare gli effetti della natura; ha trovato il mezzo per resistere alle intemperie del clima; ha creato calore quando il freddo lha distrutto: la scoperta e luso dellelemento del fuoco, dovuti alla sua sola intelligenza, lhanno reso pi forte e pi
robusto di qualsiasi animale e lhanno messo nella condizione di affrontare i tristi effetti del raffreddamento 44.
113
115
1 Allinizio del XVIII secolo si parla spesso degli insetti invisibili presenti nellatmosfera,
e lAbate Dubos si era forse informato, durante i suoi viaggi in Olanda, della teorie di Hartsoeker sulla panspermanie e sulla disseminazione dei germi (J. Ehrard, Lide de nature
dans la premire moiti du XVIIIe sicle, Albin Michel, Paris 1994, p. 710).
2
Non tanto relative alla sua Astrologie mondiale, per lungo tempo restata inedita, quanto
quelle della sua Vie de Mahomet, apparsa nel 1730.
3 J.-B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, a cura di M. Mazzocut-Mis
e P. Vincenzi, prefazione di E. Franzini, cura delle fonti antiche di M. Gioseffi, Aesthetica
Edizioni, Palermo 2005 (dora in avanti RC), Parte II, sezione XII.
4 RC, Parte II, sezione XVI.
5
Ibidem.
6 Du Bos incontra anche degli oppositori. Frron considera chiacchiere ridicole lidea
che delle variazioni climatiche potrebbero essere la causa della decadenza delle arti in Francia, che ha avuto inizio nel secolo precedente (J. Ehrard, Lide de nature dans la premire
moiti du XVIIIe sicle, cit., p. 713, e cfr. E.-C. Frron, in G. Desfontaines, A. M. Mairault, E.C. Frron, abb J. Destres (a cura di), Jugements sur quelques ouvrages nouveaux, 10 tomi,
Pierre Girou, Avignon 1744-145, t. II, 1744, pp. 122-23). In effetti la maggior parte delle
obiezioni rivolte a Du Bos riguardano le supposizioni dellautore, le conseguenze possibili
del sistema o i suoi aspetti pi nuovi e nello stesso tempo pi contestabili: lidea stessa di
unazione diretta del clima sulla mente dei popoli e sulle loro produzioni intellettuali o artistiche non viene attaccata (J. Ehrard, Lide de nature dans la premire moiti du XVIIIe sicle,
cit., p. 713).
7
RC, Parte II, sezione XVI.
8 F. Dagognet, Pour une thorie gnrale des Formes, J. Vrin, Paris 1974, p. 45.
9 Ivi, pp. 45-46.
10
RC, Parte II, sezione XVII.
11 A. Lombard, Labb Du Bos. Un initiateur de la pense moderne, Hachette, Paris 1913,
p. 249.
12
RC, Parte II, sezione II.
13 Il tema della noia, legato anche allanalisi del teatro quale motivo di evasione, presente
in J.-B. Bossuet (Maximes et Rflexions sur la Comdie, Jean Anisson, Paris 1694), in B. Lamy
(Nouvelles rflexions sur lart potique, dans lesquelles en expliquant quelles sont les causes du
plaisir que donne la Posie, & quels sont les fondemens de toutes les Rgles de cet Art, on fait
connatre en mme tems le danger quil y a dans la lecture des Potes, Paris 1668 e Lart de
parler, Paris 1678) e in J. Le Clerc (Trait de lorigine des romans, 1670, ed. critique accompagne dune introduction et de notes, N. V. Swets & Zeitlinger, Amsterdam 1942, oppure
si veda Slatkine, Genve 1970) sicure fonti dubosiane Jean Le Clerc fu corrispondente di
Du Bos gi ampiamente sviluppato da Pascal nelle Penses. Se si considera la sezione
dedicata al divertissement, il tema della noia risalta con particolare evidenza. Luomo ama
il rumore e il trambusto antidoti per quello stato di abbandono e di prostrazione in cui
getta la noia. Il teatro uno di questi antidoti, anche se (e qui la distanza da quella che sar
la posizione di Du Bos particolarmente evidente) la sua funzione moralmente riprovevole.
Il divertimento dannoso per la vita cristiana! Cfr. B. Pascal, Pensieri e altri scritti, a cura di
G. Auletta, Mondadori, Milano 1994, pp. 167-71, in part. p. 168.
14 Cfr. RC, Parte I, sezione I.
15 Ibidem.
16
Ibidem.
17 Ivi, sezione IV.
18 Ibidem.
19
F. Dagognet, Pour une thorie gnrale des Formes, cit., p. 28.
20 A. Becq, Gense de lesthtique franaise moderne 1680-1814, Albin Michel, Paris 1994,
p. 259.
21
F. Dagognet, Pour une thorie gnrale des Formes, cit., p. 31.
22 Ivi, p. 32.
23 Cfr. R. De Piles, Dialogue sur le coloris, in Ch.-A. Dufresnoy, LArt de peinture, N.
Langlois, Paris 1673; R. de Piles, Cours de peinture par principes, J. Estienne, Paris 1708;
Confrences indites de lAcadmie royale de peinture et de sculpture... La querelle du dessin
et de la couleur, discours de Le Brun, de Philippe et de J.-B. De Champaigne (1672), a cura di
A.-J.-Ch. Fontaine, A. Fontemoing, Paris 1903.
116
Cfr. F. Dagognet, Pour une thorie gnrale des Formes, cit., p. 34.
Cfr. RC, Parte II, sezione XVII.
Ivi, Parte I, sezione XL.
27 Cfr. ivi, sezione XXXIII e anche E. Caramaschi, Lestetica dellAbate Du Bos: impressionismo o tradizionalismo?, in V. Branca (a cura di), Rappresentazione artistica e rappresentazione scientifica nel secolo dei lumi, Sansoni, Firenze 1970, p. 225.
28 Tra il 1694 e il 1707 ha il suo culmine in Francia una querelle che prende avvio
dallantica polemica tra le due correnti di pensiero retorico, quella che sosteneva una teoria
psicagogico-irrazionale e laltra logico-scientifica sulla liceit delluso di elementi irrazionali
ed emozionali nelleloquenza. A. Arnauld (La logique ou lart de penser, Des Prez, Paris 1654)
e B. Gilbert (Jugemens des savans sur les auteurs qui ont trait de la rhtorique, 3 voll., Jacques Estienne, Paris 1713-19, vol. III) sostenevano la tesi secondo la quale indispensabile,
per colpire, fare appello allemotivit del fruitore.
29
Scriveva il Gravina, una fonte delle riflessioni di Du Bos: Or la cagione perch alcuni
pongono in fuga il popolo, perch non sempre hanno felicemente colorito al vivo, ed hanno
voluto produrre la magnificenza, e la meraviglia, con la durezza della struttura, colla stranezza, ed oscurit di termini dottrinali, e collintricata collocazione di sentenze astratte ed ideali; quando potean produrla collistesse cose sensibili, e collimmagini materiali, le quali eccitano per se stesse la maraviglia, e la novit, quando saranno in nuova maniera, e con destrezza combinate, trasferite ed alterate (V. Gravina, Della ragion poetica. Libri due, F. Gonzaga, Roma 1708, p. 30). A ben guardare molte possono essere le fonti di Du Bos al proposito. Ne cito una, poco ricordata, a titolo di esempio. Si tratta di Franois Hdelin, Abb
dAubignac, che, nel suo Deux Dissertations concernant le pome dramatique, en forme de
remarques sur deux tragdies de M. Corneille intitules Sophonisbe et Sertorius, envoyes
Madame la Duchesse de R* (J. Du Brueil, Paris 1663, p. 29), spiega che quando si tratta di un
poema drammatico il popolo, che non ha letto Aristotele, sa giudicare correttamente ascoltando solo il proprio sentimento.
30 RC, Parte I, sezione XVII.
31
Ivi, Introduzione.
32 Ibidem.
33 Cfr. ivi, parte II, sezione XXXII.
34
Linfluenza della filosofia inglese (Bacone, Locke, Berkeley, Shaftesbury) e della critica
letteraria (Dennis, Addison) assai consistente. In particolare la riflessione di Locke noto
il fatto che aiut la diffusione in Francia dellEssay Concerning Human Understanding nella
traduzione francese di P. Coste alla base del sensualismo e dellempirismo dubosiano.
35 Cfr. Fontenelle, Bernard Le Bouyer de, Posies pastorales avec un Trait sur la nature
de lglogue et une digression sur les Anciens et les Modernes (Nouvelle dition augmente),
Pierre Mortier, Amsterdam 1701.
36 J. Erhard, Lide de nature en France dans la premire moiti du XVIIIe sicle, cit., p.
691.
37
Fnelon, F. de Salignac de La Mothe, Lettre sur les occupations de lAcadmie franaise.
Suivie des Lettres de Lamotte et de Fnelon sur Homre et sur les Anciens, nouv. d. collationne sur les meilleurs textes et accompagne de notes historiques, littraires et grammaticales
par E. Despois, Librairie Ch. Delagrave, Paris 1897, pp. 12-14. Cfr. R. Mercier, La thorie des
climats des Rflexions critiques LEsprit des lois, Revue dhistoire littraire de la France,
janvier-mars e avril-juin, 1953, pp. 17-37 e 159-75.
38
J. de La Bruyre, Les caractres ou Les moeurs de ce sicle [Document lectronique],
prcd de Les caractres de Thophraste, texte tabli par R. Garapon, Reprod. de ld. Bordas, Paris 1990, p. 5.
39
RC, Parte II, sezione XVII. Cfr. J. Chardin, Voyages en Perse et autres lieux de
lOrient..., 10 voll., J.-L. de Lorme, Amsterdam 1711, e Id., Journal du voyage du chevalier
Chardin en Perse et aux Indes orientales: par la mer Noire et par la Colchide..., Hachette, Paris
1976.
40 J. Erhard, Lide de nature en France dans la premire moiti du XVIIIe sicle, cit., p.
707.
41
Cos, se sono necessari trentacinquemila anni per il raffreddamento della terra ai poli,
solo per poter toccare la superficie senza bruciarsi e venti o venticinquemila anni in pi sia
per la ritirata dei mari sia per lintiepidirsi necessario allesistenza degli esseri cos sensibili
come lo sono gli animali terrestri, si capir bene che necessario aggiungere qualche migliaio
24
25
26
117
di anni in pi per il raffreddamento del globo allequatore sia per la maggior densit della
terra sia per laccesso del calore del sole che considerevole allequatore e quasi nullo al
polo (G.-L. Leclerc comte de Buffon, Des poques de la nature, in Histoire naturelle gnrale
et particulire, V, Imprimerie royale, Paris 1778, pp. 165-66).
42
Ivi, pp. 5-6.
43 Cfr. ivi, p. 187.
44 Ivi, pp. 187-88.
45
Ivi, pp. 2-3.
46 J. Erhard, Lide de nature en France dans la premire moiti du XVIIIe sicle, cit., p.
708.
47
Vedi, P. Vincenzi, J.-B. Du Bos: Gli antichi e la fondazione dellestetica moderna, Mimesis, in corso di stampa, cap. II, par. I.
48 Buffon afferma: La natura si trovata in differenti condizioni; la superficie della terra
ha preso successivamente forme differenti; anche i cieli sono mutati e tutte le cose delluniverso fisico sono come quelle del mondo morale, in un movimento continuo di variazioni
successive. Per esempio la condizione nella quale noi vediamo oggi la natura per opera
nostra e per opera sua; noi abbiamo saputo temperarla, modificarla, piegarla alle nostre necessit, ai nostri desideri; abbiamo scandagliato, coltivato, fecondato la terra: laspetto sotto
il quale si presenta dunque molto differente da quello dei tempi anteriori allinvenzione
delle arti (G.-L. Leclerc comte de Buffon, Des poques de la nature, in Histoire naturelle
gnrale et particulire, cit., pp. 4-5).
49 B. Balan, Lordre et le temps. Lanatomie compare et lhistoire des vivants au XIXe sicle, Vrin, Paris 1979, p. 119.
118
torica vanno totalmente liberati dai loro effetti letterari e dai pretesti
dellerudizione e della storia (cfr. Prface a Roger de Piles, Cours de
peinture par principes, Paris 1989, p. IV).
logico, inoltre, che cos venga a mancare lunit di uno sguardo assolutistico labsolutist gaze di cui parla la Jones (cfr. cit., p.
211) e tutto si frammenti e si disperda in una molteplicit di punti
di vista male o per nulla collegati tra di loro. perfettamente spiegabile, altres, che si determini ci che non azzardato intendere come
la femminilizzazione dellestetica. Se infatti la grande arte del precedente periodo storico, dalle arti figurative allarchitettura, dalla letteratura al teatro, aveva richiesto e trovato, nei propri fruitori, la predisposizione alla ricezione di valori tipicamente maschili, tra cui in primo luogo la gloria e lonore, ora che subentrano le piccole arti che
privilegiano linteresse prima di tutto per labbigliamento e larredamento, invece il momento in cui saffermano valori altrettanto tipicamente femminili. Grazie, soprattutto, alle borghesi, che, com nel
caso tipico della Pompadour, arriveranno persino ai vertici del potere,
e si finir cos collassistere alla definitiva affermazione di quel rgne
du Tendre, le cui prime manifestazioni gi risalgono, come si sa, alla
seconda met del secolo precedente.
Dopo aver rilevato tutto questo, non difficile dire che le Rflexions dubosiane, ancor prima che si consideri il successo da loro via
via ottenuto durante lavanzato Settecento nellambito della cultura
estetica europea (cfr. A. Lombard, Labb Du Bos. Un imitiateur de la
pense moderne (1913), Slatkine Reprints, Genve 1969, livre II), vanno considerate come un documento storico assolutamente affidabile
sullestetica francese che and affermandosi nellet della Reggenza. Va
infatti preso atto che malgrado si sia schierato dalla parte degli Antichi (cfr. Rflexions critiques sur la poesie et sur la peinture, A Paris,
chez Pissot, MDCCLXX; Slatkine Reprints, Genve 1967, sections 33
39; trad. it. Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, Aesthetica,
Palermo, 2005, pp. 122-61), coerentemente, daltronde, con la sua propria formazione umanistica, ci non toglie, per, che il Du Bos prima di tutto colui nel quale, pi che in qualsiasi altro, si trovano altres
registrati i profondi mutamenti nella sensibilit del suo tempo: mutamenti, e anzi, veri e propri sommovimenti, che sono patiti, ma che
sono anche ben accolti, un po da tutti i suoi connazionali, durante il
primo ventennio del XVIII secolo. Si tratta di non sottovalutare il fatto che quando le Rflexions compaiono, nel 1719, la Francia attraversa
un periodo particolarmente caratterizzato, non soltanto dalla cosiddetta invenzione del denaro (cfr., ad esempio, J. Gleeson, Luomo che
invent il denaro. La vera storia di John Law, Milano 2000), come valore che sta sopravanzando tutti gli altri, ma anche dallidea o ideolo123
gia del progresso, che portava a mettere via via in ombra la fede in
quella che Fnelon, nel suo Trait de lexistence de Dieux (1713), chiamava la verit [de] ma raison [qui] est en moi. Inoltre, per quel che
riguarda le pi dirette esperienze di carattere estetico, peraltro socialmente e psicologicamente sempre pi rilevanti, occorre aggiungere che
ci si trovava a vivere in un periodo in cui le libere e spesso spregiudicate conversazioni in merito, che animavano a Parigi preferibilmente
i salotti femminili (cfr. B. Craveri, La civilt della conversazione, Milano 2001) e dove i mots, le battute [] riassumono in modo pertinente un pensiero estemporaneo, [] divertono limmaginazione, contribuiscono a produrre quellebbrezza leggera senza la quale non esiste
conversazione (cfr. M. Fumaroli, Il salotto, laccademia, la lingua, Milano 2001, p. 187), rendevano quasi del tutto inattuali, nonch inevitabilmente noiose, le tradizionali riunioni che dallepoca del Colbert in
poi serano invece svolte, e in maniera assai ristretta, nelle sedi delle
varie accademie.
Non un caso, daltronde, che proprio dal bisogno di sfuggire allennui, vale a dire a quella passiva e penosa condizione di languore dellanima e del corpo, che sin dai tempi del La Rochefoucauld,
sembra aver sostituito lumor nero della melanconia nellesistenza
dei francesi, il Du Bos prenda le mosse nella sua opera per arrivare a
indicare negli effetti quasi psicologicamente terapeutici della poesia,
della pittura, della musica, i mezzi e i modi per eccitare le passioni.
Passioni, egli subito specifica, che sono s artificiali, che cio, non
avendo un oggetto reale, non provocano gli inconvenienti delle
emozioni serie, che sono insomma soltanto le imitazioni degli oggetti
che suscitano in noi passioni vere (Rflexions, parte I, sezione III, pp.
44-45) ma che lo stesso Du Bos mostra di considerare, malgrado tutto questo, non meno intense e trascinanti di quelle naturali. Egli
sembra cos voler ignorare il principio, diciamo cos, della distanza
estetica. E anzi, parlando in particolare dei giovani dediti alla lettura
dei romanzi, egli afferma che essi sono sottoposti a tormenti che
causano afflizioni e desideri molto reali, tant che in tal caso proprio
lemozione artificiale, oltre a fomentare nel cuore di un giovane,
che legge romanzi con troppo piacere, i princip delle passioni naturali
che sono gi in lui (ivi, p. 46), pu far s che in lui la ragione non
possa pi dominare la loro immaginazione smarrita (ib.). Analogamente, poi, in queste prime iniziali e fondamentali pagine della sua
opera, egli rileva che non c niente di straordinario che dei semplici
quadri, ovvero dei semplici colori applicati su una tela possano destare in noi delle passioni (p. 47). Se cos non fosse, osserva tra laltro,
non sarebbe certamente mai accaduto che coloro che hanno governato i popoli in ogni epoca hanno sempre fatto uso delle immagini e
delle statue per meglio ispirare i sentimenti che volevano suscitare, sia
124
(Se il potere della pittura sia sugli uomini maggiore di quello della poesia),
egli valuti quello della vista, pi popolare e a disposizione di chiunque, meno bisognoso, diciamo cos, dintegrazioni colte, di quello dellascolto. Ci che in realt e rimane essenziale rilevare, il fatto che
nelle parti pi originali delle Rflexions, quelle, vale a dire, in cui viene
dichiarato apertamente che quando i maestri dellarte e il pubblico
sono di pareri diversi su una produzione nuova, sempre lopinione
di questultimo a prevalere (parte II, sez. XXVI, p. 310), quelle in cui
peraltro lerudizione si trova messa pi organicamente al servizio di
analisi specificamente estetiche, il loro autore proceda decisamente
verso lidentificazione tra lartistico e lestetico. Per lui, infatti,
che, non per nulla, quando parla della lettura, sostiene che non lo
studio, ma il piacere, che ci porta ad aprire un libro, e al quale appartiene soprattutto la nota metafora del rag, ogni esperienza quale
che sia di natura artistica, non solamente non incompatibile, ma tende addirittura a confondersi col plaisir, ovvero, per cos dire, ad
amalgamarsi con esso. In qualche modo egli ha anche anticipato, a
livello di ricezione estetica, ci che a partire dalle dottrine dellEinfhlung s venuto posteriormente teorizzando sullaffinit che c o
dovrebbe esserci tra soggetto senziente e oggetto sentito.
