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PRINCIPE - N.

Machiavelli

Il "Principe" espone fondamentalmente le norme che sono necessarie a un sovrano per fondare uno
stato e conservarlo. Ad esempio, il Machiavelli dice che un principe deve preferire lessere temuto
allessere amato; deve sacrificare la virt allinteresse dello stato; deve, quando lo richiedono le
necessits politiche, saper anche mancare la parola data: mi rendo conto che erano tristi mezzi, ma in
quei tempi burrascosi e movimentati si credevano necessari per raggiungere il grande scopo che
lautore faceva oggetto delle sue meditazioni: lunificazione dellItalia. La teoria che il fine giustifica i
mezzi, fu pi tardi criticata e ritenuta immorale, ma, per me, il Machiavelli ha voluto andare dietro
alla realts vera delle cose, ha cio considerato le cose come sono e non come dovrebbero essere. Non
gis che egli non apprezzi la virt, ma in quellets di prepotenze e di violenza soltanto un principe
energico e senza scrupoli avrebbe potuto far dellItalia uno stato unito e potente. Ed proprio questo
lideale che sta in cima ai pensieri di Machiavelli. Passiamo ad analizzare il libro nei suoi vari capitoli:
si comincia con una dedica al Magnifico Lorenzo De Medici il Giovane. E impossibile che il
Machiavelli riconosca in questo mediocre signore il suo principe ideale. La lettera perci diretta
alluomo cos virtuoso che sappia attuare i suoi insegnamenti. Nel primo capitolo si parla di che tipo
sono i principati e come si conquistano. Possono essere ereditari o nuovi, ma tra i nuovi si
distinguono quelli nuovi del tutto, come Milano con Francesco Sforza, o quelli che vengono aggiunti
ad un principato che li conquista, come Napoli col re di Spagna. Si conquistano o con le proprie armi
o con quelle di altri, o per fortuna o per virt. Il Machiavelli mette alla base del successo di ogni
azione umana la fortuna, elemento superiore alla volonts umana, e la virt, la somma delle capacits
personali. Comunque per il Fiorentino, luomo virtuoso pu vincere gli ostacoli postigli dalla fortuna.
Egli, insomma, considera la fortuna come unoccasione che luomo virtuoso sa sfruttare. Quindi il
secondo capitolo tratta in particolare dei principati ereditari e il terzo dal titolo "I Principati Misti", di
quanto sia difficile mantenere un principato nuovo, come accadde a Luigi XII con li ducato di Milano.
In questo capitolo parla anche di due tipi di principati misti: quelli vicini e simili per usanze al
principato conquistatore, che sono anche i pi facili da mantenere, e quelli lontani e diversi, che sono
i pi difficili. Secondo Machiavelli, la cosa migliore per conservare il secondo tipo di principato, che
vengano mandate delle colonie e che il principe vi risieda, cosa appunto che Luigi XII non fece. E in
questo capitolo che si nota il pensiero politico del Machiavelli: il popolo in armi pu respingere anche
il pi agguerrito degli eserciti. Nel quarto capitolo egli spiega perch il regno di Dario non si ribell ai
successori: era un regno assoluto, cio le difficolts venivano nel conquistarlo, in quanto il popolo,
unito e senza idea di ribellarsi, era sottomesso e comandato sempre da un solo principe, e quindi era
pi difficile da corrompere, ma una volta assoggettato e distrutta la dinastia del regnante non cera
pi nessuno che possedesse autorits sul popolo. Al contrario laltro tipo di regno, quello secondo il
sistema francese, era pi facile da conquistare, in quanto il re viveva in mezzo a una moltitudine di
signori amati e riconosciuti dai rispettivi sudditi. Questi baroni, sempre scontenti, potevano aprirti la
strada per la conquista, ma una volta conquistato il regno e distrutta la famiglia regnante potevano
anche capeggiare delle rivolte. Il quinto capitolo descrive il modo in cui si debbano governare quelle
citts e quei principati, che prima di essere conquistati erano libere e avevano leggi proprie. Il
Machiavelli ci da tre metodi: distruggerla totalmente, come fecero i Romani con Capua, Numanza e
Cartagine. Questo il metodo pi efficace; andarci a risiedere personalmente o creare allinterno di
essi un governo costituito da amici, come gli Spartani con Atene e Tebe, che per persero. Nel sesto
capitolo si parla di quanto sia pi stabile un principato nuovo conquistato con le proprie armi e
capacits, cio con la virt, di uno conquistato con la fortuna. Questo lo dimostrano gli esempi di Ciro,
Romolo, Mos. Il settimo capitolo parla della fragilits dei principati conquistati con la fortuna, come
Cesare Borgia che, persa la fortuna (appoggio del padre papa Alessandro VI), perse anche lo stato.
