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Omeopatia scienza dell'individuo: manuale pratico per il medico e per il paziente
Omeopatia scienza dell'individuo: manuale pratico per il medico e per il paziente
Omeopatia scienza dell'individuo: manuale pratico per il medico e per il paziente
Ebook728 pages8 hours

Omeopatia scienza dell'individuo: manuale pratico per il medico e per il paziente

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About this ebook

Un manuale facile da usare, da consultare al momento del bisogno, una porta d’ingresso per il paziente e per il medico, affinché possano comprendere con maggiori strumenti, correlati tra loro, il meraviglioso universo nel quale e attraverso il quale raggiungere la totale conoscenza di sé, dell’altro e del mondo. La guida si divide in tre parti. Nella prima si affronta il concetto di malattia, di recupero della vera anima della medicina, intesa nel suo senso più ampio, scrutando in breve la storia dell’omeopatia e della sua farmacopea; la malattia nella visione omeopatica secondo Paschero e la storia del pensiero costituzionalista, l’esame e la comparazione di alcuni sintomi tra i diversi rimedi e il loro uso nelle principali sindromi cliniche; lo studio dei punti di Weihe, caro alla scuola del Duprat.
Nella seconda parte vengono descritti tutti i maggiori rimedi omeopatici apparte-nenti al regno minerale, vegetale, animale e al gruppo dei nosodi, non solo nella chiave di lettura del simillimum, ma anche nella visione analogica propria dell’Antroposofia. Importantissimi infine, nella terza parte del volume, i consigli terapeutici divisi per sintomi e per patologie.
LanguageItaliano
Release dateDec 11, 2013
ISBN9788827223604
Omeopatia scienza dell'individuo: manuale pratico per il medico e per il paziente
Author

Osvaldo Sponzilli

Osvaldo Sponilli è medico chirurgo e psicoterapeuta emozionale, dirige l'ambulatorio di Omeopatia, Agopuntura e Riflessoterapie dell'Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma ed è docente di Agopuntura e Cromoterapia presso l'Università Tor Vergata di Roma.

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    Omeopatia scienza dell'individuo - Osvaldo Sponzilli

    COPERTINA

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    Omeopatia scienza dell’individuo

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    Manuale pratico per il medico e per il paziente

    Giovanni Francesco Di Paolo – Osvaldo Sponzilli

    Premessa di Luc Montagnier

    Prefazione di Luciano Ragno

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    Copyright

    Omeopatia scienza dell’individuo - Manuale pratico per il medico e per il paziente

    di Giovanni Francesco Di Paolo – Osvaldo Sponzilli

    Premessa di Luc Montagnier

    Prefazione di Luciano Ragno

    ISBN 978-88-272-2360-4

    Prima edizione digitale 2013

    © Copyright 2013 by Edizioni Mediterranee

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

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    Ringraziamenti

    Si ringrazia per la collaborazione

    nelle ricerche e traduzioni di testi

    la dottoressa Maria Vittoria De Filippis

    Premessa

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    Lo scienziato è in perenne ricerca.

    La ricerca non si esaurisce mai ed è urgente un nuovo slancio di creatività e di innovazione da parte degli scienziati e dei medici di tutte le specialità.

    I problemi della salute pubblica di oggi e di domani sono immensi e, per farvi fronte, dobbiamo aprire la nostra cooperazione ad altre discipline, ad altre scuole di pensiero.

    In verità, si può addirittura parlare, in alcuni ambiti, di castrazione intellettuale o quantomeno di conformismo.

    Ciò rende necessario, sin d’ora, un dibattito, uno spirito di apertura che consenta di lasciare spazio a idee più rivoluzionarie.

    Non c’è, a mio avviso, una medicina detta ufficiale, e una medicina di secondo grado detta alternativa o integrativa, ma una sola medicina, quella che guarisce!

    Il libro di Giovanni Francesco Di Paolo e Osvaldo Sponzilli porta una riflessione di pregio sulla scienza medica, ed è uno strumento di grande utilità per la responsabilizzazione e l’informazione del paziente.

    Buona lettura

    Luc Montagnier

    Premio Nobel per la Medicina 2008

    Prefazione

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    Un giorno, diciamo 25 anni fa, ero responsabile delle pagine scientifiche de Il Messaggero. Dopo una lunga serie d’interviste e qualche esperienza personale con l’omeopatia e l’agopuntura, pubblicai un’indagine sulle medicine alternative. Azzardai e nel titolo parlai di medicine integrative. Alternative scompariva, da quel momento, dal mio vocabolario. Un solo commento, positivo, quello del professor Antonio Negro. Per il resto, una raffica di polemiche. Un famoso professore, di quelli che nei congressi e nei necrologi, sono chiamati luminari, mi telefonò: "Quelle che lei chiama medicine, passi il termine, integrative, non sono altro che metodiche sanitarie che non hanno una valenza perché non sono state mai verificate scientificamente. Lei, caro giornalista, con una riga ha cancellato quello che fior fiore di studiosi sostengono, senza alcun dubbio: è vero solo ciò che si dimostra. Ha presente Galileo Galilei? La Medicina Ufficiale non ha punti deboli perché ha due armi straordinarie: farmaci e bisturi". Replicai seccamente con l’aiuto di Dean Ornish, dell’Università della California, cardiologo: Se si è abituati a usare solo il martello, il mondo intero appare come un chiodo. Rimaneva la dimostrazione scientifica. Un invito a leggere il prestigioso British Medical Journal: su 105 studi comparati fra terapia classica e non convenzionale, in 81 i rimedi omeopatici hanno dato risultati positivi.

    Venticinque anni dopo, ancora polemiche nei dibattiti, in verità molto meno, la classe medica ha fatto un grande salto culturale. Però ci sono e anche accese, con qualche luminare in testa che ribatte i tasti dei punti forti della Medicina Ufficiale, farmaci e bisturi, i martelli, e dell’assenza della razionalità nella valutazione delle medicine integrative. Per replicare, fra le decine di migliaia di studi, scelgo quello di una fonte insospettabile, l’OMS, che, in un documento, accorda pari dignità alle pratiche mediche integrative rispetto a quelle convenzionali E poi, per smentire che la verità non è figlia solo della razionalità, chiamerei in aiuto addirittura uno che di Scienza s’intendeva, Albert Einstein: La mente intuitiva è un dono sacro e quella razionale un fedele servitore. Noi abbiamo creato una Società che ama il servitore e dimentica il dono. Ai tempi nostri, il Nobel Luc Montagnier: Non è detto che un’assenza di evidenza sia un’evidenza dell’assenza. Adesso in più ci sono i numeri: 9 milioni d’italiani ricorrono abitualmente all’omeopatia, mentre 14 saltuariamente. A essere precisi, il 22 per cento della popolazione. Un abitante su cinque, parola della Doxa. Un dettaglio non trascurabile: pagando di tasca propria. Tesi contrapposte, quelle sulla medicina ufficiale e quella integrativa, che si stanno, comunque, avvicinando, ma occorrono ancora buone dosi, questa volta non infinitesimali come quelle omeopatiche, di umiltà e sforzo comune.

