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LEVANGELO

NELLE LETTERE AUTENTICHE DI

P AOLO

1.
Levangelo ricevuto e consegnato: le chiese e le loro tradizioni prima di Paolo. Il
triangolo geografico ed ecclesiale: Gerusalemme e le chiese della Giudea, la Siria con Damasco e
Antiochia.
2.
I ruoli di Pietro e dei Dodici, di Giacomo il fratello del Signore, di Stefano e il gruppo
dei diaconi con gli ellenisti, e di Barnaba con i profeti e maestri.
3.
Pi che cristianismi e giudaismi preferibile parlare di cristianesimo pluralistico o
diversificato. 1Cor 15,11: loriginaria unit della predicazione di Cristo morto e risorto per noi.
4.
Le tradizioni di fede pi antiche con le quali Paolo delinea levangelo ricevuto e
trasmesso e il proprio evangelo. Tre tipi di tradizioni: esplicite come in 1Cor 15,3-5; per calco
lessicale o per semplice traslitterazione, come per maranatha in 1Cor 16,22; e per analisi storicocritica come per Rm 1,3-4.
5.
Sullultimo versante dei frammenti prepaolini che quello pi complesso
necessaria la confluenza di tre criteri basilari: la diversit di linguaggio e di stile, di sistema
argomentativo o di pensiero e lestraneit al suo contesto immediato in cui posto.
6.
Tra i frammenti impliciti delle tradizioni che precedono le lettere di Paolo
segnaliamo i passi di 1Ts 1,9b-10; 1Cor 8,6; Rm 1,3-4; 3,25 e 10,9. Il brano (pi che una breve
proposizione) di Fil 2,6-8b.9-11, dedicato allelogio di Cristo Ges il pi ampio delle tradizioni
implicite.
7.
La confessione di Ges Cristo, il Signore. Con i contributi di M. Hengel e di L.
Hurtado stato possibile riconoscere che il culto di Ges il Signore appartiene allalba del
movimento cristiano, iniziato nellambiente palestinese e si irradiato sia nelle comunit
cristiane di origine giudaica, sia in quelle gentili.
8.
Un primo indizio su tale culto riguarda lespressione maranatha, acclusa nel
poscritto epistolare di 1Cor 16,19-24: Se qualcuno non ama il Signore, sia anatema. Maranatha (v.
22). Lespressione non tradotta, ma riportata di peso dallaramaico in greco, il che denota che si
rapidamente diffusa nelle prime comunit cristiane, come a Corinto.
9.
La formula trasmessa nei manoscritti greci come scrittura continua
(MARANATHA) per cui si presta a tre possibilit: maran th (Il Signore nostro sta venendo);
marna th (Il Signore nostro venuto) e mrna th (Signore nostro, vieni). Poich a Qumran
attestato luso di mrn rb ossia di mrna rabba, che significa il nostro grande Signore (4QEnoch b
= 4Q202) la divisione dellespressione in marana tha dovrebbe essere originale.
10. Lunicit di Dio e del Signore Ges Cristo (1Cor 8,6).
10.1. Linvocazione, pi che confessione, di 1Cor 8,6 attesta, nello stesso tempo, il
monoteismo giudaico e la signoria di Ges nelle prime comunit cristiane.
10.2. Fondato sul monoteismo, espresso con linizio dello Shemah (Dt 6,4), la preghiera
tipica della piet giudaica, riporta come autorit indiscussa la confessione che celebra lunicit di
Dio, il Padre, e del Signore Ges Cristo.
10.3. Su tale acclamazione, la tradizione post-paolina di Efesini sviluppa linno allunit di
Ef 4,4-5 dove peraltro sono ribadite, in ordine inverso, lunicit del Signore e di Dio Padre, come in
1Cor 8,6: Un solo corpo e un solo Spirito, come una sola speranza della vostra chiamata; Un solo
Signore (eis kyrios), una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio (eis theos) e Padre di tutti che su
tutti, per mezzo di tutti e in tutti.
11. Poich lunico parallelo di 1Cor 8,6 nelle lettere paoline dove si riscontra la sequenza
Signore Ges Cristo Fil 2,11, accenniamo al notevole contributo dellelogio di Fil 2,6-11 sul
culto di Ges nelle prime comunit cristiane.
11.1. Pi di un secolo di ricerca ha indotto gran parte degli studiosi a considerare Fil 2,611 come elogio di Cristo Ges, ambientato in contesto battesimale, eucaristico o confessionale; a
1

causa del verbo confessi (exomologhstai) siamo pi propensi per lambiente confessionale di
tipo martirologico o testimoniale che battesimale ed eucaristico.
11.2. La seconda parte dellelogio incentrata sullesaltazione massima che Dio ha
conferito a Ges, attribuendogli il nome pi elevato che si possa immaginare. Nonostante alcune
ipotesi poco seguite, il nome a cui si allude non Figlio di Dio che non punto menzionato
nellelogio, n Ges e/o Cristo che gi possiede, bens Kyrios, lo stesso nome con cui Dio citato
nella Bibbia greca dei LXX. Il dato confermato dalla citazione indiretta di Is 45,23b, che secondo i
LXX recita: Poich a me si piegher ogni ginocchio e ogni lingua confesser Dio.
12. Originale il contesto in cui inserita la nuova confessione di fede di Rm 10,9. Paolo
sta commentando il passo di Dt 30,12-14 per dimostrare che Vicina a te la parola, sulla tua
bocca e nel tuo cuore, che identifica con la parola della fede che predichiamo (Rm 10,8).
12.1. Se in Fil 2,6-11 si passa direttamente dalla morte allesaltazione del Signore Ges
Cristo, senza citare la risurrezione, ora menzionata la risurrezione ed taciuta la morte di
Ges. Si vede che ci troviamo di fronte a una tradizione cristiana di origine giudaica che non
distingue la condizione umana di Ges da quella post-pasquale del Signore ed diversa da quelle
riscontrate sino ad ora.
13. Il vangelo ricevuto e trasmesso. Il paragrafo di 1Cor 15,3-5 il frammento pi antico e
certo delle prime confessioni di fede nelle prime comunit cristiane.
13.1. Anzitutto precisiamo che il termine euaggelion si trova non nella confessione di fede,
ma scelto da Paolo per introdurla.
13.2. Laccentuazione cade su mor per i nostri peccati ed stato risuscitato al terzo
giorno, come dimostra la ripetizione della formula secondo le Scritture, aggiunta ad entrambe
le proposizioni.
13.3. Difficile stabilire lambiente a cui attribuire lesplicita confessione di fede: al
contesto palestinese o a quello antiocheno?
13.4. Siamo pi propensi a favorire lambiente antiocheno, confermato tra laltro dal
frammento sulla cena del Signore che abbiamo menzionato.
14. Il frammento che si pone in una certa continuit con il precedente si riscontra nel
prescritto della Lettera ai Romani, dove Paolo nuovamente definisce euaggelion quanto riguarda il
Figlio di Dio (Rm 1,1-7).
14.1. Nei vv. 1-2 risaltano due tratti che abbiamo riscontrato in 1Cor 15,1-5, ma con
accentuazioni diverse. Anzitutto menzionato levangelo di Dio, mentre l soltanto
dellevangelo in generale.
14.2. Come in 1Cor 15,3-5, si allude alle Scritture (graphais, in Rm 1,2) al plurale, ma al di
fuori del frammento che sta per introdurre, mentre la ripetizione dellespressione secondo le
Scritture in 1Cor 15,3-5 serviva a sottolineare levento indivisibile della morte e risurrezione di
Ges Cristo.
14.3. Ununica proposizione collega le due fasi limitrofe della vita terrena del Figlio di
Dio: quella secondo la carne e quella secondo lo Spirito di santit.
14.4. Laccenno alla nascita del Figlio di Dio dal seme di Davide di enorme importanza
sulla questione delle origini di Ges. Prima che i vangeli canonici trattassero dellorigine davidica
di Ges, il frammento che precede la stesura della Lettera ai Romani (met degli anni 50 d.C.) lo
riconosce come proveniente dalla trib di Iesse e di stirpe messianica; un dato che Paolo
riprender in Rm 15 con la citazione diretta di Is 11,10: Sar il germoglio di Iesse, colui che
sorger a governare le nazioni, in lui spereranno le nazioni (secondo la versione di Rm 15,12).
14.5. Sorto nelle prime comunit cristiane di origine palestinese, il frammento assunto
da Paolo per essere collocato allinizio della Lettera ai Romani e sottolineare che il Figlio di Dio
nato dalla stirpe di Davide ed costituito come tale dopo la sua vicenda terrena.
14.6. Per il Giudaismo del Secondo Tempio, importante quanto scrivono i Salmi di
Salomone (tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.) a proposito del messia davidico: E non sindebolir nei
2