N poteva essere diversamente, per quel che anche da altre fonti si
sa che avvenne nellet della Reggenza, quando cio cominci ad affermarsi un consumo darte che era quantitativamente aumentato e sera
insieme qualitativamente rinnovato (cfr. F. Fanizza, Presentazione a Il
consumo darte nella Francia del Settecento, Bari 2000). Quando perci,
comebbe a rilevare il Dumesnil, sia pure con un piglio un po troppo
moralistico, il gusto dei piaceri [] coinvolgeva giovani, uomini fatti,
vecchi, nel triste dominio dellegoismo e della facile volutt. Fu quello
il momento, diceva ancora quellautorevole storico, in cui la leggerezza
della nazione, tenuta cos a lungo sotto controllo dalla gravit della
corte di Luigi XIV, aveva libero sfogo. Larte francese aveva risentito il
contraccolpo di tale reazione: sera completamente allontanata dal gusto
severo e finanche un po triste del Poussin, di Lesueur e di Le Brun,
per mettersi a rimorchio della moda e delle maniere ispirate dallentourage del reggente. Al giogo pesante di Le Brun era succeduto quello
pi leggero di Watteau, che regnava da despota nel regno della novit
(cfr. J.-G. Dumesnil, Histoire des plus clbres amateurs francais, t. I,
Paris 1858, Genve 1973, pp. 10-11, trad. it. di F. Fanizza). Come dire,
in definitiva, che era succeduta unestetica tutta spostata dalla parte
dello spettatore, con la quale ci sembra pi che opportuno aggiungere, veniva anche a determinarsi linizio della successiva, intera storia
della spettacolarit moderna, che, come tale, giunta sino a noi.
126
Gi dAlembert, in un suo luogo, aveva sostenuto che Du Bos appartiene a quel genere di scrittori che hanno pi merito che reputazione, mentre Chateubriand nel secolo romantico scriveva: Si saccheggia
labb Du Bos senza ammettere il plagio 1. Allo scadere dellOttocento Victor Basch introducendo il suo Essai critique sur lesthtique de
Kant (1897) parlava di Du Bos come di un esthticien troppo poco
noto pur a fronte dei suoi meriti e della notevole influenza esercitata dalle Rflexions su autori inglesi e tedeschi: certe sue asserzioni circa il primato del sentimento nel giudizio di gusto, circa lesistenza di
un sesto senso in grado di decidere dellopera senza consultare riga
e compasso 2, e circa la correlata nozione di un pubblico che nessun
ragionamento critico potrebbe mai trattenere davvero nel chiuso di
astratti recinti normativi, tutto ci, e altro ancora, presagirebbe la teoria di Hutcheson e, per suo tramite, la stessa teoria kantiana. In Du
Bos, insomma stando alla lettura di Basch il giudizio estetico
diventato chiaramente un giudizio di puro sentimento e i verdetti della
ragione risultano subordinati espressamente alle apprensioni dellemozione 3.
Condivisibile o meno che sia la lettura di Basch, constatiamo che
lasimmetria sussistente fra lelevato grado di penetrazione delle teorie
dubosiane nella cultura estetica francese del Settecento e linsufficiente
riconoscimento dellimportanza del loro autore si andata attenuando
fin quasi a rovesciarsi nelleccesso opposto: cos Braunschvig (1904)
considera Du Bos come il rnovateur de la critique au XVIIIe sicle,
mentre Lombard (1913), nella sua monografia lo etichetta, non senza
enfasi, come un initiateur de la pense moderne; in seguito Raymond
Bayer, nella sua breve storia dellestetica (1961), non esiter ad adottare lo stereotipo storiografico del Du Bos precursore, questa volta,
nella fattispecie, dellestetica psicologica nonch, alla luce della teoria
climatica, della critica darte scientifica e sociologica dellOttocento 4.
Per solito, a questo punto, dobbligo fare il nome di Taine, autore
della celebre Philosophie de lart (1865), richiamando la nota triade positivista: race, milieu, moment. Linfluenza di Du Bos su Taine certo documentata; cito un titolo per tutti che ci riporta alla consueta ico127
nografia: Un precurseur de Taine: labb Dubos (1907) di G. de Lacaze-Duthiers. Tuttavia, per Jacques Chouillet vedere in Du Bos il Preromantico, il Rinnovatore della critica, lIniziatore del pensiero moderno, e magari, aggiungiamo noi, lAntirazionalista, rischia di produrre un nant de connaissance 5. Dal suo canto Jean Ehrard sottolinea
il contrasto nelle Rflexions fra spunti teorici spesso originali e ingegnosi e conclusioni pratico-critiche non di rado conformiste: Ce novateur afferma, suggellando un ulteriore rovesciamento del giudizio
storiografico est dabord un attard 6.
Restringendoci al Settecento francese, il gioco delle ricezioni e delle
influenze, quale si riflette nei titoli della letteratura critica, vede per
solito il nome di Du Bos associato a quelli di Voltaire, Diderot, Rousseau. Se ne debbono aggiungere altri, naturalmente, e non sempre di
secondo piano: potremmo dire tuttavia, anticipando qualche esito del
nostro percorso, che, paradossalmente, linfluenza delle teorie dubosiane sullestetica francese dellepoca fu tanto pi pervasiva ed efficace
quanto meno a prima vista visibile o documentabile in modo certo.
Daltro canto lo stesso Voltaire, che pure autore che certo apprezza
e conosce bene le Rflexions, sembrerebbe aver sfogliato questopera
per ricavarne dati, elementi, anche spunti interessanti, pi che teorie
generali. Insomma, per Voltaire pare trattarsi di un valido strumento
di consultazione, di unopera utile, anzi la pi utile che si sia mai
scritto su questi argomenti in tutte le nazioni dellEuropa. Non un
libro metodico aggiunge ma lautore pensa e fa pensare 7. Tuttavia, non facile identificare le tracce di un influsso organico sul suo
pensiero. Certo, lo stesso Voltaire scriver (a proposito di Omero) che
per giudicare i poeti bisogna saper sentire, e noi saremo autorizzati, con Lombard, a supporre che ci sia in questaffermazione leco non
troppo lontana dellidea dubosiana del sentiment e della sua infallibilit giudicativa. Si potrebbe ulteriormente citare il Voltaire che afferma: impossibile che una nazione intera si sbagli in fatto di sentimento 8 e qui, magari, ci radicheremmo di pi nella convinzione che
il patriarca di Ferney abbia avuto sottocchio, mentre scriveva questa
frase, le sezioni delle Rflexions dove si parla di consenso generale 9,
ossia di un accordo sempre riscontrabile a posteriori sulla base di un
consolidarsi e stratificarsi del giudizio del pubblico basato sul sentimento. Tuttavia, in scritti privati emergono critiche non solo in riferimento allo stile giudicato piuttosto pesante (ad Algarotti scrive: il
faut le lire, mais le relire serait ennuyeux 10, e laccusa sia detto per
inciso condivisa da Desfontaines 11), ma, pi nel merito, Voltaire
diventa tagliente quando afferma, in una lettera al dArgens, che non
comprerebbe mai un quadro su parere di Du Bos. Del resto rincara di quadri non se ne intendeva affatto, come anche di musica e di
poesia, ma conclude, non senza una punta di perfidia se pensiamo
128
fallibile; cos pure, La Font de Saint-Yenne mostra di credere nellinfallibilit del pubblico 16. Una menzione merita anche Helvtius: il suo
materialismo trova nelle pagine delle Rflexions un punto di riferimento, com riscontrabile in qualche passo del celebre e condannato De
lEsprit (1758): La noia nelluniverso una molla pi generale e potente di quanto non si pensi [...]. il bisogno di essere commossi, e
quella specie di inquietudine che lassenza dimpressione produce nellanima [...] che deve inventare, perfezionare le arti e le scienze [...].
per strapparsi alla noia che, a rischio di ricevere impressioni troppo
forti e di conseguenza sgradevoli, gli uomini cercano con la maggiore
premura tutto ci che pu commuoverli fortemente; [...] il desiderio
che fa correre il popolo alla piazza di Grve, e la gente del mondo a
teatro 17. Ma soprattutto il poligrafo Jaucourt a diffondere, e in un
certo senso a dissolvere, le teorie dubosiane nei tanti rivoli dellEncyclopdie non sempre citando la fonte (vedi, in particolare, gli articoli
Paysage, Peinture, Posie, Rime, Style, Tragdie, Vraisemblance): cos le
Rflexions usciranno praticamente di scena nellultimo terzo del secolo.
Diderot (che pure non menziona Du Bos nel suo celebre articolo
Beau dellEncyclopdie), sembra essersi ispirato alle Rflexions nel trattare temi quali il teatro degli antichi e la mescolanza indebita nelle
opere darte di personaggi reali e allegorici. Ancora, nelle Rflexions
che Diderot potrebbe aver trovato conferme circa lespressivit sintetica
del linguaggio gestuale, la necessit di differenziare le diverse modalit
di applicazione del principio di imitazione nelle varie arti, la distinzione
fra segni di istituzione e segni naturali. Sempre dalla stessa fonte Diderot pu aver attinto ulteriori suggestioni: la teoria climatica; il principio secondo cui il piacere che ci procura loggetto imitato puro,
cio esente da ogni effetto residuale negativo e per questo superiore al
piacere che ci procura loggetto naturale; perfino alcuni esempi, tratti dai classici, relativi ai suoni motivati e onomatopeici che dimostrano la superiorit in questo campo delle lingue antiche, come il verso
virgiliano monstrum, horrendum, informe, ingens, cui lumen ademptum 18. stato detto che la critica darte diderotiana sarebbe condotta
secondo modalit critiche non molto dissimili da quelli dubosiane portando ad esempio lanalogia fra la descrizione di Du Bos della Suzanne
di Antoine Coypel e quella di Diderot della Chaste Suzanne di Van Loo
(Salon del 1765): per entrambi, infatti, vale un criterio psico-fisiognomico, come di chi guarda ai personaggi dipinti quasi fossero attori sulla
scena colti in unespressione teatrale 19. Del resto che Diderot avesse
per mano le Rflexions lo sappiamo per certo dal registro dei prestiti
della Bibliothque Royale (alla data del 25 gennaio 1748).
Nella Lettre sur les spectacles (1758) anche Rousseau mostra di frequentare criticamente le Rflexions citando il suo autore nella veste di
paladino della positivit catartica del teatro, concezione questa, come
130
stro essere, che ci facciano sentire piacevolmente la nostra esistenza 37. Non ci si potrebbe esprimere pi nitidamente. Ma in un passo
notevole, e di grande modernit, inserito nei Beaux-Arts a partire dalla
seconda edizione, Batteux aggiunge una precisazione ulteriore, determinante: Tutti [i grandi artisti] hanno avuto lo stesso scopo: mostrare
cose perfette in s e al tempo stesso interessanti per gli uomini cui
dovevano mostrarle. [...] E linteresse consistito nel far vedere agli
uomini cose che avessero un rapporto intimo con il loro essere, sia per
accrescerlo, perfezionarlo e assicurarne la conservazione, sia per diminuirlo, indebolirlo o metterlo in pericolo. Queste due specie di rapporti sono
ugualmente interessanti per gli uomini, il secondo forse pi del primo 38. Le ragioni che inducono Batteux a inserire questa variante si
comprendono meglio alla luce delle teorie sullimitazione dello spiacevole e del tormentoso. questo il vero punto: a Batteux preme spiegare perch gli oggetti che ci atterriscono nella realt ci piacciono,
invece, e ci attirano, quando sono imitati. La soluzione di marca dubosiana: nel presentarci questi oggetti sgradevoli larte, proprio perch
si dichiara come apparenza, riesce a procurarci delle emozioni, per
cos dire, pure, e cio esenti da quella mescolanza con sensazioni
spiacevoli o dolorose che la vista dei medesimi oggetti produrrebbe
nella realt. Cos larte, imitando di preferenza lo spiacevole e il tormentoso (se non proprio il brutto e il ripugnante), riesce a conseguire il suo scopo, il piacere dellemozione: Allelemento emozionale
scrive Dieckmann viene riconosciuto un ampio spazio, un ruolo decisivo e una grande potenza; lelemento razionale e i criteri del piacere
in esso radicati trovano un limite nel cuore e nella libert 39.
1
Cfr. A. Lombard, Labb Du Bos. Un initiateur de la pense moderne (1913), repr. Genve 1969, p. I e p. 518 (dora in poi indicato con la sigla L).
2 J.-B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, Palermo 2005, p. 296 (dora
in poi indicato con la sigla RC).
3 V. Basch, Essai critique sur lesthtique de Kant, Paris 19272, pp. IX-X.
4 R. Bayer, Histoire de lesthtique, Paris 1961, p. 138.
5
J. Chouillet, Lesthtique des lumires, Paris 1974, p. 40.
6 J. Ehrard, Lide de nature en France dans la premire moiti du XVIIIe sicle (1963),
repr. Paris-Genve, 1981, p. 284.
7
In Le Sicle de Louis XIV (L, pp. 314 e 332).
8 L, p. 315.
9 RC, I/XXV, II/XXII.
10
Lettera ad Algarotti, 1761 (L, p. 332).
11 Non so se c mai stato uno scrittore pi noioso dellabate Du Bos (L, p. 310).
12 Lettera a dArgens, 1752 (L, p. 332).
13
L, p. 332.
14 Trad. di M. Modica, in Lestetica dellEncyclopdie, Roma 1988, p. 150.
15 L, p. 292 e p. 311.
16
Per i riferimenti cfr. nellordine L, pp. 315, 321-22, 308, 305-06, 320, 329.
17 C.-A. Helvtius, De lEsprit, Paris 1758, t. I, pp. 396-99.
137
18
Eneide, III, 658. Cfr. D. Diderot, Lettera sui sordi e muti, Modena 1984, p. 65; RC, p.
138.
RC, pp. 66-67 (L, 336).
J.-J. Rousseau, Lettera sugli Spettacoli, Palermo 2002, pp. 42 e 124.
21
K. H. von Stein, Die Entstehung der neueren sthetik, Stuttgart 1886 (cfr. L, p. 324).
22 Cfr. F. Bollino, Teoria e sistema delle belle arti. Charles Batteux e gli esthticiens del sec.
XVIII, Bologna 1979, p. 40.
23
A.-F. Boureau-Deslandes, Lart de ne point sennuyer, Paris 1715, p. 141.
24 Cfr. F. Bollino, cit., p. 82.
25 Ch. Batteux, Le Belle Arti ricondotte a unico principio, Palermo 20024, p. 34 (dora in
poi indicato con la sigla BA).
26 BA, p. 49 (con lievi modifiche).
27 Cfr. F. Bollino, cit., pp. 165-67.
28
BA, p. 59.
29 BA, p. 51.
30 RC, p. 346 (con lievi modifiche). Nelle Rflexions si trovano anche dichiarazioni differenti: gli uomini hanno tutti lo stesso scopo, il piacere, ma poich non sono fatti allo stesso
modo, non cercano tutti gli stessi piaceri (RC, p. 44).
31 BA, p. 51.
32
Il brano si trova solo nelled. del 1753 dei Beaux-Arts.
33 A. Becq, Gense de lesthtique franaise moderne, Pisa 1984, I, pp. 240-41.
34 G. Morpurgo-Tagliabue, Il Gusto nellestetica del Settecento, Palermo 2002, pp. 15861.
35 BA, p. 66.
36 R. Mauzi, Lide du bonheur au XVIIIe sicle, Paris 1969, p. 19.
37
BA, pp. 54-57.
38 Ch. Batteux, Les Beaux-Arts, Paris 19472, pp. 91-92.
39 H. Dieckmann, Illuminismo e rococ, Bologna 1979, pp. 154-55.
19
20
138
Bos (sempre che tale termine gli sia appropriato), bens adotter una
prospettiva pi distaccata, magari un po obliqua, cercando di misurare le Rflexions da un lato sugli sviluppi della teoria estetica da Addison in poi, dallaltro lato sulla situazione culturale che esse incontravano nel momento in cui varcavano la Manica. Naturalmente, proceder per sommi capi, sacrificando lanalisi a una sintesi che, per quanto schematica, ci pu forse aiutare a capire i tempi e i modi della ricezione di Du Bos in Gran Bretagna. Solo a Burke e Hume dedicher
un po pi di spazio, giustificato dal fatto che essi sono i due autori
che pi direttamente si confrontano con Du Bos.
1. Parto da una prima, semplicissima constatazione. Che passino
trentanni dalla pubblicazione delle Rflexions alla sua traduzione inglese non un caso n un dettaglio irrilevante. Tanto meno lo se si
ricorda che solo qualche decennio prima le opere critiche francesi venivano tradotte immediatamente in Inghilterra. Cos era stato per Boileau, Bouhours, Rapin, Dacier... Cos non avviene, invece, per Du Bos.
Come mai? Solo per la mole delle Rflexions? Difficile crederlo. In
realt, quel ritardo il segno che, allaltezza degli anni 20 e 30, le
Rflexions non erano in sintonia n col gusto artistico n con la teoria
estetica allora dominanti in Gran Bretagna in una Gran Bretagna che
a partire dallinizio del secolo aveva cominciato a recidere il cordone
ombelicale che per tutta la Restaurazione laveva legata alla Francia.
vero che il classicismo augusteo, che perdura fino alla met del Settecento, aveva la stessa matrice di quello di Du Bos; ed altrettanto vero
che lapproccio empiristico (psicologistico) di Du Bos ai problemi dellarte, con la reimpostazione del discorso a partire dagli effetti che
essa produce sullo spettatore, era sulla linea di Locke e di Addison
(del resto, sue dichiarate fonti). Ci non toglie, tuttavia, che fra le Rflexions e lo scenario inglese contemporaneo e immediatamente posteriore alla loro pubblicazione sussista uno scarto. Scarto bifronte, nel
senso che, rapportate a quello scenario, le Rflexions appaiono al tempo stesso in ritardo e in anticipo, e come tali doppiamente distoniche.
In anticipo le Rflexions lo sono per la loro concezione sentimentale dellarte. Non era una concezione senza precedenti in Inghilterra.