    Mi è venuto in mente l’episodio di vita vissuta leggendo le bozze di questo poderoso manuale Omeopatia Scienza dell’individuo di due grandi esperti, i dottori Giovanni Francesco Di Paolo e Osvaldo Sponzilli. Il primo pregio, non piccolo: gli autori si rivolgono al medico, e questo era scontato, ma anche al paziente. C’è anche il paziente in Medicina, non ce ne eravamo mai accorti. è stato relegato in fondo alla catena della salute: medico, farmacista, infermiere, se c’è posto, anche il malato. Per lui è come se le malattie gli piovessero dal cielo, nessuno gli ha mai insegnato a star bene. Pensiamo solo al flagello dell’obesità. Ha visto il medico solo in momenti di crisi, munito di farmaci e bisturi, i martelli.

    Quest’opera è eccezionale per la valenza scientifica – conoscendo gli Autori non ne dubitavo –, per la chiarezza del linguaggio, il medichese è rimasto fuori della porta, infine, per l’impostazione grafica (anche i manuali scientifici si adeguano alle regole della comunicazione) che permette una consultazione intelligente e pratica, malattia per malattia, rimedio per rimedio, consiglio per consiglio. Non c’è bisogno di andare su Internet, comunque non ci sarebbero la chiarezza, la semplicità e la garanzia scientifica che Di Paolo e Sponzilli assicurano.

    Un manuale da tenere in studio e in casa. A disposizione del medico, per aiutarlo a scoprire il paziente, non solo la sua malattia. Solo quando avrà inquadrato l’uomo che ha davanti dal punto di vista fisico, caratteriale, spirituale e anche come si rapporta con gli altri, troverà il rimedio più adatto. C’è ancora bisogno di ricordare che esiste il malato non la malattia?

    A disposizione del paziente, per il signor Rossi che ha ora a disposizione lo strumento giusto per imparare a star bene, una materia che nessuno gli ha mai insegnato. Sa più della propria auto che del proprio essere, fisico e psichico. Un aiuto per informarsi e curarsi, naturalmente sotto una sapiente guida medica. Il fai da te va lasciato ai piccoli lavori domestici. Soprattutto, dicono gli Autori rivolti al paziente, affinché possa comprendere, con maggiori strumenti correlati fra loro, il meraviglioso universo nel quale e attraverso il quale raggiungere la totale conoscenza di sé e del mondo. Un meraviglioso universo che, a parer mio, forse oggi non vediamo perché è sotto la coltre spessa di superficialità, opportunismo, arroganza e, soprattutto, dell’esasperata voglia di vivere l’esistenza nella quotidianità. E se fosse un manuale anche di lezione di vita?

    C’è materiale per tutti, medico e paziente, per informarsi e imparare. Si va dal concetto di malattia, alla visione omeopatica, alla comparazione di alcuni sintomi fra i diversi rimedi. Questo nella prima parte. Nella seconda, tutti i maggiori rimedi omeopatici. Infine, indice per patologie comuni con sintomi, miglioramenti e aggravamento con singoli rimedi. E poi i nosodi, una curiosità da andare a conoscere, a me hanno affascinato.

    Scoprire il paziente e imparare a star bene, la sintesi del manuale. Un rapporto che è di stringente attualità, nel momento in cui, Di Paolo e Sponzilli lo dicono molto bene, si sta vivendo l’affascinante sfida fra la necessità, forse è meglio dire l’obbligo, dell’Umanizzazione e gli imperativi della Scienza che sta aprendo mondi sconosciuti, specie nel piccolo. In questa sfida, l’omeopatia sta già recitando un ruolo importante non nato oggi ma che affonda in un glorioso passato. Un ruolo di grande valenza, sia chiaro, non totalitario, mi rivolgo a chi considera l’integrativa come sostitutiva. Umanizzazione e Scienza, si diceva, ma questo dialogo – gli Autori del manuale lo sottolineano – deve avere un collante: Medico & Paziente. Dicono Di Paolo e Sponzilli: è forte il bisogno di instaurare con il medico un rapporto profondo. Perché? Nel volume è detto chiaramente: per sapere il perché ci si ammala o non si riesce a guarire. Può sembrare banale, è una grande verità. Frequentemente, il medico allopatico – ripeto, non generalizzo – che ti segue passo passo mentre ti cura, non ti fa capire dove hai sbagliato, se hai sbagliato. Ti dice come sta procedendo il guaio di cui soffri. Mi viene in mente la persona che, gettandosi dal tetto di un grattacielo, dice: Sono al decimo piano, fino a qui va tutto bene.

    Luciano Ragno

    Giornalista scientifico,

    docente universitario di comunicazione

    Introduzione

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    L’accordo con il tutto rende ogni creatura ciò che essa è [...].

    E così, di nuovo, ogni creatura è solo un suono,

    una sfumatura di una grande armonia.

    (J.W. Goethe, 1784)

    Omeopatia scienza dell’individuo non è un testo, né un trattato, è un manuale pronto all’uso in qualsiasi momento, disponibile a essere consultato, usato, non relegato in una libreria chiusa, ma posto sulla propria scrivania, nello studio o a casa.

    È un testo che vuole essere una porta d’ingresso per il medico, esperto o meno in questa avvincente disciplina, nonché per tutti coloro che desiderino intraprendere un viaggio che possa condurli a sperimentare e integrare, in modo scientifico e analitico, il mondo dell’omeopatia.

    La scienza medica ha davanti a sé una grande sfida: conciliare i progressi sempre più sconfinati e brillanti con un’umanizzazione sempre più assente; l’omeopatia nella sua lunga e gloriosa storia ha sempre dimostrato come il suo fine principale sia stata l’attenzione alla complessità totale dell’individuo: crediamo sia giusto che possa anche viaggiare in sintonia con una scienza medica attenta alla conoscenza e ai continui progressi presenti nel campo dell’infinitamente piccolo .