suoi giorni, a causa del suo Dio: perch Dio lo ha reso potente mediante un suo spirito santo
(17,37).
14.7. Dal versante contenutistico, la confessione di Rm 1,3b-4a esprime una concezione
arcaica poich non teme di prestare il fianco a una prospettiva di adozione per Ges che
costituito come Figlio di Dio dalla risurrezione dei morti, anche se non si afferma che prima non
fosse tale.
14.8. Poco discussa la ragione per cui Paolo colloca il frammento di Rm 1,3b-4a
nellincipit della lettera ai Romani qualificandolo persino come evangelo. Ritengo che la
motivazione principale sia espressa nella parte conclusiva della lettera, prima delle
raccomandazioni epistolari finali e del poscritto di Rm 15,1416,27. Con la serie di citazioni
dirette, tratte dallAT Paolo ribadisce quanto ha dimostrato in gran parte della lettera: Ges Cristo
diventato servo della circoncisione per dimostrare la fedelt di Dio alle sue promesse e cos i
gentili siano posti in condizione di glorificare Dio per la sua misericordia (Rm 5,7-13).
14.9. Pertanto ricorrendo allautorit di due tradizioni diverse, una forse antiochena
(1Cor 15,3-5) e laltra palestinese (Rm 1,3-4), Paolo definisce come evangelo la nascita, la morte, la
risurrezione e lintronizzazione di Ges, il Figlio di Dio. Con una sintesi essenziale e con alcune
aggiunte proprie, la tradizione post-paolina di 1Timoteo richiama tali fasi: Egli si manifest nella
carne, fu reso giusto nello Spirito, apparve agli angeli, fu predicato ai gentili, fu creduto nel
mondo, fu assunto nella gloria (1Tm 3,16b).
15. La tensione escatologica (1Ts 1,9-10). Nel contesto dei ringraziamenti di
1Tessalonicesi (1,2-10), riportato il frammento sullattesa del Figlio di Dio dai cieli.
15.1. In tal caso pi che di un frammento prepaolino (che non avrebbe senso poich Paolo
ha fondato la comunit) si tratta di una testimonianza contemporanea, sorta nellambiente
giudaico della diaspora (da Corinto o dalla stessa citt di Tessalonica?). In tal caso si dovrebbe
parlare di un frammento extra-paolino.
15.2. Si pu osservare che il frammento di 1Ts 1,9-10 riprende la formula maranatha e
lapprofondisce nella tensione tra levento apocalittico della risurrezione di Ges e lattesa
escatologica del suo ritorno.
15.3. Il modello della propaganda giudaica per la conversione dei gentili. Lattesa del
Signore secondo il paradigma di Dan 7,14.

Levangelo di Cristo:
la risurrezione del Figlio e lattesa del Signore (1Tessalonicesi)
1.
I cosiddetti movimenti apocalittici o enochici, utilizzano diverse categorie e
linguaggi per descrivere lavvento della fine dei tempi: il giudizio, il tribunale di Dio, il giorno del
Signore, la collera, il contrasto tra il mondo e/o il tempo presente e quello futuro, tra salvati e
persi.
1.1. Con la fede nella risurrezione di Cristo lintero sistema apocalittico ed escatologico
ripensato, poich egli non il solo risorto, ma il primo o meglio la primizia di quanti
risorgeranno (1Cor 15,20-23).
1.2. Il cambiamento decisivo riguarda quella che possiamo definire la bipolarizzazione
(pi che il dualismo) del tempo, causata dalla morte e risurrezione di Cristo. Da una parte c
levento passato della risurrezione di Cristo, che approda nella confessione della sua signoria,
dallaltra lattesa per la sua seconda venuta o Parusia.
1.3. In 1Tessalonicesi, centrale il rapporto tra il nostro evangelo (1Ts 1,5) e lattesa
del Figlio di Dio dai cieli (1Ts 1,10); da tale congiunzione tra levangelo e lattesa si dipana il
percorso della prima lettera inviata alle sue comunit.
1.4. Sarebbe opportuno distinguere i termini apocalittica ed escatologia, anche se
continuano ad essere utilizzati come sinonimi, creando non poche confusioni.
1.5. Con il termine apocalittica (sostantivo e non aggettivo) intendiamo lirruzione
della risurrezione di Cristo nella vita e nella storia umana; escatologia invece qualsiasi
discorso sulle realt ultime o finali della vita umana.
2.
Sullapocalittica nel Nuovo Testamento, il XX secolo ha visto lacceso dibattito tra R.
Bultmann ed E. Ksemann.
2.1. Contro la centralit di Dio e delluomo e il consequenziale declassamento
dellorizzonte apocalittico per Bultmann, E. Ksemann ha formulato una delle sue asserzioni pi
note: Lapocalittica la madre di ogni teologia cristiana1.
2.2.
La reazione di Bultmann non si fatta attendere e ha concesso che lassunto pi
valere per lescatologia, ma non per lapocalittica2.
2.3. Del 1975 la monografia di L. Baumgarten che considera la cristologia centrale e
capace di conformare qualsiasi aspetto dellapocalittica paolina3.
2.4. Nel 1980 J.C. Beker ritiene lapocalittica il centro della teologia di Paolo; ed
lapocalittica a condizionare la cristologia4.
2.5. Per Keck la cristologia e, in particolare, la morte e risurrezione di Cristo il dato
originario dellapocalittica paolina e non la teologia5.
2.6. Aletti critica lipotesi di Beker ed evidenzia che la cristologia condiziona qualsiasi
aspetto della teologia di Paolo: lapocalittica, lescatologia, la teo-logia propriamente detta e
lantropologia6.
1

