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Le pagine che seguono sono appunti del docente di appoggio alle lezioni
e vengono messi a disposizione come elemento di supporto per chi non sia
riuscito ad frequentare con costanza il corso di Filosofia della Storia
2008-2009. Si intende che tali appunti sono da considerare meramente
integrativi e non rappresentano una riproduzione completa dei contenuti
e degli argomenti trattati durante il corso.

SEZIONE I.
La Crisi delle Scienze Europee e la fenomenologia trascendentale,
come molti dei testi attribuiti ad Husserl, non effettivamente un libro, ma
una raccolta solo parzialmente omogenea di Conferenze ed appunti. E. W.
Orth lo chiama giustamente un libro immaginario. I primi 27 paragrafi
rappresentano il nocciolo iniziale del testo, in due sezioni, presentato
inizialmente nel 1936 in forma di conferenza e pubblicato lanno successivo
(1937) a Belgrado, in quanto ad Husserl era oramai impossibile pubblicare
alcunch nella Germania hitleriana. A questi 27 paragrafi di natura
prevalentemente programmatica Husserl stesso aggiunge una terza ampia
sezione ( 28-72) che non vedr la luce prima della morte dellautore,
avvenuta il 27.04.1938. Tuttavia le tematiche presenti nella conferenza del
36 vengono instancabilmente rielaborate in unimpressionante mole di
appunti negli ultimi due anni di vita dellautore; tali appunti verranno poi
raccolti in parte nel 1954 in volume assieme ai 72 paragrafi originari per
comporre quello che appare come volume VI delledizione delle opere
complete, e cui fa riferimento la traduzione italiana. Altri appunti verranno
raccolti successivamente in un secondo volume delle Opere (1993), col
titolo di Volume di complemento (Ergnzungsband) alla Krisis.
Di fatto la Krisis pi che essere un libro , come sempre in Husserl,
una raccolta di idee afferenti ad una famiglia di temi affini, ma senza un
chiaro inizio od una chiara fine. Questa, come detto, caratteristica tipica di
tutte le opere husserliane pubblicate in vita, ed a maggior ragione di quelle
composte dai curatori e pubblicate postume.
Cos la crisi di cui parla il titolo? E perch una crisi delle scienze?
E per di pi delle scienze europee? Per quanto non sia mai un buon
servigio ad un autore il farne dipendere il pensiero troppo strettamente dal
contesto storico e psicologico, impossibile evitare di far menzione alle
crisi spirituale, umana, che Husserl esperisce come caratterizzante la vita
dellumanit europea tra le due guerre. Husserl stesso, pur non essendo
propenso ad alcuna forma di analisi storico-politica della contemporaneit,
menziona a pi riprese labisso in cui caduta la cultura europea negli
ultimi decenni. Egli, come ebreo tedesco nato in Moravia nellambito della
multietnica civilt austroungarica, assiste dapprima allautodistruzione
europea della prima guerra mondiale, con la disgregazione della
transnazionalit asburgica, e poi al progressivo sfacelo delle costituzioni
europee a partire dallitaliana marcia su Roma fino allascesa al
cancellierato di Hitler nel 33. Questi eventi non sono semplicemente vissuti

come catastrofi militari, economiche o politiche, ma soprattutto come


catastrofi spirituali: lumanit europea ha perso ogni unit di senso e la
cultura europea, le scienze europee nel senso generale di scientia come
sapere, non fornisce pi alcuna risposta plausibile.
La crisi delle scienze di cui Husserl parla non affatto crisi
nellefficacia tecnica o nella capacit predittiva delle scienze, bens crisi di
senso: il sapere non porta pi con s alcuna capacit palingenetica n alcuna
ispirazione etica. Pu sembrare strano per noi oggi anche solo prendere in
considerazione la domanda che la scienza si faccia carico di questioni di
senso, tuttavia questa stessa nostra difficolt andrebbe esaminata: non
affatto ovvio che la scienza sia costitutivamente vuota di senso, e non stato
ovvio per gran parte della storia dellumanit. Che la scienza ambisca
allobiettivit una cosa, che il suo modo di porre e preselezionare domande
faccia s che nessuna questione di senso possa emergere tuttaltra cosa. Il
dato pi evidente che rimarca come la scienza moderna abbia abdicato ad
ogni questione di senso va rintracciato nel fatto che convivono una pluralit
di verit scientifiche provenienti da diverse scienze particolari e valevoli per
i medesimi stati di cose, senza che la questione di una sintesi o conciliazione
dei punti di vista neppure emerga: il mondo pu essere analizzato sotto
specie fisica, chimica, cosmologica, biologica, psicologica, storica,
economica, senza che il problema di come comporre queste visioni emerga
affatto. Un classico esempio di questa condizione aporetica sta nel confronto
inesistente tra le istanze deterministiche implicite in alcuni saperi e quelle
finalistiche implicite in altri (es.: fisica vs economia).
Infine, parlando di scienze europee Husserl intende la scienza
occidentale nel suo complesso, le cui origini europee vengono rivendicate
non solo per quel poco di orgoglio intellettuale che poteva ancora rimanere
in unEuropa dove buona parte degli intellettuali erano costretti ad emigrare
per motivi razziali o politici, ma anche per rammentare che la dimensione di
origine storica essenziale anche per saperi che si pongono come
atemporali quali quelli delle scienze naturali.
Bisogna notare a questo punto come tra le scienze problematizzate
da Husserl una appare da subito soggetta ad un trattamento particolare. Si
tratta della psicologia, la cui natura paradossale rappresenta una
provocazione continua nellambito delle scienze contemporanee. Infatti ogni
verit relativa a contenuti psicologici sembra soffrire di una paradossalit
costitutiva: per rendere davvero scientifico il suo contenuto deve
obiettivarlo, renderlo oggetto, ma siccome il suo contenuto per definizione
un contenuto mentale, soggettivo, sembra che latto stesso di produrre una
verit scientifica concernente dati psicologici finisca per cancellare la natura
eminentemente psicologica del contenuto. Questo paradosso non affatto
qualcosa di osservato per la prima volta da Husserl (anche se il suo
significato complessivo lo ): la questione della dubbia scientificit della
psicologia era gi stata sollevata da Auguste Comte che aveva denunciato la
non scientificit di ogni pratica introspettiva come base per una scienza
psicologica. W. Wundt da parte sua aveva tentato di dare rigore ai resoconti
introspettivi in modo da farne una base per la psicologia, ma il suo tentativo,
criticato dallo stesso Husserl nella Crisi, risult a tutti gli effetti

fallimentare. Pi o meno contemporaneamente alla stesura della Crisi


Burrhus Frederic Skinner svolgeva, negli USA, la sua attivit teorica e
sperimentale volta a sopprimere del tutto dalla concettualit psicologica
ogni riferimento ad eventi non obiettivabili. Nasceva cos il
comportamentismo, per cui da ogni nozione psicologica dovevano sparire
riferimenti che non fossero riconducibili a spostamenti di corpi nello spazio
e nel tempo, dunque, nel caso di viventi, a dati fisiologici e
comportamentali.
Ci che Husserl osserva innanzitutto che il problema non in alcun
modo aggirabile giacch la natura della coscienza data dalla sua
intenzionalit, cio dal suo essere coscienza rivolta al suo oggetto: in altri
termini obiettivare la coscienza significa cancellare la sua natura
intenzionale, cio appunto sopprimerne ci che la fa essere coscienza.
La nozione di intenzionalit, che giustamente considerata la
nozione pi elementare che introduce alla concettualit fenomenologica,
in effetti una nozione semplice solo nel senso di non-composta, ma non
affatto facile da intendere appieno. Di primo acchito intenzionalit indica
lessere diretto della coscienza al suo oggetto e, si dice, la coscienza
sempre coscienza-di, cio appunto sempre coscienza intenzionale. Il
termine intenzionalit deriva dalluso della nozione di intentio propria
della logica medievale, e perci non deve essere confusa con lintenzionalit
psicologica nel senso di volontariet. Ci prima facie sufficiente, ma non
tutto cos intuitivo come pu sembrare. Innanzitutto il riferimento
alloggetto dellintenzione pu essere travisato: se vero che ogni qualvolta
si danno oggetti (ad esempio per la percezione, per la memoria, ecc.) ci deve
essere una coscienza per cui essi si danno, questo non significa che
lintenzionalit debba sempre dirigersi proprio ad oggetti in senso pieno. Se
la mia attenzione risvegliata da un rumore di origine ignota, la mia
coscienza non si dirige ad un oggetto in senso comune, ma ad un qualcosa
anonimo da interpretare, e questo un caso tipico di intenzionalit. Un caso
pi complesso rappresentato da condizioni emozionali di coscienza, come
essere stanchi, allegri o depressi: queste condizioni non si danno
primariamente come oggetti per la coscienza, ma rappresentano piuttosto
modi di darsi dellintenzionalit. Husserl distingue a questo proposito due
momenti della relazione intenzionale: noesis e noema; per noesis si intende
latto intenzionale rivolto ai relativi oggetti intenzionali, per noema si
intende loggetto intenzionale, nel senso generale di contenuto tematizzato
dallatto intenzionale. Una condizione emozionale della coscienza
(tristezza), cos come una modalizzazione della coscienza (dubbio, certezza,
ecc.) sono fattori primariamente inerenti alla noesis, allatto intenzionale.
Ci non toglie che anche questi momenti noetici possono essere resi oggetto
della coscienza, possono essere tematizzati trasformandoli in noemata, che a
loro volta si danno per una differente noesis.
In secondo luogo, intenzionalit non neppure da confondersi con
attenzione, giacch lattenzione una qualit inerente allintenzionalit,
non il suo nocciolo: noi possiamo dirigerci intenzionalmente al medesimo
oggetto avendo maggiore o minor grado di attenzione. Ci non toglie che tra
intenzionalit ed attenzione una qualche relazione c, quantomeno con

riferimento alle espressioni in cui parliamo di dirigere lattenzione verso:


di fatto dirigere lattenzione un modo primario di esercitare
unobiettivazione intenzionale.
Unulteriore famiglia di concetti che vanno esaminati quando si parla
di intenzionalit riguarda lidea di aspettativa. Ordinariamente la nozione
di intenzionalit va concepita in correlazione con quella di riempimento
dellintenzione. Quando lintenzionalit si dirige verso qualcosa lo
intende in un certo modo, cio si aspetta che appaia in certe forme. Come
vedremo questa struttura si d quasi sempre, ma non sempre, in quanto
sussiste una dimensione intenzionale passiva che non ha gi di mira alcuno
specifico contenuto. Tuttavia, salvo questo caso su cui torneremo in seguito,
in genere lintenzionalit in certo qual modo prefigura il proprio oggetto:
per prendere un esempio efficace, anche se forse ingannevolmente semplice,
se guardiamo una figura ambigua, come quelle indagate dalla psicologia
della Gestalt, ad esempio il coniglio-anatra di cui Wittgenstein, la figura di
Rubin o il cubo di Necker, in tutti questi casi vediamo come sia possibile
modulare la configurazione del percetto attraverso un cambiamento delle
proprie aspettative percettive. Da questi esempi possiamo trarre
unimportante lezione circa lintenzionalit: essa non qualcosa che possa
venire dettato univocamente dalla materia sensibile. Questo per, sia detto
subito, non implica che le modalit organizzative del percetto da parte
dellintenzionalit percettiva siano arbitrarie o liberamente creative.
Lintenzionalit si rivolge al proprio oggetto in un modo che predispone ci
che sar considerato pertinente e ci che sar trascurato, ci che sar posto
in primo piano e ci che verr posto in secondo piano. Poich lintenzione si
dispone nei confronti del proprio oggetto con determinate aspettative, tali
aspettative possono essere soddisfatte del tutto o in parte, oppure tradite; nel
primo caso parliamo di riempimento di unintenzione.
A questo punto dobbiamo introdurre una precisazione non
elementare, al concetto di riempimento intenzionale: gli esempi tipici di
riempimento sono tratti dalla percezione e come tali sono esempi efficaci,
che per possono risultare fuorvianti, in quanto sembra che il riempimento
dellintenzione sia dovuto ad una sorta di sovrapposizione tra la
prefigurazione propria dellintenzione ed il contenuto sensibile,
proveniente dalloggetto materiale (le sensazioni). Il modello che si presta
pi immediatamente a questa rappresentazione quello empiristico per cui
abbiamo in mente immagini mentali che poi possiamo proiettare sulle cose
scorgendone la coincidenza o meno con la datit sensibile. Questo modello
soffre di insolubili difetti, noti sin dallantichit classica, e di cui Husserl
perfettamente consapevole. In primo luogo, non c mai sovrapponibilit
possibile tra la supposta immagine mentale di qualcosa (tratto da precedente
esperienza sensibile) e la sua realt sensibile, in quanto non si danno mai
due sensazioni perfettamente identiche e dunque neppure si d
sovrapponibilit tra la supposta riproduzione mentale delloggetto sensibile
e la sua presenza attuale. Questo uno dei problemi che condussero Platone
ad elaborare la nozione di idea come qualcosa di irriducibile alla
dimensione sensibile: siccome il cavallo visto ieri di fronte non
sovrapponibile al cavallo visto oggi di lato, non potrei mai dire di averlo

riconosciuto come lo stesso cavallo; ci sembra risolversi se suppongo che


ci sia unidea di cavallo che sussume a priori tutte le istanze di cavallo
empirico che andr ad incontrare. Ma c di pi: noi non effettuiamo solo
riconoscimenti percettivi, ma anche mnemonici: cerchiamo di ricordare
qualcosa che ad un certo punto riconosciamo. Ma chiaro in un caso del
genere che parlare di sovrapposizione tra unimmagine mentale che gi
possiederei ed una seconda immagine mentale, che devo possedere
anchessa, anche se non in evidenza, sembra chiaramente assurdo. Questo
il caso che Platone discute quando affronta il problema della
rammemorazione, ad esempio nel Menone: paradossale concepire il
riconoscimento mnemonico come recupero di unimmagine da confrontare
con unaltra immagine che gi possediamo, giacch se gi la possediamo
per poter effettuare il confronto, non si capisce perch mai dovremmo
cercarla. Per Husserl il problema di un confronto tra entit eterogenee come
limmagine mentale e limmagine sensibile non si pone proprio, in quanto il
riempimento intenzionale di fatto una relazione tra due intenzioni, la
prima signitiva e la seconda intuitiva.1 Questo, si faccia attenzione, non
comporta che il soggetto abbia sempre solo a che fare con se stesso, in
forma sostanzialmente solipsistica; sebbene il riempimento intenzionale sia
una relazione tra unintenzione vuota ed unintenzione intuitiva, questo non
comporta istanze solipsistiche giacch lintenzione intuitiva dipende
immediatamente dalla datit sensibile. Per comprendere in dettaglio come
ci possa essere concepito dovremmo per aver gi introdotto una
discussione sulle cinestesi, cui ci dedicheremo in seguito.
Prima di passare oltre dobbiamo formulare unultima osservazione
sintetica sulla nozione di intenzionalit: il suo ruolo fondamentale, che
equivale senzaltro al ruolo costitutivo della coscienza, deve essere
compreso considerando lordine di fondazione delle esperienze. In altri
termini: perch una psicologia che cerchi di aggirare la coscienza
intenzionale condannata ad un sostanziale fallimento, ovvero ad una
perdita del suo oggetto? Nelle sue linee essenziali il ragionamento che
bisogna seguire (e su cui comunque ritorneremo) il seguente:
lintenzionalit non pu mai essere risolta in una descrizione naturalistica,
cio in termini di oggetti studiati dalle scienze della natura, in quanto ogni
obiettivazione presuppone gi sempre lintenzionalit. Lideale della
psicologia nella sua versione naturalistica di ridurre lintenzionalit ad un
prodotto del cervello, da studiare attraverso lesame di correlazioni causali
tra le parti del cervello, lambiente ed il corpo. Ora, ci sono molte
argomentazioni che possono essere sollevate dallinterno della pratica
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In der Erfllungsbeziehung kommen zwei Intentionen auf dasselbe zu kongruierender


Deckung, derart, dass eine rein signitive, begriffliche Intention sich in einer anderen, auf
dasselbe Objekt gerichteten, intuitiven, anschaulichen Intention erfllt. Was zuvor blo
gemeint war, ist dann in anschaulicher Flle selbst da. Ein Unterschied also von blo
intentionalem und wirklichem Objekt bleibt bestehen. Nur ist dieser Unterschied kein
reeller sondern einer der Gegebenheitsweise. Das heit: das Objekt im Wie seiner
Gegebenheit differiert zwischen leerer und anschaulich erfllter Begrifflichkeit, das
Objekt aber, welches in diesem intentionalen Geflle zwischen leere und Flle gegeben ist,
bleibt eines und dasselbe. (Kausalitt und Motivation. Untersuchungen zum Verhltnis
von Perspektivitt und Objektivitt in der Phnomenologie Edmund Husserls, von
Bernhard Rang, Martinus Nijhoff, Den Haag, 1973, p.23)

scientifica a questo indirizzo di ricerca; ad esempio, si pu notare come la


possibilit di ridurre il funzionamento di sistemi complessi (es.: il cervello)
alle loro parti componenti altamente dubbio, in quanto non affatto detto
che il funzionamento dellintero sia riconducibile al funzionamento delle
sue parti. C per qualcosa di pi sottile e radicale che va considerato: noi
conosciamo le potenzialit della materia solo attraverso i modi in cui tale
potenzialit si estrinseca. In altri termini, nessuna esplorazione o
contemplazione statica di una certa quantit di materia ci insegna quali
poteri vi ineriscono: se analizzo al microscopio un seme sconosciuto non
posso capire come si presenter la pianta cresciuta, ed in generale qualunque
cosa io ritenga di conoscere intorno al tipo di pianta sar solo frutto di una
generalizzazione di processi di crescita indagati in altri semi. Nello stesso
senso, nessuna esplorazione degli elementi chimici che rientrano in un
organismo vivente, ordinatamente disposti in scatole su di un tavolo, mi pu
far intuire come si dar un organismo vivente: a partire dallesame
dellintero funzionante possiamo provare ad astrarre le sue parti, ma a
partire dalle parti non siamo mai in grado di intuirne le potenzialit di
sviluppo a partire dalla solo contemplazione. Questo cosa significa?
Significa che la fonte originaria di tutte le nostre conoscenze non lanalisi
di oggetti, bens la descrizione di comportamenti, implicazioni, processi,
azioni, connessioni, cos come essi si danno spontaneamente. Questo
ovviamente non significa che lanalisi in parti costitutive sia cognitivamente
sterile, tuttaltro, ma significa che non possiamo mai aggirare la sorgente
primaria delle nostre conoscenze, che data in descrizioni di come i
fenomeni primariamente e spontaneamente si danno. Il primo passo
dellindagine scientifica non n lanalisi in parti, n lesperimento come
tentativo di provocare una risposta, ma losservazione dei processi
spontanei, che possiamo poi analizzare o provocare sperimentalmente. Il
progetto scientifico di mettersi nelle condizioni di poter ricostruire esiti
complessi a partire da una manipolazione delle loro parti componenti un
progetto fecondo ed interessante, ma non si pu partire dallassunto generale
per cui lintero sarebbe senzaltro riducibile alla somma delle parti, il
sistema alla collazione dei suoi elementi, il movimento la somma di infiniti
stati parziali (come nei paradossi di Zenone), ecc. - Quando loggetto
danalisi propriamente la coscienza, come dovrebbe essere per la
psicologia e per la filosofia della mente, risulta chiaro che i resoconti in
prima persona da parte dei soggetti sperimentali non sono dati aggirabili:
per sapere che una certa sollecitazione di una fibra nervosa provoca dolore
abbiamo bisogno di avere un ampio supporto di testimonianze da parte di
soggetti che, alloccorrere di detta sollecitazione, dicono di provare dolore.
Questo, per inciso, significa che prima di accedere alle relative verit
neurofisiologiche circa il funzionamento del sostrato cerebrale del dolore
dobbiamo aver raggiunto unintesa concettuale intorno a cosa intendiamo
per dolore. Lo stesso esempio potrebbe essere fatto per la percezione dei
colori, il recupero dei ricordi, ecc. In altri termini, non possiamo esercitare
correttamente lindagine scientifica sulla coscienza se non abbiamo fatto
una preliminare operazione di chiarimento relativo ai contenuti mentali che
andremo ad indagare obiettivamente. Per questo motivo ogni tentativo di

ridurre lintenzionalit a qualche dato naturale obiettivo va senzaltro


respinto: non perch non sia possibile trovare correlazioni valide tra eventi
materiali ispezionabili ed attivit intenzionali: sappiamo ad esempio che se
sopprimiamo lattivit della corteccia cerebrale nessuna attivit intenzionale
si manifesta. Il punto fondativo ed ontologico: non possiamo dire di sapere
cosa davvero lintenzionalit attraverso unanalisi dei suoi correlati
obiettivi (ad esempio come stati cerebrali) perch tali correlati possono
essere identificati solo sulla scorta di una preliminare identificazione di cosa
sia intenzionalit. Sapere che in assenza di un certo sostrato materiale non
si d intenzionalit o attivit coscienziale in genere non ci dice niente circa
la natura in s della coscienza; sappiamo soltanto che ad un qualche livello
il sostrato materiale concorre in modo necessario al darsi del fenomeno, ma
non siamo in grado di dire che quel fenomeno pu risolversi nel sostrato
materiale: come se un barbaro proiettato dal passato al giorno doggi e
posto davanti ad una radio che trasmette una sinfonia, la frantumasse con
una mazza, per poi dire che, con tutta evidenza, quel fenomeno (radio +
musica) riducibile ad urti materiali, giacch un urto materiale pu farlo
svanire.
- In conclusione, un esame preliminare del ruolo dellintenzionalit
nellesperienza dovrebbe metterci in grado di apprezzare che nessuna analisi
rigorosa che si dedichi allo studio di cose e fatti pu permettersi di
dimenticare che cose e fatti si danno sempre per una coscienza, e che senza
unadeguata comprensione di come cose e fatti possano darsi per una
coscienza il resto dellindagine non pu che essere pregiudicato.

SEZIONE II.
Da queste prime considerazioni sullintenzionalit scorgiamo perch
limpostazione della fenomenologia di Husserl sia prioritariamente e
preferenzialmente proiettata ad analizzare gli atti percettivi. La percezione
ha priorit tra le analisi husserliane perch tutto lo sforzo va ad isolare le
fonti di evidenza prime, su cui ogni altra concettualit si deve fondare. Per
esprimerci con un poco dapprossimazione, potremmo dire che, siccome per
Husserl indispensabile esaminare i livelli di esperienza pi fondativi per
poter interpretare quelli pi complessi, allora lo studio della percezione deve
necessariamente avere priorit. Ovvero, per dirla naturalisticamente:
siccome ciascuno, prima di essere uomo di scienza o filosofo, stato un
bambino che ha appreso informalmente tutti i concetti che gli consentiranno
poi di perseguire verit scientifiche o filosofiche, e prima ancora stato un
infante che ha appreso le articolazioni primarie della realt cui i concetti si
applicano, opportuno che, per svolgere unindagine di sufficiente
radicalit, ci si ponga il problema di come si pervenuti al punto in cui
valori, metodi ed oggetti della ricerca erano ovviamente dati.
La Krisis lultimo testo cui Husserl mette le mani ed ha carattere
sintetico, programmatico, ma anche riassuntivo del percorso fatto. In certo
modo si tratta di unoperazione testamentaria in cui vengono fatti i conti
circa la strada svolta e la direzione che si spera altri percorrano. Una delle
maggiori difficolt nella lettura di questo testo sta nellimpossibilit di
affrontarlo senza una generale conoscenza delle passati elaborazioni
husserliane. Pur essendo qui fuori discussione un esame analitico dellopus
husserliano necessario fornire innumerevoli chiarimenti terminologici che
di fatto si convertono in un riassunto teoretico del pensiero dellautore.
Nella Krisis non vengono svolte analisi fenomenologiche della percezione,
le quali vengono solo ricordate episodicamente ed un poco pi in dettaglio
nei 28, 45 e 47. Tuttavia senza una chiara comprensione di cosa sia un
oggetto percettivo per Husserl gran parte delle analisi ulteriori perdono di
profondit o addirittura di valore tout court.
Partiamo dal problema classico del rapporto tra percezione,
sensazione ed oggetto percepito. Uno dei problemi classici della teoria della
conoscenza rappresentato dalla disomogeneit tra i significati mentali e le
sensazioni. La contrapposizione da Platone in poi prende le forme di un
contrasto tra la fuggevolezza destrutturata e caotica delle sensazioni e la
permanenza ordinata e concettualizzabile dei percetti, una volta divenuti
contenuti del pensiero. Vedo un oggetto sul tavolo, lo identifico come libro,
blu, dalla copertina cartonata, con questo titolo, ecc.; successivamente posso
ricordare di aver visto quel libro sul tavolo, ritornare a cercarlo e trovarlo,
oppure stupirmi di non trovarlo. Tutto ci apparentemente banale, salvo
che per il fatto che un comportamento sostanzialmente inaccessibile ad
animali non-umani, anche con apparati percettivi pi sensibili dei nostri, ed
inoltre un comportamento che a tuttoggi risulta drammaticamente difficile
da simulare per robot sofisticatissimi. Uno dei problemi di fronte a cui si
trova il robot dato dalla infinita molteplicit sensibile propria di ogni

oggetto percettivo: se provo a riassumere il libro sensibile in una matrice di


punti cromatici con determinate ombreggiature, rapporti visivi con altri enti,
ecc., mi trovo immediatamente di fronte ad una quantit di dati ingestibile,
giacch il libro ovviamente identificato da tutte le possibili prospettive,
sotto tutte le possibili illuminazioni, in tutti i possibili contesti, da cui il libro
pu darsi. Se pensiamo di cavarcela solo con una selezione di prospettive
qualificate, per cos dire come una serie di foto segnaletiche del libro, ci
troviamo immediatamente di fronte al problema di una non coincidenza tra
il modello che abbiamo in mente e la campionatura sensibile che ci si d. Il
problema che in effetti la totalit delle campionature possibili infinita. Il
problema dellidentit oggettuale poi in effetti ancora pi complicato di
cos, se pensiamo che noi siamo in grado di riconoscere spesso il medesimo
oggetto non solo da diversi punti di vista, ma anche attraverso diversi
accessi sensibili (es.: col tatto e con la vista).
Limpostazione husserliana salta integralmente questa impostazione
ed i relativi problemi. Innanzitutto osserva come sul piano della datit
fenomenica non si d una collezione di punti che poi ricercano una sintesi
successiva. I protagonisti della descrizione husserliana della percezione
possono essere elencabili atraverso i seguenti otto concetti: rilievi
(Abhebungen), sensazioni (o dati iletici), affezioni, contrasto e fusione,
campo sensibile, cinestesi e adombramenti (Abschattungen). Ci che si d
sensibilmente (e che Husserl talora nomina con il termine tradizionale di
sensazioni) non sono sense-data, non sono unit singolarmente dotate di
certe qualit, come il colore di un punto o laltezza di un suono, ma sono
innanzitutto rilievi, cose che si stagliano in rilievo e che producono
unaffezione (modificazione) del soggetto percipiente. Una sensazione
visiva non ha alcun colore; solo loggetto che vediamo, magari anche sulla
scorta di quella sensazione, ha effettivamente colore.2 Ci pu sembrare
misterioso, in quanto la nostra disposizione teoretica verso questi temi gi
ampiamente pregiudicata, ma per capire di cosa parla Husserl sufficiente
fare in proprio un semplice esperimento: ci si fornisce di un tubo lungo
dotato di unapertura abbastanza ristretta (ad es. una cerbottana) e si rivolge
lo sguardo ad una serie di punti visivi che si avuto cura di non esplorare
preliminarmente con visione binoculare libera; se ora si prova a giudicare il
colore di un certo punto visto attraverso il tubo e poi lo si giudica di nuovo
in visione libera si noter frequentemente una ampia discrasia nei nostri
giudizi cromatici: la collocazione di quella piccola sezione di campo
cromatico in un contesto prima assente modifica il nostro giudizio. Simili
risultati possono essere ottenuti esaminando lesperimento di Mach del
diedro convesso (un cartoncino piegato, ed illuminato in modo da essere per
met illuminato in pieno e per met in ombra, muta colore apparente se,
2

Die Einteilung der Empfindungen verluft jedoch parallel nach derjenigen der
wahrgenommenen Qualitten. Die Ideen I unterscheiden Farben-, Ton- und Tastdaten, aber
auch Lust-, Schmerz- und Kitzelempfindungen. Das empfundene Rot kann aber nur in
einem quivoken Sinn so genannt werden. Nicht das Erlebnis, sondern das
wahrgenommene Ding ist rot. Die Abschattung, die Empfindung, ist nicht von derselben
Gattung wie das Abgeschattete, das wahrgenommene Ding. (Phnomenologie der
Assoziation. Zu Struktur und Funktion eines Grundprinzips der passiven Genesis bei E.
Husserl, von Elmar Holenstein, Martinus NIjhoff, Den Haag 1972, p. 97)