    F. Capra ultimamente ha detto: "Viviamo in un’epoca scientifica, e quindi per le agenzie del governo e le istituzioni accademiche non basta dimostrare che un rimedio omeopatico sia efficace. Bisogna dimostrare anche come opera nel corpo umano. Credo dunque che abbiamo bisogno urgentemente di una scienza dell’omeopatia. Oggi dovrebbe essere possibile sviluppare una tale scienza, poiché c’è molto nella tradizione omeopatica che è in accordo con la concezione sistemica della vita […]". Il bisogno di intervenire con uno studio sistematico affinché si possa parlare veramente di scienza dell’omeopatia è la sfida di questo terzo millennio.

    È quello che nel secolo della completa maturità e diffusione dell’omeopatia, il Novecento, Léon Vannier ha fatto con grande maestria. Egli è tra i più grandi promotori nel diffondere con capillare efficacia questa nuova scienza medica fino a contribuire alla costruzione della dottrina omeopatica e la relativa formulazione delle costituzioni e dei temperamenti già precedentemente accennate da Antoine Nebel.

    Per tale motivo questo libro nasce sulla traccia del grande maestro Léon Vannier e della sua materia medica.

    Tra i primi a fondare un’istituzione ospedaliera omeopatica a Parigi, egli promosse, con l’idea di uno studio e di una continua ricerca di nuovi ceppi omeopatici, la creazione dei Laboratoires Homéopathiques de France, che diventeranno parte dei Laboratori Boiron negli anni Ottanta.

    Il dialogo costante e continuo che ebbe con tutti i suoi colleghi, anche di orientamento opposto alle sue convinzioni, lo portarono a essere stimato e punto di riferimento per una medicina e un’omeopatia moderna e all’avanguardia: "Dopo uno scambio di spiegazioni franco e leale, un’unione sincera si deve stabilire coordinando gli sforzi di tutti, al fine di assicurare definitivamente l’avvenire dell’omeopatia".

    Nel 1927 fu fondatore della Société d’Homéothérapie de France.

    Scriveva negli anni Venti: "Far conoscere l’omeopatia e soprattutto farne una medicina propria e adattata alle conoscenze moderne della medicina e lottare, quindi, contro non soltanto l’opposizione incontrata negli ambienti ufficiali, ma anche contro una certa forma d’applicazione delle conoscenze omeopatiche che non erano ortodosse".

    Il suo instancabile lavoro lo condusse anche durante gli anni bellici al fronte, come medico militare, a diffondere le sue idee e la sua pratica quotidiana medica integrandola con l’omeopatia.

    Dopo più di ottant’anni il tema dell’integrazione e del dialogo tra le varie conoscenze della medicina è sempre più d’attualità; il consenso generale che l’omeopatia ha nella popolazione europea e mondiale permette alla medicina accademica di integrarla maggiormente e di gestire meglio tutta quella componente di stati morbosi di natura soprattutto cronica che con difficoltà e stenti il medico non riesce a gestire quotidianamente.

    Nella visita omeopatica la collaborazione, l’empatia e il rapporto diretto tra medico e paziente è fondamentale. Medico e paziente sono sullo stesso piano, con il compito di elaborare una strategia di risoluzione della malattia. Durante la visita omeopatica, oltre a centrare la tematica del sintomo e ad adoperare anche gli strumenti della medicina tradizionale prescrivendo gli accertamenti necessari, il medico osserva il paziente cercando di individuare quali sono le alterazioni, anche di natura psicologica e relazionale, all’origine della patologia. L’obiettivo resta la guarigione ma, per capire qual è il rimedio giusto, il colloquio con il paziente sarà necessariamente più articolato, lungo e approfondito. Da qualche anno è cambiato il rapporto medico-paziente, così come è cambiato l’approccio con la malattia: è forte il bisogno di instaurare con il medico un rapporto profondo, di capire perché ci si ammala o non si riesce a guarire. Nell’ambito delle malattie croniche la medicina tradizionale non sempre ottiene risultati soddisfacenti e spesso gli effetti indesiderati dei farmaci sono difficili da sopportare. I pazienti cercano quindi una via alternativa per affrontare la complessità del loro problema.

    Con l’omeopatia, la maggior parte delle patologie può trovare una soluzione.

    Le ultime ricerche nel campo della ricerca sulla biologia molecolare, sulla PNEI, sulle low-dose, e nella bio-fisica, promossa fondamentalmente dal Premio Nobel per la Medicina 2008, professor Luc Montagnier, con i suoi ultimi studi sulle proprietà del DNA e della produzione di onde elettromagnetiche in diluizioni acquose, permettono di aprire nuove strade, inesplorate ma sicuramente innovative, nella comprensione di una medicina che abbia il compito di ridiventare Unica e Complessa, superando gli steccati finora basati su incomprensioni.

    Montagnier afferma: "Non è detto che un’assenza di evidenza sia un’evidenza dell’assenza". Il suo pensiero è largamente condivisibile. È un gioco di parole per mettere in risalto la necessità di studi specifici per l’omeopatia, che debbano aiutare tutti quelli che hanno a cuore i propri pazienti a essere sempre pronti ad affrontare le nuove sfide del terzo millennio con scienza e coscienza.

    Ogni malattia è caratteristica di una singola persona. Soltanto quando il medico riterrà di aver inquadrato il paziente da un punto di vista fisico, caratteriale, spirituale, troverà il rimedio più adatto.

    Si deve individuare il rimedio tra le sostanze che possono aver determinato quel tipo di problema.

    Lo scopo di questo testo è di contribuire a tracciare quel solco, lineare, invisibile e duraturo, che possa condurre la conoscenza medica all’integrazione costante con tutto il sapere medico, omeopatia compresa.

