Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Linguistica
I lettori che desiderano
informazioni sui volumi
pubblicati dalla casa editrice
possono rivolgersi direttamente a:
Carocci editore
Via Sardegna 50
00187 Roma
tel 06 42 81 84 17
fax 06 42 74 79 31
Visitateci sul nostro sito Internet:
http://www.carocci.it
Silvia Luraghi
Introduzione
alla linguistica storica
1
a
edizione, gennaio 2006
copyright 2006 by Carocci editore S.p.A., Roma
Finito di stampare nel gennaio 2006
per i tipi delle Arti Grache Editoriali Srl, Urbino
isbn 88-430-3663-7
Riproduzione vietata ai sensi di legge
(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)
Senza regolare autorizzazione,
vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia,
anche per uso interno
o didattico.
Indice
Prefazione 11
Abbreviazioni 15
Introduzione 19
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue 25
1. Introduzione 25
2. Tipi di classicazione 26
2.1. La classicazione genetica / 2.2. La classicazione tipologica / 2.3. La classica-
zione areale
3. Le lingue del mondo 28
3.1. Le lingue indoeuropee / 3.2. Le lingue afroasiatiche / 3.3. Le lingue uraloaltaiche /
3.4. Le lingue caucasiche / 3.5. Le lingue nigercongolesi e altre famiglie di lingue
africane / 3.6. Le lingue sinotibetane / 3.7. Il coreano e il giapponese / 3.8. Le lingue
australiane e dellarea pacica / 3.9. Le lingue amerindiane / 3.10. Altre famiglie lin-
guistiche e lingue isolate / 3.11. Pidgins e creoli
Appendici 53
A. La distribuzione delle lingue indoeuropee / B. Lalfabeto greco / C. Lalfabeto
cirillico / D. Il devan agar / E. Esempio di scrittura cuneiforme Ittita
In questo capitolo 58
Letture consigliate 58
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento
fonologico 61
1. Introduzione 61
2. Modicazioni di foni 62
2.1. Assimilazione e dissimilazione / 2.2. Struttura sillabica e accento
3. Tipi di mutamenti fonologici 67
3.1. Fonologizzazione / 3.2. Defonologizzazione / 3.3. Rifonologizzazione
4. Il sistema fonologico dellindoeuropeo 69
4.1. Ostruenti / 4.2. Liquide e nasali; sonanti e semivocali / 4.3. Vocali / 4.4. Ac-
cento
5. Ricostruzione 71
7
6. Le leggi fonetiche 72
6.1. La legge di Grimm / 6.2. La legge di Verner / 6.3. La legge di Grassmann
7. Lisoglossa kentum/sat@m e lalbero genealogico delle lingue in-
doeuropee 78
8. La diffusione del mutamento 79
9. Il vocalismo indoeuropeo I: lapofonia 81
10. Velari, labiovelari e palatali 83
11. Lesito di */
.
n/ e */
.
m/ 85
12. Il vocalismo indoeuropeo II: le laringali 86
13. Dinamiche e cause del mutamento fonologico 88
14. I sistemi fonologici delle singole famiglie di lingue indoeuropee 91
14.1. Il latino / 14.2. Le lingue italiche / 14.3. Il greco / 14.4. Il germanico / 14.5. Il
sanscrito / 14.6. Le lingue iraniche / 14.7. Lo slavo / 14.8. Le lingue baltiche / 14.9.
Lanatolico / 14.10. Le lingue celtiche / 14.11. Lalbanese / 14.12. Larmeno / 14.13. Il
tocario
Appendici 119
A. LAlfabeto Fonetico Internazionale (ipa, International Phonetic Alphabet) / B.
Scrittura di regole fonologiche / C. Sommario di tutte le corrispondenze fonema
per fonema
In questo capitolo 126
Letture consigliate 126
3. Il mutamento morfologico 129
1. Introduzione 129
2. Nozioni preliminari 132
2.1. La parola: denizioni e tipi di parole / 2.2. Morfemi, allomor e classi essive
3. La tipologia morfologica 134
3.1. Il tipo morfologico dellindoeuropeo ricostruito
4. Il piano morfofonologico 141
4.1. Creazione di allomor / 4.2. Omofonia allinterno dei paradigmi e frequenza
5. Il mutamento analogico 146
5.1. Livellamento di paradigmi / 5.2. Estensione di morfemi essivi / 5.3. Estensione
dellallomora / 5.4. Quando lanalogia non agisce
6. Il mutamento di tipo morfologico 152
7. La grammaticalizzazione 155
7.1. Possibili processi di grammaticalizzazione e loro risultati / 7.2. Grammaticaliz-
zazione e morfologia derivazionale
8
Introduzione alla linguistica storica
8. Le classi essive dellindoeuropeo 161
8.1. Flessione atematica e tematica / 8.2. Processi morfologici / 8.3. La essione del
nome / 8.4. Evoluzione delle classi essive del nome / 8.5. La essione del verbo /
8.6. Evoluzione delle classi essive del verbo
In questo capitolo 175
Letture consigliate 176
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue in-
doeuropee 177
1. Introduzione 177
2. Il sistema di parti del discorso e le categorie grammaticali nellin-
doeuropeo ricostruito 177
3. Il nome 178
3.1. Numero / 3.2. Genere / 3.3. Caso
4. Il verbo 196
4.1. Tempo e aspetto / 4.2. Modo e modalit / 4.3. Diatesi
5. Inniti e participi 207
6. Tabelle riassuntive delle categorie essive dellindoeuropeo 209
7. I preverbi 210
8. Evoluzione nelle principali lingue indoeuropee 212
8.1. Latino / 8.2. Greco / 8.3. Sanscrito / 8.4. Germanico / 8.5. Slavo
In questo capitolo 222
Letture consigliate 223
5. Il mutamento sintattico 225
1. Introduzione 225
2. Tipologia sintattica I: lordine dei costituenti 226
3. Due leggi sullordine dei costituenti 231
3.1. Tipi di costituenti / 3.2. La seconda posizione nella frase e la legge di Wacker-
nagel / 3.3. La legge di Behaghel
4. Ordine marcato e ordine non marcato: dal latino alle lingue ro-
manze 236
5. La struttura della frase semplice indoeuropea 243
6. Frase principale e frase dipendente 245
7. Dal latino alle lingue romanze: i clitici 246
8. Tipologia sintattica II: le relazioni grammaticali 253
8.1. La denizione del soggetto in italiano / 8.2. Le lingue ergative / 8.3. Le
lingue attive / 8.4. Il tipo delle lingue indoeuropee
Indice
9
9. Paratassi e ipotassi 259
In questo capitolo 261
Letture consigliate 261
6. Spiegazioni del mutamento 263
1. Introduzione 263
2. La variabilit delle lingue 264
3. La trasmissione delle lingue: acquisizione e rianalisi 267
4. Il contatto fra lingue 270
4.1. Bilinguismo e diglossia / 4.2. Il prestito / 4.3. Prestiti e calchi / 4.4. Prestiti
non lessicali / 4.5. Contatto e mutamento linguistico / 4.6. Aree linguistiche
5. Le protolingue 277
5.1. Plausibilit della ricostruzione / 5.2. Valore delle forme ricostruite
6. La diffusione del mutamento 280
6.1. Geograa linguistica e atlanti dialettali / 6.2. Norme di linguistica areale /
6.3. Oltre lalbero genealogico
7. Variabilit sociale e mutamento 283
8. Nascita e morte delle lingue 285
8.1. Nascita di nuove lingue / 8.2. La morte delle lingue
9. Conclusioni 288
Appendici 289
A. Cronologia di storia della linguistica storica / B. Diffusione di mutamenti in
area romanza
In questo capitolo 293
Letture consigliate 293
Riferimenti bibliograci 295
Introduzione alla linguistica storica
10
Prefazione
Questo libro nasce da due constatazioni. In primo luogo, nel campo della
linguistica storica il mercato editoriale italiano offre attualmente pochi ma-
nuali scritti da studiosi italiani per studenti italiani. Anche prendendo in
considerazione gli ultimi ventanni, il panorama si riduce essenzialmente a
due testi: il fortunato volume a cura di Romano Lazzeroni (1987a) e quello
pi recente a cura di Marco Mancini (2003). Entrambi i volumi si differen-
ziano da questo dal punto di vista del contenuto, in quanto essi non ab-
bracciano che parzialmente (Lazzeroni) o per niente (Mancini) il campo
della linguistica indoeuropea, che pure oggetto di studio nella maggior
parte dei corsi di glottologia offerti dalle universit italiane. Inoltre, en-
trambi i testi sono frutto della collaborazione di pi studiosi, cosa che, pur
avendo il vantaggio di avvalersi di pi competenze e di offrire un ventaglio
pi ampio di posizioni teoriche, presenta per lo svantaggio di una minore
omogeneit nella trattazione dei diversi argomenti. Per quanto riguarda la
linguistica indoeuropea, sono attualmente disponibili volumi che presen-
tano un grado di approfondimento e di difcolt molto alto per essere uti-
lizzati in corsi introduttivi, come Giacalone Ramat, Ramat (1997) o Sze-
mernyi (1985), oppure che sono comunque pensati per studenti con un
bagaglio di competenze linguistiche diverse da quelli italiani (Lehmann,
1998).
La seconda constatazione che nessuno dei manuali attualmente in uso
stato pensato tenendo conto delle esigenze create dalla nuova struttura mo-
dulare e in maniera particolare dellarticolazione triennio pi biennio. Nel
triennio, infatti, i corsi di glottologia sono spesso frequentati da studenti
con scarsa conoscenza delle lingue classiche e in generale con poche com-
petenze di base, cosa che rende molto difcile adattare testi che presup-
pongano maggiori conoscenze, considerato che il tempo a disposizione
pu essere limitato al modulo di trenta ore. Daltro lato, si possono iscrive-
re ai bienni di linguistica studenti che non hanno una preparazione omo-
genea, provenendo da trienni diversi e a volte anche da diversi atenei. ne-
cessario dunque uno strumento capace di fornire le nozioni di base in ma-
niera semplice, senza per rinunciare a raggiungere per gradi quel livello di
11
complessit che essenziale per una buona comprensione della materia
trattata e senza rinunciare neanche al grado di completezza che auspicabi-
le venga acquisita dagli studenti che intendano proseguire gli studi, specia-
lizzandosi in linguistica.
Pertanto, nella preparazione di questo manuale ho cercato di raggiungere
un duplice scopo. Da un lato, ho cercato di scrivere per un pubblico che
non avesse conoscenze gi acquisite, basando lesemplicazione ove possi-
bile soprattutto sullitaliano; gli esempi in altre lingue, tranne linglese,
compaiono quasi sempre corredati non solo di traduzione, ma anche di
glosse grammaticali. I termini introdotti, tranne che per pochissime nozio-
ni come quella di fonema, vengono sempre deniti, in maniera da risultare
comprensibili anche agli studenti che accedano al corso di glottologia sen-
za aver preliminarmente seguito un corso di linguistica generale. Daltro
lato, ho cercato di dare una trattazione ampia e esauriente di alcuni proble-
mi fondamentali della linguistica storica e indoeuropea. In questo modo,
anche coloro che abbiano la necessit di una preparazione pi approfondi-
ta, volendosi specializzare in linguistica, potranno trovare una base che li
aiuter poi ad affrontare la lettura e lo studio di opere pi complesse.
In concreto, per ottenere questi scopi, ho articolato il volume in parti che
sono in una certa misura staccabili. Per esempio, nel modulo di trenta ore
destinato a studenti che non siano di lettere classiche si potranno tralascia-
re le parti di approfondimento dedicate agli sviluppi delle singole lingue
indoeuropee, parti che potranno invece trovare spazio nei corsi di sessanta
ore o in quelli dedicati a studenti gi in possesso di conoscenze linguistiche
pi approfondite. Ho anche cercato di fornire una buona quantit di ma-
teriali, attraverso gli esempi e le appendici; alcune schede contengono ap-
profondimenti che vanno al di l della linguistica storica, affrontando bre-
vemente e in maniera semplice problemi di pi ampia portata, come quel-
lo della valenza o della struttura comunicativa di enunciati e testi.
Poich questo libro non si congura come un contributo di ricerca ma
come un manuale e deve quindi essere guidato da considerazioni pratiche,
ho limitato al massimo i riferimenti bibliograci. In particolare, ho fornito
spunti per lapprofondimento della materia trattata nei singoli capitoli in-
dicando solo un numero limitato di opere di riferimento, per lo pi dispo-
nibili in italiano, che potranno essere usate da chi lo voglia anche come ul-
teriore fonte di riferimento bibliograco. Ho cercato, sia nei riferimenti bi-
bliograci, sia nella trattazione, di dare il maggior risalto possibile alla ri-
cerca italiana e non solo a quella pi recente, a cui gli studenti possono in
parte avere un accesso diretto, ma anche a quella passata, che spesso viene
trascurata nel quadro attuale di conoscenze, basato in maniera crescente
sulla bibliograa di origine anglosassone. Questo non certo perch a mio
parere si debbano ignorare le opere di studiosi stranieri: piuttosto, mi pare
che la tendenza che oggi si riscontra a ignorare la storia anche recente della
12
Introduzione alla linguistica storica
ricerca linguistica nel nostro paese porti a un sostanziale impoverimento
culturale delle giovani generazioni.
Ringrazio i numerosi colleghi e amici che mi hanno fornito un aiuto su
singoli punti della trattazione. In maniera particolare, desidero ringraziare
Guido Borghi, che mi ha fornito un valido sostegno nella parte dedicata
alle ricostruzioni, Paolo Di Giovine, che ha letto con la consueta acribia
lintero manoscritto, commentandolo puntualmente, e soprattutto Anna
Maria Thornton, che, oltre a aver letto e commentato il testo, ha anche
sostenuto con me lunghe discussioni, aiutandomi a chiarire diversi proble-
mi. Ringrazio inoltre Francesca Mazzariello, che mi ha aiutata a preparare
il manoscritto denitivo. Ovviamente, nessuna di queste persone respon-
sabile degli eventuali errori e mancanze del volume, che rimangono unica-
mente a carico mio.
Dedico questo libro agli studenti che ne faranno uso in futuro. Spero di
aver loro fornito uno strumento utile e chiaro, ma soprattutto spero di riu-
scire a far nascere in loro linteresse e la curiosit per le lingue e la linguisti-
ca, interesse e curiosit che hanno indirizzato una parte consistente della
mia vita.
Milano, giugno 2005
Prefazione
13
Abbreviazioni
abl ablativo
acc accusativo
agg aggettivo
AN ordine aggettivo-nome
aor aoristo
art articolo
ass assolutivo
aus ausiliare
C consonante
comp comparativo
cong congiuntivo
conn connettivo
d/l dativo/locativo
dat, dat. dativo
decl. declinazione
dim dimostrativo
din. dinamico
dir diretto, direttivo
du duale
erg ergativo
f femminile
foc focalizzatore
fut futuro
gen, gen. genitivo
ger gerundio
GN ordine genitivo-nome
imper imperativo
impf imperfetto
indef indenito
inf innito
int. intenzionale
intrans. intransitivo
15
ipa Alfabeto Fonetico Internazionale (International Phonetic
Alphabet)
loc locativo
m maschile
m/p medio-passivo
n neutro, nome
n/a nominativo/accusativo neutro
NA ordine nome-aggettivo
neg negazione
NG ordine nome-genitivo
nom, nom. nominativo
obl obliquo
ogg oggetto
p, p. passivo
part participio
pass passato
pf perfetto
pl, pl. plurale
Posp posposizione
poss possessivo
ppf piuccheperfetto
Prep preposizione
pret preterito
prev preverbio
prs presente
ptc particella
r liquida
rel relativo
Rel. frase relativa
rifl riessivo
sg, sg. singolare
sn sintagma nominale
sogg soggetto
SOV ordine soggetto-oggetto-verbo
st. costr stato costrutto
strum strumentale
sup supino
sv sintagma verbale
SVO ordine soggetto-verbo-oggetto
trans. transitivo
V vocale, verbo
voc vocativo
VSO ordine verbo-soggetto-oggetto
16
Introduzione alla linguistica storica
Simboli
# conne di parola
~ opposizione
[ ] trascrizione fonetica
/ / trascrizione fonologica
< > trascrizione ortograca
> diventa, si realizza come
< deriva da, esito di
/ contesto in una regola fonologica
_ posizione in una regola fonologica
= punto di attacco di un clitico
- conne di morfema
+ unione di due lessemi
. separazione fra signicati grammaticali in caso di esponenza
cumulativa o fra signicati lessicali
: separazione fra signicato lessicale e signicato grammatica-
le in lingue fusive
Le glosse grammaticali fornite negli esempi danno unanalisi morfologica
che comprende in genere tutte le categorie o per lo meno tutte quelle rile-
vanti per il problema trattato. Alcune categorie non sono indicate mai. Si
tratta di: singolare nei sostantivi e negli aggettivi, indicativo nel verbo
(quindi quando non sia indicato il numero di una forma nominale, va in-
teso come singolare e quando non sia indicato il modo di una forma verba-
le, va inteso come indicativo). Il genere grammaticale a volte omesso, se
non particolarmente rilevante per la discussione o se la sua omissione non
causa difcolt nel comprendere la struttura dei costituenti.
Lingue
arm. armeno
av. avestico
germ. germanico
got. gotico
gr. greco
ie. indoeuropeo
itt. ittita
ingl. inglese
lat. latino
lit. lituano
luvio ger. luvio geroglico
scr. sanscrito
sl. eccl. slavo ecclesiastico
Abbreviazioni
17
sl. slavo
ted. tedesco
toc. tocario
Autori e opere citati negli esempi
Agr. De Lege Agraria
Amic. De Amicitia
Ar. Aristofane
Arist. Aristotele
Bacch. Bacchae
BG De Bello Gallico
Capt. Captivi
Cat. De Coniuratione Catilinae
Catil. Catilinarie
Catul. Catullo
Ces. Cesare
Cic. Cicerone
CIL Corpus delle iscrizioni latine
Crat. Cratilo
Er. Erodoto
Gen. Genesi
IG Corpus delle iscrizioni greche
Il. Omero, Iliade
Isoc. Isocrate
Lis. Lisia
Lys. Lisitrata
Merc. Mercator
Metaph. Metasica
Mil. Pro Milone
Mt. Vangelo secondo Matteo
Nov. Novellino
Od. Omero, Odissea
P. Platone
Pl. Plauto
Rud. Rudens
RV. Rigveda
Sal. Sallustio
Tusc. Tusculanae Disputationes
Villani Giovanni Villani, Nuova cronica
Nota: la numerazione dei paragra stata rifatta in base ai criteri delleditore.
Introduzione alla linguistica storica
18
Introduzione
Nella percezione di un parlante la propria lingua ha una realt stabile. Na-
sciamo, impariamo a parlare (un processo di cui da adulti conserviamo ge-
neralmente scarsa memoria) e, dopo che a scuola abbiamo appreso anche
le caratteristiche della lingua scritta, ci sembra che gli unici cambiamenti
che la nostra lingua subisce nella nostra esperienza siano di ordine lessicale:
certe parole scompaiono dalluso, si creano neologismi o si acquisiscono
prestiti da altre lingue, alcune parole assumono nuovi signicati, ma la
grammatica della lingua resta immutata. A tutta prima ci sembra anche ra-
gionevole che le cose stiano cos: se la grammatica cambiasse (e poi chi do-
vrebbe prendere liniziativa di cambiarla?) non chiaro come continue-
remmo a comunicare.
Eppure le lingue cambiano, e in maniera tanto signicativa da non essere
neanche pi chiamate con lo stesso nome. Sappiamo infatti che litaliano,
insieme con un gruppo di altre lingue che chiamiamo lingue romanze, de-
riva dal latino. Se confrontiamo un passo latino con la sua traduzione ita-
liana, le due lingue ci appaiono senza dubbio diverse:
Omnis homines, qui sese student praestare ceteris animalibus, summa ope niti de-
cet, ne vitam silentio transeant veluti pecora, quae natura prona atque ventri
oboedientia nxit. Sed nostra omnis vis in animo et corpore sita est: animi impe-
rio, corporis servitio magis utimur; alterum nobis cum dis, alterum cum beluis
commune est. Quo mihi rectius videtur ingeni quam virium opibus gloriam quae-
rere et, quoniam vita ipsa, qua fruimur, brevis est, memoriam nostri quam maxu-
me longam efcere (Sal. Cat. 1.1).
Si addice a tutti gli uomini che vogliono essere superiori agli altri animali impe-
gnarsi col massimo sforzo per non trascorrere la vita nel silenzio cos come le be-
stie, che la natura ha plasmato chine e schiave del proprio ventre. Ora, tutta la no-
stra forza situata nellanimo e nel corpo; dellanima usiamo lattitudine al co-
mando, del corpo piuttosto quella allobbedienza; una ci rende simili agli dei, lal-
tra alle bestie. E perci mi sembra pi giusto ricercare la gloria con le risorse spiri-
tuali che con le forze siche e, poich la vita della quale godiamo breve, rendere
pi lunga possibile la nostra memoria.
19
Ma com avvenuto esattamente questo cambiamento? C stato un mo-
mento di rottura in cui i parlanti improvvisamente sono passati da una lin-
gua allaltra? Certamente no: il processo devessere stato lento e continuo e
nel corso della sua durata i parlanti, in maniera simile a noi, devono aver
avuto la percezione di parlare sempre sostanzialmente la stessa lingua.
Come il cambiamento sia possibile, secondo quali modalit avvenga e
come lesigenza di comunicare dei parlanti si concili con la realt dinamica
della loro lingua uno degli oggetti di studio della linguistica storica, che si
occupa della variazione diacronica delle lingue, cio del loro cambiamento
lungo lasse temporale.
Torniamo al testo latino. Se oltre alla traduzione italiana consideriamo an-
che la traduzione francese e quella spagnola, possiamo fare altre interessan-
ti osservazioni:
Tout homme qui travaille tre suprieur aux autres tres anims doit faire un su-
prme effort an de ne point passer sa vie sans faire parler de lui, comme il arrive
aux btes, faonnes par la nature regarder la terre et sasservir leur ventre. Au
contraire, chez nous autres hommes, la puissance daction rside la fois dans
lme et dans le corps: lme nous rservons de prfrence lautorit, au corps lo-
bissance: lune nous est commune avec les dieux, lautre avec les btes. Aussi, me
parat-il plus juste de chercher la gloire en faisant appel lme plus quau corps,
et, puisque la vie mme dont nous jouissons est brve, de faire durer le plus possi-
ble le souvenir quon gardera de nous.
Es conveniente que todos los hombres, que se afanan en aventajar a los dems ani-
males, se esfuercen con todo su poder por impedir que pasen su vida en silencio
como los rebaos, que la naturaleza form inclinados hacia el suelo y obedientes al
vientre. Por el contrario, toda nuestra fuerza fue situada en el espiritu y en el cuer-
po: nos servimos ms del poder del espiritu, de la esclavitud del cuerpo; uno nos es
comn con los dioses, el otro con la bestias. Por esto me parece que es ms recto
buscar la gloria con los recursos de la inteligencia que con los de las fuerzas, y,
puesto que la vida que gozamos es breve, obtener como resultado un recuerdo de
nosotros lo ms largo posible.
In primo luogo vediamo che le tre lingue romanze, pur presentando somi-
glianze, hanno preso nel corso della loro storia strade diverse. Il mutamen-
to linguistico, dunque, non avviene secondo modalit uniche: non detto
che un certo stato di lingua preluda necessariamente a un determinato sta-
to successivo. Vedremo pi avanti che il mutamento non comunque ca-
suale, che si pu ipotizzare, anche se non con certezza assoluta, che avven-
gano certi mutamenti: vero per che le nostre conoscenze ci permettono
di spiegare i mutamenti a posteriori, e non di prevederli a priori.
Lesistenza di diverse variet romanze ci conduce poi a una seconda osser-
20
Introduzione alla linguistica storica
vazione: tutte queste variet, numerose e non mutuamente intelligibili (un
parlante di italiano che non abbia nozioni di francese ne comprende al pi
qualche parola isolata) derivano da una lingua sola, sono, per cos dire, -
liazioni del latino. Un tempo dunque ci trovavamo in presenza di una lin-
gua, che sicuramente avr avuto al suo interno differenziazioni diatopiche
e diastratiche (cio legate alla distribuzione geograca e alluso da parte di
diversi gruppi sociali; vedi cap. 6) maggiori di quanto non ci sia dato capi-
re dalla lingua scritta che ci pervenuta, ma era comunque una lingua uni-
taria: oggi le variet romanze sono tanto diverse fra loro da meritare di es-
sere considerate lingue diverse.
Questa osservazione ci porta a affrontare alcune domande. In primo luogo,
che cosa vuol dire esattamente che litaliano (e il francese, lo spagnolo, il
portoghese, il rumeno ecc.) deriva dal latino? Certo sappiamo che c stata
una continuit storica fra queste lingue e il confronto di un brano latino
con la sua traduzione in una lingua romanza ci rivela, oltre alle grandi di-
vergenze, anche innegabili somiglianze, che possono essere colte anche da
un occhio poco esperto. Ma questo certamente non basta. Consideriamo i
seguenti vocaboli:
italiano inglese latino
acquatico aquatic aquaticus
(erba) herbal herbalis
addome abdomen abdomen
penisola peninsula peninsula
Questi esempi potrebbero essere moltiplicati. Se ci basiamo sulla somi-
glianza, senza prima aver stabilito esattamente che cosa signichi somi-
glianza, concluderemmo, sbagliando, che linglese deriverebbe dal latino e
anzi ne continuerebbe il lessico in maniera pi fedele di quanto non lo
continui litaliano.
Dobbiamo quindi identicare una serie di criteri che ci permettano di con-
frontare le lingue, stabilire quali appartengano alla stessa famiglia e spiega-
re come si giustichi la classicazione. Un criterio importantissimo quel-
lo delle corrispondenze regolari. Se confrontiamo la coppia addome/abdo-
men con le seguenti coppie di vocaboli:
italiano latino
otto octo
sette septem
ottimo optimum
latte lactem
Introduzione
21
vediamo che esiste una corrispondenza regolare fra gruppi latini composti
da due consonanti occlusive con diversi punti di articolazione e consonanti
doppie italiane: in italiano la prima consonante ha assunto il punto di arti-
colazione della seconda, ha subito cio un processo detto assimilazione
(vedi cap. 2). Notiamo inoltre che il parallelo con linglese non pu esten-
dersi: linglese, che non una lingua romanza ma germanica, ha vocaboli
di origine germanica in corrispondenza di quelli elencati nella lista che se-
gue
1
, inoltre, fra le lingue romanze riscontriamo anche corrispondenze re-
golari:
italiano francese spagnolo latino
madre mre madre matrem
padre pre padre patrem
dente dent diente dentem
cento cent ciento centum
Ampliamo ora le nostre considerazioni a unaltra famiglia di lingue, quella
germanica, appunto. Vediamo che il discorso fatto n qui per litaliano, il
francese e lo spagnolo vale anche, per esempio, per inglese, tedesco e olan-
dese. Anche le lingue germaniche presentano corrispondenze regolari,
come in:
inglese tedesco olandese
mother mutter moeder
father vater vader
tooth zahn tand
ten zehn tien
C per una grande differenza rispetto alle lingue romanze, come si pu
cogliere immediatamente dal fatto che la colonna che avevamo riservato al
latino per le lingue germaniche resta vuota: in base alle corrispondenze,
possiamo supporre che anche le lingue germaniche derivino tutte da unu-
nica lingua pi antica, ma si tratta di una lingua che non conosciamo. Per
spiegare i mutamenti avvenuti e per capire rispetto a che cosa si siano avuti
mutamenti non ci rimane che una strada, cio quella di ricostruire questa
lingua pi antica e sconosciuta, che chiameremo protogermanico.
1. Con questa osservazione non abbiamo ancora risolto tutto, visto che anche in italiano abbia-
mo casi come abdicare dal latino abdicare, in cui il gruppo consonantico conservato: vedremo
pi avanti che questo vocabolo entrato in italiano direttamente dal latino, come prestito dalla
lingua legale, e pertanto sfuggito allevoluzione normale.
22
Introduzione alla linguistica storica
Anche la ricostruzione una parte importante della linguistica storica, che
ha avuto come suo fulcro per un lungo periodo la ricostruzione dellin-
doeuropeo, o protoindoeuropeo, la lingua non attestata da cui deriva la
maggior parte delle lingue europee, comprese le lingue romanze e germani-
che, e numerose lingue dellAsia.
Dato che per poter parlare della ricostruzione dellindoeuropeo dobbiamo
prima sapere quali sono le lingue indoeuropee, vedremo nel prossimo capi-
tolo di esaminare pi da vicino le varie famiglie linguistiche. Osserveremo
prima, per, che la classicazione genetica non lunico modo di classica-
re le lingue del mondo: le lingue infatti possono anche essere classicate in
base alle loro caratteristiche formali (classicazione tipologica) o alla loro
distribuzione geograca (classicazione areale).
Dopo aver parlato della classicazione delle lingue, passeremo alle dinami-
che del mutamento linguistico, affrontando i diversi livelli (fonologia,
morfologia, sintassi) e le possibili cause del mutamento. Nel discutere i tipi
di mutamento e le interpretazioni che ne sono state date ripercorreremo
anche le principali tappe nello sviluppo della linguistica storica. In questo
modo spero di ovviare al problema della decontestualizzazione che sempre
pi spesso caratterizza linsegnamento della linguistica. Il mancato inseri-
mento in un contesto storico rischia infatti di rendere inutilmente astratta
e ostica una materia che, trattando di una prerogativa primaria per tutti gli
esseri umani, quella appunto di parlare una lingua, dovrebbe essere invece
di immediato interesse e facile accesso.
Introduzione
23
1
Somiglianza e diversit.
La classicazione delle lingue
1. Introduzione
Diversi tipi di
classicazione
In questo capitolo vedremo in quali diverse maniere si possono classicare
le lingue. Il tipo di classicazione forse pi evidente e sicuramente pi noto
la classicazione genetica, che raggruppa le lingue in famiglie, in base al
fatto che esse risalgano a una stessa lingua capostipite. Questo tipo di clas-
sicazione per non lunico possibile. Come vedremo, le lingue possono
essere classicate in base a somiglianze strutturali, non dovute alla parente-
la: si parla in questo caso di classicazione tipologica. Inoltre, si constata-
to che lingue che abbiano una lunga storia comune anche se appartengono
a famiglie diverse tendono a sviluppare caratteristiche comuni. Questa
constatazione porta alla classicazione areale.
Consapevolezza
della diversit
Anche se il fatto che le lingue si possono raggruppare per lo meno in fami-
glie oggi una nozione acquisita anche dai non specialisti, lo studio della
diversit delle lingue ha origine relativamente recente. Gli antichi, pur vi-
vendo in societ multilingui, come il Vicino Oriente del ii e i millennio
a.C., o venendo in contatto con lingue diverse, come i greci secondo le te-
stimonianze di storici come Erodoto, o trovandosi in situazioni di sostan-
ziale bilinguismo, come molti cittadini dellimpero romano, non sviluppa-
rono mai un interesse che non fosse limitato alla descrizione della propria
lingua. Al massimo, troviamo in epoca imperiale qualche opera grammati-
cale dedicata al confronto del greco con il latino. Anche tradizioni gram-
maticali non occidentali, come quella indiana, pur raggiungendo un livello
di grande accuratezza descrittiva, si limitarono per lo pi allo studio della
lingua standard.
Tornando in Occidente, si usa far risalire le prime osservazioni sulla classi-
cazione genetica a Dante, che ci ha lasciato alcune notazioni sulla diversi-
cazione in area romanza. Come vedremo nel par. 2.1 di questo capitolo
per solo alla ne del xviii secolo che losservazione di lingue diverse
porta a un vero interesse per la classicazione genetica. Quasi contempora-
neamente, dallosservazione delle differenze morfologiche presenti in lin-
gue chiaramente non imparentate con quelle indoeuropee, come le lingue
25
amerindiane o il cinese, si svilupp anche linteresse per la tipologia e furo-
no proposte diverse classicazioni tipologiche.
Carattere recente
dello studio
scientico
del linguaggio
La classicazione delle lingue ha dunque tradizione relativamente recente.
Ci non certo dovuto al fatto che alla ne del xix secolo si siano verica-
te condizioni uniche per losservazione di lingue esotiche: popoli di lingue
oltremodo diverse erano in contatto e intrattenevano relazioni pi o meno
paciche anche in altre epoche, si pensi per esempio a quella che doveva es-
sere la variet linguistica dellimpero romano e dei popoli con cui i romani
avevano rapporti. Tuttavia, questa variet non aveva mai generato un inte-
resse scientico: in generale possiamo dire che, al di l della descrizione
grammaticale della propria lingua, gli esseri umani per molto tempo non
abbiano trovato il linguaggio oggetto degno di ricerca scientica.
In questo capitolo vedremo dapprima in che cosa consistono i tre tipi di
classicazione menzionati sopra. Passeremo poi a un esame dettagliato del-
la classicazione genetica, descrivendo le principali famiglie linguistiche
del mondo. La classicazione tipologica sar ripresa in cap. 3 par. 3 (tipolo-
gia morfologica) e in cap. 5 parr. 2 e 8 (tipologia sintattica), mentre la clas-
sicazione areale sar approfondita in cap. 6 par. 4.6.
2. Tipi di classicazione
Prime osservazioni
sulla somiglianza
delle lingue
indoeuropee
2.1. La classicazione genetica Nel 1786, Sir William Jones scriveva dallIn-
dia un memoriale alla regina dInghilterra in cui osservava le somiglianze
fra latino, greco e sanscrito. Si fa convenzionalmente risalire a questa data
la nascita della classicazione genetica delle lingue quale la conosciamo
oggi. Molto presto si riconobbe lappartenenza alla famiglia indoeuropea
di tutte le principali lingue dEuropa e di alcune lingue dellAsia; fra le altre
famiglie, ben presto ne venne individuata unaltra, vicina per storia e posi-
zione geograca, cio quella semitica.
Vedremo nel par. 3 di questo capitolo alcune caratteristiche delle principali
famiglie linguistiche che conosciamo. Partiremo dalle lingue indoeuropee,
che non solo sono pi vicine alla nostra esperienza, ma sono anche state,
nel corso degli ultimi due secoli, quelle a cui gli studiosi si sono dedicati
maggiormente: pertanto, la comprensione dei rapporti genetici fra lingue
dipende in maniera molto rilevante dalle nostre conoscenze e dalle nostre
convinzioni rispetto alle lingue indoeuropee.
Somiglianza
tipologica vs.
parentela genetica
2.2. La classicazione tipologica Come abbiamo visto nellintroduzione, il
francese appartiene alla famiglia delle lingue romanze, mentre linglese ap-
partiene a quella delle lingue germaniche. Questo signica che il francese
deriva dal latino, come le altre lingue romanze, mentre linglese deriva del
protogermanico, come le altre lingue germaniche: non signica per che il
francese sia pi simile a tutte le altre lingue romanze sotto tutti i punti di
26
Introduzione alla linguistica storica
vista di quanto non possa essere simile allinglese. Per chiarire questo im-
portante punto osserviamo le frasi che seguono:
francese: quel heure est il? il est trois heures / *est trois heure;
italiano: che ora ? sono le tre / *esse sono le tre;
spagnolo: que hora es? son las tres / *ellas son las tres;
inglese: what time is it? its three oclock / *is three oclock;
tedesco: wie spt ist es? es ist drei Uhr / *ist drei Uhr.
Osservando la forma delle risposte, possiamo vedere che in francese il sog-
getto il, bench sia una forma non referenziale (cio non ha un referente, la
sua funzione solo quella di dare un soggetto alla forma verbale) deve esse-
re espresso obbligatoriamente, mentre in italiano e spagnolo esprimere un
soggetto nelle risposte avrebbe come risultato frasi agrammaticali (cio che
nessun parlante nativo accetterebbe come possibili). Il francese in questo
funziona in maniera simile alle lingue germaniche, che anche non ammet-
tono lomissione del soggetto in casi come questo.