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adottando una visione monoculare forzata, come attraverso il nostro tubo, si


induce uno slittamento figurale, tale per cui il cartoncino non appare pi
come un diedro convesso, ma come due superfici complanari appaiate). Ci
che siamo in grado di dire per spostamenti prospettici come quelli da una
visione monoculare locale ad una visione binoculare complessiva va in
effetti esteso ad ogni punto dello spazio visivo: ciascun supposto punto
in effetti riconoscibile come tale solo a posteriori, dopo che abbiamo visto
un oggetto colorato collocato nello spazio sotto una certa illuminazione, ecc.
Non che vediamo prima punti colorati e poi li riuniamo nella visione di un
cubo rosso, al contrario vediamo primariamente il cubo rosso e da ci
inferiamo che tutti i punti geometrici della sua superficie devono essere
rossi a loro volta. Questo, beninteso, non significa che in qualche modo noi
inventiamo il colore del cubo a prescindere dalle sensazioni visive, ma
significa che un giudizio con attribuzione di colore ha senso solo per oggetti
collocati in uno spazio, rispetto ad una certa luce, ecc. , mentre non ha alcun
senso per punti geometrici. Nei primi scritti (Ricerche Logiche in
particolare) Husserl usa il termine sensazione che poi preferir sostituire
con la nozione di dati iletici, o semplicemente Hyl, il termine greco per
materia informe. Senza entrare in troppi dettagli esegetici essenziale
comprendere come la nozione classica di sensazione viene interpretata in un
modo che la trasforma radicalmente: essa non pi un dato elementare dalla
cui composizione con altri dati elementari traiamo la nostra conoscenza
dellintero, al contrario, si tratta di uno stimolo, una provocazione
sensibile che risveglia la coscienza che viene da essa modificata (affezione),
e che perci si rivolge ad essa.3 Pi precisamente, non che lintenzionalit
percettiva si rivolga alla sensazione: essa provocata dalla sensazione e si
rivolge nella direzione della provocazione cercandovi un oggetto visivo
(che il vero contenuto dellintenzionalit percettiva). Husserl parla di
affezioni originarie (Uraffektionen) quando intende riferirsi al ruolo pi
primitivo dei dati iletici nella costituzione degli oggetti percettivi: quando
il qualcosa che richiama la coscienza non possiede ancora alcuna
interpretazione consolidata, ma deve appena ricevere una lettura
intenzionale, allora le affezioni sono affezioni originarie. Affezioni in
generale sono il primo rivolgersi della coscienza al qualcosa percettivo,
nominato come sensazione o come hyl, che invece rappresenta una
dimensione totalmente passiva, ed in effetti una dimensione di cui abbiamo
3

Eine Affektion wird als ein Reiz definiert, der von einer Bewusstseinsgegebenheit auf
das Ich ausgebt wird, es zu einer interessierten und aktiven Zuwendung einladend. Eine
Uraffektion wird dieser Reiz genannt, wenn er von einer noch nicht vergegenstndlichten,
vorobjektiven intentionalen Einheit ausstrahlt. Die affektiven Einheiten bilden die
ursprnglichste Grundlage fr die Aktivitten des Ich, seine Rezeption, Apperzeption,
Explikation, Kollektion usf.. () Jede inhaltliche Verschmelzung impliziert eine Abhebung
gegenber seiner Umgebung. Alle einheitliche Abhebung ist Abhebung durch inhaltliche
Verschmelzung unter Kontrast. () Das Ich, so scheint es, wird von hyletischen Einheiten
und Verbindungen affiziert, die ohne eine besondere Leistung der Affektion geworden sind.
Die affizierenden Einheiten scheinen schon geleistete Arbeit vorauszusetzen. Hyletische
Kontinuen und die Einheit der Sinnesfelder knnten als solche in starrer Passivitt ohne
alles Einwirken von Affektionen erstellte Ganzheiten angesetzt werden. (Holenstein, op.
cit., p. 37-8)

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contezza solo attraverso unoperazione astrattiva a posteriori, a partire dalle


unit percettive, che sono il primo dato.
Ora, una volta che lintenzionalit percettiva si rivolge a qualcosa
essa non opera una raccolta di dati primitivi, ma colloca immediatamente
lo sguardo in una certa posizione che identifica un luogo nel campo visivo, e
tale collocazione avviene attraverso i due meccanismi complementari della
fusione e del contrasto. Nel campo sensibile tutto ci che non diverso
omogeneo e si assimila in unit. Nel campo sensibile, ad esempio nel campo
visivo, tutto ci che c ha a priori esistenza visiva; questa non una
tautologia: si pensi al punto cieco della retina: se la nostra percezione
dovesse comporre entit visive mettendo assieme atomi sensibili, larea
corrispondente al punto cieco dovrebbe apparire necessariamente come un
buco, un vuoto. Al contrario, niente di tutto questo si verifica in quanto
lassenza di sensazioni non produce alcuna affezione, non sollecita
lintenzionalit percettiva a rivolgersi ad essa, dunque essa rimane per
default visivamente significativa. Il campo visivo preesiste alle sensazioni
visive, nel senso che si d come presupposta ununit piena di significati
visivi, allinterno della quale fattori salienti emergono come contrasti
(differenze), mentre la mancanza di contrasti conduce allassimilazione in
unit (fusione).4 Quando vediamo un lato del cubo come rosso noi vediamo
del rosso e vediamo dei punti di contrasto dove la continuit del rosso si
spezza, ad esempio in un rosso di tonalit differente che segnala un lato
diversamente inclinato. importante capire il significato del campo
sensoriale (visivo nella fattispecie) nella prospettiva husserliana: il campo
unistanza sintetica, in modo affine a come opera in Kant la sintesi del
sensibile attraverso le forme a priori, tuttavia con una differenza profonda e
decisiva: la sintesi propria del campo visivo pu darsi solo sulla base di
stimoli che lo sguardo colloca, dispone in unit e differenze, continuit e
soglie. Tale sintesi inconcepibile al di fuori dellesercizio immanente della
percezione. Ci che unifica il campo visivo, vorremmo dire, la pulsione a
collocarsi come soggetto vedente in una posizione dello spazio visivo, e a
mettersi nelle condizioni di agire in esso; la percezione un atto vivo,
4

In ogni colore cio contenuta la totalit dei colori: allorch si manifesta un colore si
gi aperta la totalit del campo sensibile, poich <una qualit sensoriale pu essere soltanto
in un campo sensoriale, e pi esattamente, un colore dato sensorialmente in un campo
visuale sensoriale> [LU I, 253] Se un colore pu manifestarsi soltanto allinterno di un
campo sensibile in quanto insieme di differenze allinterno di una omogeneit complessiva,
allora ci significa che il campo sensibile deve essere presupposto, con il che cade
limpostazione che sta alla base della filosofia di Hume. Si assume invece una prospettiva
basata su un certo innatismo virtuale. Il campo innato, ma non si apre senza la presenza di
un colore. Il colore singolo non per nulla di isolato, ma un composto, contiene in se
stesso la totalit dei colori, poich tra i colori vi una somiglianza complessiva che
permette, partendo da un colore, di risalire a tutti gli altri: <Tutti i singoli colori - scrive
Husserl - si danno come reciprocamente simili relativamente al genere, sono appunto tutti
colori, e tuttavia in particolari serie di somiglianza emerge una particolare somiglianza con
qualcosa di particolare in comune.> Quando questa somiglianza si realizza e qualcosa
emerge come un che di unitario parliamo di fusione, che dunque non altro che una
particolare, pi intensa somiglianza allinterno di un sistema complessivo di somiglianze
costituito dal campo. (Lestetica trascendentale fenomenologica. Sensibilit e razionalit
nella filosofia di Edmund Husserl, di Vincenzo Costa, Vita e Pensiero, Milano 1999, p.
170)

12

animato, che opera differenziazioni sensibili innanzitutto in quanto esse


sono salienti, interessanti, in quanto fanno differenza per il soggetto. La
sintesi sensoriale non ha niente di affine con il mettere certi dati in certe
scatole categoriali, ma ha piuttosto laspetto di un autocollocarsi vivente del
soggetto sensibile. Campo sensibile e dati iletici rappresentano per cos dire
gli estremi idealmente nominabili al di l e al di fuori dellesperienza come
puri presupposti dellesperire percettivo. Ma ovviamente tale descrizione e
non pu che essere unastrazione a posteriori dal darsi di oggetti percettivi.
- Veniamo cos ad un punto essenziale per tutta la discussione successiva:
come abbiamo gi cominciato ad intuire la percezione non niente di
statico, ma presuppone unattivit del soggetto. Questa attivit non va
concepita in senso astratto, come in Kant, quale attivit ideale; per Husserl
il motore essenziale della percezione dato dalle cosiddette cinestesi, cio
dai moti propriocepiti che accompagnano ogni decorso percettivo.5 Se
prendiamo la vista vediamo che locchio ha a fuoco sempre un tratto molto
ristretto del campo visivo, ma conserva coscienza percettiva di un ambito
molto pi ampio grazie alla continua motilit dellocchio. Locchio percorre
continuamente superfici e spigoli, curve ed ombreggiature, discriminando
ed unificando nel processo le articolazioni del campo visivo. La psicologia
cognitiva odierna ha ampiamente esplorato il ruolo della motilit oculare
nella discriminazione ed identificazione degli oggetti visivi: in assenza di
moti saccadici (micromovimenti involontari dellocchio) nessun oggetto si
staglia visivamente, ed anzi nessun dato visivo si manifesta.6 Chi voglia
5

Alle Kinsthesen, jede ein Ich bewege, Ich tue, sind miteinander in der universalen
Einheit verbunden, wobei kinsthetisches Stillhalten ein Modus des Ich tue ist. Offenbar
sind nun die Aspekt-Darstellungen des jeweils in Wahrnehmung erscheinenden Krpers
und die Kinsthesen nicht Verlufe nebeneinander, vielmehr spielen beide so zusammen,
dass die Aspekte nur den Seinssinn, nur die Geltung als Aspekte des Krpers dadurch
haben, dass sie als die von den Kinsthesen, von der kinsthetisch-sinnlichen
Gesamtsituation, in jeder ihrer ttigen Abwandlungen der Gesamtkinsthese durch InsSpiel-setzen der oder jener Sonderkinsthese, kontinuierlich gefordert sind und die
Forderung entsprechend erfllen. (Die Krisis der Europischen Wissenschaften und die
transzendentale Phnomenologie. Eine Einleitung in die phnomenologische Philosophie,
von Edmund Husserl, Den Haag, Martinus Nijhoff, 1954, p. 108-9).
6
In questo senso non siamo daccordo con quanto scrive Costa: Poich, per, la
molteplicit dei luoghi non mai data senza una cinestesi e a sua volta nessuna cinestesi
data senza la molteplicit globale dei luoghi, si potrebbe pensare - ed cos che interpreta il
problema Ulrich Claesges - che, poich <il campo non nientaltro che il correlato di un
sistema cinestetico> e i dati-aspetto che hanno nella sfera visiva il carattere di dati
cromatici sono <possibili solo nellordinamento delluno accanto allaltro nella
contemporaneit>, <questo ordinamento quindi la forma nella quale la materia
sempre gi data>, per cui lorigine di questa forma, lorigine del campo visivo stesso va
ricercata nella struttura del sistema cinestetico. () una concezione simile era gi stata
teorizzata da Herbart che, nella sua Psychologie der Wissenschaft, scriveva che <locchio in
stato di quiete non vede alcuno spazio>. Secondo Herbart solo la successione molto
veloce delle sensazioni di qualit che d limpressione di qualcosa di contemporaneo, e
quindi dello spazio. - Si tratta per, a nostro parere, di una posizione inaccettabile poich,
se anche io non avessi alcuna facolt cinestetica il campo visivo avrebbe lo stesso le sue
posizioni, i suoi colori e le sue figure. Tutto ci non aspetta lintervento del sistema
cinestetico per delimitarsi reciprocamente, per ottenere risalto intuitivo. Che una macchia
rossa sia contigua con una macchia verde non dipende evidentemente dal sistema
cinestetico. (Costa, op. cit., p. 251) - In verit in assenza di motilit oculare neppure la

13

approfondire questo punto pu studiare il cosiddetto esperimento del


Ganzfeld o il cosiddetto fenomeno Troxler.
Husserl scopre il ruolo delle cinestesi osservando cosa avviene nel
riconoscimento percettivo di un oggetto spaziale: quando percepiamo un
oggetto abbiamo unaffezione sensibile circoscritta, ad esempio la visione
prospettica di tre lati di un cubo, che in effetti rinvia ad una consapevolezza
implicita intorno a come apparirebbe quellentit spaziale se noi ci
muovessimo intorno ad essa o se essa ruotasse. Nei termini di Husserl
questo si esprime dicendo che il presente sensibile adombra le prospettive
possibili che vi ineriscono; si chiamano dunque adombramenti le parti
latenti ma presagite delloggetto percepito (i lati nascosti del cubo, ecc.).
Questa osservazione pu essere estesa ad ogni affezione sensibile
circoscritta, visiva e non. Se riconosco al tatto una sedia come sedia lo
faccio in quanto alcuni tocchi mi consegnano unaffezione tattile locale che
mi suggerisce come mi devo aspettare che le parti delloggetto si sviluppino
nello spazio. Con qualche approssimazione questo punto pu essere
espresso come segue: ogni presente percettivo ci d una sorta di istantanea
sensibile che deve suggerire delle aspettative definite intorno a come
loggetto si comporter rispetto alle azioni del soggetto. In altri termini solo
una consapevolezza dello sviluppo temporale delloggetto di cui abbiamo
coscienza sensibile presente pu metterci in grado di riconoscere
percettivamente un oggetto. Rispetto allinsostenibile modello della
composizione di infiniti atomi sensibili in un oggetto percettivo, lanalisi
della percezione come esito cinestetico sostiene che la memoria delle cose
innanzitutto memoria dei loro modi di svilupparsi rispetto allazione del
percipiente. importante comprendere come tutto il percepire sia unattivit
del soggetto che implica motilit fisica sui generis. Studi successivi di
psicologia cognitiva, come ad esempio quelli svolti da Gibson, hanno
ampiamente esibito questo nesso tra motilit attiva e percezione. 7
Riconoscere una musica avendo sentito qualche nota significa sapere come
quelle note si sviluppano, come essa va avanti. Per riconoscere la
dimensione della profondit, necessaria per ogni giudizio visivo,
indispensabile far riferimento alle traslazioni della parallasse binoculare,
ovvero, indispensabile vedere come si muovono gli oggetti visivi gli uni
rispetto agli altri (alcuni occludono visivamente altri, di alcuni si scorge un
lato prima nascosto o la prosecuzione di una curvatura, alcuni si spostano
nel campo visivo pi velocemente di altri al nostro traslare, ecc.). - Perch le
cinestesi funzionino il soggetto deve essere sensibile ai propri moti, ma tale
sensibilit non deve essere oggetto tematico di coscienza: quando un
bambino impara a manipolare un giocattolo la sua attenzione va
contiguit tra macchie cromatiche si manifesta alla vista.
7
All perception involves a kind of self-sensitivity, and all perception involves
coperception of self and of environment. Gibson consequently distinguishes muscular,
articular, vestibular, cutaneous, auditory, and visual kinaesthesis. As for the latter, Gibson
argues that the very flow pattern of optical information provides us with awareness of our
own movement and posture: the world is revealed and concealed as the head moves, in
ways that specify exactly how the head moves. (Self-Awareness and Alterity. A
Phenomenological Investigation, by Dan Zahavi,
Northwestern University Press, Illinois, 1999, p. 102)

14

integralmente al giocattolo, anche se lapprensione percettiva del giocattolo


avviene attraverso la memoria procedurale di come il proprio corpo
(occhi, mani, postura, ecc.) si relaziona alloggetto. Questo, si noti per
inciso, opera una semplificazione drammatica nel tipo di informazione da
apprendere: mentre nel modello empiristico per ogni sensazione
discriminabile ci dovrebbe essere ununit mnestica che la immagazzina, in
una percezione dominata dalle cinestesi tutte le entit percettiva vengono
apprese innanzitutto in quanto vengono normalizzate in un codice
unitario, dato appunto dalla motilit propria. In questottica si scorge anche
come la percezione, ed in generale lapprensione della realt tutta, abbiano
bisogno di riferirsi alla dimensione della corporeit vivente, del corpo
vissuto dal soggetto agente (Leib). La percezione dei corpi, cio di oggetti
inanimati tematizzati percettivamente, presuppone per poter avvenire una
relazione costante al Leib, alla corporeit vivente, primariamente in quanto
vissuta in prima persona.
- Ogni qual volta percepiamo un oggetto, ci si d al tempo stesso ununit
sensibile presente (la parte delloggetto percettivamente saliente al
presente e ponentesi in primo piano) e poi vengono appercepiti una serie di
sviluppi cinestetici possibili implicati da quella datit sensibile. Tali
sequenze di sviluppi (adombramenti) sono ci che Husserl chiama
lorizzonte interno delloggetto percepito.8 Tuttavia per ogni oggetto
percepito si d non solo un orizzonte interno, ma anche un orizzonte
esterno, che consiste nel campo di cose cui la cosa attualmente percepita fa
riferimento come possibili implicazioni percettive.9 La nozione di orizzonte,
interno ed esterno, manifesta la natura fondamentalmente latente di ci che
Husserl chiama mondo, e che n pi n meno ci che il linguaggio
comune chiama mondo, soltanto compreso e pensato. In effetti ciascuno di
noi sa, se vi riflette un momento, che il mondo in cui ciascuno di noi vive
non un oggetto, n pu mai essere un oggetto. Cionondimeno, noi non
possiamo dubitare che un mondo ci sia, anche se nessuno ha propriamente
mai visto il mondo, n mai potr vederlo: la natura del mondo quella di un
orizzonte di sviluppi percettuali possibili impliciti nelloggetto percettivo di
8

Ich drcke das etwa so aus: das reine Sehding, das Sichtbare vom Ding, ist zunchst
seine Oberflche, und diese sehe ich im Wandel des Sehens einmal von dieser Seite und
einmal von jener, kontinuierlich wahrnehmend in immer wieder anderen Seiten. Aber in
ihnen stellt sich fr mich in einer kontinuierlichen Synthese die Oberflche dar, jede ist
bewusstseinmig eine Darstellungsweise von ihr. Darin liegt: whrend sie aktuell gegeben
ist, meine ich mehr, als sie bietet. () Also die Wahrnehmung hat jeweils
bewusstseinmig einen ihrem Gegenstand (dem jeweils in ihr gemeinten) zugehrigen
Horizont. (Husserl, Krisis, p. 160-1)
9
Und wie das einzelne Ding in der Wahrnehmung nur Sinn hat durch einen offenen
Horizont mglicher Wahrnehmungen, sofern das eigentlich Wahrgenommene auf eine
systematische
Mannigfaltigkeit
mglicher
ihm
einstimmig
zugehriger
wahrnehmungsmiger Darstellungen verweist, so hat das Ding noch einmal einen
Horizont: gegenber dem Innenhorizont einen Auenhorizont, eben als Ding eines
Dingfeldes; und das verweist schlielich auf die ganze Welt als Wahrnehmungswelt. Das
Ding ist eines in der Gesamtgruppe von simultan wirklich wahrgenommenen Dingen, aber
diese Gruppe ist fr uns bewutseinsmig nicht die Welt, sondern in ihr stellt sich die
Welt dar, sie hat als momentanes Wahrnehmungsfeld fr uns immer schon den Charakter
eines Ausschnittes von der Welt, vom Universum der Dinge mglicher Wahrnehmungen.
(Husserl, Krisis, p. 164-5)

15

volta in volta attualmente tematizzato. Sarebbe utile a questo proposito


riflettere sulla nozione scientifica di universo, con le sue aporie: come
possiamo concepire la finit delluniverso? E come la sua infinit? Per
decidere scientificamente la questione se luniverso sia finito od infinito,
classica questione cosmologica, dobbiamo aver chiaro il significato della
nozione, e tale chiarezza proprio quanto di norma manca nella posizione di
domanda cosmologica.
- importante ora comprendere come latto cognitivo apparentemente pi
elementare, cio il riconoscimento percettivo di un oggetto, ci sveli una
dimensione necessaria ed insieme enigmatica, quella della coscienza
temporale. Quando ciascuno di noi percepisce un oggetto identificandolo ci
collochiamo in una dimensione costitutivamente diacronica: riconosciamo
un oggetto in quanto sappiamo per averlo appreso (passato) come certe
datit sensibili si sviluppano cinesteticamente e perci ci aspettiamo
(futuro) che il presente sensibile sia indice di quella sequenza di sviluppi
(adombramenti) in un generale contesto di rimandi ad altre unit sensibili
potenzialmente esplorabili (orizzonte). In altri termini, il riconoscimento
percettivo (cio il percepire in senso proprio) vede qualcosa in quanto
appercepisce una dimensione consaputa delloggetto presente, cio in
quanto si inoltra in un intorno passato e futuro del presente sensibile, senza
di cui il presente sensibile non ci direbbe nulla. Se la percezione fosse una
mera coscienza istantanea del puro presente, non si darebbero affatto oggetti
percettivi, n contenuti di coscienza in genere. Lintenzionalit percettiva
che si rivolge ad una salienza sensibile la considera reale nel senso che
esercita unaffezione sul soggetto indipendentemente dalle volont
specifiche del soggetto (Husserl chiama questo essere reale con il termine
real). Tuttavia perch questa datit che esercita affezione sia percepita
come un qualcosa di definito essa deve diventare oggetto intenzionale
(Husserl parla a questo proposito di unentit reell, e non real). Oggetti
intenzionali si danno solo in quanto lintenzionalit interpreta la realt
sensibile immanente (real) attraverso una consapevolezza sedimentata che
colloca quella salienza in un contesto che in senso stretto rimane latente.
- Lanalisi delle cinestesi ci mette anche in grado di intendere in che
senso il riempimento dellintenzione che per Husserl rappresenta il
momento dellevidenza (percettiva innanzitutto) possa essere inteso come
rapporto di copertura tra due intenzioni: lintenzione riempiente (intuitiva)
quella che viene suscitata reattivamente dallaffezione prodotta dai dati
iletici; in altri termini lintenzione vuota, che in parte assoggettabile
allattivit del soggetto nella forma della fantasia, dellipotesi,
dellimmaginazione, della proiezione, viene verificata da intenzioni
suscitate in maniera completamente passiva, sulla scorta di una peculiare
reattivit del soggetto che anchessa comprensibile in termini cinestetici,
anche se questi ultimi non dominabili dal soggetto. Lintuizione
lintenzione immediatamente suscitata dal sostrato sensibile-iletico, non
per questo sostrato stesso. In questo senso si risolve il problema
delleterogeneit tra soggetto ed oggetto, mente e materia sensibile.

16

SEZIONE III.
A questo punto siamo in grado di introdurre il tema fondamentale del
tardo percorso husserliano, ovvero la natura strutturalmente ed
inevitabilmente temporale di ogni datit, a partire dalla datit percettiva. La
temporalit nozione enigmatica per la filosofia da sempre. Tale
enigmaticit cos primaria ed elementare da restare spesso incompresa
anche per persone di formazione filosofica consistente. Ci sono molti sensi
tecnici in cui la temporalit un enigma, ma ce n uno semplice e lampante
che richiede solo un momentaneo cambiamento di prospettiva, e che deriva
immediatamente dalle analisi husserliane che abbiamo seguito. Vorremmo
esprimerci cos: tutto il mondo che per noi esiste e conta sempre
costitutivamente assente, salvo, episodicamente, una sua microscopica
sezione locale. Nel nostro vivere quotidiano noi pretendiamo di vivere nel
mondo, nella storia, nel nostro paese, in un susseguirsi di generazioni, ecc.,
ma ci che abbiamo di volta in volta tuttal pi come oggetto di coscienza in
atto una trascurabile fettina spaziotemporale (per dire, lo schermo del mio
computer alle 19.07 di un gioved invernale). (Prima di aver finito di
scrivere la frase erano gi le 19.08). Virtualmente tutto il contenuto del
mio mondo latente; esso pertiene ad una dimensione di implicazioni
passate e future date alla coscienza come orizzonti.
Lanalisi husserliana della temporalit si svolge a pi riprese
nellarco di tutto il suo percorso di pensiero: i primi scritti sul tema sono del
1893, gli ultimi del 1934. Se teniamo presente le analisi della percezione
cos come le abbiamo introdotte possiamo immediatamente scorgere gli
estremi di alcune essenziali considerazioni sulla temporalit. Innanzitutto la
nozione classica di presente deve essere rivista profondamente: il presente
non un istante, un punto temporale, un infinitesimo privo di forma e
dimensione, al contrario il presente reale cos come esso si d alla coscienza
immanente del percepire unestensione dinamica. Pensiamo al risuonare di
una nota in un brano musicale; in certo senso potremmo dire che ad essere
presente sensibilmente soltanto un certo picco di frequenza determinato,
una sezione istantanea della durata di una nota, ma chiaro che non cos si
d il fenomeno in questione: la nota viene percepita come ununit
diacronica unitariamente connessa con il suo immediato passato e
presagente un immediato sviluppo futuro. La nota che sentiamo ha in s
come riverbero una coda data dalle note precedenti, che rendono
interpretabile in un modo determinato la nota attualmente risonante. Cos
come durante una dettatura siamo in grado di sentir risuonare le parole
appena dettate dopo che esse sono state di fatto emesse e sulla scorta di
questo risuonare possiamo di fatto seguire la dettatura trascrivendone le
verbalizzazioni, cos nellascolto di una musica la nota attualmente sensibile
interpretata come appartenente ad una configurazione diacronica la cui
parte passata rimane immediatamente a disposizione come parte
inabissatasi del suono presente. In altri termini il presente percepito un
presente esteso, innanzitutto esteso nella direzione del passato: Husserl
chiama ritensione questa propaggine appena trascorsa dellevento
percettivamente in atto. Le ritensioni non sono propriamente eventi passati,

17

ma si danno come premessa consaputa dellistante presente: le ritensioni


dunque sono parte costitutiva del presente percepito, anche se non sono pi
a rigore tematicamente presenti. Quando ho tematicamente presente la terza
nota di una canzone mantengo in presenza ritensiva la prima e la seconda
nota, il cui decorso danno unit interpretativa alla nota presente in atto.
Il presente, tuttavia, non solo esteso in modo immanente in
direzione del passato, ma anche in direzione del futuro: quando ascolto un
brano musicale noto in anticipo senza sforzo volontario le note a venire, le
quali, non meno delle note che permangono come ritensione, contribuiscono
a definire lidentit di ci che attualmente percepito. Queste propaggini
immediatamente disponibili in direzione del futuro ed immanenti
nellattualmente avvertito sono chiamate da Husserl protensioni. Bisogna
che sia ben chiaro che ritensioni e protensioni di norma operano
nellimmanenza del percepire presente senza essere affatto tematizzate come
momenti temporali: ci vuole uno sforzo specifico per focalizzare il fatto che
lappena trascorso permane in immediata disponibilit in rapporto al dato
sensbile in atto, e parimenti noi ci rendiamo conto del sussistere ubiquo di
protensioni immanenti al percepire solo attraverso lesperienza della
sorpresa percettiva: se cammino per strada il decorso sensomotorio dei miei
passi si dispiega in una rete di protensioni non tematizzate, ad esempio
facendomi attendere la presenza di terreno solido allimpatto del piede nel
prossimo passo; se tutto procede in modo normale non divento mai
consapevole di aver avuto una aspettativa immanente circa il rapporto tra
il moto della mia gamba e la natura del terreno su cui cammino, ma se per
caso metto un piede in fallo e ci che pareva terreno solido si rivela essere
una profonda pozzanghera, in tal caso e solo in tal caso la valenza della
protensione si manifesta, e lo fa nella forma del disappunto, della sorpresa;
la sorpresa mi rivela che avevo unaspettativa, di cui non avrei saputo nulla
se tutto fosse andato liscio. - Deve essere parimenti chiaro che le ritensioni
non sono ancora passato vero e proprio, n le protensioni sono
propriamente futuro. Passato ci che viene tematizzato come collocabile
in una certa posizione nel succedersi degli eventi, ma le ritensioni operano
in modo non tematico; di pi, le ritensioni sono ci che consente di
collocare un evento in una certa posizione del succedersi degli eventi e
perci sono precondizioni al costituirsi di ci che chiamiamo passato. Allo
stesso modo futuro propriamente detto ci che viene collocato
prospetticamente in modo consapevole come evento successivo al passato
ed al presente, ma nella protensione tale dimensione tematica consapevole
assente: le protensioni sono un presupposto perch vi sia qualcosa come il
futuro.
Concetti come passato, futuro o oggetto percettivo sono oggetti
intenzionali costituiti. La nozione di costituzione una delle pi importanti
in ambito fenomenologico e dovremmo provarci a chiarirla. Ogni oggetto
intenzionale costituito dallintenzionalit che ad esso si dirige; ci non
vuol dire affatto che lintenzionalit crea gli oggetti intenzionali. Nelle
Ricerche Logiche Husserl introduce la nozione di intenzionalit come potere
costituente, ma lo fa in un senso statico tale per cui unentit manifesta
stratificazioni di senso che si danno solo per un soggetto che vi si dirige