Tra i vari metodi per conquistare uno stato c anche quello attraverso lomicidio del regnante
precedente come fece Agatocle siracusano. In questo capitolo, lottavo, si nota anche la distinzione
tra crudelts momentanea, necessaria e crudelts permanente, non necessaria. Machiavelli parla di
principato civile quando un privato cittadino, aiutato dal popolo o dai nobili, diventa principe della
sua patria. Questo largomento del nono capitolo. Vi sono delle differenze se si diventa principe con
laiuto del popolo o dei nobili: con laiuto dei nobili si hanno maggiori difficolts perch essi si
considerano uguali al principe, per sono pi facile da sconfiggere perch sono pochi. Comunque la
cosa principale, in un caso o nellaltro, farsi subito amico il popolo. Quando non si possiedono delle
forze militari proprie, bisogna anche sapersi difendere, rafforzando le proprie fortificazioni e
attuando una tattica difensiva, ma un tale principato non si pu reputare forte (cap. X). Vi sono
anche dei principi che possiedono stati che non governano e sudditi che non comandano. Questi
sono i principi ecclesiastici. Le uniche difficolts che trovano si presentano prima di possedere il regno,
ma dopo le istituzioni religiose, con la loro forza, aiutano il principe a restare al potere anche se non
fa niente. In questo capitolo, lundicesimo, Machiavelli fa anche delle considerazioni sui vari papi che
si sono succeduti e sulla stima che hanno suscitato: prima di Alessandro VI, il papato godeva di poco
credito, ma con tutto quello che egli fece per il figlio Cesare Borgia, di cui abbiamo parlato prima,
fin, alla morte sua e del figlio, per avvantaggiare il papato che ne eredit le conquiste. Poi venne il
tempo di Giulio II che oltre a trovarsi uno stato della Chiesa molto grande, escogit un modo per fare
soldi mai attuato prima: la vendita delle indulgenze. Egli inoltre conquist Bologna, sottomise i
Veneziani e cacci i Francesi dallItalia. Affinch un principato sia solido deve posare su buone
fondamenta, ovvero buone leggi e buoni eserciti. Questo capitolo (XII) tratta degli eserciti. Essi
possono essere propri o mercenari, ausiliari e misti. Per il Machiavelli le milizie mercenarie
costituiscono uno dei pi gravi inconvenienti per i principi che se ne servono, perch poco fedeli e
interessate solo allo stipendio. Tutta la sua opera di storico e di scrittore politico una battaglia
contro le compagnie di ventura. Egli parla anche di Venezia e Firenze che accrebbero il loro potere
grazie a truppe mercenarie. Accadde ci solo per una serie di condizioni favorevoli. Le truppe di tipo
ausiliario (cap. XIII), cio quelle fornite da regni stranieri, sono le peggiori, in quanto se perdi la tua
rovina e se vinci ai il rischio che ti facciano loro prigioniero e che non se ne vadano pi via come
successe allimperatore di Costantinopoli con diecimila Turchi. Tra laltro sono anche pi unite e
organizzate di quelle mercenarie. Il quattordicesimo capitolo verte sul rapporto tra il principe e le
armi in generale: lunico compito che un principe deve assolutamente svolgere per tenersi lo stato
che sta comandando dedicarsi alle armi anche in tempo di pace, come fece Francesco Sforza
diventando, da semplice cittadino, duca di Milano. Per tenersi in allenamento deve praticare spesso
la caccia e imparare a conoscere la natura dei luoghi dove vive. Un buon principe deve saper imitare
quello che in passato fecero i principi migliori, come Alessandro Magno con Achille e Scipione con
Ciro. Lautore porta come esempio di principe perfetto Filipomene, che dovunque andasse si
interrogava sul modo, in quella situazione, per ritirarsi, per rincorrere il nemico ritirato e per