Quale che sia la ragione della discrepanza fra il francese e le altre lingue ro-
manze (che funzionano tutte come litaliano e lo spagnolo), certamente
non di ordine genetico, dato che, come abbiamo detto pi volte, il fran-
cese una lingua romanza. Diremo invece che la differenza di ordine ti-
pologico: in una tipologia dellespressione del soggetto, litaliano e la mag-
gior parte delle lingue romanze sono lingue a soggetto nullo, mentre il
francese e le lingue germaniche non lo sono
1
.
Diversi livelli
di classicazione
tipologica
La tipologia linguistica classica le lingue in tipi, in base a parametri che
possono essere di vario genere, e non sovrapponibile alla classicazione
genetica, anche se spesso avviene che lingue geneticamente imparentate
siano anche tipologicamente simili: ma ci non di per s necessario. A
differenza di quanto capita nella classicazione genetica, la classicazione
tipologica pu dare risultati diversi per una stessa lingua, a seconda dei pa-
rametri impiegati: in altre parole, una lingua potr appartenere a un dato
tipo morfologico, e accostarsi a un determinato gruppo di altre lingue, ma
da un punto di vista sintattico potr fare gruppo con lingue diverse dalle
prime. possibile operare distinzioni e classicare le lingue in base a livelli
diversi, ma i campi privilegiati della tipologia linguistica sono da tempo
due: la morfologia e la sintassi. Dedicheremo alla tipologia morfologica e a
quella sintattica sezioni separate nei capitoli 3 e 5.
Per quanto riguarda la tipologia fonologica, molto trascurata no a poco
1. Le lingue a soggetto nullo sono lingue, come litaliano, in cui lespressione del soggetto non
obbligatoria: un soggetto referenziale pu essere espresso o meno, a seconda di particolari con-
dizioni pragmatiche o testuali. In queste lingue, in generale, un soggetto non referenziale deve
essere obbligatoriamente omesso.
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
27
tempo fa, e la tipologia lessicale, oggetto di analisi limitate a determinati
campi lessicali, rimando alle osservazioni contenute in Grandi (2003).
2.3. La classicazione areale Dalle considerazioni storiche dei paragra
precedenti discende che, in confronto alla biologia o alla sica, la linguisti-
ca una scienza relativamente giovane, contando poco pi di due secoli di
storia. Come vedremo meglio nei prossimi capitoli, varie aree delle scienze
del linguaggio sono state affrontate in periodi diversi del loro sviluppo.
questo il caso del terzo tipo di classicazione, quella areale, venuta pi tardi
nel tempo rispetto alla classicazione tipologica e a quella genetica.
Contatto fra lingue
e somiglianza
Verso la ne del xix secolo, linteresse degli studiosi si rivolse in maniera
sempre pi accentuata ai rapporti fra lingue dovuti a contatto geograco,
economico o culturale. Ben presto, esaminando la storia dei contatti fra
lingue anche geneticamente non imparentate e tipologicamente diverse, ci
si rese conto che, una volta instaurato un forte legame fra due o pi lingue,
queste tendono a sviluppare caratteristiche comuni, estranee alle altre lin-
gue con cui ciascuna di esse imparentata geneticamente. Nacque quindi
la classicazione areale, in base alla quale possiamo classicare le lingue per
aree linguistiche, anche dette leghe linguistiche, sul modello del tedesco
Sprachbund.
La linguistica areale, che studia appunto la parentela fra lingue sviluppata
per contatto, ha avuto grande sviluppo negli ultimi decenni, soprattutto
perch si dimostra particolarmente idonea a studiare lingue delle quali
difcile ricostruire la parentela genetica, a causa della mancanza di docu-
menti, come le lingue australiane. Lo studio approfondito di diverse aree
linguistiche ha anche indotto a pensare che il modello di parentela genetica
elaborato per le lingue indoeuropee sia in realt scorretto, non solo perch
difcilmente applicabile a altre famiglie, ma anche per le lingue indoeuro-
pee, come vedremo in maniera pi dettagliata nel cap. 6.
3. Le lingue del mondo
In questo paragrafo dar una descrizione sommaria delle principali fami-
glie di lingue esistenti al mondo. Ho dedicato maggior spazio alle lingue
indoeuropee, prendendo in esame ciascun gruppo indipendentemente,
dato che i capitoli successivi trattano del mutamento linguistico e della ri-
costruzione soprattutto esemplicati con levoluzione delle lingue di que-
sta famiglia.
Come si possono
raggruppare
le lingue
indoeuropee
3.1. Le lingue indoeuropee Le lingue indoeuropee n dallepoca delle pri-
me attestazioni si presentano suddivise in varie famiglie. Uno degli interes-
si degli indoeuropeisti sempre stato cercare di raggruppare queste fami-
glie in unit intermedie fra lindoeuropeo ricostruito e le lingue effettiva-
28
Introduzione alla linguistica storica
mente attestate, cio di stabilire secondo quale cronologia e come si sia ar-
rivati alla situazione delle lingue storiche. Una delle prime divisioni a esse-
re individuate quella fra lingue kentum e lingue sat@m o, grosso modo, oc-
cidentali e orientali (vedi cap. 2 par. 7). Questa suddivisione presenta dif-
colt che sono diventate sempre pi chiare con il passare del tempo, ma
continua a essere usata; essa fa riferimento al trattamento delle occlusive
velari indoeuropee, come vedremo nel cap. 2 par. 10.
Nei paragra che seguono daremo una descrizione delle famiglie fra le qua-
li si dividono le lingue indoeuropee, seguendo la suddivisione in kentum e
sat@m e, allinterno dei due gruppi, un ordine dettato da considerazioni di
ordine didattico, piuttosto che scientico.
Fonti scritte
e periodizzazione
3.1.1. Il latino, le lingue romanze e le lingue dellItalia antica Le prime at-
testazioni scritte del latino, la lingua da cui derivano litaliano e le altre lin-
gue romanze, risalgono forse al vii secolo a.C. Si tratta di brevi iscrizioni, a
cui fanno seguito a partire dal ii secolo a.C. numerosi testi letterari.
Normalmente parliamo di latino arcaico, per le prime attestazioni, che
comprendono, fra i testi letterari, le opere di Plauto e Terenzio; latino clas-
sico, la lingua di Cesare, Cicerone e Virgilio; latino tardo o volgare. Que-
stultima variet non per omogenea con le altre: infatti non si tratta di
un terzo periodo nellevoluzione della lingua, che comprende anche la lin-
gua letteraria, dato che, dopo let classica, la variet letteraria rimane pi o
meno invariata per secoli. Piuttosto che a livello diacronico, il latino volga-
re una diversa variet a livello diastratico e diamesico e rispecchia in
modo pi fedele la lingua parlata. Le fonti del latino volgare sono pertanto
testi non letterari, primo fra tutti il Nuovo Testamento: si osservi per che,
a riprova di quanto appena detto, il latino arcaico, e in particolare la lingua
di Plauto, presenta importanti afnit con il latino volgare, differenziando-
si dal latino classico. Il latino volgare molto importante per lo studio dia-
cronico: infatti da questa variet, piuttosto che dalla variet letteraria di
registro pi elevato, che partita levoluzione verso le lingue romanze.
Le prime attestazioni
delle lingue romanze
Nei primi secoli del medioevo, il latino era la lingua di cultura dellEuropa,
lunica lingua in uso nelle scuole (bisogna pensare che listruzione era limi-
tata a gruppi di persone molto piccoli) e lunica a essere scritta. I cosiddetti
volgari (da vulgus, popolo, quindi lingue popolari: era il termine usato
in riferimento alle lingue parlate in quanto contrapposte al latino, lingua
delle scuole) ebbero le loro prime attestazioni scritte nel corso del medioe-
vo. Il pi antico documento, importante sia per la storia delle lingue ro-
manze, sia per quella delle lingue germaniche, costituito dai giuramenti
di Strasburgo, scritti in francese antico e alto tedesco antico e risalenti al ix
secolo d.C. I pi antichi documenti di italiano risalgono pure al ix secolo
d.C. e provengono da varie aree dellItalia settentrionale e meridionale:
sono documenti che attestano variet di italiano diverse, e non la variet
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
29
orentina, che, alcuni secoli dopo, servita da base per litaliano letterario,
da cui deriva la variet standard da noi parlata attualmente.
Le lingue romanze Le lingue romanze moderne pi importanti, cio quelle che hanno statuto
di lingue ufciali, sono, oltre allitaliano, il francese, il portoghese, lo spa-
gnolo, il gallego (una variet simile al portoghese, parlata nel nord della
Spagna), il catalano, il ladino e il rumeno. Bisogna poi anche elencare il
sardo che, pur non essendo lingua ufciale di nessun paese, presenta ca-
ratteristiche che lo distinguono notevolmente non solo dalle variet italia-
ne, ma anche da tutte le altre variet romanze. Unaltra lingua romanza di
cui oggi sopravvivono poche tracce, ma che ebbe molta importanza nel
medioevo come lingua letteraria, il provenzale, originario del sud della
Francia.
Le lingue
dellItalia antica
Se torniamo a esaminare il panorama linguistico dellItalia antica, vedremo
che, accanto al latino, sono attestate anche alcune altre lingue indoeuro-
pee, dette lingue italiche. Fra queste, quelle di cui abbiamo maggiori fonti
scritte sono losco, la lingua dei sanniti, attestato nei primi secoli a.C. nel-
lItalia meridionale a esclusione della Sicilia, e lumbro, attestato pi o
meno alla stessa epoca nellItalia centrale. Queste due lingue sono stretta-
mente imparentate, tanto che spesso si parla di osco-umbro come di
unentit unica; il pi importante documento da cui le conosciamo costi-
tuito dalle Tavole Iguvine, ritrovate nei pressi di Gubbio, che contengono
la regola di una congregazione religiosa. Sono lingue che presentano carat-
teristiche comuni col latino ma che hanno anche, come vedremo, caratteri-
stiche che le discostano da questa lingua e le avvicinano alle lingue celtiche
(maggiormente di quanto non si avvicini a queste lingue anche il latino).
Scarse sono le attestazioni di altre lingue italiche, ma non possiamo manca-
re di notare la presenza di unaltra importante lingua indoeuropea, diffusa
nellItalia meridionale gi a partire dal ii millennio a.C., della quale abbia-
mo numerosissime iscrizioni risalenti al i millennio a.C., cio il greco. Del
greco parleremo pi diffusamente nel par. 3.1.2; per importante sottoli-
neare qui linuenza che questa lingua ha avuto sul latino, in quanto rico-
nosciuta dai romani come la lingua di un popolo portatore di elevati valori
culturali. Per la verit, in epoca arcaica, questo ruolo nei confronti del lati-
no fu giocato da unaltra lingua, non indoeuropea, parlata nellItalia cen-
trale: letrusco. Letrusco ci che si dice una lingua isolata: non cono-
sciamo altre lingue con essa geneticamente imparentate. Purtroppo la no-
stra conoscenza delletrusco poco soddisfacente, dato che si basa solo su
iscrizioni piuttosto brevi e ripetitive; sappiamo comunque che gli etruschi
svolsero un ruolo di mediazione fra i greci e i romani nellItalia antica: per
esempio, lalfabeto latino deriva da un adattamento dellalfabeto greco al-
letrusco.
Inne, nellItalia settentrionale, no alla conquista romana avvenuta nel
iii secolo a.C., erano parlate lingue appartenenti al gruppo celtico, che de-
30
Introduzione alla linguistica storica
scriveremo nel par. 3.1.4. Queste lingue furono cancellate dal latino, ma la-
sciarono tracce sulle variet italiane settentrionali, che per questo motivo
sono denominate galloitaliche (i galli erano una trib celtica).
3.1.2. Il greco Il greco una lingua che riveste particolare importanza per
la ricostruzione dellindoeuropeo, a causa dellantichit e della quantit
delle sue attestazioni, e in generale per la linguistica storica, avendo una
storia documentata di pi di tremila anni.
Fonti scritte
e periodizzazione
I primi testi che conosciamo risalgono al 1150 circa a.C.: si tratta di tavolet-
te dargilla, che contengono per lo pi appunti di carattere amministrativo,
ritrovate nella penisola greca e sullisola di Creta, scritte con un sistema sil-
labico denominato lineare B. La lingua conservata in queste tavolette viene
detta greco miceneo, perch Micene, nel Peloponneso, uno dei principali
centri di ritrovamento. Rispetto al greco classico, il miceneo conserva alcu-
ne caratteristiche arcaiche (vedi capp. 2 e 3).
La lingua letteraria antica si pu dividere in tre periodi: periodo arcaico,
testimoniato dalla lingua dei poemi omerici e della poesia eolica; periodo
classico, a cui risalgono le opere in prosa del v e iv secolo a.C. di scrittori
come Platone, Tucidide e gli oratori attici; periodo tardo, a partire dal iv
secolo a.C., in cui, rispetto alla frammentazione dialettale dei secoli prece-
denti, va imponendosi una variet comune, detta koin, che servir da base
agli sviluppi posteriori, per il greco medioevale o bizantino e per il neo-
greco.
Accanto alle fonti letterarie siamo poi in possesso di molte fonti epigra-
che. Il quadro che tutti questi testi ci permettono di ricostruire per il greco
antico diverso da quello che ricostruiamo per il latino: nellarea di diffu-
sione del greco (penisola greca, isole egee, Anatolia occidentale e Italia me-
ridionale) numerose variet hanno avuto lo statuto di lingua scritta e spes-
so anche di lingua letteraria. Questa una conseguenza dellestrema fram-
mentazione politica: a differenza dei romani, che avevano in Roma un uni-
co centro di potere politico, i greci erano organizzati in piccoli centri indi-
pendenti, le pleis, o citt stato, le cui variet dialettali godevano tutte di
un certo prestigio e venivano usate come lingue scritte, per lo meno a livel-
lo locale.
Come per il latino, il passaggio dallantichit al medioevo vede anche per
il greco una crescente scissione fra lingua scritta e lingua parlata. La koin
si pu considerare per il greco lequivalente del latino volgare; le principali
fonti che abbiamo per la sua conoscenza sono alcuni papiri non letterari e,
fra le opere letterarie, il Nuovo Testamento. Il greco medioevale attesta-
to da alcune fonti non letterarie, ma necessario sottolineare che laffer-
marsi della lingua parlata come variet letteraria fu molto pi lento in
Grecia di quanto non sia stato nei paesi di lingua romanza: no alla met
del secolo scorso esisteva una variet articiale e unicamente scritta, la co-
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
31
siddetta katharvousa, che era una sorta di lingua in parte rifatta sul mo-
dello del greco antico.
Rapporti fra greco
e latino
Il greco una lingua che ha avuto per secoli contatti molto stretti con il la-
tino. Nellantichit, come abbiamo accennato, il greco era per i romani la
lingua di cultura. Pi tardi, in epoca imperiale, la Grecia divenne una pro-
vincia romana e, oltre a mantenere per molto tempo il proprio prestigio
culturale, divenne sede di crescente bilinguismo. In epoca tardo antica il
greco e il latino hanno esercitato una mutua inuenza, testimoniata so-
prattutto da numerosi prestiti lessicali in entrambi i sensi. NellItalia meri-
dionale sopravvivono ancora piccole minoranze linguistiche greche: esse
discendono da comunit che vi si insediarono in epoca medioevale; la loro
lingua conserva alcune caratteristiche del greco bizantino, scomparse dal
greco standard.
Sede originaria
dei germani
3.1.3. Le lingue germaniche Le moderne lingue germaniche coprono una-
rea che si estende dallEuropa centrale alla penisola scandinava e allIslan-
da; in origine, per, le popolazioni germaniche dovevano essere stanziate
lungo le coste sudoccidentali del Baltico: da l, nel corso del i millennio
a.C., iniziarono a espandersi verso sud e verso nord. Della storia dei germa-
ni in epoca antica sappiamo, da fonti letterarie, solo quello che ci dicono
gli storici romani: a differenza dei greci e dei romani, infatti, gli antichi
germani non conoscevano la scrittura. Le loro lingue sono attestate a parti-
re dal ii secolo d.C., sia pur sporadicamente, gi con ampie differenziazio-
ni, che ci portano a una ripartizione del germanico in tre sottogruppi: ger-
manico settentrionale, germanico orientale e germanico occidentale.
Fonti scritte
e gruppi di lingue
Le fonti scritte pi antiche, datate al periodo che va dal ii al vii secolo
d.C., sono iscrizioni ritrovate in Danimarca e nella penisola scandinava,
dette iscrizioni runiche, dal nome dei segni alfabetici (rune) usati per scri-
verle. La lingua di queste iscrizioni detta antico nordico e pu essere de-
nita la lingua comune da cui sono derivate le odierne lingue scandinave:
danese, norvegese, svedese e islandese; tutte appartenenti al gruppo ger-
manico settentrionale.
La fonte letteraria pi antica scritta in una lingua germanica la traduzione
gotica dei Vangeli e di una parte dellAntico Testamento per opera di Wul-
la, che evangelizz le popolazioni germaniche dei Balcani nel iv secolo
d.C. La lingua di Wulla era il gotico; la sua traduzione dei Vangeli an-
che la pi importante attestazione di una lingua germanica orientale. Il
germanico orientale oggi scomparso; variet di questo gruppo erano par-
late dalle popolazioni germaniche che invasero lItalia e la Spagna alla ca-
duta dellimpero romano. Anche se la sua posizione allepoca delle fonti
scritte molto lontana dalla Scandinavia, il germanico orientale presenta
maggiori afnit con il germanico settentrionale che con quello occiden-
tale.
32
Introduzione alla linguistica storica
Le lingue germaniche a noi pi vicine per posizione geograca e per con-
suetudini storiche appartengono al gruppo occidentale: si tratta, fra le lin-
gue moderne, di inglese, tedesco, nederlandese (o olandese), frisone e
afrikaans. I testi letterari dai quali conosciamo il germanico occidentale
sono relativamente tardi: allviii secolo d.C. risalgono il poema Beowulf, in
inglese antico (anche detto anglosassone), e lHildebrandslied, un poema
longobardo. Al ix risale il poema Heliand, scritto in sassone antico. Il lon-
gobardo e il sassone antico sono variet tedesche, gi differenziate dialet-
talmente.
Il tedesco La Germania ebbe una storia politica e linguistica per certi versi simile a
quella dellItalia, che fece s che a diverse entit politiche corrispondessero
diverse variet letterarie. Larea tedesca si divide convenzionalmente in
alto, medio e basso tedesco, seguendo il corso dei umi (per cui alto indi-
ca una posizione geograca meridionale, mentre basso indica una posizio-
ne settentrionale). Il tedesco standard moderno deriva dallalto tedesco an-
tico; una variet alto tedesca era anche il longobardo, parlato nellItalia set-
tentrionale. Il sassone antico era invece una variet basso tedesca ed era
imparentato anche con il basso francone, da cui deriva il moderno neder-
landese. Variet basso-tedesche sono parlate anche oggi nella Germania
settentrionale, anche se generalmente non hanno lo statuto di lingue scrit-
te (da un punto di vista sociolinguistico sono paragonabili ai dialetti italia-
ni). Il medio tedesco ha avuto la sua oritura letteraria nel basso medioevo
ed la lingua in cui sono scritti poemi come il Nibelungenlied.
Linglese Dallanglosassone discende linglese moderno, lingua che ha subito note-
voli mutamenti rispetto alle variet pi antiche, dovuti soprattutto alla si-
tuazione di bilinguismo che si instaur nel corso dellxi secolo d.C. ed
ebbe una durata di circa cinque secoli, a seguito della conquista norman-
na. I normanni erano popolazioni stanziate nel nord della Francia e parla-
vano una variet vicina al francese antico. Linuenza del francese sullin-
glese si riconosce immediatamente per la presenza di numerosissimi presti-
ti: osserviamo per che spesso linglese presenta coppie di vocaboli quasi si-
nonime, o di signicato vicino, di cui il vocabolo di origine germanica di
uso pi frequente, o registro pi basso, o per lo meno rimanda a una realt
culturalmente meno elaborata. Un esempio frequentemente citato quello
dei nomi degli animali domestici e delle rispettive carni: mentre per i primi
si usa un termine di origine germanica (come ox bue, o pig maiale), per
le seconde linglese presenta prestiti dal francese (beef carne di bue, pork
carne di maiale). Questo ci rimanda a una situazione storica in cui gli an-
glosassoni erano la classe dominata, e svolgevano lavori manuali come
quello di allevare il bestiame.
Diffusione del celtico 3.1.4. Le lingue celtiche Fra le grandi famiglie linguistiche indoeuropee
dellEuropa antica, il celtico forse quella che ci meno nota: eppure, nel
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
33
periodo di massima estensione, le variet celtiche erano diffuse in buona par-
te dellEuropa continentale, estendendosi dalla penisola iberica fino a tutta
lEuropa centrale e a est fino al territorio dellodierna Ucraina, come pure
nelle isole britanniche. Come abbiamo osservato nel par. 3.1.1, anche lItalia
settentrionale era popolata dai celti, che hanno lasciato tracce nella topono-
mastica e hanno influenzato lo sviluppo delle variet galloitaliche, cio tutti i
dialetti delle regioni settentrionali. Come i germani, anche i celti nellanti-
chit non conoscevano luso della scrittura: pertanto, le nostre conoscenze
storiche e linguistiche si basano anche per queste popolazioni sulle opere de-
gli storici romani, che ci tramandano alcuni nomi di persona, oltre che sui
nomi di localit e sui prestiti entrati nelle lingue romanze e germaniche.
Romani, germani
e celti
Dagli avvenimenti storici che possiamo ricostruire, soprattutto da fonti ro-
mane, si ricava che la sorte delle popolazioni celtiche stata segnata dalla
vicinanza con altri due popoli particolarmente bellicosi, i germani a nord-
est e i romani a sud. In ondate successive, i germani occuparono il territo-
rio dellodierna Germania, mentre i romani iniziarono a intraprendere
campagne militari, prima nellItalia settentrionale (iii sec. a.C.) e pi tardi
verso nord no alle isole britanniche (dove gli angli e i sassoni, di origine
germanica, giunsero in seguito) e verso ovest no alla penisola iberica. Le
lingue celtiche sono sopravvissute no ai giorni nostri solo in unarea ri-
stretta, cio in Irlanda, Scozia e Galles.
Fonti letterarie
e gruppi di lingue
Le lingue celtiche si possono dividere in due gruppi, celtico continentale,
un tempo diffuso in buona parte dellEuropa continentale, e celtico insu-
lare, che raccoglie le variet attestate nelle isole britanniche. Di questi due
gruppi, il primo ci noto solo attraverso lonomastica e da poche parole
per lo pi contenute in fonti di origine romana; esso comprende il gallico,
il celtiberico, il lepontico e il galatico. Meglio noto invece il celtico insu-
lare, i cui principali rappresentanti sono il gallese e lirlandese, afancati
da gaelico scozzese, mannese, cornico e bretone. Il bretone parlato sul
continente europeo, ma rimane una lingua insulare, dato che venne porta-
to nel nord della Francia da parlanti originari delle isole britanniche.
Le prime fonti di irlandese antico sono le cosiddette iscrizioni ogamiche
(dal nome dellalfabeto in cui sono scritte) del iv secolo d.C.; a partire dal
ix secolo, a seguito della cristianizzazione dellIrlanda, si sviluppa una o-
rente letteratura, che ha il suo apice nel basso medioevo. In epoca moderna
la sopravvivenza delle lingue celtiche precaria, data la forte pressione eser-
citata dallinglese. Anche in Irlanda, dove lirlandese lingua ufciale, la
gran parte della popolazione parla inglese come lingua materna e impara
lirlandese solo a scuola.
Decifrazione
dellittita
3.1.5. Le lingue anatoliche Le lingue anatoliche sono le lingue indoeuro-
pee di pi antica attestazione, ma sono state fra le ultime a venire studiate
in maniera sistematica. La pi importante di esse in termini di quantit di
34
Introduzione alla linguistica storica
attestazioni, littita, fu infatti decifrata solo a partire dal 1916. La decifrazio-
ne dellittita e la crescente comprensione delle altre lingue di questo grup-
po hanno portato a una riconsiderazione profonda della ricostruzione del-
lindoeuropeo. Pur essendo molto antico, infatti, littita si discosta in ma-
niera notevole dalla ricostruzione tradizionale, basata soprattutto sul greco
e sul sanscrito (vedi cap. 1 par. 3.1.8).
Fonti scritte e lingue Le lingue anatoliche sono attestate a partire dal 1800 a.C. e no allincirca
al 650 a.C. in Anatolia e nellarea della Siria settentrionale. Al ii millennio
risalgono i testi che ci tramandano littita, il luvio cuneiforme e il palaico.
Si tratta di tavolette dargilla scritte in sillabario cuneiforme, che contengo-
no testi di vario genere: trattati, raccolte di leggi, annali, rituali e traduzioni
di poemi appartenenti a tradizioni non indoeuropee del Vicino Oriente
antico. Queste tavolette provengono per la maggior parte dagli archivi del-
la capitale dellimpero ittita, Hattusa, ritrovata nei pressi della cittadina di
Bo gaz Kale, un centinaio di chilometri a est di Ankara. Un altro gruppo di
lingue anatoliche invece attestato nel i millennio: si tratta di licio e milia-
co (imparentati con il luvio) e lidio, scritti in graa alfabetica, e del luvio
geroglico, cos chiamato per il tipo di scrittura (un sillabario anatolico
che aveva avuto origine nel millennio precedente come scrittura ideogra-
ca). Licio, miliaco e lidio erano parlati sulle coste della penisola anatolica,
mentre il luvio si estendeva anche alla Siria settentrionale.
Plurilinguismo
nel Vicino Oriente
antico
Oltre a rivestire un notevole interesse per la ricostruzione dellindoeuro-
peo, le lingue anatoliche testimoniano anche una situazione di plurilingui-
smo molto radicato, tipica del Vicino Oriente soprattutto nel ii millennio
a.C. I testi ittiti conservano alcune testimonianze di lingue appartenenti a
popolazioni non indoeuropee con cui gli ittiti hanno avuto stretti contatti.
In particolare, troviamo testimonianze della lingua parlata in Anatolia pri-
ma dellarrivo degli indoeuropei, il hattico, e di unaltra lingua che doveva
essere diffusa soprattutto nella parte orientale dellAnatolia e nel nord della
Persia nel ii millennio a.C., il hurrico. Mentre il hattico rimane completa-
mente isolato nel panorama linguistico del Vicino Oriente, il hurrico ha
rapporti con unaltra lingua antica, diffusa nel i millennio nellarea del lago
di Van, lurarteo. Altre popolazioni non indoeuropee di questarea sono gli
assiri e i babilonesi, parlanti di lingue semitiche, di cui parleremo nel par.
3.2 di questo capitolo.
Una volta entrati nella penisola anatolica, i parlanti di lingue anatoliche
hanno avuto invece meno contatti con altre popolazioni indoeuropee: nel
corso del ii millennio a.C. troviamo qualche traccia di contatti con gli in-
doiranici, mediata per dai hurriti. NellEgeo, le popolazioni anatoliche
vennero in contatto con i greci. Anche se non chiaro che lingua parlasse-
ro gli abitanti della Troia omerica, evidente che i coloni greci della Ionia
(Anatolia occidentale) devono avere avuto scontri con le popolazioni loca-
li. Secondo alcuni, sarebbe anche possibile che le tavolette ritrovate a Creta
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
35
e scritte in lineare A (una forma di scrittura precedente alla lineare B dei te-
sti micenei) conservino una qualche variet anatolica, forse vicina al luvio,
ma si tratta di una possibilit molto aleatoria. I contatti con i greci sono
ovviamente cresciuti nel corso del i millennio a.C, come sappiamo dallo
storico greco Erodoto, che parla fra le altre cose di vicende relative a lici e
lidi.
Fonti letterarie
e divisione dialettale
3.1.6. Lalbanese Lalbanese la lingua parlata nellodierna Albania; la sua
storia ci poco nota, poich le prime attestazioni non risalgono che al xv
secolo d.C. Si divide in due aree dialettali, il tosco, nellAlbania meridiona-
le, su cui si basa la lingua ufciale della Repubblica Albanese, e il ghego,
nellAlbania settentrionale e parti dellex Jugoslavia (Kosovo). Alcuni par-
lanti albanesi si trovano ancora nellItalia meridionale, discendenti da co-
munit che vi si insediarono a partire dal xv secolo.
Una lingua orientale
con caratteri
occidentali
3.1.7. Il tocario A somiglianza dellittita, il tocario di scoperta recente: i
testi in nostro possesso furono rinvenuti solo verso la ne dellOttocento.
Si tratta di una serie di testi, databili a un periodo che va dal vi allviii se-
colo d.C. grosso modo, rinvenuti nel Turkestan cinese, che contengono tra-
duzioni di testi buddhisti in due variet diverse, dette tocario A e tocario
B. Limportanza del tocario risiede nella sua posizione geograca: si tratta
della lingua indoeuropea pi orientale che ci nota, e nello stesso tempo di
una lingua che mantiene le caratteristiche kentum. Poich, come abbiamo
gi osservato, la distinzione fra kentum e sat@m si associava generalmente a
una distribuzione geograca occidentale vs. orientale, il tocario ha contri-
buito a mettere in discussione lutilit di questa divisione.
3.1.8. Lindoiranico Con lindoiranico iniziamo lesame delle lingue in-
doeuropee del gruppo sat@m. Si tratta di una famiglia linguistica impor-
tantissima dal punto di vista della ricostruzione linguistica e della storia
dellindoeuropeistica: a questo gruppo appartiene infatti il sanscrito, che,
allinizio dellOttocento, era considerato non semplicemente una lingua
indoeuropea al pari delle altre, ma il capostipite di tutte le lingue indoeu-
ropee.
Possiamo dividere le lingue indoiraniche in due gruppi, lingue iraniche e
lingue indoarie.
Le lingue iraniche Al primo gruppo appartengono, in fase antica, lavestico e il persiano anti-
co. Lavestico la lingua in cui predic il profeta Zoroastro intorno al 1000
a.C. LAvesta, il libro da cui la lingua prende nome, ebbe redazione scritta
solo a partire dal iii o iv secolo d.C., ma conserva una lingua molto pi
antica, dato che per secoli fu oggetto di tradizione orale. Il persiano antico
era la lingua dellimpero persiano, che nel vi e v secolo a.C. si scontr con
le citt stato greche. Fra le variet iraniche parlate attualmente ricordiamo
36
Introduzione alla linguistica storica
il persiano moderno o farsi, lingua ufciale della Repubblica Iraniana, il
curdo e il pashtun, la lingua dellAfghanistan.
Lindoario Al gruppo indoario appartiene il sanscrito, con la sua variet pi antica,
detta vedico, che testimonia una realt linguistica risalente allincirca al
1300 a.C. Il sanscrito classico ci noto da una grande quantit di testi
letterari, fra i quali i pi antichi sono i due poemi epici, Mah abh arata e
R am ayana. Unopera molto importante per la nostra conoscenza della lin-
gua la grammatica di sanscrito scritta da P a
.
nini nel iv secolo a.C., che
contiene unanalisi molto dettagliata della lingua e in particolare ne descri-
ve con grande cura la fonetica. Le popolazioni indoarie si stabilirono nella
valle dellIndo dopo la met del ii millennio a.C. e solo allinizio del i si
spostarono pi a sud: negli Inni Vedici, infatti, si fa menzione dellIndo,
ma non del Gange, che compare solo in testi di epoca posteriore. Non
giunsero mai a ricoprire larea dellintero subcontinente indiano: la parte
meridionale rimane ancor oggi popolata da parlanti di lingue non indoeu-
ropee, come il tamil, che discendono dalle lingue prearie dellIndia (vedi
cap. 1 par. 3.10).
Lingue arie moderne A somiglianza del greco, anche lindoario pu vantare tremila anni di sto-
ria; tuttavia, la frattura fra il sanscrito classico e le lingue arie moderne,
come lo hindi, lingua nazionale della Repubblica Indiana, e lurdu, lingua
ufciale del Pakistan, ancora pi difcile da colmare di quella fra la koin
e il neogreco. Lo statuto di unica lingua scritta del sanscrito, infatti, non ha
permesso che si sviluppassero se non marginalmente forme scritte dei vol-
gari indiani, o pracriti. Gi in epoca antica il sanscrito non era pi parlato:
ne sono testimonianza le iscrizioni del re Asoka, che datano al iii secolo
a.C.; il canone buddhista, scritto in un periodo collocabile fra il ii secolo
a.C. e il ii d.C. scritto in pali. Per il resto, la nostra conoscenza dei pra-
criti si basa sul teatro classico, in cui le donne e i personaggi di rango infe-
riore parlano usando queste variet.
Le lingue arie moderne pi parlate sono lo hindi, il marathi e il gujarati,
parlate in India, e lurdu, una variet molto simile allo hindi parlata nel Pa-
kistan. Queste lingue, come gi in parte il sanscrito, hanno subito forti in-
uenze dalle lingue non indoeuropee parlate in India, che hanno fatto da
sostrato allindoario: per esempio, presentano una serie di occlusive retro-
esse, estranee alle altre lingue indoeuropee (vedi cap. 2 par. 14.5.1). Le lin-
gue arie moderne hanno sviluppato in varia misura sistemi ergativi, come
per altro il persiano moderno (vedi cap. 5 par. 8.4).
3.1.9. Le lingue slave Le popolazioni slave erano anticamente stanziate sul
corso della Vistola e del Dnjepr. A partire dal vi secolo d.C., gli slavi ini-
ziarono unespansione che li port a occidente no allOder e verso il meri-
dione, nella penisola balcanica.
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
37
Fonti letterarie
e gruppi di lingue
Come le lingue germaniche, anche le lingue slave si presentano, n dalle-
poca delle prime fonti scritte, gi divise in tre gruppi: slavo meridionale,
slavo orientale e slavo occidentale. Al primo gruppo appartengono le atte-
stazioni pi antiche, cio la traduzione della Bibbia a opera dei due monaci
bizantini Costantino e Metodio. Nel corso del ix secolo d.C., i due svolse-
ro opera di evangelizzazione presso le popolazioni slave della penisola bal-
canica; per la loro traduzione crearono un alfabeto speciale, detto glagoliti-
co, probabilmente basato su una forma corsiva dellalfabeto greco. Pi tar-
di venne in uso un altro alfabeto, pi semplice, derivato da quello greco
maiuscolo con laggiunta di alcuni segni speciali per i fonemi non presenti
in greco, da cui deriva il moderno alfabeto cirillico. Questi ultimi segni
sono mutuati nellalfabeto cirillico dal glagolitico; bench il nome di ciril-
lico leghi questo alfabeto a Costantino, che fu canonizzato come san Ciril-
lo, non pare sia stato lui a inventarlo. Ad ogni buon conto, lalfabeto glago-
litico fu abbandonato e il cirillico venne adottato via via dalle altre popola-
zioni slave che si convertirono alla fede cristiana. Dopo lo scisma dOrien-
te, nel corso dellxi secolo, lalfabeto cirillico rimase legato alle popolazioni
di fede ortodossa, mentre quelle cattoliche adottarono lalfabeto latino.
Questa distinzione visibile ancora oggi e, nel territorio dellex Jugoslavia,
caratterizza per esempio la distinzione fra serbi e croati: la loro lingua la
stessa, ma i primi, ortodossi, la scrivono con lalfabeto cirillico, mentre i se-
condi, cattolici, si servono dellalfabeto latino.
La lingua di Costantino e Metodio comunemente detta slavo ecclesiasti-
co, o paleoslavo. Si tratta, come dicevamo, di una lingua slava meridiona-
le, gruppo a cui appartengono, fra le lingue moderne, lo sloveno, il serbo-
croato, il bulgaro e il macedone. Al gruppo orientale appartengono invece
il russo, attestato a partire dal x secolo d.C. e le cui fonti letterarie pi anti-
che risalgono al xii secolo, il bielorusso e lucraino. Il gruppo occidentale
lultimo in ordine di attestazione (xiv secolo d.C.); fra le lingue moderne
comprende il ceco, lo slovacco e il polacco.