18

intenzionalmente:10 costituzione non n restituzione realistica di qualcosa


di preesistente, n creazione idealistica delloggetto. Il senso in cui la
coscienza costituente nella prima fase della riflessione husserliana pu
essere esemplificato in questo modo: quando vediamo un oggetto con le sue
forme e colori, ci che vediamo non potrebbe darsi nel modo in cui si d se
non per un soggetto dotato di vista; non che loggetto visivo sia creato
dagli occhi, ma in un mondo dove tra gli organi di senso non ci fossero
occhi non si darebbero in alcun modo oggetti visivi, dunque, potrebbero
esserci frequenze di onde elettromagnetiche ma non colori. In questo senso
loggetto visivo costituito dal soggetto vedente, ma non creato, in quanto
per costituirlo il vedente deve rivolgersi ad un sostrato sensibile che produce
unaffezione nei suoi confronti. Questo livello danalisi verr nominato in
seguito da Husserl come fenomenologia statica, in contrasto con una
fenomenologia genetica di cui diremo tra poco. La fenomenologia statica
rivela lesistenza di oggetti intenzionali e di stratificazioni di senso
nellintenzionalit, tali per cui certi significati possono essere intenzionati
solo sulla scorta di altri significati. 11 Ad esempio, possiamo individuare
qualcosa come un animale solo se siamo anche in grado di individuare
oggetti materiali, e possiamo individuare oggetti materiali solo se siamo
anche in grado di individuare unit spaziotemporali: dunque lintenzione
rivolta ad unit spaziotemporali fonda lintenzione rivolta ad oggetti
materiali che fonda a sua volta lintenzione rivolta ad animali. O, con un
altro esempio, lintenzione rivolta ad una radice quadrata fondata in quella
rivolta a divisione/moltiplicazione, che a sua volta fondata (tra laltro) in
quella capace di rivolgersi a numeri naturali. Questo significa che se siamo
in grado di individuare una radice quadra siamo anche in grado di
individuare numeri naturali (ma non viceversa). Questa prima nozione di
10

Fangen wir mit einer Rekapitulation von Husserls vor-transzendentalen berlegungen


zum Konstitutionsbegriff an, die wir in den Logischen Untersuchungen finden knnen.
Dort vertritt Husserl die These, dass unser Gerichtetsein auf einen Gegenstand von
konstitutiver Natur ist. Unsere Intentionalitt ist zugleich eine Leistung, nmlich ein
Aufbau des Objektes in seiner gegenstndlichen Identitt. Wie wir schon erwhnt haben,
blieb die Frage nach der objektiven Wirklichkeit in diesem phnomenologischen Anfangsund Durchbruchswerk aber ausgeschaltet, weshalb der Konstitutionsbegriff durch eine
ontologische Neutralitt charakterisiert war. Konstitution besagte weder realistische
Restitution noch idealistische Produktion, sondern war einfach eine formale Beschreibung
des Aufbaus des intentionalen Objektes. (Husserl und die transzendentale
Intersubjektivitt. Eine Antwort auf die sprachpragmatischeKritik, von Dan Zahavi, Kluwer
Academic Publishers, Dordrecht - Boston - London, 1996, p. 88).
11
Die verschiedenen Formen und Typen des Bewusstseins knnen schon in der statischen
Phnomenologie als stufenmssig zusammengehende Konstitutionsschichten erkannt
werden wie etwa die Folge immanente zeitliche Einheiten Phantome Naturdinge
Animalien. Aber es handelt sich dabei um eine rein statische Schichtung, um eine
teleologische Fundierungsordnung, in der die obere Stufe auf der nchst untern aufruht. Das
Fundierungsverhltnis besteht korrelativ in den noetischen Bewusstseinsakten und in den
noematischen Aktinhalten. Fundiert im Gegensatz zu schlicht gegeben heisst, was
wesensmssig unselbstndig ist und zu seiner Existenz eines andern bedarf. Das
Fundierungsverhltnis ist ein idealgesetzlicher Zusammenhang, und kein
realgesetzlicher Kausalnexus, bei dem die untere Stufe die nchsthhere kausal bzw.
motivational hervorbringt. Den motivationalen Zusammenhngen geht erst die genetische
Phnomenologie nacHusserl (Holenstein, op. cit., p. 27)

19

costituzione viene tuttavia a complicarsi nel prosieguo della riflessione, in


quanto loggetto intenzionale si rivela come qualcosa che emerge dallo
stratificarsi di vissuti di coscienza; costituzione assume ad un certo punto
un senso di genesi temporale che prima non era presente: gli strati che
fondano non sono semplicemente da considerare come logicamente pi
comprensivi degli strati fondati, ma come vissuti temporalmente preliminari
agli strati fondati. Lidea ora che non semplicemente un fatto di struttura
logica che non si possa comprendere loperazione di radice quadrata se non
si compreso il concetto di numero naturale; si tratta ora di dire che
lesperienza concettuale dei numeri naturali deve essersi gi data in ordine
temporale affinch la nozione di radice quadra diventi accessibile. 12
importante notare ora come il rapporto tra concetto fondato e concetto
fondante si presenti differente nel caso di unanalisi fenomenologica statica
oppure genetica. In unanalisi statica si procede in modo trascendentale nel
senso kantiano del termine: una certa nozione emerge come condizione di
possibilit di una certa altra nozione; dunque, per dire, lesperienza di unit
spaziotemporali condizione di possibilit perch qualcuno possa percepire
un corpo vivente. Il nesso analitico procede da un certo dato alle sue
condizioni di possibilit e ci comporta che tale nesso sia di natura
necessaria: impensabile che si possa percepire un gatto senza poter
percepire corpi nello spazio e nel tempo. Se per guardiamo a questa stessa
relazione dal punto di vista genetico vediamo come il rapporto non sia pi
necessario, ma motivazionale: percepire unit spaziotemporali motiva in
modo generico e non cogente a percepire anche corpi viventi (che rispetto
alle mere unit spaziotemporali hanno anche ulteriori qualit specifiche).
Con motivazione Husserl intende ogni tipo di relazione causale tra
contenuti di coscienza;13 un contenuto meno specifico motiva lemergere
di un contenuto pi specifico, nel senso che genera una via preferenziale
allapprendimento di quel contenuto pi specifico, tuttavia il nesso
motivazionale non affatto un nesso necessario. Il nesso motivazionale
12

Indem die Phnomenologie der Genesis dem ursprnglichen Werden im Zeitstrom, das
selbst ein ursprnglich konstituierendes Werden ist, und den genetisch fungierenden
sogenannten Motivationen nachgeht, zeigt sie, wie Bewusstsein aus Bewusstsein wird,
wie dabei im Werden sich immerfort auch konstitutive Leistung vollzieht, so der
Bedingtheitszusammenhang zwischen Motivanten und Motivaten oder der notwendige
bergang von Impression in Retention [Husserl E., Analysen zur passiven Synthesis, p.
340]
13
Motivation in diesem ersten und allgemeinen, noch durchaus vorlufigen Sinn deckt alle
Wirkungszusammenhnge in der Domne der reinen Erlebnisse. () Das Weil der
Motivation (Id II 229) drckt weder eine Naturkausalitt aus noch einen logischen Grund.
() Wichtiger freilich ist noch die Einsicht Husserls, dass in der transzendental reduzierten
Sphre des reinen Bewusstseins der Strom der intentionalen Erlebnisse allein und
ausschlielich durch das Weil der Motivation geregelt ist. () In dieser Kontrastierung
von Kausalitt und Motivation ist ein Doppeltes gesagt; einmal: Der phnomenologische
Begriff des Motives bezieht sich nicht auf die transzendente Realittssphre, sondern
allein auf die rein phnomenologische Sphre; zum anderen: Der phnomenologische
Grundbegriff der Motivation gehrt nicht allein und nicht einmal vorwiegend in eine
Theorie menschlicher Praxis - vielmehr ist er so weit zu denken, dass er nicht nur die
Beweggrnde lebenspraktischen Verhaltens, sondern alle Beziehungen in der rein
phnomenologischen Sphre umfasst, die sich sprachlich durch ein Weil-So artikulieren
lassen. (Rang, op. cit., p. 114-5)

20

quello che guida il fare esperienza nel tempo e quindi anche la costituzione
temporale (genetica) dei concetti, che appare perci come un sistema di
possibilizzazioni (Ermglichungen): una certa esperienza apre alla
possibilit che un'altra esperienza maggiormente qualificata si dia, ma non
implica che tale ulteriore livello di esperienza si debba dare.
A questo punto per dobbiamo porci la domanda fondamentale
intorno alla temporalit: essa parte da unosservazione chiave: la
successione temporale qualcosa che si d soltanto per una coscienza; ora,
se la successione temporale si d soltanto per la coscienza, la coscienza
stessa ha una temporalit? Proviamo a chiarire. Losservazione di partenza
di per s un enigma: cosa significa dire che successione temporale si d
soltanto per una coscienza? Significa che affinch due eventi possano essere
collocati come uno dopo laltro c bisogno di qualcosa che li riconosca
come posti uno dopo laltro, e tale riconoscimento pu essere compiuto
soltanto da una coscienza. A questo punto prevedibile che qualcuno possa
insorgere chiedendo perch mai non potremmo dire di due eventi temporali
qualsiasi che sono in s e per s collocati in una certa sequenza: chi
potrebbe negare che leruzione del vulcano precede di per s la caduta dei
lapilli, a prescindere dalla presenza di alcun essere cosciente? Qui il terreno
si fa scivoloso: secondo la nozione di causalit efficiente comunemente
adottata incluso nel concetto di causa che se A causa B, allora A precede
B; perci se leruzione causa i lapilli, allora leruzione precede i lapilli.
Tuttavia partire dalla nozione di causa significa mettere troppa carne al
fuoco, innanzitutto in quanto non chiaro se la nozione di causa debba
essere considerata pi fondativa, meno fondativa o indipendente rispetto alla
nozione di successione temporale. Secondo una visione come quella classica
di Hume, la nozione di causa derivata da quella di successione temporale,
e dunque non sarebbe metodologicamente corretto rispondere a problemi
relativi alla successione temporale attraverso nessi di natura causale.
Restiamo perci sul piano della natura della successione: due eventi
possono essere ordinati temporalmente di per s, senza riferimento ad una
relazione che li connette? Sembra proprio di no: se non siamo in grado di
porre in relazione due eventi non possiamo ordinarli. Ma una relazione di
ordinamento pu essere istituita in senso puramente obiettivo? Se una pietra
P1 ne urta una seconda P, lasciando una tacca e poi una seconda pietra P2
urta sempre P, lasciandovi unaltra tacca, ed ora guardiamo P, c qualcosa
che ci racconta dellordine degli urti in cui P stata coinvolta? Abbiamo due
tacche, ma non abbiamo niente che ci dica in quale ordine si sono verificate
(ovviamente se le tacche sono parzialmente sovrapposte ci sono analisi
balistiche che ci permetterebbero di fare inferenze sulla successione delle
tacche, ma non questo il punto). Altrettanto, se lo stesso succedersi di urti
fosse stato filmato, potremmo dire che il film conserva in s linformazione
relativa allordine di successione dei due eventi? Niente affatto: il film in un
certo istante presente avr alcune tracce su di s (impressioni sulla pellicola,
ad esempio) e queste tracce possono essere lette come indici di una
successione, ma di per s sono solo tracce simultaneamente sussistenti su di
un supporto. Ed ammettiamo pure, sempre in assenza di coscienza, che ci
fosse una macchina che faccia girare la pellicola: questo cambierebbe la

21

natura dellinformazione registrata su di essa? Ora avremmo


semplicemente una replica della situazione originaria: per poter stabilire che
due eventi che appaiono nella proiezione del film sono in una determinata
relazione di successione dovremmo avere qualcosa che li pone in relazione
di successione; quando avviene il primo evento, il secondo non c,
quando avviene il secondo il primo non c, per porli in ordine di
successione ci deve essere qualcosa che li pone in relazione, ma non
qualsivoglia relazione (ad esempio essi possono essere in relazione spaziale
come tracce in punti diversi della pellicola): essi devono essere posti in
relazione temporale. E perch due eventi siano posti in relazione temporale
necessario che qualcosa mantenga la consapevolezza di un evento come
passato mentre ne percepisce un altro come presente: non c modo di
evitare il riferimento a termini che implicano coscienza. In termini
obiettivistici il passato non esiste: esso semplicemente il supposto
antecedente causale della datit presente, ma di per s il passato non ha
alcun grado di esistenza, in quanto non sta da nessuna parte. In termini
obiettivistici essere ed essere presente sono sinonimi.
Questo tema viene dapprima esaminato da Husserl sulla scorta di
alcune analisi di Alexius Meinong secondo cui una successione di presenze
non ancora la presenza di una successione; il che vuol dire appunto che
un presente + un presente + un presente non fa una successione, in quanto ci
vuole unistanza (per Meinong un presente) in cui la successione come tale
si dia tutta quanta. Secondo Meinong ci pu essere ottenuto solo se una
coscienza sintetizza passato e futuro in un istante presente. Husserl contesta
questultimo punto sulla scorta della suddetta analisi della temporalit
immanente, con il fungere di ritensioni e protensioni: la coscienza non va
concepita come un presente istantaneo, ma essa stessa ununit mobile;
ogni istante gi sempre collocato per la coscienza in una sequenza
attraverso un continuum di nessi con limmediatamente passato e
limmediatamente atteso. Intendere la coscienza percettiva come presente
vivente, che conserva in validit le ritensioni e si protende verso
limmediato a venire, consente effettivamente di fare un passo decisivo
rispetto allimpostazione di Meinong, in cui rimaneva oscuro come la
coscienza presente potesse porre la successione temporale come tale; in
effetti, se la coscienza fosse semplicemente un ulteriore evento esistente in
quanto presente, essa non avrebbe una condizione diversa da quella della
pellicola su cui gli eventi succedutisi possono anche aver lasciato tracce, ma
non perci determinano un ordine temporale. La chiave di tutto il fatto che
la coscienza vivente e che il presente che essa pone appunto un presente
vivente, non un punto-istante.
I termini vita e vivente giocano un ruolo di grandissima
importanza nella concettualit husserliana, pur non assurgendo mai a veri e
proprio termini tecnici. Su ci ritorneremo, ma va subito notato che il
riferimento alla vita va inteso da un lato in un senso tecnico, legato proprio
alla natura costitutivamente ritentivo-protensiva della coscienza: la
coscienza pu porre successioni perch non registrazione passiva, ma
perch conserva ci che per essa era saliente ed ha aspettative intorno a ci
che si verificher; in altri termini, la coscienza pone un presente vivente in

22

quanto ci che si manifesta sensibilmente ha importanza per un essere che


preferisce e differisce, desidera e conserva. Dallaltro lato, per, la vitalit
del presente vivente come la vita menzionata nellespressione mondodella-vita, dicono qualcosa di pi e di solo parzialmente determinato: si
tratta di un fattore generativo che ciascuno esperisce in prima persona e che
non semplice afferrare concettualmente in modo esaustivo.
Ora, per, una volta compreso, almeno parzialmente, in che senso la
coscienza indispensabile alla determinazione della successione temporale,
dobbiamo porci la domanda che ne segue, e cio: la coscienza
temporizzante, quella che tiene in relazione vivente gli eventi e che perci
consente che essi appaiono secondo il prima ed il dopo, essa stessa un
evento temporale? E nei termini precipui dellanalisi husserliana: la
relazione tra presente sensibile, ritensioni e protensioni una relazione che
avviene nel tempo? Di primo acchito, sul piano strettamente logico, sembra
che ci non sia ammissibile: se la coscienza che pone la successione
temporale fosse temporale essa stessa avremmo gli estremi per un regressus
ad infinitum. Infatti chiaro che se la coscienza temporizzante viene
considerata come una sequenza che si dispiega nel tempo, ci pu essere
vero solo se c unulteriore coscienza per la quale gli atti della prima
coscienza compaiono come successione di eventi, e cos via ad infinitum.14
Tuttavia, anche asserire che la coscienza temporizzante non si dispiega nel
tempo risulta problematico, non fosse altro perch i singoli eventi che
vengono posti in successione dalla coscienza sono essi stessi oggetti della
coscienza: se percepisco A dopo B dopo C, A, B e C sono oggetti per la
coscienza percipiente e porli come temporali in quanto eventi reali, ma
come intemporali in quanto eventi di coscienza sembra altamente
controintuitivo. Husserl tenta una prima soluzione distinguendo due
modalit di intenzionalit ritenzionale, la prima, detta intenzionalit
trasversa rivolta agli oggetti come costanti al variare dei modi di datit, la
seconda, detta intenzionalit orizzontale rivolta ai modi di datit degli
oggetti.15 In altri termini, lintenzionalit trasversa si rivolgerebbe
14

Husserl makes a plea for the non-temporality of absolute time-consciousness in this


text. The stream of absolute consciousness is itself not a process. Absolute consciousness is
itself non-temporal (Hua X, 333). - Many interpreters have pointed to the importance of
Husserls position in this text. The reason put forth in the literature for Husserls assertion
that absolute time-consciousness is itself not of a temporal nature is that he would face a
serious problem if he had insisted on the temporality of absolute time-consciousness. The
problem is that of an impending infinite regress. In absolute consciousness, immanent
objects are constituted as unities in immanent time. If absolute consciousness itself is also
of a temporal nature, this seems to presuppose a new consciousness in which the unity of
absolute consciousness is constituted. For this new consciousness, the same would be true,
and so on ad infinitum. (Phenomenology of Time. Edmund Husserls Analysis of TimeConsciousness,
by
Toine
Kortooms,
Kluwer
Academic
Publishers,
Dordrecht/Boston/London 2002, p. 98-9)
15
In his attempt to make this notion of self-constitution intelligible, Husserl distinguishes
two forms of retentional intentionality at work in the stream of consciousness, namely
retentional transverse intentionality and retentional horizontal intentionality (Hua X, 380).
The transverse intentionality plays a role in the constitution of immanent temporal objects
of the stream of consciousness, for example, a sensation-tone. The horizontal intentionality,
so to speak, goes with the flow of the stream. It underlies the constitution of the stream of
absolute consciousness itself as an immanent temporal object. In other words, the

23

alloggetto percettivo, ad esempio alla visione di una sedia e la


conserverebbe come la medesima sedia al succedersi dei suoi modi di darsi,
lintenzionalit orizzontale si rivolgerebbe ai modi di darsi, agli
adombramenti della sedia, e ne rileverebbe il succedersi. Lintenzionalit
orizzontale consentirebbe alla coscienza di essere cosciente di se stessa
come temporale. Non ci soffermiamo tuttavia ad analizzare questa soluzione
perch essa verr abbandonata da Husserl. Anche se la distinzione tra queste
due forme di intenzionalit viene lasciata cadere, qualcosa di implicito nel
tentativo di introdurre tale distinzione rimane e crea la via per definire una
soluzione. Per poter asserire che la coscienza temporizzante non si dispiega
nel tempo Husserl ritiene per un certo periodo di dover sostenere che la
coscienza in questione essa stessa inconscia, giacch se fosse conscia
sembra inevitabile dover affermare che ci che si dispiega in essa si svolga
in successione (introducendo un regresso ad infinitum). In effetti Husserl
comprende come a porre gli eventi in successione sia la loro tematizzazione:
solo nel momento in cui prendo coscienza di una serie di eventi (posti nel
mondo o posti allinterno della coscienza), solo allora essi si configurano in
un ordine di successione. Tuttavia questo atto intenzionale tematizzante non
crea lordine, ma riconosce lordine che si costituito nel gioco di ritensioni
e protensioni. Quando la ritensione si delinea noi non ne siamo
tematicamente consapevoli, e peraltro se non ci rivolgiamo mai ad essa non
diveniamo neppure mai consapevoli del suo posizionamento passato: la
condizione enigmatica della coscienza temporizzante data dallessere
composta di due momenti, uno che costituisce lassociazione originaria
(Urassoziation) e che, in termini freudiani, diremmo non essere inconscio
ma preconscio, ed un secondo momento tematizzante che porta il
preconscio a coscienza. Per Husserl rimane a lungo enigmatico come la
costituzione della scansione temporizzante originaria attraverso protensioni
e ritensioni sia in qualche modo al tempo stesso conscia ed inconscia: non
pu essere propriamente conscia perch altrimenti abbisognerebbe di una
coscienza ulteriore che la rendesse tale, introducendo un regresso infinito,
ma non pu essere neppure inconscia, perch altrimenti non ne sapremmo
nulla e non potremmo utilizzarla per ordinare gli eventi. Non vale a nulla
dire (il che certamente vero, ma inesplicato) che noi possiamo rivolgerci
alla ritensione e recuperarla a coscienza tematizzandola, giacch per poter
svolgere unoperazione del genere noi dobbiamo in qualche modo sapere
che la ritensione c e come possiamo recuperarla, dunque non possiamo
ammettere che la ritensione era davvero inconscia. La chiave interpretativa
gli si offre nel momento in cui, analizzando le ritensioni scopre che una
transverse intentionality is the intentionality that ensures that one and the same immanent
temporal object is given in the successive modes of givenness in the stream of absolute
consciousness, and the horizontal intentionality is the intentionality that ensures that these
successive modes of givenness themselves are retained. On the basis of this latter
intentionality, every mode of givenness may appear itself, and the succession of the modes
of givenness can appear as a temporal unity. The distinction between these two forms of
retentional intentionality allows Husserl to draw the conclusion that the stream of absolute
consciousness in which immanent temporal objects are constituted is of such a nature that,
in it, an appearance of this stream itself is possible. The self-appearance of the stream does
not require a new underlying stream, on the contrary, it constitutes itself as a phenomenon
in itself (Hua X, 381). (Kortooms, op. cit., p. 100-101)

24

ritensione pu essere recuperata in modo passivo: una nota che risuona in


lontananza ad un volume troppo flebile per attrarre la mia attenzione pu
dun tratto entrare nella coscienza come nota che perdurava (dunque come
ritensione) nel momento in cui un aumento di volume la rende saliente.
Questo significa che esiste una modalit di associazione passiva che
costituisce la base per un recupero attivo della ritensione, senza bisogno che
il contenuto della ritensione fosse preliminarmente disponibile alla
coscienza. A questo punto il quadro diventa pi chiaro: in ogni atto di
coscienza il soggetto tematicamente cosciente del proprio oggetto ed al
tempo stesso consapevole in modo non tematico dei propri atti, il che
fornisce la continuit proto-temporale tra ritensioni e protensioni. Questo
significa che, come avevamo anticipato, la successione temporale prodotta
dalla coscienza, ma non prodotta dallio. Al contrario lio come capacit di
rivolgersi riflessivamente ai propri stessi vissuti, come egoit riflettente,
un prodotto del funzionamento della coscienza temporizzante originaria.
Perci la successione temporale, pur essendo letteralmente prodotta dalla
coscienza non in alcun modo a disposizione degli atti volontari dellio; che
la temporalit possa esistere solo per una coscienza non significa in alcun
modo che la temporalit sia una creazione del soggetto: il soggetto a sua
volta un costituito nel continuum proto-temporale della coscienza e del suo
presente vivente. Noi possiamo riflettere in quanto abbiamo acquisito la
capacit di rivolgerci alle nostre ritensioni (e catene di ritensioni)
tematizzandole, che ci che chiamiamo riflessione. Una volta tematizzate,
le ritensioni sono riconosciute come collocate in un certo ordine rispetto al
presente e questo ci che chiamiamo passato. Un discorso affine, ma per
alcuni versi pi complesso da fare per le protensioni: anche in questo caso
la tematizzazione di ci che si d immanentemente come protensione
costituisce ci che chiamiamo futuro. Alcune cose sono rimaste per in
sospeso e le tratteremo a seguire: in primo luogo non ben chiaro qual il
rapporto tra ritensioni e protensioni e qual dunque il contenuto proprio
delle une e delle altre (e di conseguenza di passato e futuro). In secondo
luogo non chiaro cosa vuol precisamente dire tematizzazione; possiamo
usare come suo sinonimo obiettivazione, ma questo non ci porta molto
avanti: perch passato e futuro si costituiscano in senso proprio ritensioni e
protensioni devono essere obiettivate, ma cosa significa obiettivare? In terzo
luogo dovremo provarci a chiarire, almeno a grandi linee, in che senso
possiamo davvero pensare che la successione temporale dipende dalla
coscienza, visto che ci sembra destabilizzare la nostra intera visione del
mondo fisico.
Cominciamo dal rapporto tra ritensioni e protensioni. Secondo
Husserl le ritensioni motivano le protensioni. Di primo acchito semplice
capire cosa si intende: il contenuto delle protensioni non pu che derivare da
ci che stato esperito, cio dai vissuti (Erlebnisse) ritenuti nelle
ritensioni.16 Questo ci introduce ad alcuni concetti sottili, ma
16

In Appendix I, Husserl speaks of retention as the motivation for protention (Hua


XXXIII, 18). He even refers to protention as an inverted retention (Hua XXXIII, 17). - If
these two claims are combined, they raise a question concerning the beginning of the
process of constitution of time. At the beginning of such a process, retentions of already
past phases of the process are lacking. Consequently, protentions are also lacking. This, in

25

importantissimi: le ritensioni non hanno direzione intenzionale, ma sono ci


che fornisce il contenuto dellintenzionalit; in questo senso le ritensioni
costituiscono la matrice di ci che Husserl chiamer sintesi passiva e che
rappresenta il processo di costituzione primario di tutti i contenuti della
coscienza intenzionale oltre che della soggettivit stessa. Nonostante
lapparenza protensioni e ritensioni non sono processi simmetrici: mentre la
ritensione non ha alcuna direzione intenzionale, la protensione ce lha: essa
ricerca riempimento intenzionale in contenuti ritensionali. Questo per ci
porta a chiederci qual sia la natura propria della protensione in senso
originario, cio, idealmente, prima che la prima sequenza ritensiva si sia
sedimentata. La protensione in questo senso appare come il motore della
temporalit in quanto si dirige gi sempre in una direzione priva di
contenuto, nella direzione della finalit, del futuro in quanto luogo ideale
delle aspettative. La protensione, nella misura in cui gi informata dalla
ritensione, attende un riempimento che innanzitutto di natura percettiva;
tuttavia, ad un livello di complessit superiore, la protensione anche ci
che ricerca riempimento intenzionale come recupero di ricordo. Nonostante
il concetto di intenzionalit della coscienza e quello di protensione non
siano concetti sovrapponibili, in quanto hanno un uso descrittivo diverso
anche chiaro che le protensioni sono un antecedente genetico
dellintenzionalit in generale. La nozione di intenzionalit si dimostra
progressivamente nellanalisi di Husserl come qualcosa che ha essa stessa
una fase di costituzione, in cui la scansione proto-temporale di ritensioni e
protensioni rappresentano il momento costituente originario. Le protensioni,
in effetti, non possono essere motivate in senso stretto solo dal contenuto
ritentivo, in quanto oltre al contenuto dobbiamo indicare la tendenza
immanente alla protensione stessa, la tendenza teleologica che possiamo
supporre disponibile anche per la prima protensione, prima che un
qualunque contenuto si sia strutturato ritensivamente. Questa tendenza
appunto la vita, lessere proteso-a, lessere-alla-ricerca-di, lessere
bisognoso e desiderante anche in assenza di alcuna intuizione circa quale
contenuto si possa rivelare appagante. In effetti in questottica possiamo
anche capire quella cosa altrimenti enigmatica che la selettivit della
dimensione ritensiva: non tutto ci che si d sensibilmente viene a costituire
contenuto di ritensione (e poi di una sequenze di ritensioni, di abiti); ma
questo significa che la ritensione non mero accumulo di datit sensoriali,
ma assimilazione di unit sensoriali in quanto appaiono come direzionate,
essendo organizzabili secondo ordinamenti dotati di senso. Per esprimere
questo punto nel vecchio linguaggio della psicologia associativa, la
turn, means that primally presenting consciousness cannot yet occur either. () In the light
of this state of affairs, the presupposition of a primal succession of hyletic data, which
occur and are subject to original modification (Hua XXXIII, 13), is inevitable. One has to
assume a hyletic process in the primal stream without the constitution of time yet taking
place. Original retentional modifications, on the basis of which protentional directedness
subsequently has been brought about, can an actual process of time-constitution come into
action. This process, of course, need not be an attentive, grasping one. Husserl himself
raises the question to what extent the initial retentional modification is already a real
retentional consciousness (). The beginning of the hyletic process is in a peculiar sense
unconscious (Hua XXXIII, 17). (Kortooms, op. cit., p. 179)