    L’integrazione di questo testo con altre materie mediche illustri, da quella di Demarque che affermando: "L’omeopatia vuole essere giudicata su quella che è. […] Il terreno dei fatti oggettivi è quello sul quale è edificato il suo metodo. L’attitudine di Hahnemann fu quella di un positivista ante litteram, di un positivista rispettoso di tutti i dati dell’esperienza. In medicina l’oggetto dell’esperienza non è un organo isolato, è l’uomo, e singolarmente l’uomo malato, considerato nella sua unità, con la sua sensibilità e la sua reazione individuale. L’omeopatia […] deve restare aperta a tutte le tecniche suscettibili d’illuminare i numerosi problemi che pone ai ricercatori delle diverse discipline. Bisogna studiarla nello spirito della sottomissione all’esperienza definita dalla genialità di Hahnemann con una giusta stima del nostro proprio valore. […]", ci permette di sottolineare l’importanza dello studio sistematico di ogni rimedio dal punto di vista patogenetico, tossicologico e chimico; a quella di Guermonprez o di Horvilleur o di Duprat, per citare i più importanti omeopati di scuola francese costituzionalista, ci ha spinto a fare più chiarezza, dal punto di vista didattico e pratico, sui singoli rimedi e sulla spiegazione dell’omeopatia in sé.

    Abbiamo pensato anche di integrare nel manuale un approccio alla medicina antroposofica elaborata da Rudolf Steiner agli inizi del secolo scorso. Egli ci dimostra che la coscienza umana possiede una specificità che consiste nell’investigare la realtà sia con la percezione che con il concetto; l’osservazione scientifica si basa su due modelli: l’ipotesi (i concetti) e l’esperienza (le percezioni). L’ipotesi e l’esperienza si giustificano come mezzi dell’osservazione scientifica. Essi devono sempre avere come punti di partenza una domanda suscitata dall’osservazione e sempre essere diretti all’acquisizione di un risultato scaturito dall’osservazione "per ricondurre a un principio generale semplice, la molteplicità delle manifestazioni particolari dello splendido giardino del mondo in quanto nella Natura vivente nulla accade che non sia in rapporto col tutto".

    Rudolf Steiner ha avuto il merito di collocare vicino alle scienze naturalistiche uno studio della natura basato sullo stesso metodo scientifico e il cui contenuto viene a completare l’investigazione delle scienze naturali. La similitudine omeopatica hahnemanniana si affianca all’analogia antroposofica steineriana.

    Afferma A. Horvilleur: "C’è una differenza tra l’analogia e la similitudine. L’analogia è una costatazione dello spirito che si prefigge di trovare dei punti comuni tra due oggetti del pensiero. È un metodo di comparazione con il quale possiamo creare dei concetti e delle applicazioni pratiche. Esso impone di essere particolarmente lucidi se non si vuole essere vittime di pregiudizi. La similitudine è un caso particolare di analogia che passa attraverso la sperimentazione. Si interessa a due serie di oggetti, i sintomi raccolti nel corso di una sperimentazione di una sostanza nell’uomo sano (la patogenesi) e i sintomi osservati nella clinica. In questo modo le regole di condotta dell’omeopatia si deducono esse stesse dai fatti (la materia medica) e non dalle sottigliezze dello spirito".

    Il metodo investigativo scientifico naturale della medicina antroposofica ci ha consentito, quindi, di analizzare ogni rimedio dal punto di vista specificatamente percettivo: da questa base, buona parte della materia medica, viene investigata in maniera analogica.

    Nostra intenzione è di farne anche un testo utile per il paziente, affinché possa comprendere con maggiori strumenti, correlati tra loro, il meraviglioso universo nel quale e attraverso il quale raggiungere la totale conoscenza di sé e del mondo. Il consiglio che vogliamo dar loro è quello di leggere il manuale per orientarsi in questa affascinante materia, ma sempre affiancati da una guida medica esperta che possa dar loro la mano per condurli e guidarli.

    Il libro si divide in tre parti: nella prima si affronta il concetto di malattia, del recupero della vera anima della medicina, intesa nel suo senso più ampio, scrutando in breve la storia dell’omeopatia e della sua farmacopea; la malattia nella visione omeopatica secondo Paschero e la storia del pensiero costituzionalista; l’esame e la comparazione di alcuni sintomi tra i diversi rimedi e il loro uso nelle principali sindromi cliniche; lo studio dei punti di Weihe, cara alla scuola del Duprat; nella seconda parte vengono descritti tutti i maggiori rimedi omeopatici appartenenti al regno minerale, vegetale, animale e al gruppo dei nosodi più importanti.

    I rimedi minerali sono descritti partendo dalla sostanza chimica di origine, le loro proprietà terapeutiche allopatiche e omeopatiche, la clinica; i rimedi vegetali attraverso l’origine botanica, il nome comune, l’habitat, i componenti noti del fitocomplesso, le eventuali proprietà terapeutiche allopatiche e quelle omeopatiche; i rimedi animali dall’origine della loro utilizzazione, le proprietà. Di molti rimedi verrà descritta la loro rappresentazione secondo la visione antroposofica analogica; per alcuni è presente invece una descrizione simbolica o archetipica.

    La descrizione del singolo rimedio avviene apparato per apparato con le relazioni con altri rimedi affini o eventuali incompatibilità. Concludono i nosodi.

    Nella terza parte si trova un breve indice per patologie comuni seguito dalle modalità di insorgenza dei sintomi, dalle comparazioni di miglioramento e aggravamento di molti rimedi.

    In appendice una breve introduzione alla medicina antroposofica permette di dare alcune basi utili per la comprensione della semantica usata nella spiegazione della rappresentazione analogica del rimedio.

    "Il malato non deve essere soltanto considerato come un’entità morbosa, che può essere definito dal punto di vista eziologico da un microbo, dal punto di vista clinico attraverso una denominazione nosologica, spesso arbitraria, dal punto di vista terapeutico attraverso un rimedio.

    Il malato è un essere vivente le cui reazioni devono essere senza dubbio studiate, ma le cui azioni e le possibilità di divenire, fisiche e biologiche, psichiche e dinamiche, devono essere prima di tutto conosciute, in modo tale che il medico possa non soltanto guarire, ma prevenire, non soltanto vedere, ma prevedere, non soltanto redigere una terapia, ma orientare una vita.

    Infine, per essere felice, l’Essere umano deve occupare il posto che corrisponde alle funzioni per le quali è stato creato. È nella pienezza dello sviluppo delle sue possibilità che troverà il suo equilibrio e la sua salute".

    (Léon Vannier)

    Prima parte : Omeopatia e individuazione

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    Capitolo 1

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    1. Il recupero della vera anima della medicina

    Per trovare la vera anima della medicina occorre ripercorrerne la storia che l’ha vista ora arte, ora scienza.