Chi laveva avanzata e fortemente sostenuta, muovendo dagli stessi
autori che stavano alle spalle di Du Bos (Cartesio, Rapin, Bouhours,
Pascal), era stato John Dennis (The Advancement and Reformation of
Modern Poetry, 1701; The Grounds of Criticism in Poetry, 1704). Niente se non la passione pu darci piacere, senza passione non pu esistere poesia come non pu esistere pittura, la poesia larte con la
quale il poeta eccita le passioni, etc. 4. La coincidenza con Du Bos
lo scopo principale della poesia e della pittura quello di coinvolgerci
(nous toucher) 5 evidente 6, anche se non vanno sottaciute le dif140
cio il patetico e il sublime, e accusandolo di aver sacrificato il sentimento alla ragione, il cuore alla testa 16. Analogamente, suo
fratello Thomas nella History of English Poetry (1774) far dellemozione il requisito indispensabile di ogni (vera) poesia, deprecher limitazione degli Antichi e condanner il classicismo augusteo per aver
anteposto la ragionevolezza e la correttezza allimmaginazione e allinvenzione (proprie, invece, del romantico Medioevo). Meno di
trentanni dopo, Wordsworth dir che la poesia the spontaneous
overflowing of powerful feelings 17 Senza indulgere a tentazioni anticipatrici, che sarebbero fuori luogo, non si pu non percepire la consonanza delle tesi di Du Bos sullarte-come-passione con quelle degli
autori appena citati. Cos come non si pu non rilevare la sintonia fra
quanto Du Bos scrive a proposito del genio nel secondo volume delle
Rflexions e quanto ne scrivono, in questo stesso giro danni, Sharpe,
Young, Duff, Gerard e altri autori 18. Autori che nelle loro opere non
mancano mai di citare Du Bos, non solo perch egli offre loro una
miniera di spunti relativi a singole questioni (limitazione, i generi, il
pubblico, etc.), ma soprattutto perch essi trovano in lui la giustificazione teorica della loro idea di poesia 19. Il che, in un certo senso, ha del
paradossale. La polemica anti-classicistica che segna la fine dellet
augustea e prepara il terreno al Romanticismo si alimenta di si legittima in unopera, improntata al gusto di un secolo prima, che era una
monumentale difesa degli Antichi contro i Moderni. Ma il paradosso
solo apparente. Come giustamente ha osservato Fubini, le Rflexions
sono s unapologia degli Antichi, ma unapologia fatta con strumenti moderni 20. Ora, sono precisamente questi strumenti che vengono
ripresi e utilizzati al di fuori del quadro nel quale e per il quale Du Bos
li aveva impiegati. Detto altrimenti, il metodo si svincola dal sistema
(artistico e culturale) in funzione del quale era stato adottato e viene
rifunzionalizzato in vista di un altro sistema. Le Rflexions diventano
allora un trampolino per andare oltre Du Bos in una direzione diversa
dalla sua (se non addirittura opposta). Il teorico del sentimento, si
pi volte notato, non era un sentimentale. Vero. Ma egli autorizza, non
importa se malgr soi, proprio quel sentimentalismo che si diffonde
nella seconda met del Settecento ed la versione moderna dellantica passione: sensibility, delicacy of heart, cult of feelings
A partire dalla svolta degli anni 50, la presenza di Du Bos rintracciabile in una molteplicit di ambiti. La ricchezza enciclopedica 21 delle Rflexions fa di esse uno dei testi pi consultati e citati,
verta la discussione sulla poesia, la pittura, la musica, il genio dellartista, il gusto del lettore/spettatore, il rapporto fra natura e societ, etc.
Impossibile, qui, render conto o anche solo passare in rassegna tutte
queste occorrenze. Mi limito a indicare un ambito nel quale lincidenza
di Du Bos particolarmente forte: quello relativo allo statuto delle sin145
gole arti e ai loro rapporti di convergenza/divergenza. Lannoso problema del parallelo fra poesia e pittura, e pi in generale del sistema delle arti 22 problema che in Inghilterra aveva trovato una prima, bench approssimativa, soluzione nei Piaceri dellImmaginazione di
Addison , diventa particolarmente nevralgico nel momento in cui, per
effetto del tramonto del classicismo da un lato e, dallaltro, della messa
in discussione del privilegio accordato dallepistemologia lockiana alla
vista, il principio dellut pictura posis viene fatto oggetto di un acceso dibattito in cui si scontrano sostenitori e avversari. Dibattito che
non manca mai di chiamare in causa, insieme ad altri autori (in primis
Batteux), anche Du Bos 23. Il quale, a dispetto dellepigrafe stampata
sul frontespizio delle Rflexions e delle numerose asserzioni circa la supremazia dellocchio, offre tutta una serie di considerazioni sulle differenze fra pittura e poesia in particolare per quanto riguarda la rappresentazione del tempo 24 che vanno nella direzione opposta e vengono riprese da quanti contestano il principio dellut pictura posis e
la gerarchia delle arti che da esso discende. Non ho bisogno di ricordare, in proposito, la quinta e ultima parte dellEnquiry di Burke, nella
quale il rigetto della concezione pittoricistica del linguaggio a favore di
una concezione emozionalistica che riconosce maggiore forza alle
parole rispetto alle immagini e dunque alla poesia rispetto alla pittura, se da un lato esplicitamente diretta contro Addison, dallaltro non
pu non coinvolgere anche Du Bos 25 nel momento stesso in cui si
fonda proprio sulla teoria dubosiana dellarte come generatrice di
passioni.
Passioni Qui Burke certamente lautore nel quale linfluenza di
Du Bos pi evidente anche se non va dimenticato il precedente di
Dennis, che Burke non cita (mentre cita invece Du Bos) a causa del
discredito nel quale il nome di Dennis era caduto dopo la sua morte,
ma che rimane una presenza percepibile quasi in ogni pagina dellEnquiry. Al tempo stesso, per, Burke si scarta da Du Bos e da Dennis su un punto teoricamente rilevante. Larousal of passions prodotto
da unopera darte non presuppone alcuno stato di passionalit nellartista (lentusiasmo di cui aveva parlato Dennis), n implica quella rappresentazione di passioni che era il limite maggiore della teoria di Du
Bos limite conseguente a uninterpretazione ristretta del principio
della mimesi, per cui larte eccita passioni solo in quanto imita (=rappresenta) passioni. Per Burke, viceversa, qualunque oggetto beninteso,
dotato di idonee caratteristiche pu suscitare emozioni ovvero passioni (terrore, amore) in chi lo guarda, cio in chi ne ha esperienza
diretta (nella realt) oppure indiretta (nellarte). Questa ancora una
concezione mimetica dellarte, fondata su un empirismo radicale e,
anzi, su un vero e proprio realismo. Non solo: una concezione
conforme alla tesi dubosiana secondo cui la passione prodotta dalla
146
rappresentazione di un oggetto qualitativamente identica a quella prodotta dalloggetto reale 26. (La tenebra, ad esempio, terrorizza allo stesso
modo tanto un viandante che attraversi di notte un bosco quanto chi
ne legga la descrizione in un romanzo gotico.) Burke, per, estende
enormemente il campo dellarte il repertorio artistico nel momento in cui attribuisce alla (rappresentazione di) una molteplicit di oggetti quel potere di attivare le passioni (toucher le coeur) che Du Bos
aveva invece riservato alla messa in scena delle passioni stesse. Fra
tali oggetti quasi superfluo rammentarlo spiccano quelli naturali.
Erede di Addison e di tutta la tradizione britannica, Burke non poteva
condividere lindifferenza di Du Bos per la natura e per un arte che
lassumesse a proprio tema.
Oltre a Burke, c un altro autore nel quale, in questi stessi anni,
la presenza di Du Bos particolarmente forte. Si tratta di Hume,
che aveva letto le Rflexions lo sappiamo dai suoi Memoranda gi
allinizio degli anni 30, prima cio di partire per la Francia e accingersi a scrivere il Treatise of Human Nature 27. Se e quanto tracce di quella lettura siano rinvenibili nel Treatise, questione che possiamo lasciare impregiudicata. Certo che echi di Du Bos risuonano insistentemente come ha dimostrato Peter Jones nei saggi del 1741-42,
specie in The Sceptic e in Of the Rise and Progress of the Arts
and Sciences 28. per nei due saggi sulla tragedia e sullo standard of
taste, pubblicati nelle Four Dissertations del 1757, che il dialogo con
Du Bos si fa pi esplicito e serrato.
Com noto, Du Bos aveva spiegato il piacere che si prova assistendo a una tragedia, da un lato riconducendolo al fatto che tutto ci che
agita le passioni di per s fonte di piacere anche quando, per la
sua natura cruenta, strazia il cuore e lascia dietro di s impressioni
dolorose 29, dallaltro lato distinguendo fra passioni reali e passioni
artificiali le prime prodotte da eventi essi stessi reali (per esempio,
lesecuzione di un condannato a morte), le seconde dalla loro imitazione teatrale e attribuendo il piacere che lo spettatore ricava, poniamo,
da una tragedia di Racine al fatto che le passioni da essa attivate sono
solo superficiali e, in quanto tali, non sono accompagnate (o meglio,
seguite) da pene reali e vere afflizioni 30. Non il caso, in questa
sede, di discutere una simile spiegazione, per un verso geniale 31, per
un altro contraddittoria con lassunto iniziale delle Rflexions 32. Ci
che importa notare come Hume, nel suo saggio, parta esattamente
da qui allo stesso modo che ne parte Burke. Senza riprendere la distinzione delle passioni in reali e artificiali, incongrua con la teoria
delle passioni elaborata nel secondo libro del Treatise, Hume esordisce ammettendo la (parziale) validit del discorso di Du Bos sul dolore
come (piacevole) liberazione dalla noia, ma subito dopo se ne allontana affermando che il piacere prodotto da una tragedia non ha nulla a
147
che fare con quello prodotto da reali oggetti di pena 33. Se ci che
nella realt ci procurerebbe solo dolore ci procura invece, in una tragedia, anche piacere, per lintervento di altri fattori, cio per la concomitanza di altri (effetti di) piacere che, prendendo il sopravvento sul
dolore che la vicenda rappresentata suscita in noi, lo colorano cos
fortemente da alterarne completamente la natura, vale a dire lo trasformano (convertono) in piacere 34. Questi altri fattori sono: (i) la
coscienza della finzionalit della vicenda cui assistiamo (e che ci addolora): coscienza da cui deriva il piacere di sapersene fuori (e qui
Hume si rif a Fontenelle 35); (ii) lessere ogni tragedia una imitazione
(della realt) e, in quanto tale, fonte di uno specifico piacere gi individuato da Aristotele e ripreso da innumerevoli autori (fra cui Addison); (iii) leloquenza con cui una tragedia scritta, cio la sua qualit formale e il piacere che ad essa inerisce. Linsieme di questi fattori
(=piaceri), che interagiscono in forza di quel principio di associazione
non solo delle idee ma anche delle passioni che Hume aveva formulato nel Treatise, la soluzione del problema del piacere tragico che
egli offre in alternativa a quella di Du Bos 36.
Ben pi che nel saggio sulla tragedia, per, in quello sullo standard of taste che Hume intavola un vero e proprio dialogo con Du
Bos. Dialogo che, a partire dalla definizione della bellezza come sentimento della mente 37, ruota attorno alla questione se tale sentimento sia qualcosa di individuale ovvero di universale. Ora, che cosa Hume intenda esattamente col termine sentiment termine che ricorre
gi nel Treatise, n solo in riferimento allambito estetico argomento
che esula dai limiti di questo intervento e sul quale in anni recenti sono
stati scritti interi libri, ultimo quello di Townsend 38. Per quanto ci
riguarda, sufficiente notare che, impiegandolo in sede di fruizione
estetica, Hume gli attribuisce due distinti significati: da un lato sentiment leffetto prodotto da un oggetto (bello) sulla mente, dallaltro
la facolt della mente che percepisce loggetto. In questa seconda accezione, esso equivale allinternal sense di Hutcheson ma anche a ci
che Du Bos aveva chiamato sentiment. Migliorini ha osservato giustamente che nelle Rflexions, in particolare nel secondo volume, il termine sentimento non sinonimo di emozione o passione. Al contrario, esso designa per citare le parole di Du Bos quella parte di
noi che giudica secondo limpressione provata 39. quel sesto senso
che percepisce lemozione/passione trasmessa dalloggetto (lopera darte) e contemporaneamente la valuta (Il senso che giudica [] lo
stesso che sintenerisce) 40. dunque una facolt, una facolt ricettiva e al tempo stesso giudicante, che svolge la medesima funzione del
senso interno di Hutcheson, rispetto al quale tuttavia si differenzia per
il fatto di essere configurata in termini puramente emozionalistici.
questa configurazione che passa nel sentiment di Hume. Il quale,
148
Gusto impresa vana 47. Con il che, Hume torna al punto di partenza: a quella variet soggettivistica e relativistica dei gusti da cui
aveva preso le mosse e contro la quale aveva montato ledificio argomentativo del suo saggio. Una variet che pu essere contrastata
e questo, secondo numerosi studiosi, sarebbe lesito implicito del saggio solo appellandosi a un principio dautorit che definisca e imponga quello che deve essere lo standard of taste 48. Principio dautorit,
vien fatto di aggiungere, non certo estraneo n alla cultura n alla
mentalit di Du Bos, ma al di l del quale egli si era sforzato di andare
cercando una convalida e dunque una legittimazione non autoritaria
delle regole del (buon) gusto nellesperienza empirica empiricamente
indagata. Salvo, paradossalmente, ritrovarsi consegnato a quel principio dal pi grande dei filosofi empiristi! Quanto dire che la conclusione scettica del saggio di Hume, proprio nella misura in cui ripete
Du Bos, lo inchioderebbe secondo alcuni interpreti 49 a quel relativismo che il rischio, anzi la deriva inevitabile, di ogni teoria estetica
fondata sul piacere. Non cita forse, Du Bos, il verso virgiliano Trahit
sua quemque voluptas 50 verso che equivale allammissione humiana
All sentiment is right; because sentiment has a reference to nothing
beyond itself 51?
Che questo sia lesito di una possibile lettura, o meglio di un possibile uso delle Rflexions confermato, trentanni dopo il saggio di
Hume, dagli Essays on the Nature and Principles of Taste (1790) di
Alison. Per un verso, essi possono considerarsi il punto darrivo di
quel recupero delle emozioni che, dopo Burke ma smorzando il forte
burkiano nel piano di una quasi femminea sensibilit , non solo
(come accennavo prima) contrassegna lintera cultura della seconda
met del secolo, ma entra decisamente nella stessa teoria estetica. Basterebbe leggere, in proposito, le decine e decine di pagine che nei
suoi Elements of Criticism (1762) Kames dedica a passioni emozioni e
sentimenti. Spetta per a Alison stringere le fila e, scaricata ogni zavorra classicistica (che appesantisce ancora Kames), riarticolare pre-romanticamente lesperienza estetica intorno allasse delle emotions e
del piacere (delight) che le accompagna. I trains of thoughts che costituiscono quellesperienza, infatti, sono trains of emotions nei quali le
idee si associano non in base a relazioni di somiglianza contiguit o
causalit, ma in base al loro puro e semplice tenore emotivo. Nel
momento stesso in cui riprende Hume e, pi indietro, Locke, Alison
li traduce in chiave patetica. Immaginazione ed emozione fanno
tuttuno e la seconda governa la prima. Ottantanni dopo Addison,
Alison riscrive i Piaceri dellImaginazione in un modo che non gli sarebbe stato possibile senza larrivo in Inghilterra di Du Bos e quanto
egli aveva messo in moto nella riflessione estetica britannica. Per un altro verso, tuttavia, gli Essays sono anche un manifesto di soggettivismo
150
Blair 59. Attraverso quella teoria, cio attraverso lidea di una storia
della natura che diventa storia della cultura, si sviluppa un nuovo senso
storico che dalle pagine delle Rflexions transita nelle opere di molti
autori di ultimo (o penultimo) Settecento. Nel secondo volume delle
Rflexions, infatti, fortissima lattenzione di Du Bos alle condizioni
storico-sociali della produzione artistica e insistente anche se non
sempre immune da contraddizioni lesortazione a tenerle presenti
nella valutazione di unopera, tanto pi se appartenente a unaltra epoca o un altro paese. [D]obbiamo trasformarci in coloro per i quali il
poema fu scritto, se vogliamo giudicare assennatamente le sue immagini, le sue figure e i suoi sentimenti 60. una frase, questa ripetuta
quasi alla lettera anche da un classicista come Johnson 61 , che esprime eloquentemente quella tendenza a storicizzare i fatti dellarte e della
cultura che si diffonde nella seconda met del secolo nonostante i persistenti richiami allinvariabilit della human nature e malgrado lorgogliosa fiducia in un progresso che sancirebbe contrariamente a quanto, per larte se non per la scienza 62, pensava Du Bos la superiorit
del presente sul passato 63. Unet storica defin Hume lepoca nella
quale viveva e una nazione storica la Gran Bretagna 64. Let e
la nazione di Robertson, di Gibbon, dello stesso Hume autore della History of England Allemergere di questo nuovo senso della storia al maturare di questo storicismo le Rflexions diedero un contributo di fondamentale importanza. Esso anzi, insieme allidentificazione di arte e passione, il lascito maggiore che Du Bos abbia consegnato a quanti vennero dopo di lui.
A. Lombard, LAbb Du Bos, Paris 1913 (rist. anast. Genve 1969), pp. 346-48.
Fa eccezione Jonathan Richardson, il cui Essay on the Theory of Painting per del
1715, non del 1719 come indica Lombard per sottolinearne le frappantes analogies con
lopera di Dubos.
3
Cfr. A. F. B. Clark, Boileau and the French Classical Critics in England (1660-1830); Paris 1925, pp. 299-300; A. Bosker, Literary Criticism in the Age of Johnson, Groningen 1953,
p. 73.
4
Per queste e le successive citazioni rinvio a J. Dennis, Critica della Poesia, a cura di G.
Sertoli, Palermo 1994, pp. 47 ss., 103-05.
5 Rflexions, II.xxii. Cito le Rflexions dalla recentissima edizione italiana curata da M.
Mazzocut-Mis e Paola Vincenzi: Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura, Palermo 2005.
Per il testo francese, ho tenuto presente ledizione di Parigi 1770 (rist. anast. Genve 1982).
6 La stessa noia di Du Bos ha il suo corrispettivo nellindifferenza di Dennis (poi ripresa da Burke). Su Dennis probabile precursore di Du Bos si veda B. Munteano, Labb Du Bos esthticien de la persuasion passionnelle, Revue de littrature compare, III (1956),
pp. 339 e 348-50, che non si sbilancia per sul se e quando il secondo abbia letto il primo.
7
Questo punto stato ben visto da Lombard, cit., p. 223.
8 A. Gerard, An Essays on Taste, London 1759 (rist. anast. Menston 1971), p. 86 ss.
9 Citando espressamente Du Bos, Gerard gli rimprovera di aver fatto del movere the
only business of [art] (ivi, p. 87). Sul rapporto fra Gerard e Du Bos si veda G. MorpurgoTagliabue, Il Gusto nellestetica del Settecento, a cura di L. Russo e G. Sertoli, Palermo 2002,
pp. 186-88.
