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Dentice, sparide selvaggio

Autore: Francesco Turano


Dentice, sparide selvaggio
Alla fine degli anni ottanta, quando da poco avevo abbandonato la pesca in apnea per passare definitivamente alla fotografia
subacquea (trascinandomi dietro una sfrenata passione per i pesci, che avevo conosciuto pescando e che sarebbero diventati i
miei soggetti preferiti), rimasi letteralmente folgorato da unimmagine apparsa a doppia pagina su una rivista di settore.
La foto ritraeva un bellissimo dentice colto di sorpresa allinterno di una grotta, in Sardegna, nelle acque antistanti il
promontorio di Capo Caccia (Alghero). Il nome di Stefano Navarrini, autore della fotografia, mi rimase impresso in mente
anche
per
altre
foto
di
pesci
mediterranei,
pubblicate
regolarmente
su
Mondo
Sommerso.
Da quel giorno pensai spesso al dentice. Non sapendo dove trovarlo sui fondali che frequentavo, riflettevo su una vacanza in
altri lidi. Non riuscii a resistere per molto e cedetti alla tentazione di imbarcarmi per la Sardegna, nella speranza di trovare gli
sparidi.

Era il giugno del 1989. A Capo Caccia i clienti che chiedevano di andare in acqua di notte erano ben pochi. La prima notturna
che riuscii a strappare al titolare del diving fu indimenticabile, per via della gran quantit di pesce osservata in non pi di 20
metri di profondit. Spigole, saraghi, occhiate erano ovunque e di ogni pezzatura; i pesci mi mandarono in agitazione come
mai mi era accaduto, e non sapevo cosa fotografare. Ma quando meno me laspettavo, distratto da mille cose e intento a
scattare a destra e a manca, vidi la mia guida farmi segni insistenti con la lampada, nel tentativo di comunicarmi qualcosa di
importante. Nellavvicinarmi mi accorsi che un bel dentice era l, fermo sul fondo, con la sua straordinaria livrea, disposto a
farsi fotografare. Ma la concessione non dur molto ed ebbi giusto il tempo di scattare alcune volte prima di vedere il grosso
sparide alzarsi innervosito e scappare, dileguandosi nel nulla. Finalmente ero riuscito a fotografare un dentice da vicino, con il
mio 20 mm Nikkor montato su una Nikonos IV con due flash dellepoca, prodotti dal CFS di Genova: il Cycnus e un piccolo
servoflash detto In. A quel punto si trattava di aspettare per vedere il risultato. Trovai un laboratorio ad Alghero che mi
svilupp le dia in poco tempo e, con ansia soffocante, trovai un lentino per analizzare le mie prime immagini del Dentex
dentex, il pi grande e selvaggio predatore tra gli sparidi del Mediterraneo.

Non dimenticher mai quei momenti sottacqua in Sardegna e la magia della notte ai piedi del promontorio di Capo Caccia,
quando dalla barca, durante la vestizione, il faro illuminava lorizzonte col suo fascio di luce intermittente, creando
quellatmosfera che da sempre fonte dispirazione per poeti e scrittori. Da allora ho fotografato il dentice di notte diverse
altre volte, soprattutto sui fondali calabresi, dove imparai presto a scovarli anche se a profondit pi impegnative. E li ho
osservati pi volte di giorno, in gruppi numerosi, senza mai riuscire a scattare una foto decente, ma solo limmagine ricordo
del banco evanescente in luce ambiente. Ma lamore sviscerato per questo animale selvaggio rimasto immutato nel tempo e
scrivere di lui, oggi, per me doveroso, affinch un contributo alla sua conoscenza possa servire a tutelarlo in futuro.

Il dentice, questo sconosciuto, ben presente nei libri di cucina o nei trattati di pesca sportiva, sicuramente uno dei predatori
pi attivi nel Mediterraneo e la sua presenza segnalata ovunque ci siano scogliere sommerse o secche in mezzo al mare e in
tutti quei luoghi che, sebbene vicini alla costa, sprofondano nel blu in maniera repentina. Spiccatamente aggressivo, ha
carattere capriccioso che lo porta spesso a comportamenti fuori dalla norma ed abbastanza diffidente nei confronti delluomo
immerso, nonostante la sua curiosit lo porti ad avvicinarsi a subacquei apneisti in grado di pescare allaspetto a certe
profondit. Ama molto le zone tranquille e risente notevolmente della frenetica attivit estiva di superficie. Abituato a vivere a
contatto col fondo, non di rado si solleva per portarsi in caccia a mezz'acqua. Non risente gran che delle variazioni di
temperatura dell'acqua, ma molto sensibile agli orari ed alle fasi lunari.

Pi di ogni altro predatore, il dentice sfrutta le rocce del fondo e, in particolare, le orlate rocciose, per nascondere la sua
presenza alle possibili prede. Come accade, ad esempio, al confine meridionale dello Stretto di Messina, ai piedi del
promontorio di Capo dallArmi, dove un ciglio imponente porta i fondali a precipitare dai 35/40 metri fino a circa 70/80 non
lontano da riva, con pareti di roccia verticale fessurate e affacciate nel blu dei fondali fangosi. Le fenditure ospitano sovente
grossi esemplari durante la notte, praticamente fermi e abbastanza facili da avvicinare. Ed qui che ho scattato molte delle
mie immagini pi belle, incontrando dentici di dimensioni variabili tra i tre e i dieci chilogrammi circa e avvicinandomi a loro in
modo deciso, scattando a pochi centimetri dallanimale.