    I grandi nomi dell’antichità univano sapientemente la filosofia alla medicina in quanto entrambe si occupavano dell’uomo: nei testi ippocratici troviamo considerazioni di ordine teologico e filosofico così come negli studi fatti da Aristotele sulla natura dell’uomo, sui sogni e sugli stati d’animo.

    Ippocrate è stato essenzialmente un clinico e come tale ha avuto una visione globale dell’essere umano, ha studiato cioè tutti i segni e i sintomi osservabili sul paziente. I testi ippocratici, che danno l’avvio alla medicina occidentale, sono stati tradotti in arabo, ebraico e latino. In essi si descrive un esame medico molto approfondito con ascoltazione, palpazione, percussione e soprattutto con la raccolta di ogni piccolo indizio utile alla diagnosi: sfumature di colore della cute, variazione di comportamento psicologico emozionale, contrazioni muscolari, secrezioni ed escrezioni. L’urina, ad esempio, veniva valutata come quantità, colore, sedimento, torpidità e sapore. Quindi grande importanza si dava alla storia del soggetto, alle sue abitudini di vita e a eventuali traumi emotivi subiti.

    Questo metodo di indagine era fondato principalmente sull’osservazione a 360°; al centro stava l’individuo: la persona che manifesta la sua malattia con i relativi sintomi. Quella ippocratica era in realtà un’arte, dell’osservare, del diagnosticare e del curare. La Grecia aveva un gran culto dell’uomo, per cui nessuno pensava neanche lontanamente di fare dissezioni su un cadavere per studiare l’anatomia. A questo pensò invece Aristotele e la scuola di Alessandria che approfondirono gli studi anatomici e fisiologici.

    Dopo periodi di decadenza Galeno (138-201 d.C.) riportò la medicina verso alte vette scientifiche per l’epoca, ma alla sua morte seguì un periodo di dogmatismo in medicina. Un nuovo fiorire si manifestò nella scuola salernitana e con la nascita delle università. Fin qui filosofia e medicina procedono a braccetto in un approccio olistico tanto che una visione psicosomatica della malattia traspare ad esempio nel medioevo con il chirurgo Henry de Mondeville nella citazione: "Anche il più ignorante sa che la gioia e la tristezza sono accidenti dell’anima e che la gioia fa ingrassare il corpo, mentre la tristezza lo fa dimagrire".

    Dal Seicento in poi, con la nascita del metodo scientifico e le nuove scoperte, la filosofia e lo studio dei classici non sono più necessari, si studia solo l’evidenza: il corpo, l’organo, la fisiologia, la malattia con i suoi sintomi. Questa prende il sopravvento sull’uomo, e nell’Ottocento il medico, divenuto scienziato, definisce con precisione le caratteristiche cliniche delle malattie (Laennec), l’eziologia (Koch) e la loro sede (Bischat e Virchow). Il medico si allontana definitivamente dall’uomo e dalla sua biografia indossando spesse lenti di ingrandimento che portano in secondo piano il contesto socio-culturale, ambientale e psicologico del paziente. Ma mentre da un lato la medicina si va facendo sempre più ultra-specialistica al punto che nelle università non viene più insegnata la semeiotica, cioè lo studio dei segni clinici attraverso l’ispezione, ascoltazione e percussione, dall’altro la scienza, quella della ricerca, scopre il sistema PNEI, cioè il sistema psico-neuro-endocrino-immunologico, l’epigenetica, la nutrigenomica e la medicina quantica. Tutte queste discipline riportano la medicina a un piano umanistico così come era concepito dai grandi medici del passato. Quindi scienza evoluta e studio psicosomatico dell’uomo trovano nuovamente un punto di contatto che è in definitiva l’anima vera della medicina.

    Ormai è accertato che ogni stress ripetuto e anomalo che si ripercuote sul sistema neurovegetativo provoca alterazioni nel sistema endocrino e immunitario, tutto questo porta a rivedere le teorie troppo organicistiche ridando valore al soggetto e al suo ambiente, alle sue interazioni con gli altri esseri umani.

    Il fatto che esista un legame tra la psiche e il corpo è un’antica intuizione dell’uomo: "Mens sana in corpore sano", dicevano gli antichi.

    Circa venti anni fa il noto psichiatra Paolo Pancheri affermava che il medico si era ridotto a curare un uomo senza testa, mentre la psichiatria e la psicologia, dal canto loro, guardano eminentemente a un uomo senza corpo.

    Ora sappiamo attraverso lo studio del sistema PNEI, della genetica e del fenotipo che molte malattie organiche si manifestano obbedendo a un ben preciso linguaggio del corpo; attraverso questo linguaggio, l’organismo, inteso come unità psicofisica, fa emergere all’esterno un disagio di natura psichica che produce uno squilibrio fisico etichettabile come malattia. Ciascuno di noi ha quindi un organo, o un apparato che geneticamente funge da bersaglio, e su cui si manifesta la malattia. Dovremmo quindi educarci a vedere la malattia non sempre come un nemico da combattere, ma come un messaggio, simile a una spia di una autovettura, che ci avverte di uno stato di disagio che ha portato in tilt i vari sistemi di regolazione organici.

    La riscoperta della vera anima della medicina attraverso il recupero delle discipline umanistiche applicate all’uomo ha come fine il miglioramento del rapporto fra medico e paziente. L’anima della medicina è quindi un sapere che poggia su due colonne come se fosse un ponte. Una colonna rappresentata dal sapere scientifico e l’altra dal sapere umanistico. Tutto questo va visto nell’ottica di bilanciare l’approccio olistico proprio delle medicine complementari con la clinica tecnologica. Dalla loro integrazione può rinascere una forma di medicina più umana e globale nel vero senso del termine rispettosa della biografia individuale che sempre si identifica con la biopatologia del soggetto in stato di sofferenza.

    "Un uomo non è ammalato perché ha una malattia,

    ma ha una malattia perché è ammalato".

    2. La crescente affermazione delle medicine complementari come parallele e integrative delle terapie classiche

    Sotto la dicitura medicine complementari sono comprese molte dottrine le cui basi teoriche sono molto diverse da quelle del sistema sanitario classico. Tutte queste forme di medicina – agopuntura, ayurveda, fitoterapia, omeopatia ecc. – sono state definite CAM cioè Complementary and Alternative Medicine.