E. Ksemann, Die Anfnge christlicher Theologie, in ZTK 57 (1960) 162-185; Id., Zur Thema der urchristlichen
Apokalyptik, in ZTK 59 (1962) 257-284. Entrambi i contributi sono stati tradotti in Id., Saggi esegetici, Dabar 3, Genova
1985, 83-105 (p. 101 in particolare). 106-132.
2
R. Bultmann, Ist die Apokalyptik die Mutter der christliche Theologie?, in Exegetica. Aufstze zur Erforshung des
Neuen Testament, Mohr Siebeck, Tbingen 1967, 482.
3
J. Baugmarten, Paulus und die Apokalyptik. Die Auslegung apokalyptischer berlieferung in den echten Paulusbriefen,
WMANT 44, Neukirchen-Vluyn 1975.
4
Beker, Paul the Apostle;
5
L.E. Keck, Paul and Apocalyptic Theology, in Interpretation 38 (1984) 229-241.
6
J.-N. Aletti, Laptre Paul et la Parousie de Jsus Christ. Leschatologie paulinienne et ses enjeux, in RSR 84/1 (1996)
15-41.

2.7. M.C. de Boer presenta Paolo come un pensatore apocalittico di matrice giudaica 7.
2.8. De Boer propone due modelli basilari per lescatologia paolina che identifica nella
letteratura apocrifa del Secondo Tempio: lescatologia apocalittica cosmologica di 1Enoc 1-36 e
lescatologia apocalittica forense di 2Baruc. I due modelli euristici sono stati proposito da Martyn
nel suo commento a Galati8 e dallo stesso de Boer per Romani9.
2.9. A proposito di Paolo entrambi gli studiosi propendono per lescatologia apocalittica
di tipo cosmologico e non forense.
2.10. La netta distinzione fra i due modelli applicati alle lettere paoline stata
giustamente criticata poich, ammesso che Paolo sia un pensatore apocalittico (il che tuttaltro
che acquisito!), quella che de Boer e Martyn denominano escatologia apocalittica cosmologia si
trova spesso congiunta allescatologia apocalittica forense.
2.11. Fra i contributi pi recenti, B.J. Lietaert Peerbolte, pur adottando lespressione
escatologia apocalittica, propone di congiungere i due paradigmi 10.
3.
Dal contesto storico di 1Tessalonicesi cogliamo i dati pi importanti per la
relazione tra levangelo e lescatologia paolina.
3.1. Oltre alla prima evangelizzazione interrotta, a Tessalonica si sono verificati alcuni
decessi di credenti in Cristo (1Ts 4,16) che devono aver creato una tristezza diffusa tra i
destinatari e li hanno indotti a porsi interrogativi sulla Parusia o la seconda venuta di Cristo (1Ts
4,13).
3.2. Disposizione retorico-epistolare ed evangelo come parola di Dio.
A)
Introduzioni epistolari (1Ts 1,1-10):
Prescritto (1,1);
Ringraziamento/esordio (1,2-10): il nostro evangelo (v. 5), la parola (v. 6), la parola del
Signore (v. 8).
B)
Corpo epistolare (1Ts 2,15,11):
Ringraziamento per la prima evangelizzazione (2,1-20): parlarvi dellevangelo di Dio (v. 2),
levangelo (v. 4), vi abbiamo predicato levangelo di Dio (v. 8), parola di Dio (v. 13), parlare affinch
siano salvati (v. 16)11.
Ringraziamento per le notizie sulla fede dei destinatari (3,1-13): nellevangelo di Cristo (v. 2),
ci ha evangelizzato la fede (v. 6);
Paraclesi o esortazione (4,1-12);
Questioni sulla Parusia del Signore Ges Cristo (4,135,11):
I morti e i vivi verso la Parusia (4,13-18): nella parola del Signore (v. 15)
I tempi e i momenti della Parusia (5,1-11).
C)
Conclusioni epistolari (1Ts 5,12-28):
Esortazioni finali (5,12-22);
Poscritto (5,23-28).

3.3. A parte il prescritto (1,1) e le conclusioni epistolari (5,12-28), le frequenze


sullevangelo in 1Tessalonicesi illustrano come la lettera si sviluppa in due parti: la prima
dedicata ai ringraziamenti per laccoglienza positiva dellevangelo (1Ts 1,23,13); la seconda
incentrata sulle esortazioni (1Ts 4,15,11).
7

M.C. de Boer, The Defeat of Death: Eschatology in 1Corinthians 15 and Romans 5, JSNT S 22, JSOT Press, Sheffield 1988.
J.L. Martyn, Galatians: A New Translation with Introduction and Commentary, Doubleday, New York 1997.
9
M.C. de Boer, Paul and Apocalyptic Eschatology, in J.J. Collins (ed.), The Encyclopedia of Apocalypticism, Continuum,
New York 1998, I, 345-383.
10
B.J. Lietaert Peerbolte, How Antichrist Defeated Death: The Development of Christian Apocalyptic Eschatology in
the Early Church, in B.J. Lietaert Peerbolte - P.-B. Smit - A. Zwiep (eds.), Paul, John and Apocalyptic Eschatology. Studies
in Honour of Martinus C. de Boer, NTSup 149, Brill, Leiden 2013, 238-255.
11
Lespressione di 1Ts 2,16 uno dei modi di alludere allevangelizzazione poich non si riferisce al parlare in
generale, bens allevangelizzazione in vista della salvezza dei gentili. Il rapporto con liniziale parlarvi dellevangelo
di Dio in 1Ts 2,2 conferma lallusione allevangelizzazione in 1Ts 2,16.
8