26

ritensione trattiene innanzitutto ci che viene rinforzato da un


appagamento successivo, e tale appagamento dipende dal soddisfacimento
di protensioni che originariamente sono del tutto vuote. Questo gioco di
rimando continuato tra protensione e ritensione il presente vivente che
unifica originariamente lesperienza e costituisce la temporalit ed ogni
contenuto intenzionale.17 Questo ci conduce alle porte della questione
fondamentale da cui eravamo partiti, cio la dipendenza della temporalit
dalla coscienza: da quanto detto emerge che temporalit pu darsi solo per
una coscienza in quanto solo una coscienza dotata di una dimensione
teleologica, di una spinta verso il futuro. Obiettivisticamente la nozione
stessa di una pulsione in direzione del futuro, di ci che non esiste in
nessuna forma, quanto di pi misterioso. Proviamo a pensarlo in senso
biologico: cosa significa che un organismo avverte-il-bisogno-di? Se ha gi
avuto unesperienza di appagamento possiamo supporre che avverta il
bisogno di qualcosa di cui trattiene traccia mestica, tuttavia anche in tal caso
qualcosa manca nel quadro, giacch desiderare qualcosa, aver bisogno di
qualcosa non equivale semplicemente ad uno stato chimico che
alloccorrenza predisposto a raggiungere un certo equilibrio attraverso la
congiunzione con un complemento: in un vivente lequilibrio ricercato,
voluto, bramato, desiderato, e quando emerge esperito come appagante,
soddisfacente. Il di pi che c in questo quadro e che sfugge ad ogni
resoconto in terza persona dato dalla pulsione senziente nei confronti degli
stati che si succedono. Il vivente, si pu dire, ha cura di s e modifica se
stesso (ad es. si muove) in vista di un appagamento. Nei C-Manuskripte
Husserl nomina questa funzione come autoaffezione della coscienza.18 Qui
17

die Funktionsgegenwart bleibt stetig anonym, weil sie immer dem Blick vorausliegt; sie
ist in aller reflexiven Selbstgegenwart proteniert, ohne dass diese Protention jemals in
urimpressionale Gegebenheit berginge. Die wesenhafte Unbekanntheit des Zuknftigen,
die noch in jedem anderen Konstitutionszusammenhang potentiell als typische
Vorbekanntheit erfahren werden konnte, diese Unbekanntheit ist am reflexiv protenierten
Ich fungiere unaufhebbar. () Das prsentierende Ich drngt aber darauf, Unbekanntes
seines Zukunftshorizontes in gegenstndliche Impressionalhabe zu verwandeln. So befindet
es sich in dauernder Selbstkonstitution. Diese ist der teleologische Proze der
Vereinheitlichung des intentionalen Lebens selbst; denn Konstitution heit Zeitigung durch
Gegenwrtigung
von Einheiten. Nicht nur die Welterfahrung, sondern auch die
Selbsterfahrung hat also als Streben nach Vereinheitlichung eine elementare teleologische
Struktur. () In diesem Sinne fragt sich Husserl (und bejaht diese Frage) Drfen oder
mssen wir nicht eine universale Triebintentionalitt voraussetzen, die jede urtmliche
Gegenwart als stehende Zeitigung einheitlich ausmacht und konkret von Gegenwart zu
Gegenwart forttreibt, derart dass aller [gegenstndliche] Inhalt Inhalt von Trieberfllung ist
und vor dem Ziel [= der Urprsentation] intendiert ist. () Es folgt weiterhin: Die
radikalisierte Reflexion auf die Urgegenwart des letztfungierenden Ich drngt teleologisch
darauf, auch diese ichliche Gegenwart als gegenstndliche Einheit vor ihr Schauen und
Fassen zu bringen und dadurch die letztmgliche Vereinheitlichung des intentionalen
Lebens erfahrbar zu machen. Das Gelingen dieses Vorhabens wrde aber die Teleologie
selbst, den Motor der Protentionalitt, zum Stillstand bringen. (Lebendige Gegenwart, von
Klaus Held, Martinus Nijhoff, Den Haag 1966, p.132-3)
18
Husserls description of the structure of inner time-consciousness, his analysis of the
primary-showing-together-with-retention-and-protention () is an analysis of the structure
of the pre-reflective self-manifestation of our acts and experiences. Thus, Husserls position
is relatively unequivocal. () Is it possible to specify the nature of this primary selfmanifestation, this absolute experiencing, any further? The terminology used, and the fact

27

proprio la natura del vivente in quanto senziente ad essere decisiva: ben


prima di essere auto-cosciente il proto-soggetto avverte se stesso e
linterazione tra le proprie iniziative sensomotorie ed il mondo-ambiente
(Um-welt) come continuamente pertinente a s ed importante,
interessante, vitale. Questa condizione di vivente-senziente genera
protensioni vuote, o, se vogliamo, bisogni vivamente sentiti che non sanno
di cosa hanno bisogno: questa la cellula generativa irriducibile del futuro.
Il futuro qualcosa che non sta da nessuna parte ed in questo senso non pu
essere legittimamente concepito come obiettivato. (In questo senso una
sciocchezza il modo in cui il futuro viene spesso concettualizzato
nellambito della riflessioni della tradizione analitica, cio come una
disgiunzione di mondi possibili: in questo modo si crea lillusione che il
futuro se ne stia da qualche parte in forma di mondo possibile nel cui novero
latto presente dovrebbe semplicemente sceglierne uno. Questa
concettualizzazione fuorviante allorigine di numerosi paradossi legati alla
verit di eventi futuri.) La dimensione protensiva, che sta allorigine del
futuro, ci che fa della ritensione qualcosa pi di una registrazione: la
ritensione trattiene in-vista-di.
A questo punto giunto il momento di tentar di affrontare il punto
iniziale, intorno al rapporto tra temporalit della coscienza e temporalit in
s. Dobbiamo dire subito che si tratta di un punto non compiutamente
risolto nella riflessione husserliana. Ci che Husserl ci dice che la
temporalit in s, in quanto temporalit obiettiva del passato e del futuro,
emerge come tematizzazione (obiettivazione) del decorso proto-temporale
rappresentato dal continuum di ritensioni e protensioni. Il punto
metafisicamente problematico tuttavia viene lasciato (comprensibilmente)
inevaso: che dire della successione temporale primaria? Una volta compreso
che la scansione proto-temporale di protensioni e ritensioni non in alcun
modo nei poteri dellio, ma al contrario un presupposto perch lio
cosciente e riflettente emerga, questo non ci dice ancora quale sia il rapporto
tra la coscienza primaria per-riflessa (protensioni e ritensioni) e la
temporalit in s e per s. Il dubbio sollevato in precedenza sulla base del
funzionamento della causalit rimane in piedi: se, come sembra, dobbiamo
concludere che la temporalit in s dipende dal continuum di coscienza
delineato dal presente vivente di ritensioni e protensioni, non sembra affatto
chiaro come dobbiamo regolarci con tutte le relazioni ontologiche consuete,
basate su rapporti causali. Con lesempio di cui sopra: non sembra certo
dipendere dalla coscienza che i lapilli cadano dopo leruzione. Qui per le
cose si fanno davvero intricate, intricate al punto che una loro trattazione in
questi limiti sarebbe decisamente inopportuna. Tuttavia, per non lasciare la
questione del tutto inevasa, possiamo formulare questo breve ragionamento:
that we are confronted with an unthematic, implicit, immediate, and passive occurrence,
which is by no means initiated, regulated or controlled by the ego, suggests that we are
dealing with a type of passive self-affection. This interpretation is occasionally adopted by
Husserl, for instance, in the manuscript C 10 (1931), where he speaks of self-affection as an
essential, pervasive, and necessary feature of the functioning ego, and in the manuscript C
16, where he adds that I am ceaselessly (unaufhrlich) affected by myself. (SelfAwareness and Alterity. A Phenomenological Investigation, by Dan Zahavi, Northwestern
University Press, Illinois, 1999. p. 71)

28

la coscienza come presupposto allordinamento secondo il prima ed il dopo


chiaramente non ha alcun potere causale nei confronti degli eventi
delluniverso nel loro complesso (quantomeno, nulla di come i fenomeni si
manifestano alla coscienza suggerisce un tale potere); ora per la questione
diventa: dobbiamo ritenere che lordinamento proprio della causalit
efficiente sia coincidente con la scansione temporale per puro accidente?
Questa armonia prestabilita suona di primo acchito improbabile, cos
improbabile da richiedere ipotesi alternative. Una prima ipotesi alternativa
potrebbe constare di una riconduzione della temporalit alla causalit,
dunque, se la temporalit in effetti dipende dalla coscienza, dovrebbe
constare di una riconduzione della coscienza alla causalit: protensioni e
ritensioni pongono lordine che pongono perch questo lordine universale
della causalit. Questa ipotesi per ha molti problemi di fondo, a partire dal
problema esposto sin dallinizio dalla fenomenologia: le relazioni obiettive,
tutte le relazioni obiettive, inclusa la causalit, non possono essere trattate
come se potessero sussistere indipendentemente dalla coscienza. Ci sono a
proposito molti argomenti che mostrano come una determinazione della
nozione di causalit esiga un riferimento alla nozione di azione soggettiva
(vedi Georg von Wright). C per almeno unaltra ipotesi da prendere in
considerazione, unipotesi metafisicamente pi ardita e le cui condizioni di
verifica-falsifica non sono ovvie da concepire, ma al tempo stesso unipotesi
compatibile con molte delle cose che sappiamo, sia sul piano
fenomenologico che fisico. Potremmo immaginare che le relazioni che noi
chiamiamo causalit efficiente siano semplicemente il sottinsieme,
compatibile con la scansione temporale determinata dalla coscienza, di un
insieme di relazioni di influenza (causali in un senso non direzionato), tale
per cui non sia sempre solo il caso che lantecedente modifichi il
conseguente. Per come la nostra coscienza esiste, porre le condizioni per
una verifica di relazioni causali inverse (dal futuro al passato) sembra
impossibile in quanto concettualmente non organizzabile; ci non toglie che
situazioni in cui episodicamente ed in modo non controllabile la relazione
causale manifesta apparenti inversioni si danno sul piano della microfisica
quantistica. Questo ovviamente non ancora sufficiente a presentare una
teoria completa del rapporto tra causazione e temporalit, tuttavia rende
quantomeno possibile farsi unimmagine di una situazione in cui la
temporalit a tutti gli effetti un prodotto della coscienza, senza che ci
implichi n una riduzione della temporalit a causazione, n un armonia
prestabilita tra direzione causale e direzione temporale, n un riduzione
idealista della causalit a prodotto della coscienza.

29

SEZIONE IV
In precedenza abbiamo sollevato il problema della natura
delloggettivit e dellobiettivazione. Nellesposizione noi preferiamo
distinguere oggettivit (oggettivazione) da obiettivazione in un modo che
non ha un riscontro esplicito nel senso husserliano, pur essendo coerente
con quanto lui dice: oggettivit segnala la validit di qualcosa a
prescindere da quale singolo soggetto sia cosciente di esso; in questo senso
la nozione di oggettivit affine a quelle di verit e realt. Per
obiettivazione intendiamo il processo con cui qualcosa posto come
oggetto, cosalizzato, reificato, considerato come se fosse una cosa
presente al soggetto, distinta dal soggetto e circoscrivibile da esso. Mentre
vero che ogni cosa obiettivata ha anche validit oggettiva, non vero che
per avere validit oggettiva qualcosa deve essere obiettivato: possiamo
parlare del dolore o della rabbia, intenderci su tali concetti e rappresentarli
come oggettivamente validi, senza che essi debbano mai darsi od essere
concepiti come cose.
Come la tematica della temporalit, anche quella delloggettivit
scaturisce da unanalisi della percezione. Come abbiamo visto il
riconoscimento di un oggetto percettivo esige che esso sia considerato
sempre come ununit di qualit e parti adombrate, ma non presenti, che si
dispiegano idealmente nel tempo per unesplorazione sensomotoria: la casa
che vedo insieme la datit sensibile focalizzata di unarea limitata del
campo visivo (es.: parte di una facciata), la datit sensibile sfocata di
unarea ampia del campo visivo (es.: tutta la facciata ed i giochi di luce che
suggeriscono la profondit dietro alla facciata), e poi la totalit delle altre
parti e qualit che sappiamo apparirebbero se potessimo muoverci attorno e
dentro la casa in tutti modi possibili (adombramenti). Ora per il riferimento
alla dimensione ideale (mai davvero esperibile) di tutti i possibili
adombramenti di un oggetto ci indica una direzione dindagine finora
trascurata: nel momento in cui noi percepiamo un oggetto in quanto tale, noi
vi conferiamo un carattere essenziale di alterit, o, come Husserl si esprime,
di trascendenza. La trascendenza delloggetto nei termini di Husserl indica
la sua esistenza al di l delle esperienze immanenti al soggetto: loggetto
percepito si d come trascendente, nel senso che si d come esistente oltre
(trans) i limiti della soggettivit a cui si d. Loggetto concepito come
esistente in s e persistente anche se io non ne ho percezione in atto. Il
problema di fronte a cui Husserl si pone il medesimo tradizionalmente
discusso da Berkeley: qualcosa in senso fondamentale soltanto se
percepito da qualcuno (esse est percipi); ma allora cosa ci fa dire che la mia
scrivania nello studio ora chiuso e buio continua ad esistere? La risposta di
Berkeley (del vescovo Berkeley) fu notoriamente la seguente: la scrivania,
cos come lalbero che ora cade in una foresta disabitata, esistono in quanto,
pur non essendo esperiti in atto da nessun soggetto umano sono sempre
percepiti da Dio, che perci il soggetto assoluto per cui tutte le cose
continuano ad esistere come sostanze in s sussistenti. Ora, se consideriamo
il riferimento a Dio quanto al suo contenuto gnoseologico, e non per le sue
connotazioni religiose, dobbiamo dire che ci che Berkeley chiama Dio,

30

essenzialmente corrisponde alla totalit degli sguardi soggettivi possibili sul


mondo.19 Questa totalit chiaramente una totalit ideale, uninfinit
assunta come tale al di l di ogni proiezione realistica: quando noi pensiamo
a qualcosa che nelluniverso esiste in s, anche se nessuno ha ancora
poggiato locchio su di esso, noi stiamo concependo quella cosa come
linsieme di tutte le possibili esperienze che idealmente dei soggetti
potrebbero trarne. Lati nascosti, struttura interna, relazioni implicite
vengono tutti considerati esistenti in s se supponiamo (implicitamente) che
essi potrebbero essere portati alla luce da un soggetto collocato rispetto a
quellentit in modo adeguato. Ci vale per ciascun oggetto nel mondo e per
il mondo come totalit universale. Ogni entit ritenuta reale e non evidente
in presenza costitutivamente concepita come potenzialmente data per una
pluralit infinita di soggetti. Si noti di passaggio che un solo soggetto, sia
pure cognitivamente onnipotente (Dio), non sarebbe sufficiente a questa
visione, in quanto le componenti latenti o assenti del reale si danno come
accessibili simultaneamente per infiniti punti di vista, mentre la nostra
concezione tradizionale della deit la rappresenta come ununit personale,
una persona, e non come una pluralit di persone, cui sola pu corrispondere
una disponibilit simultanea di pi punti di vista. Vediamo cos come nella
nostra ordinaria percezione di oggetti sia implicito non solo un riferimento
ad una temporalit costituente, ma anche ad unintersoggettivit costituente.
Il problema a questo punto tuttavia : se dobbiamo ricondurre
loggettivit ad una validit intersoggettiva ideale, come dobbiamo
concepire il costituirsi di tale intersoggettivit che opera immanentemente in
ciascun soggetto? In altri termini, siccome ciascuno di noi percepisce
oggetti reali (entit trascendenti) anche da solo, senza altri soggetti presenti,
chiaro che la soggettivit per cui soggetti si danno ha in s una dimensione
intersoggettiva. Tuttavia capire come tale dimensione intersoggettiva sia
emersa un altro problema che Husserl non risolve in maniera del tutto
compiuta e soddisfacente. Il punto realmente problematico per Husserl
sembra essere il seguente: se per percepire un oggetto in quanto tale io devo
avere in me una dimensione intersoggettiva, ci pu accadere in due modi
possibili, o ho fatto esperienza di altri soggetti incarnati e per questa via ho
costituito (introiettato) una modalit di considerazione intersoggettiva,
oppure lintersoggettivit gi sempre componente trascendentale della
natura di ciascun soggetto. Ora, Husserl tende ad oscillare tra le due
soluzioni, in quanto da un lato sembra chiaro che lesperienza concreta
dellAltro sia necessaria per sviluppare capacit, come la riflessione verbale,
che paiono legate alla valutazione oggettiva; ci sarebbe compatibile con
19

Mit anderen Worten, es scheint eine Beziehung auf fremde Subjektivitt im Spiel zu
sein, wenn von einer Mannigfaltigkeit von ko-existierenden Abschattungen gesprochen
wird! Die Unvertrglichkeit der ko-existierenden Abschattungen wird durch das Fremdich
vertrglich; dieses kann nmlich die ko-existierende und mir abwesende Abschattung
prsent haben. Die mitgegenwrtigte Abschattung lsst sich also als das noematische
Korrelat der Wahrnehmung eines Fremdichs verstehen. () Die Auslegung des Horizontes
fhrt uns also dem Anschein nach zum mglichen Anderen, und insofern einer allein nicht
genug ist, letztlich zu einer infiniten Pluralitt von mglichen Anderen, die Husserl
gelegentlich als die offene Intersubjektivitt bezeichnet. (Husserl und die transzendentale
Intersubjektivitt. Eine Antwort auf die sprachpragmatische Kritik, by Dan Zahavi, Kluwer
Academic Publishers, Dordrecht - Boston - London, 1996, p. 38-9)

31

lidea di una genesi dellintersoggettivit immanente alla soggettivit


attraverso unesperienza costitutente. Daltro canto, per, al fine di porre
lesperienza concreta dellAltro come costituente necessario percepire
laltro come reale, trascendente, come unalterit irriducibile al nostro
proprio giudizio e perci capace di porre la trascendenza degli oggetti come
indipendenza dallessere esperiti da un singolo soggetto.20 Ma questo
sembra creare un circolo vizioso: per percepire qualcosa come trascendente
devo aver introiettato lintersoggettivit, il che mi rimanda ad unesperienza
dellaltro soggetto come percetto trascendente. (A rigore e per completezza
bisognerebbe ricordare che Husserl considera due tipi di trascendenza, una
trascendenza primordiale, che non dipende dallintersoggettivit, ed una
seconda trascendenza come oggettivit, che invece ne dipende. La
trascendenza primordiale indica lesperienza di consapevolezza che ci che
percepiamo ha alterit: se tocco una superficie la avverto come qualcosa che
non sono io, che sta al di l di me stesso, anche se per non attribuisco
alcuna realt in s alle qualit che percepisco, le quali invece possono
esistere come tali solo per unintersoggettivit ideale). per questa ragione
che Husserl sembra propendere in molti tra gli ultimi testi per una
concezione
trascendentale
dellintersoggettivit,
tale
per
cui
lintersoggettivit fungente nella soggettivit non frutto di esperienza.21
20

Husserls radikale These lautet nun, dass die Transzendenz der Objektivitt auf die
Transzendenz des Anderen bzw. auf den eigentmlichen entziehenden Charakter meiner
Fremderfahrung konstitutiv zurckbezogen ist. Erst durch die apprsentative Gegebenheit
eines fremden Ichs lsst sich etwas konstituieren, das in seinem Geltungsanspruch meine
Eigenexistenz transzendiert. () Obwohl ein enger Zusammenhang zwischen
Intersubjektivitt und Wirklichkeit tatschlich besteht - der brigens negativ so formuliert
werden kann, dass dem, was prinzipiell nicht von Anderen erfahren werden kann, auch
nicht Transzendenz und Objektivitt zugeschrieben werden kann - erfahre ich doch unter
normalen Umstnden auch das als wirklich und objektiv, das ich faktisch allein erfahre, und
zwar ohne dass der Andere irgendeine Rolle zu spielen scheint. Dies wird implizit sogar
von Husserl selbst zugestanden, denn er schreibt, dass die dem Gegenstandssinn verknpfte
Geltungsstruktur des Fr-jedermann-erfahrbar-Seins nicht verschwindet, wenn eine
universale Pest mich allein gelassen htte. - Hier mu indessen zwischen zwei Phasen in
unserer konkreten Fremderfahrung unterschieden werden, nmlich zwischen unseren
ursprnglichen Erfahrungen der Ur-Anderen einerseits, die die Konstitution von
Objektivitt, Wirklichkeit und Transzendenz permanent ermglichen, und allen
anschlieenden Fremderfahrung eben zu spt kommen, um die Konstitution von
Objektivitt und Transzendenz zu ermglichen, heit das nicht, dass sie transzendental
gesehen bedeutungslos sind. Sie ermglichen zwar nicht lnger die Konstitution von
Geltung, sie knnen sie aber einlsen. Anders formuliert: Obwohl meine einsame
Erfahrung von Baum im Wald eine Erfahrung von einem wirklichen und objektiven Baum
ist, sind diese Geltungskomponenten zunchst blo signitiv gegeben. Erst indem ich
erfahre, dass Andere denselben Baum erfahren, wird der objektive Geltungsanspruch
meiner Erfahrung intuitiv eingelst. (Ibidem, p. 28-9)
21
<Subjektivitt nur in der Intersubjektivitt ist, was sie ist: konstitutiv fungierendes Ich>
(6/175). Eine Feststellung, die die berraschende Konsequenz nach sich zieht, dass es nicht
nur sinnvoll ist, von einer Pluralitt transzendentaler Iche zu sprechen, sondern auch
notwendig. Und zwar nicht nur, weil eine konstitutive Erklrung der Welt, der
Transzendenz und der Objektivitt es fordert, sondern weil das transzendentale Ich
notwendigerweise kein singular tantum ist! () Wenn die Intersubjektivitt eine
Mglichkeitsbedingung des konstitutiven Fungierens ist, wird es natrlich eher
unverstndlich, wie die Intersubjektivitt selbst - Husserls gewhnlichem Gedankengang
gem - als Konstituiertes betrachtet werden kann. (Ibidem, p. 55)

32

Nella Krisis il tema viene affrontato in un modo lievemente


eccentrico rispetto alla presente esposizione; Husserl formula dapprima un
paradosso tale per cui lessere soggetto del soggetto (la sua capacit di avere
oggetti per s), se si risolve nella natura intersoggettiva del soggetto pare
produrre un paradosso nella misura in cui consideriamo tale natura
intersoggettiva un risultato dellintersoggettivit in senso empirico, cio
dellumanit di fatto: il paradosso suona cos:
Die universale Intersubjektivitt, in die sich alle Objektivitt, alles berhaupt
Seiende auflst, kann offenbar doch keine andere sein als die Menschheit, die
unleugbar selbst ein Teilbestand der Welt ist. Wie soll ein Teilbestand der Welt,
ihre menschliche Subjektivitt, die ganze Welt konstituieren, nmlich konstituieren
als ihr intentionales Gebilde? () Der Subjektbestand der Welt verschlingt
sozusagen die gesamte Welt und damit sich selbst. Welch ein Widersinn.22

Avremmo cos il controsenso di una parte del mondo (gli esseri


umani di fatto) che fonda lessere stesso del mondo. Rispetto a questa
formulazione del paradosso Husserl ha buon gioco a mostrare come
lintersoggettivit universale non si manifesta affatto come umanit
empirica: il soggetto in quanto funge da corrispettivo intenzionale del
mondo come oggetto intenzionato non si sa come membro della specie
homo sapiens pi di quanto non si sappia come italiano o tedesco; il
soggetto costituente una funzione anonima (Husserl parla di ego anonimo
fungente), che ignora completamente le proprie caratteristiche materiali.
Questa considerazione certamente corretta, ma non risolve integralmente il
problema, in quanto lorigine della facolt (e propensione) soggettiva di
considerare il mondo come se fosse costituito come universale esperibilit
da parte di tutti i soggetti possibili, potrebbe ancora essere frutto di
esperienze intersoggettive di fatto. Certo, nel parlare di un essere frutto di
esperienze di fatto non possiamo intendere una semplice riproduzione
empiristica dellesperienza: la soggettivit esperisce il reale in modi che non
sono mai mero rispecchiamento. Qui in effetti si pone una questione
profonda nella teorizzazione husserliana, su cui torneremo fra breve, ovvero
lorigine delle unit ideali dellesperienza. chiaro che lintersoggettivit
immanente alloggettivit percepita ha la natura di unidea, di un eidos,
unessenza, e dovremmo chiarire come Husserl intende la possibilit di
apprendere unit essenziali sulla scorta di esperienze contigenti, ma per ora
limitiamoci a ribadire che il problema dellorigine (e della natura)
dellintersoggettivit fungente nella soggettivit non risulta univocamente
chiarita.
Notiamo di passaggio come la posizione che supporta una natura
trascendentale dellintersoggettivit fungente, sostenuta in forma esemplare
nelle Meditazioni Cartesiane, ma argomentata gi in precedenza, stata
oggetto di virulente critiche da parte di molti fenomenologi, tra i quali
spiccano Scheler e Merleau-Ponty. La posizione di Husserl non peraltro
del tutto consolidata; egli sostiene anche che lesperienza materiale
dellaltro come Leib, come corpo vivente, sia essenziale per lo strutturarsi
22

Husserl, Krisis, p. 183, 53 [p. 206 tr. It.].

33

intersoggettivo della soggettivit singola, tuttavia questa esperienza non


sarebbe esperienza diretta dellaltro come soggetto, cio come potere di
porre noi stessi come oggetti. Lunico corpo che si darebbe originariamente
come corpo vivente sarebbe il corpo proprio, il corpo vissuto dallinterno e
noi saremmo in grado di attribuire allaltro soggettivit soltanto attraverso
un processo inferenziale. Tale processo inferenziale dipenderebbe
dallesperienza fondamentale del toccante-toccato (esperiente-esperito): il
nostro corpo vissuto come esperiente si manifesta talora anche come corpo
esperito, corpo-oggetto; se tocco la mia mano sinistra con la mano destra
posso esperire il mio corpo al tempo stesso come esperiente e come esperito,
e tale esperienza mi metterebbe sulla strada per compiere un appaiamento
(Paarung) tale per cui al corpo dellaltro verrebbe attribuita soggettivit, la
capacit di intenzionare oggetti. Tale analisi verr per efficacemente
criticata ad esempio da Max Scheler, per cui linferenza dal mio corpo a
quello altrui come portatore di soggettivit non pu basarsi su di una
qualche somiglianza tra il corpo mio e quello altrui, visto che tale
somiglianza sarebbe del tutto implausibile, se escludiamo lipotesi
inconsistente di unubiqua esperienza di s ed altri allo specchio (infatti, il
mio corpo vissuto, in assenza di specchi, non assomiglia affatto ai corpi
viventi che vedo nellambiente, non si manifesta in forme simili).
Un secondo modo in cui Husserl cerca di argomentare a sostegno
dellidea che lintuizione della dimensione intersoggettiva trova posto tra i
poteri intenzionali del soggetto sulla scorta della sola esperienza soggettiva
primordiale (cio solitaria, privata) viene svolta nella Krisis attraverso
lidea di una sintesi temporale: cos come nel ricordo noi presentifichiamo
esperienze che sono state esperite da noi stessi, ponendo perci noi stessi
come soggetti distanti e distinti dal soggetto fungente che ora siamo, nello
stesso modo possiamo accedere allintersoggettivit come spostamento del
soggetto che siamo in unaltra collocazione spaziotemporale.23 Anche questo
tentativo di soluzione per appare claudicante, giacch il processo di
rammemorazione, nella forma in cui noi prendiamo coscienza delle
esperienze come qualcosa di attribuibile a noi stessi in un altro tempo e
luogo, non affatto unesperienza primordiale, se primordiale vuol dire
antecedente alla costituzione delloggettivit (e dunque prima
23

Wahrnehmung eines Anderen, eines anderen Ich, fr sich selbst Ich wie ich selbst. Das
wird analogisch verstndlich, wenn wir von der transzendentalen Auslegung der
Wiedererinnerung her schon verstehen, dass zum Wiedererinnerten, zum Vergangenen (das
den Seinssinn einer vergangenen Gegenwart hat), auch ein vergangenes Ich jener
Gegenwart gehrt, whrend das wirkliche originale Ich das der aktuellen Prsenz ist, zu
der, ber das als gegenwrtige Sachsphre Erscheinende hinaus, auch die Wiedererinnerung
als prsentes Erlebnis gehrt. Also das aktuelle Ich vollzieht eine Leistung, in der es einen
Abwandlungsmodus seiner selbst als seiend (im Modus vergangen) konstituiert. Von hier
aus ist zu verfolgen, wie das aktuelle Ich, das strmend stndig gegenwrtige, sich als
durch seine Vergangenheiten hindurch dauerndes in Selbstzeitigung konstituiert. Ebenso
konstituiert das aktuelle Ich, das schon dauernde der dauernden Primordialsphre, in sich
einen Andern als Andern. Die Selbstzeitigung sozusagen durch Ent-Gegenwrtigung (durch
Wiedererinnerung) hat ihre Analogie in meiner Ent-Fremdung (Einfhlung als eine EntGegenwrtigung hherer Stufe - die meiner Urprsenz in eine blo vergegenwrtigte
Urprsenz). So kommt in mir ein anderes Ich zur Seinsgeltung, als komprsent, und mit
seinen Weisen evidenter Bewhrung, offenbar ganz anderen als denen einer sinnlichen
Wahrnehmung. (Krisis, p. 188-9, 54)

34

dellassunzione dello sguardo costituente intersoggettivo). Infatti, per poter


effettuare loperazione di astrazione di noi stessi come soggetti
dellesperienza passata e proiettarla analogicamente su altri, dobbiamo
aver gi unelaborata capacit riflessiva, inconcepibile senza la capacit di
oggettivazione: noi oggettiviamo noi stessi per costruire tale analogia.
Ad ogni modo, qualunque sia lorigine prima della natura
intrinsecamente intersoggettiva della soggettivit, le sue ripercussioni
sullautointerpretazione del soggetto e sul suo legame con la storia sono
massicce. Se mettiamo insieme le due analisi che si sono diramate da
uninvestigazione delloggettivit percepita, cio lanalisi della temporalit
e quella dellintersoggettivit, ne discende quasi immediatamente il tema
portante della Krisis, cio la fondamentalit della storia per
lautocomprensione delluomo. Se ogni significato, ogni oggetto
intenzionale si d soltanto come 1) una concrezione di sviluppi nel tempo; e
2) un luogo di esplorazione ideale disponibile per unintersoggettivit
infinita, ne segue che la Storia universale, come succedersi nel tempo di
eventi ed azioni di interesse intersoggettivo, rappresenta il naturale
palcoscenico per lontologia dellultimo Husserl. Tuttavia non tutto chiaro
in questa collocazione della storia; in particolare non chiaro quali chiavi
interpretative possiamo adottare per il dispiegarsi storico, giacch per
Husserl evidente che non possiamo rivolgerci agli eventi storici come se
fossero una fonte primaria e diretta di evidenze. Prima di rivolgerci al
tema della storia necessario chiarire alcuni punti essenziali nella
teorizzazione di Husserl, innanzitutto il metodo della descrizione
fenomenologica.