    L’agopuntura è entrata da diversi decenni a pieno titolo nei master universitari post laurea in medicina e vi ricorrono in Italia un numero sempre crescente di persone. Ormai centinaia sono gli studi scientifici e sperimentali effettuati da ospedali e università di tutto il mondo, per cui è acclarato il suo effetto in molte patologie dolorose, allergiche o di squilibrio del sistema endocrino e immunitario.

    L’omeopatia dal canto suo, affiancata dall’omotossicologia e dalla medicina antroposofica, risulta essere in Italia al terzo posto in Europa, dopo Francia e Germania. Negli ultimi vent’anni la vendita di farmaci omeopatici è aumentata del 65%, nonostante non abbiano la possibilità di essere pubblicizzati e siano senza bugiardino e non rimborsati dallo Stato. La maggior parte degli utenti è di sesso femminile, ha un’istruzione medio-alta e li usa spesso come rimedio non alternativo ma complementare. Secondo un’indagine Doxa di qualche anno fa ricorrono abitualmente all’omeopatia 9 milioni di italiani, mentre 14 milioni vi ricorrerebbero saltuariamente (23% della popolazione).

    Nel marzo del 2010 l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha pubblicato il documento Safety issues in the preparation of homeopathic medicines, in cui viene accordata all’omeopatia pari dignità rispetto alle pratiche mediche convenzionali.

    Sta di fatto che ormai da più parti esiste una collaborazione tra le varie forme di medicina al fine di curare il malato nella sua globalità. Ovviamente occorre un atto di umiltà e uno sforzo comune che vada al di là di contrapposizioni su quale forma terapeutica sia più valida. Hanno tutte i loro limiti, ma anche i loro benefici. Da un lato il concetto olistico, che riavvicina la medicina al vecchio rapporto medico-paziente, senza trascurare il sintomo che non è solo espressione di malattia, ma anche di disagio dell’essere umano di fronte a situazioni ambientali e relazionali alterate; dall’altro la visione allopatica integrata con la medicina tecnicistica e ancora la rivalutazione di uno stile di vita corretto, una giusta alimentazione e una gestione dello stress equilibrata.

    3. L’omeopatia

    La Dottrina di Hahnemann alla luce dei nostri tempi:

    Mentre il progresso della medicina è avvenuto attraverso numerosi errori che sono a mano a mano caduti nella storia della medicina per un processo spontaneo di epurazione, sta di fatto che la dottrina hahnemanniana, violentemente osteggiata e ritenuta erronea in tutti i tempi, è rimasta viva fino ai nostri giorni resistendo a più di un secolo* e a una fondamentale trasformazione di tutto lo scibile medico. Questa notevole vitalità ci avverte di andar cauti con le critiche sommarie (*ora 2 secoli): così scriveva sotto la voce Omeopatia Giacinto Viola, illustre clinico costituzionalista italiano nella prima metà del XX secolo sull’Enciclopedia Treccani.

    Storia e diffusione

    È una dottrina terapeutica derivante dalla scoperta fatta da E. Jenner (1749-1823) che l’inoculazione con pustole vacciniche rende immuni dal vaiolo. Prendendo spunto da questa geniale scoperta un illustre medico inglese, G. Hunter, riportò in auge un concetto assai antico, cioè che due malattie simili non possono coesistere nello stesso organismo. In questa visione il farmaco avrebbe il compito di produrre una malattia simile a quella che era destinata a guarire.

    A questi concetti preesistenti dette valore di una vera dottrina terapeutica Cristiano Federico Samuele Hahnemann.

    "L’omeopatia è la terapia che consiste nel dare al malato, a piccole dosi, la sostanza che, sperimentata sull’uomo sano, riproduce i sintomi osservati".

    Questa definizione è stata esposta e sviluppata da Cristiano Federico Samuele Hahnemann nelle due sue opere divenute celebri: l’Organon dell’arte di guarire e il Trattato delle malattie croniche, comparsi nel 1810 e nel 1830. Questi due testi hanno costituito il punto di partenza e la base di tutto il lavoro degli omeopati che si sono succeduti da Hahnemann a oggi.

    In essi sono contenuti i due principi fondamentali dell’arte di guarire:

    • la legge dei simili "similia similibus curentur (i simili sono guariti dai simili) che si oppone a contraria contrariis curentur" (i contrari sono guariti dai contrari);

    • il concetto della dose infinitesimale che consiste nel diluire e sublimare sempre di più la materia per trasmutarla in forza attiva capace di guarire.

    La legge dei simili risale senza dubbio a Ippocrate che diceva: "La malattia è prodotta dal simile e con il simile si ritorna allo stato di salute". In questa frase ippocratica è racchiusa tutta l’omeopatia! Nel medioevo troviamo una concezione analoga negli alchimisti e negli ermetisti.

    Con Hahnemann si oscura la vera tradizione esoterica, cadono nell’oblio le parentele tra i veleni così come la vera preparazione alchemica delle sostanze per sublimazione. Hahnemann ha l’immenso merito di aver trasportato in ambito scientifico, probabilmente senza essersene reso conto, un metodo alchemico.

    Egli ha cioè trovato la possibilità di estrarre i principi nascosti delle sostanze non più attraverso la sublimazione alchemica, ma attraverso l’uso della dose infinitesimale.

    Quindi i due principi fondamentali stabiliti da Hahnemann sono: la legge dei simili e l’uso della dose infinitesimale.

    Inoltre egli aveva dedotto dall’osservazione che ogni rimedio agisce in maniera differente secondo che sia somministrato in dose piccola o grande, nel primo caso dando un effetto stimolante, nel secondo un effetto paralizzante (questo principio è stato più tardi codificato in legge da Schultz).

    Hahnemann pensava che il rimedio dato a piccole dosi provocasse nell’organismo una malattia artificiale, che poteva sopraffare la malattia naturale. Ma affinché ciò si verifichi è necessario che il rimedio riproduca dei sintomi simili a quelli della malattia ossia che sia analogo alla malattia. Questo è il motivo per cui spesso si hanno aggravamenti dei sintomi quando la malattia artificiale si sovrappone a quella naturale.

    Qui occorre introdurre il concetto di patogenesi. Si intende per patogenesi di una sostanza l’insieme dei sintomi che questa ha prodotto in un individuo sano. Questi sintomi provengono essenzialmente da tre fonti:

    1. la tossicologia propria della sostanza

    2. la sperimentazione patogenetica propriamente detta: fatta con dosi diverse, ma non tossiche, in soggetti di età varia, dei due sessi, variamente sensibili. Essa provoca soprattutto dei segni funzionali o generali, cioè, come diceva Hahnemann, dei mutamenti nel modo di sentire o di agire

    3. la sperimentazione clinica: che permette di includere nella patogenesi i sintomi regolarmente guariti dalla sostanza prescritta.