3.4. In mancanza di una tesi o di una propositio generale, la parte principale della lettera
occupata dal primo ringraziamento (1Ts 1,2-10) che svolge, nel contempo, il ruolo di un proemio
o di un esordio retorico. Secondo i trattati di retorica antica a un esordio spetta la funzione di
rendere attenti, benevoli e docili i destinatari e dintrodurre le tematiche principali che saranno
sviluppate in seguito.
3.5. Tre sono i motivi introdotti nellesordio/ringraziamento di 1Ts 1,2-10: la triade
della fede, amore e speranza (v. 3); la mimesi o limitazione di Paolo e del Signore che produce
limitazione tra le diverse comunit cristiane (vv. 6-7); e levangelo di Paolo e dei suoi
collaboratori (il nostro evangelo, v. 5) accolto come parola originata dallo Spirito (v. 6) e
riconosciuto come parola del Signore (v. 8).
3.6. A prima vista sembra che le due sezioni di 1Ts 1,23,13 e di 4,15,11 siano
autonome: da una parte i ringraziamenti e dallaltra le esortazioni. In realt sui ringraziamenti
per laccoglienza dellevangelo, riconosciuto come parola del Signore, sinnestano le esortazioni
dedicate alla seconda venuta di Cristo.
3.7. Tant che le tre fasi dei ringraziamenti si chiudono con lo sguardo sulla fine.
Lattesa del Figlio suo, condivisa nelle prime comunit cristiane (1,10), rapportata alla corona di
vanto, che sono i Tessalonicesi per Paolo in occasione della Parusia del Signore Ges (2,19-20), e
alla loro partecipazione alla seconda venuta del Signore Ges (3,13).
3.8. Il genere epistolare aiuta a cogliere la ricchezza contenutistica di 1Tessalonicesi. La
lettera attraversata dal linguaggio dellesortazione e della consolazione: paraklsis in 1Ts 2,3;
parakal12 e paramythomai (1Ts 2,12; 5,14). Il primo verbo tipico di Paolo; il secondo ricompare
nel NT soltanto in Gv 11,19.31, a proposito della consolazione che i Giudei offrono a Marta e Maria
in occasione della morte di Lazzaro. Cos Demetrio (II sec. a.C. III sec. d.C.) nei suoi Tipi epistolari
descrive il genere paramythetiks o consolatorio: Il tipo consolatorio (paramythetiks) quello
scritto a qualcuno che rattristato perch qualcosa di spiacevole gli accaduto. Esso come
segue: Quando ho ascoltato delle cose terribili che hai incontrato per mano del fato ingrato, ho
sentito la pi profonda tristezza, considerando che quanto successo non successo a te pi che
a me. Ma poi ho considerato che queste cose sono comuni a tutti, con la natura che stabilisce non
un particolare tempo, n et nel quale uno deve soffrire qualcosa, ma spesso ci troviamo in modo
segreto, imbarazzato e immeritato. Poich non sono presente per confortarti (parakalin) ho
deciso di farlo per lettera. Sopporta dunque ci che accaduto nel modo pi leggero possibile, ed
esorta te stesso come se dovessi esortare qualcun altro. Infatti sii convinto che questa ragione
render pi facile per te mitigare la tua sofferenza con il passare del tempo (5,8-19).
3.9. Nonostante alcune ipotesi alternative, riteniamo che 1Tessalonicesi sia una lettera
di consolazione o di conforto per i destinatari.
4.
La Scrittura non svolge un ruolo sostanziale in 1Tessalonicesi, mentre dominante
lassimilazione tra il nostro evangelo (1Ts 1,5), predicato per la prima volta a Tessalonica, e la
parola di Dio (1Ts 2,13).
4.1. Nellidentificazione tra levangelo e la parola di Dio riemerge il paradigma profetico
che abbiamo segnalato a proposito della vocazione di Paolo. La parola di Dio o del Signore quella
affidata a chi inviato come profeta per parlare a nome del Signore.
4.2. Il ruolo principale svolto non dallautorit apostolica di Paolo, bens dallo Spirito
Santo che con la sua potenza produce la piena convinzione che levangelo affidato a Paolo parola
di Dio (cf. 1Ts 1,5).
4.3. Pertanto in 1Tessalonicesi levangelo di Dio che sidentifica con la parola di Dio o
con la parola del Signore, affidata a Paolo mediante lazione dello Spirito, e ha come contenuto
essenziale Ges Cristo.

12

1Ts 2,12; 3,2.7; 4,1.10.18; 5,11.14.

5.
Limitazione per levangelo nella persecuzione. Prima di focalizzare lattenzione sul
contenuto dellevangelo, in 1Tessalonicesi Paolo introduce uno dei motivi pi difficili da gestire
nelle relazioni umane: la mimesi fra persone13.
5.1. I Tessalonicesi hanno imitato Paolo e il Signore (Ges Cristo) perch hanno accolto
levangelo nella prova (1Ts 1,6). A loro volta, sono diventati modello (typon) per i credenti della
Macedonia e dellAcaia (1Ts 1,7). Nel corso del secondo ringraziamento i destinatari sono elogiati
poich sono diventati imitatori delle chiese della Giudea per le analoghe sofferenze che hanno
sopportato a causa di Cristo (1Ts 2,14). Anche la seconda parte della lettera, dedicata alla Parusia
di Cristo, introdotta dellimitazione di Paolo: i destinatari hanno imparato da lui come
comportarsi per piacere a Dio (1Ts 4,1).
5.2. Il contesto naturale della mimesi la relazione amicale o familiare. Per questo
Paolo si presenta come madre e padre che si prende cura dei propri figli (1Ts 2,8.11). In ballo la
trasmissione dellevangelo di Dio (1Ts 2,8.9), capace dinstaurare relazioni cos profonde tra Paolo
e le sue comunit.
5.3. La distanza dai Tessalonicesi lo porta persino a considerarsi come un figlio privato
dei propri genitori (1Ts 2,17)14, tal lintimit con cui si rivolge ai destinatari.
5.4. Si comprende allora luso del vanto di s o della periautologia in 1Ts 2,1-12, dove
Paolo assume le distanze da chi si serve delladulazione o della kolakea (1Ts 2,5) dellinganno per
comunicare levangelo a Tessalonica.
5.5. I Tessalonicesi hanno accolto la parola (o levangelo) in mezzo a molta tribolazione
(1Ts 1,6). Paolo aveva deciso in precedenza dinviare Timoteo affinch nessuno dei destinatari si
lasci turbare nelle tribolazioni subite per ladesione allevangelo (1Ts 3,3).
5.6. Tuttavia, contro una concezione errata della mimesi umana, opportuno rilevare
che la compartecipazione delle sofferenze di Cristo e di altre comunit fondate da Paolo conserva
il suo grado di originalit.
6.
Dalla risurrezione del Figlio allincontro con il Signore. Tuttavia non andrebbe
sottovalutata la connessione con la parola del Signore (1Ts 1,8) o con il vangelo che i
Tessalonicesi hanno fatto risuonare. In tal caso la prima ripresa decisiva di 1Ts 1,9-10 si verifica in
1Ts 4,13-17.
6.1. Appoggiatosi sul frammento della fede dei gentili nel Dio vivo e vero che ha
risuscitato Ges dai morti (1Ts 1,10), per lettera Paolo specifica che Ges morto ed risorto (1Ts
4,14).
6.2. Da una parte aggiunge lallusione alla morte di Ges, dallaltra cambia il verbo della
risurrezione: non pi egheir (risuscitare) con Dio (soggetto) che ha fatto risorgere il Figlio suo
(1Ts 1,10), ma anstmi (ridestarsi).
6.3. Il secondo sviluppo rispetto a 1Ts 1,10 riguarda il passaggio dallattesa del Figlio
suo dai cieli alla discesa del Signore dal cielo (1Ts 4,16) e il rapimento nelle nuvole di quanti
saranno rimasti in vita per lincontro del Signore nellaria (1Ts 4,17).
6.4. La metafora dellapanthesis o dellincontro riservato allimperatore nelle province
romane permette a Paolo di evidenziare non soltanto larrivo del Signore, ma anche il rapimento
nelle nubi di quanti saranno rimasti in vita in occasione della sua seconda venuta 15.
6.5. Il terzo sviluppo decisivo riguarda il paradigma apocalittico escatologico che
compare per la prima volta nelle lettere paoline per diventarne una costante: quanti sono morti
13