attaccare. Comincia dal capitolo quindicesimo lesame delle qualits spirituali del principe che
costituisce il problema centrale del trattato. Il Machiavelli afferma in questo capitolo che un principe,
per restare al potere, deve comportarsi anche in maniera non buona senza curarsi della cattiva fama
derivata da questo comportamento. Infatti inevitabile che un uomo che si vuole comportare da
buono in mezzo a gente non buona vada in rovina. Per lautore, un principe si deve mettere sullo
stesso piano morale di chi governa. Nel sedicesimo capitolo si parla della munificenza e della
parsimonia. La munificenza considerata in maniera negativa: allinizio ti fa avere una buona fama,
dopo, finiti i soldi, ti costringe a imporre tasse e quindi ad essere odiato dai sudditi e poco stimato
dagli altri per la poverts. Lunico momento in cui bisogna essere munifici quando ci si impadronisce
di beni altrui, come fecero Ciro e Cesare. La parsimonia invece, anche se allinizio non ti fars godere di
buona fama, dopo, vedendo che si capaci di difendersi e di conquistare anche senza gravare sulla
popolazione, ti fars considerare uomo generoso. Vengono citati gli esempi di Papa Giulio II che us la
munificenza solo per salire al potere, dedicandosi dopo alla guerra, Luigi XII che riusc, per la sua
grande parsimonia, a fare tante guerre senza tasse extra. Insomma uno dei vizi pi importanti che
aiutano a regnare la taccagneria. Il diciassettesimo capitolo incentrato sulla domanda: meglio
essere amati piuttosto che temuti o temuti piuttosto che amati? Per il Fiorentino un principe, per
tenere i suoi sudditi uniti e fedeli, pu essere ritenuto crudele e deve essere temuto al punto da non
essere n odiato n amato. Comunque la crudelts indispensabile in guerra. Nel diciottesimo
capitolo si parla di lealts. Essa una cosa molto lodevole, ma non necessaria al compimento di grandi
imprese, anzi lesperienza insegna che coloro che non si sono curati della lealts hanno sempre
prevalso. In questo capitolo sono elencati anche due metodi di combattimento quello con le leggi e
quello con la forza. Questi due metodi si completano a vicenda e un buon principe deve possedere
tutti e due. Gli uomini guardano molto alle apparenze, quindi un buon regnante deve apparire leale,
clemente, religioso, onesto e umano anche se non lo , ma deve essere sempre pronto a mutarsi
nellesatto contrario. Insomma un principe deve badare al risultato non ai mezzi con cui ci arriva. Il
diciannovesimo capitolo come un riassunto di tutte le caratteristiche che un principe deve avere
per farsi ben volere: non deve appropriarsi delle cose del popolo, non deve essere superficiale,
effemminato e pauroso, ma deve apparire coraggioso, grande e con molta forza di carattere. Qualora
non offrisse questa immagine di s, deve avere due paure: i sudditi e le potenze straniere. Dalle
congiure lunico aiuto pu venire dal popolo, in quanto non sempre i congiurati rispecchiano il volere
di tutti, invece per sconfiggere un nemico devi possedere un buon esercito. Come al solito il
Machiavelli fa molti esempi storici di cui ne cito uno riguardante una congiura fallita: Messer
Annibale Bentivoglio, principe di Bologna fu ucciso dai Canneschi. Subito dopo lomicidio, il popolo di
Bologna uccise tutta la famiglia dei Canneschi e mise a capo di Bologna un lontano parente del
Bentivoglio, figlio di fabbro. In conclusione un principe deve stare attento a non inasprire i nobili e a
soddisfare il popolo in modo da non temere le congiure. In questo capitolo, il ventesimo, si parla di
quanto possa essere utile disarmare i sudditi o alimentare le fazioni popolari o costruire fortezze.