    Possiamo affermare che la sperimentazione patogenetica fa dell’omeopatia la prima scienza medica sperimentale: essa cioè sperimenta sull’uomo sano le varie sostanze del regno minerale, vegetale e animale per raccogliere nelle materie mediche le patogenesi dalle quali il medico tratta le indicazioni di prescrizione per la persona malata. Ovviamente si tratta di un tipo di sperimentazione molto diversa da quella della medicina allopatica, ma che di fatto ha preceduto l’era sperimentale del XX secolo.

    Hahnemann aveva intuito che l’organismo malato è infinitamente più sensibile alle reazioni del mondo esterno rispetto all’organismo sano. Lo stesso Hahnemann consigliava di non ripetere le dosi nelle malattie croniche, ma di ripeterle in quelle acute.

    Un’altra legge fondamentale dedotta da Hahnemann è che i rimedi hanno una affinità organica particolare di cui è opportuno sempre tener conto. Così l’arsenico ha una predilezione per il sistema nervoso e l’intestino, la belladonna per la gola e la pupilla, il fosforo per le cellule epatiche, il mercurio per le mucose e così via.

    Hahnemann si era inoltre reso conto che la sola diluizione era insufficiente a rendere attivo il rimedio se non veniva effettuata la dinamizzazione. È con la dinamizzazione che si liberano le proprietà nascoste dei rimedi. Egli procedeva in questo modo: in un flacone contenente 99 gocce di alcol aggiungeva una goccia di tintura (= diluizione), il tutto veniva sottoposto a 100 sbattimenti (= dinamizzazione) per avere la 1CH dalla quale si prelevava una goccia che veniva aggiunta a 99 gocce di alcol in un altro flacone per avere dopo dinamizzazione la 2CH e così via.

    Hahnemann morì a Parigi il 2 giugno del 1843 a 87 anni. Dopo di lui l’omeopatia si diffuse notevolmente negli Stati Uniti dove si aprì l’era sperimentale omeopatica. In quegli anni furono studiati più di 200 rimedi con sperimentazione sull’uomo sano e sugli animali con una particolare attenzione non solo per i sintomi di ordine fisico, ma anche morali e mentali: non per nulla Hahnemann aveva sempre dato massima importanza ai sintomi soggettivi del paziente e non a quelli di malattia.

    Successivamente l’omeopatia si diffonde nel mondo anglosassone e tedesco e solo secondariamente arriva in Francia dall’Italia (dove continuerà a essere ignorata per anni) e si diffonderà per l’opera assidua e meritoria di un grande caposcuola, Léon Vannier, che anche tramite i suoi allievi contribuì alla diffusione massiccia dell’omeopatia in Francia. In quell’epoca furono fatte le prime ipotesi sul meccanismo di azione dei rimedi sul protoplasma delle cellule malate attraverso movimenti ionici ed elettronici. Si può paragonare l’azione delle dosi infinitesimali omeopatiche all’azione dei fermenti fisiologici cellulari, così che il tricloruro d’antimonio attiva l’amilasi alla dose di 0,00004%; e il nitrato di argento arresta l’azione del saccarosio alla dose di 1/20.000.000.

    In un altro settore come quello endocrino avviene qualcosa di simile, infatti il principio attivo tiroideo può guarire cretinismo e mixedema alla dose di 1/100.000.000.

    Processi assai simili avvengono anche con le vitamine, nonché nel riconoscimento di specie animale, nell’interazione tra i pesci e nell’attrazione e riconoscimento sessuale.

    Recentemente Luc Montagnier, Premio Nobel 2008 per la medicina, ha rivelato in anteprima mondiale alcune sorprendenti scoperte relative alla natura del DNA umano, ottenute dal suo staff attraverso i percorsi di ricerca sull’AIDS, che chiariscono alcuni meccanismi di azione delle diluizioni omeopatiche.

    Partendo dal presupposto che il DNA si organizza intorno all’acqua, che è la base dell’organismo umano, Montagnier ha dichiarato: "Questo principio è sempre stato evidente, ma è stato altrettanto trascurato, come trascurate sono state le necessarie interazioni tra la medicina e la fisica, discipline che invece sono strettamente interdipendenti, specie per quanto riguarda l’analisi della struttura dell’acqua. A queste nuove scoperte siamo arrivati seguendo i nostri percorsi di ricerca sull’AIDS, collaborando con laboratori di varie parti del mondo. Abbiamo utilizzato sensori a bassa frequenza, osservando sia i filtrati delle colture di virus sia il plasma di persone infette. E ciò che abbiamo visto è una variazione nelle frequenze delle onde elettromagnetiche, abbiamo osservato dei picchi nella fascia da 0 a 20.000 hertz".

    Montagnier parla dunque di un vero e proprio fenomeno di risonanza nelle molecole dell’acqua quasi che essa fosse condizionata e quindi condizionabile. Questo condizionamento può essere interno o anche esterno, e in questo acquistano certamente peso certi fattori ambientali, come l’inquinamento elettromagnetico delle nostre città. Al di la di questo, è dunque possibile affermare, in estrema sintesi, che quando si diluisce una sostanza fino a far rimanere solo acqua, essa mantiene comunque un suo background elettromagnetico. "Abbiamo svolto molti studi sui batteri – ha proseguito Montagnier – e ci sono segnali da parte di molecole ad alto peso molecolare che anche se diluite alla 10 alla diciottesima mantengono un loro proprio segnale: abbiamo dimostrato che questo fenomeno non dipende dalla quantità, ma è un fenomeno che afferisce alla fisica quantistica, alla struttura fisica dell’acqua. Ad esempio, abbiamo lasciato due distinte provette in un contenitore di lega metallica che impedisce l’irradiazione verso l’esterno, e abbiamo visto che tra le due provette, una diluita a 10 alla terza e una a 10 alla nona, c’era uno scambio di informazioni e di connotazioni a livello molecolare. Questo ci ha dimostrato che le molecole hanno un loro background elettromagnetico, ed esso è in grado di trasferirsi da una molecola all’altra, da una provetta all’altra. Abbiamo poi misurato questi fenomeni per settimane nel sangue dei pazienti, estraendo e misurando la parte liquida del plasma umano. La maggior parte degli agenti patogeni, i batteri ma anche i virus, incluso l’HIV, producono questi segnali. Noi li abbiamo mappati, con molte tecniche di disamina differenti, e quello che abbiamo visto è congruente con tutto quanto ho appena esposto".