35

SEZIONE V
Uno dei punti che Husserl ritiene pi qualificanti della sua
prospettiva filosofica rappresentato dal metodo che la filosofia deve
adottare per investigare la realt, metodo riassumibile nei due concetti di
Epoch e di riduzione trascendentale; le due nozioni, per quanto
strettamente correlate ed interdipendenti non coincidono. Diamo
introduttivamente una definizione di massima dei due concetti e poi
passiamo alla loro illustrazione. Per Epoch Husserl intende una
sospensione di giudizio circa la validit (realt) dei fenomeni, per
concentrarsi sul loro modo di darsi. Per riduzione trascendentale (o
fenomenologica) si intende la riconduzione dei fenomeni come si sono
manifestati sotto Epoch alla sfera trascendentale della soggettivit
costituente.
La nozione di Epoch, che viene introdotta da Husserl a partire dal
primo volume di Idee per una fenomenologia pura ed una filosofia
fenomenologica (1913), stata oggetto di molteplici interpretazioni e
numerose critiche. Notiamo subito che la collocazione stessa dellEpoch
come metodo della filosofia tout court si pone immediatamente in una
posizione enormemente ambiziosa ed altrettanto discutibile. In effetti,
stato detto molte volte che limpossibilit della filosofia di attestarsi su di un
metodo univoco e definitivo fattore costitutivo del filosofare, in quanto la
filosofia un interrogarsi radicale e fondativo, che non pu dare nulla per
scontato, n specifiche verit, n specifici metodi. Ora, per, a rigore, anche
quanto abbiamo appena detto una premessa metodologica, una premessa
che raccomanda di non commettere certi errori dovuti ad una scarsa
radicalit, errori che implicano laffidarsi a pre-giudizi, in senso letterale. Ed
in effetti il metodo filosofico come Husserl lo propone sembra proprio voler
sistematizzare questa autocollocazione della filosofia come istanza di
radicalit massima. LEpoch sospensione del giudizio in un senso molto
preciso, dipendente dalla collocazione fondamentale attribuita alla coscienza
e alla sua intenzionalit: se, come sappiamo, nessuna realt si d se non
come oggetto intenzionale, e se ogni realt cui ci possiamo rivolgere pu
essere giudicata tale (reale) solo in quanto ci rivolgiamo intenzionalmente
ad essa in un certo modo, ne segue che non possiamo considerare la realt
come fonte originaria delle evidenze. Ci vale per ci che giudichiamo
essere realt, cos come per le relazioni che assumiamo essere determinanti
di ci che reale, come la causalit e lappartenenza ad una specifica
collocazione nello spazio oggettivo e nel tempo oggettivo. In altri termini,
qualunque spiegazione volessimo dare di qualunque cosa, se vuole essere
filosoficamente radicale non pu utilizzare come explicans entit e relazioni
reali (di fatto) in quanto a porli come reali ci deve essere un modo specifico
di darsi, che deve essere primariamente riconosciuto e descritto. Questo
vuol dire che ogni volta che di fronte ad un enigma filosofico, ad un
problema di teoria della conoscenza o di metafisica, si affaccia come
soluzione il ricorso ad una relazione posta come reale (causale), questa
soluzione deve essere respinta come non originaria. Ci mette fuori gioco
innanzitutto le spiegazioni scientifiche in blocco, che si collocano gi in un

36

terreno dogmatico di relazioni poste come valide in quanto reali. Esempi


tipici di questa tendenza esplicativa sono tutti quei casi in cui di fronte al
problema di una determinazione di significato, ad esempio del significato di
dolore, colore, temporalit, vita, realt, verit, ecc., la nostra
inclinazione primaria va verso laddurre spiegazioni in termini fattuali,
ricorrendo ad esempio ad ipotesi scientifiche. Ma ci riguarda non di meno
anche domande filosofiche pi articolate, come interrogazioni intorno alla
natura della conoscenza: la mentalit obiettivistica tende spontaneamente a
trasformare ogni problema in un problema naturalistico, da risolvere sul
piano dei fatti e delle cause (es.: uno dei massimi biologi italiani insegna ora
Fondamenti biologici della conoscenza, titolo che unincarnazione
esemplare di ci che in termini fenomenologici non si deve mai fare:
pensare la conoscenza come un fatto in una concatenazione di fatti
dimentica che la conoscenza non mai un fatto, ma una relazione tra una
coscienza vissuta in prima persona ed un fatto; in terza persona non ci sono
evidenze, riconoscimenti, dubbi, ricerche, ecc.). LEpoch ci chiede di
descrivere qualcosa senza decidere preliminarmente quale parte del
fenomeno vera, o corrisponde alla realt, e quale invece sarebbe
meramente soggettiva. Se vedo un quadro, diciamo la Gioconda, e, richiesto
di descrivere filosoficamente lesperienza, inizio a dire che vedo punti
colorati nello spazio, oppure che vedo sensazioni cromatiche unite in
configurazioni, ecc., ci che sto facendo precisamente lerrore cui
lEpoch vuole porre rimedio. Se per nella mia descrizione io dico di
vedere un quadro cos e cos, ed aggiungo di essere propenso a dire che il
quadro che vedo consta di punti colorati nello spazio, questo gi un
abbozzo di descrizione filosofica corretta del medesimo evento. Non si tratta
di sopprimere od eliminare alcunch, ma si tratta di porre per quanto
possibile tutto sul piano della medesima descrizione, senza pre-decidere
cosa ha validit e cosa invece soggettivo od effimero. Questo punto mette
anche chiarezza intorno ad uno dei punti pi controversi nellintroduzione
dellEpoch: stato giustamente notato che nessuna conoscenza pura,
nel senso di essere un mero rispecchiamento privo di curiosit, interesse,
pulsioni di qualche genere; in questo senso, si detto, descrivere i fenomeni
sotto Epoch equivarrebbe a falsificarli in quanto sopprimerebbe lelemento
impuro dellinteresse. Ma ci non vero, nonostante il modo di esprimersi
di Husserl sia talvolta poco chiaro: Husserl non dice di lasciare a casa
interessi pratici e pulsioni varie, ma dice che listanza metodologica
dellEpoch deve sospenderne lefficacia immediata, descrivendo
linteresse, invece di seguirlo senzaltro. Lo scienziato che cerca la
soluzione pi elegante al suo problema non deve sbarazzarsi della sua
pulsione a formulare la verit nella forma pi semplice e maneggevole, ma
deve descrivere anche questa pulsione: si tratta di fare un passo indietro
rispetto alla sua pratica scientifica, non per di cancellarne delle parti. In
questo senso lEpoch opera sospensivamente innanzitutto nei confronti di
ci che Husserl chiama latteggiamento naturale, cio la nostra disposizione
operativa corrente per cui ci rivolgiamo alle cose in quanto utilizzabili cui
aderiamo in presa diretta. Sul piano dellatteggiamento naturale la realt
gi sempre data in modo irriflesso, ed innumerevoli stratificazioni di giudizi

37

privi di giustificazione si offrono naturalmente al soggetto. Il fatto stesso di


operare riflessivamente nei confronti di ci che inizialmente si d in presa
diretta richiede una sospensione di giudizio, unEpoch. Tuttavia lEpoch
non interviene solo rispetto allatteggiamento naturale, ma anche nei
confronti degli atteggiamenti teoretici inadeguatamente radicali, che partono
da una pre-decisione intorno a cosa ha reale validit, senza interrogarsi circa
la fondazione di tale giudizio. Perci, oltre a rivolgersi allatteggiamento
naturale, lEpoch si rivolge verso latteggiamento scientifico (cos come
verso ogni metafisica naturalista, di cui latteggiamento scientifico un
modo). Nellatteggiamento scientifico non c unaccettazione irriflessa del
reale sulla scorta di interessi vitali prima facie, ma c una riflessione che
sospende tale validit per sostituirla con un pregiudizio intorno a cosa possa
contare come reale: reale idealmente solo ci che pu esistere come esiste
del tutto a prescindere da qualunque relazione con una coscienza. Si noti la
differenza rispetto allesigenza di oggettivit husserliana: la ricerca di
oggettivit ricerca di qualcosa su cui ci possa essere convergenza di
giudizi intersoggettivi e dunque su qualcosa che non dipenda per il suo
manifestarsi da una singola specifica coscienza; al contrario listanza
scientifica esige idealmente che qualcosa si dia in modo tale da poter del
tutto prescindere dalla natura della coscienza. Questo ci che Husserl
chiama obiettivismo e che comporta appunto una reificazione di tutto il
reale: il modello di ci che c la cosa materiale in s e per s sussistente.
Una volta applicata allatteggiamento naturale o a quello scientifico
lEpoch ci pone di fronte non pi a fatti, eventi o stati di cose, ma a
fenomeni. Un fenomeno un fatto, evento o stato di cose descritto cos
come esso appare ad una coscienza e lEpoch, sospendendo il giudizio
intorno a cosa conti come reale o come irreale, non fa altro che collocarsi in
posizione adeguata per descrivere tutto ci che si d cos come si d.
Attraverso il come si pu poi giungere a definire i limiti del cosa e del
perch, ovvero: causalit e realt devono poter essere compresi come
precisazioni di un atteggiamento originario in cui non si sa ancora cosa
abbia davvero efficacia e cosa sia davvero reale.
Bisogna notare di passaggio, a questo punto, come il procedere
attraverso Epoch ha unimplicazione che la rende drammaticamente
inattuale: chi si collochi con radicalit nella posizione originaria
dellanalisi fenomenologica si pone sempre in una posizione dove nulla
dato per scontato, in una posizione dove bisogna sempre ricominciare tutto
da capo; il pensatore che pensa fenomenologicamente non un membro
della scuola fenomenologica, perch non ci sono verit appartenenti a tale
supposto gruppo che egli pu presupporre; tuttal pi plausibile che
ripensando da zero i medesimi problemi egli incontri le medesime soluzioni,
ma non pu mai limitarsi ad aderire a certe soluzioni. Questa la ragione
per cui lapproccio fenomenologico fa cos fatica a mettersi in relazione con
un approccio come quello della filosofia analitica, dove, seguendo il
modello dellindagine scientifica, i filosofi operano prevalentemente
entrando in un dibattito gi avviato, cui sono chiamati a dare un contributo:
il fenomenologo ha lesigenza fondamentale di mettere innanzitutto in
discussione la cornice stessa allinterno di cui le domande vengono poste,

38

con particolare riferimento alla concettualit (terminologia) usata. I concetti


usati dal fenomenologo devono contenere idealmente solo riferimenti alle
operazioni ed ai contesti in cui essi sono stati effettivamente usati: se parlo
di tempo in senso fenomenologico mi sto riferendo alle operazioni che
determinano la successione nei modi in cui la coscienza la pone e non devo
introdurre surrettiziamente connotazioni apparentemente ovvie del tempo,
cos come usato in altri ambiti, ad esempio non ha senso parlare di tempo
negativo o di inversione del vettore temporale, come fa la fisica
(legittimamente per i suoi scopi). Non possiamo mai importare direttamente
da un altro ambito di indagine un concetto senza chiederci quali operazioni
sottostanno alla sua definizione: mente, cervello, sensazione, istinto,
ecc. non possono essere portati di peso dalla psicologia nella filosofia, senza
vedere in che modo sono stati introdotti, cio quale sequenza di operazioni
costituenti li ha posti, e perci quali sono i limiti della loro applicazione
legittima. Osserviamo che qui si radica il sospetto che Husserl ha e
manifesta a pi riprese nei confronti di tutte le analisi che danno troppo peso
al linguaggio nellelaborazione concettuale: per lui il linguaggio,
idealmente, potrebbe essere tutto ricostruito attraverso analisi immanenti a
partire dalle operazioni percettive, ed affidarsi inconsapevolmente alluso
comune di certi termini filosoficamente arbitrario ed in linea di principio
non accettabile. Ci non toglie che Husserl, come vedremo, sia consapevole
del fatto che tale ripercorrimento da zero di tutte le pratiche costitutive del
linguaggio che correntemente parliamo non sia effettivamente eseguibile. Se
vero che ciascuno di noi ha acquisito nellimmanenza operativa il suo
linguaggio ordinario e scientifico/filosofico in decenni di vita, un
ripercorrimento riflessivo integrale di tali operazioni costitutive non
potrebbe che essere ben pi lungo, rimanendo dunque al di l del fattibile. In
verit il problema pi radicale, in quanto loperazione di recupero
genealogico degli strati di significato fa uso del linguaggio gi appreso e
quindi bisogna capire se luso del linguaggio incide in modo decisivo
nelloperazione interpretativa oppure se sia possibile accedere comunque
alla stratificazione in modo originario. La questione in effetti una
questione fondamentale, che sta tra laltro alla radice del distanziamento di
Heidegger da Husserl: Heidegger nomina questo tema sotto il nome di
circolo ermeneutico, segnalando come ogni atto di comprensione riposi su
di una precomprensione che a sua volta frutto di atti di comprensione
antecedenti, e come ogni atto di comprensione (interpretazione) attuale
rappresenter una premessa per le interpretazioni a venire. Husserl prende in
considerazione una prospettiva apparentemente simile,24 ma ritiene che
24

Wir stehen also in einer Art Zirkel. Das Verstndnis der Anfnge ist voll nur zu
gewinnen von der gegebenen Wissenschaft in ihrer heutigen Gestalt aus, in der Rckschau
auf ihre Entwicklung. Aber ohne ein Verstndnis der Anfnge ist diese Entwicklung als
Sinnesentwicklung stumm. Es bleibt uns nichts anderes brig: wir mssen im Zickzack
vor- und zurckgehen; im Wechselspiel muss eins dem andern helfen. Relative Klrung auf
der einen Seite bringt einige Erhellung auf der anderen, die nun ihrerseits auf die
Gegenseite zurckstrahlt. So mssen wir in der Art von Geschichtsbetrachtung und
Geschichtskritik, die im Ausgang von Galilei (und gleich nachher von Descartes) der
Zeitfolge entlang gehen muss, doch bestndig historische Sprnge machen, die also nicht
Abschweifungen, sondern Notwendigkeiten sind. (Krisis, p. 59)

39

comunque sia possibile accedere ad una genealogia originaria degli strati di


significato. Nonostante Husserl dia grande peso al fatto che i nostri saperi
sono frutto di una tradizione e che noi siamo entrati in questa tradizione
senza poterne decidere modi e valori, tuttavia per lui non bisogna perdere di
vista il fatto che ciascuno di noi deve poter imparare nel corso della propria
vita i contenuti della propria tradizione, dal che derivano due conseguenze:
1) si deve dare una cornice cognitiva generale come condizione di
possibilit per lappartenenza di ciascun singolo soggetto ad una tradizione
storica; 2) nel corso della propria vita chiunque erediti una tradizione
chiamato a ripercorrerne il percorso genetico nei suoi snodi essenziali: qui si
d a vedere il nesso tra fenomenologia statica, fenomenologia genetica e
storia. Rispetto allermeneutica pan-storicistica e alla disseminazione
derridiana la posizione di Husserl non accetterebbe soprattutto un tipo di
critica: non accetterebbe lidea che nel descrivere fenomenologicamente i
processi cognitivi elementari noi si sia in qualche modo comunque vittima
delle categorie storiche ereditate. Per Husserl c una dimensione originaria
del fenomeno la quale fonda la storia, consente lemergere della temporalit
e dellintersoggettivit, e che perci pu collocarsi in una posizione non
pregiudicata da cui giudicare anche la propria appartenenza ad una
tradizione culturale. Senza pretendere di entrare in una discussione
dettagliata di questo difficile tema, possiamo per notare come la posizione
di Husserl abbia un punto di coerenza interna che gli altri autori non hanno:
da un lato chi lo critica asserendo che anche linterpretazione
dellautomanifestazione primaria (percezione, coscienza interna del tempo)
sarebbe pregiudicata da categorie pregresse dovrebbe prima formulare una
teoria solida tale per cui la natura del significato tale da compromettere
loriginariet della relazione del Leib al mondo. Nessuna teoria che dimostri
qualcosa di meno che un radicale relativismo linguistico potrebbe essere
allaltezza di questa pretesa. quasi inutile dire che affermare che la nostra
concettualit pregressa costitutivamente ed ineludibilmente distorsiva
equivale a tutti gli effetti ad unaffermazione di scetticismo radicale, con
tutte le aporie classiche proprie dello scetticismo radicale: come si fa (e per
chi lo si fa) ad affermare come verit una proposizione che rende ogni verit
una sorta di convenzione solipsistica tra parlanti di uno stesso linguaggio in
senso stretto? Ovvero, come abbiamo noi stessi raggiunto la certezza che il
linguaggio che abbiamo ereditato ci consegni un mondo incommensurabile
con quello di parlanti differenti e privo di relazioni con gli eventi sensibili
esterni? Di primo acchito sembra che unasserzione del genere sia
unasserzione metafisica in senso classico, cio unasserzione che per sua
natura non in alcun modo n verificabile n falsificabile. Tuttavia, in una
versione che non taglia i legami tra dimensione del significato e dimensione
percettiva ed operativa (sensomotoria) Husserl concorda con una visione
che attribuisce alla concettualit ereditata un peso estremamente
significativo. Quando Husserl nella Krisis contrapporr una storia di fatti ad
una storia interna,25 egli star segnalando appunto la possibilit per il
25

Hat die gewhnliche Tatsachenhistorie berhaupt und insbesondere die in der neuesten
Zeit zu wirklicher universaler Extension auf die gesamte Menschheit in Gang gekommene
berhaupt einen Sinn, so kann er nur in dem, was wir hier innere Historie nennen knnen,

40

fenomenologo di attingere ad un punto di vista da cui possibile distinguere


(a posteriori) nel succedersi degli eventi ci che produce nuovi strati di
senso da ci che invece mero accadere. Deve per essere ben chiaro che
tale prospettiva husserliana non ha nulla dellingenuit propria di una
visione empiristica o positivistica: Husserl non ci sta dicendo che il
fenomeno immediatamente accessibile allesperienza diretta e che basta
spalancare i sensi al mondo per avere accesso originario ed impregiudicato
ad esso. Husserl al contrario sta dicendo che possiamo ottenere un accesso
originario allesperienza solo attraverso lEpoch, ovvero sospendendo le
validit ingenue presupposte dallatteggiamento naturale e da quello
scientifico. loperazione di sospensione delle validit ingenue, e poi
lanalisi statica e genetica, a consegnarci i fenomeni nella loro originariet.
In questo senso la fenomenologia husserliana non abbraccia n lempirismo
positivista n lo storicismo, ma esige che lanalisi prenda coscienza della
propria collocazione storica (culturale, tradizionale) e che la riconduca alla
dimensione pi fondamentale dellesperienza. Questa riconduzione ci
che va sotto il nome di riduzione fenomenologica. La riduzione non fa
altro che interpretare i significati che lintenzionalit manifesta come
prodotti di coscienza (laddove prodotto non creazione ex nihilo, ma
estrazione di senso attraverso uninterazione con laltro da s). In questo
senso la riduzione sempre anche unoperazione genetica e genealogica,
cio si occupa di come si sono stratificati livelli di senso e cerca di
mostrarne lordinamento rispetto allesperienza elementare della coscienza
(percezione).
Nella Krisis Husserl presenta lEpoch a pi riprese e con approcci
diversi, e finora ne abbiamo dato una visione dinsieme. Uno di questi
approcci, la cosiddetta via cartesiana allEpoch, vale per la pena di essere
discusso a parte, non perch migliore degli altri, ma al contrario, perch
pi ambiguo e perci pi bisognoso di unesegesi specifica. Nei 16-21
della Krisis Husserl si intrattiene con il pensiero di Descartes e ne discute
lapproccio in un modo teoreticamente fecondo ancorch talora
filologicamente dubbio. A noi qui non interessa vedere se ed in quale misura
Husserl abbia davvero colto lo spirito o la lettera dellopera cartesiana, ma
ci interessa vedere come si pu intendere meglio lEpoch a partire dal
modello di pensiero proposto da Cartesio, chiarendo il meno noto con il pi
noto. Per Husserl il passo inaugurale delle Meditationes, con il dubbio
sistematico circa la realt di ogni cosa, non va letto come un passo scettico,
bens come un necessario momento di fondazione. Per Husserl, il momento
in cui Cartesio, dubitando di ogni cosa, giunge alla certezza trascendentale
del cogito indica lapertura epocale della dimensione della coscienza come
dimensione ineludibile e fondante. Di norma largomento del cogito viene
esposto in termini di questo genere: posso dubitare in ultima istanza
dellesistenza di ogni cosa, ma se sto dubitando allora penso, dunque
almeno di una cosa non posso dubitare, cio del fatto che esiste una cosa che
pensa (res cogitans). Ora, per, necessario osservare come gi a questo
grnden, und als solcher auf dem Fundament des universalen historischen Apriori.
Notwendig fhrt er weiter zu der angedeuteten hchsten Frage einer universalen Teleologie
der Vernunft. (Krisis, p. 386, Beilage III, zu 9a)

41

punto davvero iniziale dellapproccio cartesiano la strada con Husserl si


diparta drammaticamente: per Husserl Cartesio fraintende la propria
scoperta della dimensione trascendentale della coscienza. Non si tratta di
fissare la scoperta dellesistenza certa di una cosa, la sostanza pensante,
bens di comprendere come la coscienza sia presupposto universale del darsi
di ogni fenomeno, a prescindere dalla relativa esistenza od inesistenza. La
coscienza non il suo presunto sostrato materiale e quindi non pu esistere
nel senso in cui esistono gli oggetti materiali che si danno alla coscienza. 26
Per la res cogitans ed il suo statuto ontologico vale lo stesso discorso fatto
sopra per il mondo, o se vogliamo, lo stesso discorso che vale per il Dio di
S. Anselmo: la sua essenza ne implica lesistenza, laddove per esistenza
non pu essere intesa nello stesso modo in cui intendiamo lesistenza di
oggetti. Il dubbio sistematico di Descartes deve perci trasformarsi in
sospensione dei giudizi di validit relativa rispetto ai fenomeni, i quali
proprio per ci possono finalmente darsi come fenomeni (manifestazioni
originarie per una coscienza) e non come fatti o eventi.
Per ragioni legate probabilmente alla scarsa perspicuit di alcune
pagine husserliane lintroduzione dellEpoch con particolare riferimento
alla via cartesiana stata considerata come segnale di una svolta
idealistica da parte di Husserl Ora, tutto sta ad intendere cosa significa
idealismo. In certo modo Husserl stesso legittima laccusa di idealismo, in
quanto esplicitamente rivendica una continuit con lidealismo
trascendentale post-kantiano. Il punto dirimente su cui per non c alcuna
comunanza tra la fenomenologia husserliana ed un certo tipo di idealismo
concerne la natura ultima della realt in quanto trascendente: per Husserl la
realt si d al soggetto appunto come trascendenza, come qualcosa che sta al
di l dei poteri del soggetto, che lo chiama, stimola o provoca, ma che non
in alcun modo una creazione del soggetto. Che gli idealisti classici, come
Fichte ed Hegel, intendessero il soggetto (lio, lo spirito) come
primariamente creatore o meno questione controversa; chiaro tuttavia
che se per idealismo si vuole intendere questo tipo di operazione demiurgica
rispetto al reale, allora Husserl non affatto idealista. Se invece per
idealismo si intende che le modalit con cui i fenomeni si danno alla
coscienza non sono mai in alcun modo aggirabili e che dunque la coscienza
in certo modo ubiqua nel mondo, questo si pu e si deve dire di Husserl.
C tuttavia anche una seconda questione, se possibile ancora pi
complessa, che riguarda una possibile accusa di idealismo ad Husserl, e
26

Setze ich alle Stellungnahmen zu Sein oder Nichtsein der Welt aus, enthalte ich mich
jeder auf die Welt bezglichen Seinsgeltung, so ist mir innerhalb dieser Epoch doch nicht
jede Seinsgeltung verwehrt. Ich, das die Epoch vollziehende Ich, bin im gegenstndlichen
Bereich derselben nicht eingeschlossen, vielmehr - wenn ich sie wirklich radikal und
universal vollziehe - prinzipiell ausgeschlossen. Ich bin notwendig als ihr Vollzieher. ()
Also mein gesamtes erfahrendes, denkendes, wertendes und sonstiges Aktleben verbleibt
mir, und es luft ja auch weiter, nur dass das, was mir darin als die Welt, als die fr mich
seiende und geltende vor Augen stand, zum bloen Phnomen geworden ist, und zwar
hinsichtlich aller ihr zugehrigen Bestimmungen. Sie alle und die Welt selbst haben sich in
meine ideae verwandelt, sie sind unabtrennbare Bestnde meiner cogitationes, eben als
ihre cogitata - in der Epoch. Hier htten wir also eine absolut apodiktische, in dem Titel
ego mitbeschlossene Seinssphre, und nicht etwa blo den einen axiomatischen Satz ego
cogito oder sum cogitans. (Krisis, p. 79, 17.)

42

precisamente la menzione che Husserl fa costantemente alle essenze e alle


leggi essenziali. Frequentemente nella storia della filosofia la nozione di
essenza viene associata alla qualificazione eterna: essenze sarebbero
entit che accomunano il molteplice empirico e contingente in maniera da
rimanere costanti da sempre a per sempre al variare delle loro incarnazioni
fattuali. In una tale accezione essenza ed idea in senso platonico sono
quasi sinonimi. Questo non pu certamente essere un assunto per Husserl.
Hanno natura essenziale in Husserl tutti gli oggetti intenzionali in quanto
permangono costanti al variare delle loro manifestazioni empiriche (real):
vedere un tavolo significa vedere un oggetto che si pu incarnare in una
moltitudine di esemplari e che permane costante al succedersi di diversi
sostrati sensibili (aspetti). Siccome, tuttavia, il tavolo certamente un
manufatto umano che compare in un certo momento storico, impossibile
attribuire alloggetto intenzionale tavolo una natura di essenza eterna.
Questo per non significa ancora che Husserl sia disinteressato ad indagare
una dimensione pi che storicamente contingente delle essenze. Per
intendere il senso di questo tentativo bisogna che ci soffermiamo
brevemente sul metodo adottato da Husserl per far emergere la dimensione
essenziale dei fenomeni; esso va sotto il nome di variazione eidetica.27 Il
procedimento della variazione eidetica in effetti qualcosa che spesso
esercitiamo istintivamente nella riflessione; si tratta, al fine di determinare
che cosa sia una cosa in se stessa (essenzialmente; il ti est socratico) di
immaginare modificazioni e variazioni della cosa stessa chiedendoci al
tempo stesso se siamo ancora disposti a considerarla come la stessa cosa
oppure se riteniamo non si tratti pi della stessa cosa. Questa operazione
in effetti ambigua quanto al suo significato profondo e Husserl non sembra
aver mai chiarito bene i dubbi che possono sorgere di fronte ad un tale
processo. Supponiamo di chiederci cosa veramente in se stesso un
tavolo. Possiamo operare una variazione immaginativa del tavolo e scoprire
progressivamente che, contrariamente a quanto magari supposto di primo
acchito, non essenziale ad un tavolo lessere munito di quattro supporti, n
essere rettangolare, e che materiali molto diversi dal legno possono essere
usati nel produrre tavoli, ecc., fino a concludere, per dire, che il tavolo in
effetti definibile primariamente non da una forma n da un materiale, ma
dalla sua funzione di supporto mobile che consente attivit umane manuali
su di essa sedendovisi appresso, ecc. ecc. Unanalisi del genere ci d molti
spunti interessanti intorno a come abbiamo costruito, senza passare
attraverso un accordo convenzionale, molti dei nostri concetti. Ora, per,
chiaro che, cos come loggetto materiale tavolo e la parola tavolo sono
stati creati dalluomo in certe circostanze e potrebbero non essere mai
esistititi, cos il relativo nocciolo essenziale non ha nulla di ideale. In tal
caso saremmo propensi a dire che, chiedendoci se siamo ancora disposti a
considerare loggetto sottoposto a variazione come il medesimo o come
27

Phnomenologische Aussagen bewegen sich, wie sich damit zeigt, prinzipiell in einem
Bereich von Allgemeinheit, sie sind eidetische Aussagen, d.Husserl ein System von
Urteilen ber das Wesen oder Eidos von Gegenstnden. Diese Aussagen werden gewonnen
durch universale Phantasiesetzung und Variation, mithin durch ein Absehen von allen
realen singulren Fakten. Husserl nennt dieses Vorgehen der Phnomenologie eidetische
Reduktion. (Held K., op. cit., p. 16)

43

diverso, noi probabilmente stavamo semplicemente chiedendoci se luso


consolidato della parola tavolo era accettabile ancora in certi casi oppure
no. Niente vieta che in un contesto storico diverso invece dei termini
tavolo, scrivania, e bancone ci sia un unico termine, oppure che la
nostra categoria di tavolo sia distinta in categorie distinte a seconda del
numero di gambe, ed in tal caso i nostri giudizi di identit o differenza
sarebbero giocoforza differenti. Tuttavia il discorso non finito qui,
neppure per un esempio cos chiaramente contingente come tavolo:
attraverso la variazione applicata allidea di tavolo noi possiamo portare alla
luce una pluralit di soglie significative: di fatto noi articoliamo del tavolo
alcune componenti (supporti, materiali, piano, ecc.) e non qualsivoglia parte
fisicamente o percettivamente disponibile di esso. Ci ci rimanda ad alcuni
fattori qualificanti nella natura di un tavolo, fattori che compongono di fatto
quel che viene considerato fondamentale del tavolo. In effetti il punto in
unanalisi del genere non tanto determinare quando riteniamo di poter
chiamare una cosa nello stesso modo e quando no, ma quali sono le soglie
qualificanti, le variazioni importanti e quelle snaturanti: un tavolo in ferro
rettangolare e molto lungo pu essere chiamato bancone, ma il punto non
se arrivati ad un certo punto lo vogliamo chiamare bancone, tavolo o
altrimenti, bens dato dal fatto che una certa differenza considerata
rilevante (ad esempio in quanto suggerisce usi differenti). Parimenti, se
qualcosa ha tutto di simile ad un tavolo ordinario, salvo che invece di un
piano abbiamo una piramide, ebbene non lo chiameremmo pi tavolo in
quanto venuta meno la possibilit di attribuirgli le funzioni dei tavoli (es.:
poggiarci sopra oggetti, ecc.). Scopriamo cos che il nesso tra un manufatto,
come il tavolo, e le sue funzioni, appartiene ad una dimensione essenziale,
non accidentale. Se ora applichiamo lo stesso tipo di riflessione ad un
genere naturale, come lacqua, possiamo concludere dapprima che ci che
chiamiamo acqua poteva chiamarsi diversamente, includendo meno o pi
caratteristiche rispetto allacqua in senso ordinario, poi per possiamo
notare che una serie di caratteristiche sono essenziali allacqua nel senso
che una loro modifica andrebbe segnalata verbalmente: che lacqua sia un
solvente, che sia incolore, che disseti, che non sia nutriente, che evapori ad
alte temperature e ghiacci a basse temperature, ecc. sono tutti tratti che, se
qualcuno ci dicesse che per lui acqua intende qualcosa che supera questi
limiti definitori, noi potremmo anche accordarci su una nuova convenzione
verbale, ma riterremmo sempre che quelle soglie sono determinati. Il
processo in cui facciamo emergere le differenze per noi importanti
(essenziali) a scapito di quelle irrilevanti un processo che ci istruisce
intorno alla natura delloggetto in relazione a noi. Questo processo ci mette
in effetti di fronte non ad unit essenziali singole, a sostanze, bens a serie
di differenze qualificanti, talora gi identificate dal linguaggio corrente,
talaltra non identificate. Una volta posta una certa differenziazione, ne
seguono senzaltro delle correlazioni essenziali, che Husserl chiama leggi
dessenza: perch si diano uomini come animali razionali bisogna avere la
capacit pregressa di distinguere enti materiali inanimati da enti animati,
comportamenti razionali da comportamenti privi di razionalit, ecc. Questo
non ci garantisce che la definizione migliore o corretta di uomo sia

44

animale razionale, ma ci dice che se queste qualit (animalit e razionalit)


sono importanti nella determinazione di ci che chiamiamo uomo, allora
esse devono radicarsi in una serie di ulteriori capacit discriminative ed
identificative. Nel compiere questa esplorazione attraverso una variazione
riflessiva siamo in grado di tracciare una fenomenologia complessiva del
mondo-per-noi, ovvero di ci che Husserl chiamer mondo-della-vita. Ci
che sembra configurarsi in questa analisi come assolutamente vincolante
non la determinazione di essenze nel senso di unit dotate di un contenuto
univoco definitivo, bens la determinazione di differenze essenziali (= non
arbitrarie) e la determinazione di leggi di determinazione di tali differenze
(per poter accedere a quella differenza bisogna aver fatto questa esperienza,
ecc.).
In altri termini, lanalisi attraverso la variazione eidetica ci consegna
un quadro delle articolazioni importanti del nostro mondo e ciascuna
articolazione rinvia ad un processo articolante, cio ad un modo in cui la
coscienza pone quella differenza; se poi accade, come di norma il caso,
che il processo articolante in causa faccia a sua volta riferimento ad ulteriori
differenziazioni fondamentali, ne segue che il nostro processo analitico pu
ripercorrere il modo con cui la coscienza giunta a porre certe unit come
fondamentali. Le relazioni essenziali tra unit di significato che la riduzione
eidetica pu trovare non sono altro che loggetto prima facie della
fenomenologia statica e poi della fenomenologia genetica. La variazione
eidetica scopre il modo in cui le strutture di significato che sono per noi
valide si sono costituite. Di fatto, quanto pi si risale a ritroso in un ordine
di costituzione, tanto pi i livelli appaiono invarianti anche rispetto
allandamento storico: mentre sono certo della stabilit solo relativa alla mia
cultura della nozione di tavolo, posso ritenere invariante in senso molto
pi forte la nozione di cosa (materiale), e posso ritenere il nesso tra
percezione e darsi di cose materiali come invariante sovrastorico. Nozioni
come hyl e campo sensoriale appaiono come presupposti invarianti di
qualunque determinazione di significato storicamente posta.