Una famiglia
conservativa
3.1.10. Le lingue baltiche Per molti versi, le lingue baltiche sono simili alle
lingue slave in misura molto maggiore che alle altre famiglie di lingue in-
doeuropee, tanto che spesso si parla di baltoslavo. In realt, le lingue balti-
che, pur essendo di attestazione recente, sono molto pi conservative di
quelle slave; la loro posizione di cerniera fra indoeuropeo occidentale e
orientale ben visibile nel fatto che, pur essendo normalmente ritenute
lingue sat@m, conservano in parte le caratteristiche delle lingue kentum
(vedi cap. 2).
Le prime fonti letterarie in lingue baltiche datano al xvi secolo d.C. e sono
traduzioni di testi biblici in lituano antico e in prussiano antico. Il prussia-
no antico, lingua oggi estinta, era parlato sulle coste meridionali del Balti-
co. Oggi sono parlate due lingue baltiche, il lituano e il lettone, rispettiva-
38
Introduzione alla linguistica storica
mente lingue ufciali di due delle tre repubbliche baltiche, cio Lituania e
Lettonia (lestone, come vedremo, non una lingua indoeuropea).
Lingua letteraria
e lingua parlata
3.1.11. Larmeno La presenza degli armeni nel Caucaso meridionale e nel-
lAnatolia orientale risale al i millennio a.C., come documentato da fonti
indirette. La tradizione letteraria armena inizia nel v secolo d.C. con la tra-
duzione della Bibbia. Proprio il v secolo vide una grande oritura lettera-
ria, producendo una variet scritta di lingua, il cosiddetto grabar o armeno
classico, che rimase in uso no al xvii secolo. I mutamenti subiti dalla lin-
gua parlata nel corso di pi di mille anni sono dunque difcili da seguire.
Nel xvii secolo per la lingua parlata si impose anche a livello letterario; i
testi di questepoca lasciano trasparire una chiara differenziazione dialettale
fra due aree principali, quella anatolica o occidentale e quella caucasica o
orientale. Allinizio del secolo scorso, gli armeni residenti in Anatolia furo-
no vittime di genocidio da parte della Repubblica Turca; pochi riuscirono
a salvarsi in Occidente e la loro lingua fu cancellata. Una variet armena
orientale oggi la lingua ufciale della Repubblica Armena.
Contatti dellarmeno
con lingue
non indoeuropee
Larmeno una lingua che ha subito forti inuenze da parte di lingue di al-
tre famiglie. Probabilmente, gi nel corso del i millennio a.C. larmeno
sub linuenza dellurarteo; pi tardi esso fu fortemente inuenzato dal
georgiano antico, una lingua caucasica (vedi cap. 1 par. 3.4) che godeva a
quellepoca di alto prestigio letterario nella regione. A partire dal vii secolo
d.C. inne larmeno venne in contatto con il turco (vedi cap. 1 par. 3.3),
lingua che, come il georgiano, appartiene dal punto di vista morfologico al
tipo agglutinante. Le vicende storiche hanno lasciato un segno profondo
sullarmeno: a differenza della maggior parte delle altre lingue indoeuro-
pee, larmeno moderno infatti a tutti gli effetti una lingua agglutinante;
linizio dellevoluzione dal tipo fusivo a quello agglutinante gi visibile in
armeno classico (vedi cap. 3 par. 6).
Suddivisione
delle lingue
afroasiatiche
3.2. Le lingue afroasiatiche La famiglia afroasiatica comprende alcune lin-
gue parlate nellAfrica settentrionale e nel Vicino Oriente. Si divide in sette
sottogruppi, molto diversi fra loro per epoca di attestazione, fonti letterarie
e quantit di ricerca storico-comparativa di cui sono stati oggetto. La fami-
glia pi consistente e meglio nota costituita dalle lingue semitiche, a cui
si afanca per antichit di tradizione legiziano, oggi estinto. Altre famiglie
di lingue afroasiatiche sono le lingue cuscitiche, fra cui il somalo e loro-
mo, parlate in Etiopia, Somalia e parte del Kenya, le lingue omotiche,
strettamente imparentate a quelle cuscitiche, e le lingue ciadiche, parlate
nellAfrica subsahariana sulle sponde del lago Chad. Fra queste ultime, la
pi importante in termini di status sociolinguistico lo hausa, parlato in
Niger e Nigeria. I paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo
sono oggi popolati da parlanti di variet dellarabo, una lingua semitica; al-
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
39
cuni gruppi, per lo pi nomadi, come i tuareg in Marocco, conservano le
variet berbere, che erano parlate nellarea prima dellinvasione araba, ini-
ziata nel vii secolo d.C. Qualche iscrizione di epoca romana conserva trac-
ce del berbero n dal ii secolo d.C.
La Mesopotamia
antica
Le lingue semitiche e legiziano sono fra le prime lingue documentate al
mondo, risalendo al iii millennio a.C. La lingua semitica di pi antica at-
testazione laccadico, la lingua degli assirobabilonesi, che da solo costitui-
sce il gruppo semitico orientale. In origine, i parlanti di accadico erano
stanziati in Mesopotamia (lattuale Iraq); in stretto contatto con le popola-
zioni semitiche si trovavano i sumeri, parlanti di sumerico, una lingua iso-
lata, che esercitarono sugli assirobabilonesi una forte inuenza culturale. In
particolare, gli assirobabilonesi adottarono la scrittura cuneiforme dai su-
meri. Laccadico ci noto per un periodo di tremila anni (le ultime fonti
arrivano al i secolo d.C.). Le prime attestazioni datano alla seconda met
del iii millennio e attestano una variet chiamata paleoaccadico; solo pi
tardi si riscontrano differenze che lasciano individuare due variet, babilo-
nese e assiro. Durante la loro lunga storia, babilonese e assiro presentano
variazioni diacroniche; la variet letteraria pi importante rimane comun-
que il paleobabilonese, la lingua in cui fu redatto verso la met del ii mil-
lennio a.C. il codice di leggi del re Hammurabi. Soprattutto nel corso del
ii millennio, laccadico era la lingua diplomatica usata negli scambi fra i di-
versi imperi del Vicino Oriente antico; ci signica che scrivevano in acca-
dico anche scribi di altri paesi, la cui lingua materna era presumibilmente
diversa.
Limpero di Ebla Fino a pochi decenni fa, si pensava che le lingue semitiche occidentali fos-
sero documentate con ampiezza solo dal xiv secolo a.C., con i testi ugariti-
ci (lantica citt stato di Ugarit si trova nel nord della Siria). Prima di allora
si avevano solo scarse tracce dellamorreo, risalenti alla prima met del ii
millennio. A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, una missione ar-
cheologica italiana scopr invece nella Siria settentrionale gli archivi della
citt di Ebla, centro di un impero che nel corso del iii millennio a.C. con-
trast limpero accadico. La lingua di Ebla, leblaita, attualmente la pi
antica attestazione di semitico occidentale. Leblaita e lugaritico fanno
parte del sottogruppo centrale del semitico occidentale, a cui appartengo-
no anche larabo, il fenicio, lebraico e laramaico.
Le lingue dellAntico
Testamento
Di queste importanti lingue, lebraico e laramaico sono attestate nel cor-
so del i millennio a.C., e sono le lingue in cui redatto lAntico Testa-
mento. LAntico Testamento narra vicende storiche per lo pi localizza-
bili nei secoli che vanno dal 1200 al 200 a.C.; la sua parte pi antica ha
avuto la prima redazione scritta verso lviii secolo a.C. Lebraico biblico
scomparve dalluso parlato relativamente presto, verso la met del i mil-
lennio a.C. e fu soppiantato dallaramaico e, per alcuni secoli, anche dal
40
Introduzione alla linguistica storica
cosiddetto ebraico mishnaico, una variet influenzata dallaramaico, che
ebbe una vita abbastanza lunga come lingua letteraria. Bisogna osservare
che i testi scritti in quello che noi chiamiamo ebraico biblico non ripro-
ducono che in parte la lingua della prima redazione scritta: infatti, le-
braico come molte altre lingue semitiche scritto con un alfabeto che
nota solo le consonanti; i segni diacritici che indicano le vocali nella Bib-
bia furono aggiunti solo dopo il 600 d.C., quando lebraico non era pi
da secoli una lingua parlata.
Storia dellebraico La storia dellebraico oltremodo interessante e peculiare. Pur non essen-
do una lingua parlata, esso diede vita nel medioevo a una fiorente lettera-
tura; anche possibile dividerlo in due variet diatopiche, il sefardita,
delle comunit ebraiche di occidente, e lashkenazita, degli ebrei della
Germania e dellEuropa orientale. Osserviamo di passaggio che le lingue
parlate da queste comunit erano lingue indoeuropee: il giudeospagnolo
in occidente, una variet romanza, e lo yiddish a oriente, un dialetto del-
lalto tedesco. A partire dal xix secolo, si sent sempre pi urgente la ne-
cessit di restaurare per gli ebrei di tutti i paesi quella che era sentita
come la loro lingua originaria (bench nessuno la parlasse pi da circa tre
millenni). Ebbe cos origine lebraico moderno, una lingua in parte arti-
ficiale al suo nascere, che divenne poi la lingua ufficiale dello Stato di
Israele ed parlata al giorno doggi come lingua madre di una buona par-
te dei suoi abitanti.
Larabo coranico Larabo attestato a partire dal vii secolo d.C. con il Corano. difcile ca-
pire quale fosse a quellepoca lo statuto sociolinguistico della lingua del
Corano, anche detta arabo classico o arabo coranico. In confronto ai dia-
letti moderni, ma anche alle altre lingue semitiche, larabo classico si pre-
senta infatti come notevolmente conservativo; possibile che questa varie-
t sia stata usata come lingua letteraria, ma non abbia mai trovato esatta
corrispondenza in una variet parlata.
Espansione
degli arabi
La sede originaria delle popolazioni arabe la parte settentrionale della pe-
nisola arabica; di qui a partire dal vii secolo d.C. gli arabi hanno iniziato
unespansione verso nord-ovest, che li ha portati a insediarsi in parte del
Vicino Oriente (Iraq, costa del Mediterraneo orientale) e in tutto il Nord
Africa. Durante il medioevo, gli arabi conquistarono anche buona parte
della penisola iberica, da cui furono poi scacciati completamente solo nel
xv secolo d.C.; si spinsero durante lviii secolo no in Provenza, dove per
non riuscirono a insediarsi stabilmente, e occuparono, dal ix allxi secolo,
la Sicilia. I paesi arabi moderni offrono un quadro di diglossia (vedi cap. 6
par. 4.1): mentre le variet parlate sono diverse fra loro (i cosiddetti dialetti
arabi, comunque mutuamente comprensibili), lunica variet scritta ba-
sata sullarabo classico con qualche semplicazione morfologica (per esem-
pio, non sono usati i casi del sostantivo).
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
41
Una variet uscita
dallorbita dellarabo
Originariamente era un dialetto arabo anche il maltese, parlato come lin-
gua ufciale sullisola di Malta. Uscito dalla sfera di inuenza araba per
motivi religiosi (i maltesi sono cristiani) ha avuto dapprima stretti rapporti
con il siciliano e pi tardi con litaliano. Si presenta come una variet che
conserva in buona parte le caratteristiche fondamentali della grammatica
araba, ma ha un lessico fortemente romanizzato.
Lorigine
dellalfabeto
Nel gruppo dellebraico e dellarabo dobbiamo ancora ricordare una lingua
antica, il fenicio, strettamente imparentato con lugaritico, che ebbe molta
importanza nel Mediterraneo del i millennio a.C. come veicolo della scrit-
tura: i greci adattarono lalfabeto fenicio alla propria lingua; dallalfabeto
greco, come abbiamo visto (par. 3.1.1), lalfabeto pass ai romani attraverso
gli etruschi. Coloni fenici si spostarono verso lodierna Tunisia nel corso
del i millennio e vi fondarono la citt di Cartagine, che fu poi distrutta dai
romani.
Fra le lingue semitiche occidentali troviamo inne il gruppo orientale, che
comprende letiopico e il sudarabico. Letiopico attestato a partire dal iv
secolo d.C., con la variet geez, oggi estinta; lingue etiopiche moderne
sono lamarico e il tigr. Nel sudarabico rientrano due gruppi di variet se-
parate diacronicamente, la cui parentela genetica non del tutto chiara: si
tratta delle lingue delle iscrizioni sudarabiche, rinvenute nella parte meri-
dionale della penisola arabica e risalenti a un periodo che va dal ix secolo
a.C. al vi d.C., e variet sudarabiche moderne, parlate lungo le coste meri-
dionali del Golfo Persico.
Lantico Egitto Legiziano attestato nella valle del Nilo gi alla fine del iv millennio a.C.; le
fonti letterarie continuano fino al xiv secolo d.C. e sono molto ricche. I
quattromila anni di storia della lingua egizia si possono dividere in due gran-
di fasi, la prima dal 3000 al 1300 a.C. e la seconda dal 1300 a.C. al 1300 d.C.; al
loro interno, le varie sottofasi che vengono tradizionalmente individuate si
riferiscono a varianti grafiche, piuttosto che linguistiche. Com noto, lanti-
co egizio era scritto con un sistema grafico chiamato geroglifico; al contrario
di quanto spesso si pensa, il geroglifico solo in parte un sistema ideografico,
perch contiene anche molti segni con valore fonetico (a somiglianza del cu-
neiforme, vedi scheda 1). Questo e un altro sistema grafico, il demotico, ri-
masero in uso fino al v secolo d.C. In seguito alla cristianizzazione dellEgit-
to, venne adottata la scrittura greca. Convenzionalmente, si parla per questi
ultimi documenti, che arrivano fino al 1300 d.C., di copto. Il copto fu sosti-
tuito in maniera crescente dallarabo a partire dal ix secolo d.C.; attualmente
ancora usato come lingua liturgica della chiesa cristiana copta in Egitto.
Somiglianze
fra lingue uraliche
e altaiche
3.3. Le lingue uraloaltaiche Il nome di uraloaltaico non deve farci pensare
che ci troviamo qui in presenza di una famiglia linguistica ben ricostruibi-
le, nellambito della quale i rapporti di parentela genetica siano accertati,
come invece per le lingue indoeuropee e afroasiatiche. Fra le due famiglie
42
Introduzione alla linguistica storica
che compongono questo gruppo, cio la lingue uraliche e le lingue altai-
che, esistono infatti per lo pi somiglianze tipologiche, come la morfologia
agglutinante o la presenza di armonia vocalica, ma che queste somiglianze
si lascino ricondurre a unorigine comune non accettato concordemente
da tutti gli studiosi.
Le lingue uraliche:
prime attestazioni
e gruppi di lingue
La famiglia uralica si divide a sua volta in due sottogruppi: ugronnico e
samoiedo. Le lingue uraliche occupavano anticamente larea che va dal
Baltico agli Urali, ma i parlanti di lingue uraliche furono spinti verso sud e
nord-est da ondate successive di popolazioni indoeuropee e pi tardi tur-
che. Che la posizione delle lingue uraliche fosse un tempo molto pi meri-
dionale di quella attuale dimostrato dalla presenza di antichissimi prestiti
dalliranico, fra cui la parola per cento, nnico sata, ungherese szs (cfr.
iranico sat@m).
Le lingue ugronniche sono alcune lingue non indoeuropee parlate attual-
mente nellEuropa settentrionale e orientale, e cio il nlandese, lestone,
il lappone e lungherese. Si tratta di lingue che conosciamo attraverso fonti
scritte solo a partire dal xiii secolo d.C., che permettono pertanto poche
osservazioni sul mutamento linguistico. In particolare, i parlanti di unghe-
rese si stabilirono nella sede dellattuale Ungheria nel ix secolo d.C.; la loro
lingua attestata dal xiii secolo d.C. Di attestazione posteriore sono il n-
nico, che ci noto a partire dal xvi secolo d.C., e il lappone, attestato dal
xviii. Testi letterari estoni sono pure disponibili a partire dal xvi secolo,
ma alcune frasi in testi latini risalgono al xiii.
Le lingue samoiede invece sono per lo pi di attestazione recente (xix se-
colo), tranne pochi testi pi antichi scritti in sirieno, una lingua parlata
lungo il mar Glaciale Artico, risalenti al xiv secolo d.C. Le lingue samoie-
de sono parlate nellarea intorno alla catena degli Urali e in Siberia, da pic-
coli gruppi di parlanti per lo pi nomadi.
Le lingue altaiche:
attestazioni e gruppi
di lingue
La famiglia altaica si divide in tre sottogruppi: turco, mongolo e tunguso-
manciuro. Le prime notizie che abbiamo di trib altaiche risalgono al iii
secolo d.C., quando gli unni vennero in contatto con limpero romano;
pi tardi essi furono fra gli arteci della sua caduta sotto la guida del re At-
tila, vissuto nel v secolo d.C. Attualmente, le lingue altaiche sono parlate
in unampia area che va dallAnatolia alla Manciuria.
Il sottogruppo di lingue altaiche pi grande e meglio noto da un punto di
vista storico il turco. Variet turche sono parlate oggi in Anatolia, in al-
cune repubbliche della Federazione Russa, come la Cecenia, e in altri stati
del Caucaso, come lAzerbaigian, e nellAsia centrale, in Kazakhistan, Uz-
bekistan, Turkmenistan e nel Turkestan cinese. Le popolazioni turche del
Caucaso e dellAsia centrale ci sono note per i ricorrenti scontri che ebbero
con limpero russo nei secoli passati. Buona parte del territorio occupato
da queste popolazioni entr poi a far parte dellUnione Sovietica, in cui
parlava una variet turca pi del 10% della popolazione. In Anatolia, il tur-
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
43
co presente almeno dallviii secolo d.C. con la variet detta selgiuchide;
il turco moderno si fa risalire alla lingua dellimpero ottomano, a partire
dal xiv secolo d.C., detta turco osmanli. Le fonti letterarie turche sono
molto ricche soprattutto a partire dallepoca ottomana. Poich limpero ot-
tomano si spinse verso occidente nei Balcani giungendo no alle porte di
Vienna, il turco ha lasciato nelle lingue indoeuropee della penisola balcani-
ca una notevole quantit di prestiti.
Lingue del gruppo mongolo sono parlate in Mongolia e parte della Cina
settentrionale, mentre le lingue tunguso-manciure sono parlate in Siberia
e nella Cina nordorientale, no alla penisola della Manciuria.
Tre gruppi
non chiaramente
imparentati
3.4. Le lingue caucasiche Le lingue caucasiche sono alcune lingue parlate
nelle montagne del Caucaso, circondate per lo pi da variet turche e, a
sud, da lingue indoeuropee (iranico e armeno). Si dividono in tre gruppi:
caucasico nordoccidentale, caucasico nordorientale e cartvelico. Non
per niente chiaro che questi tre gruppi siano geneticamente legati, nono-
stante la loro presenza in unarea relativamente ristretta presumibilmente
da molti millenni, dato che la loro somiglianza per lo pi di ordine tipo-
logico.
Al gruppo cartvelico appartiene la lingua caucasica meglio documentata,
il georgiano, che conosciamo a partire dal v secolo d.C. Dal punto di vi-
sta della linguistica storica, il Caucaso riveste un grande interesse, per-
ch, a differenza delle altre aree che abbiamo esaminato fino a qui, ca-
ratterizzato da una grande frammentazione, accompagnata da unestre-
ma stabilit. Al contrario delle popolazioni indoeuropee, semitiche, ura-
liche e altaiche, che sono state protagoniste di grandi migrazioni, e le cui
lingue hanno sostituito lingue preesitenti, si direbbe che le popolazioni
caucasiche siano state sempre stanziate nelle sedi attuali. Questa sembre-
rebbe una peculiarit legata a cause geofisiche: il territorio montagnoso
non avrebbe favorito lingresso di altre popolazioni e le conseguenti mi-
grazioni, come avvenuto invece nelle pianure dellEuropa e dellAsia
centrale.
Caucasico
e indoeuropeo
Come abbiamo visto in precedenza, il georgiano classico ha esercitato una
grande inuenza, di vario genere, sullarmeno, ma limportanza delle lin-
gue caucasiche per la ricerca indoeuropeistica in realt ancora maggiore.
Nel tentativo di stabilire una sede originaria per gli indoeuropei, fra le va-
rie proposte quella che al giorno doggi gode di maggior credito di collo-
care la comunit dei protoindoeuropei poco a nord del Caucaso, a contat-
to con quelli che erano, probabilmente, i parlanti di qualche variet cauca-
sica. Perci, linuenza di questa famiglia linguistica (o queste famiglie, se i
tre gruppi non possono essere ulteriormente riuniti) su quella indoeuropea
potrebbe datare a molte migliaia di anni fa, quando le due comunit costi-
tuivano forse una specie di area linguistica.
44
Introduzione alla linguistica storica
3.5. Le lingue nigercongolesi e altre famiglie di lingue africane Le lingue ni-
gercongolesi costituiscono la maggior parte delle lingue parlate nellAfrica
subsahariana. Lesistenza di un gruppo nigercongolese stata stabilita solo
in epoca relativamente recente: infatti, accertare la parentela fra queste lin-
gue difcile, visto che esse hanno iniziato a differenziarsi probabilmente
da millenni, e che non ci sono fonti scritte che ci lascino risalire molto pi
indietro di un paio di secoli.
La principale
famiglia di lingue
africane
La maggior parte dellarea su cui sono diffuse le lingue nigercongolesi oc-
cupata dalla famiglia forse pi studiata di lingue africane, quella delle lin-
gue bantu, parlate soprattutto nellAfrica centro-orientale. Le lingue bantu
sono state studiate a partire dalla met del xix secolo, quando si osserv il
loro stretto legame di parentela (dal punto di vista delle differenze recipro-
che, queste lingue si possono paragonare alle lingue romanze) e alcuni afri-
canisti intrapresero la ricostruzione del protobantu. La lingua bantu pi
diffusa lo swahili, lingua ufciale in Niger e Tanzania e parlata nelle aree
urbane del Congo, che anche per molti versi la meno rappresentativa. Si
tratta infatti di una lingua che si formata verso le ne del i millennio
d.C., quando comunit parlanti variet bantu sono venute in contatto con
comunit parlanti variet arabe. Ci si riette in primo luogo nel lessico,
che ha accolto numerosissimi prestiti dallarabo, e in secondo luogo dalla
fonologia, dato che lo swaihili non presenta il sistema tonale tipico non
solo delle altre lingue bantu, ma dellintera famiglia nigerkordofaniana. Le
prime fonti scritte risalgono allinizio del xviii secolo e sono versi redatti
in alfabeto arabo; attualmente, lo swahili scritto in alfabeto latino. Altre
lingue appartenenti al gruppo nigercongolese sono il kwa, lo yoruba e il
mande, parlate nellAfrica centro-occidentale, vicino al golfo di Guinea.
In Africa troviamo poi due altre famiglie linguistiche, che non si lasciano
ulteriormente raggruppare, cio: lingue nilotiche o nilo-sahariane, parlate
lungo il basso e medio corso del Nilo, e lingue khoisan, parlate nellAfrica
sud-occidentale.
Bilinguismo
nellAfrica
contemporanea
La situazione sociolinguistica dellAfrica attuale caratterizzata dalla coesi-
stenza, e a volte dalla competizione, di lingue indigene e lingue coloniali,
cio il francese e, in misura minore, linglese. In alcuni paesi, la lingua co-
loniale stata lunica lingua di istruzione no a buona parte del secolo
scorso. Attualmente, le lingue indigene sono materia di insegnamento nel-
le scuole in tutti i paesi, ma la loro introduzione stata lenta e complicata,
a causa dei problemi legati alla standardizzazione, cio alla scelta di una va-
riet standard, che possa venir usata come lingua scritta, essere oggetto di
insegnamento e in un certo senso prevalere sulle altre variet. In alcuni
casi, tale scelta pu comportare rivalit fra parlanti di variet diverse, a tal
punto che la lingua coloniale viene avvertita come unentit super partes e
come tale preferita.
Soprattutto nellAfrica occidentale, dove gli europei si stabilirono a partire
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
45
dal xv secolo e dove fu orente la tratta degli schiavi (vedi par. 3.11) sono
poi diffuse numerose lingue creole, fra cui soprattutto il cosiddetto WAPE
(West African Pidgin English).
Una tradizione
antichissima
3.6. Le lingue sinotibetane Con la famiglia sinotibetana torniamo a occu-
parci di lingue di tradizione antichissima. In particolare per il cinese, le pri-
me fonti scritte risalgono al ii millennio a.C. Purtroppo per la storia della
lingua cinese non si lascia ricostruire bene come quella delle lingue semiti-
che e indoeuropee di analoga antichit, perch il sistema di scrittura, di
tipo ideograco, rivela poco riguardo alla sostanza fonica dei vocaboli. Per-
tanto, spesso ci troviamo davanti a testi antichi perfettamente comprensi-
bili dal punto di vista del signicato, perch conosciamo il signicato degli
ideogrammi, ma che non ci dicono nulla sul sistema fonologico della lin-
gua.
La famiglia sinotibetana si divide in due sottogruppi, cinese e tibetobirma-
no. Il cinese, con circa un miliardo di parlanti, attualmente la lingua pi
parlata al mondo. Bench spesso il termine cinese venga usato come se ci
si riferisse a una entit linguistica unica, le variet cinesi presentano al loro
interno differenze tali da non essere mutuamente intelligibili. Tuttavia, la
scrittura ideograca ancora in uso ha il vantaggio che, una volta scritte,
tutte le variet appaiono identiche, cosa che contribuisce a rafforzare la
sensazione di trovarsi davanti a una sola lingua, per lo meno per i parlanti
in grado di leggere e scrivere. Le variet cinesi si dividono in cinque grandi
aree dialettali: mandarino, o p?t onghu, il gruppo dialettale pi consisten-
te, che comprende il dialetto di Pechino; w, che comprende larea di
Shangai; min, la variet parlata a Taiwan; yu, che comprende il cantonese
e la variet di Hong Kong; e hakka, che comprende variet attualmente di-
stribuite nellarea sud-orientale.
La storia della lingua cinese si divide in tre periodi, cinese antico, no al iv
secolo d.C., cinese medio, dal v al xiii secolo d.C. e cinese moderno. Al
periodo antico risalgono per esempio le opere di Confucio, vissuto fra il vi
e il v secolo a.C. Dato laltissimo prestigio di cui godeva il cinese in Orien-
te, a causa dellantichit della sua letteratura e del suo peso culturale, il si-
stema graco del cinese stato adattato a molte altre lingue, come per
esempio il giapponese.
Nel gruppo tibetobirmano la lingua di attestazione pi antica il tibetano,
le cui fonti letterarie risalgono al vii secolo d.C.; si tratta di testi religiosi
scritti usando un alfabeto adattato da quello indiano.
3.7. Il coreano e il giapponese Il coreano e il giapponese sono lingue che
presentano somiglianze da un punto di vista tipologico, ma la parentela ge-
netica non stata stabilita con sicurezza.
46
Introduzione alla linguistica storica
Prime attestazioni,
lingue e scritture
Il giapponese attestato a partire dallviii secolo d.C. Poich il sistema
graco adottato n da quellepoca stato quello ideograco del cinese, la
comprensione dei primi documenti molto problematica. Gia verso la
met dellviii secolo per gli ideogrammi cinesi vennero adattati a una let-
tura fonetica, inventando un sistema sillabico da cui discendono i moderni
kana. Oltre al sistema graco, il giapponese ha accolto dal cinese numerosi
prestiti.
Il coreano ci noto a partire dal xv secolo d.C., quando venne inventata
una scrittura alfabetica. Esistono testi di epoche precedenti scritti in ca-
ratteri cinesi, che per non ci aiutano a capire come fosse veramente la
lingua. I tentativi di raggruppare il coreano con altre lingue sono stati
numerosi; lunico che gode di qualche credito, anche se sembra difficile
da dimostrare, che il coreano sia lontanamente imparentato con il
gruppo altaico.
In alcune isole dellarcipelago giapponese sono parlate altre lingue, la cui
afliazione genetica poco chiara: in particolare, ad Okinawa, unisola si-
tuata a sud verso Taiwan, troviamo il ry uky uano, una lingua che, secondo
gli studi pi recenti, imparentata con il giapponese, mentre nel nord
sono parlate le lingue ainu, che sembrano invece costituire un gruppo iso-
lato.
LAustralia: unarea
linguistica
3.8. Le lingue australiane e dellarea pacica LAustralia e le isole dellOcea-
nia presentano unestrema differenziazione linguistica, allinterno della
quale stabilire parentele genetiche estremamente difcile, dato che nessu-
na lingua ha tradizione scritta. Normalmente si distingue in Australia un
gruppo di lingue detto pamanyugan, che comprende allincirca i nove de-
cimi di tutte le lingue australiane, da altri gruppi pi piccoli; in realt non
chiara lafliazione genetica neanche delle lingue pamanyugan. Le lingue
australiane presentano somiglianze tipologiche, in quanto sono per lo pi
essive e molte hanno un sistema ergativo; tuttavia queste caratteristiche
comuni potrebbero essere dovute a contatto, piuttosto che a parentela ge-
netica.
Si calcola che allepoca dellinizio dellinvasione inglese in Australia (ne
del xviii secolo) fossero parlate circa duecento lingue, di cui una cinquan-
tina sono ora estinte e molte altre sono in pericolo di estinzione.
Spostamenti di
popolazioni e lingue
nellarea pacica
Le isole del Pacico, che geogracamente appartengono a tre continenti
(Oceania, Asia e Africa), presentano una situazione linguistica relativa-
mente meglio stabilita, in cui vengono parlate lingue che sembrano tutte
imparentate fra loro, e appartengono alla famiglia austronesiana. I due sot-
togruppi principali di lingue austronesiane sono quello melanesiano e
quello polinesiano, o, pi correttamente, malaypolinesiano. Le lingue me-
lanesiane sono quelle delle comunit che si insediarono pi anticamente in
questarea e che provenivano probabilmente dal Madagascar. Lingue mela-
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
47
nesiane sono parlate in Papuasia, Nuova Guinea, nelle isole Solomon e
nelle isole Fiji. Le lingue polinesiane invece sono di provenienza asiatica;
fra queste troviamo il maori, lhawaiano, il tahitiano, il samoano e il ton-
gano. Queste lingue sono imparentate con le lingue malay del Sud-Est
asiatico, cio malese e indonesiano. La suddivisione fra lingue melanesiane
e polinesiane fu stabilita nel xix secolo; ben presto si osserv anche la so-
miglianza fra queste lingue, e in particolare quelle polinesiane, e le lingue
del sud-est asiatico, da cui presumibilmente esse derivano. Bisogna aggiun-
gere comunque che le lingue melanesiane e le lingue polinesiane in origine
sono imparentate fra loro, perch le popolazioni che dal Madagascar si
mossero verso lOceania, dove diedero origine alle comunit di lingua me-
lanesiana, erano inizialmente emigrate dallAsia meridionale, cio dal terri-
torio dorigine delle lingue polinesiane.
3.9. Le lingue amerindiane Anche le Americhe presentano una situazione
linguistica molto differenziata che, per motivi legati alla colonizzazione
da parte degli europei, presenta una certa continuit soprattutto nei paesi
latino-americani. La colonizzazione di spagnoli e portoghesi, infatti,
comport in certa misura un tentativo di integrazione con le genti nati-
ve, le cui lingue vennero in buona parte preservate. La colonizzazione an-
glosassone invece si risolse, soprattutto nel territorio degli attuali Stati
Uniti, in un vero e proprio sterminio, con conseguente scomparsa delle
lingue indigene.
Famiglie linguistiche
nellAmerica Latina
Le principali famiglie linguistiche dellAmerica Latina sono lutoazteco,
che comprende il nahuatl, la lingua degli antichi aztechi, parlato in Mes-
sico, il maya, le cui variet pi importanti sono yucalteco e quich, dif-
fuse nel Messico meridionale e nellAmerica centrale, e il quechua, at-
tualmente diffuso in Per e nella parte settentrionale dellAmerica meri-
dionale. Di tutte queste lingue abbiamo grammatiche e fonti letterarie
che datano almeno al xvi secolo d.C., quando i missionari spagnoli in-
trodussero lalfabeto latino; si tratta sia di traduzioni di testi occidentali,
per lo pi religiosi, sia di letteratura indigena, che spesso, come nel caso
della principale opera letteraria maya, Popol Vuh, rispecchiano realt lin-
guistiche molto antiche che erano state preservate nella tradizione orale.
Sia gli aztechi sia i maya avevano inoltre forme proprie di scrittura silla-
bica. Quella azteca rimane fondamentalmente non decifrata, mentre con
la scrittura maya le cose vanno un po meglio e ci permettono di conosce-
re la lingua quich, anche se con forti limitazioni, gi da epoca precolom-
biana.
Il quechua era la lingua dellimpero inca, che allepoca dellinvasione spa-
gnola si estendeva dallattuale Ecuador al Cile centrale e parte dellArgenti-
48
Introduzione alla linguistica storica
na settentrionale. Si tratta di una lingua ancora molto radicata, con sette
milioni di parlanti, di cui cinque in Per. In questo paese e in Bolivia il
quechua ha lo statuto di lingua ufciale accanto allo spagnolo. Poich era
la lingua di un impero politicamente coeso, si pu presumere che in epoca
antica la differenziazione dialettale non fosse molto elevata. Lopera di
standardizzazione compiuta in Per ha comunque portato a stabilire una
variet unica per linsegnamento scolastico. Le variet utoazteche e maya,
invece, sono in condizioni di conservazione pi precarie: il fatto che non
abbiano statuto di lingue ufciali non solo ne ha scoraggiato luso, ma ha
favorito lalta frammentazione dialettale, non essendo stati fatti tentativi
seri di standardizzazione. Perci gli attuali tentativi di introdurre linsegna-
mento di queste lingue nelle scuole primarie si scontrano con la difcolt
di stabilire quali variet debbano essere usate.
Un gran numero di altre lingue, i cui mutui rapporti non sono facili da sta-
bilire, diffuso nellAmerica meridionale e soprattutto nella foresta dellA-
mazzonia. In questa zona la penetrazione europea stata pi lenta e in par-
te nulla: mancano quindi opere come quelle lasciate dai missionari in zone
di pi forte penetrazione e gli studi sul campo sono iniziati solo verso la
ne del xix secolo.
La colonizzazione
del Nord America
Gli europei che, a partire dal xvii secolo, colonizzarono in ussi crescenti
gli attuali Stati Uniti e la parte orientale del Canada si trovarono davanti a
comunit indigene spesso dotate di strutture sociali complesse e ben orga-
nizzate, ma certamente non tanto come quelle dellAmerica Latina. Inol-
tre, essendo per lo pi di religione protestante, questi invasori non erano
accompagnati da missionari che avessero il compito di convertire gli indi-
geni alla loro religione, preferendo generalmente respingerli altrove, favori-
ti in ci dalla scarsa densit della popolazione nelle aree pi occidentali.
Tale processo continuato no alla ne del xix secolo, quando le ultime
comunit per lo pi nomadi negli Stati Uniti sono state scontte al termi-
ne delle guerre indiane e i parlanti superstiti sono stati o integrati a forza o
segregati nelle riserve. Attualmente, le comunit che vivono nelle riserve
conservano le loro lingue di origine in maniera piuttosto precaria, dato lo
scarso prestigio di cui queste lingue godono rispetto allinglese.
Le principali famiglie linguistiche del Nord America sono leschimo-aleu-
tino, che comprende variet parlate in Alaska e lungo lo stetto di Bering, il
na-dn, a cui appartengono alcune lingue del Canada come pure il grup-
po atapasco, diffuso negli attuali Stati Uniti da nord a sud, e comprenden-
te a sua volta lingue quali lapache e il navajo, il sioux, che comprende va-
riet un tempo parlate lungo i umi Mississippi e Missouri, fra cui il lako-
ta, il gruppo cherokee-irochese, diffuso nella parte orientale del continen-
te, dal Canada al sud degli Stati Uniti, e il gruppo algonchino.
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
49
Altre famiglie
linguistiche dellAsia
3.10. Altre famiglie linguistiche e lingue isolate La classicazione che abbia-
mo dato sopra non ricopre tutte le famiglie linguistiche del mondo. Fra le
famiglie che non abbiamo trattato, rilevante il gruppo dravidico, che
comprende lingue parlate nella parte meridionale del subcontinente india-
no, come il tamil. Come abbiamo gi osservato (cap. 1 par. 3.1.8), le lingue
dravidiche erano anticamente parlate in tutta lIndia; esse vennero poi re-
spinte verso sud dallarrivo delle popolazioni indoarie.