Diciamo che per quanto riguarda il disarmo dei sudditi, si pu rivelare positivo quando si di fronte a
un principe nuovo con un nuovo principato, in quanto vengono gratificati quelli che armi, mentre se
agisci al contrario vengono offesi, invece quando un principe conquista un provincia necessario
disarmarla, escludendo naturalmente quelli che sono stati dalla tua parte, ma col tempo indebolendo
anche questultimi. Passando alle fazioni, per lautore, le divisioni interne non sono state mai
qualcosa di positivo, anzi rendono le citts pi fragili di fronte al nemico. Continuando con le fortezze
fin dai tempi antichi si avuta labitudine di edificare queste fortificazioni, ma gente pi recente
come Niccol Vitelli e Guidobaldo da Montefeltro le smantell. Perch questo? Il Machiavelli dice
che chi ha pi paura del popolo che dei nemici costruisce fortezze, chi il contrario non le costruisce e
ribadisce dicendo che la fortezza pi sicura il non essere odiati dal popolo. Il capitolo ventunesimo
parla ancora di come un principe possa dare una buona immagine di s, unimmagine di uomo
grande e di ingegno eccellente. In politica interna deve essere deciso, deve premiare o castigare in
maniera esemplare. In politica estera deve farsi ammirare e deve stupire i sudditi con grandi imprese
come Ferdinando dAragona, ma soprattutto deve sempre schierarsi a favore di qualcuno e mai
restar neutrale in modo che il tuo alleato si senta legato da un patto di amicizia e di riconoscenza e
non ti abbandoni mai. Per dare una buona immagine, il principe deve anche istituire delle feste e
partecipare ai raduni di quartiere sempre per con grande maests e dignits. Molto importante
anche la scelta dei ministri. Si nota da questa selezione lintelligenza di un signore; circondandosi di
uomini stolti, il giudizio su di lui non potrs essere mai buono. Questi ministri devono essere cos
devoti al loro signore da pensare prima a lui che a loro stessi e se un principe ha la fortuna di
trovarne uno cos se lo deve mantenere con doni e elogi. Il ventitreesimo capitolo parla degli
adulatori. Un principe deve fidarsi solo di poche persone sincere e veritiere che avrs scelto allinterno
del suo Stato. Deve sentire solo loro e comunque lultima decisione deve aspettare sempre a lui. Nel
ventiquattresimo capitolo vi come un rimprovero verso i principi italiani che persero il loro Stato,
come Federico dAragona, il re di Napoli e Ludovico il Moro, duca di Milano. Le motivazioni sono
varie, ma comuni: non possedevano un esercito proprio, erano detestati dal popolo o dai nobili.
Colpa loro quindi, non della fortuna. Nel venticinquesimo capitolo il Machiavelli adopera una
similitudine per descrivere la fortuna. Essa come un fiume che quando in piena distrugge tutto
quello che trova, ma quando calmo gli uomini possono creare argini in modo da incanalare e
domare tale forza. Ma la fortuna dirige la sua furia dove sa che non sono stati creati argini per
indirizzarla. Un principe, che vive fidando solo su di essa, allimprovviso pu andare in rovina, questo
perch la fortuna ha cambiato direzione. Quindi, per il Machiavelli ha successo colui che si adatta ai
tempi. Dopo vari esempi questo capitolo si conclude con unaltra similitudine: la fortuna viene
paragonata a una donna. Solo gli impetuosi la possono dominare. Infatti compagna dei giovani,
impavidi e meno cauti. Lultimo capitolo unesortazione rivolta al principe di Casa dei Medici
affinch riunisca lItalia sanando le ferite, ponendo fine ai saccheggi e alle imposizioni fiscali che
continuano a lacerarla. Contando che gli eserciti svizzeri e spagnoli non sono cos terribili come si
dice, egli potrebbe creare un terzo esercito che li vinca. Il Machiavelli conclude rassicurando che un
nuovo regnante sarebbe accolto da tutti a braccia aperte. Gli ultime versi sono tratti da "Italia mia"
del Petrarca. Appare come un ulteriore incitamento rivolto al nuovo principe proprio dal Petrarca
anche se scritto circa duecento anni prima: La virt affronters la furia degli stranieri; il
combattimento sars corto perch lantico valore che fu del popolo romano nei cuori italici non
ancora morto.

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