Sulla mimesi, pi che imitazione, nelle lettere paoline cf. A. Pitta, Mimesi delle differenze nella Lettera ai
Filippesi, in RivB 57 (2009) 347-370; Id., The Degrees of Human Mimesis in the Letter to the Romans, in F. Bianchini
- S. Romanello (edd.), Non mi vergogno del Vangelo, Potenza di Dio. FS. J.-N. Aletti, AnBib 200, G&BPress, Roma 2012, 221238.
14
Il verbo composto aporphanz , che compare soltanto qui in tutto il greco biblico, deriva dal sostantivo orphanos, da
cui il nostro orfano.
15
A. Malherbe, The Letters to the Thessalonians, Doubleday, New York, 2000, 271-272.

in Cristo (1Ts 4,16) si uniranno a quanti saranno ancora in vita (1Ts 4,17) e tutti saranno con il
Signore (1Ts 4,18)16.
7.
Nella seconda parte di 1Ts 4,135,11 Paolo passa dagli interrogativi sul come a
quelli sul quando della Parusia di Cristo (1Ts 5,1-11).
7.1. Anzitutto in 1Ts 5,1-11 forse evocato il detto di Ges sul ladro che sopraggiunge
allimprovviso nella notte (v. 2): un detto parabolico che trova riscontro nella fonte Q, comune a
Mt 24,43-44 e Lc 12,39-40.
7.2. In 1Ts 1,10 Ges confessato come colui che redime dallira che viene e in 1Ts
5,9-10 Paolo rassicura i Tessalonicesi che Dio ha posto tutti i credenti non per lira, ma per il
possesso della salvezza per mezzo del Signore Ges Cristo.
7.3. Sia in 1Ts 1,9-10, sia in 1Ts 5,9-10 il Figlio di Dio o il Signore Ges Cristo assolve al
ruolo fondamentale del goel o del riscattatore di sangue, che riscatta i parenti pi prossimi da una
condizione di cattivit.
7.4. In tale prospetto sulla liberazione compiuta dallira, per i credenti, diventa
comprensibile la vituperazione di 1Ts 2,16 contro i giudei che impediscono a Paolo e ai suoi
collaboratori di parlare (o di evangelizzare) ai gentili affinch siano salvati.
7.5. Testamento di Levi 6,11 che recita: Ma lira del Signore giunta su di loro per la
fine.
7.6. La dimostrazione di 1Ts 4,135,11 si chiude con il criterio della differenza, che vale
sia per quanti sono morti in Cristo, sia per quanti resteranno in vita in occasione della sua
seconda venuta. Sembra che Paolo assuma il criterio stoico dellindifferenza e lo trasformi nella
differenza per ci che pi conta. Quanto pi conta non la condizione fisica di chi sveglio (o
vivo) o addormentato (morto), bens vivere con lui (1Ts 5,10) o essere per sempre con il Signore
(1Ts 4,17).
8.
Conclusione. Il nostro evangelo, come lo denomina Paolo nellesordio (1Ts 1,5),
congiunge la sua prima predicazione a Tessalonica alla lettera inviata qualche mese dopo e si
concentra sulla morte e la risurrezione di Cristo e lattesa dellincontro finale con lui.
8.1. Poich Ges Cristo morto per noi (1Ts 5,10) ed risorto (1Ts 1,10), si riscattati
dallira ventura e, dal momento dellincontro finale con lui, si sar sempre con lui (1Ts 4,17).

16

La proposizione di 1Ts 4,16 non chiara: la formula in Cristo andrebbe collegata a i morti (hoi nekroi) o a
risorgeranno (anastsontai). In altri termini lattenzione rivolta a tutti i morti che risorgeranno in Cristo o ai
credenti in Cristo che da morti risorgeranno. Nonostante la prima possibilit, sostenuta fra gli altri da Fabris, 1-2
Tessalonicesi, 141, riteniamo che sia preferibile la seconda ipotesi. A Tessalonica gli interrogativi sullesito della fine
emerge per la morte di alcuni credenti in Cristo e non per una questione generale sulla vita oltre la morte, a cui tra
laltro Paolo non dedica attenzione in rapporto alla risurrezione finale.

Levangelo come parola della croce


(1Corinzi)
Introduzione. La teologia paolina si dedica a far risaltare, in sempre nuove riprese,
il significato salvifico della croce. Essa teologia della parola, perch solo attraverso la parola
della croce questa morte rimane presente, grazia, promessa, impegno crux sola nostra theologia17.
2.
Disposizione retorico-epistolare ed evangelo
La disposizione retorico-epistolare permette di rilevare i contenuti principali che
attraversano 1Corinzi. Come per 1Tessalonicesi segnaleremo le parti in cui levangelo e i suoi
sinonimi sono utilizzati. Tuttavia poich, come vedremo, la tesi principale della sezione di 1Cor
1,104,21 si riscontra, a nostro parere, nella parola della croce (1Cor 1,18-19), posta in relazione
con la predicazione di Cristo crocifisso, aggiungiamo le frequenze che alludono allevento della
croce di Cristo.
1.