    4. La farmacopea omeopatica: tinture madri (T.M.), diluizioni e dinamizzazioni

    La preparazione dei medicinali omeopatici avviene secondo le indicazioni della Farmacopea Omeopatica.

    Di recente è entrato in vigore in Italia il Codice Europeo sui Farmaci (D.L.vo n. 219/2006), il testo unico per tutta la Comunità Europea che regola l’intero settore farmaceutico.

    L’introduzione di tale norma porterà vantaggi soprattutto ai consumatori, in particolare maggiore sicurezza e qualità dei farmaci e maggiore disponibilità di prodotti.

    Novità importante è l’introduzione di una nuova categoria di medicinali: il medicinale omeopatico.

    Grazie a questo Decreto, chi già utilizza i farmaci omeopatici può tirare un sospiro di sollievo poiché, adesso, il prodotto omeopatico è considerato a pieno titolo un vero e proprio farmaco, mentre chi non li ha mai utilizzati ha la certezza di avere a disposizione prodotti di qualità, di origine naturale, praticamente privi di effetti collaterali, utili per la cura dei disturbi più comuni.

    I ceppi omeopatici (le tinture madri) sono le forme galeniche preparate con materie prime di origine vegetale, minerale, animale o di sintesi che servono come materiale di partenza per la preparazione delle diluizioni. I requisiti richiesti per ciascun componente da utilizzare per l’elaborazione di un medicinale omeopatico sono fissati nelle corrispondenti monografie della Farmacopea Omeopatica, ossia il testo ufficiale che definisce le procedure da seguire per la preparazione dei medicinali omeopatici.

    Nel caso di una materia prima di origine vegetale, viene specificata quale parte della pianta deve essere utilizzata: fiori, foglie o radici ecc., e quale è il momento più opportuno per la raccolta, quali sono le tecniche e le metodiche di fabbricazione ecc. La stessa cosa avviene per le sostanze di origine animale: si specifica se devono essere utilizzate alcune parti dell’animale o l’animale completo ecc.

    Grazie alla precisione delle direttive, alla descrizione, identificazione ed elaborazione dei componenti di partenza, si ottiene la preparazione corretta e si garantisce la possibilità di ottenere un prodotto dalle caratteristiche sempre uguali.

    Un farmaco omeopatico è composto da una parte attiva e da un veicolo o supporto.

    La parte attiva (o principi attivi), a cui si fa riferimento parlando di farmaci omeopatici, è costituita dalle potenze (o diluizioni) omeopatiche che si ottengono mediante operazioni successive di diluizione del ceppo di partenza in un veicolo inerte (in genere acqua, alcol o lattosio).

    Le materie prime impiegate possono essere solubili o insolubili; in base alla loro forma verrà scelto il veicolo adeguato.

    Le forme solubili si preparano mediante una triturazione iniziale che facilita l’ottenimento dei principi attivi. Si lascia quindi macerare la triturazione in alcol (a una temperatura prestabilita e per un determinato periodo di tempo), poi viene filtrata e spremuta con l’obiettivo di ottenere l’estratto più ricco possibile.

    Mediante la macerazione in alcol si libera una vasta gamma di principi attivi e una piccola frazione volatile (oli essenziali), pertanto la sostanza risultante è più completa di quella preparata per semplice infusione. Il filtrato riceve il nome di tintura madre e si esprime mediante la sigla TM o il simbolo Ø.

    Le sostanze insolubili sono trattate per mezzo di un processo meccanico mediante il quale la sostanza solida viene diluita dopo miscelazione con un eccipiente inerte fisso, il lattosio, fino al raggiungimento di un certo grado di solubilità.

    La diluizione omeopatica può essere definita come la ripartizione della tintura madre in un veicolo inerte (generalmente alcol 70%).

    A seconda della proporzione tra soluto e solvente, si possono distinguere cinque scale di diluizione: decimale, centesimale, korsakoviana, flusso continuo e 50 millesimale:

    1. Diluizione decimale: il rapporto corrisponde a una parte di soluto e 9 parti di solvente. Si può rappresentare con una delle seguenti sigle: D, X, DH, XH. Questo tipo di diluizione è molto diffuso nel mondo tedesco ed è stato fatto proprio dalla medicina antroposofica e omotossicologica. Ad esempio per le diluizioni omeopatiche decimali l’ulteriore diluizione si ottiene prendendo un decimo della diluizione precedente (D1), diluendola e dinamizzandola in 9 parti di soluzione idroalcolica. Si ottiene in tal modo la seconda decimale hahnemanniana (D2) e così via per le diluizioni successive.

    2. Diluizione centesimale: la proporzione è tra una frazione di soluto e 99 di solvente. Si indica con: C o CH. Questa diluizione è molto diffusa in Francia. Per le diluizioni centesimali, si utilizza un centesimo della diluizione precedente (1CH), la si diluisce e dinamizza in 99 parti di solvente, ottenendo così la seconda centesimale hahnemanniana (2CH) e via di seguito (3CH, 4CH ecc.).

    3. Diluizione korsakoviana: detta anche del flacone unico, realizza la diluizione di un ceppo omeopatico attraverso operazioni successive in un veicolo liquido, precisamente acqua distillata, operando in un flacone unico. È il numero di operazioni effettuate che definisce il grado di diluizione. Con questo metodo si ottengono delle preparazioni liquide, chiamate diluizioni korsakoviane, designate con l’abbreviazione K preceduta dal numero che corrisponde al grado di diluizione. Operativamente la diluizione si effettua attraverso l’agitazione di 5 ml di tintura madre in un flacone di vetro da 15 ml; il numero delle agitazioni non deve essere inferiore alle 100 volte, dopo di che si svuota il flacone per aspirazione del contenuto; subito dopo si introducono nello stesso flacone 5 ml di acqua distillata, quantità che rappresenta 99 volte il contenuto della tintura madre rimasta sulle pareti del flacone, si agita ancora per 100 volte, ottenendo cosi la prima diluizione korsakoviana 1K. Si prosegue sempre con lo stesso metodo fino

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