1
2
152
10 Cfr. Lombard, cit., p. 217, che nota giustamente il ritardo di Du Bos rispetto al gusto
pittorico dellepoca di Watteau.
11 Per un approfondimento della questione si veda E. Caramaschi, Lestetica dellabate Du Bos: impressionismo o tradizionalismo?, in V. Branca (cur.), Rappresentazione artistica
e rappresentazione scientifica nellet dei Lumi, Firenze 1970, pp. 216-18.
12 Rflexions, I.vi.
13 significativo che lEssay on Taste si apra con la menzione di Hutcheson e non di Du
Bos.
14 E. Burke, Inchiesta sul Bello e il Sublime, a cura di G. Sertoli e G. Miglietta, Palermo
19986, p. 64.
15
Il secondo volume uscir solo nel 1782.
16 J. Warton, An Essay on the Genius and Writings of Pope, London 1756 (rist. anast.
Amersham 1984), I, pp. iii-iv, x-xi.
17
Cos nella Prefazione del 1800 alle Lyrical Ballads.
18 La pi ampia e sistematica trattazione del tema senza dubbio lEssay on Genius di
Gerard (1774). significativo peraltro che Du Bos vi sia citato solo due volte a proposito di
dettagli assolutamente marginali. In effetti, limpostazione di Gerard, centrata sullanalisi delle
facolt (immaginazione, giudizio, memoria, etc.) che costituiscono la natura del genio e
presiedono alle sue varie manifestazioni, non meno lontana dalle Rflexions di quanto lo
fosse il precedente Essay on Taste. Ci che accomuna i due autori, semmai, il rifiuto di circoscrivere il genio allambito artistico, cio di identificarlo con una facolt specificamente
estetica. Condivido in proposito, per quanto riguarda Du Bos, la tesi di Lombard, cit., p. 239,
ripresa da E. Migliorini, Studi sul pensiero estetico del Settecento, Firenze 1966, p. 206. Contra
E. Fubini, Empirismo e classicismo. Saggio sul Dubos, Torino 1965, cap. VI.
19 Esemplare in proposito Joseph Warton, che nelle Reflections on Didactic Poetry (1753)
cita un lungo passo di Du Bos a sostegno della tesi che a stroke of passion is worth a hundred of the most lively and glowing descriptions. Men love to be moved much better than to
be instructed. Cfr. Bosker, cit., p. 206.
20
Fubini, cit., p. 126.
21 Traggo il termine da Migliorini, cit., p. 158.
22 Dobbligo il rinvio al vecchio (1951-52) ma sempre fondamentale saggio di P. O. Kristeller ristampato in Il pensiero e le arti nel Rinascimento, tr. it. Roma 1998, cap. IX (su Du
Bos, pp. 208-09).
23 Si vedano in proposito i saggi di David Marshall, Ut pictura poesis, e di Dean Mace,
Parallels between the arts, in The Cambridge History of Literary Criticism, vol. 4, The Eighteenth Century, ed. H. B. Nisbet and Claude Rawson, Cambridge 1997, pp. 681-99 e 730-41.
Cfr. anche J. H. Hagstrum, The Sister Arts, Chicago 1958, passim.
24
La tesi (peraltro non nuova) di Du Bos che la pittura pu farci vedere solo un istante della durata di unazione (Rflexions, I, xiii) era gi stata ripresa, quasi alla lettera, da
James Harris nel secondo dei suoi Three Treatises (1744), quello concerning Music, Painting and Poetry: of necessity every picture is a Punctum Temporis [] The Subjects of
Poetry, to which the Genius of Painting is not adapted, areall Actions, whose Whole is of
so lengthened a Duration, that no Point of time, in any part of the whole, can be given fit for
Painting (cit. da Marshall, cit., p. 695). Com noto, Harris fu una delle fonti pi dirette
del Laocoonte di Lessing (cfr. G. E. Lessing, Laocoonte, a cura di M. Cometa, Palermo 20002,
p. 17), ma nelle sue pagine Lessing ritrovava semplicemente le Rflexions di Du Bos (Lombard, cit., p. 347). Anche la distinzione lessinghiana fra segni naturali e segni arbitrari era
ripresa da Harris (cfr. Laocoonte, cit., pp. 43 e 125), ma Harris a sua volta la ricavava da Du
Bos (Rflexions, I.xxxv). Cfr. W. Folkierski, Entre le classicisme et le romantisme, Paris 19692
(1 ediz. 1925), p. 181 ss.; F. Binni, Gusto e invenzione nel Settecento inglese, Urbino 1970,
p. 189 ss. Stante la data di pubblicazione dei Three Treatises, si deve concludere che Harris
lautore inglese che pi tenne conto di Du Bos prima della traduzione delle Rflexions.
25
Cfr. anche Enquiry, II.iv, dove, citando (ed lunica volta) Du Bos, Burke lo critica per
aver anteposto la pittura alla poesia, quanto alla facolt di suscitare le passioni, in forza
della maggior chiarezza delle idee che essa rappresenta (trad. it. cit., p. 88).
26
La copia delloggetto deve, per cos dire, ispirare in noi una copia della passione che
loggetto stesso avrebbe ingenerato (Rflexions, I.iii).
27 Cfr. E. C. Mossner, Humes Early Memoranda, 1729-40: The Complete Text, Journal of the History of Ideas, IX (1948), pp. 492-518. Che la lettura delle Rflexions risalga agli
153
anni 1730-34 congettura di Mossner. I due appunto relativi alle Rflexions (p. 500) non
riguardano per larte o lestetica bens leducazione di un giovane.
28 P. Jones, Humes Sentiments, Edinburgh 1982, p. 101 ss.
29 Cos noi rincorriamo per istinto gli oggetti che possono eccitare le nostre passioni,
sebbene essi esercitino su di noi impressioni che spesso ci costano notti inquiete e giornate
infelici; ma in generale gli uomini soffrono di pi per una vita senza passioni che per la sofferenza suscitata dalle passioni stesse (Rflexions, I.i).
30
Ivi, I.iii. Lopera di Racine [Phdre] ci fa piangere senza rattristarci realmente (ivi,
trad. modificata). Ci peraltro contraddice la tesi, pi volte ripetuta, che unopera tragica, per
piacerci, deve affliggerci.
31
Geniale per lintuizione di quello che oggi chiameremmo piacere masochistico, o meglio sado-masochistico.
32 Contraddittoria non solo per la ragione accennata sopra (nota 30), ma soprattutto
perch, dicendo che il piacere prodotto da una tragedia dipende dal fatto che il dolore dello
spettatore non dura (Rflexions, I.iii), Du Bos imputa quello stesso piacere alla scomparsa
(o comunque attenuazione) del dolore, mentre in precedenza (I.ii) aveva detto che, se si accorre ad assistere a eventi o spettacoli cruenti, perch al dolore che essi provocano inerisce un piacere consistente nellagitazione delle passioni. (Noto en passant che allidentificazione del piacere con lattenuazione/scomparsa del dolore verosimilmente debitore Burke per
il suo concetto di delight, definito appunto sollievo-dal-dolore.)
33 certo che lo stesso oggetto di pena, che ci piace in una tragedia, ci darebbe la pi
sicera afflizione se lavessimo realmente davanti ai nostri occhi, per quanto costituisse in
questo caso la cura p radicale per il languore e lindolenza (D. Hume, Saggi di estetica, a
cura di I. Zaffagnini, Parma 1994, p. 76). Cfr. D. Hume, Essays Moral, Political and Literary,
London 1963, p. 222.
34
Hume, Essays, cit., p. 225; trad. it. cit., p. 79. Laccenno alla conversione del dolore
in piacere rimanda naturalmente alla teoria dellassociazione delle passioni nel libro II del
Treatise.
35
Fontenelle, Rflexions sur la Potique, 36. Gi nel Treatise (I.iii.9), per, dunque
prima della pubblicazione dello scritto di Fontenelle (1742), Hume era giunto alla stessa
conclusione attribuendo il piacere prodotto da rappresentazioni drammatiche a un want
of belief in the subject. Cfr. T. Brunius, David Hume on Criticism, Stockholm 1952, p. 53.
Anche Du Bos riconosce che lo spettatore di una tragedia sa di assistere a una fiction ingnieuse (I.xliii), ma non tiene sufficientemente conto di questo fattore quando elabora il suo
modello del piacere tragico.
36 Torner in altra sede su quanto Du Bos dice a proposito della compassione che la
tragedia attiva negli spettatori (Rflexions, I.iv). Si tratta di un punto che Hume lascia cadere,
mentre lo riprende invece Burke.
37 la definizione data in The Sceptic (Essays, cit., pp. 165-67) e nel 242 dellEnquiry concerning the Principles of Morals (1751).
38
D. Townsend, Humes Aesthetic Theory, London and New York 2001, spec. capp. 23 (su Hume e Dubos, pp. 76-85).
39 Rflexions, II.xxii. Cfr. Migliorini, cit., pp. 214 ss.
40
Ibid.
41 Nel Treatise (II.ii.1) il senso del bello era stato ascritto alle passioni calme. E nel
saggio Of The Delicacy of Taste and Passion al (buon) gusto era stato assegnato il compito
(e riconosciuto il merito) di migliora[re] la nostra sensibilit per tutte le passioni tenere e
gradevoli [rendendo] al tempo stesso la mente incapace delle emozioni pi rozze e violente
(Essays, cit., pp. 5-6; trad. it. cit., pp. 71-72).
42
[] louvrage qui ne touche point [] ne vaut rien (Rflexions, II.xxii). Laddove
per Hume unopera darte presenta anche altre qualit che devono essere apprezzate e che
possono esserlo solo dalla ragione. Cfr. Essays, cit., p. 246; trad. it. cit., pp. 53-54.
43
Cfr. E. Ermets, A Study of the Word Sentimental, Helsinki 1951.
44 Si veda Jones, cit., pp. 106-23. Si spesso detto che Hume si scarterebbe nettamente da Du Bos nel riconoscere valore al giudizio dei critici, disprezzati invece da Du Bos
(cfr. Essays, cit., p. 247; trad. it. cit., p. 55). Forse per lo scarto si riduce osservando che per
critici Hume non intende tanto i professionisti della critica (equivalenti ai gens de mtier
di Du Bos: Rflexions, II.xxv-xxvi), quanto unlite educata e colta formata proprio da quelle
persone che hanno acquisito conoscenze leggendo o attraverso le relazioni sociali (soit par
154
la lecture, soit par le commerce du monde) che Du Bos (come prima di lui Addison) contrappone al bas peuple (ivi, II.xxii). tale lite a possedere quel got de comparaison (ivi,
II.xxxi) che Gerard cita con approvazione nellEssays on Taste (p. 120 n.) e Hume identifica con lesercizio del buon gusto.
45
Hume, Essays, cit., p. 236; trad. it. cit., p. 44.
46 Ivi; Dubos, Rflexions, II.xxxiv, p. 269.
47 Ivi, p. 250; trad. it. cit., p. 57.
48
Su questo esito del discorso humiano rimando al mio saggio Il gusto nellInghilterra
del Settecento, in L. Russo (cur.), Il Gusto. Storia di una idea estetica, Palermo 2000, pp.
112-13.
49
Ultimo Townsend, cit., p. 77.
50 Rflexions, I.xlix.
51 Hume, Essays, cit., p. 234; trad. it. cit., p. 42.
52
Ivi, p. 238 (trad. it. cit., p. 46); Du Bos, Rflexions, II.xiv. Macchina termine usato
anche da Hume (Essays, cit., p. 237; trad. it. cit., p.45).
53 Morpurgo-Tagliabue, cit., pp. 147-77.
54
Hume, Essays, cit., p. 238; trad. it. cit., p.46.
55 Ivi, p. 234; trad. it. cit., p. 42.
56 Rflexions, II.xiv.
57
Ivi, II.xix.
58 Ivi, II.xxxiv.
59 Cfr. Bosker, cit., p. 69 ss.
60
Rflexions, II.xxxvii.
61 Per giudicare correttamente un autore, dobbiamo trasferirci nel suo tempo ed esaminare quali fossero le esigenze dei suoi contemporanei e di quali mezzi egli disponesse per
soddisfarle (S. Johnson, Life of Dryden, in Lives of the English Poets, London 1977, I, p.
288). Ma la frase di Du Bos riecheggiata anche da Hume quando, nel saggio sullo standard
of taste, scrive (memore di Quintiliano): Un critico di unet e di una nazione differenti, che
voglia esaminare attentamente quel discorso [sc. il discorso di un oratore], deve [] mettersi
nella stessa condizione delluditorio per giudicare rettamente lorazione (Hume, Essays, cit.,
pp. 244-45; trad. it. cit., p. 52).
62
Rflexions, II.xxxiii.
63 Oltre al cap. III dellop. cit. di Bosker, si veda D.L. Patey, Ancients and Moderns,
in The Cambridge History of Literary Criticism, cit., p. 57 ss.
64
Cit. da Bosker, cit., p. 60.
155
Du Bos nel carteggio con il conte di Calepio sul gusto poetico, iniziato
nel 1728. Il teorico zurighese raccomanda di non estendere indebitamente la metafora del gusto divenuta consueta: il gusto sensibile distingue la diversa natura dei cibi, quello figurato le propriet dei discorsi, ma il primo reagisce in maniera meccanica alle impressioni esterne,
il secondo una forza dellanimo, che opera attivamente. In termini
che potrebbero suggerire anche una conoscenza diretta di Du Bos,
Bodmer ritiene che lesclusiva giurisdizione del sentimento (Richteramt
der Empfindung), che nel gusto sensibile giustifica il detto de gustibus
non disputandum, estesa a quello poetico, trasformato in una sorta di
sesto senso, determinerebbe uno sterile scetticismo. Al sistema meccanico presupposto nella metafora del gusto, che riconduce alla filosofia cartesiana, Bodmer oppone il sistema leibniziano dellarmonia
prestabilita, che preserva la forza attiva dello spirito. Egli contesta lopinione di Calepio, per cui il piacere sorge dalla semplice emozione procurata dalloggetto artistico, comune ai conoscitori e agli incolti, sulla
base della teoria cartesiano-wolffiana della Lust come conoscenza intuitiva della perfezione nella Deutsche Metaphysik ( 404): il piacere dipende dalla riflessione sulla somiglianza tra limmagine artistica e il modello, che permette di riconoscerne la perfetta coincidenza (bereinstimmung), e ci spiega anche perch gli intenditori provino pi piacere degli ignoranti 4. Negli anni seguenti, Bodmer attenua lintellettualismo di questa posizione, aderendo alla poetica di Breitinger: nella prefazione della Critische Dichtkunst dellamico (1740) si dichiara daccordo a considerare gli effetti di unopera sul pubblico comune, almeno
nelle materie in cui dominano le passioni, convinto che non si dia alcun
conflitto tra le regole e das, was gefllt: proprio osservando ci che
produceva costantemente un certo effetto sullanimo e riflettendo poi
sulle cause di tale effetto, i grandi poeti dellantichit trovarono le regole nella natura stessa, come i migliori critici, da Aristotele fino a Muratori, Pope e Du Bos, fecero seguire alle esperienze la riflessione. Questa apertura si situa ancora nellorizzonte del pensiero di Leibniz: poich il buon gusto si diffuso soltanto nelle nazioni predisposte allindagine critica dalla pratica filosofica, Bodmer confida che presto dominer in Germania, come un frutto della filosofia leibniziana 5.
Fin dalla prima sezione della Critische Dichtkunst Breitinger accoglie la distinzione dei mezzi con cui poesia e pittura realizzano il comune scopo di suscitare piacere, dicendosi daccordo con il tiefsinniger Dubos, che le raffigurazioni pittoriche attraverso la vista commuovono pi rapidamente e con maggior forza, ci che determina al tempo
stesso il limite della pittura, destinata a rappresentare gli oggetti da un
unico punto di vista, mentre la poesia, servendosi di segni arbitrari,
raffigura direttamente le immagini nel cervello di altri uomini 6. Ma
soprattutto nel capitolo sullimitazione della natura che la lezione di
158
lambiente naturale di un paese agisce sulla fisionomia e sulla mentalit dei popoli che lo abitano nel corso dei secoli, spiegando, ad esempio, come caratteristiche degli antichi Galli si ritrovino poi nei Franchi, che si sono stabiliti nella stessa terra, pur non discendendo dalla
loro stirpe 26. Ma rispetto a Du Bos, che considera linfluenza del clima
pi forte rispetto alletnia, Winckelmann attribuisce non minore importanza al sangue: ammette che i Greci delle colonie dAsia e dAfrica si assimilarono agli indigeni, ma aggiunge che gli attuali abitanti
della Grecia sono come un metallo fuso con altri, in cui per la massa
principale si riconosce chiaramente. E precisa che, sebbene lambiente
e il clima siano peggiorati, i Greci moderni conservano molti dei privilegi naturali dellantica nazione, soprattutto la bellezza, come riferiscono i viaggiatori 27. Limportanza di Du Bos nel rinnovamento della teoria tedesca delle arti figurative confermata dalle Betrachtungen
ber die Mahlerey (1762) del direttore della pinacoteca di Dresda Christian Ludwig von Hagedorn, che gi nella prefazione, dichiarando di
voler mantenere un equilibrio tra le nozioni tecniche e un sapere pi
generale, auspica prossimo il tempo in cui artisti e collezionisti leggeranno con piacere e profitto Du Bos e parallelamente le persone di ingegno apprezzeranno la concisione e precisione dei trattatisti. In particolare, Hagedorn condivide le sue idee sul ruolo secondario delle
figure allegoriche nei dipinti storici (pur giustificando, come lamico
Winckelmann, i quadri di Rubens dalle sue obiezioni) e una certa diffidenza nei confronti del giudizio della gens du mtier 28.