45

SEZIONE VI
Veniamo cos alla fondamentale questione del rapporto tra
fenomenologia e scienze naturali. Nella Krisis troviamo un lungo confronto
con le origini della fisica moderna investigate attraverso loperazione teorica
proposta da Galileo. Loperazione galileiana ha il suo nocciolo nella
matematizzazione della natura, delluniverso in quanto tale: la proposizione
gaileiana secondo cui Dio avrebbe scritto le leggi delluniverso in simboli
matematici di per s una visione abissalmente nuova, in quanto fino ad
allora la geometria e la matematica, pur essendo state utilizzate in compiti
predittivi, erano sempre state concepite come applicazioni possibili su
situazioni circoscritte e non come essenza ontologica.28 Come Husserl
osserva, loperazione di matematizzazione galileiana si talmente radicata
che noi oggi dobbiamo fare uno sforzo per concepire lo spazio in un senso
che non sia quello della geometria.29 Se nella visione platonica la realt
partecipava della dimensione ideale e perci era possibile in qualche misura
concepire il reale come di natura matematica, questa operazione stata per
radicalizzata nella moderna scienza della natura, al punto che la natura in
quanto tale concepita come primariamente di natura matematica. Tale
matematizzazione procede innanzitutto attraverso una lettura dei corpi
percepiti come corpi geometrici, dunque come figure limite di cui la datit
percettiva concepita come unapprossimazione. importante notare come
questa operazione inverta lordine di costituzione genetico, tale per cui
solo attraverso lesperienza, innanzitutto percettiva, che noi arriviamo a
concepire configurazioni ed infine figure ideali. Nella visione della fisica
moderna la datit percettiva unapprossimazione di unidealit sottostante,
idealit che si ritiene esservi a prescindere dal fatto che nessuna esperienza
reale ce la consegna mai. Inutile dire che una visione del genere ha tutte le
caratteristiche di una visione metafisica in senso tecnico, cio di una visione
che si sottrae costitutivamente alla possibilit di verifica o falsifica. Husserl
osserva come sia parte essenziale di questo processo di matematizzazione
28

Aber die Euklidische Geometrie und die alte Mathematik berhaupt kennt nur endliche
Aufgaben, ein endlich geschlossenes Apriori. () Zum idealen Raum gehrt fr uns ein
universales systematisch einheitliches Apriori, eine unendliche und trotz der Unendlichkeit
in sich geschlossen einheitliche systematische Theorie, die, von axiomatischen Begriffen
und Stzen aufsteigend, jede erdenkliche in den Raum einzuzeichnende Gestalt in
deduktiver Eindeutigkeit zu konstruieren gestattet. Im voraus ist, was im geometrischen
Raume idealiter existiert, in allen seinen Bestimmtheiten eindeutig entschieden. Unser
apodiktisches Denken entdeckt nur, nach Begriffen, Stzen, Schlssen, Beweisen
etappenmig ins Unendliche fortschreitend, was im voraus, was an sich schon in Wahrheit
ist. - Die Konzeption dieser Idee eines rationalen unendlichen Seinsalls mit einer
systematisch es beherrschenden rationalen Wissenschaft ist das unerhrt Neue. (Krisis, p.
19, 8).
29
Fr den Platonismus hatte das Reale eine mehr oder minder vollkommene Methexis am
Idealen. Das gab fr die antike Geometrie Mglichkeiten einer primitiven Anwendung auf
die Realitt. In der Galileischen Mathematisierung der Natur wird nun diese selbst unter
der Leitung der neuen Mathematik idealisiert, sie wird - modern ausgedrckt - selbst zu
einer mathematischen Mannigfaltigkeit. () So alltglich vertraut ist der Wechsel
zwischen apriorischer Theorie und Empirie, dass wir gewhnlich geneigt sind, Raum und
Raumgestalten, ber welche die Geometrie spricht, von Raum und Raumgestalten der
Erfahrungswirklichkeit nicht zu scheiden, als ob es einerlei wre. (Krisis, p. 20-1, 9)

46

luso di ipostatizzazioni linguistiche e di riproduzioni scritte.30 Questo un


punto della massima importanza, che in parte Husserl stesso e poi molti altri
hanno sviluppato in profondit, e che pu essere scisso in due
considerazioni riguardanti rispettivamente le ipostatizzazioni linguisticoconcettuali e lutilizzo della scrittura e del disegno. Quanto al primo punto,
il discorso si ricollega a quanto detto in precedenza sulla natura
dellindagine fenomenologica: i concetti che noi ereditiamo dalla tradizione
vengono generalmente usati senza alcuna consapevolezza della loro
costituzione; questo ovviamente non un problema di scarsa erudizione
storica, ma di tendenziale travisamento concettuale: quando nel linguaggio
corrente noi iniziamo ad utilizzare, per dire, endorfine al posto di
piacere, adrenalina al posto di eccitamento, neuroni o cervello al
posto di mente, realt fisica invece di natura, ecc. noi stiamo sostituendo
in un modo ingenuo, ma non innocente, nozioni scientifiche a nozioni che
designano esperienze. Questa operazione non semplicemente una sorta di
idioletto di comodo figlio dei tempi, ma implica inavvertitamente
unadesione non argomentata (n argomentabile) ad una visione
naturalistica del mondo.
Quanto al secondo punto, il discorso da fare sarebbe molto lungo sul
piano dellesegesi storica. Basti osservare qui come in assenza di un
supporto scritto la geometria non sarebbe mai potuta nascere; per quanto la
geometria contemporanea sia stata integralmente matematizzata, lasciando
sullo sfondo loriginario nesso con la misurazione della terra (geo-metria)
ed ogni riferimento a figure percepibili, tuttavia le nozioni fondative di
punto, linea, superficie, solido non pu essere introdotta senza passare per
una figurazione materiale. Il fatto stesso di distinguere tre dimensioni nel
darsi originario degli enti materiali qualcosa che diviene comprensibile
solo a partire da operazioni di riproduzione grafica. In verit il nesso tra
scrittura e concettualizzazione andrebbe esplorato pi accuratamente, ad
esempio ricordando come solo la scrittura alfabetica (dal VI sec. a. C.) ha
consentito lemergere di considerazioni logiche in senso stretto, come solo
la scrittura numerica posizionale (dallXI sec.) ha consentito il calcolo
astratto cos come lo concepiamo oggi, e come solo la riproduzione
sistematica di schemi, progetti e mappe (dal XVI sec.) ha consentito
30

In der anschaulichen Umwelt erfahren wir in der abstraktiven Blickrichtung auf die
bloen raumzeitlichen Gestalten Krper - nicht geometrisch-ideale Krper, sondern eben
die Krper, die wir wirklich erfahren, und mit dem Inhalt, der wirklich Erfahrungsinhalt ist.
() Ohne von hier aus tiefer in die Wesenszusammenhnge einzugehen (was systematisch
nie geschehen und keineswegs leicht ist), werden wir schon verstehen, dass sich von
Vervollkommnungspraxis her, im freien Eindringen in die Horizonte erdenklicher
Vervollkommnung im Immer wieder, berall Limes-Gestalten vorzeichnen, auf die hin,
als invariante und nie zu erreichende Pole, die jeweilige Vervollkommnungsreihe hinluft.
Fr diese idealen Gestalten interessiert und konsequent damit beschftigt, sie zu bestimmen
und aus den schon bestimmten neue zu konstruieren, sind wir Geometer. () Wie alle
durch menschliche Arbeitsleistung entspringenden Kulturerwerbe bleiben sie objektiv
erkennbar und verfgbar, auch ohne dass ihre Sinnbildung stets wieder explizit erneuert
werden msste; sie werden aufgrund sinnlicher Verkrperung, z.B. durch Sprache und
Schrift, schlicht apperzeptiv erfasst und operativ behandelt. In hnlicher Weise fungieren
die sinnlichen Modelle, zu welchen insbesondere gehren die whrend der Arbeit
bestndig verwendeten Zeichnungen auf dem Papier, fr das Lesend-Lernen die gedruckten
Zeichnungen im Lehrbuch und dergleichen. (Krisis, p. 22-3, 9.)

47

lemergere della scienza naturale moderna. In unottica husserliana tuttavia


bisogna sempre distinguere (e non sempre facile) la dimensione genetica
come possibilizzazione (Ermglichung) dalla motivazione dominante che
guida una certa formazione di senso. In altri termini, posto che Husserl
suggerisce, senza farlo in prima persona, di eseguire specifiche analisi
storiche che mostrano il nesso tra certi sviluppi concettuali e certe pratiche
materiali come la scrittura, rimane dubbio come questa connessione sarebbe
stata interpretata; il fatto che una certa pratica storica consente certe
concettualizzazioni non ci dice ancora che quella pratica storica in senso
pieno lorigine di tali concettualizzazioni. Bisogna chiedersi se ed in qual
misura scienze apodittiche come la geometria e laritmetica siano prodotti
di certe pratiche storiche. Nei termini di Husserl almeno due ordini di fattori
devono essere presi in considerazione: da un lato gli eventi storici non sono
meri fatti da raccogliere induttivamente, ma rappresentano possibilizzazioni,
cio creano aperture di possibilit che devono essere colte dai determinati
soggetti agenti; dallaltro lato i soggetti agenti possono cogliere tali aperture
storiche in quanto sono mossi da un telos immanente, ovvero in quanto sono
esseri volitivi, desideranti. Per ciascuna conquista storica, per ciascuna
apprensione di una nuova formazione culturale devono di norma concorrere
svariate aperture di possibilit; svariati eventi devono rendere certe
operazioni accessibili; in presenza di diversi eventi possibilizzanti, come
avviene in culture storiche diverse, le medesime pulsioni teleologiche
producono formazioni culturali ampiamente diverse.
Nei confronti dellemergere della scienza fisica moderna Husserl
rintraccia alcuni momenti possibilizzanti essenziali. Il primo dato dalla
costituzione della geometria come prima scienza matematica presso i Greci;
la geometria resa possibile dallutilizzo della scrittura e del disegno, che
permettono la rappresentazione di configurazioni ideali (punti, linee, ecc.).
Tuttavia tali operazioni idealizzanti sono rese anche possibili dal fatto che la
percezione funziona attraverso fusione e contrasto, cos che la
rappresentazione grafica pu idealizzare plausibilmente le figure percettive
in quanto rappresenta graficamente solo alcuni punti di contrasto
qualificanti: pur essendo le qualit secondarie, qui i colori, indispensabili
alla detezione delle qualit primarie (forme), non necessario esporre il
dettaglio degli andamenti cromatici per cogliere le forme. In questo senso la
geometria ha la possibilit di produrre idealizzazioni figurali che sono
facilmente riconducibili alla realt percettiva. Un secondo momento
essenziale dato dalle operazioni di misurazione, che consentono di
applicare i modelli geometrici astratti alla realt fisica: ogni atto di
misurazione determina delloggetto misurato solo quei punti che toccano il
metro; se misuro un campo di grano o la distanza tra due colline non sto
ovviamente dando esaustivamente conto degli oggetti misurati, ma solo di
quelle componenti che sono congeneri con il metro usato. Se dico che un
tavolo misura cos e cos ho ottenuto un risultato che riguarda i punti ideali
di contatto del mio metro con i bordi del tavolo, e non so nulla del tavolo in
s. La questione delle misurazioni in fisica tuttavia molto pi importante
ed estensiva di quanto Husserl esemplifichi concretamente: ogni qual volta
determiniamo una misurazione fisica noi riduciamo loggetto misurato alla

48

natura del metro, che pu fornirci la massa, la velocit, la distanza, la durata


di un fenomeno, e pu farlo in quanto abbiamo preordinato un modo di
rilevazione che vogliamo ci fornisca dati costanti e ripetibili. Tutto ci va
ovviamente benissimo, purch si tenga ben presente la natura metodologica
e non ontologica di questa operazione;31 cio necessario sempre
rammentare di fronte agli esiti delle nostre misurazioni, e poi di fronte alle
computazioni predittive prodotte sulla base di esse, che esse non possono
darci niente di pi di quanto abbiamo chiesto allinizio di ottenere: se
lintento della misurazione quello di darci unit stabili e replicabili, non
possiamo poi certo concludere che la natura ontologica del mondo di
essere stabile e replicabile. Tuttalpi possiamo dire, come Hume faceva, che
la natura ontologica del mondo consente spesso a parti di esso di essere
poste come stabili e replicabili: il mondo si dispiega secondo uno stile
tendenzialmente uniforme. Come nota Husserl questo modello applicabile
in modo privilegiato ad alcune aree del reale, escludendo innanzitutto larea
del vivente.32 In verit noi oggi sappiamo che anche nella dimensione
microfisica del non-vivente questo tipo di operazioni non possibile. - Un
terzo momento fondamentale che Husserl espone rappresentato dalla
compiuta aritmetizzazione (oggi diremmo forse digitalizzazione) della
geometria, che rende lorigine misurativa concreta delle variabili fisiche del
tutto invisibile: nel momento in cui ogni dato tratto dalla realt attraverso
una pratica misurativa trasformato in numero puro o in proposizione
logico-formale, il fenomeno sparito definitivamente. Va osservato di
passaggio come in fisica accada spesso che alcuni risultati (ad esempio i
risultati negativi di unequazione con pi radici utilizzata in meccanica
31

Das alles aber kann und muss vollbewusst verstandene und gebte Methode sein. Das ist
es aber nur, wenn dafr Sorge getragen ist, dass hierbei gefhrliche Sinnverschiebungen
vermieden bleiben, und zwar dadurch, dass die ursprngliche Sinngebung der Methode, aus
welcher sie den Sinn einer Leistung fr die Welterkenntnis hat, immerfort aktuell verfgbar
bleibt; ja noch mehr, dass sie von aller unbefragten Traditionalitt befreit wird, die schon
in der ersten Erfindung der neuen Idee und Methode Momente der Unklarheit in den Sinn
einstrmen lie. (Krisis, p. 46-7, 9)
32
Variieren wir ideell die wirkliche Welt, sie phantasiemig frei umbildend, so bedeutet
der dabei hervorspringende universale Stil ihrer Konkretion als Universum seiender
Konkretionen (jede im Stoffwechsel seiend) eine universale Bindung, eine Kausalitt, die
die Konkretionen in ihren Vernderungen als Konkretionen regelt. () Man versteht, dass
es sich hier nicht um eine wilde Konstruktion, um ein Spielen mit verbalen Begriffen
handelt, sondern dass mich dabei der Blick auf eine durch die empirische Welt
hindurchgehende (wenn auch nicht alle Konkretionen der Krperwelt erschpfende)
Aufbautypik fhrt, die auch die Allgemeinheit der irdischen Krper, darunter der
Organismen, zu einem Zusammenhang von physischen Konkretionen macht, jede
eigenwesentlich und in der Koexistenz mit anderen durch eine Gesetzmigkeit, durch eine
kausale, aber auf Konkretionen bezogene, geregelt. Natrlich kann diese Regelung nicht
eine eindeutige sein, schon darum, weil die Natur nicht die Welt ist. () Die
mathematische Physik ist ein groartiges Instrument der Erkenntnis der Natur, in der wir
wirklich leben, der im Wandel der Relativitten immerfort empirische und konkrete Einheit
in Identitt durchhaltenden Natur. Praktisch ermglicht sie eine physikalische Technik.
Aber sie hat ihre Grenzen, und zwar nicht nur darin, dass wir empirisch nicht ber eine
Approximationsstufe hinausknnen, sondern darin, dass nur eine schmale Schicht der
konkreten Welt wirklich gefasst ist. () Die biophysische Realitt und Kausalitt kann sich
nie auf physikalische Realitt und Kausalitt reduzieren. (Krisis, p. 390-1, Beilage IV, zu
12).

49

razionale) vengano poi espunti come irreali dagli esiti di un calcolo, in


quanto non possibile farvi corrispondere nulla di empirico. In ci di nuovo
non c niente di male, ma dobbiamo tenere questo tipo di operazioni ben
presenti davanti agli occhi prima di concedere galileianamente che la natura
ha unessenza congenere alla matematica. Chiaramente, come Husserl nota,
la chiave per comprendere questa attrazione fatale della matematizzazione
della natura rappresentata dal potere predittivo e quindi dal potere tecnico
che ci consente: manipolando solo variabili che si comportano in modi
inerziali, uniformi, prevedibili, predisponiamo il terreno per determinare
variazioni controllate degli esiti (esperimenti) e poi esercitare applicazioni
controllate di cause (tecniche).
importante comprendere come il valore di verit non coincida con
il valore operativo, pur non essendone completamente estraneo. Nel
momento in cui osserviamo con Husserl (e poi con Heidegger) che il
metodo dellesplorazione scientifica mira fondamentalmente al successo
tecnico, cio ad un valore operativo e predittivo, e che ci tende a coprire
levidenza dei fenomeni, necessario tentar di chiarire questo punto.
Obiezioni alla coincidenza tra valore di verit e valore operativo possono
essere poste in almeno due modi molto differenti. Il primo quello di
denunciare senzaltro la coincidenza tra significato (ad esempio di una
proposizione, di un giudizio considerato vero) e sue implicazioni; il secondo
quello di denunciare la selezione metodologica che considera come
rilevanti per un significato solo una ristretta cerchia di conseguenze, ovvero
quelle utilizzabili. Da un lato possibile asserire che il significato di
qualcosa non riguarda essenzialmente le conseguenze che se ne possono
trarre, ma vissuti individuali non generalizzabili (qualia); unidea del genere
pu essere in qualche misura ascritta alla nozione di verit dellultimo
Heidegger. Dallaltro possibile asserire che, anche se la dimensione delle
implicazioni quella fondamentale nel determinare il contenuto di una
verit, tali implicazioni non devono essere artificialmente preselezionate in
modo da prendere in considerazione solo le implicazioni che hanno
applicazione tecnica (ovvero che consentono manipolazione causale e
predizione univoca). Questa seconda accezione pertinente per le
osservazioni di Husserl, anche se il tema non particolarmente
approfondito.
Se guardiamo ai pi fondamentali principi della fisica vi possiamo
riscontrare abbastanza facilmente una commistione tra metodologia
(esplicita o inavvertita) ed ontologia. Di fatto possiamo metterci in grado di
intendere il senso attribuibile alle leggi della natura, allo stile causale
della natura, solo se comprendiamo la profonda interdipendenza tra
coscienza ed alterit materiale. Il termine su cui focalizzare
interdipendenza: non si tratta solo di scorgere la dipendenza delle datit
reali dalla coscienza, ma anche le condizioni materiali (non causali, n
cerebrali) perch coscienza ci sia. Partiamo da una considerazione della
natura dello spazio, che qualcosa su cui Husserl si sofferma. Lo spazio
innanzitutto non si d mai nella forma astratta e priva di orientamento con
cui la matematizzazione cartesiana e poi newtoniana lo vede. Lo spazio ci si
d primariamente come qualcosa di orientato secondo un sopra ed un sotto,

50

un davanti ed un dietro, una destra ed una sinistra. Questa caratterizzazione


potrebbe essere ritenuta come qualcosa di meramente incidentale per la
nozione di spazio, qualcosa di dipendente dalla nostra limitata capacit
umana di concettualizzare le cose, tuttavia se proviamo a pensare lo spazio
puro, privo di alcun tipo di riferimento ed orientamento, scopriamo che la
nozione di spazio diviene rapidamente inservibile. Infatti, la nozione fisica
di spazio serve idealmente a determinare luoghi (di cose od eventi) e
distanze tra luoghi, dunque serve a porre misurazioni. Lo spazio non si d se
non come possibilit di porre elementi in relazione spaziale, come
possibilit per cose od eventi di occupare uno spazio o di muoversi in uno
spazio. La natura dello spazio legata alla natura dellimmaginazione, ed
oggetto dellimmaginazione sono operazioni che pongono corpi in relazione
(li muoviamo, deformiamo, ne valutiamo possibili comportamenti
reciproci). Lo spazio la condizione di possibilit per immaginare relazioni
statiche e dinamiche tra corpi. Tuttavia, determinare una relazione tra due
corpi possibile solo ponendoli in qualche modo in connessione attraverso
unoperazione: possiamo guardare due corpi sinotticamente, toccarli, portare
lo sguardo dalluno allaltro, e possiamo misurare le loro reciproche
posizioni con un medio di misurazione. importante capire che spazio non
si d senza una dimensione di motilit che dispone le parti dello spazio
(luoghi) in rapporti reciproci. In questo senso niente garantisce che lo spazio
abbia caratteristiche di costanza e neutralit di tipo newtoniano; anzi,
siccome moti si possono dare in modo determinato solo a partire da
posizioni precostituite, risulta chiaro che lo spazio non affatto concepibile
come privo di orientamento: nello spazio si danno entit e rapporti
determinati tra tali entit.
Se si dimentica la correlazione originaria dello spazio con la
corporeit vissuta si possono generare numerosi equivoci. Si pu ad
esempio ritenere enigmatico che allo specchio si invertano destra e sinistra
ma non alto e basso (ma destra e sinistra sono determinazione
propriocettive, senza ancoramento ambientale, mentre alto e basso sono
anche determinazioni percettive, ancorate ad eventi esterni, perci non la
destra e la sinistra che si invertono allo specchio, ma il modo in cui noi ci
collochiamo nellambiente visto allo specchio ci che ribalta la scena). Pi
importanti per la concettualit fisica sono gli aggiustamenti che la teoria
della relativit ha dovuto fare rispetto alla nozione astratta di spazio
newtoniano: la relativit speciale introduce latto di misurazione nel sistema
fisico, scoprendo ci che da sempre implicito nella genesi dellidea di
spazio (e, vedremo, di tempo); lo spazio si d sempre solo per atti di
correlazione tra enti, ed atti di correlazione (misurazione) si danno solo da
un punto di vista (cio, per un agente). Bisogna poi tener fermo un problema
di fondo, che la relativit speciale implicitamente affronta: lo spazio, in
quanto presupposto delle correlazioni, non qualcosa che abbia di per s
alcuna caratteristica ascrivibile, dunque neppure possiamo considerarlo
come dotato di specifiche misure o dimensioni. Lo spazio il
presupposto delle misurazioni e quindi non ha alcuna misura propria, questo
per significa che le unit di misura dello spazio non sono ci che
pretendono di essere:. Ma allora cosa sono le nostre unit di misura dello

51

non lo spazio in s che si incarna nei nostri metri spazio? Esse sono
incarnazioni non dettate dallo spazio, ma dal nostro modo di porci verso lo
spazio, da ci che nello spazio cerchiamo, che per la scienza fisica
innanzitutto costanza. I metri di misurazione sono incarnazioni imposte
storicamente che incarnano lideale di costanza (es.: il metro campione di
Parigi). Non lo spazio in s ad essere neutrale e sempre costante, ma
importante per le nostre pratiche nello spazio che si possa trovare un
riferimento neutrale e costante. La teoria della relativit compie un passo
concettualmente importante nel momento in cui pone come parametro di
misurazione dello spazio (e del tempo) una velocit, ed in particolare una
velocit considerata come la massima a cui un segnale pu essere trasmesso,
cio la velocit della luce. Tuttavia, questo passaggio fatto con
consapevolezza solo parziale, infatti la velocit della luce (cio delle onde
elettromagnetiche, che fungono qui da metro campione) posta come
costante in qualunque contesto fisico possibile, nonostante sul piano della
conoscenza fisica ci non sia a rigore accertabile. Di fatto, il caso in cui in
termini di fisica classica si dovrebbe ammettere senzaltro che la velocit
della luce non davvero costante (influsso gravitazionale) viene eliminato
dalla concettualizzazione della relativit generale, sopprimendo la
gravitazione stessa come forza agente (non ci sono pi campi
gravitazionali, ma lo spazio stesso considerato curvo).
Qualche considerazione affine deve essere svolte con riferimento al
problema della cosiddetta natura tridimensionale dello spazio. Nonostante
molti interrogativi siano stati sollevati intorno alla natura delle tre
dimensioni e nonostante, grazie alla matematizzazione della geometria, sia
oggi consueto parlare liberamente di n dimensioni, lunico modo per
comprendere il senso delle tre dimensioni rivolgersi alla genesi del
concetto di dimensione spaziale. Le tre dimensioni richiamate nella
determinazione dei corpi reali non sono ovviamente rintracciabili
direttamente nella realt; per capire come si giunge al fatidico numero di tre
dimensioni bisogna capire come si definita la prima dimensione a partire
dal punto geometrico. Il punto lentit priva di forma e dimensione,
ovvero, con Euclide, ci che non ha parti. Ma ovvio che qualunque
dimensione reale analizzabile in parti, dunque il punto geometrico un
concetto-limite, anzi proprio il concetto di limite minimo; negli Elementi
di Euclide troviamo anche che punti sono gli estremi di una linea, dunque
appunto i punti che delimitano una linea. Proviamo allora a vedere per un
attimo cosa conta come linea; per Euclide linea semplicemente
lunghezza senza larghezza, dal che possiamo trarre che il punto il limite
di unoperazione di misurazione, dunque qualcosa che non ha alcuna
dimensione fisica proprio perch non appartiene al regno delle cose, ma a
quello delle operazioni cognitive sulle cose. La linea, a sua volta,
fondamentalmente linea retta, in quanto minima distanza tra due punti (cio
in quanto misura che copre il percorso pi economico, inerziale, tra due
punti). Se per punto e linea sono sostanzialmente momenti di un atto di
misurazione, ne segue che tali saranno anche superfici e solidi, in quanto
reiterazioni delle operazioni di misurazione lineare. Tre operazioni di
misurazione del tipo che prende come campione il procedere rettilineo di