Pure in Asia troviamo il gruppo thai, che comprende la lingua thailandese;
secondo alcuni studiosi il thai sarebbe un sottogruppo della famiglia au-
stronesiana.
Lingue isolate Trattando alcune lingue indoeuropee antiche abbiamo gi incontrato alcu-
ne lingue isolate: lingue cio che non sembrano imparentate con nessuna
altra lingua nota, come letrusco, il hurrico e lurarteo (cap. 1 par. 3.1.5) e il
sumerico (par. 3.2). Fra le lingue moderne, molte lingue dellAustralia non
presentano sicuri legami genetici fra di loro e devono pertanto considerarsi
lingue isolate.
Fra le lingue moderne parlate in Europa lunica che non appartiene a una
delle grandi famiglie esaminate sopra il basco, attualmente parlato nei
paesi baschi (nord della Spagna), in cui lingua ufciale, e da piccole co-
munit lungo il golfo di Guascogna (Francia). Il basco una lingua ergati-
va caratterizzata da morfologia agglutinante. Dal punto di vista lessicale,
esso ha subito linuenza del latino, ma mantiene comunque un lessico per
la maggior parte non indoeuropeo. Anche in base a considerazioni geneti-
che relative alla popolazione basca in rapporto a quella del resto dEuropa,
si pensa che il basco abbia origini molto antiche e che faccia parte di una
famiglia linguistica estinta che era diffusa anticamente su unarea molto
pi estesa dellEuropa continentale. Attualmente, il basco non presenta le-
gami genetici accertabili con altre lingue note, anche se da un punto di vi-
sta tipologico pu essere avvicinato alle lingue caucasiche. Fra gli studiosi
che si sono interessati della situazione linguistica dellEuropa preindoeuro-
pea, comunque, c anche chi vorrebbe ricostruire ununit linguistica che
andava dalla penisola iberica al Caucaso, forse suggestionato dal fatto che
Iberia anche il nome di un antico regno situato nellarea della moderna
Georgia nei primi secoli d.C.
Contatto linguistico
e nascita di nuove
lingue
3.11. Pidgins e creoli Quando gli europei colonizzarono le Americhe fon-
dandovi grandi coltivazioni di tabacco, cotone e altri prodotti agricoli,
ben presto iniziarono a rapire ingenti quantit di persone dalle coste
occidentali dellAfrica, vendendole poi come schiavi soprattutto nelle
Antille e nellAmerica Centrale (vedi Turchetta, 1996). La tratta degli
schiavi prosegu per secoli; le persone che venivano portate a lavorare nel-
le piantagioni americane appartenevano a comunit diverse e parlavano
lingue non mutuamente intellegibili e spesso non imparentate genetica-
50
Introduzione alla linguistica storica
mente. Queste persone venivano inoltre in contatto con le lingue colo-
niali presenti nei paesi di arrivo: spagnolo, portoghese, francese, olande-
se, tedesco e inglese. Dalla necessit di comunicazione, sia a livello tra-
sversale, fra schiavi di provenienza diversa, sia a livello verticale, con i
parlanti delle lingue coloniali, si svilupparono lingue nuove, le cosiddette
lingue creole, che sono caratterizzate da una forte presenza nel lessico
della lingua coloniale (anche detta in questo caso lingua lessificatrice) e
strutture grammaticali semplificate.
I pidgins, o lingue di contatto, invece, sono lingue che si sviluppano dal
contatto fra comunit di lingue diverse che hanno fra di loro soprattutto
scambi economici. Particolarmente noto il russenorsk parlato da marinai
e commercianti norvegesi e russi sulle sponde del Baltico no allinizio del
xx secolo. stato proposto che i creoli siano nati in un primo tempo come
pidgins, passando poi allo stato di lingue vere e proprie con la nascita della
prima generazione di parlanti nativi. Bisogna sottolineare per che questa
evoluzione, bench verosimile, scarsamente osservata: i creoli attualmen-
te noti sono parlati da varie generazioni e daltro canto si conoscono pid-
gins che sono stati osservati per un paio di secoli senza mai essersi evoluti
nella lingua materna di alcuna comunit.
scheda 1 La nascita della scrittura Sistemi graci
Verso la fine del neolitico, quando gli esseri umani iniziarono a vivere in inse-
diamenti stabili, coltivando la terra e allevando il bestiame, si rese necessario un
sistema che permettesse di registrare quantit di derrate e di animali. Entrarono
cos in uso i tokens, ritrovati nellarea che va dalla Palestina allAsia Centrale: si
tratta di piccole figurine dargilla, che datano allviii millennio a.C., che avevano
la funzione di rappresentare quantit (per esempio, singoli capi di bestiame, de-
terminate quantit di frumento). Pi tardi, i ritrovamenti archeologici testimonia-
no della pratica di conservare i tokens in astucci contenitori, pure di argilla, sui
quali era raffigurato il tipo di figurina e il numero di tokens contenuti. Questo
tipo di rappresentazione costituisce il pi diretto precursore della scrittura: verso
la fine del iv millennio a.C., il disegno delle figurine venne sostituito alle figurine
stesse, creando cos una notazione di tipo ideografico, in cui ogni simbolo stava
per un concetto. Sistemi grafici di questo genere nacquero dapprima in Egitto e
in Mesopotamia. In questi sistemi, un concetto veniva rappresentato in maniera
iconica, per mezzo di un pittogramma che raffigurava il possibile referente. Ben
presto, accanto alla rappresentazione ideografica, si svilupp un sistema di scrit-
tura sillabico. Esaminiamo come questa evoluzione sia avvenuta per il sumerico.
Il segno sumerico , che raffigurava inizialmente una stella, stava per i si-
gnificati cielo e dio. Le parole cielo e dio in sumerico erano rispettivamente
an e dingir . Il segno venne pertanto impiegato anche per rappresentare la sillaba
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
51
an in altre parole, oppure per dare forma scritta ai morfemi flessivi: il sumerico
infatti una lingua agglutinante con una ricca morfologia verbale e il sistema
ideografico, rappresentando solo il significato di base di una parola, non si adat-
tava a renderne le forme. Tipicamente dunque una parola sumerica scritta conte-
neva un segno con valore ideografico, che dava il significato lessicale della paro-
la, e uno o pi segni con valore sillabico, che davano i significati grammaticali
della specifica forma. Il sistema grafico del sumerico fu poi impiegato per molte
altre lingue, in cui troviamo grafie miste: le parole di uso frequente spesso ven-
gono indicate anche in lingue diverse con lo stesso ideogramma del sumerico, a
cui vengono a volte aggiunte varie sillabe che suppliscono linformazione gram-
maticale; anche qualche significato grammaticale espresso in maniera ideogra-
fica, come il concetto di plurale, per il quale spesso viene usato il segno
(mes), un possibile morfema di plurale del sumerico.
Un sistema di questo genere era anche quello dellantico egiziano e in maniera
analoga viene scritto oggi il giapponese: i kanji , cio segni ideograci, veicolano il
signicato lessicale, mentre gli hiragana, una serie di segni sillabici, sono aggiunti
per indicare i signicati grammaticali. Gli hiragana sono usati anche per scrivere le
parole per le quali non esiste un kanji e sono i primi segni che i bambini imparano
quando imparano a leggere e scrivere. Il giapponese ha poi unaltra serie di segni
sillabici, i katakana, che vengono usati per trascrivere nomi stranieri, prestiti o
neologismi.
I sistemi sillabici sono di tipo diverso, a seconda delle sillabe che possono rap-
presentare. Nel sillabario cuneiforme, troviamo sillabe di tipo V (solo vocale), CV
(consonante vocale), VC (vocale consonante) e poche sillabe CVC (consonante
vocale consonante). Ci significa che per esempio i gruppi consonantici iniziali di
parola non possono essere rappresentati: in ittita troviamo un verbo, ispant- of-
frire, imparentato con il greco spnd o, offro, in cui la < i > iniziale probabil-
mente non rappresenta un fonema, ma ha solo la funzione di servire da appog-
gio grafico alla prima consonante. Il sillabario miceneo, anche detto Lineare B,
ancora pi problematico: esso contiene infatti solo segni V e CV; non permette
pertanto di rappresentare n i gruppi consonantici interni, n le consonanti finali
di parola.
La prima scrittura alfabetica attestata nel bacino del Mediterraneo viene da Ugarit.
In ugaritico, alcuni segni del sillabario accadico vennero impiegati per indicare il
suono iniziale del loro nome (come nellalfabeto greco, derivato dallugaritico at-
traverso il fenicio, alpha indica /a/, beta indica /b/ ecc.).
Un altro sistema graco importante per lindoeuropeistica quello del sanscrito, il
devan agar , ancora in uso in India per le lingue arie moderne. Il devan agar contie-
ne segni vocalici e consonantici, quelli consonantici, per, in assenza di altre indi-
cazioni, sono da intendersi come rappresentanti sillabe CV contenenti la vocale /a/
(vedi Appendice D).
52
Introduzione alla linguistica storica
Appendici
A. La distribuzione delle lingue indoeuropee
figura 2 Le lingue indoeuropee oggi
Fonte: Giacalone Ramat, Ramat (1997).
Islandese
Feringio
Scozzese
Irlandese
Gallese
Inglese
Danese
N
o
r
v
e
g
e
s
e
S
v
e
d
e
s
e
Lettone
Lituano
B
i
e
l
o
r
u
s
s
o
Polacco
Slovacco
Ceco
Tedesco
Olandese
Frisone
B
r
e
to
n
e
Francese
P
o
r
t
o
g
h
e
s
e
S
p
a
g
n
o
lo
C
a
t
a
l
a
n
o
Provenzale
R
e
to
-ro
m
a
n
zo
Sloveno
Serbo-croato
I
t
a
l
i
a
n
o
Sardo
A
l
b
a
n
e
s
e
G
r
e
c
o
Macedone
Bulgaro
Rumeno
U
cra
in
o
R
u
s
s
o
Osseto
Armeno
Curdo
Persiano
Baluchi
Pashto
T
a
g
i
c
o
Yaghnobi
Shughni
N
u
r
i
s
t
a
n
i
L
a
h
n
d
a
Pahari
S
i
n
d
h
i
R
ajasth
an
i
P
a
n
ja
b
i
Nepali
Bihari
A
s
s
a
m
e
s
e
B
e
n
g
a
l
i
Hindi
Oriya
M
a
ra
th
i
Singalese
figura 1 Le lingue indoeuropee nel I millennio a.C.
Fonte: Giacalone Ramat, Ramat (1997).
C
e
ltic
o
G
e
r
m
a
n
i
c
o
Baltico
Slavo
Balcanico
Iranico
Armeno
Anatolico
Tocario
Indiano
G
r
e
c
o
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
53
B. Lalfabeto greco
Maiuscola Minuscola Nome Traslitterazione ipa
A a alpha a [a], [a:]
B b beta b [b]
G g gamma g [g]
D d delta d [d]
E e epsilon e [e]
Z z zeta z [zd]
H h eta e [E:]
U w theta th [t
h
]
I i iota i [i], [i:]
K k kappa k [k]
L l lambda l [l]
M m mi m [m]
N n ni n [n]
J j xi x [ks]
O o omikron o [o]
P p pi p [p]
R r rho r [r]
S s sigma s [s]
T t tau t [t]
Y y hupsilon u [y], [y:]
F W phi ph [p
h
]
X x khi kh [k
h
]
C c psi ps [ps]
V v omega o [O:]
54
Introduzione alla linguistica storica
C. Lalfabeto cirillico
Maiuscola Minuscola Traslitterazione
a
b
v
g
d
e
z
z
i
j
k
l
m
n
o
p
r
s
t
u
f
kh
c
c
s
sc
p
y
e
ju
ja
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
55
D. Il devan agar
a a
e ai o au am
ka kha ga gha na
ca cha ja jha a
ta tha da dha na
pa pha ba bha
ya ra la va
sa sa sa ha
ma
ta tha da dha na
ta ta ti t tu tu
tr tr t t te tai to tau
ah
i u u
r r
i i
56
Introduzione alla linguistica storica
sam
m k r
pah
Esempi di legamenti
sta
sta
ksa
hna
mpra
E. Esempio di scrittura cuneiforme Ittita
nu
conn
ninda-an
pane-acc
mangerete il pane e berrete l'acqua
e-iz-za-te-ni
mangiare: prs.2pl
wa-a-tar-ma
acqua: n/a=conn
e-ku-ut-te-ni
bere:prs.2pl
NINDA- an la trascrizione di un ideogramma sumerico (NINDA pane) a cui aggiun-
ta la desinenza dellaccusativo ittita: il segno -an ha pertanto valore fonetico. Questa
frase servita di base per la decifrazione dellittita: il valore dellideogramma era noto;
data la vicinanza della parola per pane si ipotizzato che wa-a-tar-ma contenesse la
parola per acqua: questa ipotesi automaticamente faceva interpretare la lingua come
appartenente alla famiglia indoeuropea, dato che la radice indoeuropea ricostruita per
acqua *wodr -/udr - , cfr. ingl. water , gr. hd or ydvr. A questo punto si ipotizzato
che le altre parole fossero forme verbali e che significassero mangiare e bere, dato
che la frase sembrava costruita con una struttura parallela, e daltro canto le due forme
eizzteni e ekutteni sono chiaramente forme con lo stesso suffisso. Lipotesi che si trat-
tasse di una lingua indoeuropea offriva appoggio a questa interpretazione, dato che
anche questi due verbi conservano radici indoeuropee note da altre lingue (vedi Frie-
drich, 1973, pp. 85-8).
1. Somiglianza e diversit. La classicazione delle lingue
57
In questo capitolo
Fra le lingue afroasiatiche, molte delle quali prive di tradizione scritta, si trova-
no le lingue di pi antica attestazione: le lingue semitiche e legiziano. In questo
gruppo anche nata la scrittura (vedi scheda 1).
Esistono poi lingue che non si lasciano raggruppare con altre, le lingue isolate:
fra queste, alcune lingue antiche, come il sumerico o letrusco, e, fra le lingue euro-
pee moderne, il basco.
k g g
h
Occlusive dentali t d d
h
Occlusive bilabiali p b b
h
Fricativa dentale s
Un sistema
fonologico ricostruito
Diamo qui di seguito il sistema fonologico dellindoeuropeo ricostruito.
Questa ricostruzione non lunica possibile, come vedremo meglio in se-
guito, ma pu costituire un punto di partenza per introdurre ulteriori ela-
borazioni.
Osservazioni Le occlusive palatali sono indicate con un particolare diacri-
tico < > , come per esempio in <
b
h
/, */
d
h
/ ecc.). Doveva poi esistere un allofono sonoro della fricativa
dentale [z] davanti a occlusive sonore.
4.2. Liquide e nasali; sonanti e semivocali
Liquide e nasali
sonanti
Osservazioni Sia le liquide e nasali, sia le semivocali (o glide) possono as-
sumere valore vocalico qualora si trovino in contesto consonantico. Liqui-
de e nasali sillabiche sono dette anche sonanti.
tabella 2 Le liquide e le nasali dellindoeuropeo ricostruito
Non sillabiche Sillabiche
Nasali Dentale n
.
n
Bilabiale m
.
m
Liquide Laterale l
.
l
Vibrante r
.
r
tabella 3 Le semivocali dellie. ricostruito
Palatale Velare
j w
Lunica lingua che conserva in parte le sonanti originarie il sanscrito
2
, in
cui possiamo osservare lalternanza non fonologica di /r/ sillabica e non sil-
labica: si veda per esempio scr. pitari padre:loc.sg pit
.
r
.
su padre:loc.pl.
Nella seconda forma la vibrante si viene a trovare fra due consonanti e si
vocalizza, diventando nucleo di sillaba.
Oltre alle sonanti /
.
n/, /
.
m/, /
.
r/, /
.
l/ si ricostruiscono anche delle sonanti lun-
ghe, che in qualche lingua hanno esiti separati. Siccome questi esiti si la-
sciano spiegare alla luce della teoria delle laringali (cap. 2 par. 12), non ne
daremo trattazione separata.
2. Una sonante */
.
r/ va ricostruita per il protoindoiranico; nelle variet iraniche storiche, per,
essa aveva probabilmente gi sviluppato una vocale di appoggio /@/. Le liquide sonanti delle lin-
gue slave sono di origine pi tarda e non derivano da quelle indoeuropee, vedi cap. 2 par.
14.7.2.
70
Introduzione alla linguistica storica
4.3. Vocali
i i u u
e e
o o
a a
er
pat hr, got. fadar, scr. pit ar-. Come vedremo pi avanti, si tratta di una ri-
costruzione su cui non tutti concordano: alcuni studiosi preferiscono far
rientrare questo fonema in un sistema pi ampio, delle cosiddette laringali
(vedi cap. 2 par. 12). La vocale centrale media // o //, anche detta s@wa
secundum e solitamente trascritta < > , risulta dal grado dellapofonia
fra consonanti (vedi cap. 2 par. 9).
Accento libero
e musicale
4.4. Accento Le lingue indoeuropee presentano sistemi accentuali di vario
genere, come vedremo meglio nei paragra che seguono. In base alle testi-
monianze delle lingue pi conservative, come il sanscrito vedico, il lituano
e in parte il greco, possiamo ricostruire per lindoeuropeo un accento con
sede libera (cio poteva cadere su qualunque sillaba). Si trattava di un ac-
cento non di tipo intensivo, come laccento dellitaliano e della maggior
parte delle lingue europee moderne, ma di un accento musicale o di altezza
(ingl. pitch accent): la sillaba tonica non si distingueva per lintensit con la
quale era articolata la vocale, ma per la sua altezza.
5. Ricostruzione
Come ricostruire
i fonemi
Possiamo domandarci come ricostruiamo i fonemi rappresentati sopra. Il
caso pi semplice quello in cui tutte le lingue indoeuropee presentino
nella stessa parola lo stesso fonema. Troviamo casi di questo genere soprat-
tutto per liquide e nasali. Un esempio la parola per nove, che presenta
una nasale dentale in posizione iniziale in tutte le lingue indoeuropee in
cui attestata: oltre al latino novem(e ovviamente allitaliano nove), lingle-
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
71
se e il tedesco nine e neun, il sanscrito nva e il greco enna enn ea
3
; oppure
la parola per naso, dove accanto allitaliano possiamo elencare linglese no-
se, il russo nos
e il sanscrito nas
a.
Un caso pi problematico si pone quando una lingua discorda dalle altre.
Esaminiamo i segmenti iniziali delle seguenti forme:
[1] latino pater
[2] latino sex
greco pat
er
greco hks
sanscrito pitr-
sanscrito
.
sa
.
s
inglese father
inglese six russo sest
o ik
quod che as what
aqua acqua aa
gun
er
ricostruita tradizionalmente, si ricostruisce pertanto la forma *ph
2
t
er.
Un altro problema che si pu spiegare alla luce della teoria delle laringali
quello delle prostesi vocaliche in greco e armeno. Come abbiamo accenna-
to sopra (p. 72 nota 3), molte parole greche presentano una vocale iniziale,
assente nelle altre lingue: si confrontino per esempio il gr. eruthrs erywr oq
rosso con il lat. ruber, ingl. red, scr. rudhira
.
h; oppure gr. enna enn ea
nove, lat. novem, ingl. nine, scr. nava; gr. odnta od onta dente:acc, lat.
dentem, ingl. tooth, scr. dantam. Queste forme si ricostruiscono tradizio-
nalmente come *rudro, *new
.
m e *dont-
.
m, supponendo poi che il greco ab-
bia aggiunto una vocale prostetica. Secondo la ricostruzione laringalista, la
9. Altre possibili notazioni per le tre laringali sono */@
1
/, */@
2
/ e */@
3
/ o */x
1
/, */x
2
/ e */x
3
/. Il
termine laringali fa riferimento a fonemi esistenti nelle lingue semitiche: quando fu introdot-
to, si pensava di dimostrare una parentela fra queste lingue e le lingue indoeuropee. In realt la
storia della teoria molto pi complessa di come labbiamo esposta, dato che nel xix secolo sor-
sero numerose varianti, secondo alcune delle quali si ricostruiva un numero maggiore di larin-
gali.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
87
prostesi vocalica del greco sarebbe lesito di una laringale iniziale; le stesse
forme si ricostruirebbero allora come *h
1
rudro, h
1
new
.
m e *h
3
dont-
.
m.
Lanatolico
fornisce dati
per la ricostruzione
delle laringali
La teoria di Saussure si basava, quando fu formulata, solo su considerazioni
relative alla coerenza del sistema vocalico indoeuropeo, e non era supporta-
ta da dati diretti: in nessuna lingua allora nota le laringali erano conservate
come fonemi indipendenti, ma se ne potevano solo osservare tracce nel vo-
calismo di alcune lingue, come abbiamo visto sopra. Quando a partire dal
1916 fu decifrato littita, per, la teoria delle laringali trov una clamorosa
conferma: in ittita infatti (e nelle altre lingue anatoliche) esistono due fo-
nemi, gracamente resi con < h > e < hh > , in posizioni corrispondenti
alle laringali ricostruite da Saussure. Osserviamo alcuni dati: ittita harki
bianco, lat. argentum; itt. hastai ossa, gr. osteon ost eon; itt. hulana lana,
scr. ur
.
na; itt. huis- radice del verbo vivere, lat. uiuere. Tutti questi esempi,
in una ricostruzione laringalista, contengono le laringali */h
2
/ o */h
3
/ ini-
ziali. La laringale /h
2
/ conservata anche in posizione interna di parola,
dove le altre due laringali scompaiono: itt. newahh- radice del verbo rin-
novare, lat. nou are.
La ricostruzione laringalistica non sempre chiarissima e i dati dellanatoli-
co sono parziali, dato che sia i problemi graci causati dal cuneiforme, sia
lassenza di alcune radici indoeuropee in questa famiglia linguistica li ren-
dono a volte di difcile interpretazione. Tuttavia, il numero di apparenti
incoerenze spiegate dalla teoria delle laringali fa s che essa sia oggi comu-
nemente accettata. Al contrario di quanto pensava Saussure, per, si rico-
struiscono oggi per lindoeuropeo anche vocali /a/ e /o/ originarie, cio
non dovute allincontro di /e/ con una laringale. Leffetto delle laringali su
alcune /e/ ha avuto la conseguenza di aumentare il numero di /a/ e /o/.
Quale fosse la realt fonetica di questi fonemi difcile dire: si trattava di
consonanti, probabilmente fricative.
13. Dinamiche e cause del mutamento fonologico
Come si passa dalla
modicazione di foni
al mutamento?
Nelle pagine precedenti abbiamo descritto alcune possibili modicazioni
che i foni subiscono in determinati contesti, e abbiamo visto come da tali
modicazioni contestuali (che producono cio fenomeni di allofonia) si
possa passare a veri e propri mutamenti fonologici.
Gli studiosi hanno cercato motivazioni di vario genere per il mutamento
fonologico. Possiamo raggruppare queste spiegazioni in due gruppi: a)
spiegazioni sostanzialiste, come quelle date dai neogrammatici; b) spiega-
zioni formali, come quelle di strutturalisti e generativisti.
Minor sforzo
di articolazione
NellOttocento, i neogrammatici, che furono i primi a porsi seriamente il
problema del mutamento linguistico, riconoscevano come causa del muta-
mento fonologico quella che chiamavano linerzia dellapparato fonatorio:
88
Introduzione alla linguistica storica
in pratica, a loro avviso, la causa principale del mutamento sarebbe stata da
riconoscere nella tendenza a diminuire lo sforzo nellarticolazione dei foni.
Questo modo di vedere le cose per tiene conto soltanto delle esigenze del
parlante: dal punto di vista dellascoltatore, lesigenza quella di poter de-
codicare il messaggio, e quindi di ricevere un messaggio che abbia suf-
cienti caratteristiche distintive per essere decodicato. Questo mette neces-
sariamente un freno ai processi di assimilazione, che al limite porterebbero
alla scomparsa di tutti i tratti distintivi.
Irregolarit
del mutamento:
il livellamento
analogico
La caratteristica principale del mutamento fonologico secondo i neogram-
matici la sua regolarit. Come abbiamo visto nel par. 6.2 di questo capi-
tolo trattando la legge di Verner, le eccezioni a una legge fonetica possono
essere spiegate solo attraverso lazione di unaltra legge fonetica (in questo
caso, la legge di Verner spiega le apparenti eccezioni alla legge di Grimm).
Altrimenti, le parole che contengono eccezioni devono essere prestiti, o
possono aver subito mutamenti analogici. I mutamenti analogici, di cui
parleremo estesamente nel par. 5 del cap. 3, interessano principalmente le
forme inserite in un paradigma essivo.
Si considerino per esempio i due seguenti verbi italiani:
muoio suono
muori suoni
muore suona
moriamo suoniamo
morite suonate
muoiono suonano
Da quanto vedremo nella scheda 1, la dittongazione ha interessato nelle
lingue romanze le vocali brevi latine /e/ e /o/ in sillaba tonica. In sillaba
atona non si dovrebbe avere dittongazione. Dei due paradigmi esposti so-
pra, quello del verbo morire presenta gli esiti prevedibili, infatti le forme
moriamo e morite, in cui la sillaba radicale non accentata, non hanno dit-
tongazione. Il paradigma di suonare invece presenta la dittongazione in
tutte le sue forme: eppure le condizioni sono identiche e non conosciamo
altre leggi fonetiche che ci permettano di dare una spiegazione per questa
irregolarit. Per se non consideriamo le forme in isolamento, ma inserite
nel contesto dellintero paradigma, vediamo che lestensione del dittongo
alle forme suoniamo e suonate ha il vantaggio di eliminare lallomora radi-
cale: in altre parole, nella sua conoscenza del paradigma di morire un par-
lante deve includere linformazione che questo verbo ha due allomor del-
la radice, mentre per suonare questa informazione aggiuntiva non neces-
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
89
saria. Molti mutamenti che sono irregolari dal punto di vista puramente
fonologico si possono spiegare in questo modo.
Lo strutturalismo
e il concetto
di sistema
Allinizio del Novecento fu introdotto in linguistica da parte di Ferdinand
de Saussure il concetto di sistema. Saussure era interessato pi che altro a
individuare il livello sincronico del sistema lingua; dobbiamo aspettare
qualche decennio per arrivare, con Jakobson e Martinet, allo strutturali-
smo diacronico. Secondo gli strutturalisti, fermo restando che lapparato
fonatorio tende a minimizzare lo sforzo, il motivo per cui dalla creazione di
allofonia si passa al mutamento vero e proprio da vedersi nella tendenza
del sistema fonologico di ciascuna lingua a mantenersi in equilibrio. Gli
strutturalisti introdussero concetti quali quelli di casella vuota, catena di
propulsione e catena di trazione per spiegare le cause del mutamento. Il si-
stema tende a una certa simmetria: per fare un esempio, se tutti i timbri
vocalici presentano unopposizione di quantit, il fatto che un solo timbro
non la presenti creer unasimmetria nel sistema, che tender quindi a ri-
strutturarsi (un sistema vocalico asimmetrico in questo senso quello che
si ricostruisce per il protogermanico, vedi cap. 2 par. 14.4.3). Un muta-
mento interno pu creare uno squilibrio, e condurre quindi con s altri
mutamenti: parliamo in questo caso di una catena di trazione. Al contra-
rio, un mutamento pu avere come esito un fonema che va a riempire la
casella gi riempita da un altro: per mantenere le necessarie opposizioni,
questo secondo fonema viene per cos dire spinto via dalla sua posizione
originaria e inizia un nuovo mutamento. Abbiamo in questo secondo caso
una catena di propulsione.
Il modello del mutamento a catena pu essere ben esemplicato con la leg-
ge di Grimm. Come abbiamo visto sopra (cap. 2 par. 6.1), questo muta-
mento fonologico comporta un cambiamento nellarticolazione di tutte le
occlusive. A seconda di come pensiamo che sia iniziato questo mutamento,
possiamo rafgurarlo come una catena di propulsione o come una catena
di trazione. Linizio del mutamento pu essere dovuto allindebolimento
nellarticolazione delle occlusive velari, che hanno incominciato a essere ar-
ticolate come fricative. Questo spostamento ha lasciato uno spazio vuoto
nel sistema fonologico del germanico, lo spazio cio delle occlusive sorde,
che stato riempito dalle sonore aspirate, il cui spazio stato a sua volta
riempito dalle sonore. In una visione di questo genere, la legge di Grimm
esemplica una catena di trazione.
Se invece pensiamo che il mutamento sia iniziato come una tendenza delle
aspirate sonore a perdere laspirazione, allora lo vediamo come una catena
di propulsione. Infatti, perdendo laspirazione questi fonemi si sarebbero
spostati nel posto occupato dalle sonore, le quali a loro volta si sarebbero
spostate nel posto occupato dalle sorde, per evitare di confondersi con le
90
Introduzione alla linguistica storica
aspirate sonore. Ci avrebbe poi causato anche lo spostamento delle sorde,
che sarebbero diventate fricative, per evitare di confondersi con le sonore
che stavano perdendo la sonorit.
Regole fonologiche Anche la linguistica generativa, nata verso la ne degli anni Cinquanta del
secolo scorso, si era in un primo tempo rivolta unicamente allo studio sin-
cronico del linguaggio. Il primo importante lavoro dedicato al mutamento
fonologico nel quadro generativo stato King (1969, trad. it. 1973). In
questo quadro teorico, in cui il concetto di regola basilare, il mutamento
fonologico spiegato come dovuto ad aggiunta, eliminazione o riordino
di regole. I generativisti si sono posti anche con rilevanza il problema del
luogo del mutamento: quando di preciso capita che un tratto allofonico
venga reinterpretato come distintivo? Secondo i generativisti, ci avviene
esclusivamente nello scambio generazionale: il bambino, che, com noto,
secondo la maniera di vedere di questi studiosi formula ipotesi sulla strut-
tura della grammatica che sta apprendendo, responsabile del fatto che, in
contesti identici, ci che viene interpretato come distintivo non sia pi ci
che lemittente adulto interpreta come tale.
chiaro che questa non solo una teoria delle cause del mutamento fono-
logico, ma piuttosto una teoria del mutamento linguistico in generale, e
torneremo a parlarne nel cap. 6. Va detto comunque che lidea che il muta-
mento linguistico andasse situato nella fase di trasmissione del linguaggio
da una generazione alla successiva era gi dei neogrammatici; gi nel corso
dellOttocento la dialettologia, con lo studio della variazione sincronica,
aveva iniziato a dimostrare che le cose non stavano propriamente cos. Ve-
dremo nel cap. 6 che anche nel corso del Novecento le idee pi interessanti
sulle cause e le dinamiche del mutamento linguistico sono venute spesso da
studiosi che si interessavano di variazione sincronica.
Nella seconda met del Novecento sono state proposte varie altre teorie sul
mutamento fonologico, che non ho lo spazio per trattare qui; rimando
pertanto allottima trattazione di Loporcaro (2003).
14. I sistemi fonologici delle singole famiglie di lingue indoeuropee
Qui di seguito esamineremo i sistemi fonologici delle singole lingue in-
doeuropee. Ho scelto di dare una descrizione dettagliata solo delle lingue
che sono pi frequente oggetto di studio universitario, cio latino, greco,
lingue germaniche, sanscrito e lingue slave. Le altre famiglie sono trattate
pi brevemente, ricordando le loro principali particolarit. Per ogni lingua
o famiglia di lingue esaminata in dettaglio ho dato esempi che contengono
gli esiti di ciascun fonema indoeuropeo. Non ho usato gli stessi esempi per
tutte le lingue, semplicemente allo scopo di fornire materiali pi ampi: ov-
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
91
viamente, ciascun esempio contiene pi fonemi di quello per il quale in-
trodotto e molte forme che sono citate sotto una data lingua potrebbero es-
sere usate anche per altre. Tutti i dati vengono comunque ripresi nellAp-
pendice C del capitolo. Per ogni forma ho dato sia la ricostruzione non la-
ringalistica sia, in parentesi, la possibile ricostruzione laringalistica. Come
gi nel capitolo precedente lordine in cui sono presentate le lingue o fami-
glie di lingue ha motivazioni puramente didattiche. Per le lingue kentum
non ho separato le velari dalle palatali, dato che gli esiti sono identici; ho
invece ritenuto di separare la velari dalle labiovelari per le lingue sat@m.
Come ho detto sopra, ho fornito esempi dellesito di ciascun fonema nelle
singole lingue: ovviamente, ogni fonema indoeuropeo ricostruito sulla
base della comparazione fra pi lingue e non di una lingua sola. LAppendi-
ce C di questo capitolo contiene un sommario riassuntivo delle corrispon-
denze nelle varie lingue degli esiti di ciascun fonema e pu quindi essere
usata come base per capire in che modo si sia arrivati alla ricostruzione.
14.1. Il latino Lalfabeto usato dal latino presenta un buon grado di corri-
spondenza fra grafemi e fonemi: in generale, ciascun grafema corrisponde a
un solo fonema e ciascun fonema sempre reso con lo stesso grafema. I po-
chi casi in cui la corrispondenza non biunivoca sono rappresentati dalle
vocali, per le quali non notata la quantit (la notiamo noi, se necessario,
con il segno di lunga, ma nella graa originaria vocali lunghe e brevi erano
rappresentate dagli stessi grafemi)
10
. Da quanto detto sopra, risulta che i
grafemi < c > e < g > indicano sempre occlusive velari, anche davanti a vo-
cali anteriori. Il gruppo < sc > indica la sequenza /sk/ e il gruppo < gn >
indica la sequenza /gn/. Il gruppo < ti > davanti a vocale indica /ti/: la pro-
nuncia spesso data oggi di parole come patientem [patsjentem] rappresenta
la pronuncia ecclesiastica, che rispecchia una pronuncia del latino volgare.
14.1.1. Ostruenti Per quanto riguarda le ostruenti, il latino fra le lingue
che conservano come tali, almeno in parte, le labiovelari. La principale in-
novazione data dalla scomparsa delle occlusive aspirate, che vengono so-
stituite per lo pi dalla fricativa labiodentale sorda o dallaspirazione in ini-
ziale di parola, mentre perdono laspirazione in posizione interna; velari e
palatali si fondono nellunica serie delle velari (vedi tab. 5):
10. I grafemi < u > e < v > nelle iscrizioni sono usati il primo per la minuscola e il secondo per
la maiuscola ed entrambi possono rappresentare sia la vocale /u/ (lunga o breve) sia la semivoca-
le /w/. Nella graa strandardizzata usata nelle edizioni moderne, < u > corrisponde sempre a
una vocale e < v > alla semivocale. Per maggiori dettagli sulla graa e sulla pronuncia del latino,
rimando a Traina (2002).
92
Introduzione alla linguistica storica
tabella 5 Le ostruenti del latino
Sorda Sonora
Occlusive velari k g
Occlusive labiovelari k
w
g
w
Occlusive dentali t d
Occlusive bilabiali p b
Fricativa dentale s
Fricativa labiodentale f
Fricativa glottidale h
ie. */
k
.
mtm (*h
1
k
.
mtm) cento lat. centum
/kentum/; ie. *de
k
.
m dieci lat. decem /dekem/;
ie. */ g/, */g/ > lat. /g/. Esempi: ie. * gn o- (* gneh
3
-) radice del verbo conosce-
re lat. gn osc o so, conosco; ie. * gnos (* gnh
1
os) genere lat. genus /genus/;
ie. */ g
h
/, */g
h
/ > lat. /h/. Esempi: ie. *g
h
s-ti-s straniero lat. hostis nemi-
co; ie. *we g
h
- radice del verbo trasportare lat. veh o trasporto;
ie. */k
w
/ > lat. /k
w
/. Esempi: ie. *k
w
i- *k
w
o- radice pronominale lat. qui,
quod pronome relativo;
ie. */g
w
/ > lat. /w/ / #_; /g
w
/ / _ V; /g/ /_ C. Esempi: ie. *g
w
-wo-s (*g
w
-wh
3
-s)
vivo lat. vivus; ie. s@ng
w
-i-s (*h
1
sh
2
n-h
1
g
w
-i-s) sangue lat. sanguis; ie.