Ci che rende affascinante questo pesce certamente, in larga parte, la splendida livrea iridescente. Il colore di fondo
argenteo, con tonalit che sfumano dallazzurro del dorso al rosato dei fianchi, con sfumature intermedie e puntinatura blu.
Anche le pinne presentano una colorazione rosea che sfuma nel giallo nelle ventrali e nellanale. Propria dei dentici, specie dei
pi giovani, poi una particolare colorazione, caratterizzata da striature verticali pi scure, ottenute grazie alla presenza di
cromatofori sulla superficie del corpo. La livrea giovanibile maggiormente evidente durante la notte, specie quando il dentice
colto di sorpresa in atteggiamento di riposo. Attore protagonista dello spettacolo del mare nostrum, uno dei pesci pi
ricercati dai pescatori italiani anche a ragione delle sue carni squisite e apprezzate sin dall'antichit. Delle oltre cento specie di
sparidi esistenti, il dentice di certo il pi aggressivo e la sua dentatura ne prova tangibile. Conservo ancora la dentatura dei
pochi dentici che sono riuscito a catturare ai tempi in cui pescavo in apnea: formidabile, e i denti aguzzi confermano le
abitudini alimentari del grande predatore. E intuitivo comprendere che il pesce prende il nome dalla peculiare presenza, su
entrambe le mascelle, di quattro denti caniniformi, disposti in maniera tale da risultare ben visibili anche a bocca socchiusa e
che conferiscono al muso un aspetto caratteristico. La sua dieta alimentare espressamente carnivora: aguglie, occhiate,
boghe, castagnole e triglie; ma anche cefalopodi come seppie, piccoli polpi, calamari e totani.

Il corpo ovoidale, alto e lateralmente compresso, dotato di una forte muscolatura e una grande pinna caudale. La testa ha un
profilo armonicamente arrotondato ma al tempo stesso imponente, anche per via della mandibola appena sporgente; gli
occhi sono piccoli (i pi piccoli tra il genere Dentex) e vicini, posti molto in alto sul capo per consentire unottima vista
bioculare. Tale posizione conferisce al re degli sparidi uno sguardo sicuramente cattivo. La sua notevole stazza, potendo
raggiungere e superare i 15 kg di peso corporeo e circa un metro di lunghezza, ne fa uno dei pi interessanti predoni del mare
e
nobile
preda
tra
i
pescatori.
Il dentice per non un forte nuotatore, anche se sopperisce a tale lacuna essendo dotato di uno scatto bruciante, un
strumento di offesa molto valido; uno spettacolo poterlo osservare durante l'azione di caccia, quando, come una saetta, si
avventa ed aggredisce le sue vittime.

In inverno il dentice compie una specie di "migrazione". In realt si tratta di una fuga dalle acque degli strati superficiali del
mare, ormai raffreddati dal clima pi rigido, verso la profondit, fino a raggiungere 60/80 metri o anche 100, alla ricerca di
acque lievemente pi calde dove la temperatura si mantiene costante, anche a discapito del regime alimentare; in profondit il
cibo infatti pi scarso ed proprio in questo periodo di "magra" che il dentice si nutre principalmente di cefalopodi. In
primavera, con il riscaldamento delle acque superficiali, il dentice inizia pigramente la sua risalita verso quote comprese tra i

25 e i 40 metri, guidato anche dall'istinto riproduttivo; in questo periodo si nutre prevalentemente di notte e diventa
estremamente territoriale.

Le osservazioni in natura mi hanno regalato pi volte lincontro primaverile con folti gruppi di questi sparidi. Giugno stato un
mese spesso ideale per fermarsi sul fondo, bombole in spalla, a contemplare il girovagare dei pesci a modeste profondit. Gli
incontri pi belli vissuti in Mediterraneo mi riportano qualche miglio al largo di Bari, su un relitto dellultima guerra, dove
decine di individui di media taglia si aggiravano sovente tra le strutture della nave a circa 40-45 metri di profondit; o sulle
secche della Riserva dello Zingaro, nei pressi di San Vito Lo Capo, dove fermo su uno scoglio a 30 metri di profondit, ho
rischiato persino di scattare foto ai dentici in pieno giorno, nel loro frenetico andirivieni di gruppo. E che dire del muro di
dentici talvolta presenti in autunno sui fondali di Scilla, raramente incontrati insieme a numerose cernie rosse (o dotti) a
formare una scena che forse solo un dipinto potrebbe rendere, se ben fatto.

Altri banchi stupendi li ho visti su secche maestose al largo dellIsola di Linosa e nel canale di Scicilia, sui banchi Skerki, Talbot
e Avventura. Lamore per questi pesci continua a portarmi in giro per il Mediterraneo e ogni volta, mentre sono sottacqua, alzo
la testa e scruto lorizzonte visibile. Spesso intravedo un dentice solitario, che si aggira sul fondo in cerca di cibo, e assisto a
scene inconsuete ma da una certa distanza. Mi godo la cosa finch dura, fino a quando il predatore selvaggio non realizza che
qualcosa di strano si muove nei dintorni. E con fare discreto si allontana, mantenendo le distanze o dileguandosi nel blu. E dal
blu continuo sempre ad aspettarmi sorprese, ad ogni immersione.

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