I.
1.
2.
II.

Introduzioni epistolari (1Cor 1,1-9):


Prescritto (1,1-3);
Ringraziamento epistolare (1,4-9).
Il corpo epistolare (1Cor 1,1015,58)
1.
Le divisioni partitiche (1,104,21): Paolo stato crocifisso per voi? (1,13);
evangelizzare (1,17); la croce di Cristo (1,17); la parola della croce (1,18); mediante la follia
della predicazione (1,21); predichiamo Cristo crocifisso (1,23); Cristo crocifisso (2,2); la mia
parola e la mia predicazione (2,4); per mezzo dellevangelo (4,15).
2.
Etica sessuale e appello ai tribunali civili (1Cor 5,16,20): Cristo nostra pasqua
stato immolato (5,7); Siete stati lavati, santificati, e giustificati (6,11); Siete stati acquistati a
caro prezzo (6,20).
3.
Etica familiare (1Cor 7,1-40): Siete stati acquistati a caro prezzo (7,23).
4.
Le carni immolate agli idoli (1Cor 8,111,1): il fratello per il quale Cristo mor
(8,11); levangelo di Cristo (9,12); levangelo (9,14); dallevangelo (9,14); evangelizzo (9,16),
se non evangelizzassi (9,16); evangelizzando (9,18); levangelo (9,18); nellevangelo (9,18);
a causa dellevangelo (9,23); avendo predicato (9,27).
5.
Lassemblea e la cena del Signore (1Cor 11,2-34): annunciate la morte del
Signore finch egli venga (v. 26);
6.
Carismi e ministeri (1Cor 12,114,40): Dio ha disposto il corpo conferendo
maggiore onore a chi ne manca (12,24); perch anchio sono stato conosciuto (13,12).
7.
Partecipazione e modalit della risurrezione (1Cor 15,1-58): levangelo (15,1);
vi ho evangelizzato (15,1); vi ho evangelizzato (15,2); mor (15,3); risorto (15,4);
predichiamo (15,11); se si predica che Cristo (15,12); la nostra predicazione (15,14).
III.
1.
2.

Conclusioni epistolari (1Cor 16,1-23):


Esortazioni e raccomandazioni finali (16,1-18);
Poscritto (16,19-23).

3.
La propositio principale di 1Cor 1,104,21 e il sistema di valutazione per le questioni
etiche: La parola della croce infatti follia per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano,
per noi, potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distrugger la sapienza dei sapienti e annuller
lintelligenza degli intelligenti (1Cor 1,18-19)18. Luso della Scrittura in 1Corinzi. A J.-N. Aletti spetta il
merito di aver approfondito limportanza delle propositiones nelle dimostrazioni paoline e averne
17

Ksemann, Prospettive paoline, 91-92.

proposto i criteri per identificarli 19. Per dirsi tale, una propositio deve distinguersi dal versante
stilistico rispetto al suo contesto, essere breve, esauriente e capace dingenerare una successiva
micro o macro-sezione retorico-letteraria successiva.
4.
Luso della gezerah shawah o della regola farisaica, per cui due passi dellAT
silluminano reciprocamente per connessione lessicale20, conferma limportanza di Is 29,14
(secondo la versione della LXX) nella tesi generale della sezione. Si pu ben osservare che il
sostantivo tn sophn (dei sapienti), riportato nella citazione di Is 29,14 in 1Cor 1,19, ripreso nella
citazione diretta di Gb 5,13a e del Sal 93,11 (LXX) in 1Cor 3,19-20: Sta scritto infatti: Egli cattura i
sapienti (tous sophous) nella loro astuzia. E nuovamente: Il Signore conosce che i ragionamenti dei sapienti
(tn sophn) sono vani. Di per s il Sal 93,11 (LXX) recita: Il Signore conosce i ragionamenti degli
uomini: sono vani. Per stabilire il collegamento tra Is 29,14 in 1Cor 1,19 e il Sal 93,11 in 1Cor 3,20,
di propria iniziativa, Paolo sostituisce degli uomini (tn anthropn) con dei sapienti (tn
sophn). Con lautorit della Scrittura dimostra che il Signore distrugge la sapienza dei sapienti
perch conosce quanto sono vani i ragionamenti dei sapienti che cattura nella loro astuzia. In
questione non qualsiasi sapienza umana, negata per principio, bens quella che prescinde dalla
croce di Cristo.
5.
La portata apocalittica della tesi generale della prima parte della lettere
confermata dal cambiamento principale che si verifica nella citazione di Is 29,14 (LXX) in 1Cor
1,19. Al posto del verbo kryps (nasconder) della fonte greca, riportato il verbo athets
(annuller) nella citazione paolina. Il cambiamento intenzionale e si deve alla prospettiva
apocalittica che Paolo conferisce alla parola della croce. Poich proprio dellapocalittica giudaica
rivelare quanto nascosto, la citazione di Is 29,14 dimostrerebbe il contrario, ossia che non tutto
rivelato con la parola della croce. Per questo Paolo sceglie un verbo tipico dellapocalittica
giudaica: distruggere o togliere di mezzo quanto appartiene a una fase della storia per sostituirlo
con una nuova.
Portata apocalittica della parola della croce in quanto predicazione di Cristo crocifisso
per la salvezza. Un evangelo paradossale, ma nel contempo confermato dallautorit indiscussa
della Scrittura21.
6.
In 1Corinzi la parola della croce sidentifica con la predicazione o levangelo di
Cristo crocifisso. Sorprende che in tutta la lettera Paolo non accenna mai alla croce di Cristo come
cifra della prova, della sofferenza o della rassegnazione umana. Al contrario la croce di Cristo
diventa il centro propulsivo sul modo di essere e di pensare nella comunit cristiana. In quanto
capovolgimento del sistema di pensiero, segnato da divisioni e fazioni, la croce di Cristo
espressione della follia di Dio o del modo con cui Dio salva i credenti mediante il paradosso della
croce. Espressioni concrete della follia di Dio nella croce di Cristo sono lelezione dei Corinzi e lo
statuto degli apostoli (1Cor 1,184,25).
7.
In ambito etico la croce di Cristo diventa criterio di valutazione per il caso della
relazione sessuale tra una matrigna e il figlio. Poich Cristo nostra Pasqua stato immolato, i
credenti sono esortati a celebrare la festa non con lievito vecchio, ma con azzimi nuovi (cf. 1Cor
5,7-8). Anche labitudine di ricorrere ai tribunali civili per risolvere le tensioni ecclesiali
motivato dal rapporto con la croce di Cristo. Poich i credenti sono stati lavati, santificati e
giustificati (cf. 1Cor 6,11), la comunit il luogo dove le loro contese andrebbero affrontate e
risolte. Significativa la ripresa di alcuni verbi di 1Cor 1,30 in 1Cor 6,11 a cui si aggiunge lessere
18

Su 1 Cor 1,18-19 come tesi principale di 1Cor 1,104,21 cf. A. Pitta, Il paradosso della croce (1 Cor 1,18-31, in Il
paradosso della croce. Saggi di teologia paolina, Piemme, Casale Monferrato 1998, 80-95.
19
J.-N. Aletti, La prsence dun modle rhtorique en Romains. Son rle et son importance, in Bib 71 (1990) 1-24 ;
Id., La dispositio rhtorique dans les ptres pauliniennes, in NTS 38 (1992) 385-401.
20
Su questa regola esegetica di origine farisaica cf. P. BASTA, Gezerah Shawah. Storia, forme e metodi dellanalogia
biblica, SubBib 26, Roma 2006; ID., Abramo in Romani 4. Lanalogia dellagire divino nella ricerca esegetica di Paolo,
AnBib 168, Roma 2007.
21
Sulluso della Scrittura nelle lettere autoriali di Paolo cf. A. Pitta, Le Scritture dIsraele, in Paolo, la Scrittura e la
Legge, SB 57, EDB, Bologna 2008, 81-130.