*eg
w
-ni-s (*h
1
eg
w
-ni-s) fuoco lat. ignis;
ie. */g
hw
/ > lat. /f/ / #_; /w/ /V_V ; /g
w
/ / N_. Esempi: ie. *g
hw
or-m-s cal-
do lat. formus; ie. *sng
hw
.
m neve:acc lat. nivem /niwem/; dalla stessa ra-
dice con insso nasale ninguit nevica;
ie. */t/ > lat. /t/. Esempi: ie. *t u tu lat. t u; ie. *
k
.
mtm cento lat. centum;
ie. */d/ > lat. /d/. Esempi: ie. *dont-
.
m (*h
1
dont-
.
m) dente:acc
11
lat.
dentem; ie. *ed- (*h
1
ed-) radice del verbo mangiare lat. ed o mangio;
ie. */d
h
/ > lat. /f/ /#_, /b/ /r_, _r, /d/ altrove. Esempi: ie. *dhr-is porta
lat. foris; ie. *rud
h
-
.
r-s (*h
1
rud
h
-
.
r-s) rosso lat. ruber; ie. *md
h
ijo-s me-
dio lat. medius;
11. In realt la forma da ricostruire per lindoeuropeo doveva avere il grado /o/ nellaccusativo:
*dont-
.
m, come attesta il sanscrito, ma il latino ha generalizzato il grado in tutta la essione,
vedi cap. 3.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
93
ie. */p/ > lat. /p/. Esempi: ie. pd
.
mpiede (acc.) lat. pedem; ie. *sept
.
mset-
te lat. septem;
ie. */b/ > lat. /b/. Esempi: i.e. *bukw a (*bukwah
2
) bocca lat. bucc a; ie.
*lb-yo-m labbro lat. labium;
ie. */b
h
/ > lat. /f/ /#_, /b/ altrove. Esempi: ie. *b
h
er- radice del verbo por-
tare, generare lat. fer o porto, genero; ie. *nb
h
.
l a (*neb
h
.
lah
2
) nube lat.
nebula;
ie. */s/ > lat. /s/, /r/ /V_V. Esempi: ie. *sal (*seh
2
-l) sale lat. sal; ie. *-s de-
sinenza del nominativo dei temi in -o- e in consonante lat. -s (cfr. lupus,
mons); ie. * gnes-es (* gnh
1
es-es) genere:gen lat. generis.
14.1.2. Liquide, nasali e semivocali Liquide e nasali si conservano in lati-
no in tutte le posizioni. Le sonanti sviluppano una vocale davanti a s e si
trasformano nelle corrispondenti consonanti. Le semivocali sono anche
conservate in tutte le posizioni.
ie. */l/ > lat. /l/. Esempi: ie. *sal (*seh
2
-l) sale lat. sal;
ie. */r/ > lat. /r/. Esempi: ie. *wrdh-om parola lat. verbum;
ie */n/ > lat. /n/. Esempi: ie. *new
.
m (h
1
new
.
m) nove lat. novem;
ie. */m/ > lat. /m/ accusativo singolare dei temi in -o- e in - a-. Esempi: ie.
*-m lat. -m (cfr. lupum, rosam);
ie. */
.
l/ > lat. /ul/. Esempi: ie. b
h
.
lg-m
.
n fulgore lat. fulmen fulmine; la so-
nante lunga (cio il gruppo sonante + laringale) sviluppa una vocale bassa:
ie. *w
.
ln (*h
2.
lh
2
nah
2
) lana lat. lana;
ie. */
.
r/ > lat. /ur/, /or/. Esempi: ie. *
k
.
rd cuore lat. cord-is cuore:gen;
ie. */
.
n/ > lat. /in/ /#_, /en/ altrove. Esempi: ie. *
.
n- presso negativo lat.
in-; ie. b
h
.
lg-m
.
n fulgore lat. fulmen fulmine;
ie. */
.
m/ > lat. /im/ /#_, /em/ altrove. Esempi: ie. *-
.
m desinenza dellaccu-
sativo dei temi in consonante lat. -em (cfr. montem, pedem); ie. *
.
mb
h
r-os
pioggia lat. imber;
ie. */w/ > lat. /w/. Esempi: ie. *wek
w
- radice del verbo chiamare lat. voco
io chiamo /woko:/
12
;
ie. */j/ > lat. /j/. Esempi: ie. *jug-m giogo lat. iogum.
12. Il verbo vocare chiamare in latino un denominale derivato da vox voce; la presenza di /k/
come esito di */k
w
/ dovuta a delabializzazione causata nel nominativo del sostantivo dalla /s/
successiva ( < *wok
w
-s).
94
Introduzione alla linguistica storica
14.1.3. Vocali e accento Il vocalismo del latino presenta notevoli muta-
menti rispetto a quello dellindoeuropeo ricostruito. Osserviamo in primo
luogo che la posizione libera dellaccento che si pu ricostruire per lin-
doeuropeo non conservata in latino. Nel latino classico, com noto, la
posizione dellaccento determinata dalla quantit della penultima vocale:
se essa lunga prende laccento, se invece breve laccento risale alla terzul-
tima, come possiamo vedere da parole come venerunt /we'ne:runt/ venne-
ro e venerant /'wenerant/ erano venuti. In realt, questa situazione dove-
va essere relativamente recente: in epoca preletteraria possiamo ricostruire
regole accentuali diverse, per cui laccento, di tipo intensivo, cadeva sem-
pre sulla prima sillaba. Questo determin la riduzione delle vocali brevi a
/i/ in interno di parola. Possiamo vericare questo fenomeno nei verbi
composti: a fronte dei verbi capi o prendo, ag o conduco, faci o faccio,
con vocale /a/ breve nella radice, troviamo composti quali in-cipi o, ex-ig o,
con-ci o, in cui la vocale ha appunto subito il passaggio descritto sopra
13
.
Inoltre, i dittonghi indoeuropei si sono monottongati e trasformati in vo-
cali lunghe, come possiamo vedere dal confronto fra il greco lep o le pv
lascio con il latino re-lnqu o lascio (ie. *leik
w
-; il presente in latino si for-
ma con un insso nasale, vedi cap. 3).
Tutti questi mutamenti hanno fatto s che lapofonia originaria sia mal
conservata in latino. Ne troviamo qualche esempio nella derivazione: per
esempio, a fronte del verbo teg o copro, troviamo il sostantivo toga abito
(cio copertura).
14.2. Le lingue italiche Le lingue italiche presentano alcune differenze ri-
spetto al latino, che in parte riscontriamo in prestiti entrati nel latino stes-
so. Per esempio, lesito delle labiovelari diverso, in quanto esse divengono
nelle lingue italiche occlusive bilabiali. Un esempio si trova nella parola la-
tina bos bue: la forma ricostruita *g
w
os, che in latino dovrebbe dare rego-
larmente *wos. Invece, in latino entrato il prestito da una variet italica.
Un altro esempio probabilmente il nome del lupo, lat. lupus dallie.
*w
.
lk
w
os: anche in questo caso, in luogo della labiovelare troviamo unoc-
clusiva bilabiale.
Anche le sonore aspirate hanno un esito diverso nelle lingue italiche, dove
si trasformano in fricative labiodentali sorde anche in interno di parola (e
non solo allinizio come in latino). In italiano sono entrate parole che con-
tinuano forme delle lingue italiche, come per esempio scarafaggio: la pre-
senza di /f/ allinterno di parola tradisce lorigine italica di questo vocabo-
lo. In latino la fricativa labiodentale si trovava infatti solo in iniziale di pa-
13. In particolare con il verbo faci o troviamo anche composti in cui si mantiene la vocale /a/,
quali per esempio calefaci o scaldo. Evidentemente questi composti si sono formati in epoca
posteriore, quando laccento non era pi sso sulla prima sillaba.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
95
rola (alcune altre parole che contengono fricative labiodentali sorde inter-
ne in italiano sono prestiti dal germanico, come zuffa, arraffare).
Gli esempi citati sopra contengono tutti nomi di animali: questo non un
caso, ma deriva dal carattere rustico (cio legato alla campagna) dei con-
tatti fra romani e genti italiche (unaltra parola di origine italica per
esempio bifolco, anchessa legata alla stessa realt rustica).
scheda 1 Le lingue romanze
Trattiamo qui brevemente alcuni dei principali mutamenti fonologici che hanno ca-
ratterizzato il latino volgare e sono comuni a tutte le lingue romanze.
Per quanto riguarda le consonanti, possiamo osservare la palatalizzazione delle
velari davanti a vocale anteriore: cos a fronte del latino centum/kentum/ troviamo
litaliano cento, il francese cent /s a/, lo spagnolo ciento /Tjento/. Lesito concreto
della palatalizzazione varia da lingua a lingua, ma in tutte le lingue romanze tro-
viamo che le vocali anteriori hanno causato un avanzamento nella articolazione
delle velari. Naturalmente, nelle lingue romanze le consonanti palatali possono ri-
correre anche davanti a vocali posteriori: questa la vera differenza rispetto al la-
tino, dato che dal punto di vista puramente fonetico non sappiamo quando sia ini-
ziata la palatalizzazione e quando si sia creata lallofonia che alternava velari da-
vanti a vocali posteriori con palatali davanti a vocali anteriori. Ovviamente, solo
quando i due foni hanno incominciato a trovarsi negli stessi contesti possiamo par-
lare davvero di mutamento fonologico.
Molti mutamenti investono anche il sistema vocalico. Nel latino volgare scompare
lopposizione fonologica fra vocali lunghe e brevi, che infatti non continua in nes-
suna lingua romanza: le lingue romanze in cui compaiono opposizioni fonologiche
fra vocali brevi e lunghe le hanno ricreate pi tardi. Inoltre, i dittonghi chiusi latini
scompaiono monottongandosi: si confronti per esempio il latino aurum con litalia-
no oro, francese or , spagnolo oro. Parole come litaliano aureo, che conservano il
dittongo, sono di origine dotta: esse sono cio entrate in italiano pi tardi, come
prestiti dal latino.
Si creano per nuovi dittonghi aperti per la dittongazione delle vocali brevi /e/ e
/o/ (che erano diventate [E] e [O]) in sillaba accentata. La dittongazione panro-
manza, ma avviene secondo modalit diverse nelle diverse lingue: in italiano in
particolare essa avviene solo in sillaba aperta, come vediamo dal confronto fra
porco, lat. porcum e fuoco, lat. focum. In entrambe le parole, la sillaba accentata in
latino conteneva una /o/ breve, ma nel caso di porcum la sillaba chiusa, e la vo-
cale in italiano diventa /O/; nel caso di focum la sillaba aperta, quindi avviene la
dittongazione e troviamo in italiano /wO/. In spagnolo, per esempio, la dittongazio-
ne avviene ovunque, come dimostra lesito puerco di porcum accanto a fuego di
focum.
96
Introduzione alla linguistica storica
14.3. Il greco Anche lalfabeto greco presenta una discreta corrispondenza
fra grafemi e fonemi. Come per il latino, le discrepanze si manifestano so-
stanzialmente solo nella resa delle vocali. Infatti, nel greco classico i di-
grammi < ei > e < ou > , cio < ei > e < oy > , rappresentano a volte veri
dittonghi, a volte vocali medioalte lunghe (le mediobasse lunghe sono rap-
presentate da < h > e < v> , che nella trascrizione in alfabeto latino vengo-
no rese con < e > e < o > ). Inoltre, esiste un diacritico (il cosiddetto spiri-
to aspro) che indica laspirazione in iniziale assoluta di parola, ma proba-
bilmente nel greco arcaico laspirazione poteva anche trovarsi in interno di
parola, in posizione intervocalica: questo per non notato.
14.3.1. Ostruenti Il greco conserva le tre serie di ostruenti indoeuropee,
ma alle sonore aspirate corrispondono delle sorde aspirate. Come in latino,
velari e palatali si fondono in una sola serie di velari. Le labiovelari scom-
paiono: in generale, esse perdono la parte velare dellarticolazione e si tra-
sformano in occlusive bilabiali. Nello ionico-attico, cio la variet in cui
scritta la maggior parte dei testi letterari, le labiovelari diventano occlusive
bilabiali davanti a /a/, /o/ e consonante, e occlusive dentali davanti a /e/ e
/i/ (i mutamenti sono riassunti sotto, accanto ai singoli fonemi). La fricati-
va dentale /s/ diventa /h/ in iniziale assoluta di parola e in posizione inter-
vocalica, dove poi scompare. Esiste poi unaffricata dentale sonora, che
esito di */j/ iniziale davanti a vocale e del gruppo consonantico */dj/ da-
vanti a vocale
14
.
tabella 6 Le ostruenti del greco
Sorda Sonora Sorda aspirata
Occlusive velari k <k > g <g > kh <x >
Occlusive dentali t <t > d <d > th <w >
Occlusive bilabiali p <p > b <b > ph <W >
Fricative dentale s <s > , <q >
Fricativa glottale h < >
Affricata dentale dz <z >
ie. */
k
.
m gr. dka d eka;
14. Il fonema reso gracamente come < z > nella trascrizione e < z > nellalfabeto greco era si-
curamente un fonema unico in tutte le epoche, ma probabilmente dal punto di vista fonetico
gi in epoca classica non rappresentava pi laffricata [dz], ma forse un fono complesso [zd]. In
epoca ellenistica divenne [z], come attualmente.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
97
ie. */ g/, */g/ > gr. /g/. Esempi: ie. * gn o- (* gneh
3
-) radice del verbo cono-
scere gr. gign
en x hn cigno; ie.
*we g
h
- radice del verbo trasportare gr. khos oxoq carro;
ie. */k
w
/ > gr. /p/; in ionico-attico: /p/ /_ a, o, C, /t/ / _ e, i, /k/ /_ u, u _.
Esempi: ie. *k
w
i- *k
w
o- radice pronominale gr. ps p vq in qualche modo
ts t q pronome interrogativo; ie. *pnk
w
e cinque gr. pnte p ente; ie.
*k
w
k
w
los giro gr. kklos k ykloq cerchio; ie. *k
w
etwores quattro eolico
psures, con esito /p/ della labiovelare iniziale anche davanti a vocale ante-
riore. Nel greco miceneo le labiovelari erano conservate come serie autono-
ma, come dimostra per esempio la graa qe per la congiunzione enclitica te
te e del greco classico;
ie. */g
w
/ > gr. /b/; in ionico-attico: /b/ /_ a, o, C, /d/ / _ e, i, /g/ /_ u, u_.
Esempi: ie. *g
w
ous (*g
w
oHus) bue gr. bos bo yq bue; ie. *g
w
un a (*g
w
unh
2
)
donna gr. gun
e gyn h; ie. *g
w
elbh- utero gr. adelphs adelW oq fratello
15
;
ie. */g
hw
/ > gr. /p
h
/; in ionico-attico: /p
h
/ /_ a, o, C, /t
h
/ / _ e, i. Esempi:
ie. *g
hw
er-m-s caldo gr. therms werm oq; ie. *g
hw
en- radice del verbo uc-
cidere gr. then o we nv uccido e, con grado apofonico diverso, phnos
W onoq uccisione;
ie. */t/ > gr. /t/. Esempi: ie. *trjes tre gr. tres treq; ie. *dont-
.
m(*h
1
dont-m
'
)
dente:acc gr. odnta od onta;
ie. */d/ > gr. /d/. Esempi: ie. *d o- (*deh
3
-) radice del verbo dare gr. dd omi
d dvmi io do; ie. *ed- (*h
1
ed-) radice del verbo mangiare gr. domai
edomai manger;
ie. */d
h
/ > gr. /t
h
/. Esempi: ie. *d
h
e- (*d
h
eh
1
-) radice del verbo mettere o
fare gr. tthemi t whmi metto; ie. *rud
h
rs (*h
1
rud
h
rs) rosso gr. eruthrs
erywr oq;
ie. */p/ > gr. /p/. Esempi: ie. *pnk
w
e cinque gr. pnte p ente; ie. *p@t
er
(*ph
2
t
er pat hr;
ie. */b/ > gr. /b/. Esempi: ie. *breuk- radice del verbo saltare gr. brokos
bro ykoq cavalletta;
15. La /a/ iniziale di questa forma non una prostesi vocalica (o una laringale vocalizzata),
come abbiamo visto in varie altre parole, ma deriva dal grado del presso *sem/s
.
m stesso che
in greco ha normalmente esito /ha/ con successiva perdita dellaspirazione (cosiddetto a copu-
lativo). La perdita dellaspirazione, detta psilosi, un fenomeno che colpisce alcuni dialetti gre-
ci, fra cui in buona misura lo ionico.
98
Introduzione alla linguistica storica
ie. */b
h
/ > gr. /p
h
/. Esempi: ie. *b
h
u- (*b
h
uh
2
-) radice del verbo essere,
divenire gr. ph o W yv nasco; ie. *neb
h
el a (*neb
h
elah
2
) nube gr. nephle
neW elh;
ie. */s/ > gr. /h/ /#_, /V_V, /s/ /_#. Esempi: ie. *sal-s (*sh
2
el-s) sale:nom
gr. hals alq; ie. * gnes-os (* gnh
1
es-os) genere:gen gr. gneos (contratto: g-
nous) g eneoq (g enoyq); ie. *-s nominativo singolare dei temi in -o- gr. -s.
14.3.2. Liquide, nasali, semivocali Liquide e nasali sono conservate in gre-
co solo come consonanti; come abbiamo gi visto (cap. 2 par. 11), le nasali
sonanti si vocalizzano e hanno come esito /a/. Esistono alcune restrizioni
sulla posizione di liquide e sonanti nella parola: in particolare, la vibrante
/r/ non pu trovarsi in iniziale assoluta di parola. Le parole che iniziano in
/r/ pertanto sviluppano una prostesi vocalica o vocalizzano una possibile
laringale iniziale indoeuropea (un fenomeno che, come abbiamo gi ricor-
dato, piuttosto frequente in greco anche davanti ad altre consonanti). Le
poche parole greche che iniziano con /r/ sono prestiti, per esempio rhdon
r odon rosa, oppure la /r/ si venuta a trovare in posizione iniziale per la
scomparsa di /w/, come in rhsis r hsiq discorso, da *wrsis. In queste pa-
role la /r/ iniziale sempre indicata come aspirata (nella graa greca trovia-
mo < r > ). Delle due nasali, /m/ e /n/, solo la seconda pu stare in nale
assoluta di parola: pertanto, le nasali bilabiali nali che troviamo nella altre
lingue hanno corrispondenza in greco con nasali dentali, come per esem-
pio capita per la desinenza di accusativo singolare dei temi in - a- e in -o-
(prima e seconda declinazione).
Le due semivocali /w/ e /j/ sono scomparse in greco. La prima semplice-
mente caduta, mentre la seconda ha avuto due esiti: in iniziale di parola si
trasformata in /h/ o in /z/, mentre in interno di parola scomparsa, cau-
sando la palatalizzazione della eventuale consonante precedente. La scom-
parsa delle semivocali un fenomeno relativamente recente: in particolare,
in miceneo la semivocale /w/ era ancora presente, come dimostrano grae
come wa-na-ka per nax anaj re. Tracce di /w/ iniziale (il cosiddetto di-
gamma) si riscontrano anche nella metrica dei poemi omerici.
ie. */l/ > gr. /l/. Esempi: ie. *sal-s sale:nom gr. hals alq;
ie. */r/ > gr. /r/. Esempi: ie. *rud
h
rs (*h
1
rud
h
rs) rosso gr. eruthrs
erywr oq;
ie. */n/ > gr. /n/. Esempi: ie. *nw
.
m (h
1
nw
.
m) nove gr. enna enn ea;
ie. */m/ > gr. /m/; /n/ /_ #. Esempi: ie. *-m accusativo singolare dei temi
in -o- e -a- gr. -n (cf. nthr opon anwrvpon uomo; thlassan w alassan
mare); ie. *som-os stesso gr. homs uguale om oq;
ie. */
.
l/ > gr. /al/, /la/. Esempi: ie. *m
.
l- (*h
2
m
.
l-) radice che esprime il con-
cetto di morbidezza gr. amaldn o amald ynv ammorbidisco;
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
99
ie. */
.
r/ > gr. /ar/, /ra/. Esempi: ie. *
k
.
rd cuore gr. karda kard a, ionico
krade krad h;
ie. */
.
n/ > gr. /a/; /an/ /_ V. Esempi: ie. *
.
n- presso negativo gr. a-; an- in
nudros anydroq secco (senza acqua: presso negativo + hdros con
scomparsa dellaspirazione in interno di parola); ie. *jk
w
.
nt-os fegato:gen
gr. hpatos epatoq;
ie. */
.
m/ > gr. /a/. Esempi: ie. *-
.
m accusativo dei temi in consonante gr. -a
(cfr. pda p oda piede); ie. *de
k
.
m gr. dka d eka;
ie. */w/ > gr. . Esempi: ie. *wek
w
- radice del verbo chiamare gr. pos
epoq parola;
ie. */j/ > gr. /h/, /dz/ /#_; altrove. Esempi: ie.*jk
w
.
rt fegato gr. hpar
epar; ie. * jug-m giogo gr. zugn zyg on; ie. *trjes tre gr. tres treq
/tre:s/ ( < *trees con contrazione); ie. *md
h
jo-s medio gr. msos m esoq (/s/
risulta dalla palatalizzazione dellocclusiva dentale causata dalla semivocale
prima di scomparire).
14.3.3. Vocali Il greco continua in modo molto fedele il vocalismo in-
doeuropeo; come abbiamo visto (cap. 2 par. 9), anche la lingua che per-
mette di ricostruire in modo pi accurato lapofonia. In ionico-attico, la
vocale /a:/ si trasformata in /E:/ (resa con il grafema < h > nellalfabeto
greco); questo mutamento avvenuto in condizioni leggermente diverse
nei due dialetti. Inoltre, larticolazione delle vocali /u/ e /u:/ ha subito un
avanzamento, che le ha portate a essere articolate come [y] e [y:].
Laccento greco conserva in parte la sede dellaccento indoeuropeo; esso ha
inoltre valore distintivo: tmos t omoq fetta ~ toms tom oq tagliente.
scheda 2 Il greco bizantino e moderno
I principali mutamenti fonologici che dal sistema del greco classico hanno condotto
a quello del greco bizantino prima e moderno poi sono riassunti brevemente qui di
seguito.
Le occlusive aspirate diventano fricative: in greco moderno il grafema <W > , che
rappresentava /p
h
/ nel greco classico, rappresenta la fricativa labiodentale /f/,
< w > che rappresentava il fonema /t
h
/ rappresenta la fricativa interdentale /T/ e
< x > che rappresentava /k
h
/ rappresenta la fricativa velare /x/. Le occlusive sono-
re hanno subito un processo di spirantizzazione, diventando fricative sonore: per-
tanto, in luogo dei fonemi del greco classico /b/, /d/ e /g/ troviamo in greco moder-
no /v/, /D/ e //, rispettivamente scritte < b > , < d > e < g > . Il fonema /g/ in alcu-
ne posizioni si palatalizzato dando /j/. Alcune occlusive sonore si trovano in pre-
stiti derivanti da altre lingue.
100
Introduzione alla linguistica storica
Le vocali hanno subito notevoli mutamenti. In primo luogo, come nel latino tardo,
la quantit vocalica ha perso valore distintivo. Altri mutamenti sono riconducibili a
due fenomeni: la chiusura dei dittonghi e litacismo. La chiusura dei dittonghi ha
determinato i seguenti esiti: /ei/ > /i/; /ai/ > /e/; /ou/ > /u/. Come si ricorder, le
grae < ei > e < ou > (cio < ei > e < oy > ) indicavano in parte gi nel greco clas-
sico vocali, piuttosto che dittonghi. Litacismo ha colpito le vocali /y/ e /E:/, cio
< y > e < h > , che hanno avuto entrambe lesito /i/. Questo passaggio avviene per
la vocale rappresentata da < h > in tutti i contesti; il grafema < y > rappresenta
invece oggi, a seconda delle posizioni, due fonemi: o la vocale /i/ oppure una frica-
tiva labiodentale di sonorit non specicata (si assimila al segmento seguente).
Cos il presso ayto- (che corrisponde al nostro presso auto-) fonologicamente
/afto/.
14.4. Il germanico Le pi antiche fonti germaniche sono i Vangeli tra-
dotti in gotico nel iv secolo d.C. Il gotico scritto in alfabeto latino,
con laggiunta di alcuni segni che rappresentano fonemi propri del goti-
co: si tratta di < > e < t > , che indicano rispettivamente la fricativa
labiovelare sorda /h
w
/ e la fricativa interdentale sorda /T/. Inoltre, il gra-
fema < q > indica la labiovelare sorda /k
w
/ e le vocali mediobasse sono
indicate dalla grafia < a > e < a > (mentre < ai > e < au > indicano
dittonghi veri e propri; la notazione dei dittonghi mediante gli accenti
tarda). A somiglianza del greco, il digramma < gg > viene usato per i fo-
nemi /ng/. In generale la corrispondenza fra grafema e fonema buona.
Per quanto riguarda le lingue moderne, e in particolare linglese che ho
usato qui quando era possibile per lesemplificazione, osserviamo che,
com noto, la corrispondenza fra grafema e fonema scarsa. Da un
lato la grafia, molto conservativa, testimonia una realt fonologica che
ha subito notevoli mutamenti; dallaltro, si osserver che gi linglese
antico presentava notevoli discrepanze fra grafemi e fonemi, dovute tra
le altre cose al fatto che le vocali dellinglese si discostavano da quelle
rappresentabili attraverso lalfabeto che era stato adottato, cio quello
latino.
14.4.1. Ostruenti: il consonantismo del germanico comune Il germanico
caratterizzato, per quanto riguarda il consonantismo, dalle leggi di Grimm
e Verner, che abbiamo visto nei parr. 6.1. e 6.2 di questo capitolo. Inoltre,
in tedesco larticolazione delle consonanti ha subito un ulteriore sposta-
mento, detto seconda rotazione, che descriveremo nella scheda 3. Va ricor-
dato che parlando di germanico non parliamo di una lingua nota e attesta-
ta, come abbiamo fatto nel caso del greco e del latino, ma di una ricostru-
zione: pertanto, i fonemi che elencheremo nella tabella 7 a volte hanno su-
bito ulteriori mutamenti nelle lingue storiche. In generale, comunque, il
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
101
germanico, una volta che si sia considerata lazione delle leggi di Grimm e
Verner, presenta un consonantismo piuttosto conservativo: conserva per
esempio le labiovelari e le tre serie di ostruenti, con la differenza che le so-
nore aspirate vengono sostituite da fricative.
tabella 7 Le ostruenti del germanico
Sorda Sonora
Occlusive velari k g
Occlusiva labiovelare k
w
Occlusive dentali t d
Occlusive bilabiali p b
Fricativa bilabiale
Fricativa labiodentale f
Fricative interdentali T D
Fricative dentali s z
Fricative velari x
Fricativa labiovelare h
w
Fricativa glottale h
scheda 3 La seconda rotazione
In epoca posteriore alla divisione delle variet germaniche, le variet alto tede-
sche subirono il mutamento chiamato seconda rotazione: tale fenomeno ha col-
pito le ostruenti, provocando un ulteriore spostamento. Va detto che la seconda
rotazione non stata completa in tutte le variet tedesche interessate: il centro
dellinnovazione si trovava nelle variet alto tedesche pi meridionali, che pre-
sentano infatti il mutamento nella sua completezza; lalto tedesco letterario, da
cui deriva lalto tedesco moderno, presenta il mutamento completo solo per la
serie delle dentali, mentre per le altre serie il mutamento interessa solo le sorde
del germanico (cio le sonore indoeuropee che erano diventate sorde per la leg-
ge di Grimm).
Riassumendo, in alto tedesco letterario abbiamo
k
.
mtm (*h
1
k
.
mtm) cento ingl. hundred ted. hundert; ie.
*juw
.
nks (*h
1
juh
1 .
nks) giovane di animale ingl. young giovane;
ie. */ g/, */g/ > germ. /k/ (ted. /k/, /x/). Esempi: ie. *e g(om) (*h
1
e g(om))
io got. ik; ie. *jug-m giogo ingl. yoke ted. Joch;
ie. */ g
h
/, */g
h
/ > germ. /g/. Esempi: ie. *g
h
s-ti-s straniero ingl. guest, ted.
Gast ospite; ie. *we g
h
- radice del verbo trasportare ted. Wagen carro;
ie. */k
w
/ > germ. /h
w
/. Esempi: ie. *k
w
o- radice pronominale got. as,
ingl. what pronome interrogativo;
ie. */g
w
/ > germ. /k
w
/. Esempi: ie. *g
w
em- radice del verbo venire got. qi-
man, ingl. come
16
; ie. *g
w
en a (*g
w
enh
2
) donna ingl. queen;
ie. */g
hw
/ > germ. /w/, /g/. Esempi: ie. *g
hw
or-m-s caldo ingl. warm tie-
pido; per /g/ vedi Appendice C;
16. Per il vocalismo dellinglese si parte dal grado , vedi pi avanti sotto /
.
m/.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
103
ie. */t/ > germ. /T/ (ted. /d/) /#_, /
er
(*ph
2
t
er (*ph
2
t
er (*meh
2
t
k
.
mtm (*h1
k
.
mtm) cento scr. satm; ie.
*de
k
.
m dieci scr. d asa;
ie. */ g/ > scr. /D/. Esempi: ie. * gn o- (* gnh
3
-) radice del verbo conoscere
scr. j a-;
ie. */ g
h
/ > scr. /h/. Esempi: ie. * g
h
eimn inverno scr. him a- (cfr. Hima-
laya);
ie. */k/ > scr. /k/. Esempi: ie. *kreuwi-s (*kreuh
2
i-s) carne cruda scr. krav
.
h
sangue;
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
107
ie. */g/ > scr. /g/. Esempi: ie. *jug-m giogo scr. yugm;
ie. */g
h
/ > scr. /g
h
/. Esempi: ie. *g
h
s-ti-s straniero scr. ghas- radice del
verbo mangiare, consumare;
ie. */k
w
/ > scr. /T/ /_ e, i, /k/ altrove. Esempi: ie. *k
w
etwores quattro scr.
catur; ie. *k
w
o- radice pronominale scr. kas chi;
ie. */g
w
/ > scr. /D/ /_e, i, /g/ altrove. Esempi: ie. *g
w
en a (*g
w
enh
2
) donna
scr. jni
.
h; ie. *og
w
-n-is (*h
1
eg
w
-ni-s) fuoco scr. agni
.
h;
ie. */g
hw
/ > scr. /h/ /_e, i, /g
h
/ altrove. Esempi: ie. *g
hw
or-ms caldo scr.
gharma- calore; ie. *g
hw
en- radice del verbo uccidere scr. han-;
ie. */t/ > scr. /t/. Esempi: ie. *trejes tre scr. tr ayas; ie. *twom tu scr. tvam;
ie. */d/ > scr. /d/. Esempi: ie. *dw ou due scr. dva; ie. *d o- (*deh
3
-) radice
del verbo dare scr. d a-;
ie. */d
h
/ > scr. /d/. Esempi: ie. *d
h
e- (*d
h
eh
1
-) radice del verbo mettere o
fare scr. dh a- mettere, dharma ci che stabilito;
ie. */p/ > scr. /p/. Esempi: ie. *p@t
er (*ph
2
t
a),
ie. * pnk
w
e cinque scr. pca;
ie. */b/ > scr. /b/. Esempi: ie. *bel-o-m forza scr. balam;
ie. */b
h
/ > scr. /b
h
/. Esempi: ie. *b
h
u- (*b
h
uh
2
-) radice del verbo essere,
divenire scr. bh u-;
ie. */s/ > scr. /s/. Esempi: ie. *sewl/sul (*seh
2
wl/sh
2
ul) sole scr. s
urya
.
h; in
ne di parola, se in pausa, realizzato come [h], trascritto con il grafema
<
.
h > , un tipo di aspirazione foneticamente realizzata in maniera diversa
dallaspirazione che realizzava il fonema /h/: desinenza del nominativo ma-
schile ie. *-s scr. -
.
h (cfr. lat. lupus lupo, scr. v
.
rka
.
h).
14.5.2. Liquide, nasali, sonanti e semivocali Le nasali sono ben conserva-
te in sanscrito; le liquide invece si confondono entrambe in /r/ (tranne
pochi casi di conservazione di /l/, come in balam, forza, cfr. gr. blteros
b elteroq migliore). Per quanto riguarda le sonanti, abbiamo gi visto
che le nasali hanno come esito /a/ come in greco. Le liquide invece si
mantengono come sonanti, ma si confondono entrambe in /
.
r/. Inoltre, il
sanscrito conserva esiti specifici per le sonanti lunghe, che si possono
spiegare come esito di sonante breve + /H/. La semivocale /j/ conservata
in tutte le posizioni, mentre la /w/ ha sempre come esito la fricativa la-
biodentale /v/.
108
Introduzione alla linguistica storica
ie. */l/ > scr. /r/. Esempi: ie. *sewl/sul (*seh
2
wl/sh
2
ul) sole scr. s
urya
.
h;
ie. */r/ > scr. /r/. Esempi: ie. *b
h
r
at a);
ie. *trjes tre scr. tr ayas;
ie. */n/ > scr. /n/. Esempi: ie. *nas- a (*Hnh
2
es-a h
2
) naso scr. nas
a; ie.
*nw
.
m (h
1
new
.
m) scr. n ava;
ie. */m/ > scr. /m/. Esempi: ie. *m at
er (*meh
2
t
.
ln a (*h
2.
lh
2
nah
2
) lana scr. urn a ( < *vurn a);
ie. */
.
r/ > scr. /
.
r/. Esempi: ie. *
k
.
rd-jo-m cuore scr. h
.
rdayam;
ie. */
.
n/ > scr. /a/. Esempi: ie.
.
n- presso negativo scr. a-; ie. d
.
nt-s
(*h
1
d
.
nt-s) dente:gen scr. dat as;
ie. */
.
m/ > scr. /a/. Esempi: ie. *d
k
.
m scr. dsa;
ie. */w/ > scr. /v/. Esempi: ie. *w
.
lk
w
-os lupo scr. v
.
rka
.
h; ie. *dw ou due
scr. dva;
ie. */j/ > scr. /j/. Esempi: ie. *jug-m giogo scr. yugm.
14.5.3. Vocali Come abbiamo avuto modo di spiegare in precedenza, in
indoiranico la tre vocali indoeuropee /a/, /e/, /o/ lunghe e brevi si sono
fuse in un unico timbro /a/ lunga e breve. Abbiamo gi visto anche che
in sanscrito i dittonghi /ai/ e /au/ si sono monottongati, dando come esi-
ti /e/ e /o/ rispettivamente. Queste due vocali, essendo esito di dittongo,
valgono sempre come lunghe in sanscrito. Nel corso del ii millennio a.C.
gli indoari si trovavano in una posizione pi occidentale rispetto alle loro
sedi storiche e vennero in contatto con i hurriti e, tramite loro, con gli it-
titi. Parole di origine indoaria si trovano in un antico testo ittita sullalle-
vamento dei cavalli, che conserva forme in cui la monottongazione dei
dittonghi non era ancora avvenuta, per esempio il numerale aika per
uno (cfr. scr. eka).
Laccento del sanscrito vedico era simile a quello che ricostruiamo per
lindoeuropeo: libero e forse di altezza, piuttosto che intensivo. Per il
sanscrito classico si usa invece una regola di accentazione simile a quella
del latino: la penultima sillaba accentata se lunga, altrimenti laccento
risale sulla terzultima, ma pu risalire fino alla quartultima, se anche la
terzultima breve (e ovviamente se la parola ha almeno quattro sillabe).