Nel frattempo le Riflessioni critiche vengono ristampate in francese dalleditore Walther di Lipsia nel 1760, e tra questo e lanno successivo compare anche la prima traduzione tedesca completa, in un ambiente culturale prossimo a quello in cui era nata la parziale versione
dei Bremer Beitrge: lanonimo traduttore Gottfried Benedikt Funcke, che in questi anni vive a Kopenhagen come precettore in casa di
Cramer, uno dei fondatori della vecchia rivista 29. Negli anni seguenti le idee di Du Bos diventano patrimonio comune nella cultura tedesca, ci spiega il ruolo del tutto eccezionale che gli riconosce Sulzer nel
primo volume della Allgemeine Theorie der schnen Knste (1770) allarticolo Aesthetik: Du Bos giudicato il primo tra i moderni ad aver
fondato la teoria dellarte su un principio generale, ossia il bisogno
che luomo prova in certe circostanze di occupare le proprie forze spirituali e di garantire una certa attivit ai propri sentimenti. Pur notando che si limitato a formulare regole generali su questo fondamento e per il resto ha proceduto in maniera empirica, ritiene la sua
opera piena di ottime osservazioni, e la cita spesso, in particolare negli articoli relativi allespressione poetica e alle arti figurative 30. Presupposto di un proficuo impiego della teoria di Du Bos la sua riformulazione nei termini della psicologia leibniziana del piacere (abbozzata
165
da Sulzer fin dalla memoria accademica sullorigine dei sentimenti gradevoli e sgradevoli), che si delinea in particolare nellarticolo sul genio,
rielaborando una Analyse du gnie da lui presentata allAccademia di
Berlino nel 1757. proprio attorno allidea del genio che la cultura
razionalistica tedesca aveva tentato di verificare lefficacia di una rilettura leibniziana di Du Bos, come suggerisce linteresse per questo tema
sulle riviste berlinesi di Nicolai, che pochi mesi dopo la memoria accademica di Sulzer traduce per la Bibliothek der schnen Wissenschaften und der freyen Knste le sezioni 5-7 della seconda parte
delle Riflessioni critiche, sul genio di poeti e pittori 31. Sulzer prende le
mosse da Du Bos, traducendo la sua definizione del genio come nellabilit nel compiere bene e facilmente cose che altri riuscirebbero
a fare solo male e con fatica. Ma questa descrizione delleffetto ricondotta alle cause nei termini della psicologia tedesca: poich il genio
richiede limpiego di tutte le capacit spirituali, il suo fondamento va
cercato nella forza originaria da cui esse derivano e che costituisce secondo Leibniz lessenza dellanima, una forza attiva che produce idee
e stimola incessantemente a svilupparle. Dopo aver analizzato le capacit spirituali che contribuiscono al genio, Sulzer pone la questione
delle cause, fisiche e morali, che ne favoriscono la formazione, non
senza ricordare che Du Bos ne ha trattato con competenza, sebbene
solo induttivamente. Poich lintensit della forza psichica che costituisce il fondamento del genio dipende in buona parte dalla costituzione fisica, dal momento che lanima sente e agisce solo in proporzione
alle impressioni che riceve attraverso il corpo, Sulzer conclude che esso
deve molto a cause naturali, in particolare clima e alimentazione, anche se questo dono di natura pu essere rafforzato da fattori morali 32.
Larticolo della Allgemeine Theorie, confermando che il genio si manifesta con una straordinaria abilit nel compiere operazioni cui si
portati, riconduce le sollecitazioni venute da Du Bos allipotesi (fondata sullidea leibniziana dellanima dei bruti) che una predisposizione al
genio si riconosce gi nella natura animale, presupponendo uneccezionale suscettibilit dei sensi: il genio deve rispondere a una qualche
eccitazione, per poter esercitare le forze rappresentative dellanima su
certi oggetti. Sulzer chiude larticolo con lauspicio che gli studiosi,
individuando con precisione nei capolavori dellarte la peculiare impronta del genio, sviluppino una compiuta storia naturale dello spirito umano 33.
In questa direzione, gi nel 1765 Karl Friedrich Flgel aveva pubblicato una Geschichte des menschlichen Verstandes, che si apre proprio
con un capitolo sul genio, in cui lallievo di Baumgarten riconosce agli
autori francesi il merito di aver stimolato unattenta riflessione su questo concetto e cita, tra diverse altre, la definizione di Du Bos gi impiegata da Sulzer, prima di introdurre la spiegazione della Metafisica (
166
648) del maestro, che definisce ingenium in senso lato una felice proporzione tra le facolt conoscitive dellanima. Grazie a Du Bos Flgel
consolida la tendenza a separare nella nozione wolffiana di ingenium
le funzioni del Genie da quelle del Witz, un orientamento individuato gi da Mendelssohn nella recensione del saggio sul genio di Sulzer
nei Literaturbriefe (aprile 1760) 34. Su questo terreno si muove anche
il giovane Herder, che recensisce il saggio di Flgel nellottobre 1765
e abbozza su questo modello il progetto, conservato nei manoscritti, di
una storia dellintelletto umano, a partire da unindagine dei fattori naturali e morali che agiscono sulla sua formazione. In questo contesto ricorda, accanto allopinione di Huarte, Hlvetius e Montesquieu,
quella di Du Bos, che associa in particolare allidea dellazione dellaria
e delle esalazioni della terra 35. Herder lultimo dei grandi autori
tedeschi del secolo a confrontarsi direttamente con le Riflessioni critiche, che legge forse gi a Knigsberg o nel periodo di Riga (1764-67),
ricavandone una serie di estratti, anche se il suo interesse sembra in
buona parte mediato dalle personalit dominanti nella sua formazione
culturale, Lessing, Mendelssohn e Winckelmann. Nei primi saggi, in
cui rivisita criticamente il loro percorso, Herder richiama in rari casi
Du Bos. Ad esempio nella prima serie dei Fragmente, ber die neuere
deutsche Literatur (1767), illustrando lipotesi delle et della lingua,
accenna alle testimonianze raccolte nelle Riflessioni critiche sulloriginaria coincidenza di parola e canto, ma si mostra piuttosto diffidente
nei confronti di un simile armamentario di erudizione, e contesta,
alludendo alla sesta sezione della terza parte dellopera, quella che considera una riduzione del canto teatrale degli antichi a una declamazione
alla moda secondo lorecchio francese 36. Dagli anni 70 Herder non
cita pi Du Bos, ignorandone anche la teoria dellinfluenza climatica
sul carattere delle nazioni, un fattore cui attribuisce, del resto, sempre
meno valore nelle sue sintesi di filosofia della storia: gi in Auch eine
Philosophie der Geschichte der Menschheit (1774), pur interessandosi
allazione del clima e citando a questo proposito autori francesi, soprattutto Montesquieu, la subordina a una legge evolutiva di tipo biologico,
introducendo un modello finalistico del tutto estraneo a Du Bos 37.
Come mostra in modo emblematico lopera di Herder, dal principio degli anni 70 la teoria di Du Bos perde rapidamente la sua capacit di attrazione. Il giudizio della Allgemeine Theorie di Sulzer (1770)
e la pubblica riconciliazione di Mendelssohn lanno seguente nella
Rhapsodie, formalizzando la sua compiuta assimilazione da parte dellestetica razionalistica, segnano anche linizio di una nuova stagione,
in cui la cultura tedesca relega Du Bos al ruolo di un inoffensivo pioniere. Alla fine degli anni 80, ribadendo in formule ormai fisse il giudizio di Sulzer, Du Bos viene generalmente riconosciuto come il fondatore della teoria che riconduce il piacere delle belle arti al principio
167
della Beschftigung des Geistes, come si esprime Carl Leonhard Reinhold in un saggio Ueber die Natur des Vergngens apparso sul Teutscher Merkur alla fine del 1788 38. Ma lorizzonte teorico non pi
quello aperto da Baumgarten, bens il criticismo kantiano. In una lettera a Kant di qualche mese prima (19 gennaio 1788) Reinhold, che
gi teneva a Jena un affollato corso di introduzione alla Kritik der reinen Vernunft, dichiarando di attendere con ansia la critica del gusto
annunciata dal filosofo, ricorda che sta cercando di applicare la dottrina kantiana della conoscenza a una nuova teoria del piacere, e giudica questo tentativo molto promettente, in quanto gli permette di recuperare le diverse opinioni sulla natura del piacere, da quella di Du
Bos, che lo ha spiegato con una leichte und starke Beschftigung delloriginaria forza dellanima, a quelle di Wolff, Mendelssohn, Sulzer,
Hlvetius, conciliandole in una prospettiva superiore 39.
1
J. U. Knig, Untersuchung von dem guten Geschmack in der Dicht- und Redekunst, in
Des Freyherrn von Canitz Gedichten, Leipzig 1727, pp. 227-322, in part. pp. 230-31, 251-52,
266, 275.
2
Ivi, pp. 255-57, 306-07.
3 J. C. Gottsched, Versuch einer Critischen Dichtkunst fr die Deutschen, Leipzig 1730;
rist. 4 ed. Leipzig 1751, Darmstadt 1962, 118-23.
4
Briefwechsel von der Natur des Poetischen Geschmackes, Zrich 1736; rist. a cura di W.
Bender, Stuttgart 1966, pp. 12-14, 44, 48, 51-52.
5 J. J. Breitinger, Critische Dichtkunst mit einer Vorrede von J. J. Bodmer, Zrich und
Leipzig 1740, rist a cura di W. Bender, Stuttgart, 1966, I, pp. 9-12. Lanno seguente, nella
prima sezione delle Critische Betrachtungen ber die poetischen Gemlde der Dichter (Zrich
1741; rist. Frankfurt am Main 1971, pp. 25-26) Bodmer cita Du Bos tra i critici che hanno
tentato di spiegare come acquisire uninfallibile prontezza di giudizio, ossia il buon gusto, che
descrive ora come un senso specifico deputato al giudizio artistico, analogo al gusto fisico.
6 Ivi, pp. 14-31.
7
Ivi, pp. 61-64, 69-70, 81-83, 85-86.
8 Ivi, pp. 113-115. Per una sintesi delle citazioni da Du Bos nella Critische Dichtkunst si
veda A. Lombard, LAbb Du Bos. Un initiateur de la pense moderne (1670-1742), Paris
1913, pp. 359-61
9 Abhandlung von der Nothwendigkeit, beschftigt zu sein, wenn man der verdrlichen
langen Weile ausweichen will. Aus dem Franzsischen des Herrn Abts du Bos, in Neue Beitrge zum Vergngen des Verstandes und des Witzes, II.1, 1745, pp. 14-21.
10 Cfr. A. Bumler, Kants Kritik der Urteilskraft. Ihre Geschichte und Systematik, I: Das
Irrationalittsproblem in der sthetik und Logik des 18. Jahrhunderts bis zur Kritik der Urteilskraft, Halle, Niemeyer 1923, pp. 87-89. Un accenno a Du Bos si trova nel corso di lezioni
che Baumgarten tiene tra 1750 e 1751, seguendo i paragrafi del primo volume dellEstetica:
a proposito della correzione estetica, uno degli attributi necessari al schner Geist, menziona ( 97) un saggio, che dice pubblicato da qualche anno, Sur la posie et la peinture, nel
quale le due arti sono messe in parallelo. Cfr. A. G. Baumgarten, Lezioni di Estetica, a cura
di S. Tedesco, pres. di L. Amoroso, Palermo Aesthetica 1998, p. 67.
11
La memoria, letta allAccademia di Berlino, venne pubblicata sugli Atti nelle annate
1753-54 e in seguito tradotta in tedesco. Cfr. Untersuchung ber den Ursprung der angenehmen und unangenehmen Empfindungen, in Vermischte philosophische Schriften, 2 voll. Leipzig 1773-1781, I, pp. 1-98, in part. pp. 4-23.
12 Von der Kritik der Empfindungen. ber einer Stelle des Herrn du Bos, in Bibliothek
der schnen Wissenschaften und der freyen Knste, VIII, 1, 1762, pp. 1-20, p. 16.
168
169
Non pi possibile dubitare che le Rflexions critiques sur la posie et sur la peinture di Jean-Baptiste Du Bos rappresentino uno dei
grandi testi dellestetica settecentesca, n che esse abbiano avuto una
influenza decisiva sugli sviluppi del pensiero europeo. Se Alfred Lombard, agli inizi del secolo scorso, doveva ancora contrastare una diffusa
sottovalutazione della funzione giocata da Du Bos e rivendicare per lui
un ruolo fra gli iniziatori del pensiero moderno, oggi quel ruolo e
quella funzione, anche nel campo specifico dellestetica, gli sono generalmente riconosciuti. Se ve ne fosse bisogno, Elio Franzini ci ricorda,
nella sua bella presentazione alla nuova edizione delle Riflessioni, che
la storia degli effetti delle Rflexions di Du Bos ampia e non solo
francese, mentre laccurata Appendice bio-bibliografica di Maddalena
Mazzocut-Mis e Paola Vincenzi sostanzia questo giudizio dimostrando,
testi e traduzioni alla mano, come lopera di Du Bos abbia rappresentato il vero e proprio laboratorio dellestetica del Settecento. Non
solo infatti il testo dubosiano stato letto e ripreso in Francia, ma ha
goduto di una circolazione europea attestata, innanzi tutto, dalle numerose traduzioni: quella inglese del 1748, quelle tedesche del 1745 e
1755, quella olandese gi del 1740. E quanto ai nomi dei teorici che
hanno letto e ripreso Du Bos, baster ricordare che tra loro si trovano studiosi del calibro di Lessing e Kant, Voltaire e Diderot.
E lItalia? La riposta non pu essere altrettanto netta, e non perch
Du Bos sia stato poco conosciuto da noi o per il semplice fatto che il
testo capitale dellestetica dubosiana non fu tradotto allora in italiano
(tanto vero che esso vede ora per la prima volta la luce nella nostra
lingua in una edizione completa, dopo quella assai parziale di Enrico
Fubini nel 1970). Questa circostanza non avrebbe di per s alcun valore dirimente, dato che il francese era lingua ampiamente familiare ai
nostri dotti del Settecento, e neppure sintomatico, dato che pot dipendere da motivazioni del tutto estrinseche. No, sono in gioco altre
e diverse ragioni, che per sono da imputarsi non al carattere del testo dubosiano, ma a quello dellestetica italiana del Settecento. Voglio
dire che, se in Italia non troviamo, tra gli autori influenzati da Du Bos,
un nome che si possa porre accanto a quelli appena fatti, principal171
della poesia tragica dItalia con quella di Francia, del 1732, opera che
sar ancora lodata da Giosu Carducci. Attraverso un comune amico
letterato, Caspar von Muralt, era entrato in contatto con Johann Jacob
Bodmer, e col critico e teorico svizzero ebbe un interessante carteggio
sui problemi del gusto, della catarsi tragica, della fantasia e del meraviglioso. Le lettere furono pubblicate da Bodmer in traduzione tedesca, assieme alle proprie, nel 1736 (Brief-wechsel von der Natur des
poetischen Geschmacks, Zurigo). E gli originali italiani sembrarono per
lungo tempo irrintracciabili, dopo che erano stati localizzati in una
biblioteca svizzera allinizio del Novecento da Leone Donati, finch
non sono stati localizzati e pubblicati allinizio degli anni Sessanta da
Rinaldo Boldini 3.
Di contro a Bodmer, che a questa altezza cronologica difende strenuamente una posizione razionalistica, e attacca apertamente il sensualismo, Calepio sostiene nelle sue lettere una posizione sensualistica moderata. Il gusto, la capacit di giudicare del bello, essenzialmente una
affare di sentimento. In quella guisa che il gusto significa propriamente laffezion del palato e buon gusto altro non che la perfetta
disposizione degli organi nel distinguere le impressioni de cibi, cos
metaforicamente per gusto sesprime il sentimento che riceve lanimo
per opera della elocuzione, e per buon uso quel discernimento che
con laiuto della ragione conosce le perfezioni e i difetti della medesima [] le sentenze, le figure, i motti, le digressioni, la propriet delle
voci, i colori e larmonia del numero, e finalmente leccitamento delle passioni conformi a temperamenti sono cose tutte idonee a dilettar
lanimo nostro, come recano grato sapore al palato le configurazioni
delle vivande ad esso proporzionate 4. Mentre Bodmer restava legato allidea che della poesia e della bellezza in genere si giudica secondo
sane conclusioni della ragione, Calepio argomentava con vigore che
la poesia agisce innanzi tutto sul senso, per impressione sensibile,
che leloquenza persuade attraverso ragione e diletto, ma solo questultimo il suo mezzo specifico. Le idee sensibili operano con molta
pi forza di quelle intellettuali, limmaginazione tutta sensuale, e
le opere darte agiscono su di noi in primo luogo eccitando le passioni. E se Bodmer riteneva che solo chi conosce le regole e i principi
della poesia pu esserne buon giudice, Calepio difendeva la capacit
di giudizio del lettore o ascoltatore comune, che d voce alla impressione prodotta in lui dalla raffigurazione delle passioni altrui: Convien dunque per mio avviso stabilire che, oltre il diletto prodotto dalla
considerazione dellarte, havvene un altro proprio de sensi, e maggiore, comne al popolo e alli dotti, il qual consiste in sentirsi secondare
linterna commozione dalle immagini delle passioni altrui, e che questo opera immediatamente, eccitando il pianto e preoccupando [cio
anticipando] loperazione dellintelletto, che in ci non ha parte 5.
173
Non difficile scorgere la vicinanza di queste affermazioni di Calepio con le posizioni sostenute da Du Bos nelle Riflessioni. Anche Du
Bos convinto che a giudicare della bellezza sia un sesto senso o sentimento: Il senso che decide se limitazione che ci viene mostrata in
un poema o nella composizione di un quadro ci suscita compassione
e ci intenerisce lo stesso che viene intenerito e che giudica loggetto
imitato; anche lui convinto che quando loggetto realmente toccante [] il cuore si emoziona spontaneamente e con un moto che
precede ogni riflessione [] Si piange per una tragedia prima di aver
considerato se loggetto presentatoci dal poeta tale da commuoverci e se bene imitato. Il sentimento ci spiega cos prima che labbiamo esaminato 6. Du Bos pi radicale di Calepio, che tende sempre
a salvare una qualche collaborazione o compresenza dellintelletto o
ragione nellattivit estetica, laddove Du Bos insiste sullautosufficienza
del senso o sentimento, come nel celebre passo sul ragot: Si usa forse la ragione per stabilire se un intingolo buono cattivo? Si discute
forse mai della giusta quantit e qualit di ogni ingrediente che serve
per realizzare una ricetta, basandosi sui principi geometrici del sapore, prima di decidere se un intingolo buono? No, si assaggia il manicaretto e anche senza conoscere le regole si capisce che buono.
Da qui discende la strenua convinzione di Du Bos, che il pubblico comune in grado di giudicare larte come e pi degli esperti: il ragionamento dice molto di pi sullimpatto che lopera ha su di noi di tutte le dissertazioni dei critici, che ne giudicano il valore valutando pregi
e difetti e dunque la platea, senza conoscere le regole, pu giudicare
un lavoro teatrale quanto la gente del mestiere 7.
Certo, somiglianze e parallelismi non sono ancora prove di un influsso diretto. Calepio non cita mai Du Bos, e ci senza dubbio strano, se si pensa che le Riflessioni gli avrebbero offerto in pi punti il
sostegno dellautorit di un terzo, peraltro gi noto al pubblico italiano
per la sua opera di argomento politico sugli Interessi dellInghilterra 8.