10

stati lavati, con cui inizia la rivalutazione del battesimo, ripensato nellottica della parola della
croce. Per contrastare qualsiasi licenziosit sessuale Paolo riparte dallevento della croce, quando
i credenti sono stati acquistati a caro prezzo (1Cor 6,20), per ricordare che lo stesso Dio che ha
risuscitato il Signore Ges Cristo, risusciter anche i credenti in lui (1Cor 6,14).
8.
Il motivo dellacquisto a caro prezzo torna nella sezione dedicata alletica familiare
e, in particolare, al rapporto tra matrimonio e verginit. Per favorire la verginit senza svalutare il
matrimonio, Paolo ricorda ai Corinzi di restare nella condizione in cui sono stati chiamati. Poich
sono stati comprati a caro prezzo da Cristo (1Cor 7,29), la parola della croce comprende la
chiamata elettiva dei credenti. Lo stesso evento della chiamata tende verso leschaton e con la
scelta della verginit lo anticipa soprattutto in un clima segnato da licenziosit sessuali, come
quello di Corinto.
9.
La croce di Cristo campeggia nellampia sezione sulle carni immolate agli idoli o
idolotiti: per non scandalizzare il fratello che proviene dallambiente idolatrico gentile, come non
mangiare carne immolata agli idoli, senza essere accusati didolatria? Se Cristo morto per il
debole nella convinzione di fede, bisogna non perderlo a causa degli idolotiti (1Cor 8,11); in caso
diverso si pecca non solo contro il debole, ma contro Cristo. Risalta cos in 1Coor 8,1-13 la croce di
Cristo come ragione e criterio per un altruismo che abbiamo definito radicale, poich Cristo
morto per i deboli e chi pecca contro il debole commette peccato contro Cristo. Tale forma di
altruismo esemplificato nel modo con cui Paolo si rapporta allevangelo: tutto per il vangelo e
tutto a tutti senza escludere alcuno (1Cor 9,1-27). La gratuit della predicazione e la disponibilit a
farsi tutto a tutti fanno risaltare, in modo incomparabile laltruismo di Paolo, modellato su quello
di Cristo, con la sua croce.
10. Dopo aver tratto dalla storia dIsraele lesempio negativo di unidolatria sempre in
agguato, non soltanto per chi proviene dallambiente gentile, ma anche dal giudaismo, Paolo
accenna alla comunione al calice della benedizione e al corpo di Cristo (1Cor 10,14-22) per
escludere la comunione con gli demni. La soluzione pratica si trova nel mangiare di tutto, senza
indagare inutilmente, ma se si viene a sapere che mangiando carne immolata agli idoli si
scandalizza il debole meglio evitare tale tipo di alimento. Torna cos laltruismo che pone
attenzione pi alla coscienza del fratello che alla propria (1Cor 10,23-31).
11. Laltruismo radicale di Ges per gli altri giunge alla sua espressione massima con la
sua passione, sino alla sua morte. Per contestare labitudine di partecipare alla cena del Signore
senza attendersi gli uni gli alti o senza condividere la mensa con i pi poveri, Paolo riporta le
parole di Ges durante la cena di addio (1Cor 11,23-25). Rispetto alla tradizione dellistituzione
eucaristica di Mc 14,24 e di Mt 26,28 che accenna al sangue dellalleanza versato per molti, che
sembra pi originaria a causa dellespressione semitica, Paolo preferisce la formula per voi
(1Cor 11,24; cf. anche Lc 22,19.20) che rimarca laltruismo di Ges sino alleffusione del sangue. Il
collegamento con lannuncio della morte di Ges fino alla sua seconda venuta (1Cor 11,26)
relaziona nuovamente allevento della croce, di cui le parole dellistituzione anticipano il
significato.
12. Di fronte alla ricerca dei carismi pi sensazionali, che attestano la presenza dello
Spirito, in 1Cor 12,114,40 Paolo rinvia al momento unitario delleffusione dello Spirito con cui
tutti sono stati battezzati e dissetati (1Cor 12,13). La parola della croce diventa criterio di
discernimento difronte allarrivismo di alcuni che monopolizzano la vita ecclesiale. Poich Dio ha
scelto i deboli per confondere i forti e chi ignobile per ridurre al nulla le cose che sono (1Cor
1,26-29), ha conferito maggiore onore a ci o a chi non ne ha, affinch non si creino divisino nella
comunit (1Cor 12,24). Lunit originaria di chi stato dissetato dallunico Spirito, la debolezza
onorata di chi conta poco e laltruismo fra le membra il riflesso della parola della croce di Cristo.
Persino la pagina pi laica, ma anche una delle pi sublimi di Paolo, che lelogio dellamore o
dellagap (1Cor 12,31b13,13) alla fine tradisce la sua fonte ispiratrice. Mediante lamore, lIo di
ognuno conoscer faccia a faccia chi ora contempla come in uno specchio, poich stato
conosciuto. Molto probabilmente soggetto sottinteso del verbo sono stato conosciuto (1Cor
11

13,12) il Risorto da cui stato conosciuto o amato nellevento della croce. Tuttavia per far
risaltare con maggior impeto laltruismo radicale che pervade lamore nel suo operato, Paolo
lascia sullo sfondo il nome di Ges Cristo e ne descrive soltanto loperato.
13. Finalmente in 1Cor 15,1-58, la sezione dedicata alla scansione e alle modalit per
partecipare alla risurrezione di Cristo, si ricompone il kerygma unitario della morte e risurrezione
di Cristo. Il frammento prepaolino di 1Cor 15,3-5, definito come evangelo da Paolo (vv. 1-2)
innesta una relazione progressiva fra il Risorto e i credenti. Poich, con la sua morte si stati
liberati dai peccati, se Cristo non fosse risorto, saremmo ancora nei peccati. Al contrario, poich si
stati liberati dal peccato e dalla morte, si condivider la sua risurrezione, attraverso una
progressiva trasformazione del proprio corpo.
14. La pi ecclesiale delle lettere paoline attraversata dallinizio alla fine dal filo
conduttore della parola della croce, che soltanto alla fine si ricongiunge allevangelo della
risurrezione. Espressione della follia divina, della redenzione, dellunit originaria e dellaltruismo
radicale, la croce di Cristo diventa fondamentale criterio di valutazione per qualsiasi interrogativo
etico nella vita della Chiesa.