Abbiamo quindi dal verbo portare bhar ami /b
h
a'ra:mi/ porto e bharati
/'b
h
arati/ porta.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
109
14.6. Le lingue iraniche Le lingue iraniche condividono le innovazioni che
abbiamo visto per il sanscrito nel campo del vocalismo; per quanto riguar-
da le consonanti invece le sonore aspirate perdono laspirazione: av. br atar
fratello (cfr. scr. bhr atar-, lat. frater). Le sorde aspirate protoindoiraniche
si trasformano in fricative sorde; questo mutamento interessa anche le oc-
clusive sorde non aspirate a seconda della posizione: av. Tbam tu:acc (cfr.
scr. tvam). A somiglianza di quanto avviene in greco, anche in iranico /s/ >
/h/ /#_, per lo meno in alcuni contesti: av. hapta sette (cfr. lat. septem gr.
hept ept a).
14.7. Lo slavo Come nel caso del germanico, anche per lo slavo abbiamo a
che fare con una lingua ricostruita: le attestazioni pi antiche, quelle dello
slavo ecclesiastico, ci presentano una variet gi caratterizzata come appar-
tenente al ramo meridionale. Come abbiamo osservato nel cap. 1, i tradut-
tori del Vangelo elaborarono un alfabeto apposito per lo slavo ecclesiastico,
basandosi sullalfabeto greco e aggiungendo alcuni segni per fonemi che in
greco non esistevano. Pertanto, la corrispondenza fra fonema e grafema in
slavo ecclesiastico buona.
14.7.1. Ostruenti Nelle lingue slave, il sistema delle ostruenti indoeuro-
pee si semplica, in quanto le sonore aspirate hanno perso laspirazione in
tutte le posizioni e sono conuite nelle sonore semplici. Le lingue slave,
come abbiamo osservato in precedenza, sono lingue sat@m; pertanto pre-
sentano la palatalizzazione delle velari palatalizzate. Per quanto riguarda le
labiovelari, esse perdono la parte labiale e diventano velari pure davanti a
vocali posteriori e a consonante, mentre si palatalizzano con modalit di-
verse da quelle presentate dalle velari davanti a vocali anteriori. Le velari
tabella 9 Le ostruenti dello slavo
Sorda Sonora
Occlusive velari k g
Occlusive dentali t d
Occlusive bilabiali p b
Fricativa dentale s
Fricative palatali S < s > Z < z >
Fricativa velare x
Affricata palatale T
110
Introduzione alla linguistica storica
indoeuropee conuiscono nelle labiovelari. La fricativa dentale /s/ con-
servata come tale solo in alcune posizioni: in altre, cio dopo i fonemi in-
doeuropei /i u r k g g
h
k
w
g
w
g
wh
/, si creato un allofono palatale che gi in
slavo ecclesiastico si era fonologizzato come /x/. Come abbiamo gi detto,
questo mutamento, chiamato mutamento RUKI, comune anche allin-
doiranico.
ie. */
k
.
mtm (*h
1
k
.
mtm) cento sl. eccl. s uto, russo
sto; ie. *de
k
.
m-tis dieci russo desjat;
ie. */ g/ > sl. /z/. Esempi: ie. * gn o- (* gneh
3
-) radice del verbo conoscere
russo znat sapere, conoscere;
ie. */ g
h
/ > sl. /z/. Esempi: ie. * g
h
ol-to-m oro russo zoloto;
ie. */k/ > sl. /k/. Esempi: ie. *kruwi-s (*kruh
2
i-s) carne cruda russo krov
sangue;
ie. */g/ > sl. /g/. Esempi: ie. *jug-m giogo sl. eccl. jigo;
ie. */g
h
/ > sl. /g/. Esempi: ie. *g
h
s-ti-s straniero russo gost ospite;
ie. */k
w
/ > sl. /T/ /_ e, i; /k/ altrove. Esempi: ie. *k
w
etwores quattro russo
cetyre; ie. *k
w
o- radice pronominale sl. eccl. k uto, russo kto chi;
ie. */g
w
/ > sl. /Z/ /_e, i; /g/ altrove. Esempi: ie. *g
w
en a (*g
w
enh
2
) donna
russo zena moglie; ie. *og
w
-n-is (*h
1
og
w
-ni-s) fuoco russo ogon;
ie. */g
hw
/ > sl. /Z/ /_e, i; /g/ altrove. Esempi: ie. *g
hw
or- radice del verbo
essere caldo russo goret bruciare; dal participio ie. *g
wh
er-os russo zarko
caldo;
ie. */t/ > sl. /t/. Esempi: ie. *trejes tre russo tri; ie. *t u tu russo ty;
ie. */d/ > sl. /d/. Esempi: ie. *dw ou due russo dva; ie. ed- (*h
1
ed-) radice
del verbo mangiare sl. eccl. jed-mi mangio;
ie. */d
h
/ > sl. /d/. Esempi: ie. *d
h
wer- porta russo dvor;
ie. */p/ > sl. /p/. Esempi: ie. *penk
w
e-tis cinque russo pjat polacco piec
/pj etS/;
ie. */b/ > sl. /b/. Esempi: ie. *bol@-to-m (*bolH-to-m) fango russo boloto
(cfr. Balaton);
ie. */b
h
/ > sl. /b/. Esempi: ie. *b
h
u- (*b
h
uh
2
-) radice del verbo essere russo
byt essere;
ie. */s/ > sl. /s/; /x/ in determinati contesti. Esempi: ie. *sal-is (*seh
2
-l-is)
sale russo sol; ie. *snus
a (*snush
2
) nuora russo snokh.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
111
14.7.2. Liquide, nasali, sonanti e semivocali Nelle lingue slave liquide e
nasali sono ben conservate. Le sonanti svilupparono davanti a s delle vo-
cali ultrabrevi (su cui vedi cap. 2 par. 14.7.3) // o / u/; queste vocali sono
poi cadute nelle lingue storiche, alcune delle quali nel corso del tempo
hanno sviluppato nuove liquide sillabiche. Le semivocali /j/ e /w/ conti-
nuano come /j/ e /v/, ma vanno perdute in alcuni contesti. Nuove /j/ e /v/
sono introdotte in iniziale di parola per il fenomeno delle prostesi conso-
nantiche, vedi cap. 2 par. 14.7.4.
ie. */l/ > sl. /l/. Esempi: ie. *sal-is (*seh
2
-l-is) sale russo sol;
ie. */r/ > sl. /r/. Esempi: ie. *b
h
r
er (*meh
2
t
k
.
rd-iko-m cuore
russo serdce;
ie. */
.
n/ > sl. / e/; russo /ja/. Esempi: ie. *m
.
n- radice del verbo pensare, ri-
cordare russo po-mjat ricordare (cfr. 1sg ja pomnju);
ie. */
.
m/ > sl. / e/; russo /ja/. Esempi: ie. *de
k
.
m-tis russo desjat polacco
dziesieciu (dove < e > = [ e]);
ie. */w/ > sl. /v/. Esempi: ie. *w
.
lk
w
-os lupo sl. eccl. vl uk russo volk; ie.
*dwo due russo dva;
ie. */j/ > sl. /j/. Esempi: ie. *jug-om giogo sl. eccl. jgo.
14.7.3. Vocali Lo slavo condivide con il germanico la confusione dei tim-
bri vocalici /a/ e /o/, ma la confusione avviene in maniera diversa. In slavo
infatti conuiscono in /a/ le due vocali lunghe dellindoeuropeo, mentre
conuiscono in /o/ le due brevi: si vedano come esempi il russo mat ma-
dre dove la vocale /a/ esito di */a:/ indoeuropea (cfr. lat. m ater, ingl.
mother) e russo znat sapere dove /a/ deriva da */o:/ indoeuropea (cfr. lat.
gn osc o e ingl. know). Per le vocali brevi invece si considerino il russo vocem
otto, dove /o/ esito di */o/ indoeuropea (cfr. lat. octo, ted. acht) e russo
sol sale con /o/ derivante da */a/ indoeuropea (cfr. lat. sal, ted. Salz). Per
queste vocali lopposizione di quantit scompare.
Le vocali /e/ e /e:/ rimangono distinte, forse pi per il timbro (la seconda si
abbassata in []) che per la quantit; /i:/ e /u:/ danno rispettivamente /i/
e // (vocale alta posteriore non arrotondata, nellalfabeto cirillico < > ),
112
Introduzione alla linguistica storica
mentre /i/ e /u/ danno le vocali ridotte o ultrabrevi // e / u/, dette jer (o
jer molle) e jer u (o jer duro). Queste vocali sono scomparse nelle lingue
moderne, lasciando tracce nella palatalizzazione o mancanza di palatalizza-
zione della consonante precedente. I dittonghi indoeuropei si sono mo-
nottongati.
Laccento slavo libero e ha valore distintivo.
14.7.4. Struttura sillabica Nel protoslavo avvenne un processo di elimi-
nazione delle code consonantiche, normalmente noto come legge della sil-
laba aperta. In pratica, tutte le sillabe chiuse che lo slavo aveva ereditato
dallindoeuropeo diventano sillabe aperte, secondo le seguenti modalit:
le liquide nali di sillaba hanno due esiti: metatesi (da una sillaba di
tipo VR si passa a una sillaba di tipo RV), o inserzione di una vocale e con-
seguente risillabicazione.
Per questultimo fenomeno si osservino le seguenti forme:
[i] serbocroato mleko latte russo moloko;
[ii] serbocroato grad citt russo gorod.
Entrambi i vocaboli si possono confrontare con vocaboli di altre lingue in-
doeuropee (il primo verosimilmente un prestito dal germanico). In ger-
manico troviamo per esempio linglese milk e garden (giardino, in origine
luogo recintato) che testimoniano delloriginale posizione delle liquide.
In slavo meridionale (il ramo della famiglia a cui appartiene il serbocroato)
lordine vocale-liquida si invertito (metatesi); in russo invece c stata
linserzione di una vocale dopo la liquida, che quindi non pi coda di sil-
laba, ma attacco della nuova sillaba che si creata con linserzione di un al-
tro nucleo.
Per quanto riguarda le vocali nasali, esse sono conservate in alcune delle
lingue slave moderne, per esempio il polacco, mentre sono scomparse in
altre. In russo gli esiti sono stati / e/ > /ja/ (come abbiamo gi visto sopra)
e / o/ > /u/. Altri esempi oltre a quelli gi citati sono il russo mjaso carne,
da confrontare col latino mensa tavola, desco e per la vocale posteriore
put strada da confrontare col latino pontem ponte, -ut desinenza della
terza persona plurale dei verbi dallie. *-ont (cfr. lat. s-unt). La -t nale si
era eccezionalmente conservata in protoslavo, con linserzione di una voca-
le / u/, data la sua funzione morfologica.
Naturalmente, le lingue slave moderne non sono per nulla prive di silla-
be chiuse: anzi, alcune di esse abbondano di gruppi consonantici com-
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
113
plessi. La ricostituzione delle sillabe chiuse dovuta soprattutto alla ca-
duta degli jer.
Unaltra caratteristica dello slavo la tendenza a sviluppare prostesi conso-
nantiche davanti alle vocali medie in iniziale di parola: davanti a /e/ si svi-
luppa una /j/, mentre davanti a /o/ si sviluppa un /v/, esito di */w/. Si veda
per esempio sl. eccl. jedm mangio (cfr. lat. edo) o russo vocem otto (cfr.
lat. octo).
14.8. Le lingue baltiche Le lingue baltiche condividono parzialmente la
confusione dei timbri /a/ e /o/ con il germanico e lo slavo. In particolare,
in baltico la due vocali brevi si fondono in /a/ come nelle lingue germani-
che: lit. aks occhio (cfr. lat. oculus). Le lunghe invece rimangono distinte:
la */a:/ indoeuropea > /o:/, mentre la */o:/ dittonga e d /uo/: lit. doti
dare da */o:/ indoeuropea (cfr. gr. dd omi d dvmi do).
Per quanto riguarda il consonantismo, anche in baltico le sonore aspirate
indoeuropee perdono laspirazione fondendosi con le sonore semplici.
Come abbiamo gi osservato (cap. 2 par. 6), pur essendo una lingua sat@m
il baltico presenta sporadicamente esiti kentum delle palatali.
14.9. Lanatolico Come abbiamo visto nel cap. 1, le lingue anatoliche
pi antiche sono divenute accessibili solo nel corso del xx secolo. Fra
queste, lunica attestata con una quantit di testi sufficiente da renderne
possibile una conoscenza approfondita fin dallinizio della decifrazione
littita. Littita una lingua kentum, pur trovandosi in unarea relativa-
mente orientale, e questo, abbiamo visto, fu motivo di sorpresa per gli
studiosi che inizialmente se ne interessarono, dato che metteva in dub-
bio la validit dellisoglossa kentum/sat@m. Nel campo delle ostruenti,
pertanto, littita continua come tali le labiovelari (cfr. per esempio itt.
kuis chi, il quale, lat. quis; itt. kuen- uccidere scr. han- < ie. */g
wh
/)
e presenta esiti uguali per velari e palatali. Studi pi recenti hanno fatto
per pensare che in luvio ci siano riflessi della distinzione fra velari e
palatali indoeuropee, che sarebbe quindi un esito di tipo sat@m. Nelle
lingue del gruppo luvio abbiamo infatti un avanzamento delle palatali,
che hanno come esito delle fricative presumibilmente dentali: si con-
frontino itt. karawar- corno, luvio ger. zurni con rispettivamente /k/ e
/z/ esiti di */
atar-).
scheda 4 Il modello glottale
Gi Roman Jakobson nel 1957 aveva attirato lattenzione sul fatto che la rico-
struzione di tre serie di occlusive indoeuropee, sorda, sonora e sonora (o mor-
morata) aspirata era tipologicamente poco verosimile: pare infatti che nessuna
lingua nota abbia un sistema di occlusive di questo genere (secondo Milizia,
2002, p. 22, esisterebbe invece un sistema quasi uguale a quello che si rico-
struisce per lindoeuropeo in una lingua del Borneo). Si osserver che fra le lin-
gue indoeuropee quelle che hanno mantenuto le aspirate o le hanno trasforma-
te in sorde aspirate (come il greco) o le hanno integrate con una quarta serie di
sorde aspirate (come lindoiranico). Negli anni Settanta del secolo scorso, due
studiosi sovietici, Tamas Gamkrelidze e Vjaceslav Ivanov e, in maniera indipen-
dente, lamericano Paul Hopper sono giunti a proporre un modello alternativo
di ricostruzione, che tiene conto di questo problema e che spiega anche altre
stranezze della ricostruzione tradizionale, cio la relativa rarit del fonema
*/b/, il fatto che le sonore indoeuropee siano per lo pi escluse dalle desinenze
flessive e che le radici indoeuropee in generale non possano contenere due oc-
clusive sonore (tralascio qui discutere le eccezioni, che vanno al di l degli sco-
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
117
pi di questo libro). Secondo questi studiosi, in realt le tre serie indoeuropee
andrebbero ricostruite come:
eiettive o glottalizzate, notate come */p/, */t/ ecc.: si tratta di occlusive coarti-
colate con un innalzamento della glottide, che corrisponderebbero alle sonore del-
la ricostruzione tradizionale;
b-
b-
h
/, corrispondenti alle
sonore (o mormorate) aspirate della ricostruzione tradizionale.
Il modello glottale (o glottidale) rivoluziona la nostra visione del carattere relativa-
mente innovativo o conservativo delle lingue storiche: in particolare, germanico e
armeno appaiono in questa luce particolarmente conservative. Infatti, in germani-
co avremmo:
*/p, p
h
/ > /f/;
*/p/ > /p/;
*/b, b
h
/ > /b/.
cio le sorde fonologizzano dapprima lallofono aspirato, che poi diventa una fri-
cativa sorda; le eiettive (sonore tradizionali) perdono la componente glottale e
diventano sorde e le mormorate (sonore aspirate tradizionali) fonologizzano lal-
lofono non aspirato. Si osservi che questa serie di mutamenti facilmente spie-
gabile.
Le lingue in cui aspirate sonore e sonore semplici si confondono, come anatolico,
slavo, baltico, celtico, in questa ricostruzione avrebbero avuto una fusione di mor-
morate e glottalizzate. In indoiranico gli allofoni delle occlusive sorde e sorde aspi-
rate si sarebbero fonologizzati; si sarebbe quindi avuto un sistema con tre serie di
sorde (queste due pi le glottalizzate) e una serie di mormorate aspirate. In un se-
condo tempo, le glottalizzate si sarebbero trasformate in sonore. I casi pi proble-
matici sono dati dal greco e dal latino, lingue per le quali bisogna ipotizzare, oltre
al passaggio delle glottalizzate a sonore, anche quello delle mormorate a sorde
aspirate.
La relativa rarit del fonema */b/ nelle forme ricostruite si spiegherebbe se questo
fonema fosse */p/, dato che la bilabiale eiettiva relativamente rara. Analoga-
mente si spiegherebbero le restrizioni brevemente osservate sopra sulla distribu-
zione delle sonore indoeuropee, che sono restrizioni che si osservano in molte lin-
gue per le eiettive.
Il modello glottale non universalmente accettato. Possiamo osservare comunque
che questo modello interessa la sostanza fonica degli allofoni delle ostruenti in-
doeuropee, ma non modica la struttura del sistema, che si continua a ricostruire
come formato da tre serie.
118
Introduzione alla linguistica storica
Appendici
A. LAlfabeto Fonetico Internazionale (ipa, International Phonetic Alphabet )
ALFABETO FONETICO INTERNAZIONALE (revisione del 1993)
CONSONANTI (POLMONARI)
Bilabiali
-
Quando appare una coppia di simboli, quello a destra rappresenta una consonante sonora. Le aree in grigio indicano articola-
zioni considerate impossibili.
Laterali
o
Clicks Implosive sonore Eiettive
Bilabiale Bilabiale come in:
Bilabiale
Dentale/alveolare
Accento primario
Accento secondario Altissimo
Alto
Medio
Meno arrotondato
Pi arrotondato
Aspirato
Sonoro
Sordo
Basso
Bassissimo
Abbassato Ascesa globale
Discesa globale Innalzato
Ascendente
Discendente
Ascendente
Alto
Ascendente
Basso
Velarizzato o faringalizzato
Faringalizzato
Radice della lingua avanzata
Radice della lingua arretrata
fricativa alveolare sonora Innalzato
approssimante
bilabiale sonora
Velarizzato
Abbassato
Palatalizzato
Approssimante labio-palatale sonora
Fricativa epiglottidale sorda
Fricativa epiglottidale sonora
Simulta-
neamente
Plosiva epiglottidale
Le affricate e le articolazioni
doppie si possono rappresentare
con due simboli uniti da un
legamento, se necessario.
Monovibrante alveolare laterale
Fricative alveolo-palatali
e
Fricativa labio-velare sorda
Approssimante labio-velare sonora
Rilascio non udibile
Rilascio laterale
Rilascio nasale
Nasalizzato
Laminale
Apicale
Dentale
Labializzato
Linguolabiale
Sonoro
laringalizzato
Sonoro
mormorato
Rotacizzato
Non sillabico
Sillabico
Semi-centralizzato
Centralizzato
Arretrato
Avanzato
Ascendente
Discendente
Semi-lunga
Brevissima
Con ne di sillaba
Gruppo minore (piede)
Gruppo maggiore (intonazione)
Legamento (assenza di conne)
Lunga
Velare
Fricativa alveolare
Dentale/alveolare
Palatale
Velare
Uvulare
Anteriori
Chiuse
Semichiuse
Semiaperte
Aperte
Quando appare una coppia di simboli, quello a destra
rappresenta una vocale arrotondata.
Centrali Posteriori
Dentale
(Post) alveolare
Palatoalveolare
Alveolare laterale
o
CONSONANTI (NON-POLMONARI)
VOCALI
p b
ALTRI SIMBOLI
SOPRASEGMENTALI
DIACRITICI i diacritici si possono collocare al di sopra
del simbolo se questo scende sotto il rigo, p.es.
LIVELLO ANDAMENTO
TONI E ACCENTI DI PAROLA
Approssimanti
Laterali
fricative
Fricative
Monovibranti
Vibranti
Nasali
Plosive
Glottidali Faringali Uvulari Velari Palatali
Retro-
esse
Post-
alveolari
Alveolari
Labio-
dentali
Dentali
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
119
B. Scrittura di regole fonologiche In questo capitolo, ho rappresentato gli esiti
delle leggi fonetiche usando la notazione normalmente impiegata nella scrittura di
regole fonologiche. Dato che questo tipo di notazione non introdotto in tutti i
manuali, ripeto qui come esempio parte della legge delle palatali (sanscrito) e par-
te della legge di Grimm, per spiegare come si leggono le notazioni.
*/k
w
/ > /T/ /_ */e/
la occlusiva labiovelare sorda indoeuropea diventa ( > ) affricata palatale sorda nel
contesto (/) davanti (_) a vocale /e/
*/k
w
/ > /k/ /_ */o/
la occlusiva labiovelare sorda indoeuropea diventa ( > ) occlusiva velare sorda nel
contesto (/) davanti (_) a vocale /o/
ie. */
k/: *k
.
mtm (*h
1
k
.
mtm) cento, *d
k
.
m dieci, *juw
.
n
ks (*h
1
juh
1 .
n
ks) giova-
ne di animale;
lat. /k/: centum cento, decem dieci, iuvencus giovane;
gr. /k/: hekatn ekat on cento, dka d eka dieci;
germ. */x/, /h/ /#_, /
V_; /g/ altrove: ingl. hundred ted. hundert cento, got. tahun
ted. zehn
18
dieci, ingl. young ted. jung giovane;
scr. /S/: satm cento, dsa dieci, yuvasa
.
h giovane;
sl. /s/: sl. eccl. s uto russo sto cento, russo desjat dieci.
ie. */ g/: * gn o- (* gneh
3
-) radice del verbo conoscere, * gnos (* genh
1
os) genere,
*e g(om) (*h
1
e g(om)) io;
lat. /g/: gn osc o conosco, genus genere, ego io;
gr. /g/: gign
o eg v io;
germ. /k/ (ted. /x/): ing. know conoscere, ingl. kin specie, got. ik ted. ich io;
scr. /D/: j a- radice del verbo conoscere, janasa genere;
sl. /z/: russo znat sapere, conoscere.
18. In tedesco la /h/ caduta nella pronuncia, ma rimane nella graa.
120
Introduzione alla linguistica storica
ie. */ g
h
/: *we g
h
- radice del verbo trasportare, * g
h
ans oca, * g
h
eimn inverno,
* g
h
ol-to-m oro;
lat. /h/: veh o io trasporto, anser ( < *hanser) oca maschio, hiems inverno;
gr. /k
h
/: khos oxoq carro, kh
e gyn h donna, adelphs adelW oq fratello, ban o ba nv vengo ( < *ban-j o);
germ. /k
w
/: ingl. quick svelto (cfr. quicksilver mercurio, argento vivo), ingl.
queen regina, got. qiman ingl. come venire;
scr. /D/ /_e, i, /g/ altrove: jiv vivo, gni
.
h fuoco, gau
.
h bue, jni
.
h donna,
garbha- utero, gam- radice del verbo venire;
sl. /Z/ /_e, i; /g/ altrove: sl. eccl. jiva vita, russo zit vivere, russo ogon fuoco,
russo zena moglie;
ie. */g
hw
/: *g
hw
or-m-s caldo, *snig
hw
.
m neve:acc, *g
hw
en- radice del verbo uc-
cidere;
lat. /f/ / #_; /w/ /V_V ; /gw/ / N_ : formus caldo, nivem neve, ninguit nevica,
fendo colpisco;
gr. /p
h
/; in ionico-attico: /p
h
/ /_ a, o, C, /t
h
/ / _ e, i, /k
h
/ /_ u, C : therms werm oq
caldo, then o we nv uccido, phnos f onoq uccisione;
germ. /w/, /g/: ingl. warm tiepido, snow neve, Gandolf Gandolfo < *gand-
wolf lupo che uccide;
scr. /h/ /_e, i, /g/ altrove: gharm a- calore, han- radice del verbo uccidere;
sl. /Z/ /_e, i; /g/ altrove: russo goret bruciare, russo zarko caldo, russo sneg
neve.
ie. */t/: *t u/*tuom tu, *
k
.
mtm cento, *trejes tre, *dnt-
.
m (*h
1
dnt-
.
m) dente
(acc.), *p@t
er (*ph
2
t
er) padre;
lat. /t/: t u tu, centum cento, tres tre, dentem dente, pater padre;
gr. /t/: hekatn ekat on cento, tres treq tre, odnta od onta dente, pat
er
pat hr padre;
germ. /T/ /#_, /
V_ (ted. /d/); /D/, /d/ altrove: ingl. thou ted. du tu, ingl. hundred
ted. hundert cento, ingl. three ted. drei tre, ingl. tooth dente, ingl. father /faDer/
got. fadar padre;
scr. /t/: tvam tu, sat am cento, trayas tre, dntam dente, pit ar- padre;
sl. /t/: russo ty tu, sl. eccl. s uto russo sto cento, russo tri tre.
ie. */d/: *dnt-
.
m (*h
1
dnt-
.
m) dente (acc.), *ed- (*h
1
ed-) radice del verbo man-
giare, *d o- (*deh
3
-) radice del verbo dare, *dw ou (*dwoh
2
u) due;
lat. /d/: dentem dente, ed o mangio, d o io do, du o due;
gr. /d/: domai edomai manger, dd omi d dvmi io do, do d yo due;
germ. /t/ (ted. /z/, /s/): ingl. tooth ted. Zahn dente, ingl. eat ted. essen mangiare,
ingl. two ted. zwei due;
122
Introduzione alla linguistica storica
scr. /d/: dantam dente, ad- radice del verbo mangiare, d a- radice del verbo
dare, dva due;
sl. /d/: sl. eccl. jed-mi mangio, russo dat dare, russo dva due.
ie. */d
h
/: *dhur-is porta, *rud
h
-
.
r-s (*h
1
rud
h
-
.
r-s) rosso, *werdh-om parola,
*med
h
yo-s mezzo, *d
h
e- (*d
h
eh
1
-) radice del verbo mettere o fare;
lat. /f/ /#_, /b/ /r_, _r, /d/ altrove: foris porta, ruber rosso, verbum parola, me-
dius mezzo, facio faccio;
gr. /t
h
/: thra w yra porta, eruthrs erywr oq rosso, tthemi t whmi metto;
germ. /d/ (ted. /t/): got. dar ingl. door ted. Tr porta, ingl. red ted. Rot rosso,
ingl. word ted. Wort parola, ingl. middle ted. Mitte mezzo, ingl. do ted. tun fare;
scr. /d/: rudhir a
.
h rosso, dh a- radice del verbo mettere, porre (dharm a ci che
stabilito);
sl. /d/: russo dver porta.
ie. */p/: *pd
.
m piede (acc.), *sept
.
m sette, *pnk
w
e/*pnk
w
e-tis cinque, *p@t
er
(*ph
2
t
er) padre;
lat. /p/: pedem piede, septem sette, quinque cinque (con assimilazione a distan-
za della bilabiale alla labiovelare), pater padre;
gr. /p/: pda p oda piede, hept ept a sette, pnte p ente cinque, pat
er pat hr
padre;
germ. /f/ /#_, /
V_, /v/, /b/ altrove: ingl. foot ted. Fuss piede, got. sibun ingl. seven
ted. sieben sette, ingl. five ted. fnf cinque, ingl. father ted. Vater padre;
scr. /p/: p ada piede, sapt a sette, p aca cinque, pit ar- padre;
sl. /p/: russo pjat polacco piec /pj ~etS/ cinque.
ie. */b/: *bukw a (*bukwah
2
) bocca, *breuk- radice del verbo saltare, *slob-/sleb-
(*sleh
1
b) radice del verbo scivolare, *lb-yo-m labbro, *bl oks aratro, *bel-o-m
forza, *bol@-to-m (*bolH-to-m) fango;
lat. /b/: bucc a bocca, labor scivolo, labium labbro, de-bilis debole (che non
ha forza);
gr. /b/: brokos bro ykoq cavalletta (che salta), bltistos b eltistoq ottimo;
germ. /p/ (ted. /pf/, /f/): ingl. slip scivolare, ted. schlafen dormire, ingl. lip lab-
bro, ingl. plowgh aratro;
scr. /b/: balam forza;
sl. /b/: boloto fango.
ie. */b
h
/: *b
h
er- radice del verbo portare, generare, *neb
h
.
l a (*neb
h
.
lah
2
) nube,
*b
h
u- (*b
h
uh
2
-) radice del verbo essere;
lat. /f/ /#_, /b/ altrove: fer o porto, genero, nebula nube, fui fui;
gr. /p
h
/: fr o W erv porto, ph o W yv sono per natura, nasco, nephle neW elh;
germ. /b/: ingl. bear portare, generare, ted. Nebel nebbia, ingl. be essere, ted.
ich bin io sono;
scr. /b
h
/: bhar ami io porto, bh u- radice del verbo essere;
sl. /b/: russo brat portare, russo byt essere.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
123
ie. */s/: *sal-s (*seh
2
-l-s)/ *sal-is (*seh
2
-l-is) sale, *-s desinenza del nominativo dei
temi in -o- e in consonante, * genes-es (* genh
1
es-es) genere:gen, *wes- (*h
2
wes), ra-
dice del verbo permanere, *sewl/sul (*seh
2
wl/sh
2
ul) sole, *snusus, *snus
a (*snu-
sh
2
) nuora;
lat. /s/, /r/ /V_V: sal sale, -s desinenza del nominativo singolare (cfr. lupus,
mons), generis genere:gen, sol sole, nurus nuora;
gr. /h/ /#_, /V_V, /s/ /_# : hls alq sale, mare, -s desinenza del nominativo
singolare (cfr. nthr opos anwrvpoq), gneos (contratto: gnous) g eneoq (g enoyq)
genere:gen, h
urya
.
h sole, snu
.
s
a nuora;
sl. /s/, /x/ in determinati contesti: russo sol sale, russo solnce sole, russo snokh
nuora;
ie. */l/: *sal*sal-s/*sal-d-/*sal-is (*seh
2
-l) sale, *sewl/sul (*seh
2
wl/sh
2
ul) sole;
lat. /l/: sal sale, sol sole;
gr. /l/: hals alq sale, mare, h
urya sole;
sl. /l/: russo sol sale, russo solnce sole.
ie. */r/: *werdh-om parola, *rud
h
rs (*h
1
rud
h
rs) rosso, *b
h
r
a naso;
sl. /n/: russo nos naso.
ie */m/: accusativo singolare dei temi in -o- e in - a- *-m, *som-os/*sem-os stesso,
*m at
er (*meh
2
t
er) madre;
lat. /m/: -mdesinenza dellaccusativo singolare (cfr. lupum, rosam), semel una vol-
ta, mater madre;
gr. /m/; /n/ /_ # : -n desinenza dellaccusativo singolare (cfr. nthr opon anwrv-
pon, thlassan w alassan), homs om oq uguale, m
.
ln a (*h
2.
lh
2
nah
2
) lana, *w
.
lk
w
-os lupo;
lat. /ul/, /lu/, /ol/; /la/ /_ H: fulmen fulmine, mollis molle, lana lana, lupus
lupo;
gr. /al/, /la/: amaldn o amald ynv ammorbidisco;
germ. /ul/: ingl. wool lana, ingl. wolf lupo;
scr. /
.
r/; /ur/, /ir/ /_ H : v
.
rka
.
h, lupo, urn a ( < *vurn a) lana;
sl. /l/, /l u/; russo /el/, /ol/: sl. eccl. vl uk russo volk lupo.
ie. */
.
r/: *
k
.
rd/*
k
.
rd-io-m/*
k
.
rd-iko-m cuore, *g
.
rn-om (*g
.
rh
2
n-om) grano, *b
h
.
r g
h
forte;
lat. /ur/, /or/; /ra/ /_H : cord-is cuore:gen, granum grano, fortis ( < *forctis)
forte;
gr. /ar/, /ra/: karda kard a cuore;
germ. /ur/: ingl. heart ted. Herz cuore (presuppongono un grado apofonico di-
verso), ted. Burg fortezza;
scr. /
.
r/: scr. h
.
rdayam cuore, j rnam grano;
sl. eccl. /r
k
.
m/*d
k
.
m-tis dieci;
lat. /im/ /#_, /em/ altrove: -em (cfr. montem, pedem), imber temporale, decem
dieci;
gr. /a/: -a desinenza dellaccusativo dei temi in consonante (cfr. pda p oda), ph-
ros aWroq schiuma di mare, dka d eka dieci;
germ. /um/: got. qumans ingl. come forme del verbo venire;
scr. /a/: abhr nube, temporale, gat
.
h andato, d asa dieci;
sl. / e/ russo /ja/: russo desjat polacco dziesieciu dieci.
2. La ricostruzione del sistema fonologico indoeuropeo e il mutamento fonologico
125
ie. */w/: *wek
w
- radice del verbo chiamare, *w
.
rdh-om parola, *w
.
lk
w
-os lupo,
*dw ou due;
lat. /w/: lat. voc o io chiamo /'woko:/;
gr. : pos epoq parola;
germ. /w/ (ted. /v/): ingl. wolf lupo, ingl. two ted. zwei due;
scr. /v/: vacmi dico, v
.
rka
.
h lupo, dva due;
sl. /v/: sl. eccl. vl uk, russo volk lupo, russo dva due.
ie. */j/: *jug-m giogo, *jk
w
.
rt fegato;
lat. /j/: iogum giogo, iecur fegato;
gr. /h/, /dz/: zugn zyg on giogo, hpar epar fegato;
germ. /j/: ingl. yoke ted. Joch giogo;
scr. /j/: yugm giogo, yk
.
rta fegato;
sl. /j/: sl. eccl. jgo giogo.
In questo capitolo
A seconda del tipo di mutamento fonologico linventario dei fonemi di una lin-
gua pu essere arricchito (fonologizzazione), o impoverito (defonologizzazione), o
mantenuto (rifonologizzazione).
Lisoglossa kentum/ sat @m, pur essendo ancora utilizzata per una divisione
macroscopica, in realt non segna una separazione netta fra i due gruppi di lingue,
come dimostrano per esempio il tocario e lanatolico.
odos odo yq dente, base odont- pi desinenza del nominativo -s, da-
vanti alla quale cadono le consonati -nt- e la vocale subisce un allungamen-
to di compenso. Il genitivo odntos od ontoq (odnt-os): si sono dunque
creati due allomor della base, di cui uno compare nel nominativo singola-
re e nel dativo plurale (odosi odo
apofonia;
*st(h)eh
2
- radice indoeuropea del verbo stare gr. base st a- presente
raddoppiato ionico-attico: hstemi sthemi ( < *sist ami con /s/ > /h/ / #_ e,
limitatamente allo ionico-attico, /a:/ > /E:/); scr. base sth a- presente rad-
doppiato ti
.
s
.
thati: in sanscrito si fonologizza lallofono aspirato della occlu-
siva dentale sorda; il raddoppiamento contiene in ciascuna lingua una sola
delle due ostruenti: in greco la fricativa /s/ (che > /h/ / #_) e in sanscrito
locclusiva, che perde laspirazione per la legge di Grassmann (vedi cap. 2
par. 6.3);
*g
w
em/g
w
om- radice indoeuropea del verbo venire gr. base con temi
suppletivi ban-/ba- presente bano ba nv perfetto bbeka b ebhka (il perfet-
to formato con aggiunta del sufsso -k-, davanti al quale si ha allunga-
mento della vocale radicale); scr. base gam- aoristo gamam perfetto jag a-
ma (con esito /dZ/ della labiovelare sonora davanti alla vocale */e/ indoeu-
ropea del raddoppiamento e esito /g/ della stessa labiovelare davanti alla
vocale della radice a grado */o/);
*h
2
eg- radice indoeuropea del verbo condurre gr. base ag- presente g o
agv perfetto attivo kha
orais x vraiq
dativo plurale. In sostanza, la vocale /a/ stata reinterpretata come vocale
tematica e il paradigma dei nomi in -a- si avvicinato a quello dei nomi in
-o-, allontanandosi dalla essione atematica.
In latino i nomi della essione atematica in -i e in consonante danno luogo
alla terza declinazione, i nomi in -u e in -e/i alla quarta e alla quinta rispet-
tivamente. I nomi della quarta tendono a spostarsi verso la essione tema-
tica (seconda declinazione) e diventare nomi in -o-: infatti in italiano i
nomi della quarta declinazione latina sono diventati per lo pi uguali a
quelli della seconda.