52

una misurazione sono quanto necessario per indicare gli estremi degli
oggetti nello spazio, e questo tutto il mistero del perch proprio tre
dimensioni vi siano in natura. Le dimensioni non sono propriet misteriose
della natura, ma modalit della nostra determinazione metrica della natura.
Non che lo spazio ha dimensioni, ma lo spazio diviene spazio geometrico
attraverso atti di misurazione, la cui composizione chiamiamo dimensioni.
Veniamo al tempo fisico o tempo di natura; gi sappiamo che non si
possono prendere in considerazione successioni temporali se non in
dipendenza dallintenzionalit della coscienza; chiediamoci allora come si
d innanzitutto la temporalit fisica; di primo acchito essa deve darsi come
successione di eventi, ma in termini fisici ci non basta in quanto il tempo
innanzitutto da intendere come qualcosa che scorre regolarmente e che
fornisce cos il parametro per misurare i processi. Tuttavia, se la natura
metrica dello spazio era ambigua, quella del tempo davvero misteriosa:
cosa mai scorrerebbe costantemente in modo da fornire il metro universale
per determinare processi fisici? chiaro che non c niente che scorra a
fianco del succedersi degli eventi: abbiamo proprio solo il succedersi di
eventi. Aristotele defin il tempo come il numero del movimento, cio
come la misura del movimento, ma non affatto chiaro come si possa
determinare ununit di misura del tempo; quale sarebbe infatti il parametro
per valutarne la costanza in diversi atti di misurazione? Nel caso dei
campioni metrici spaziali il criterio di stabilit pu essere applicato in
quanto assumiamo che allo scorrere del tempo un campione metrico
funzionale quello che non muta; ma se fosse il tempo stesso a manifestare
mutamenti incontrollabili non ci sarebbe alcuna possibilit di valutare
alcunch, neppure la validit dei metri spaziali. Ora, come per lo spazio
anche per il tempo dobbiamo concludere che esso non ha alcuna misura, ma
il modo con cui noi costruiamo misurazioni del cambiamento. Se
potessimo accertarci con una misurazione della regolarit del tempo,
dovremmo avere una metatemporalit che ci garantisce della costanza
della regolarit prima. Di fatto, tutto ci che si pu fare per determinare
misurazioni del tempo ricercare processi che paiono dispiegarsi in modo
uniforme in diverse istanze del medesimo processo. I moderni orologi
atomici sono considerati un modello di regolarit in quanto ponendone
diversi con la medesima sincronizzazione di partenza, essi mostrano dopo
un anno differenze massime dellordine di 6 x 10-6 sec. Di nuovo vediamo
come lunit di misura posta sulla scorta di un ideale normativo di
regolarit. Dunque spazio e tempo, le due componenti fondamentali alla
base di ogni misurazione fisica, sono introdotte come incarnazioni di
ununiformit della natura presupposta. Ci comporta che qualunque cosa,
per avere un qualche grado di legittimazione scientifica, o meglio, di
esistenza scientifica, deve rispondere ad esigenze ideali di regolarit.
ovvio che ci ha unimplicazione inaggirabile, ovvero che non possibile
stabilire su base scientifica che la natura uniforme; pi pregnantemente,
non possibile stabilire su base scientifica che la natura governata in toto
da leggi. Questo perch, com chiaro, qualunque tipo di fenomeno che
risulti difficile da sottoporre a misurazione, cio che non manifesti
sufficiente uniformit, viene sottratto alla considerazione. Ci diventa

53

ulteriormente chiaro se pensiamo allesigenza di ripetibilit propria di tutti i


risultati che vogliano dirsi scientifici: se qualcosa non ripetibile non
scientificamente reale. Questa, per intenderci, non una critica al
procedimento scientifico, tuttaltro: perfettamente ragionevole che soltanto
ci che pu essere ripetuto sotto condizioni sperimentalmente controllate
possa avere accesso alla considerazione scientifica, e ci ragionevole sia
sulla scorta dellesigenza di controllo intersoggettivo che sulla scorta
dellesigenza di manipolabilit tecnica. Il punto filosoficamente critico,
tuttavia, sta nel mettere in guardia circa estensioni improprie di una scelta
metodologica pienamente sensata ad un livello ontologico: un grave errore
logico pensar di poter inferire dal fatto che tutti i risultati scientifici ci
consegnano uniformit (e dunque, se le catturiamo con equazioni, ci
consegnano leggi) al fatto che la natura consta di uniformit o di leggi.
Tutto ci che ci viene detto che una sezione prossima della natura
manifesta uniformit che possono essere formulate attraverso leggi (con
laccortezza di rammentare che tali leggi non impongono nulla, ma
registrano andamenti costanti cos come si sono dati).
Notiamo di passaggio, senza poter approfondire il punto, che la
teoria della relativit compie un passaggio importante comprendendo che
spazio e tempo non sono degli assoluti che preesistono agli atti di
misurazione, ma sono esiti di atti di misurazione; tuttavia, per poter
continuare con fiducia nellintrapresa scientifica Einstein dovette porre al
posto di tempo e spazio assoluti unassoluta unit di misura, nella forma
della velocit della luce. Ci per comporta numerosi inconvenienti. In
primo luogo, pone tutto il sistema dei saperi in dipendenza del
comportamento di una componente del sistema, cio dalla velocit della
luce posta come insuperabile e costante. Il primo problema che questi
presupposti sono datit empiriche che potrebbero essere false. Un secondo
problema che la loro interpretazione oscilla tra la dimensione
epistemologica e quella ontologica, visto che non mai pienamente chiaro
se le equazioni relativistiche ed i loro esiti vadano intesi in modo meramente
cognitivo, come il modo in cui noi possiamo effettuare i nostri atti di
misurazione, nei limiti della velocit massima di trasmissione dei segnali.
oppure in modo pienamente realistico, come limiti oggettivi con cui si
possono trasmettere effetti fisici da un sistema allaltro.
Se diamo una rapida occhiata ai principi della dinamica su cui si
basa ledificio della fisica classica troviamo inscritti gli ideali normativi di
cui sopra in modo ancora pi icastico. Il primo principio recita, in una sua
versione, un corpo, su cui non intervenga una forza, continua nella sua
condizione di stato o moto rettilineo uniforme. Ebbene, questa
sembrerebbe chiaramente una generalizzazione giustificata sulla scorta di
infiniti dati empirici che confermano questa tesi e sullassenza di smentite.
Tuttavia, se guardiamo i termini pi da vicino scopriamo che il tutto meno
informativo di quanto ci si potrebbe aspettare. Cos un corpo? una
massa. E come si determina una massa? Sulla base del modo come reagisce
allapplicazione di forze. E come si determina lapplicazione di forze ad un
corpo? Attraverso la sua variazione di moto (accelerazione). La nozione di
forza in fisica riducibile ai suoi effetti su masse, e non ha alcuna modalit

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di esistenza indipendente da questi effetti. Ora, da ci segue che per


determinare che qualcosa una massa inerziale, cio un corpo su cui non
intervengono forze, necessario stabilire che esso non manifesti variazioni
di moto; vengono cos scartati dalla considerazione tutti quei corpi che in
qualche modo non manifestino una condizione di stato o moto rettilineo
uniforme. Se teniamo presente che a rigore non possiamo mai davvero
isolare un corpo da tutte le forze che potenzialmente o in atto si esercitano
su di esso (si pensi alle forze gravitazionali, che non possiamo certo
sbarrare), ne segue che il principio in effetti non parla di corpi su cui non
sono applicate forze, ma di corpi su cui non sono applicate forze ulteriori,
nuove rispetto ad un quadro precedente; ma per scorgere se si danno nuove
applicazioni di forze non abbiamo altro mezzo che vedere se esso presenta
accelerazioni. Ma almeno la natura di rettilineo pu essere considerata
informativa? No, perch rettilineo semplicemente il moto pi economico
tra due punti, cio il moto che avviene in assenza di forze applicate.
Dunque, nel complesso, il primo principio della dinamica non dice niente di
empirico sul mondo, tranne che vi sono fenomeni organizzabili secondo una
serie di definizioni reciproche dei termini corpo (massa), forza
(accelerazione), e moto inerziale (stato o moto rettilineo uniforme).
Il secondo principio della dinamica completa il quadro, definendo
laccelerazione prodotta da una forza su di un corpo come direttamente
proporzionale alla forza applicata ed inversamente proporzionale alla massa
inerziale del corpo. Siccome non c modo di determinare una forza se non
attraverso laccelerazione (positiva o negativa) impressa su di una massa, e
siccome non c modo di determinare la massa di un corpo, se non
sottoponendola allapplicazione di forze e misurandone leffetto come
variazione di moto, ne segue che anche il secondo principio della dinamica
ha una natura essenzialmente definitoria dei suoi termini.
Tra i punti che possono essere valutati con maggior interesse c il
complesso rapporto concettuale che intercorre tra primo e secondo principio
della termodinamica. Il primo principio il cosiddetto principio di
conservazione dellenergia in un sistema chiuso, ed afferma che vige
unequivalenza tra calore e lavoro, ovvero che lenergia impiegata in un
sistema per produrre lavoro non scompare ma si trasforma in calore. Il
secondo principio, che ha innumerevoli formulazioni, afferma che non
possibile trasformare integralmente il calore in lavoro, ovvero che lentropia
di un sistema isolato tende ad aumentare fino a raggiungere lequilibrio
termico. Ora, linteresse per noi di questi principi, ed in particolare del
secondo, sta nel fatto che essi fanno riferimento necessario allasimmetria
del tempo, cio al fatto che il tempo, come si dice, scorre in un senso:
mentre le equazioni della gravitazione universale o dellelettromagnetismo
sono idealmente reversibili quanto al loro decorso temporale, questo non
vero per il secondo principio della termodinamica. Notoriamente
unapplicazione alluniverso, considerato come sistema chiuso, del secondo
principio della termodinamica implica la cosiddetta morte termica
delluniverso, ovvero il raggiungimento di una condizione in cui tutta
lenergia utilizzabile per produrre lavoro si ridotta ad energia termica in
equilibrio, e dunque non pu esserci pi n materia n vita. Nonostante di

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primo acchito ci potrebbe essere la tentazione di considerare questa idea in


conflitto con il principio di conservazione dellenergia, cos non , in quanto
non si dice che lenergia scompaia dalluniverso, ma si dice che tutte le
differenze energetiche hanno raggiunto lequilibrio e quindi non possono
pi compiere alcun lavoro. Ci che per ha sollevato da sempre curiosit, e
ne solleva a maggior ragione per noi, il riferimento alla crescita
necessaria dellentropia. Essendo la nozione di entropia correlata a quelle di
ordine, caso e probabilit, la natura delle argomentazioni a sostegno del
secondo principio della termodinamica sembrano avere pi il carattere di
necessit logiche che di leggi fisiche; ed in effetti la difficolt a discriminare
la componente empirica da quella logica di particolare interesse per noi.
Ora, ogni unit di materia appare come energia organizzata e stabilizzata,
mentre ogni produzione di lavoro implica il degrado pi o meno massiccio
da energia in forma organizzata, ordinata, utilizzabile ad energia termica, la
quale a sua volta tende a raggiungere lequilibrio termico con lambiente
circostante. La crescita dellentropia indica una riduzione complessiva degli
stati organizzati della materia (e dellenergia) a favore di stati meno
organizzati. Ora, in certo senso intuitivo dire che, in assenza di unazione
ordinatrice esplicita, gli andamenti spontanei casuali tendono ad essere
progressivamente sempre meno ordinati: se non cerchiamo di mettere in
ordine la stanza, difficilmente essa conserva lordine o vi ritorna
spontaneamente. Tuttavia questa osservazione intuitiva non
necessariamente un buon viatico, in quanto, a ben vedere, allinterno di un
sistema puramente casuale, come si assume essere il cosmo materiale, non
ci sono stati pi o meno probabili: in linea di principio dovremmo supporre
che in un tempo infinito tutti gli ordini possibili si succederanno in tutte le
combinazioni possibili, senza che ci ci dica nulla di tendenze chiaramente
indirizzate. Ma questa nozione di casualit non si attaglia bene al nostro
mondo: proviamo ad immaginare un mondo in cui non vi sia una tendenza
naturale allaumento dellentropia. Un tale mondo si configurerebbe come
particolarmente insidioso, anzi, a ben vedere, come incompatibile con
qualunque forma di vita: la natura stessa del nostro mondo in quanto dotato
di uniformit sarebbe minacciato da una situazione in cui lentropia tendesse
naturalmente a decrescere. Quando noi aspettiamo che il caff si raffreddi
noi aspettiamo che lenergia termica raggiunga spontaneamente un
equilibrio con lambiente; un mondo in cui la seconda legge della
termodinamica non valesse sarebbe un mondo in cui un succo di frutta
ghiacciato potrebbe organizzare il moto delle molecole circostanti per
aumentare la propria temperatura fino allincandescenza. Sarebbe in
generale un mondo in cui il rimbalzo del pallone invece di decrescere fino a
spegnersi potrebbe con altrettanta facilit aumentare progressivamente di
energia cinetica fino a trasformarsi in un bolide incontrollabile. I rari casi in
cui singoli eventi non seguono del tutto la tendenza allequilibrio sono
eventi tipicamente catastrofici, come le situazioni in cui un ponte od un
bicchiere entrano in risonanza amplificando onde di entit solitamente
trascurabile. In questottica vediamo anche laffinit con il primo principio:
un mondo in cui lenergia (e dunque neppure la materia) non si conservasse,
ma nascesse o sparisse liberamente sarebbe un mondo del tutto privo di

56

costanze ed equilibri possibili. Cause uguali potrebbero produrre effetti


toto coelo differenti; la materia stessa potrebbe costituirsi o sparire dal nulla,
con sgradevoli conseguenze per qualunque ente che dovesse contare su
costanze di funzionamento esterno ed interno. In altri termini legittimo
dire che affinch ci siano viventi e a maggior ragione viventi dotati di
coscienza si deve dare un mondo cui lenergia si conserva (in un sistema
chiuso) ed in cui lentropia aumenta. Ma chiediamoci ora di nuovo: qual il
carattere di queste leggi, empirico, logico, o altro ancora? Chiediamoci dove
sta lapparente cogenza logica di unidea come quella dellaumento
dellentropia. Il punto, si dice, che per produrre una crescita dellordine in
un sistema (ovvero un aumento dellenergia disponibile, cio delle
differenze di energia, visto che lenergia non misurabile altrimenti che
come differenziale) sarebbe necessario che avvenisse una selezione delle
molecole con maggiore energia a scapito delle altre in modo da concentrare
tutte le molecole con maggiore energia da una parte e quelle con energia
minore dallaltra. Tale selezione per, si detto, potrebbe avvenire solo
attraverso un lavoro esercitato dal selettore (il diavoletto di Maxwell), che
richiederebbe energia a sua volta per effettuare questopera di
discernimento. Ora, chiaro che un tale ragionamento, sia nella proposta
che nella critica assume sostanzialmente quello che vorrebbe mettere in
discussione. Si assume cio che, in assenza di un agente specifico (un
demone, ad esempio) questo processo di separazione di particelle a
maggiore e minore energia non potrebbe avvenire. Ma questo appunto ci
che il principio afferma, e basterebbe che vi sia una cosa (una forza) in
tutto luniverso che avesse la facolt di creare differenze energetiche, perch
il principio fosse falso. In altri termini, il principio in questa versione non ha
cogenza logica. Quando noi tendiamo ad annuire di fronte allidea che
lordine meno probabile del disordine, noi stiamo introducendo
surrettiziamente un giudizio di valore; in effetti, che senso ha parlare di
disordine in senso oggettivo? Al pi possiamo dire: un certo ordinamento
singolo meno probabile dellinsieme di tutti gli altri ordinamenti possibili.
Se volessimo dire qualcosa di pi di questo, cio se volessimo dire che
qualcosa ordine e qualcosaltro non lo , dovremmo introdurre un criterio
di ordine, il che sembra possibile solo alla luce di una disposizione
teleologica: nella mia stanza vale come ordine ci che risponde a certe
esigenze di funzionalit, e perci vale come disordine la totalit degli stati
possibili che non tengono presente le mie esigenze funzionali. Chiediamoci
cosa c di simile sul piano delle nostre valutazioni fisiche. Cosa vale come
stato organizzato della materia o dellenergia? La risposta estremamente
diretta: ci che siamo in grado di utilizzare in qualche azione. In questo
senso in meccanica classica lattrito segnalato come una forza negativa,
non assimilabile ad alcuna delle forze fondamentali, ma determinata come
componente dissipativa rispetto alla direzione in cui sono applicate le forze
che teniamo sotto osservazione. In altri termini non esiste lattrito in s, ma
solo in relazione ad uno specifico andamento causa-effetto: attrito tutto ci
che viene sprecato nella trasformazione di energia in lavoro. Lattrito,
come si sa, genera calore, ma questo pu essere anche tradotto come segue:
la parte di energia meno utilizzabile lenergia termica; il che nel secondo

57

principio si traduce in: non mai possibile utilizzare integralmente per


produrre lavoro lenergia termica disponibile. Ma questa la versione
oggettiva di quella che in unottica soggettiva dice: chiamiamo attrito
(energia termica) lenergia che non siamo in grado di contenere in un
sistema e di dominare. In questottica il nesso tra entropia come disordine
(logicamente pi probabile dellordine) e dissipazione termica diventa
chiaro: cos come ogni specifico ordinamento soggettivamente voluto
meno probabile che si verifichi di un qualsiasi stato alternativo, cos ogni
utilizzo di mezzi per ottenere un risultato specifico (lavoro) non pu
trasformare senza dispersione (senza irraggiamento termico, senza attriti)
tutta lenergia disponibile in lavoro (cio in un risultato specifico). chiaro
che lintero valore apriori di questa legge dipende dallassunzione implicita
di unistanza ordinatrice soggettiva, che pone un agente-causa ed un effettorisultato come stati estremamente specifici nel novero degli stati possibili
della materia e dellenergia. Perci non c nessuna effettiva ragione logica
per concedere che lentropia delluniverso in costante aumento. Daltro
canto, se consideriamo che materia organizzata ed esseri viventi ci sono,
non ci si pu sottrarre alla questione metafisica di come sia possibile, di
fronte alla apparentemente ineluttabile tendenza di tutti i processi fisici a
degradare le forme di energia ordinata, che in generale tali forme esistano.
Infatti, salvo introdurre una creazione divina come deus ex machina,
bisogna ammettere che sotto alcune condizioni, magari minoritarie, la
materia possa costituirsi e lenergia differenziarsi in livelli. La situazione
dunque la seguente: non abbiamo nessun argomento logico a favore della
tendenza generale alla crescita dellentropia, abbiamo un argomento logicometafisico contro una tale tendenza generalizzata (lesistenza di forme
organizzate, tra cui i viventi), ed abbiamo un argomento empirico a favore
di questa tendenza, argomento che per inficiato nella sua informativit
dallessere una precondizione affinch questa domanda stessa possa essere
posta (ovvero: vero che nel nostro mondo circostante lenergia tende ad
equilibrarsi, ma se cos non fosse non potremmo neppure averlo notato,
giacch non ci potrebbe essere vita). Vediamo cos, di nuovo, come il valore
di principi fisici universali (non di applicazioni locali) condizionato dalla
natura del rapporto tra soggettivit agente ed oggettivit naturale in quanto
tali: la verit metafisica profonda della fisica che il mondo fisico deve
consentire al vivente di esistere ed alla coscienza di porsi domande sulla
natura fisica; tale precondizione data da principi di conservazione e
riequilibratura.

SEZIONE VII

58

Veniamo cos allultimo e decisivo tema, che domina la Crisi,


ovvero al tema della storicit come dimensione costitutiva ed essenziale per
il soggetto trascendentale. Di fronte allemergere abbastanza improvviso
della storicit tra i temi trattati in forma scritta e pubblica da Husserl si
spesso ricorsi a spiegazioni estrinseche, come la necessit di rispondere alle
posizioni esposte da Heidegger in Sein und Zeit (1927). Tuttavia unocchiata
ai manoscritti ci dice che la questione della storia assume centralit sin dai
primi anni 20, ed inoltre, come abbiamo in parte detto, ci sono chiare
ragioni immanenti alle argomentazioni husserliane a spingerlo nella
direzione di considerare la dimensione storica come centrale. Una volta
compreso come la costituzione degli strati di significato che formano la
nostra modalit di intenzionare gli oggetti opera di una sedimentazione
temporale, a partire dalle sintesi passive ritentivo-protensive, ed una volta
compreso come la dimensione naturale in cui avvengono i nostri giudizi di
realt (verit) quella di un accordo intersoggettivo universale, era ben
difficile non collocare il problema del senso soggettivo in una dimensione
storica, essendo la storia precisamente la dimensione degli eventi temporali
che contano per la soggettivit umana ed hanno validit intersoggettiva
(verit). La Storia, prima di essere quella specifica narrazione che
chiamiamo Storia Universale, con le sue date qualificanti e le sue svolte
epocali, una dimensione di senso. Non si capisce nulla dellimportanza
della storia se si parte da una lettura della historia rerum gestarum, di questa
o quella vicenda, magari con lintento di scorgere qualche lezione da trarre
o qualche buon argomento da opporre altrui. La dimensione prima e
fondamentale per entrare nel senso della storicit la storia presente, o
meglio, la nostra vita vissuta in prima persona in un certo intorno empirico
ed operativo. Questa la dimensione di ci che Husserl chiama mondodella-vita (Lebenswelt), e su cui necessario intrattenersi brevemente.
La prima cosa da comprendere che, contrariamente ad un frequente
fraintendimento, la Lebenswelt non affatto la quotidianit in presa diretta,
cio appresa secondo latteggiamento naturale.33 Mentre nellatteggiamento
naturale, nella quotidianit vissuta, noi siamo interessati a cosa sono le varie
cose, a cosa opportuno volere o non volere, nellatteggiamento filosofico
rivolto al mondo-della-vita noi siamo interessati a come i fenomeni si
danno.34 In un altro senso, tuttavia, il mondo della vita non qualcosa che
33

Wir werden es verstehen lernen, dass die stndig fr uns im strmenden Wandel der
Gegebenheitsweisen seiende Welt ein universaler geistiger Erwerb ist, als das geworden
und zugleich fortwerdend als Einheit einer geistigen Gestalt, als ein Sinngebilde - als
Gebilde einer universalen letztfungierenden Subjektivitt. Dabei gehrt wesentlich zu
dieser weltkonstituierenden Leistung, dass die Subjektivitt sich selbst als menschliche, als
Bestand der Welt, objektiviert. Alle objektive Weltbetrachtung ist Betrachtung im Auen
und erfat nur uerlichkeiten, Objektivitten. Die radikale Weltbetrachtung ist
systematische und reine Innenbetrachtung der sich selbst im Auen uernden
Subjektivitt. (Krisis, p. 115-6; 29)
34
Gestalten wir nun dies zu einer neuen universalen Interessenrichtung, etablieren wir ein
konsequentes universales Interesse fr das Wie der Gegebenheitsweisen und fr die Onta
selbst, aber nicht geradehin, sondern als Objekte in ihrem Wie, eben in der ausschlielichen
und stndigen Interessenrichtung darauf, wie im Wandel relativer Geltungen, subjektiver
Erscheinungen, Meinungen die einheitliche, universale Geltung Welt, die Welt fr uns

59

sia nascosto dietro la nostra quotidianit: proprio ci che viviamo in


ciascun presente vivente, semplicemente osservato sotto Epoch. Questo
significa che il punto di partenza primo, fondante per ogni altra
considerazione di natura scientifica ed oggettiva, un punto di vista
soggettivo-relativo. Tuttavia questo punto di vista soggettivo-relativo non
deve essere soppresso per giungere alloggettivit, bens esso ha in s
loggettivit come un sottoinsieme di casi estraibili. In effetti il mondo della
vita semplicemente il mondo nella sua interezza cos come si d, come
intero e come parti, a ciascuno di noi in quanto soggetti anonimi fungenti
(non in quanto uomini empirici). C per un secondo elemento che deve
essere messo in evidenza nella concezione di mondo-della-vita: il termine
vita non suggerisce semplicemente quotidianit versus teoria, ma rimanda
soprattutto alla dimensione gi sempre orientata, direzionata sul piano delle
preferenze, dei bisogni e dei valori. Il mondo della vita va s contemplato
sospendendone la validit immanente, ma questo non significa che la
dimensione valoriale vada eliminata: diversamente dallatteggiamento
scientifico che ottiene la sua oggettivit eliminando parti dellesperienza, la
prospettiva metodologica husserliana mira a cogliere tutto ci che pertiene
alla coscienza vivente.
Ora, chiediamoci, come si pu accedere per gradi allintuizione della
storicit partendo dallesperienza continuativa del presente vivente? In
primo luogo comprendendo come ciascun soggetto vivente miri
costantemente a collocarsi nel mondo ed autocomprendere la propria
posizione nel mondo: lautodeterminazione della propria identit non un
problema meramente cognitivo per ciascun soggetto, ma un problema
assiologico fondamentale. Per ciascun soggetto essenziale, per orientarsi
nellesistenza, essere in grado di darsi una collocazione rispetto agli altri e
rispetto al contesto temporale in cui vive. Anche chi rifiuta apparentemente
tale sorta di autocollocazione lo fa come istanza polemica secondaria, che
presuppone quella stessa collocazione che fa mostra di rifiutare: lanarchico,
lindividualista, il nichilista, lo scettico, il solipsista, tutti propongono come
atteggiamento esemplare il disinteresse verso ogni nesso relazionale (verso
le istituzioni, verso gli altri, verso i valori costituiti, verso la realt stessa).
Ovviamente tale sorta di atteggiamento, nella misura in cui vuole essere
assoluto, semplicemente contraddittorio: lanarchico non ignora lo stato, lo
contesta attivamente; lindividualista non ignora gli altri ma tenta
attivamente di guadagnare diritti a scapito altrui; il nichilista non privo di
orientamento assiologico, ma boicotta polemicamente i valori correnti; lo
scettico non dubita davvero delle cose su cui fa affidamento operativo, ma
contesta le ragioni altrui per credervi; ecc. Chi davvero conducesse
unesistenza incapace di trovare questa dimensione identitaria non sarebbe
alcuna figura dello spirito, ma piuttosto sarebbe ospite involontario di un
qualche istituto digiene mentale. Comprendere in qualche misura chi si ,
cosa si vuole, quale la propria collocazione nel mondo qualcosa che al
tempo stesso cognitivamente ed assiologicamente fondamentale. Ciascuno
di noi viene alla coscienza e allegoit in una situazione gi sempre avviata,
delle cui origini non ha conoscenza, e comincia faticosamente ad ancorarsi
zustande kommt (). (Krisis, p. 147; 38)

60

in una realt magmatica e fluente, rispetto a cui deve ben presto prendere
posizione per poter decidere dei propri atti. A ben vedere, tuttavia, il modo
stesso in cui noi giudichiamo essere il mondo, e noi rispetto al mondo,
implica quale orientamento avremo; questo significa che le nostre presunte
conoscenze di cosa il mondo e di chi noi siamo rispetto al mondo ci
indicano quale sar lindirizzo etico delle nostre scelte: in una visione
radicale come quella fenomenologica non c alcuna scissione essenziale tra
dimensione cognitiva e dimensione etica; cos come non c modo di
esercitare operazioni cognitive rivolte alla realt senza un orientamento
assiologico (al minimo lorientamento teleologico dellessere vivi),
altrettanto non c modo di assumere un orientamento nel mondo senza
conoscere la propria posizione ed identit rispetto al mondo.
Sulla scorta di queste considerazioni si pu cominciar a vedere qual
il senso della rivendicazione che Husserl fa di un peculiare telos proprio
dellumanit storica. Sin dalle prime pagine della Krisis emerge il tema,
nuovo per lo Husserl pubblico, di un telos immanente alla storia
dellumanit, un telos incarnato dalla cultura europea a partire dalla sua
fondazione nel mondo greco.35 Se lessenza umana la razionalit, e di ci
Husserl, come lintera storia del pensiero occidentale, salvo sparute
eccezioni, convinto, allora filosofia e scienza, prodotti caratteristici
dellOccidente, sono n pi n meno che la rivelazione, lincarnazione
dellentelechia propria dellumanit stessa. Ora, di primo acchito una tesi
del genere pu lasciare perplessi per svariati motivi. Innanzitutto non una
tesi particolarmente nuova, essendo stata rappresentata in forma potente
quantomeno dallidealismo tedesco, Fichte e Hegel in particolare. In
secondo luogo una tesi che pu apparire fastidiosamente etnocentrica,
quasi inconsapevole della ricchezza e variet di culture mondiali con la loro
peculiarit e dignit. In terzo luogo, una tesi che nella sua rivendicazione
della fondamentalit della ragione sembra porsi in una posizione quanto mai
stantia ed angusta, dimentica delle lezioni della crisi dello hegelismo
(Schopenhauer, Nietzsche, Marx, ecc.). Ma ovviamente il fatto che una tesi
suoni vecchia non comporta ancora affatto la sua falsit, e quindi
necessario comprenderla sulla scorta del complessivo percorso di pensiero
husserliano.
35