12

Difesa e polemica del ministero per levangelo di Cristo


(2Corinzi)
1.
Le Confessioni di Paolo la 2Corinzi: dove spalanca il cuore per difendere il suo
servizio per levangelo e lamore per la comunit che gli ha procurato pi grattacapi.
2.
Levangelo di Cristo, come lo denomina in 2Cor 9,13 e in 10,14, il centro
relazionale che coinvolge Ges Cristo, lo Spirito, Dio, Paolo e i Corinzi. A contrastare tale asse
relazionale sono alcuni avversari interni ed esterni, che disseminano zizzania contro il suo
apostolato in Acaia.
3.
Dal versante storico, le due parti di 2Cor 19 e di 2Cor 1013 sono incompatibili fra
loro poich nel frattempo si sono verificati alcuni episodi che hanno alterato i rapporti tra Paolo e
i Corinzi. Se in occasione della lettera della riconciliazione Paolo sta per rinviare Tito e i delegati
per organizzare la colletta, quando detta la lettera polemica i delegati sono rientrati in Macedonia
e Paolo accusato di strumentalizzare la colletta. Come si pi sostenere, nello stesso tempo e
nella stessa lettera, che Paolo pu contare totalmente sui destinatari (cf. 2Cor 7,16) e poi che
intende istituire una sorta di tribunale per condannare quanti lo hanno calunniato (cf. 2Cor 13,12)? Come si pu prima apprezzare il pentimento dei Corinzi (cf. 2Cor 7,8-13) e poi accusarli di
essere ancora faziosi e in peccato (cf. 2Cor 12,20-21)? E come si conciliano la richiesta di mitigare
la punizione contro lavversario di 2Cor 2,6-7 e la condanna contro gli oppositori di 2Cor 11,13-15,
accusati di essere falsi apostoli che si mascherano da angeli di luce? Se nella lettera della
riconciliazione, Paolo si difende dallaccusa di mercanteggiare levangelo o la Parola di Dio (cf.
2Cor 2,16-17), in quella polemica accusato di essere aggressivo per lettera e pusillanime di
persona (cf. 2Cor 10,10), di non essere apostolo degno di tale nome (cf. 2Cor 11,5-6) e di sfruttare
la comunit (2Cor 11,8-9). Anche i generi delle due lettere sono diverse: la lettera della
riconciliazione unapologia in vista della definitiva rappacificazione; quella polemica
unaccusa inviata nella fase iniziale contro gli avversari esterni e i Corinzi.
1. Difesa e polemica per levangelo di Cristo
Quella di 2Corinzi una difesa e polemica per levangelo di Cristo non in astratto, ma
personale poich coinvolge il ministero o la diaconia di Paolo per levangelo. Per questo nella
disposizione retorico-epistolare segnaleremo i due campi semantici che attraversano la lettera:
levangelo e il ministero o la diaconia per Cristo.
A)
La lettera della riconciliazione (2Cor 1,19,15)
I.
Introduzione epistolare (2Cor 1,1-14):
1.
Il prescritto (1,1-2);
2.
La benedizione divina (1,3-11);
3.
La tesi generale (1,12-14).
II.
Il corpo epistolare (2Cor 1,159,15):
1.
La narrazione apologetica (1,152,13): Ges Cristo predicato per mezzo nostro (1,19);
per levangelo di Cristo (2,12);
2.
La probazione apologia (2,147,4): la parola di Dio (2,17); in Cristo parliamo (2,17);
lettera di Cristo amministrata da noi (3,3); ministri della nuova alleanza (3,6); il ministero della
morte (3,7); il ministero dello Spirito (3,8); il ministero della condanna (3,9); il ministero della
giustizia (3,9); questo ministero (4,1); la parola di Dio (4,2); il nostro evangelo (4,3); lo splendore
dellevangelo della gloria di Cristo (4,4); non predichiamo noi stessi (2Cor 4,5); il ministero della
riconciliazione (5,18); la parola della riconciliazione (5,19); il ministero (6,3); ministri di Dio (6,4).
3.
Ripresa della narrazione e fiducia nei Corinzi (7,5-16);
13

4.
Utilit e qualit colletta per i santi di Gerusalemme (8,19,15): la comunione del
ministero (8,4); per levangelo (8,18); circa il ministero (9,1); il ministero di questa liturgia (9,12); a
causa della prova di questo ministero (9,12); levangelo di Cristo (9,13);
B)
La lettera polemica (2Cor 10,113,13):
1.
Esordio generale (10,1-6);
2.
La confutazione delle calunnie (10,7-18): levangelo di Cristo (10,14); evangelizzare
(10,16);
3.
La probazione o il discorso immoderato (11,112,18): predica un Cristo diverso che non
abbiamo predicato (11,4); un evangelo diverso (11,4); levangelo di Dio che vi evangelizzammo (11,7);
per il vostro ministero (11,8); i suoi ministri (di satana) (11,15); ministri della giustizia (11,15);
ministri di Cristo (11,23).
4.
Raccomandazioni finali e poscritto (2Cor 12,1913,13).

Le due lettere sono attraversate dal binomio dellevangelo e del ministero per Cristo.
Anche la parte dedicata alliniziativa della colletta, che sembra esulare da tale tematica generale,
in realt intessuta sul ministero per levangelo di Cristo (cf. 2Cor 9,13). Circa levangelo,
proseguono le specificazioni che abbiamo riscontrato in 1Tessalonicesi e in 1Corinzi: si tratta
dellevangelo di cui Dio lagente o il soggetto principale (2Cor 11,7) e di cui Ges Cristo il
contenuto centrale (2Cor 2,12; 10,14). Poich proviene da Dio, levangelo sidentifica, come in 1Ts
2,13, con la Parola di Dio (cf. 2Cor 2,17); si tratter di vedere come levangelo di Cristo si rapporta
alla Parola di Dio. Ges Cristo accomuna levangelo e il ministero o la diaconia, sino a identificare
la diaconia con levangelo: predicare levangelo predicare non se stessi, ma Ges Cristo Signore
(2Cor 4,5); e il ministero per Cristo (2Cor 11,23). Ministero ed evangelo sono inscindibili in
2Corinzi perch entrambi trovano in Cristo la loro ragion dessere.

14

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