I nomi in - a-
e il genere
femminile
Quanto invece al crescente legame fra classi tematiche e genere, osserviamo
che questo un fenomeno che risulta da una tendenza a legare le classi es-
sive a propriet extramorfologiche, dando loro una maggiore motivazione.
Anche questa seconda tendenza legata in parte ai nomi originariamente
formati con *-h
2
. I nomi di questo gruppo, che, come abbiamo visto, com-
paiono nelle lingue indoeuropee per lo pi come nomi in - a-, avevano gi
in origine una particolarit per quanto riguarda il genere: essi infatti erano
in grande misura femminili e in piccola parte maschili (solo con referenti
animati), ma mai neutri, mentre i nomi in -o- e quelli della essione ate-
matica potevano essere maschili, femminili o neutri con qualunque tipo di
referente. La prevalenza di femminili fra i termini in - a- fece s che in varie
lingue la classe stessa fosse riconosciuta come caratteristica del femminile.
In sanscrito per esempio i pochi maschili passarono alla classe in -a- (che
corrisponde a quella dei tempi in *-o- indoeuropei); inoltre, dato che lallun-
gamento della vocale fu reinterpretato come segnale del femminile, si svilup-
p anche una classe in -- di femminili: si vedano per esempio coppie come
v
.
rka
.
h lupo, tema in -a- maschile, ~ v
.
rk lupa, tema in -- femminile.
Un fenomeno analogo si osserva nelle lingue germaniche, in cui i nomi in
-a- (nomi in *-o- indoeuropei) sono tutti maschili, mentre i nomi in - o-
(nomi in *- a- indoeuropei) sono tutti femminili. Naturalmente, in sanscri-
166
Introduzione alla linguistica storica
to come in germanico la essione atematica contiene nomi dei tre generi,
maschili, femminili e neutri.
In latino, i temi in -o- (seconda declinazione) sono di tutti e tre i generi:
abbiamo per esempio lupus lupo, maschile, populus pioppo, femminile, e
verbum parola, neutro. I nomi in - a- (prima declinazione) sono in mag-
gioranza femminili, ma in parte anche maschili (solo con referenti anima-
ti): rosa rosa, femminile, agricola contadino, maschile. I nomi della terza
declinazione sono dei tre generi: mons, montis monte, maschile, lux, lucis
luce, femminile, caput, capitis testa, neutro.
In italiano troviamo invece un maggior legame delle classi essive con il
genere: in particolare, i nomi del tipo lupo ~ lupi o pioppo ~ pioppi, che
derivano dalla seconda declinazione latina, sono maschili (lunica eccezio-
ne mano ~ mani, che per deriva dalla quarta), i nomi del tipo rosa ~
rose, che derivano dalla prima declinazione latina, sono femminili e si for-
mata una classe essiva particolare per i maschili in -a, anchessi derivanti
dalla prima declinazione: poeta ~ poeti. I nomi che derivano dalla terza de-
clinazione latina possono essere maschili o femminili: monte ~ monti, ma-
schile, luce ~ luci, femminile (sulle classi essive del nome italiano, vedi
DAchille, Thornton, 2003).
In greco il legame fra classe essiva e genere si sviluppato allinterno dei
temi in - a-. In greco i temi in -a- erano di due tipi: temi in vocale lunga e
temi originariamente formati con il sufsso *-ja e che presentano una vo-
cale breve. I primi corrispondono ai temi in - a- delle altre lingue indoeuro-
pee e potevano essere in origine femminili o maschili; i secondi sono solo
femminili. Gi in miceneo, i maschili in - a- (tutti con referenti animati)
presentano un genitivo distinto dai femminili, derivante dal genitivo sin-
golare dei temi in -o-. In greco classico troviamo fra i temi in - a- una divi-
sione: i maschili hanno nominativo in - as e genitivo in -ou, mentre i fem-
minili hanno nominativo in - a e genitivo in - as. Ricordando che in ionico-
attico spesso troviamo /a:/ > /E:/ (cio < h > , trascritto < e > ), abbiamo:
poiet
y poeta:gen ma-
schile; aret
hq virt:gen femminile.
Fondamentale per lassociazione dei temi in -a- con il femminile e dei temi in
-o- con il maschile stato lo sviluppo dellaccordo con laggettivo. Molte lin-
gue indoeuropee lasciano ricostruire due classi di aggettivi, di cui la prima se-
gue la flessione tematica e la seconda segue, in misure diverse, la flessione ate-
matica. Nellambito della flessione degli aggettivi, il suffisso *-h
2
stato usato
come suffisso di femminile e quindi gli aggettivi in -a- sono sempre solo fem-
minili. Ci ha creato classi di accordo nelle quali era automatica lassociazio-
ne di genere con un tipo di classe flessiva, per lo meno nellaggettivo.
Nello slavo ecclesiastico i nomi si dividono in cinque classi essive, di cui
le prime quattro tematiche. La classe atematica ridotta e tende a perdere
membri. Le prime due classi, in -a/ja- e in -o/jo- si dividono al loro interno
3. Il mutamento morfologico
167
in sottoclassi, in base al fatto che la consonante che precede la vocale tema-
tica sia palatalizzata o non lo sia. Le restanti due classi, temi in - u- e temi in
--, derivano dalla declinazione atematica indoeuropea: come avviene in al-
tre lingue, per esempio il latino, lantica semivocale nale della radice si
vocalizzata ed stata reinterpretata come vocale tematica.
Creazione
di una quarta classe
di accordo in slavo
Il legame fra classi essive e genere parziale: i temi in -a/ja- sono per lo
pi femminili, ma rimane un piccolo numero di nomi maschili con refe-
renti animati di sesso maschile; i temi in -o/jo- sono tutti maschili o neutri,
mentre i nomi appartenenti alle altre classi essive possono essere di uno
qualunque dei tre generi.
Si assiste nello slavo ecclesiastico a un fenomeno completamente compiuto
nelle lingue moderne, cio alla creazione di un quarto genere o per lo
meno una quarta classe di accordo. Allinterno della essione in -o/jo- i
maschili tendono a differenziarsi in due gruppi: maschili con referente ina-
nimato, che hanno il nominativo uguale allaccusativo, e maschili con refe-
rente animato, che estendono allaccusativo la desinenza del genitivo. Dato
che la essione dellaggettivo segue il tipo tematico in -a/ja- per il femmi-
nile e in -o/jo- per il maschile e neutro, le classi di accordo risultanti sono le
seguenti (esempi dal russo):
tabella 6 Classi di accordo in russo
Maschile animato Maschile inanimato Femminile Neutro
Nominativo drug milyj
y
amico caro
stol visokij
tavolo alto
podruga milaja
yg
amica cara
mesto dalekoe
luogo lontano
Accusativo druga milogo
yg
stol visokij
podrugu miluju
yy y
mesto dalekoe
Genitivo druga milogo
y
stola visokogo
podrugi miloj
y
mesta dalekogo
Forma breve e forma
lunga dellaggettivo
slavo
Lo slavo presenta poi una particolarit nella formazione degli aggettivi. Come
nelle lingue germaniche, laggettivo slavo pu presentarsi in forme diverse a
seconda della funzione attributiva o predicativa, dette nelle grammatiche for-
ma lunga e forma breve. La particolarit dello slavo che in origine laggettivo
di forma lunga (attributivo) era costituito dallaggettivo di forma breve a cui
si aggiungeva un pronome clitico con radice j-: *dobr u + j buono maschile
dobra + ja femminile dobro + je. In slavo ecclesiastico entrambe le forme si
flettevano; nelle lingue moderne, lincontro del clitico con la desinenza del-
laggettivo ha dato luogo a vari fenomeni di semplificazione o assimilazione,
ma in parte le due forme flesse sono ancora riconoscibili, come nelle forme
del nominativo e dellaccusativo singolare dellaggettivo femminile (russo in-
168
Introduzione alla linguistica storica
teresna-ja, interesnu-ju interessante). Tuttavia, queste forme non sono pi
analizzabili come contenenti laggettivo pi il clitico: si sono create quindi
nuove desinenze flessive specifiche degli aggettivi di forma lunga.
Verbi tematici
e atematici
8.5. La essione del verbo Le tabelle 7 e 8 mostrano le desinenze ricostruite
per lattivo e il medio (vedremo nel cap. 4 il valore esatto di questi termini)
per il singolare e per il plurale. La tabella 7 contiene le cosiddette desinenze
secondarie, che sono in realt le pi antiche. Esse appartenevano alla es-
sione atematica; nelle lingue indoeuropee che le hanno conservate hanno
dato luogo alle desinenze dei tempi passati, sia atematici, sia tematici. Nel
primo caso, troviamo queste desinenze aggiunte direttamente alla radice,
nel secondo invece le troviamo precedute da una vocale /o/ davanti a nasa-
le e /e/ altrove. Per comodit la tabella 7 elenca le desinenze secondarie an-
che con la vocale tematica.
tabella 7 Le desinenze secondarie del verbo nellindoeuropeo ricostruito
Attivo Medio
Flessione atematica Flessione tematica
1 singolare - m - o- m - h
2
a
2 singolare - s - e- s - so
3 singolare - t - e- t - (t)o
1 plurale - me ? - o- me ?
2 plurale - te ? - e- te ?
3 plurale - nt - o- nt - nto
Le desinenze primarie (tab. 8) sono formate su quelle secondarie con ag-
giunta della particella -i, in origine un deittico che serviva per indicare tem-
po presente. Si tratta di desinenze in origine usate per la flessione atematica.
tabella 8 Le desinenze primarie della essione atematica del verbo nellindoeuropeo
ricostruito
1 singolare - mi - ai , - mai
2 singolare - si - soi
3 singolare - ti - toi
1 plurale - me ?
2 plurale - te ?
3 plurale - nti - ntoi
(La tabella basata su Szemernyi, 1985, e Watkins, 1997).
3. Il mutamento morfologico
169
Le forme del medio sono altamente ipotetiche; inoltre la ricostruzione delle
desinenze primarie si rif a uno strato pi recente della ricostruzione rispet-
to alle desinenze secondarie ed basata essenzialmente su greco e sanscrito.
La essione tematica nel presente in parte costituita, come nella essione
del passato, dallaggiunta della vocale tematica alle desinenze atematiche,
ma la prima persona singolare ha una desinenza speciale:
tabella 9 Le desinenze della essione tematica del verbo nellindoeuropeo ricostruito
1 singolare - oh
2
2 singolare - e- si
3 singolare - e- ti
1 plurale - e- me ?
2 plurale - e- te ?
3 plurale - o- nti
Presente e aoristo Vedremo nel cap. 4 in maniera dettagliata come si ricostruisce il sistema
temporale-aspettuale del verbo indoeuropeo; anticipiamo qui che dei tempi
verbali che possiamo ricostruire il presente aveva le desinenze primarie,
mentre imperfetto e aoristo avevano quelle secondarie. Il presente e limper-
fetto erano formati sullo stesso tema verbale, quindi i verbi con presente te-
matico avevano imperfetto tematico e quelli con presente atematico avevano
imperfetto atematico. Laoristo invece era formato su un altro tema e il fatto
che fosse tematico o atematico era indipendente dal fatto che il presente fos-
se tematico o atematico, per quanto si pu ricostruire soprattutto in base al
greco e al sanscrito. Il tema dellaoristo presentava la radice senza suffissi (o
con il suffisso -s-), mentre il presente poteva essere formato con vari suffissi.
I verbi il cui presente non contiene suffissi specifici possono presentare alter-
nanza apofonica: in questo caso, il tema del presente a grado pieno, mentre
il tema dellaoristo a grado ridotto (vedi cap. 2 par. 9).
Il perfetto Esisteva poi un altro tempo verbale, il perfetto, con una serie di desinenze
proprie che sono imparentate con quelle del medio (vedi tab. 10).
tabella 10 Le desinenze del perfetto nellindoeuropeo ricostruito
1 singolare - h
2
a
2 singolare - th
2
a
3 singolare - e
1 plurale
2 plurale - e
3 plurale - er ?
170
Introduzione alla linguistica storica
Il perfetto era formato con il raddoppiamento, un presso che conteneva la
prima consonante della radice e la vocale /e/, di cui abbiamo gi parlato
(cap. 2 par. 6.3 e cap. 3 par. 8.2).
Fra i modi niti, lunico oltre allindicativo a essere attestato in tutte le lin-
gue indoeuropee incluso lanatolico limperativo. Per limperativo pre-
sente si possono anche ricostruire le desinenze riportate nella tabella 11.
tabella 11 Le desinenze dellimperativo nellindoeuropeo ricostruito
Flessione atematica Flessione tematica
2 singolare - , - d
h
i - e
3 singolare - t(u) - et(u)
2 plurale - te - ete
3 plurale - ent(u) - ont(u)
Limperativo di seconda singolare ha desinenza , come si vede meglio
dalla essione atematica. La desinenza *-e che si ricostruisce per la essione
tematica in realt la vocale tematica a grado /e/.
Sulla base delle altre lingue indoeuropee, invece, si ricostruisce un sistema
di modi niti pi ricco, che comprende anche lottativo e il congiuntivo,
attestati per esempio in greco e sanscrito. Lottativo era formato con un
sufsso alternante *-je-/-i- (solo -i- per la essione tematica); mentre il
congiuntivo era formato con aggiunta di una vocale tematica per i verbi
della classe atematica e con allungamento della vocale tematica per i verbi
della classe tematica.
8.6. Evoluzione delle classi essive del verbo La morfologia verbale molto
pi complessa di quella nominale; perci, tratteggiarne in poco spazio le-
voluzione nelle lingue indoeuropee ancora pi difcile. In breve possia-
mo dire quanto segue:
a) la essione tematica tende a estendersi ai danni di quella atematica;
b) solo alcune lingue continuano lopposizione indoeuropea fra i tre temi
presente, aoristo e perfetto; molte altre la riducono in varie maniere;
c) lapofonia scompare in alcune lingue;
d) prevale la sufssazione: la pressazione (aumento, raddoppiamento)
conservata in poche lingue, linssazione tende a scomparire.
Le due tendenze c) e d) in effetti rappresentano entrambe il prevalere della
sufssazione come unica strategia usata per la essione.
Per quanto riguarda la essione atematica, essa conservata soprattutto in
greco e sanscrito. I verbi sanscriti sono classicati dai grammatici indiani in
base alla formazione del tema del presente. Si dividono tradizionalmente in
3. Il mutamento morfologico
171
dieci classi, che si possono raggruppare in due macroclassi: essione tema-
tica (che comprende i verbi della i, iv, vi e x classe) e essione atematica
(che comprende i verbi della ii, iii, v, vii, viii e ix classe). La desinenza
-mi della prima persona singolare atematica estesa alla essione tematica,
dove segue loriginaria desinenza - a ( < *- o) della essione tematica: bhar a-
mi io porto ( < *b
h
er- o-mi). Delle quattro classi tematiche, la decima in
realt formata con un suffisso derivazionale, non con una semplice vo-
cale tematica; pertanto il tema del presente serve come base anche per gli
altri temi aspettuali. Nella flessione tematica, il tema del presente inva-
riabile. Nella flessione atematica, invece, si oppongono temi apofonici di-
versi, a seconda che laccento cada sulla radice o sul suffisso. Abbiamo
pertanto: i- radice del verbo andare, seconda classe della flessione atema-
tica; tema forte (accentato): e-, tema debole (non accentato): i-: mi
vado ~ ims andiamo. Questa alternanza mantenuta in un piccolo
gruppo di verbi atematici anche in greco, lingua in cui per non conser-
vato lo spostamento dellaccento: dalla stessa radice indoeuropea *i-/ei-
abbiamo emi e
es
.
ntos > *poi
a
zia
animale:n/a.pl
per natura gli animali sono dotati di sensi (Arist. Metaph. 980a);
[5] mahhan = ma ke huitar ... K.GAL-az katta ari
quando ptcdim.n/a.planimale:n/a.pl palazzo:ablgi arrivare:
prs.3sg
quando questi animali escono dal palazzo (StBoT28.1.b obv. i 11 = Sin-
ger, 1984).
Nei due esempi citati abbiamo nomi che, pur essendo neutri, denotano en-
tit animate: sia il greco zia z
er padre e *m at
er
madre erano identici dal punto di vista della essione, come ancora vedia-
mo nelle lingue indoeuropee (come per esempio litaliano). Ovviamente il
sostantivo madre si sar usato in riferimento a entit animate di sesso
femminile, ma non ha senso parlare di genere grammmaticale femminile
n quando non si sono create le classi di accordo con gli aggettivi. In altre
parole, se osserviamo il latino, che ha tre generi, possiamo dire che mater
di genere grammaticale femminile perch si accorda con laggettivo al fem-
minile: mater severa la madre severa, mentre pater maschile perch si ac-
corda con laggettivo al maschile: pater severus il padre severo. Per il fe-
nomeno dellaccordo al femminile non esisteva in indoeuropeo prima della
creazione di un genere grammaticale femminile nel sostantivo.
Se prendiamo come esempio proprio gli aggettivi del tipo di severus che, se-
condo la terminologia delle grammatiche di riferimento, appartengono
alla prima classe, vedremo che essi seguono la declinazione tematica (temi
in -o-) per maschile e neutro e quella dei temi in - a- per il femminile. Per-
tanto, la comparsa di questa classe essiva nel sostantivo strettamente
connessa con la comparsa del genere femminile e con la creazione di una
nuova classe di accordo.
Femminile
e neutro plurale
Veniamo ora al signicato originario del sufsso -h
2
che, abbiamo visto,
era anche il sufsso del nominativo/accusativo plurale neutro. Per determi-
narlo dobbiamo in primo luogo vedere dove compare e, in secondo luogo,
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
183
vedere che tipi di referenti hanno i sostantivi femminili, oltre a esseri ani-
mati di sesso femminile.
Come risulta dalla discussione del paragrafo precedente, il sufsso *-h
2
era
il sufsso del collettivo. Abbiamo gi osservato unafnit fra collettivo e
astratto: in effetti, se esaminiamo la composizione della classe nominale
determinata dal femminile in indoeuropeo, possiamo osservare che fra le
entit inanimate un grande spazio occupato proprio dai nomi astratti. I
principali sufssi derivazionali che formano astratti deverbali, per esempio,
assegnano il genere femminile e possiamo supporre che questa fosse in ori-
gine anche una funzione del sufsso *-h
2
, basata sullafnit fra nomi
astratti, nomi di massa e plurali non numerabili.
La base
del terzo genere:
i nomi astratti
molto probabile che siano stati i nomi astratti la base del terzo genere in
indoeuropeo. I referenti dei nomi astratti presentano interessanti propriet
che li distinguono dai referenti degli altri inanimati. Molti di essi, per
esempio, hanno il potere di far agire gli esseri umani:
[6] La speranza di ritrovare superstiti ha spinto i soccorritori a continuare le
ricerche.
Le entit astratte presentano quindi un grado di autonomia intermedio fra
gli animati e gli altri inanimati, tale da poterne motivare la collocazione in
una classe nominale a parte, intermedia fra animato e inanimato. Allo stes-
so modo si caratterizza il genere femminile, che sembra denotare una classe
di genere intermedia fra neutro e maschile. Pertanto, possiamo pensare che
il femminile indoeuropeo sia nato dallesigenza di classicare separatamen-
te da un lato le entit astratte e dallaltro le entit animate di sesso femmi-
nile; il motivo per cui il sufsso usato lo stesso del plurale neutro da ri-
cercarsi nel legame concettuale fra collettivo e astratto.
Il genere in anatolico Passiamo ora a discutere il sistema di genere dellanatolico. In anatolico
troviamo due soli generi, chiamati dalle grammatiche genere comune e ge-
nere neutro. Il nome di genere comune fu dato al non-neutro allepoca
della decifrazione dellittita, in base alla convinzione che in esso fossero
conuiti maschile e femminile indoeuropei. In altre parole, si pensava allo-
ra che lanatolico avesse perso il genere femminile. La perdita di categorie
rispetto allindoeuropeo della ricostruzione tradizionale, che era basato so-
prattutto sul greco e sul sanscrito, era considerata una caratteristica della-
natolico.
Come vedremo pi avanti, littita non presenta neanche numerose catego-
rie essive del verbo: anche per queste, la prima ipotesi degli studiosi fu che
fossero scomparse. In un secondo tempo si fatta strada anche unaltra
ipotesi, che, abbiamo gi visto nel cap. 2, era inizialmente legata al nome
dello studioso americano Sturtevant, e cio che littita conservasse una real-
184
Introduzione alla linguistica storica
t pi antica di quella testimoniata dalle altre lingue indoeuropee. Secondo
questo modo di vedere, le categorie essive mancanti in ittita non erano
state perse, ma si erano formate in una fase pi tarda dellindoeuropeo,
quando lanatolico si era gi staccato dalle altre lingue. Rispetto al genere,
questo signica che il sistema a due generi dellanatolico continuerebbe
loriginario sistema dellindoeuropeo, che, abbiamo visto, era gi ricostrui-
to in base ad altri indizi come consistente di due generi.
La controversia sullantichit del sistema di genere dellanatolico non a
tuttoggi risolta: da un lato, il fatto che neanche i pronomi conservino trac-
ce di femminile sembrerebbe deporre a favore dellipotesi secondo la quale
il femminile non esisteva ancora in indoeuropeo allepoca del distacco del-
lanatolico. Daltro canto, recenti studi hanno dimostrato che il sufsso
*-h
2
ha lasciato tracce in anatolico negli aggettivi. Abbiamo visto in questo
paragrafo e nel precedente che questo sufsso aveva varie funzioni oltre a
quella di indicare il femminile, quindi la sua presenza in anatolico non di
per s probante. Dal dibattito in corso fra gli studiosi, sembrerebbe che la
valutazione dei dati forniti dalle lingue anatoliche dipenda da unopzione
fatta a priori riguardo al loro carattere conservativo o innovativo, piuttosto
che da fattori oggettivi.
3.3. Caso La funzione del caso quella di indicare che funzione sintattica
svolge un dato sintagma nominale in una frase e in parte anche di indicar-
ne il ruolo semantico.
Manifestazioni
del caso in italiano
In italiano il caso si manifesta solo nei pronomi personali e relativi, in op-
posizioni come io ~ me = soggetto ~ oggetto o complemento di preposizio-
ne. In un sistema di casi ridotto come quello dellitaliano, la funzione dei
casi puramente grammaticale: essi indicano cio un rapporto sintattico
fra un sintagma nominale e il verbo o un altro elemento della frase.
Nella frase:
[7] Io vedo te,
la forma io del pronome di prima persona indica che questo pronome il
soggetto di vedo, mentre la forma te del pronome di seconda indica che
questo pronome loggetto diretto dello stesso verbo. Nella frase:
[8] Mario viene al cinema con me,
la forma me indica che il pronome di prima persona complemento della
preposizione con, mentre il fatto che il sintagma preposizionale con me ab-
bia un dato ruolo semantico nella frase (comitativo; vedi scheda 1) indi-
cato dalla preposizione stessa.
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
185
I casi possono
indicare relazioni
grammaticali o ruoli
semantici
Nelle lingue indoeuropee antiche (e anche in alcune di quelle moderne)
troviamo sistemi di casi pi complessi. In particolare, troviamo in alcune
lingue sistemi in cui i casi non indicano solo le relazioni grammaticali, ma
almeno in parte anche i ruoli semantici dei costituenti. Per esempio, nella
frase latina:
[9] senex
anziano:nom.m
qui
rel.nom.m
huc Athenis
qui Atene:abl.pl.f
exsul
esule:nom.m
venit
venire:pf.3sg
un anziano signore che venuto qui in esilio da Atene (Pl. Rud. 35),
il fatto che il costituente Athenis abbia la funzione di esprimere pro-
venienza indicato dal caso ablativo. In analogo contesto potremmo in-
vece avere:
[9] senex
anziano:nom.m
qui
rel.nom.m
Athenas
Atene:acc.pl.f
exsul
esule:nom.m
venit
venire:pf.3sg
un anziano signore che venuto in esilio ad Atene,
dove il costituente Athenas in accusativo avrebbe la funzione di direzione.
Tradizionalmente, si parla di uso grammaticale dei casi in esempi come
[7] e [8] e di uso concreto dei casi in esempi come [9] e [9]. Poich nelle
lingue indoeuropee alcuni casi hanno per lo pi usi grammaticali e altri
hanno per lo pi usi concreti, spesso si parla di casi grammaticali e casi
concreti.
Signicato lessicale
e interpretazione
della funzione
dei casi
Si osservi che comunque in sistemi di casi non estesissimi, come quelli del-
le lingue indoeuropee, il signicato dei casi concreti sempre almeno in
parte determinato dal contesto e dai lessemi specici impiegati. In partico-
lare, linterpretazione dellablativo latino che abbiamo dato in [9] possi-
bile solo perch il sostantivo declinato in questo caso un nome di citt. Se
avessimo avuto un nome con un altro referente inanimato concreto linter-
pretazione sarebbe stata probabilmente di strumento e con un nome astrat-
to di causa:
[9] senex
anziano:nom.m
qui
rel.nom.m
huc curru
qui carro:abl.m
exsul
esule:nom.m
venit
venire:pf.3sg
un anziano signore che venuto qui in esilio su un carro;
[9] senex
anziano:nom.m
qui
rel.nom.m
huc metu
qui paura:abl.m
exsul
esule:nom.m
venit
venire:pf.3sg
un anziano signore che venuto qui in esilio per paura.
Il fatto che le diverse interpretazioni dei casi concreti siano in buona parte
dettate dal significato dei lessemi dovuto alle nostre conoscenze enciclo-
186
Introduzione alla linguistica storica
pediche relative ai referenti di questi lessemi e ai tipi di stati di cose in cui
essi possono essere implicati. Sappiamo per esempio che una citt o una re-
gione spaziale di norma non vengono impiegate come strumenti e non sono
molto spesso cause dellagire umano, ma che nella maggior parte delle circo-
stanze ci servono per dare riferimenti spaziali. Analogamente, un mezzo di
trasporto viene generalmente usato appunto per effettuare uno spostamen-
to, mentre un sentimento come la paura spesso causa una reazione. Questo
non significa che un nome di citt non possa comparire in unespressione di
causa o che un sostantivo come carro non possa comparire in unespressio-
ne di provenienza o direzione: per di norma in questi casi la relazione viene
segnalata con maggiori mezzi morfosintattici. Troviamo in casi di questo
genere anche delle preposizioni che disambiguano un contesto potenzial-
mente difficile da interpretare, oppure delle espressioni pi esplicite.
scheda 1 Funzioni sintattiche e ruoli semantici dei costituenti nominali
In una frase ciascun costituente nominale svolge una funzione dal punto di vista
sintattico: per esempio, pu esserne il soggetto. Questa funzione si denisce in
rapporto al verbo, a un altro costituente nominale o a tutta la frase. Il rapporto con
il verbo basato sulla valenza del verbo stesso: vale a dire, quanti costituenti no-
minali richiede un dato verbo perch possa stare in una frase sintatticamente cor-
retta. Abbiamo in italiano:
verbi zerovalenti: piovere (non sono necessari costituenti nominali);
verbi monovalenti: camminare ( necessario il soggetto);
verbi bivalenti: prendere (sono necessari soggetto e oggetto diretto);
verbi trivalenti: dare (sono necessari soggetto, oggetto diretto e oggetto indiretto).
Non tutte le lingue ammettono verbi zerovalenti: in inglese, per esempio, il verbo
rain piovere richiede che sia sempre espresso un soggetto, anche se questo
chiaramente non referenziale (cio non ha un referente). Non bisogna confondere
la possibilit di omettere il soggetto, che abbiamo in italiano, con la propriet di un
verbo zerovalente di non richiedere un soggetto. Diverse sono infatti le frasi:
[i] Piove;
[ii] Cammina.
In [i] il soggetto non c perch il verbo non lo richiede, mentre in [ii] il soggetto
omesso, perch presumibilmente recuperabile da un ipotetico contesto in cui le-
nunciato pu venir usato.
Soggetto, oggetto diretto, oggetto indiretto sono tre possibili funzioni sintattiche
dei costituenti nominali; altre possibili funzioni sono:
complemento: un secondo argomento che non sia oggetto diretto, come nella frase:
[iii] A Giovanni serve un libro;
modicatore di testa nominale:
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
187
[iv] Il libro di Mario;
complemento di preposizione:
[v] Il libro di Mario;
avverbiale: qualsiasi altro costituente che non sia richiesto dalla valenza del verbo:
[vi] Ogni mattina faccio colazione al bar.
Dal punto di vista semantico, la frase una predicazione che si riferisce a un dato
stato di cose e i costituenti nominali in generale codicano i partecipanti implicati
nello stato di cose. Il ruolo dei partecipanti corrisponde al ruolo semantico dei co-
stituenti. Dare un elenco esauriente di tutti i possibili ruoli semantici dei costituen-
ti impossibile; qui di seguito elenco i principali:
agente: causa un evento intenzionalmente; generalmente un essere umano:
[vii] Giovanni mangia un panino;
paziente: subisce un cambiamento di stato in un evento causato da un agente:
[vii] Giovanni mangia un panino;
ricevente: riceve un paziente da un agente in una transazione:
[viii] Maria ha dato un regalo alla sorella;
strumento: usato da un agente per generare un evento:
[ix] Maria ha impacchettato il regalo con un foglio di carta colorata;
causa: causa un evento, ma non agisce volontariamente:
[x] Il bambino tremava dal freddo;
beneciario: un essere umano a favore del quale si svolge un evento:
[xi] Ho comprato un regalo per mio padre;
ne: il ne che un agente persegue nel causare un evento:
[xii] Mi sono fatta consigliare dal concessionario per lacquisto della nuova auto;
tempo:
[xiii] Al mattino vado a scuola;
direzione:
[xiv] Al mattino vado a scuola;
luogo:
[xv] Sono stato tutto il giorno a scuola;
provenienza:
[xvi] Mio glio non ancora tornato da scuola;
esperiente:
[xvii] Mi piacciono le mele;
possessore:
[xviii] Il libro di mia sorella.
chiaro che i ruoli semantici vanno intesi come categorie prototipiche: in partico-
lare, i pazienti non subiscono sempre cambiamento di stato, ma possono per esem-
pio subire cambiamento di posizione, come un regalo in [viii]; gli agenti, per agire
intenzionalmente, devono essere umani, ma forze naturali e sentimenti sono spes-
so concettualizzabili come agenti.
188
Introduzione alla linguistica storica
Il sistema
dellindoeuropeo:
otto casi
Il sistema di casi che si ricostruisce generalmente per lindoeuropeo com-
prende otto casi: nominativo, genitivo, accusativo, dativo, strumentale,
locativo, ablativo e vocativo. In ittita esiste un altro caso, chiamato diretti-
vo, che presenta una desinenza attestata in avverbi di luogo in alcune altre
lingue indoeuropee.
Esaminiamo brevemente la funzione dei casi che possiamo ricostruire per
lindoeuropeo. Questa ricostruzione si basa in parte sul sanscrito e in parte
sul confronto con le altre lingue indoeuropee pi antiche.
Nominativo: il caso
del soggetto
3.3.1. Nominativo Il nominativo un caso grammaticale, la cui funzione
quella di indicare il soggetto del verbo. Nellesempio [9], il sostantivo se-
nex in nominativo ed il soggetto del verbo venit, con cui concorda.
Genitivo: il caso
della dipendenza
nominale
3.3.2. Genitivo Anche il genitivo un caso essenzialmente grammaticale,
e ha la funzione di indicare la dipendenza nominale. Un sintagma nomina-
le che funge da modicatore di un altro sintagma nominale esso in caso
genitivo, come in:
[10] domus
casa:nom.f
patris
padre:gen.m
la casa del padre;
[11] horror
paura:nom.m
vacui
vuoto:gen.n
paura del vuoto;
[12] en [...] t
en [...] ti
paide ysei
paidesei
t vn
tn
neot ervn
neotr on
in art.dat.f istruzione:dat.f art.gen.pl.m giovane:comp.gen.
pl.m
nellistruzione dei giovani (Isoc. 4.159).
Dal punto di vista semantico, il rapporto fra testa e modicatore in un sin-
tagma genitivale pu essere svariato, come indicano gli esempi citati. In
[10] troviamo un genitivo possessivo; in [11] e [12] invece la relazione di
altro tipo. In particolare, in [11] abbiamo il cosiddetto genitivo soggettivo
(il sintagma paura del vuoto signica il vuoto (soggetto) incute paura (og-
getto diretto)), mentre in [12] abbiamo un genitivo oggettivo (leducazione
dei giovani equivale a qualcuno educa i giovani).
Il genitivo
e lespressione
del possesso
Spesso la costruzione genitivale viene usata per esprimere il possesso, come
in [10]. Luso della modicazione nominale per esprimere il possesso co-
mune a molte lingue anche non indoeuropee. In una costruzione possessi-
va che comporti la presenza di un modicatore nominale, possessore e pos-
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
189
seduto sono sintatticamente legati in maniera da appartenere allo stesso
sintagma nominale. Questo vero delle lingue che abbiano un caso geniti-
vo, ma anche delle lingue, come litaliano, che usano la preposizione tipica
della modicazione nominale (in italiano di).
Accusativo: il caso
delloggetto diretto
3.3.3. Accusativo Laccusativo nelle lingue indoeuropee ha due importan-
ti funzioni. La prima grammaticale e consiste nellindicare loggetto di-
retto dei verbi transitivi, come nel caso del sintagma nominale simulacrum
suum la propria immagine:acc in [13]:
[13] canis
cane:nom
in speculo
in specchio:abl
vidit
vedere:pf.3sg
simulacrum
immagine:acc
suum
proprio:acc
un cane vide la propria immagine nello specchio (dellacqua) (Fe-
dro 1.4).
Accusativo
di direzione
La seconda funzione invece quella di indicare un particolare ruolo seman-
tico, cio direzione con verbi di moto, come vediamo negli esempi [14] dal
latino e [15] dal sanscrito:
[14] eo
andare:prs.1sg
Romam
Roma:acc
vado a Roma;
[15] nagara
.
m
citt:acc
tv am
tu:acc
nay ami
portare:prs.1sg
ti porto in citt.
In [14] e [15] gli accusativi Romam Roma e nagara
.
m citt funzionano
come allativi entrando nel sottosistema dei casi spaziali, di cui fanno parte
anche ablativo (che indica la provenienza) e locativo (che indica luogo). Il
nome allativo viene usato per indicare il caso del moto a luogo nella gram-
matica delle lingue ugronniche, che hanno sistemi di casi spaziali molto
pi complessi di quelli delle lingue indoeuropee. Si osservi inoltre che le-
sempio [15] contiene un verbo di moto transitivo portare e ha due accusa-
tivi: tv am te, che indica loggetto diretto, e nagara
.
m citt che indica la
direzione.
Il caso direttivo Pare che lindoeuropeo non avesse un caso allativo distinto dallaccusativo;
tuttavia, nellittita arcaico la funzione dellaccusativo qui esemplicata
svolta da un caso speciale, chiamato direttivo, che ha appunto la funzione
190
Introduzione alla linguistica storica
di esprimere direzione con verbi di moto e che non esiste nelle altre lingue
indoeuropee:
[16] su = wa
conn ptc
uru
hattusa
Hattusa:dir
hengani
morte:d/l
paun
andare:pret.1sg
sono andato a Hattusa alla morte (StBoT17, rev. 5-6 = Otten, 1973).
In [16] il nome di citt
uru
hattusa presenta il direttivo di un tema in -a-
(temi in -o- indoeuropei); laccusativo, che di norma in ittita non usato
in questa funzione, sarebbe
uru
hattusan.
La desinenza del direttivo potrebbe risalire a un sufsso avverbiale, attesta-
to anche nelle altre lingue in avverbi spaziali. Il fatto che questo sufsso
possa essere stato integrato nella essione fa pensare che il sistema dei casi
indoeuropeo, almeno limitatamente ai casi spaziali, fosse in realt pi ui-
do di quanto non si ricostruisca tradizionalmente (e soprattutto sulla base
del sanscrito).