Nella seconda lettera a Bodmer d una serie di ragguagli al suo corrispondente, citando molti commentatori cinquecenteschi della Poetica
di Aristotele, Antonio Muratori e soprattutto Gianvincenzo Gravina,
ma non il teorico doltralpe, e Benedetto Croce ebbe a notare che alcuni dei temi che abbiamo segnalato provenivano a Calepio proprio
dalla tradizione dellestetica italiana 9. Dal canto suo, Mario Fubini si
spinto a negare ogni rapporto tra Du Bos e Calepio, sostenendo che
litaliano affatto estraneo al mondo dellabate lockiano e [] lopera sua ha le sue radici e la ragion dessere nelle discussioni della prima Arcadia, e quanto allaffinit che pu ben essere notata tra lui e il
Du Bos per la concezione del gusto e del piacere estetico, si dovr
ritenere che il problema fosse un portato della maturit dei tempi e
che luno ben potesse affrontarlo indipendentemente dallaltro 10.
174
dispute a combattimenti dei Troiani e dei Greci 14. Difficile pensare che non si sia imbattuto fin dallinizio in uno dei pi autorevoli
esponenti del partito degli Antichi, quale Du Bos fu.
Certo, se si prendono gli scritti tardi di Conti sulla poetica e lestetica, non si riscontra una particolare affinit con il pensatore francese,
anzi Conti si mostra scrittore bens tendenzialmente eclettico, ma
orientato comunque verso una forma di platonismo e di intellettualismo abbastanza tradizionali, come dimostra la sua definizione della
bellezza in termini di accordo d proporzioni, di parti e di colori, che
nel modo pi facile e pi vivo rappresentano gli usi per i quali destinato per natura il corpo unito alla mente (lettera al Ceratti). Ma il
Conti non aveva sempre seguitato tale orientamento. Le concezioni
della poesia che aveva elaborato durante il soggiorno parigino, sicuramente per via dellinflusso del pensiero francese, erano orientate piuttosto verso una forma di sensualismo pronta a riconoscere i diritti del
sentimento. Se si legge ad esempio la lettera alla Presidentessa Ferrante, del 1719, il tono e i temi sono ben diversi. Conti imposta innanzi
tutto il confronto tra poesia e pittura, sottolineando che anche la prima deve tendere a trasformare tutto in immagini (la posie a ses
images comme la peinture, la posie nest moins peinture que la
musique); ritiene che il sentimento e il gusto siano indefinibili, e che
gli individui che ne sono privi siano come ciechi e sordi; polemizza
con unidea troppo ristretta di verosimiglianza rivendicando limportanza delle passioni e scrivendo che per natura va inteso non seulement ce qui esiste rellement hors de nous: mais aussi tout ce quoi
les hommes dun certain sicle et dun certain pays ont donn lexistence, soit par la force de leurs prejugs, soit par la certitude de leur
croyance. Non a torto, insomma, Croce scriveva nella parte storica
della Estetica del 1902 che Antonio Conti in un primo periodo aveva professato idee non dissimili da quelle del Du Bos, e il nome dellautore delle Rflexions viene evocato anche da Ferruccio Ulivi per
spiegare laccento posto sul sentimento in questi scritti dellabate padovano 15.
Passando alla seconda met del Settecento, con il diffondersi in
Italia delle teorie del sensismo e dellempirismo lockiano, gli autori da
prendere in considerazione si moltiplicano. Per questo periodo disponiamo di uno studio specifico, il saggio di Norbert Jonard Labb Du
Bos en Italie 16. La tesi di Jonard che linfluenza di Du Bos nel secondo Settecento italiano sia andata al di l dei testi di poetica e di
estetica, e sia rintracciabile in molti letterati. In particolare, Jonard si
sofferma su Gaspare Gozzi, su Carlo Goldoni e su Giusepe Parini.
Cominciando la sua analisi dal maggiore dei due fratelli Gozzi, Jonard nota quanto sia in lui presente il tema del confronto tra poesia e
176
sunto delle Rflexions, ma anche leco di alcune discussioni sullopera di Du Bos intrattenute con une personne qui peut en juger aussi
bien quhomme au monde e che Di Felice, con buoni argomenti, ritiene essere stato appunto Metastasio. Nelle lettere del quale si trova
ripresa, ad esempio, la teoria dubosiana dellarte come rimedio alla
noia, mentre nelle opere poetiche troviamo adombrata in pi di una
circostanza una convinta adesione allidea del piacere, del diletto come
vero fine della poesia, con uninflessione che ci riporta alle teorie sensistiche e sentimentalistiche di Du Bos.
Un esame dellEstratto dellArte Poetica, scritto da un Metastasio
ormai anziano, e pubblicato solo dopo la morte di lui, conferma i rapporti con le Riflessioni. Bench Metastasio non citi mai Du Bos accanto agli altri teorici che pure ricorda (Bacone, Scaligero, Hensius, Dacier), egli si appoggia a lui quando si tratta di rivendicare il ruolo delle
passioni nel dramma. In generale, Metastasio innesta i motivi dubosiani (per esempio il tema della noia da rifuggire, o lindebolimento del
verisimile a favore del fantastico) sulla base graviniana della sua formazione. Anche Metastasio, inoltre, condivide largomento dubosiano a
favore del pubblico e contro il parere degli esperti, come leggiamo nel
capitolo XVII del suo Estratto: Ed infatti, ove ben si ragioni, il voto
del popolo, a riguardo della poesia, dun peso indubitabilmente molto pi considerabile che altri non crede. Il popolo , per lordinario, il
men corrotto dogni altro giudice. Non seduce il suo giudizio rivalit
dingegno, non ostinazione di scuola, non confusine dinutili, di falsi,
di male intesi precetti, non voglia di far pompa derudizione, non malignit contro i moderni mascherata didolatria per gli antichi, n alcun
altro de tanti velenosi affetti del cuore umano, fomentati, anzi bene
spesso prodotti dalla dottrina, quando non giunge ad esser sapienza.
Legge ed ascolta il popolo i poeti unicamente per dilettarsi; non se ne
compiace se non quando sente commoversi e, bench singanni il pi
delle volte quando pretende di spiegar le cagioni del suo compiacimento, non singanna perci in lui giammai la natura, quando si risente allefficacia de non conosciuti impulsi che lhan commossa 25.
Nel diciannovesimo secolo, con il mutato orientamento della filosofia e dellestetica italiane, il nome di Du Bos sar quasi dimenticato.
Bisogner attendere la parte storica dellEstetica di Croce per vedere
riconosciuto il ruolo svolto dal sensualismo di Du Bos nello sviluppo
della disciplina. Ma Croce, se da un lato segnalava limportanza della
rivendicazione dubosiana dellimmaginazione e del sentimento, dallaltro non poteva non considerare il sensualismo dubosiano superato dagli sviluppi successivi dellestetica, ragione per cui, prima di trovare
nel Novecento un confronto critico di ampio respiro con lestetica di
Du Bos, bisogner arrivare alleclissi delle prospettive crociane e dun179
que alla seconda met del secolo scorso, con la monografia di Enrico
Fubini Empirismo e classicismo. Saggio sul Du Bos e i saggi di E. Caramaschi 26. Il resto, cio gli studi sullestetica settecentesca di Migliorini, Bollino, Franzini 27, sono storia recente, o meglio sono unaltra
storia, quella della valorizzazione contemporanea del pensiero estetico
di Du Bos: una valorizzazione di cui ledizione completa delle Rflexions nella nostra lingua rappresenta in qualche modo il punto di arrivo e il coronamento.
180
Supplementa, 11, 2002, p. 66; e cfr. G. Spalletti, Saggio sopra la bellezza, a c. di P. DAngelo, Palermo, Aesthetica, 1992, pp. 64-66.
22 P. Verri, La Musica, ora in P. Verri, Opere Varie, a c. di N. Valeri, Firenze, Le Monnier, 1947, p. 168.
23
M. Pagano, Saggio del gusto e delle belle arti, in Id., Saggi politici, vol. II, Napoli 1785.
24 P. Metastasio, Estratto dellArte Poetica dAristotile, a c. di Elisabetta Selmi, Palermo,
Novecento, 1998; E. Sala di Felice, Non solo i classici: Metastasio lettore delle Rflexions critiques sur la posie et sur la peinture di Jean-Baptiste Du Bos, in M. Valente (a c. di) Legge
Poesia Mito. Giannone Metastasio e Vico fra tradizione e trasgressione nella Napoli degli Anni
Venti del Settecento, Atti del Convegno internazionale di Studi, Napoli 1998, Roma, Aracne,
2001, pp. 247-80.
25 P. Metastasio, Estratto dellarte poetica dAristotile, cit., p. 139.
26 E. Fubini, Empirismo e classicismo. Saggio sul Du Bos, Torino, Giappichelli, 1965; E.
Caramaschi, Arte e critica nella concezione dellabate Du Bos, in Rivista di letterature moderne e comparate, 1959, n. 2.
27 E. Migliorini, Studi sul pensiero estetico del Settecento, Pisa 1966; F. Bollino, Ragione
e Sentimento. Idee estetiche nel Settecento francese, Bologna, Clueb, 1991; E. Franzini Lestetica del Settecento, Bologna, Il Mulino, 1995.
181
Pur essendo termine estetico per eccellenza, il verbo sentire spesso appare con connotazioni ambigue allinterno delle riflessioni estetiche. Maniere diverse di liquidarlo sono testimoniate da molti scritti di
filosofia dellarte. Il motivo comune di tali liquidazioni talvolta sbrigative che scopo di buona parte di questi scritti sembra quello di separare con radicalit luniverso elevato dellarte dalluniverso basso
della sensorialit. Di conseguenza si sottolinea con la massima cura che
laisthesis connessa alle opere darte non la medesima aisthesis che
consente di assaporare un buon piatto o di sorseggiare un vino prelibato. Limpiego del verbo sentire o dei derivati dal corrispondente
etimo greco risulta pertanto confinato nel perimetro della metaforicit. , sembra, per metafora che si parla del modo in cui vediamo lintensit di un dipinto, oppure sentiamo la forza del movimento di una
sinfonia, oppure godiamo del nitore di un verso, ed sempre per metafora che addirittura parliamo di filosofia dellarte in quanto estetica.
Di pi. Molti di coloro che sostengono questa impostazione sembrano addirittura restii a riconoscere anche solo identit di rapporti, ovvero analogie, tra lo stato di cose del sentire in accezione propria (o
propriamente estetica) e lo stato di cose del sentire in accezione traslata (o filosoficamente estetica), e dunque ricorrono a metafore di cui
per rinnegano i nessi analogici con le realt desperienza propriamente designate dai termini in questione.
ovvio che con il mio intervento vorrei portare lattenzione su una
differente gestione di questi problemi. Ed altrettanto ovvio che intendo farlo usando come sponda le Rflexions di Du Bos. Meno ovvio
forse cosa possa significare inscrivere queste considerazioni in una
critica del sentire, oltre che determinare il rapporto che sussiste tra
tale critica e lopera dubosiana.
Enigmi della sensazione In realt, per quel che riguarda la critica del sentire, in questo intervento mi soffermer su pochissimi elementi, e prevalentemente su una questione concettuale. Una lunga tradizione filosofica insiste sullendiadi sensazione-percezione cercando di
volta in volta di sottolineare nessi o contrasti tra le due componenti.
183
oggetti, bench soltanto in virt di una proiezione a rischio di illusoriet poich assorbita nella dimensione noetica e priva di ogni garanzia in chiave estetica. In altri termini, solo per metafora sentiamo le
cose che percepiamo nel mondo. Il soggetto, quando sente, propriamente sente solo se stesso, avvertendo le modificazioni interne che
subisce e che poi sollecitano il meccanismo proiettivo della percezione. Le qualit sensoriali al pi funzionano come segni da abbinare ai
contenuti del mondo. Cristallino e radicale fu quindi von Helmholtz
quando, due secoli dopo Descartes, teorizz la natura semiotica della
sensazione.
Nei cento anni che seguirono alla pubblicazione dei capolavori cartesiani si assistito al consolidamento di interpretazioni che, pur confliggendo su molti aspetti, condividevano la fiducia nellevidenza naturale di alcuni elementi portanti della metafisica della res cogitans come,
appunto, la concezione passiva della sensazione. Sul versante razionalista come pure sul versante empirista il sentire sembra sempre risolversi in unacquisizione discreta di materiale disaggregato che priva
di oggettivit e di obiettivit in quanto dipende dalla imprevedibile
circostanzialit in cui luomo di volta in volta entra in contatto con il
mondo. Materialit sive soggettivit diviene la cifra negativa che affligge il sentire e la sensazione.
A ben vedere, quando la filosofia dellarte sviluppa il tema del sentire secondo la sua consolidata metaforica metafisico-spiritualista,
mossa dal timore di cadere succube dei medesimi spettri. La sua sembra una reazione, interna alle coordinate cartesiane, dettata dal riscontro del coinvolgimento attivo che ci procura larte, palesemente irriducibile alla mera passivit di unaisthesis di per s ritenuta priva di ogni
dinamica poietica. In una cornice speculativa di tal genere si stenta a
riconoscere rilievo teoretico allesteticit, e dunque posizione paritetica
allestetica rispetto a logica, metafisica o epistemologia. Ecco perch,
quando anche si verifica il caso non pacifico che allarte venga conferito un valore significativo, diventa obbligatorio curarne laffrancamento dal sentire e dalla sensazione. Ed ecco perch in et moderna la
riflessione sullarte ha vissuto spesso su un curioso pregiudizio antiestetico. Infatti, chi assume tale atteggiamento non pu che ritenere incommensurabile laistheton rispetto alle pretese di validit extra-materiale ed extra-soggettiva dellarte.
Teoreticamente anche pi grave per il fatto che cos si sottomette laisthesis a una funzione semiotica che riflesso del prevalere di un
modello di tipo nominalista. Come la vox materiale vettore iconico
o significante linguistico signum che per convenzione (senza alcuna
garanzia di validit intrinseca) denota unidea, cos il contenuto materiale della sensazione signum che soggettivamente (ancora, senza garanzia di validit intrinseca) viene riferito a un ente esteticamente inar185
Per caratterizzare questa esperienza importante, allora, contrapporre interi organici ad aggregati meccanici pi che elementi immediati a
elementi mediati. Laspetto saliente , cio, che la dimensione estetica
impegnata da interi che crescono in intensit e qualit anzich per
accumulazione e interpolazione progressiva di dati.
Che a Du Bos non prema contrapporre seccamente lestetico al
noetico emerge ad esempio dal rapporto che egli stabilisce tra stile e
tecnica. Queste categorie gli servono per distinguere tra struttura semantica (a cui inerisce lo stile) e struttura fenomenica (a cui inerisce
la tecnica) dellopera. Ed il connotato olistico del sentire a rendere
questa distinzione distonica rispetto a cartesianesimo ed empirismo.
Convinto della interazione tra semanticit e fenomenicit, della coefficienza tra stile e tecnica, Du Bos non ha interesse a definire casi puri di fruizione concentrata sullapparenza o sul contenuto concettuale.
Il suo scopo pare invece di mostrare come in arti diverse queste due
funzioni si distribuiscano secondo rapporti variabili in interi sempre organicamente connessi.
Nel XXV della prima parte delle Rflexions Du Bos scrive: come
lo stile poetico consiste nella scelta e nellordine delle parole, considerate come segni delle idee, la tecnica della poesia consiste nella scelta
e nellordine delle parole, considerate come semplici suoni, ai quali
non sarebbe attribuito un significato. Cos, come lo stile poetico considera le parole in quanto significato, che le rende pi o meno adatte
a risvegliare in noi certe idee, la tecnica della poesia le considera unicamente come suoni pi o meno armoniosi che, combinati in diversi
modi, compongono frasi dure o armoniose alla pronuncia (p. 130).
Se adottasse una matrice empirista, Du Bos confinerebbe nel solo momento tecnico la specificit dellesperienza dellarte. Il sesto senso
che raccoglie le funzioni della fruizione estetica andrebbe quindi equiparato a una facolt di ricezione passiva del tutto estrinseca allordine
dello stile e dellimporto semantico. E sarebbe metaforico, se non assurdo, parlare del piacere per i contenuti stilistici dellopera. Invece,
Du Bos parla di piacere in senso proprio anche in riferimento alla dinamica semantica, poich coniuga il significato alla figuralit e alla
iconicit di cui si alimenta limmaginazione (lo scopo che si propone
lo stile poetico di produrre immagini e di piacere allimmaginazione). E come il rinvio al piacere, anche quello al sentire semantico non
metaforico. Semmai avviene per analogia, secondo una strategia tesa
ad avvicinare e stringere nellintegralit antropologica momenti apparentemente disparati dello spettro dellaisthesis. Ci non toglie che la
fusione delle istanze tematiche e stilistiche richieda lavoro e talento,
genio: lo scopo che si propone lo stile poetico di produrre immagini e di piacere allimmaginazione. Lo scopo che si propone la tecnica
poetica di produrre versi armoniosi e di piacere alludito. I loro in188
vit, tanto che per tutte le Rflexions essa diventa lorizzonte energetico che sopravviene alluomo, ossia la fonte stessa di ogni soggettivit poietica: ci che agisce nellesperienza senza deliberazione umana,
e che quindi definisce la naturalit del genio (cfr. pp. 48-49 e 200). Il
sentire deve di conseguenza saper re-agire anche a segni che traggono
forza dal loro partecipare dellenrgeia naturale e, per cos dire, naturante, come quei suoni che possiedono una forza straordinaria per
emozionarci, poich essi sono i segni delle passioni, istituiti dalla natura, da cui hanno ricevuto lenergia (p. 177). Questa forza espressiva, che sollecita lattivit del sentire, ci che il genio traduce approssimativamente in arte trasfigurando segni artificiali in segni quasi-naturali. Pertanto le configurazioni artistiche riuscite divengono, anzich
rappresentazioni statiche di contenuti extra-estetici, moduli desperienza da riattivare nella fruizione. Da qui la necessit di fare esperienza in
prima persona dellartistico in quanto estetico. Ogni volta occorre saper usare i quadri desperienza confezionati dallartista senza soffocarli
con pregiudizi normativi e senza abbassarli a segnali indicatori.
Sarebbe forse troppo affermare che la dialettica tra segni naturali
e segni artificiali un fuoco tematico del pensiero di Du Bos. Essa
per affiora in luoghi diversi, come nella seconda parte (al XXXII)
quando la naturalit di certi segni funge da garanzia di imperitura capacit deffetto di opere sia classiche che moderne, come i drammi di
Racine (cfr. p. 328). Alla base di ogni convenzione e artificialit semiotica si trova dunque lenrgeia naturante a cui si corrisponde con il
sentire nella misura in cui questultimo irriducibile a mera passivit.
I presupposti per un ribaltamento di decisivi capisaldi cartesiani ci
sono tutti. E il ribaltamento avviene in Du Bos: nella concezione energetica della natura, che dunque ha o pu avere una storia; nella conseguente rifunzionalizzazione della storicit della natura umana; e nel
richiamo dellesperienza allaisthesis come dimensione che si sottrae a
ogni ipotesi di dubbio.