Damit allein entscheidet sich, ob das dem europischen Menschentum mit der Geburt
der griechischen Philosophie eingeborene Telos, ein Menschentum aus philosophischer
Vernunft sein zu wollen und nur als solches sein zu knnen - in der unendlichen Bewegung
von latenter zu offenbarer Vernunft und im unendlichen Bestreben der Selbstnormierung
durch diese seine menschheitliche Wahrheit und Echtheit, ein bloer historisch-faktischer
Wahn ist, ein zuflliger Erwerb einer zuflligen Menschheit, inmitten ganz anderer
Menschheiten und Geschichtlichkeiten; oder ob nicht vielmehr im griechischen
Menschentum erstmalig zum Durchbruch gekommen ist, was als Entelechie im
Menschentum als solchen wesensmig beschlossen ist. Menschentum berhaupt ist
wesensmig Menschsein in generativ und sozial verbundenen Menschheiten, und ist der
Mensch Vernunftwesen (animal rationale), so ist er es nur, sofern seine ganze Menschheit
Vernunftmenschheit ist - latent auf Vernunft ausgerichtet oder offen ausgerichtet auf die zu
sich selbst gekommene, fr sich selbst offenbar gewordene und nunmehr in
Wesensnotwendigkeit das menschheitliche Werden bewusst leitende Entelechie.
Philosophie, Wissenschaft wre demnach die historische Bewegung der Offenbarung der
universalen, dem Menschentum als solchen eingeborenen Vernunft. (Krisis, p. 13, 6)

61

Quanto alle differenze rispetto allidealismo tedesco classico, anche


senza voler approfondire qui il tema, possibile delineare immediatamente
un punto di differenza essenziale: mentre nello Spirito hegeliano o nellIo
assoluto fichtiano si pu leggere una dimensione assoluta che precede e
fonda il reale, e che dunque in certo modo garantisce gli esiti dello sviluppo
storico, nella prospettiva husserliana tale interpretazione vietata. Mentre
possibile (anche se non affatto lunica lettura) considerare lo Spirito di
Hegel come qualcosa che sovrintende agli sviluppi della Storia e della
Natura, che garantisce per il dispiegarsi del Tempo e dello Spazio, che
insomma assomiglia grandemente al Dio dei monoteismi, questa lettura
priva di senso nel contesto dellanalisi husserliana, dove lessenza sempre
solo incarnata e dove la soggettivit trascendentale non ha una realt
antecedente ed esterna alla sua incarnazione in soggetti empirici ed in
relazione incarnate col mondo circostante. In questo senso la soggettivit
trascendentale husserliana non garantisce nulla circa gli esiti del decorso
storico. Se si potuto plausibilmente dire che in Hegel non c spazio per
vera tragedia nella storia, giacch tutto ci che conta ha garantito, per cos
dire, linveramento in una successiva figura dello spirito, e dunque niente di
essenziale pu mai andare perduto e nessun errore davvero irrimediabile,
ebbene, niente del genere pu dirsi nella filosofia della storia di Husserl, per
cui nulla pu dare simili garanzie.
Quanto al secondo punto, cio all accusa di etnocentrismo, qui le
cose si fanno molto delicate. indubbio che, scrivendo nel contesto
culturale centroeuropeo del primo Novecento, e vista levoluzione
economica ed antropologica succeduta alla seconda guerra mondiale,
Husserl distante anni luce dalla temperie culturale divenuta dominante
negli anni della globalizzazione. Per ci stesso qualunque cosa egli dica su
questi temi risulta nei toni facilmente imprudente o irrispettoso. Husserl
convinto che il potere di attrazione che la cultura occidentale ha avuto ed
ha nei confronti di tutte le culture altre, anche quelle pi strutturate e
raffinate come quella cinese o giapponese, sia dovuto essenzialmente al
potere intrinseco delle idee, ed in particolare dellidea di razionalit come
nucleo qualificante e parametro fondante della cultura occidentale. Ora, c
chi ha ricordato ironicamente che gli Indiani dAmerica o gli Aztechi non
sono stati convinti argomentativamente della bont degli ideali europei,
ma sono stati graziosamente sterminati, fino a che i sopravvissuti hanno
accettato loro malgrado (e spesso solo in parte) i costumi europei; parimenti,
la Cina non si apr allOccidente con entusiasmo per le merci e le scienze
occidentali, ma fu aperta dalle cannoniere inglesi, con argomenti non
precisamente discorsivi. chiaro che una tale questione nel suo senso
complessivo richiede unanalisi molto pi articolata di quanto Husserl abbia
effettivamente fornito, ed in questo senso inutile sperare di trovare negli
scritti husserliani unargomentazione allaltezza della complessit del tema.
Ci per non significa che non dobbiamo sforzarci di vedere se, al di sotto
di una considerazione prima facie semplicistica dei rapporti tra la cultura
occidentale e le altre non ci sia un nocciolo di verit degno di essere
valutato. Innanzitutto non bisogna scordare che Husserl ha davanti agli
occhi la peculiare autodeterminazione razionale dellOccidente, e non

62

lOccidente tout court; in questottica non sarebbe alcuna obiezione il fatto


che numerose tradizioni non occidentali siano state assorbite dallOccidente
e che molti tratti occidentali profondi siano stati contestati dallinterno e
dallesterno: Husserl non sta affatto dicendo che lOccidente ha il
monopolio della buona cucina o dellarmonia famigliare e neppure che
lefficienza del modello economico occidentale sia un modello da
perseguire; egli si limita a pensare che lintento di apprensione della verit,
di autofondazione, autocomprensione, ed in ultima istanza di piena
assunzione di responsabilit per le proprie credenze e decisioni sia un telos
generalmente umano, incarnatosi in modo esemplare nella grecit classica e
da l trasmessa innanzitutto a quellarea del pianeta chiamata Europa. Per
vedere se questa posizione sia davvero segno di un provincialismo
etnocentrico o se sia invece qualcosa di sostenibile bisogna rivolgersi al
contenuto del terzo dubbio sollevato pi sopra, ovvero al contenuto della
razionalit invocata come telos.
Il possibile fastidio che pu cogliere davanti alla rivendicazione di
entelechia umana attribuita alla verit36 e alla razionalit37, dovuto
probabilmente ad un riflesso legato alle istanze scientistiche del positivismo
e del naturalismo, istanze che sappiamo essere radicalmente contestate da
Husserl medesimo. Quando incontriamo di norma frasi che parlano della
verit come fine infinito lo facciamo in contesti in cui lidea di fondo
quella di un infinito approssimarsi asintotico alla corretta rappresentazione
delle cose. Inutile dire che una tale visione non soltanto , dopo Kuhn,
36

hat fr ihn [Mensch] die ganze Idee Wahrheit an sich einen Sinn? Ist das, und
korrelativ an sich Seiendes, nicht eine philosophische Erfindung? Aber doch nicht eine
Fiktion, nicht eine entbehrliche und bedeutungslose Erfindung, sondern eine solche, welche
den Menschen auf eine neue Stufe erhebt, bzw. zu erheben berufen ist in einer neuen
Historizitt menschheitlichen Lebens, deren Entelechie diese neue Idee ist und die ihr
zugeordnete philosophische oder wissenschaftliche Praxis, die Methodik eines neuartigen
wissenschaftlichen Denkens. - Das An-sich besagt ebensoviel wie objektiv, wenigstens so,
wie in den exakten Wissenschaften das Objektive dem blo Subjektiven gegenbergestellt
wird, letzteres als das, was Objektives nur indizieren soll oder worin Objektives nur
erscheinen soll. Es ist blo Phnomen von Objektivem, und aus den Phnomenen das
Objektive herauszuerkennen und in objektiven Begriffen und Wahrheiten zu bestimmen,
das ist die Aufgabe. (Krisis, p. 270-1; 73)
37
Vernunft ist das Spezifische des Menschen, als in personalen Aktivitten und
Habitualitten lebenden Wesens. Dieses Leben ist als personales ein stndiges Werden in
einer stndigen Intentionalitt der Entwicklung. Das in diesem Leben Werdende ist die
Person selbst. Ihr Sein ist immerfort Werden, und das gilt bei der Korrelation von
einzelpersonalem und gemeinschaftspersonalem Sein fr beides, fr den Menschen und die
einheitlichen Menschheiten. - Menschlich personales Leben verluft in Stufen der
Selbstbesinnung und Selbstverantwortung, von vereinzelten, gelegentlichen Akten dieser
Form bis zur Stufe universaler Selbstbesinnung und Selbstverantwortung, und bis zur
Bewusstseinserfassung der Idee der Autonomie, der Idee einer Willensentschiedenheit, sein
gesamtes personales Leben zur synthetischen Einheit eines Lebens in universaler
Selbstverantwortlichkeit zu gestalten; korrelativ, sich selbst zum wahren Ich, zum freien,
autonomen zu gestalten, das die ihm eingeborene Vernunft, das Streben, sich selbst treu zu
sein, als Vernunft-Ich mit sich identisch bleiben zu knnen, zu verwirklichen <sucht>; ()
Aber von innen gesehen ist es ein Ringen der in geistiger Gemeinschaft lebenden und
fortlebenden Philosophengenerationen - der Trger dieser Geistesentwicklung -, im
stndigen Ringen der erwachten Vernunft, zu sich selbst, zu ihrem Selbstverstndnis zu
kommen, zu einer konkret sch selbst - und zwar als seiende Welt, als in ihrer ganzen
universalen Wahrheit seiende Welt - verstehenden Vernunft. (Krisis, p. 272-3; 73)

63

epistemologicamente discutibile, ma anche singolarmente priva di quel


pathos che dovrebbe animare secondo Husserl la verit come entelechia
umana. Husserl, come prima di lui Hegel con la sua nozione di Sapere
Assoluto, non ha certo di vista unidea di crescita generale della conoscenza
fino ad un ideale infinitamente lontano di rispecchiamento totale della realt
del mondo: un tale modello ovviamente sensato solo in una cornice
obiettivista, dove la realt esterna al soggetto ed estranea ad esso, e viene
appresa come riproduzione pi o meno fedele. Ma nel caso husserliano,
come in quello hegeliano, conoscere significa al tempo stesso conoscersi ed
il fine ideale della conoscenza, ovvero il raggiungimento della verit, non
lapprensione di dati estrinseci, bens il riconoscimento della propria
posizione nel cosmo. Per comprendere il pieno senso del processo verso la
verit in ottica fenomenologica bisogna partire dal termine tedesco per
percepire, il cui significato etimologico chiaramente presente ai primi
fenomenologi: percepire si dice wahrnehmen, letteralmente composta da
wahr (= vero) e nehmen (= prendere). La forma prima e pi originaria di
apprensione della Verit la percezione. E la percezione non va intesa
primariamente come riempimento intenzionale o come sintesi di copertura
tra un contenuto intenzionale ed un evento sensibile, bens come autodatit
del fenomeno38 che costituisce insieme il soggetto in quanto percipiente e
loggetto in quanto percepito. Ci ci pone nella posizione giusta per
comprendere il significato della verit come entelechia. Linfante che viene
al mondo e non sa ancora nulla di s e del mondo circostante inizia il suo
percorso nella verit in quanto essere percipiente; la percezione, non
bisogna dimenticarlo, non solo un atto di rilevazione cognitiva neutrale,
ma anche una presa di posizione vivente che individua certi elementi come
pi salienti o interessanti di altri, che avverte alcune esperienze come
negative ed altre come positive, ecc. Se rammentiamo le considerazioni fatte
pi sopra circa il nesso tra percezione e temporalit originaria (protensioni e
ritensioni), e se rammentiamo il processo di costituzione delloggetto nei
suoi tratti di fondo, possiamo descrivere lo sviluppo primario dellinfante
come un processo in cui si tenta una sintesi capace di controllare lambiente
e di collocarsi rispetto ad esso. Linfante ha innanzitutto bisogno di trovare
posto nel mondo assimilando il diverso, armonizzandosi con il mondo
circostante, e ci avviene nella forma di crescita della conoscenza, che in
primis conoscenza operativa, saper-fare. Le verit apprese non sono mere
rappresentazioni, ma sono capacit di agire che consentono di ridurre le
situazioni di spaesamento, angoscia, disorientamento. (Quando vogliamo
sapere la verit su di un delitto, di fatto vogliamo poter risolvere il caso
secondo giustizia e perci vogliamo sapere a chi attribuire la colpa). In
questottica si comprende bene come la scienza contemporanea, mirante al
successo tecnico particolare pi che alla sintesi dei saperi, sia
unincarnazione parziale e difettiva dellimpulso alla verit: se lintento di
controllo tecnico certamente inscrivibile nel telos profondo della
conoscenza, tuttavia la natura parcellizzante e strumentalmente mediata
38

Die Selbstgegebenheit ist also die fundamentalste Weise der Wahrheit und sie fundiert
auch den engeren Sinn der Wahrheit als Urteilswahrheit. (Dieter Lohmar, Erfahrung und
kategoriales Denken, Kluwer Academic Publishers, 1998, p. 165)

64

delle forme di controllo scientifico non consente davvero al soggetto di


trovare una collocazione armonica nel cosmo. Il sapere scientifico ha un
ruolo indubbiamente tranquillizzante, in quanto ci consegna una
rappresentazione di regolarit controllabili, ma lo fa a scapito di una
comprensione del rapporto essenziale tra soggettivit vivente e mondo
materiale: per la rappresentazione scientifica non c posto nel mondo per
una coscienza intenzionale, per una soggettivit agente irriducibile. Non c
per la scienza alcuna possibile conciliazione tra soggetto ed oggetto, per
dirla con Hegel. perci che, secondo Husserl, necessario ridare senso
allintrapresa scientifica, che ha smarrito lorientamento originario
indirizzato verso la verit (non verso il solo controllo tecnico), e che dunque
deve imparare ad integrare la dimensione della coscienza e quella
dellobiettivit. Il telos della verit non solo sapere come le cose stanno,
ma anche sapere come esse si relazionano, da dove vengono e dove vanno,
come possiamo agire su esse, come esse agiscono su noi, cosa dobbiamo
fare nel mondo e cosa veramente vogliamo fare. Come gi Hegel sapeva
perfettamente la Verit non una riproduzione esatta (oggi diremmo una
fotografia) della realt esterna, in quanto non c alcuna realt esterna che
in s e per s pu essere appresa con una serie di riproduzioni
(rappresentazioni): alleventuale riproduzione bisogna aggiungere
uninterpretazione degli elementi che vi occorrono, dunque delle loro
relazioni complessive tra di essi, nel tempo e rispetto a chi li percepisce. In
ultima istanza la verit (e le approssimazioni alla verit) si manifesta come
saper vivere (non ovviamente nel senso superficiale del savoir vivre).
Se questa la visione della Verit, si pu anche comprendere come
si configuri la razionalit come entelechia: nel caso dellidea di una
fondazione razionale il dubbio radicale che pu legittimamente cogliere il
seguente: cosa pu voler mai dire fondazione razionale, visto che la ragione
si esercita attraverso inferenze, ed inferenze si possono trarre solo a partire
da dati non ulteriormente riducibili? In altri termini, esigere che qualcosa sia
fondato in modo puramente razionale non equivale a tutti gli effetti a
cancellarne ogni fondazione, giacch nel momento stesso in cui qualcosa
diviene razionale non ha pi alcun valore intrinseco assoluto? Questo un
tema ed unintuizione antichissima, per quanto sia stata esplicitata
filosoficamente solo in tempi relativamente moderni: il senso del peccato
originale nella Genesi quello delluscita da uno stato di armonioso
immediato contatto col divino a causa della tentazione di conoscere (il frutto
dellalbero del Bene e del Male). Socrate corruttore dei giovani e merita
la cicuta in quanto distoglie i giovani dalladesione immediata ai valori
tradizionali per cercare di renderli consapevoli delle ragioni delle proprie
credenze. Ora, che nessuna catena di inferenze possa avere valore fondativo
fuor di dubbio, ma ragione per Husserl (come per Hegel) non affatto il
mero esercizio della logica. In questottica per si deve osservare anche che
la stessa natura dellaltro dalla logica viene a modificarsi: il fondamento
pre-inferenziale delle inferenze non n un semplice dato, n
unintuizione sentimentale. Il fondamento un comportamento ambientale
immanente che ci consegna continuamente intuizioni in presa diretta e che
presupposto, come Husserl mostra, allo stesso emergere di una razionalit

65

matura. Ma proprio grazie ad unanalisi come quella genetica avviata da


Husserl vediamo la strada per conciliare la dimensione mediata propria della
ragione logica con la dimensione immediata senza cui la prima non sarebbe
potuta nemmeno esistere: la ragione fenomenologica non affatto
interessata a sostituire allesperienza immediata una spiegazione mediata,
come invece fa il naturalismo (senti cos perch il cervello funziona cos), al
contrario si tratta di riconoscere lautodatit dei fenomeni. La visione sotto
Epoch media limmediato in un senso del tutto diverso dalla spiegazione
causale: ci che ci si d riconosciuto nei limiti in cui si d. Questa
prospettiva ha implicazioni potenti, nonostante le apparenze miti: mentre in
una prospettiva scientistica ogni qual volta ci si affatica intorno ad unentit
fondamentale (es.: nascita, coscienza, genetica), lo si fa con lintento
implicito o esplicito di poterlo rendere oggetto di un intervento causale, in
una prospettiva fenomenologica si riconosce qual il limite fondativo di ci
che sappiamo e possiamo, e dunque si riconoscono anche i limiti cognitivi
dei nostri interventi causali. Ad esempio, mentre la scienza genetica pu
sognare di intervenire sulla struttura genetica umana fino a creare
uninebriante (ed inquietante) circolarit, tale per cui il soggetto che ora
siamo potrebbe intervenire sul soggetto a venire in modo da togliere alla
soggettivit i suoi limiti (e le sue determinazioni) attuali, in un infinito
rilancio al buio, la visione fenomenologica ci mostra come il modo di
costituire i nostri saperi non ci consente di immaginare a priori gli effetti di
simili interventi causali, e dunque ci mostra al tempo stesso come il
fondamento in cui siamo ora insediati (i nostri geni nel nostro ambiente
storico-naturale) non semplicemente unopzione tra innumerevoli
possibili, ma lunica condizione che siamo in grado di comprendere, e che
dunque interventi causali di ingegneria genetica radicale hanno
propriamente un significato razionale pari ad un calcio alla radio nella
speranza che funzioni meglio di prima. Come si vede, il fondamento in
unottica fenomenologica non ci che dogmaticamente non si pu fare
(nel duplice senso di non legittimit ed impossibilit pratica), giacch tale
limite non sufficientemente razionale da costituire un limite efficace (chi
dice cosa legittimo e su che base? e se operativamente impossibile,
perch vietarlo? Limiti di questo genere, proprio perch infondati, prima o
poi vengono sempre scavalcati.) In unottica fenomenologica si possono
scorgere limiti, nel senso di riconoscere quando sappiamo cosa facciamo e
quando invece stiamo operando in modo irrazionale in quanto ignari delle
conseguenze ed incapaci di fare tesoro di nessi eventualmente emersi. In
ultima istanza la nozione fenomenologica di razionalit include percezione,
prassi, propensioni sensibili e capacit inferenziali, e colloca la dimensione
inferenziale (deduttiva, induttiva ed abduttiva) nei limiti delle sue effettive
capacit. Listanza di razionalit pu essere supportata come telos ideale in
quanto non si identifica affatto con la razionalit logistica o naturalistica;
alla logica formale Husserl contesta lassenza di una consapevolezza dei
limiti di applicazione, che possono essere riconosciuti solo attraverso
unanalisi genetica (e genealogica) dellemergere della logica (nesso tra
formalizzazione logica e scrittura); al naturalismo e positivismo scientifico
viene contestata lincapacit di sintesi con particolare riferimento

66

allincapacit di dar conto della soggettivit come condizione del darsi dei
fenomeni. In entrambi i casi laccusa di Husserl al pensiero sedicente
razionale della nostra contemporaneit di essere affetto da un
inconsapevole irrazionalismo. opportuno ricordare a questo punto come la
disputa (gi presente nella prospettiva hegeliana) che accusa le scienze
moderne di astrattezza (Hegel) o di irrazionalit (Husserl) vista dal
punto di vista delle scienze, e del naturalismo filosofico che delle scienze si
fa paladino, come unistanza metafisica. Rispetto al tema del significato e
della natura della metafisica Husserl non prende posizione, come invece fa
negli stessi anni Heidegger, che rivendica uno nuovo spazio ed una nuova
forma speculativa alla metafisica. Ma, al di l delluso del termine
metafisica, la questione di fondo appunto quella del senso di verit e
razionalit; se la contestazione classica (kantiana) alla metafisica di
produrre formulazioni dallapparenza razionale ma prive della possibilit di
verifica o falsifica, allora si dovrebbe osservare che una parte consistente
delle affermazioni scientifiche moderne (e lo stesso naturalismo scientifico
come teoria filosofica) sono metafisiche. Intere branche scientifiche, come
la cosmologia o la biologia evoluzionista, sono metafisiche in senso
kantiano. Daltro canto, il vero problema concerne i criteri di verifica e
falsifica: in una prospettiva fenomenologica verit non primariamente
lincontro di aspettative, ipotesi o intenzioni del soggetto con un sostrato
obiettivo capace di riempirle o meno; ci che primariamente richiesto
la descrizione del fenomeno in modo quanto pi possibile impregiudicato:
prima di tentare verifiche o falsifiche necessario comprendere il contenuto
che si prende in considerazione e la sua manifestazione concreta nei limiti in
cui si d. chiaro che ogni descrizione che implichi tratti noetici,
intenzionali, che indaghi come il soggetto si indirizza ai suoi oggetti, non
sottoponibile a verifica o falsifica sperimentali; conferme o smentite
possono qui avvenire solo nella forma di avvenuta o mancata comprensione
intersoggettiva. importante capire che il modo di sottrarsi alla verifica di
una descrizione delle premesse della verifica stessa (= determinazione del
significato da mettere alla prova e della manifestazione esperienziale su cui
effettuare la prova), del tutto diversa dal modo di sottrarsi alla verifica di
teorizzazioni su totalit indisponibili (come sulla totalit del cosmo o
sullorigine evoluzionistica della coscienza). Quando effettuiamo una
descrizione od una narrazione noi determiniamo insieme e reciprocamente
le parole che vi occorrono e gli oggetti cui si riferiscono: questo processo
pu risultare efficace o meno, perspicuo o meno, comprensibile o meno, ma
non pu essere sottoposto a verifica in senso stretto. Verifiche in senso
stretto si possono dare solo quando c gi pieno accordo circa il significato
di ci che si mette alla prova. Al contrario, descrizioni e narrazioni sono
interazioni verbali in cui il contesto serve ad articolare il senso dei termini
ed insieme le articolazioni verbali gi consolidate suggeriscono come
segmentare la realt che sta di fronte. Le descrizioni fenomenologiche si
collocano a questo livello, e perci la loro natura non metafisica in senso
kantiano, nonostante non siano soggette a verifica/falsifica. Al contrario
proposizioni del tipo: Il mondo creato da Dio, Il mondo eternamente
sussistente, Il mondo nasce da unesplosione, Il mondo stato creato ieri

67

da un demone malvagio insieme alle nostre memorie fittizie circa un passato


esteso, ecc. sono tutte proposizioni che non si curano di indagare o tentar di
spiegare il proprio significato, ma si pongono come proposizioni che si
tratterebbe semplicemente di verificare o falsificare, laddove per il loro
significato esclude la possibilit di tali test: queste sono proposizioni
metafisiche in senso negativo.
In questottica si capisce anche perch Husserl dica che le vere
battaglie della nostra epoca siano battaglie culturali. facile accusare una
tale posizione di idealismo, nel senso di sopravvalutazione del ruolo delle
idee e del pensiero rispetto a, si suppone, istinti o bisogni. Ma quando si
riflette in questi termini non bisogna mai dimenticare che anche una visione
materialista, economicista o strutturalista una unit ideale. Per Husserl in
effetti non ne va di una specifica teoria, ma della vera e propria capacit (ed
inclinazione) a tentare una comprensione razionale del mondo (razionale in
quanto include unautocomprensione di s nel mondo). La minaccia che
Husserl intravede nellirrazionalismo di tipo mistico (come quello nazista)
cos come nellirrazionalismo positivistico del naturalismo scientista non
in una specifica teoria, quanto nellimplicita rinuncia alla sintesi razionale
(come dogma e pregiudizio, ma anche come frammentazione ed astrazione
dei saperi). In questo senso lEpoch s un metodo, ma anche una via
esistenziale; Husserl parla dellingresso nella prospettiva dellEpoch come
di una conversione; ma ovviamente non si tratta di una conversione ad una
particolare credenza, bens di un rivolgimento dello spirito che impara a
vedere, che impara ad esercitare locchio della riflessione filosofica:
lEpoch, nella visione di Husserl, non una teoria filosofica particolare ma
la via della vita filosofica in quanto tale. Da questo punto di vista si pu
cominciar a capire in che modo la visione husserliana pu sfuggire
allaccusa di etnocentrismo o di provincialismo culturale: Husserl non si fa
sostenitore di alcuna teoria particolare nel momento in cui propone il
metodo fenomenologico, giacch egli ritiene che si tratti semplicemente
dellincarnazione di qualunque metodo che miri ad una comprensione
razionale del mondo. Perci ci che fa la peculiarit dellOccidente non
questa o quella visione del mondo occidentale, non il liberalismo piuttosto
che il materialismo o il monoteismo, ma lapertura programmatica al
mondo, il tentativo sistematico di produrre giudizi non pregiudicati. Perci
chi accusa Husserl di provincialismo culturale (etnocentrismo) per le sue
pretese di essenzialit dellintrapresa teoretica occidentale dovrebbe
mostrare in che misura una visione sotto Epoch delle cose parziale od
escludente. Ed inoltre chiaro che, se riuscisse davvero a mostrare la natura
parziale del metodo fenomenologico, allora, nello spirito stesso di Husserl,
un tale critico avrebbe esercitato la caratteristica fondamentale della
razionalit occidentale, ovvero il rifiuto del pregiudizio e della parzialit.
Latteggiamento filosofico nato in Grecia 2500 anni fa, rivolto ad
uninterrogazione razionale del reale ed avverso allaccettazione irriflessa
dellopinione dellautorit o di quella del maggior numero, ci che ha
informato la storia culturale dellOccidente. Questa istanza segnala un
orientamento teleologico che di per s pu incarnarsi in molti modi, spesso
parziali, spesso erronei; Husserl non sta qui rivendicando, ovviamente,

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lottimalit simultanea della proposta socratica e di quella aristotelica, del


romanticismo e dellilluminismo; ci che per manifesta una peculiare
superiorit di questi insiemi di credenze rispetto a tutti gli altri il fatto che
in nessun caso si trattato di ricezione passiva di proposizioni
dogmaticamente tramandate, n si tratta di apprensione di visioni del mondo
strumentali a questo e quel fine particolare, ma di tentativi di guardare con
occhi impregiudicati il mondo e di estrarne la verit. Per questa stessa
ragione nessuna determinazione concettuale di proposizioni considerate vere
pu essere effettivamente allaltezza del Vero: anche laddove la Verit fosse
stata gi detta nel modo pi adeguato e completo da qualcuno (come si
ritenne a lungo per Aristotele), il compito del soggetto razionale non di
ereditare delle proposizioni, ma di comprenderle criticamente, di ripensarle,
e solo eventualmente di aderirvi. Ogni pensiero vero deve essere sempre di
nuovo ripensato per esistere come verit: niente di ci che possa essere
ereditato in modo soltanto estrinseco, come un monile che passa di mano, ha
valore di verit (n dunque sensatezza).
Questo peraltro non significa ovviamente che Husserl sottovaluti il
valore delleredit culturale. Questo in effetti il punto su cui Husserl pi
prossimo a Hegel: leredit culturale fondamentale ed ci che ci
costituisce come quei soggetti che siamo; tuttavia affinch tale eredit
culturale sia appropriatamente ereditata necessario che essa sia appresa
come Verit. La Storia in questo senso non semplicemente il magazzino di
tutte le cose passate rammentabili, ma la trasmissione attiva dei contenuti
ritenuti veri. La Storia non semplicemente una strutturazione narrativa di
eventi passati, ma si pone come verit degli eventi passati, verit che per ci
stesso implica una selezione ed un modellamento, uninterpretazione.
Questo ovviamente anche un punto da sempre controverso nel resoconto
hegeliano dellessenza della storia, e le medesime obiezioni sembrerebbero
potersi esercitare verso Husserl La filosofia della storia hegeliana spesso
considerata un cattivo esempio di verit storica, anzi un esercizio di
distorsione. Ora, in unottica husserliana questa considerazione potrebbe
essere condivisa senza modificare affatto ladesione alla visione di fondo. Il
contrasto ideale che si potrebbe rintracciare tra la visione della storia come
eredit razionale in Husserl ed in Hegel forse riassumibile in questi
termini: Hegel ritiene che la Storia come res gestae sia razionale per virt
propria e che perci essa preservi sempre tutto ci che di essenziale, degno e
vero si sia verificato, incerandolo (Aufhebung) in una incarnazione
successiva. Cos la tragedia del crollo del mondo greco in effetti solo il
passaggio del testimone alla cultura latina che della cultura greca si fa erede
selettivo, contribuendovi con la solidit dello stato e del diritto in un modo
ignoto al mondo greco. Ma in una visione husserliana ci, pur non essendo
escluso, non affatto garantito: non c alcuna garanzia che lessenziale si
inveri, cio continui ad esistere preservandosi per le generazioni future in
forma dinamica. Piuttosto, la visione che Husserl ci propone quella
fichtiana di una Storia come dimensione del telos, del valore, del doveressere, privo di garanzie metafisiche. In altri termini, non detto che la
Storia sia Vera e Razionale, ma appartiene alla teleologia immanente
alluomo di desiderare che essa sia Vera e Razionale; non detto che la

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Storia sia eredit compiuta di ci che di virtuoso e meritorio accaduto nel


passato, ma appartiene alla teleologia umana desiderare che la Storia sia tale
eredit.

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