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Meditando si lavora con il materiale della propria vulnerabilit (Pablo

d'Ors)
"La meditazione insegna [...] che quando non si ha nulla, si danno pi
opportunit all'essere. nel nulla che l'essere brilla in tutto il suo
splendore. [...] Quel che ascolto nella meditazione : Fermati!
Guarda!. [...]
Quanto pi osserviamo noi stessi, pi si sgretolano le nostre
convinzioni su di noi e meno sappiamo chi siamo. Ci si deve mantenere
in tale ignoranza, sopportarla, diventarne amici, accettare che siamo
perduti e che abbiamo vagato alla cieca. [...]
Risvegliarsi scoprire che siamo in una prigione. Ma risvegliarsi
anche scoprire che quel carcere non ha sbarre e che, a rigore, non
propriamente una prigione. Allora cominciamo a chiederci: perch ho
vissuto rinchiuso in un carcere che non tale? E andiamo alla porta. E
usciamo. Fare meditazione il momento in cui usciamo. scoprire che
la porta non mai stata chiusa, che sei tu ad averla chiusa a doppia
mandata. [...]
Sicch smetti di guardare la porta che tu stesso hai creato [...]: alzati e
renditi conto che l non c' mai stata nessuna porta. In buona misura
possiamo fare quel che vogliamo e, se non lo facciamo, precisamente
perch non comprendiamo o non vogliamo intendere una cosa tanto
elementare. [...]
Abbiamo creduto che i nostri problemi eravamo noi, per questo ci costa
tanto disfarcene. Temiamo di perderci, ma dobbiamo perderci. Quando
non ci afferriamo a niente, voliamo. [...]
Tu sei il principale ostacolo. Smetti di intralciarti da solo. Togli di
mezzo tutto quel che puoi e, semplicemente, comincerai a scoprire il
mondo. [...]
Da quando ho scoperto il potere della meditazione, ho cominciato a
mostrare [...] la vulnerabilit [...] che io mi sono tanto sforzato di
nascondere al mondo prima di iniziare a meditare. Questa pudica
esposizione delle mie debolezze si rivelata un modo molto efficace
per far fronte al culto della mia immagine in cui avevo vissuto fino ad
allora. Parlare della propria vulnerabilit, renderla manifesta, l'unico
mezzo per consentire agli altri di conoscerci davvero e, di
conseguenza, poterci amare.
In un modo o in un altro, meditando si lavora con il materiale della
propria vulnerabilit. [...] Nella meditazione non c' [...] uno

spostamento significativo da un luogo a un altro; c' piuttosto


l'insediarsi in un non luogo. [...]
La via osservare la mente. Perch? Perch mentre si osserva, la
mente non pensa. Sicch irrobustire l'osservatore il modo per
liquidare la tirannia della mente, che quella che marca la distanza tra
il mondo e me. [...]
Per la via dello svuotamento a cui conduce la pura osservazione [...] si
va approdando all'unione con il proprio essere [...].
Quanto pi osservi, pi accetti" (pp. 46-57).
Tutte parole molto comprensibili. Non c' bisogno di commenti. Vorrei
solo tornare a questo rapporto di cui dice d'Ors tra meditazione e
vulnerabilit, che cos importante. La meditazione, se una via di
semplicit, se una via di crollo delle barriere e delle difese, anche
un fare vuoto delle maschere. E quando prendiamo sul serio questo
discorso delle maschere - e non come una vuota retorica - esso non
pu che farci incontrare con la nostra vulnerabilit, di cui abbiamo cos
tanto paura: di sentirla e di mostrarla agli altri. Eppure, se siamo seri,
cos, lo vediamo: siamo esseri esposti alla vita, e in questo vulnerabili.
La nostra realt fatta anche di fragilit, di debolezza e la via della
semplicit, che un mollare la presa rispetto al nostro continuo stare
con la guardia alzata, ce lo fa riconoscere bene. Ma questa fragilit
anche la nostra preziosit. E questa debolezza ci che ci rende
estremamente amabili. Soprattutto ci rende veri, autentici. Ci
accorgiamo che in realt non aspettavamo altro e non volevamo altro
da chi ci prossimo. Abbandonarsi alla debolezza pratica veramente
rara ed aristocratica.

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