Per quel che concerne questultimo punto, in cui si compie il riscatto critico del sentire, si potrebbero citare numerosi passi delle Rflexions (tra i luoghi pi notevoli: pp. 163, 300-01, 341, 346), molti dei
quali impegnati a mostrare la maggior tenuta delle acquisizioni dellimmaginazione rispetto alle acquisizioni dellintelletto. Du Bos sfrutta
questo argomento per ribadire lincondizionabilit del sentimento da
parte della ragione e del ragionamento, che appunto deve tacere davanti allesperienza (p. 303). La sua strada non conduce tuttavia a
soluzioni relativiste. Tutto ci che riguarda il sentimento egli scrive , come il merito di un poema, lemozione di tutti gli uomini che
lhanno letto e che lo leggono e la loro venerazione per lopera, equivale a una dimostrazione in geometria (p. 350). Sono le costanti di
relazione tra lenrgeia naturante e la ptheia estetica a costituire il
191
192
vamente permanenti, o strati profondi, di atti giudicativi; mostrare infine la qualit dello sguardo spettatoriale, i suoi movimenti e le sue modalit di costituzione, allo scopo di cogliere la struttura di quella figura
teorica che si colloca precisamente nel frammezzo tra sguardo e spettacolo, facendo giocare queste polarit per la costituzione di un terreno
comune che innesta il precategoriale sulla datit variabile delle produzioni artistiche, con le loro ineludibili specificit culturali e tecniche.
Du Bos individua infatti nella figura dello spettatore un punto di
intreccio tra passivit e attivit, tra privato e pubblico, tra pregiudizio
e giudizio e costruisce cos unestetica dello sguardo spettatoriale come
luogo di costituzione delle condizioni quasi-trascendentali del giudizio
operato dal sentimento 5 e del senso comune. Per questo motivo, oltre che per le dimensioni del sentire e dellempatia, le Riflessioni critiche di Du Bos sono un testo contemporaneo, e lo sono in modo specifico, come testo che articola una figura, quella appunto dello spettatore, e una tematica, quella dello sguardo, che certamente nel dibattito
odierno hanno grande fortuna, e soprattutto perch, come tenter di
mostrare, pu fornire a questo dibattito un utile contributo. Gettiamo
quindi un rapido sguardo sul tema dello sguardo spettatoriale oggi,
per poi concentrarci sullapporto delle Riflessioni critiche.
Come noto la nozione di sguardo spettatoriale , innanzitutto,
al centro del dibattito interno agli studi di cultura visuale, un ambito
concettuale e programmatico ancora per certi aspetti ambiguo, introdotto da Baxandall 6 allinizio degli anni settanta per indicare la necessaria attenzione ai modi di vedere di una certa epoca, intesi ampiamente come risultato di fattori culturali, economici, religiosi ecc. che
influiscono e diventano interni agli stili artistici e in particolare, nel caso
interessante per Baxandall, pittorici. Ma negli stessi anni, come altrettanto noto, cresceva linteresse per i processi di spettacolarizzazione
di diversi aspetti di ci che siamo soliti chiamare realt 7. Nei termini
pi semplici ci ha implicato un approccio metodologico interdisciplinare ai prodotti a forte componente visiva, unattenzione specifica al
variegato e pervasivo mondo delle immagini che fosse in grado di sfruttare e di fare interagire strumenti propri di ambiti di ricerca differenti,
dallestetica alla critica e la storia delle arti e non solo della pittura
e della scultura, ma anche della fotografia, dellarchitettura, del design ecc. dalle teorie del cinema a quelle dei nuovi media, attraversando le competenze delle cosiddette scienze umane, dallantropologia alla
sociologia, dalla psicologia alla semiotica. Tutto ci ha condotto a quello che intorno alla met degli anni novanta stato definito pictorial
turn 8, inteso come oltrepassamento, relativo ai processi storico-culturali, quindi allemergenza del visivo e alla conclamata irriducibilit del
figurale al discorsivo, del celebre linguistic turn che aveva caratterizzato
le ricerche degli anni precedenti. Ora qui non certamente opportuno
194
In fin dei conti infatti anche il culmine dellinversione metaforica segnato da quel primato della prassi enfatizzato da certa pervasiva cultura
filosofica contemporanea, dominata da espressioni quali rizoma, meccanica dei fluidi, mille plateaux, fonda se stesso come analisi del piano
di immanenza, e quindi su una tipica struttura oppositiva. Quello
che a me pare invece interessante che in Du Bos il naufragio con
spettatore diventi la possibilit di un frammezzo, lapertura di uno
spazio tra le opposizioni, che lo spazio tipico, o se vogliamo la topica,
dello sguardo in quanto spettatoriale. Lemozione naturale scrive Du
Bos introducendo il tema naufragio con spettatore che si risveglia
in noi meccanicamente quando vediamo i nostri simili nel pericolo o
nella sventura non ha altre attrattive se non quella di essere una passione i cui moti agitano lanimo e lo tengono occupato 22: ecco il primo
punto, che sembra appartenere a un Pascal naturalizzato: sfuggire alla
noia necessit fisiologica, meccanismo naturale delle emozioni; tuttavia prosegue Du Bos questemozione possiede un fascino che
induce a ricercarla, nonostante le idee tristi e fastidiose che laccompagnano e la seguono 23: appunto questo veramente impressionante, che
spacca la dinamica del conatus in suo esse perseverandi per aprire labisso di un negativo attraente, di qualcosa che si colloca al di l del principio del mero piacere vitale perch ha a che fare con un pi profondo
piacere. Si tratta di un moto che la ragione mal reprime un moto che
oltre o prima della ragione, e che spinge molte persone a inseguire
gli oggetti pi adatti a lacerarne il cuore 24; lesempio preciso: il
supplizio di un uomo che muore a causa di orribili tormenti, e perentoria la constatazione: Ovunque la gente va ad assistere in massa
agli orribili spettacoli di cui ho parlato. Ora proprio questo, e non
altro, il fascino dello spettacolo del naufragio: la stessa attrattiva
scrive infatti Du Bos che fa amare le inquietudini e le ansie causate
dai pericoli in cui vediamo essere esposti altri uomini, senza prendervi parte direttamente. emozionante, dice Lucrezio 25 e seguono i
bellissimi versi che tutti conosciamo (ma non si noti, tutti quelli che ci
aspetteremmo, bens soltanto quelli funzionali, come vedremo, a una
precisa strategia 26). Du Bos, nel commento che segue, fa s emergere
anche quel tema della curiosit che diventer centrale in Voltaire, per
non interessato alla curiosit come principio, ma solo come effetto
della visione del pericolo: lattenzione dello spettatore scrive infatti Du Bos cesserebbe insieme al pericolo del quale si spettatori, e
prosegue con la celebre pagina sugli spettacoli gladiatori, dai quali un
popolo civilizzato come quello dei Romani derivava un estremo
piacere: Bestie feroci sbranavano esseri viventi. I gladiatori si scannavano tra loro a gruppi nellarena Erano nutriti perfino con pasta
e alimenti che li mantenessero in perfetta forma, perch il sangue scorresse pi lentamente dalle ferite che avrebbero ricevuto e lo spettato199
distanza dal pericolo, la distanza di sicurezza, come fonte del piacere della contemplazione teoretica o come condizione di possibilit
del giudizio del sentimento 32; viceversa ispeziona le motivazioni di
quel piacere fondamentale che condizione di possibilit della metafora, cio condizione di possibilit della figura stessa dello spettatore
e della qualit del suo sguardo. E a partire da questo sguardo spettatoriale svela la funzione dellarte nella sua specifica dimensione mimetica, trasferimento nella sfera ideale di ci che pi affascina 33, tale
da non eliminarne ma senzaltro da limitarne leffetto distruttivo 34.
Certo, il contributo di Du Bos allelaborazione dello sguardo spettatoriale anche molto tecnico e attento alle dimensioni specifiche del
fare artistico e delle incrostazioni, abitudini, credenze, pregiudizi, dei
tipi di sguardo, e in certe analisi appare davvero interessante e raffinato 35, ma quel che conta a mio avviso, quello che mi sembra essere il
suo contributo possibile a un dibattito in corso, consiste nellaver individuato con molta acutezza una dimensione quasi-trascendententale
dellemotivit (cio come curvatura di una passione fondamentale),
non razionale, eppure determinante lo sguardo sullo spettacolo del
mondo, e relativamente a ci di aver individuato la strategia dellarte
nella costruzione mimetica dellartificio in cui sguardo e spettacolo
sono legati da questa struttura. A partire da questo assunto credo si
possa intendere lintrinseca relazionalit sentimentale del giudizio: insomma il giudizio del pubblico alla fine prevale su quelli della gente di mestiere per la sua pi diretta connessione con il precategoriale
dellesperienza.
201
Culture, Routledge, London and New York 1995; I. Heywood-B. Sandywell (a cura di), Interpreting Visual Culture. Explorations in the hermeneutics of the visual, Routledge, London
and New York 1999.
10 Cfr. W. J. T. Mitchell, Showing Seeing: a Critique of Visual Culture, in The Visual
Culture Reader, cit., pp. 86-101.
11 Su questa complessit cfr. A. Somaini (a cura di), Il luogo dello spettatore. Forme dello
sguardo nella cultura delle immagini, Vita e Pensiero, Milano 2005; il volume contiene tra
laltro unottima Introduzione (pp. 7-26) di Antonio Somaini che presenta con grande chiarezza e competenza i temi della visual culture pi legati alla figura dello spettatore.
12 Cfr. Scopic Regimes of Modernity, in H. Foster (a cura di), Vision and Visuality, The
New Press, New York 1988, pp. 3-23.
13 Cfr. Le signifiant imaginaire, UGE, Paris 1977.
14 Cit., p. 318.
15
Penso innanzi tutto a Benjamin.
16 P. Spinicci, Il Palazzo di Atlante. Contributi per una fenomenologia della rappresentazione prospettica, Guerini, Milano 1997, p. 126.
17
Ben espresse dalla Presentazione di Elio Franzini alledizione citata.
18 Cfr. Voltaire, Correspondence and related documents, a cura di Th. Besterman, Cheney
& Sons, Banbury Oxfordshire 1975, vol. XXXIII, pp. 63-65. La lettera (Naples, 31 aot 1771)
indirizzata a Madame dEpinay.
19 H. Blumenberg, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dellesistenza, il
Mulino, Bologna 1985, p. 63.
20
Cit., p. 65.
21 R. Bodei, Distanza di sicurezza, in H. Blumenberg, Naufragio con spettatore, cit., pp.
10-11.
22
Riflessioni critiche, cit., p. 40. Sulla questione cfr. M. Mazzocut-Mis, Il gonzo sublime.
Dal patetico al Kitsch, Mimesis, Milano, 2005, pp. 47-69.
23 Ibidem.
25
Ibidem.
26 Du Bos cita De rerum natura, 2.1-2 e 5-6, ma non i fondamentali 3-4: non quia vexari
quemquamst iocunda voluptas | sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est.
27
Riflessioni critiche, cit., p. 41.
28 Ivi, cit., p. 43.
29 Ibidem.
30
Ovviamente non si rimane stupiti (letteralmente: colpiti) solo dalla vita che muore, ma
anche dalla vita che nasce.
31 Scriveva giustamente Migliorini: Per il Du Bos la natura non naturalmente buona,
razionale, disposta verso un fine: tutte le Rflexions sono percorse da una profonda corrente di pessimismo. I rifiuti opposti ai tentativi di razionalizzazione della natura, gli appelli al
caso, la celebrazione di una relativa immobilit naturale, la negazione del progresso indicano che la natura di Du Bos pi vicina a Epicuro che non a Newton, cit., p. 350.
32 Il Du Bos non distingue fra motion e passion che sono ambedue sinonimi di movimento dellanima; sentiment [] designa la funzione del giudizio portato, appunto sulle
motions (o sulle passions), E. Migliorini, cit., p. 301, nota 2.
33 Perci, scrive Du Bos Limitazione, dunque, non pu emozionarci, se non lo pu
neppure la cosa imitata [] Nulla pu emozionarci in una festa di villaggio o nei soliti divertimenti di un corpo di guardia [] Il pi bel paesaggio, fosse del Tiziano e del Carracci, non cinteressa pi della vista di un luogo orribile o ridente: non c nulla in un simile
quadro che, per cos dire, cintrattenga; non ci colpisce e quindi non ne siamo coinvolti,
Riflessioni critiche, cit., pp. 52-53. Qui Du Bos estremizza la sua posizione e paga un debito alle poetiche del tempo. Su questo punto cfr. anche M. Fried, Absorption and Theatricality. Painting and Beholder in the age of Diderot, The University of Chicago Press, Chicago &
London 1980, pp. 73-74.
34 Ma non si tratta di una sfera ideale che rende accessibile, attraverso la rappresentazione del negativo quel che c di positivo nelluomo (come vorrebbe per esempio Lipps).
35
Penso per esempio allanalisi dello sguardo dentro al quadro nelle crocifissioni di
Rubens e Coypel (cfr. Riflessioni critiche, cit., pp. 106-07).
202
204
2. Emozione e rispecchiamento
Non vogliamo qui abbracciare la sdrucciolevole logica dei precursori, dei precorrimenti, delle anticipazioni; molto semplicemente, nel
quadro generale di una storia delle idee (storia di cui non di rado le
scienze sono dimentiche), vorremmo mettere in relazione questa recente stagione dellempatia, che promette fecondi sviluppi tanto nella neuroestetica quanto nella neuroetica, con le sue stagioni passate, ottocentesca e soprattutto settecentesca, e illustrare i motivi per cui un neuroscienziato potrebbe trarre giovamento dalla lettura di quelle antiche
pagine che (ben prima di Husserl e Merleau-Ponty, al cui concetto di
entropatia Rizzolatti e Gallese si richiamano 9), hanno sottolineato la
centralit dellesperienza empatica, e magari riconoscervi uninsospettata aria di famiglia.
Prima di diventare uno dei nodi pi discussi dalle neuroscienze, il
concetto di empatia aveva conosciuto altre stagioni di intenso interesse
teorico: per limitarci ad alcuni casi storicamente macroscopici, ricordiamo qui una stagione psicologico-psicoanalitica (a partire da Freud
fino ad arrivare alle riflessioni di Kohut 10), una fenomenologica 11 e
una psicologico-estetica 12. Questultima stagione in particolare, a cavallo fra Otto e Novecento, fu particolarmente fruttuosa nei paesi di
lingua tedesca per quel complesso e variegato panorama di ricerche
psicologiche ed estetologiche che pu essere raccolto sotto il nome di
Einfhlungstheorie 13. Gli autori che lavorarono allinsegna di questo
concetto Volkelt, Lipps, pi tardi Worringer, per citare solo pochi
nomi , declinandolo variamente come proiezione, animazione, trasposizione, immedesimazione, vivificazione, si posero esplicitamente il problema della sua genealogia, e indicarono quasi unanimemente la sua
genesi storica nellambito del pensiero romantico, in particolare in Novalis, nel cui romanzo naturale Die Lehrlinge zu Sais 14 (1798) si concepisce il sentire come un medio tra il s e laltro grazie alla Sympathie
e al Mitgefhl, e si afferma che lessere umano pu comprendere la
natura solo se empatizza (sich hineinfhlt) in essa. Anche Herder, per
rimanere sul terreno proto-romantico, poteva fornire ai teorici dellempatia spunti decisivi, tanto tematici quanto terminologici: nel IV
capitolo della sua Plastik (1778) leggiamo che la bellezza vita umana che si infonde nel corpo percepito, e che grazie a una interiore
simpatia (innere Sympathie) che operiamo una trasposizione (Versetzung) del nostro s nella figura che stiamo contemplando; nel coevo
trattato Vom Erkennen und Empfinden der menschlichen Seele compare
lo hinein fhlen come un sentire se stessi negli altri 15.
Risalendo allindietro nel Settecento verso la met del secolo, ben
alle spalle dunque di quel terreno proto-romantico, troviamo in alcuni
rappresentanti della cultura anglosassone occasioni di riflessione se
205
ritratti convinti di trovarsi al cospetto di persone reali, Du Bos concede che i quadri o i poemi possono a volte darci unillusione, ma questa
non la fonte del piacere estetico, che continua anche quando cessiamo di sorprenderci: Il piacere che i quadri e gli ottimi poemi drammatici ci procurano perfino maggiore quando li vediamo per la seconda volta e quando non c pi motivo dillusione (174). Larte
poetica e pittorica come specchio fedele della natura, dunque, ha il
compito di produrre unimmagine somigliante del reale, che purtuttavia non obliteri o rimuova il proprio carattere di immagine in direzione di una dimensione di illusoriet, ma al contrario lo affermi nellesperienza di un consapevole come se. Mette conto ricordare come,
ancora duecento anni dopo, nel suo saggio sul dilettantismo nella fruizione, Moritz Geiger avrebbe usato simili argomenti contro la produzione pseudo-estetica di affetti reali provocata dalle opere darte su
soggetti erroneamente atteggiati, ironizzando sui cow-boys che a teatro sparano sui cattivi 22.
Se limitazione agisce sempre pi debolmente delloggetto imitato,
e le imitazioni ci toccano solo in proporzione allimpressione che riceveremmo se vedessimo realmente la cosa imitata, grande allora il rischio che si assumono pittori e poeti quando prendono a oggetto della
loro imitazione qualcosa che gi in natura guarderemmo con indifferenza, perch leffetto artistico non potr che essere ancor pi indifferente. Questa argomentazione, molto discutibile, il punto esatto in
cui la teoria meccanicistica dellempatia dubosiana trapassa in una poetica normativa: a differenza di Teniers o Wowermans, che indulgono
in scene di genere o in paesaggi deserti incapaci di colpirci significativamente, Poussin e Rubens hanno sempre introdotto nei loro dipinti
o persone che pensano, per indurci a riflettere, o persone in preda a
passioni, per indurci a turbarci. Larte dunque, in quanto costitutivamente pi debole della realt che imita e orientata a produrre commozione come al suo massimo scopo, dovr prediligere, se vorr aver successo, le situazioni che promuovono unidentificazione nellazione impregnata di pathos.
Du Bos qui trascura totalmente quel campo dellempatia per il subumano, che i successivi teorici dellEinfhlung avrebbero indagato soprattutto nella forma dellempatia di stati danimo (caso eclatante
quello dellesperienza del paesaggio 23), a tutto vantaggio di unempatia
intersoggettiva che domina anche in presenza di soggetti solo rappresentati e non presenti in carne ed ossa. Ma Du Bos non solo enfatizza lempatia intersoggettiva a scapito di quella per gli oggetti; pone
altres precise regole alla prima: Siamo soprattutto sensibili alle inquietudini e alle afflizioni di coloro che soffrono delle nostre stesse
passioni. [] dunque naturale prediligere le imitazioni che descrivono altri noi stessi, vale a dire personaggi in bala di passioni che pro209
1
Sullo sviluppo del concetto cfr. N. Eisenberg and J. Strayer (ed.s), Empathy and its
Development, Cambridge University Press, Cambridge MA 1987 (sulla storia del termine si
veda in particolare il contributo di L. Wisp, History of the Concept of Empathy).
2
S. Zeki, La visione dallinterno. Arte e cervello (1999), tr. it. di P. Pagli e G. De Vivo,
Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 127. Il sito dellIstituto londinese di neuroestetica fondato
da Zeki : www.neuroesthetics.org.
3
D. Freedberg, Empathy, Motion and Emotion, in E. Franzini, G. Lucignani, R. Pettoello (a cura di), Immagini della mente. Neuroscienze, arte, filosofia, Cortina, Milano (in
preparazione), corsivo mio. Per il nesso immagine-empatia cfr. specie i parr. VI-VII. Cfr. Idem,
Il potere delle immagini (1989), tr. it. di G. Perini, Einaudi, Torino 1993.
4 G. Rizzolatti, R. Camarda, L. Fogassi, M. Gentilucci, G. Luppino, M. Matelli, Functional organization of inferior area 6 in the macaque monkey: II. Area F5 and the control of distal movements, in Experimental Brain Research, 71, 1988, pp. 491-507. Pi recentemente: G. Rizzolatti, L. Fogassi, V. Gallese, Neurophysiological mechanisms underlying the understanding of action, in Nature Neuroscience Reviews, 2, 2001, pp. 661-70.
5
Seguo qui lesposizione di G. Rizzolatti e V. Gallese, From Action to Meaning. A
Neurophysiological Perspective, in Les neurosciences et la philosophie de laction, ed. J.-L.
Petit, Vrin, Paris 1997, pp. 217-29.
6
L. Fadiga, L. Fogassi, G. Pavesi, G. Rizzolatti, Motor facilitation during observation: a
magnetic stimulation study, in Journal of Neuropsychology, 73/6, 1995, pp. 2608-11.
7 G. Rizzolatti e V. Gallese, From Action to Meaning, cit., p. 227.
8
Fra gli scritti dedicati da Gallese a tale questione ricordiamo: The Shared Manifold
Hypothesis: From mirror neurons to empathy, in Journal of Consciousness Studies, 8/5-7,
2001, pp. 33-50; The manifold nature of interpersonal relations: The quest for a common
mechanism, in Phil. Trans. Royal Soc. London B., 358, 2003, pp. 517-28; The roots of empathy: the shared manifold hypothesis and the neural basis of intersubjectivity, in Psychopathology, 36/4, 2003, pp. 171-80; Being like me: Self-other identity, mirror neurons and empathy, in S. Hurley and N. Chater (eds.), Perspectives on Imitation: From Cognitive Neuroscience to Social Science (Vol. 1), MIT Press, Cambridge, MA 2005.
9 Cfr. G. Rizzolatti e V. Gallese, From Action to Meaning, cit., p. 218. In unintervista rilasciata sul Manifesto del 22 giugno 2005, Gallese afferma di riconoscersi molto di pi
nella Fenomenologia della percezione di Merleau-Ponty che nella Mente modulare di Fodor.
10 Cfr. H. Kohut, Introspection, Empathy and Psychoanalysis, in Journal of the American Psychoanalytic Association, 7, 1959.
211
212
che Du Bos. Sono per convinto che per Du Bos non si tratti solo di
questo, ma che vi siano in gioco ulteriori elementi di cruciale rilevanza, sui quali opportuno pertanto focalizzare lattenzione.
Cominciamo allora considerando i luoghi istituzionali forti nei
quali stato formalizzato il destino di Du Bos nella storia dellestetica. Limiter lispezione ai quattro testi fondamentali della tradizione
prenovecentesca, legati ai nomi di Zimmermann, Menndez y Pelayo,
Bosanquet e Croce, che si sgranano nellarco di mezzo secolo.
Vediamo subito lultima sede, la seconda parte dellEstetica di Benedetto Croce. E qui, curiosamente, Du Bos non ne esce tutto sommato male. Croce ne parla nel terzo capitolo intitolato Nuove parole e
nuove osservazioni nel secolo XVII, al paragrafo Fermenti di pensiero, dove scrive:
Il sentimento ha il suo rappresentante pi spiccato nel libro del francese Du Bos,
Rflexions critiques sur la posie et la peinture (1719). Il Du Bos considera larte come
un abbandonarsi al sentimento: se livrer aux impressions que les objets trangers
font sur nous, senza la fatica della riflessione. Ride di quei filosofi che combattono limmaginazione; e del discorso del Malebranche sul proposito, ricco dimmagini, osserva che: cest notre imagination quil parle contre labus de limagination.
Nega ogni nocciolo intellettuale nelle produzioni dellarte, affermando che larte
consiste non gi nellistruzione, ma nello stile. Non rispetta troppo il verisimile, dichiarandosi incapace di stabilire i confini tra verisimile e il maraviglioso, e lasciando quei che son nati poeti di far convenientemente questa miracolosa alleanza di opposti. Per lui non vi altro criterio dellarte fuori del sentimento, questo sixime sens:
contro del sentimento non valgono le riflessioni e le discussioni: i giudizi del pubblico la vincono su quelli della gente di mestiere, dei letterati ed artisti di professione:
tutte le sottili osservazioni dei maggiori metafisici non faranno scadere i poeti di un
grado della loro riputazione, perch, anche se fosser giuste, non li spoglierebbero
dalle attrattive che hanno: invano, dunque si cerca di screditare lAriosto e il Tasso
agli italiani, come invano si tent di screditare il Cid ai francesi: i ragionamenti altrui non ci persuaderanno mai a credere il contrario di ci che noi sentiamo 4.
Una esposizione, come si vede, sicuramente non elogiativa ma nemmeno demolitrice, per uno almeno che andava seminando di cadaveri la storia dellestetica. Anzi, in definitiva, se si considera lottica dellanalisi crociana, tutto sommato ha una qualche positivit la sua considerazione di Du Bos, tanto pi che, se gli nega la scoperta della
scienza estetica, riconosce merito alle intuizioni che circolavano anche nei fermenti dubosiani. Infatti conclude: Il sensualismo del Du
Bos e degli altri campioni del sentimento anche evidente [...]. Per
queste ragioni, pur dando grande importanza per la storia delle origini
della scienza estetica a quelle nuove parole, alle nuove intuizioni cui si
riferivano: [...] noi non sapremmo vedere, nellapparire di esse, la scoperta della scienza estetica 5.
Non si pu dunque imputare a Croce, specificamente, la rimozione di Du Bos.
215
Croce scrive nel 1902, dieci anni prima era stata pubblicata lHistory di Bernard Bosanquet 6. una storia interessante, che tra i tanti meriti ha quello di rivendicare il recupero del tardoantico, del medioevale e del premoderno, denunciando il salto mortale cos in
italiano si esprime 7 ossia la latenza disciplinare di duemila anni che
Zimmermann, allinsegna di una presunta grosse Lcke 8, aveva imposto alla storiografia estetica, e avviando per contro quel tipo di ricerca feconda che guadagner in seguito il titolo di estetica implicita. Eppure lo storico dellAesthetic (e non, come solitamente viene riportato, dellAesthetics), nella rapida e sfocatissima carrellata settecentesca che compie, dei francesi nomina solo Corneille, Fontenelle e Voltaire, e non c neanche lombra di Du Bos.
giocoforza allora arretrare di unaltra diecina danni e rivolgersi
ai due densi volumi dellHistoria di Marcelino Menndez Pelayo, lavoro di regola informatissimo ed equilibrato 9. Non per questa volta.
Perch Menndez del primo Settecento francese attratto solo da Andr, al quale dedica numerose attente pagine. E mentre destina a
Crousaz una ventina di righe, su Du Bos scrive appena: El abate DuBos tiene el mrito de haber sido uno de los primeros en indagar, aunque superficialmente, las causas del progreso y decadencia de las artes,
y en su critica pueden notarse aciertos como el de recomendar a los
poetas que prefieran los asuntos nacionales. Voltaire le estimaba como
el libro ms util que hubiese aparecido sobre estas materias hasta su
tiempo. Hoy nos parece vago, superficial y falto de mtodo 10.
Si tratta di una valutazione talmente gretta che attira lattenzione.
Intanto diciamolo francamente appare di seconda mano, mutuata
da una fonte dichiarata: il famoso giudizio di Voltaire su cui fra poco
ci soffermeremo. Ma si ha limpressione di una sorta dincompatibilit
disciplinare, che esplode nella dannazione finale: vago, superficiale e
privo di metodo. Unasprezza siffatta non stupirebbe nella Storia di
Croce, ma appare sconcertante nellHistoria di Menndez. Talch
inevitabile chiedersi cosa ha determinato la durezza di questo giudizio
e a quale fonte riportabile.
Non credo di sbagliare se suggerisco di approdare alla Geschichte
di Robert Zimmermann, la prima storia della storia dellestetica 11. E
non faccio mistero di ritenere che qui siano stati fissati i nodi del caso Du Bos, che abbiamo visto informare il giudizio di Menndez, e
dunque esistano gli elementi decisivi per mettere pienamente a fuoco
la questione che andiamo indagando. Zimmermann si sofferma sui
pionieri dellestetica cominciando con i francesi, a partire da Batteux.
E chiama subito in causa Du Bos, liquidandolo con le parole: Zwar
hatte schon vor ihm der Abb Dubos in seinen kritischen Bemerkungen ber Posie und Malerei, in welchen er den Geschmack als einen
dem Mensehen angebornen sechsten Sinn zur ausschliesslichen Norm
216
und Regel erhob, die Idee eine Aesthetik anzubahnen versucht. Allein
seine zerstreuten, wenn auch hie und da feinen Beobachtungen sind
welt entfernt ein systematisches Ganze zu bilden 12.
Viene cos a giorno la causa della rimozione di Du Bos dalla storia
dellestetica: egli autore di fini osservazioni ma che non costituiscono un insieme sistematico. dunque in relazione al sistema dellestetica, allassenza di tale sistema, che Du Bos stato giudicato
e condannato senza appello. Ma, per sciogliere la domanda se, e in
che misura, il giudizio, davvero esemplare ed emblematico di Zimmermann, sia fondato, bisogna preventivamente guadagnare la consapevolezza che il vero tema, enormemente pi importante, implicato in questo giudizio il paradigma dellestetica.
Ma procediamo con ordine, e intanto ritorniamo alla fonte esplicita
di Menndez, Voltaire. Infatti Voltaire autore, insieme a tante malignit private (che in verit non risparmiava a nessuno), di un giudizio
fulminante sulle Riflessioni di Du Bos, da tutti citato e che divenuto
un luogo comune: Ce nest pas un livre mthodique mais lauteur
pense et fait penser. A leggere distrattamente, pu sembrare che sia
lo stesso giudizio di Zimmermann e Menndez; ma se poniamo attenzione non affatto cos. Quello di Voltaire un giudizio nettamente
positivo. Precisa infatti: Ce qui fait la bont de cet ouvrage, cest quil
ny a que peu derreurs et beaucoup de rflexions vraies, nouvelles, et
profondes 13. Voltaire si limita a caratterizzare il profilo formale del
testo dubosiano con laggettivo mthodique, registrando che non appartiene al genere del trattato filosofico, ma dellesplorazione intellettuale, unindagine che procede libera da schemi preordinati, appunto
riflessioni critiche del tipo di quelle, per esempio, che anni prima
Boileau aveva dedicato a Longino 14, e ne apprezza al massimo lo spessore conoscitivo. Laddove Menndez male traduce Voltaire con privo
di metodo, e semmai bene invece interpreta Zimmermann con privo di sistema. Il punto essenziale: le Riflessioni di Du Bos non sono
un trattato sistematico, non sono un sistema (filosofico) dellestetica.
Linearizzando la terminologia, potremmo di dire che la questione
poggia tutta sulla differenza fra metodo e sistema. Se riempiamo
queste parole di significati pertinenti alla storia dellestetica, rileviamo
che non significano la stessa cosa: infatti, mentre un sistema non pu
non essere metodico, un metodo pu non essere sistematico. Chiariamo meglio. La storia dellestetica, dellestetica in senso lato, di ci
che sarebbe preferibile chiamare estetologia, conosce una costellazione plurimillenaria di saperi attrezzati in forma metodica ma non sistematica; la sistematica, cio unestetica configurata in modo sistematico, caratterizza solo lestetica in senso stretto, cio lestetica moderna, il sapere filosofico profilatosi nella cultura occidentale col nome introdotto da Baumgarten, sviluppatosi potentemente a partire dal se217
condo Settecento per oltre un secolo e tramontato nel secondo Novecento. Pertanto, il paradigma di ci che legittimo chiamare estetica
(in senso lato: lestetologia) non stato nella storia sempre e di necessit quello sistematico. Quindi storiograficamente intenibile pretendere di apprezzare lintera costellazione dei saperi estetologici, e i loro
autori, col metro di misura, o addirittura in relazione a quel segmento, certo importantissimo ma nettamente circoscritto e differenziato,
costituito dallestetica moderna.
Vale dunque la pena chiedersi in che senso le Riflessioni di Du Bos
non sono un sapere sistematico. Ermanno Migliorini, cui si deve il merito di avere accreditato Du Bos nella storia dellestetica, a questo riguardo parla di sistematicit precaria delle Riflessioni, ma non tale
da non riconoscervi una pi generale sistematicit [] come sistematicit, cio, dellesplorazione di un campo. Esplorazione tuttavia condotta mediante il saggio, linchiesta, un atteggiamento conoscitivo [che]
rifiuta lo spirito di sistema e la tecnica del trattato 15. Proprio quanto, introducendo un indice differenziale, ho prima proposto di chiamare una metodica, non riconducibile a una sistematica.
Lo scarto fra metodo e sistema, in Du Bos, non dunque un
fatto materiale, da ponderare in termini quantitativi (osservazioni sparse, bench qua e l fini), ma epistemico. Du Bos insiste in una soglia
storico-concettuale che non (ancora) quella dellestetica moderna. E
mentre riconosciamo che andato fuori strada Menndez, che maneggiando superficialmente Voltaire fa il verso a Zimmermann, non meno vero che questi fu depistato dal pregiudizio della sua ottica storiografica. Dobbiamo allora decisamente falsificare Zimmermann e concludere che Du Bos non coltiva lidea di costruire unEstetica sistematico-filosofica. Du Bos, pi propriamente, vorrei dire: pi banalmente, cerca di mettere ordine nel proprio universo cognitivo, apre liste di congruenza, introduce catene di analogie, scopre zone dombra
e ribalta opinioni consolidate, traumatizza, intreccia una rete saperi, in
una parola: elabora unaffascinante, monumentale fenomenologia dellesperienza artistica. Fa, insomma, la sua estetica, peraltro come egli
stesso rivendica en philosophe 16, ma ignorando, anzi senza poter immaginare che quindici anni dopo un geniale dottorando tedesco avrebbe introdotto nel lessico filosofico la parola sthetica 17, postulando con
questo nome una nuova scienza filosofica, alla quale quindici anni dopo
avrebbe dedicato unimportante trattato 18, che sarebbe gravitato in una
intricata congerie da cui avrebbe preso avvio lestetica moderna. Du
Bos ripeto fa la sua estetica, non il pioniere o il precursore
dellestetica moderna.
Naturalmente, il fatto che bisogna respingere come atto storiografico indebito, non pertinente, linquadramento di Du Bos nellambito
dellestetica moderna, non significa che lesigenza che ha spinto que218
sto movimento sia irrilevante e, a certe condizioni, possa offrire importanti lumi. Del resto non si pu non pigliare atto che Du Bos stato
comunque dalla tradizione disciplinare radicato nellestetica moderna,
incatenato alla sua genesi. Illusione degli studiosi? La risposta sic et
non, e costituisce il paradosso cui conduce il caso Du Bos.
La situazione lha illustrata bene ancora Migliorini, interlocutore
privilegiato di queste mie considerazioni, che ha osservato:
Non si saprebbe spiegare il successo delle Rflexions, la profonda impressione
che lopera dest ai suoi tempi, il moltiplicarsi delle edizioni e delle traduzioni, la
sua capacit di stimolo, il suo fascino (che in qualche modo ancora essa esercita)
insieme col desiderio di tutti i suoi lettori, antichi e moderni, di vedervi un insieme
ordinato, al punto di farle violenza, se non ponendo mente a un fatto di fondamentale importanza: che le Rflexions sono la prima opera che nella cultura moderna
raccoglie in un unico contesto e quindi con una certa unit di indirizzi e di tono,
unenciclopedia abbastanza completa, in certo modo anzi sovrabbondante, della materia che la cultura posteriore verr configurando come oggetto di una nuova scienza, lestetica []. E qui, probabilmente, in questo fortunato assembramento di temi,
che gi si trovavano tutti nella cultura precedente, ma che giungono alle Rflexions
chiariti singolarmente, uno per uno teorizzati ed anche con strenua coerenza, occorre
vedere loriginalit, la novit dellopera di Du Bos, la ragione della sua fortuna, la
sua funzione storica, in questo definirsi e spiegarsi di piani e di temi che sia pure
senza sistema, senza un generale soddisfacente inquadramento teoretico riescono
a delimitare e a coprire con sufficiente esattezza un terreno che sar proprio di un
campo della cultura moderna 19.
Non basta quindi commentare che Du Bos non appariva sistematico perch non faceva una filosofia dellarte; bisogna precisare: perch
non faceva una filosofia dellarte nellaccezione che qualifica lestetica
moderna. Ossia quella cifra identitaria che leggiamo, rappresentata al
meglio, nella celebre apertura dellEstetica di Hegel:
Signori, queste lezioni sono dedicate allEstetica; il loro oggetto il vasto regno
del bello e, pi dappresso, il loro campo larte, anzi, la bella arte. Certo per questo oggetto il nome di Estetico non completamente appropriato, poich Estetica
indica pi esattamente la scienza del senso, del sentire [...]. Noi vogliamo perci
contentarci del nome di Estetica, giacch come semplice nome per noi indifferente,
e del resto cos entrato nel linguaggio comune che pu essere conservato come
nome. Tuttavia il vero e proprio termine per la nostra scienza filosofia dellarte,
e pi specificamente filosofia della bella arte 22.
domanda: riuscir lestetica del terzo millennio a emanciparsi dal passato, cio dal paradigma dellestetica moderna, elaborato duecentocinquantanni or sono dal plesso Batteux-Kant allinsegna del concetto di
arte bella e piacere disinteressato? Vi potr riuscire a condizione
di dissimilare la crisi (del sistema) dellestetica (moderna) dalla possibilit dellestetica dimmaginare nuove configurazioni epistemiche. E
qui le Riflessioni dubosiane possono diventare stazione preziosa per la
nostra riflessione. Basta leggere Du Bos come se stesse dopo Batteux e
Kant (e dopo Hegel e Croce) e aprire il paradigma del futuro.
222
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