Dativo: il caso
delloggetto indiretto
3.3.4. Dativo Il dativo ha come funzione sintattica quella di indicare log-
getto indiretto, cio il terzo argomento dei verbi trivalenti come dire
(esempio [17], gotico) o dare (esempio [18], latino):
[17] qisan
dire:part
ist
essere:prs.3sg
sam
art.dat.pl
airizam:
anziano:dat.pl
ni
non
ufarswarais
spergiurare:prs.2sg
stato detto agli anziani: non spergiurate (Mt. 5.33);
[18] hos
dim.acc.pl.m
agros
campo:acc.pl.m
quos
rel.acc.pl.m
Sulla
Silla:nom.m
nemini
nessuno:dat.m
dedit
dare:pf.3sg
quei campi che Silla non diede a nessuno (Cic. Agr. 3.12.6).
In [17] troviamo un terzo argomento in dativo sam airizam agli anziani
con un verbo di dire, mentre in [18] il dativo nemini a nessuno il terzo
argomento del verbo dare.
Oggetto indiretto:
una denizione
problematica
La denizione della relazione grammaticale di terzo argomento in lingue
come quelle indoeuropee non sullo stesso piano della denizione di sog-
getto (primo argomento) e oggetto (secondo argomento). Infatti, per de-
nire soggetto e oggetto impieghiamo in larga misura criteri morfosintattici:
il soggetto, in lingue come quelle indoeuropee, per lo pi causa accordo
con il verbo, mentre loggetto diretto entra in altri processi morfosintattici,
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
191
come il passivo. Inoltre, lomissione del soggetto e delloggetto regolata
in maniera precisa, come vedremo nel cap. 5.
Loggetto indiretto da un lato riempie una valenza del verbo, ma da un al-
tro lato non ci sono chiare tracce morfosintattiche di questo: anzi, non
assolutamente chiaro che tutti i verbi trivalenti abbiano un oggetto indiret-
to o che solo i verbi con oggetto indiretto siano trivalenti. Esistono verbi
bivalenti che hanno un costituente che non un oggetto diretto, ma questi
si comportano in maniera diversa: per esempio, non ammettono il passivo,
oppure hanno un passivo speciale, come capita con il verbo latino pare o
obbedisco:
[19] milites
soldato:nom.pl.m
imperatori
comandante:dat.m
parent
obbedire:prs.3pl
i soldati obbediscono il/al comandante;
[19] imperatori
comandante:dat.m
paretur
obbedire:prs.3sg.p
a militibus
da soldato:abl.pl.m
?il comandante viene obbedito dai soldati.
In latino, questo tipo di verbi ha un passivo impersonale, che non am-
messo in italiano (non si pu dire *al comandante viene obbedito da parte
dei soldati).
Invece, per i verbi trivalenti lunica differenza fra quelli che hanno un terzo
argomento in dativo e quelli di altro tipo (per esempio, verbi di moto tran-
sitivi, come nellesempio [15]) risiede nel signicato del verbo e nel fatto
che il terzo argomento denota di norma un essere umano e ha il ruolo se-
mantico di ricevente o destinatario.
Vediamo quindi che nella denizione di oggetto indiretto non possiamo
pi separare il valore grammaticale del caso dal suo possibile valore seman-
tico, come abbiamo fatto per nominativo, accusativo e genitivo.
Dativo di possesso Il dativo ha poi nelle lingue indoeuropee alcune altre importanti funzioni.
Per esempio, questo caso pu indicare il possesso. Vediamo in primo luogo
la costruzione con il verbo essere con un esempio greco:
[20] o k dion
oikdion
casetta:n/a
esti
sti
essere:prs.3sg
moi
moi
1sg.dat
diplo yn
diplon
due.piani:n/a
ho una casetta a due piani (Lis. 1.9).
Il dativo compare molto spesso con pronomi personali e in espressioni di
possesso inalienabile, come per esempio con parti del corpo:
192
Introduzione alla linguistica storica
[21] h
h
e
dim.nom.f
o i
hoi
3sg.dat
go ynat
gonat
ginocchio:n/a.pl
ekysse
kusse
baciare:aor.3sg
ella gli baci le ginocchia (Il. 8.371).
Possesso alienabile
vs. possesso
inalienabile
In molte lingue il possesso inalienabile indicato in maniera diversa dal
possesso alienabile. Nel possesso inalienabile la relazione fra possessore e
posseduto come una relazione di parte e tutto: le entit che sono oggetto
di possesso inalienabile sono entit che, stando alle nostre conoscenze enci-
clopediche, un possessore di un certo tipo possiede sicuramente. Pertanto,
anche se questa relazione espressa come il possesso alienabile essa molto
diversa. Se dico per esempio:
[22] Mio fratello ha una bicicletta,
avere signica davvero possedere. Se per dico:
[23] Mio fratello ha due gambe,
la rilevanza dellinformazione non immediatamente chiara: in particolare
non chiaro in che contesto possa essere usata una frase di questo genere e
neanche chiaro in che senso una persona possa possedere le proprie gambe,
che ne sono una parte. Altre entit che possono essere concettualizzate come
possesso inalienabile sono le persone con cui si intrattiene parentela, o por-
zioni di spazio in cui determinate entit sono normalmente localizzate.
Questo uso del dativo tipico delle lingue indoeuropee ed comune anche
allitaliano, come evidenziato dalla traduzione dellesempio [21]. Sintatti-
camente, questo tipo di costruzione detta con possessore esterno. Rispet-
to alla dipendenza nominale instaurata dal genitivo, che ha leffetto di riu-
nire possessore e posseduto in un unico sintagma nominale, con il dativo il
possessore rimane sintatticamente slegato dal posseduto: troviamo cio due
costituenti nominali diversi. Sintatticamente quindi il legame meno
stretto. In altre parole se il possesso meno prevedibile (alienabile) deve es-
sere espresso con mezzi sintattici pi stretti; se invece prevedibile (inalie-
nabile) sono sufcienti mezzi sintattici meno stretti.
Dativo e animatezza Dalla trattazione di questo paragrafo, risulta che il caso dativo presentava
nelle lingue indoeuropee una notevole tendenza a comparire per lo pi
con nomi che avevano referente animato. Si pu comunque ricostruire
anche una funzione specica del dativo con inanimati, in particolare con
nomi astratti, cio quella di indicare il ne o lo scopo di unazione, come
la forma hengani morte:d/l nellesempio ittita [16]. Questa funzione
propria anche del dativo in latino e sanscrito e, pi limitatamente, nel gre-
co antico.
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
193
Strumentale
di strumento
3.3.5. Strumentale Il caso strumentale ha come funzione principale quel-
la di denotare lo strumento usato da un agente per compiere unazione:
[24] quos
rel.acc.pl.m
ferro
ferro:abl.n
trucidari
trucidare:prs.inf
oportebat,
bisognare:impf.3sg
eos
dim.acc.pl.m
nondum
non.ancora
voce
voce:abl.f
volnero
ferire:prs.1sg
non colpisco neppure a parole quelli che bisognava trucidare con la
spada (Cic. Catil. 1.9.1).
In [24] troviamo due sintagmi nominali in ablativo, il caso che in latino
sostituisce lo strumentale indoeuropeo, ferro con la spada e voce con la
voce. Entrambi hanno funzione di strumento.
Strumentale di causa Unaltra funzione che si pu certamente ricostruire per lo strumentale in-
doeuropeo quello di denotare la causa di un evento, come possiamo ve-
dere in sanscrito:
[25] avidyay a
ignoranza:strum.f
iva
ptc
tad
dim.n/a
ahu
.
h
dire:pf.3pl
invero, dicono questo per ignoranza (Aitareya Br ahma
.
na 1.11.10).
In [25] lo strumentale avidyay a per ignoranza indica la causa dellevento
denotato dal verbo.
Altri esempi di strumento e causa sono i costituenti curru carro:abl e
metu paura:abl negli esempi latini [9] e [9]. In latino, il caso co-
munemente chiamato ablativo continua soprattutto lo strumentale in-
doeuropeo e ha funzione di ablativo solo in determinati contesti oppure
con toponimi.
Locativo:
localizzazione nello
spazio e nel tempo
3.3.6. Locativo Il locativo indica il luogo in cui un evento ha luogo; lo
troviamo conservato per esempio in sanscrito:
[26] asti
essere:prs.3sg
Hastinapure
Hastinapura:loc.m
Karpuravilaso
Karpuravilasa:nom.m
n ama
nome:n/a
rajaka
.
h
lavandaio:nom.m
c a Hastinapura un lavandaio di nome Karpuravilasa (dallHi-
topadesa).
Nellesempio [26] troviamo un nome di citt in locativo, Hastinapure, che
indica luogo.
194
Introduzione alla linguistica storica
Come le altre determinazioni spaziali, anche quelle in locativo possono es-
sere usate sia in riferimento allo spazio, come in [26], sia in riferimento al
tempo, come in scr. t
.
rtiye divase lat. die tertio il terzo giorno. La concet-
tualizzazione del tempo in termini di spazio sembra essere comune alla
grande maggioranza delle lingue umane (vedi Haspelmath, 1997).
Ablativo:
provenienza e causa
3.3.7. Ablativo Lablativo indica provenienza, come abbiamo gi visto
nellesempio latino [9]. Dal concetto di provenienza deriva su un piano
pi astratto il concetto di causa, come lablativo tsm ad naso per questo
peccato nel seguente esempio sanscrito:
[27] m
a
neg
nas
1pl.acc
tsm ad
dim.abl.n
naso
peccato:abl.n
deva
dio:voc
rri
.
sa
.
h
danneggiare:aor.2sg
oh dio, non farci patire per questo peccato (RV. vii 89
5
).
Il vocativo
ha funzione diversa
dagli altri casi
3.3.8. Vocativo Ho lasciato per ultimo il vocativo, perch la sua funzione
diversa da quella degli altri casi: il vocativo infatti non indica il rapporto
di un nome con qualche altra parte di una frase, ma segnala che un costi-
tuente in un certo senso al di fuori della frase, o costituisce una frase a s
con funzione appellativa.
Il vocativo viene usato per chiamare qualcuno o nelle esclamazioni. Con-
formemente alla sua natura, che lo pone al di fuori del sistema casuale dal
punto di vista della funzione, il vocativo si colloca allesterno di questo si-
stema anche dal punto di vista morfologico: esso ha infatti desinenza
nella essione atematica e presenta il tema senza desinenza (cio la vocale
tematica, di solito a grado -e) in quella tematica, come nellesempio che
segue:
[28] Vgaw` e
ogath
oh + buono:voc.m
Krat yle,
Kratle
Cratilo:voc.m
waym azv
thaumz o
meravigliarsi:prs.1sg
ka`
ka
anche
a yt ` oq
auts
dim.nom.m
p alai
plai
da.tempo
t ` hn
t
en
art.acc.f
emayto y
emauto
io.stesso:gen.m
soW an
sophan
sapienza:acc.f
Oh buon Cratilo, io stesso mi meraviglio da tempo della mia sa-
pienza (P. Crat. 428d).
Afnit fra vocativo
e imperativo
Dal punto di vista della funzione e delluso nella comunicazione, il vocati-
vo simile allimperativo, in quanto ha come ambito il ricevente. Questa
somiglianza riessa nella forma, dato che anche limperativo di seconda
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
195
singolare ha desinenza per i verbi atematici e puro tema per i verbi te-
matici.
4. Il verbo
Il verbo indoeuropeo aveva un carattere altamente essivo; in particolare
era grammaticalizzato laspetto, che era espresso per lo pi attraverso lal-
ternanza apofonica e in certi casi anche il suppletivismo (cap. 4 par. 4.1).
Altre categorie essive che possiamo ricostruire per il verbo indoeuropeo
sono il modo (cap. 4 par. 4.2) e la diatesi (cap. 4 par. 4.3). Il verbo nito
presentava come categorie di accordo persona e numero.
Temi aspettuali
e valore temporale
4.1. Tempo e aspetto Tratto insieme tempo e aspetto anche se si tratta di
due categorie diverse, perch i temi aspettuali del verbo nelle lingue in-
doeuropee hanno preso in misure diverse anche valore temporale. Come
ho gi detto nel paragrafo precedente lespressione dellaspetto primaria
rispetto a quella del tempo.
Il verbo indoeuropeo distingueva un aspetto perfettivo da un aspetto im-
perfettivo. Troviamo unopposizione di questo genere anche in italiano, se
esaminiamo i valori dei diversi tempi passati del verbo. Paragoniamo le due
frasi:
[29] Maria faceva i compiti;
[30] Maria ha fatto i compiti.
Nel primo caso, sappiamo che Maria svolgeva una certa attivit, ma la frase
non dice se labbia portata a termine. Laspetto del verbo imperfettivo,
perch lazione concettualizzata nel suo svolgimento. Nel secondo caso,
invece, sappiamo che Maria ha nito di fare i compiti: lazione stata com-
pletata e laspetto del verbo perfettivo. Normalmente, limperfetto si usa
quando si vuole presentare una certa azione come sfondo di unaltra:
[31] Maria faceva/stava facendo i compiti quando arrivato suo fratello.
Natura imperfettiva
del tempo presente
Il presente per denizione descrive unazione nel suo svolgimento e quindi
di norma imperfettivo:
[32] Maria mangia/sta mangiando la pasta.
Limperfettivo pu anche avere valore di abituale; questo vero in italiano
sia per il presente sia per limperfetto, come vediamo in:
196
Introduzione alla linguistica storica
[33] Maria mangia/mangiava la pasta tutte le sere.
In indoeuropeo ricostruiamo unopposizione di questo genere, fra perfetti-
vo e imperfettivo. Questa opposizione si conserva soprattutto in greco, nel-
lopposizione fra presente e imperfetto (imperfettivi) da un lato e aoristo
(perfettivo) dallaltro. In generale, lopposizione fra i due aspetti era indi-
cata da gradi apofonici diversi, come possiamo vedere dal greco (vedi capp.
2 e 3): phegein We ygein fuggire:inf.prs (imperfettivo) phugen Wygen
fuggire:inf.aor (perfettivo).
Il presso
del passato
(aumento)
Anticamente, lopposizione fra presente e aoristo doveva essere solo aspet-
tuale, ma nelle lingue indoeuropee almeno in parte laoristo ha acquisito
anche valore temporale di passato. Il valore di passato espresso dallag-
giunta del presso e- (aumento, vedi cap. 3 par. 8.2), che si premette ai
tempi storici dellindicativo, cio limperfetto (passato imperfettivo) e lao-
risto (passato perfettivo). Vediamo lesempio che segue:
[34] oi
hoi
art.nom.pl
tam ai [...]
tamai [...]
amministratore:nom.pl
en
en
in
st elei
stlei
stele:dat.f
anagraWs anton
anagraphsnton
incidere:imper.aor.3pl
mi aii
miii
uno:dat.f
apanta [...]
hpanta
tutto:n/a.pl
ka`
ka
e
t ` o
t
art.n/a
loip ` on
loipn
resto:n/a
anagraW onton
anagraphnton
scrivere:imper.prs.3pl
o i
hoi
art.nom.pl
a e`
aie
successivamente
tam ai
tamai
amministratore:nom.pl
eq
es
in
st elen
stlen
stele:acc.f
che gli amministratori scrivano tutto questo su una stele e che i
successivi amministratori scrivano sempre su una stele (IG I 52 A
22).
In [34] troviamo due occorrenze dello stesso verbo, anagrphein anagr a-
Wein scrivere, incidere. La prima un aoristo e indica unazione puntuale,
da compiersi una sola volta: in questo caso, la prima di una serie di azioni,
quella con cui si stabilir unusanza. La seconda occorrenza del verbo, un
presente, indica azione abituale, conformemente al valore imperfettivo del
presente, e si riferisce al fatto che la stessa azione andr ripetuta a ogni ne-
cessit nel futuro.
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
197
Valore
non aspettuale
del perfetto
Le lingue indoeuropee lasciano poi ricostruire un ulteriore tempo verbale,
chiamato perfetto, che aveva un tema speciale, formato, come in greco e in
sanscrito, con il raddoppiamento (vedi cap. 2 par. 6.3). Il nome di perfet-
to non deve trarre in inganno: questo tempo verbale non ha niente a che
fare con laspetto perfettivo. Il perfetto infatti non ben definibile non solo
come tempo, ma neanche come aspetto, come vedremo qui di seguito.
Perfetto stativo
e risultativo
In origine, il perfetto indoeuropeo denotava uno stato (infatti molti verbi
stativi non avevano un perfetto; vedi Di Giovine, 1990) e rientrava forse
meglio nel sistema di diatesi (vedi cap. 4 par. 4.3), che in quello temporale o
aspettuale. Presto, il perfetto svilupp anche un significato risultativo. Il va-
lore originario del perfetto si trova in alcune forme greche. In greco esistono
verbi che hanno due forme di perfetto, una pi antica intransitiva, con va-
lore stativo (denota uno stato del soggetto) e unaltra spesso transitiva con
valore risultativo (denota un avvenuto cambio di stato delloggetto). Tro-
viamo da prss o pr assv faccio ppraga p epraga (fare:pf.1sg intrans.) ho
avuto successo, ce lho fatta vs. pprakha p epraxa (fare:pf.1sg trans.) ho
fatto (qualcosa) e da peth o pe wv persuado ppoitha p epoiwa (persuade-
re:pf.1sg intrans.) mi fido, sono persuaso vs. ppeika p epeika (persua-
dere:pf.1sg trans.) ho persuaso (qualcuno).
Non possibile
ricostruire il futuro
indoeuropeo
Come abbiamo gi visto, la principale distinzione temporale era quella fra
presente e passato. Molte della lingue indoeuropee presentano delle forma-
zioni di futuro, ma nessuna pu essere ricostruita per lindoeuropeo comu-
ne. Lopposizione temporale doveva esistere in un primo tempo solo nel-
lindicativo, come ancora nel greco antico, dove ai tempi passati dellindi-
cativo si aggiunge un particolare presso, detto aumento, che aveva in ori-
gine la funzione di indicare tempo passato: ph o W yv nasco phuon eWyon
nascevo phun eWyn sono per natura ( < sono per esser nato cos). Mor-
fologicamente queste forme corrispondono al sanscrito: bhav ami sono
abhavam ero stato abh uvam sono stato; in sanscrito per il valore aspet-
tuale dellopposizione fra tema del presente e tema dellaoristo non conti-
nuata; imperfetto e aoristo si oppongono per differenze nella deissi tempo-
rale (vedi cap. 4 par. 8.3).
Solo le asserzioni
possono essere
negate
4.2. Modo e modalit La modalit una propriet semantica dei singoli
enunciati. Possiamo denirla come latteggiamento che lemittente ha ri-
spetto a un dato enunciato.
Una prima distinzione quella fra enunciati assertivi e altri tipi di enun-
ciato. Le asserzioni, come per esempio:
[35] Oggi piove,
hanno fra le loro principali propriet quella di poter essere negate:
198
Introduzione alla linguistica storica
[35] Oggi non piove.
Lenunciato [35] ha un dato valore di verit: possiamo dire che vero
se [35] falso.
Con enunciati che presentano altri tipi di modalit la negazione non fun-
ziona in questo modo. Si veda per esempio [36], che contiene un ordine:
[36] Apri la nestra!
vero che anche a questo enunciato possiamo aggiungere una negazione,
come in:
[36] Non aprire la nestra!
ma il rapporto fra queste due frasi non lo stesso che quello fra [35] e [35].
In particolare, [36] non ha un valore di verit: gli ordini sono enunciati
non fattuali e come tali non sono n veri n falsi. Infatti [36] non rappre-
senta la negazione di [36], ma semplicemente un ordine diverso.
Simili agli ordini sono i desideri:
[37] Fosse vero che il treno arriver presto!
[37] Non fosse vero che il treno arriver presto!
Non sempre diverse
modalit
sono espresse
da diversi modi
Negli esempi visti sopra troviamo che la modalit degli enunciati espressa
in italiano da specici modi del verbo: indicativo per le asserzioni, impera-
tivo per gli ordini e congiuntivo per i desideri. Non sempre per a una data
modalit corrisponde un modo verbale. Per esempio, nelle domande tro-
viamo in italiano lindicativo, ma esse sono ben diverse dalle asserzioni,
come di nuovo possiamo vedere dallaggiunta di una negazione:
[38] arrivato il treno?
[38] Non arrivato il treno?
Anche in questo caso, lenunciato non ha un valore di verit che possa esse-
re negato: infatti la domanda in [38] ha sostanzialmente lo stesso signica-
to della domanda in [38], come evidenziato dal fatto che per entrambe le
risposte possono essere s o no. Che le domande non abbiano un modo ver-
bale specico un fatto che riscontriamo in molte lingue. Probabilmente,
ci dovuto alla caratteristica delle domande di differenziarsi dalle asser-
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
199
zioni per la curva intonazionale con cui vengono pronunciate: in italiano,
le asserzioni presentano una curva intonazionale discendente, mentre le
domande presentano una curva intonazionale ascendente.
Aspettative
e adesione
dellemittente
Lemittente pu poi esprimere aspettative rispetto al fatto che un evento si
verichi. Si pu avere per esempio modalit potenziale, se un evento po-
trebbe vericarsi in certe condizioni:
[39] Uscirei (se non piovesse);
oppure controfattuale o irreale, se un evento non ha possibilit di veri-
carsi:
[40] Se non fossi caduto dalle scale, non mi sarei rotto una gamba.
Questi tipi di modalit sono espressi in italiano dal condizionale.
Il condizionale italiano ha anche unaltra funzione, cio quella di permet-
tere allemittente di prendere le distanze dal contenuto di un enunciato,
dimostrando un basso grado di adesione. Confrontiamo le due frasi che
seguono:
[41] Il presidente del Consiglio ha rassegnato le dimissioni;
[41] Il presidente del Consiglio avrebbe rassegnato le dimissioni.
Entrambi gli enunciati possono essere negati:
[41] Il presidente del Consiglio non ha rassegnato le dimissioni;
[41] Il presidente del Consiglio non avrebbe rassegnato le dimissioni.
In [41] e [41] lemittente d la sua adesione al valore di verit di quanto ri-
portato. In [41] e [41] invece lemittente prende le distanze: ha cio un
atteggiamento che implica che non ha avuto modo di controllare il valore
di verit dellasserzione. Questo espresso in italiano dal modo condizio-
nale, che in questo caso ha funzione di evidenziale.
Nelle lingue che non hanno un evidenziale, il grado di adesione dellemit-
tente al valore di verit dellenunciato si esprime con avverbi:
[42] Three soldiers have been killed by friendly re
tre soldati sono stati uccisi da fuoco amico;
[42] Reportedly three soldiers have been killed by friendly re
tre soldati sarebbero stati uccisi da fuoco amico.
200
Introduzione alla linguistica storica
In [42] lavverbio reportedly ha la stessa funzione del condizionale in [41],
cio indica che lemittente non d unadesione completa al contenuto del-
lenunciato.
Oltre che dal modo verbale e da avverbi, la modalit pu essere espressa da
una serie di verbi, detti appunto verbi modali: in italiano dovere, potere e
volere.
Uso dei modi in frase
indipendente
e in frase
subordinata
Abbiamo gi visto nel caso delle domande che modalit e modo verbale
non si ricoprono: non tutte le modalit sono indicate da specici modi ver-
bali; inoltre i modi verbali possono avere funzioni diverse da quella di
esprimere modalit. In particolare, luso dei modi in frasi dipendenti di-
verso dal loro uso in frasi principali. In italiano, per esempio, il congiunti-
vo in frase dipendente spesso solo un segnale della subordinazione e
come tale obbligatorio (almeno nello standard):
[43] Ho paura che piova ~ *ho paura che piove.
Nel resto di questo paragrafo parleremo dei modi verbali nelle lingue in-
doeuropee antiche, lasciando da parte le altre possibili maniere di esprime-
re la modalit.
I modi
dellindoeuropeo:
indicativo
e imperativo
La ricostruzione dei modi niti non semplice. Sicuramente esisteva ac-
canto allindicativo un imperativo come modo degli ordini: si tratta dellu-
nico modo nito oltre allindicativo attestato in tutte le lingue indoeuro-
pee, compreso lanatolico. Possiamo quindi senzaltro ricostruire un siste-
ma di modi minimale che comprende indicativo e imperativo. Questa ri-
costruzione riprende il sistema dellanatolico, in cui altre modalit possono
essere indicate con luso di una particella e i diversi tempi dellindicativo.
Mentre lindicativo il modo delle asserzioni, limperativo il modo degli
ordini. Limperativo ha una funzione simile a quella che , per il nome, la
funzione del vocativo, in quanto focalizzato sul ricevente. Anche limpe-
rativo, per lo meno per la seconda persona singolare, ha desinenza ; nella
essione tematica, ci signica che la desinenza della seconda persona sin-
golare dellimperativo corrisponde alla vocale tematica:
[44] da
dare:imper.prs.2sg
mi
1sg.dat
basia
bacio:n/a.pl
mille
mille
dammi mille baci (Catul. 5.7).
Per la maggior parte, le lingue indoeuropee hanno forme di imperativo di
seconda e terza persona; littita per ha anche una forma di prima singola-
re, che esprime la volont o il desiderio di fare qualcosa: una funzione si-
mile a quella dellottativo (o in italiano del congiuntivo). Si veda per
esempio:
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
201
[45] teshit
sogno:strum
uwallu
vedere:imp.1sg
che io possa vedere per mezzo di un sogno (Friedrich, 1960, p. 130).
I modi
dellindoeuropeo:
ottativo
e congiuntivo
In base alle altre lingue indoeuropee, ricostruiamo un sistema di modi pi
complesso, che comprende per lo meno un ottativo e un congiuntivo. La
funzione dellottativo doveva essere quella di esprimere desideri e modalit
potenziale; in alcune lingue, come il greco antico, questo modo aveva an-
che la funzione di evidenziale. Il congiuntivo in frase indipendente compa-
re soprattutto nelle esortazioni: per la prima persona plurale supplisce al-
limperativo (come per altro in italiano):
[46] vivamus,
vivere:cong.prs.1pl
mea
poss.1sg.voc.f
Lesbia,
Lesbia:voc.f
atque
e
amemus
amare:cong.prs.1pl
viviamo, mia Lesbia, e amiamoci (Catul. 5.1).
Nelle grammatiche scolastiche, siamo abituati a parlare di modi non niti
in riferimento a forme verbali quali i participi, gli inniti e i gerundi. Dato
che queste forme hanno funzione del tutto diversa dai modi niti, e in par-
ticolare non esprimono modalit, le tratteremo in un paragrafo apposito
(cap. 4 par. 5).
In italiano il passivo
assume
la prospettiva
del paziente
4.3. Diatesi In italiano, siamo abituati a opporre due diatesi, attivo e pas-
sivo. Normalmente, pensiamo che il passivo sia in qualche modo seconda-
rio rispetto allattivo e che si usi in circostanze particolari, per esempio se si
vuole assumere la prospettiva del paziente, piuttosto che quella dellagente,
come risulta dal confronto di:
[47] Tutti gli amici hanno festeggiato Giovanni;
[47] Giovanni stato festeggiato da tutti gli amici.
La nostra convinzione che il passivo sia in un certo senso derivato dallatti-
vo anche confortata dal fatto che in italiano, come daltronde in tutte le
altre lingue romanze e nelle lingue germaniche, il passivo presenta forme
verbali perifrastiche, anzich forme sintetiche come lattivo.
Passivo e riduzione
di valenza
Rispetto allattivo, il passivo comporta una riduzione nella valenza del ver-
bo: un verbo transitivo, quindi bivalente, ha un corrispondente passivo che
monovalente. Lunico argomento del verbo passivo il paziente, che cor-
risponde alloggetto dellattivo. Lagente viene eliminato dalla valenza: una
importante funzione del passivo proprio quella di far diventare marginale
202
Introduzione alla linguistica storica
lagente, che pu non essere espresso se non noto o se non gli si vuol dare
rilevanza. Ben diverso infatti dire:
[48] I soldati hanno ucciso due civili a un posto di blocco;
dal dire:
[49] Due civili sono stati uccisi a un posto di blocco.
Lopposizione di diatesi che si ricostruisce per lindoeuropeo molto diver-
sa da questa. Le lingue antiche attestano infatti la presenza di una terza dia-
tesi, detta medio, che inizialmente non aveva valore di passivo; soprattutto
in base al greco e allindoiranico, inoltre, si riconosce facilmente il carattere
recente del passivo.
scheda 2 Tipi di eventi
Una predicazione denota uno stato di cose, o evento. Questi due termini vengono
usati da alcuni studiosi in maniera intercambiabile (come far io in queste pagine),
altri considerano gli eventi un tipo particolare di stati di cose, altri ancora introdu-
cono, sempre con la stessa accezione, anche il termine situazione. Gli stati di cose
che si possono vericare nella realt sono potenzialmente inniti, come innite
sono le differenze che li possono distinguere. Una classicazione dei tipi di stati di
cose comporta quindi necessariamente una forte generalizzazione.
Studiosi diversi hanno fornito classificazioni diverse in base ai tratti che ritene-
vano rilevanti. Ogni classificazione ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi: dico
questo per chiarire da subito che i criteri che illustrer qui di seguito conducono
a classificazioni in parte discrepanti, perch discrepanti sono le teorie esistenti
in proposito.
Un criterio generalmente impiegato per classicare gli stati di cose se essi com-
portino una dinamicit sullasse temporale o se siano invece stabili nel tempo. Nel
primo caso parliamo di processi , nel secondo di stati . Un processo per esempio:
[i] Il ghiaccio si scioglie.
Questo evento dinamico, cio ha un suo svolgimento nel tempo, inoltre telico
(dal greco tlos ne, scopo), in quanto ha un inizio e una ne. Invece:
[ii] Giovanni ha gli occhi azzurri
denota un evento stabile nel tempo, che non ha n inizio n ne. pertanto atelico
e non dinamico.
Processi e stati del tipo visto in [i] e [ii] non comportano la presenza di un agente
che agisca intenzionalmente. Se introduciamo un agente abbiamo uno stato di cose
che chiamiamo azione:
[iii] Maria ha mangiato tutta la pasta.
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
203
In [iii] levento causato da un agente e il paziente subisce un cambiamento di sta-
to. Si tratta di un evento dinamico che ha un inizio e una fine ed pertanto telico.
Non tutti gli eventi in cui implicato un agente per sono telici. Possiamo avere
per esempio:
[iv] Maria cammina per strada.
Questo evento ha s una dimensione temporale, ma presentato come durativo,
senza una ne precisa. Essendo caratterizzato ancora dalla presenza di un agente
che agisce intenzionalmente, possiamo denire anche [iv] unazione.
Secondo una classicazione spesso usata, si introduce invece una distinzione fra
[iii] e [iv]. In questa classicazione per lintenzionalit non ritenuta un parame-
tro rilevante e il termine azione non viene usato. Si raggruppano invece gli stati di
cose in quattro gruppi:
atelico telico
stati achievements
attivit accomplishments
(i due termini inglesi sono di difcile traduzione italiana; per mantenere la distin-
zione possiamo rendere achievement con raggiungimento e accomplishment con
compimento).
Lintenzionalit e il controllo su uno stato di cose non sono parametri pertinenti a
questa classicazione, infatti achievements e attivit possono essere ugualmente
intenzionali o non intenzionali:
[v] Giovanni arrivato (intenzionale, achievement );
[vi] Il vetro si rotto (non intenzionale, achievement );
[vii] Maria telefona (intenzionale, attivit);
[viii] La porta scricchiola (non intenzionale, attivit).
Gli accomplishements corrispondono alle azioni che comportano un cambiamento
di stato nel paziente, come nellesempio [iii].
Altre possibili classicazioni degli stati di cose sono state proposte da altri studiosi,
a riprova del fatto che non semplice individuare delle classi soddisfacenti. Per
esempio, nella Functional Grammar (vedi Dik, 1978), si usa la seguente classica-
zione, in cui lintenzionalit ha carattere strutturale:
+ int. int.
+ din. azione + din. processo
+ int. int.
din. posizione din. stato
Come posizione si intende in questo contesto per esempio lo stato di cose denotato
da avere in:
[ix] Giovanni ha un libro,
che normalmente viene invece classicato come stato. In questa classicazione
eventi denotati da frasi come [i] e [viii], che avevamo classicato in maniera diver-
204
Introduzione alla linguistica storica
sa seguendo i criteri dati nella classicazione precedente, sono invece entrambi
processi. Infatti, al contrario della prima classicazione, in questa seconda s dato
rilievo allintenzionalit, ma viene trascurata la telicit dellevento.
Per unanalisi dettagliata dei tipi di stati di cose denotati dei verbi italiani rimando
a Bertinetto (1986).
Il valore del medio Per ricostruire il signicato originario delle due diatesi indoeuropee, attivo
e medio, iniziamo a considerare il valore del medio in greco. Essenzialmen-
te questa diatesi indicava un particolare coinvolgimento del soggetto in un
certo stato di cose. Il medio non operava necessariamente sulla valenza: an-
che verbi transitivi potevano comparire nel medio, come si vede dal se-
guente esempio:
[50] ote bvmo ` yq
ote b omos
neg altare:acc.pl
poie yntai
poientai
fare:prs.m/p.3pl
o yte p yr
ote pr
neg fuoco:n/a
anaka oysi
anakaousi
accendere:prs.3pl
m ellonteq
mllontes
stare.per:prs.part.nom.pl
w yein
thein
sacricare:prs.inf
quando devono sacricare, non costruiscono altari n accendono il
fuoco (Er. 1.132.1).
Qui il verbo poientai poie yntai fanno ha diatesi media. Esso indica che
lazione viene compiuta da qualcuno nel proprio interesse; si sarebbe potu-
to usare in questo contesto anche lattivo e lo stato di cose denotato sareb-
be stato lo stesso.
Medio e riessivo Lo stesso uso caratterizza il riessivo italiano che, come vedremo, ha molte
afnit semantiche col medio greco:
[51] Mi sono mangiato un bel piattone di pasta,
[51] Ho mangiato un bel piattone di pasta.
Anche in italiano, lo stato di cose denotato dalla frase con o senza riessivo
lo stesso. Ci che il riessivo aggiunge un senso di partecipazione mag-
giore da parte dellagente.
In molte lingue indoeuropee il medio ha poi assunto anche valore di passi-
vo: questo avvenuto per esempio in latino e in parte anche in greco, dove
la forma poientai poie yntai potrebbe anche esprimere un passivo e voler
dire vengono fatti. Facendo astrazione dal passivo, che una funzione se-
condaria del medio, le varie funzioni del medio in greco antico sono le se-
guenti: riessivo, pseudoriessivo (tipo: mi lavo le mani), reciproco, im-
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
205
personale, alto grado di coinvolgimento (come in [50] e nellesempio ita-
liano [51]).
Come abbiamo anticipato, in italiano queste stesse funzioni possono essere
svolte dal verbo nella forma riflessiva: infatti, il cosiddetto riflessivo italiano
ha in realt luso di una diatesi media. Possiamo osservare che luso del rifles-
sivo pu non ridurre la valenza, come in [51] (e come il medio greco in [50]).
Rimozione
dellagente
In altri contesti, il si pu essere simile al passivo nel ridurre la valenza del
verbo ma, a differenza del passivo, la rimozione dellagente totale: in ita-
liano, lagente infatti pu essere espresso o non espresso con il passivo, ma
di norma non con il si; inoltre, il passivo con agente inespresso lascia co-
munque intendere che un agente ha causato un certo stato di cose, mentre
il si lo presenta come spontaneo:
[52] Il vetro stato rotto (da qualcuno);
[52] Il vetro si rotto.
Verbi deponenti Nelle lingue indoeuropee troviamo numerosi verbi che, seguendo la termi-
nologia della grammatica latina, chiamiamo deponenti: si tratta di verbi
che presentano solo la diatesi media. Nelle lingue anatoliche, il numero di
verbi che presenta solo il medio molto alto ed accompagnato da altri
numerosi verbi che presentano solo lattivo. Molti indizi ci fanno ricostrui-
re per lindoeuropeo una situazione in cui la distribuzione delle due diatesi,
attivo e medio, in realt era lessicale: cio i verbi seguivano o la essione at-
tiva o la essione media. Il nucleo pi antico di verbi a essione media era
probabilmente costituito da verbi intransitivi che denotavano processi
spontanei (sciogliersi, divenire, rompersi) o stati (giacere, sedere).
Medio e perfetto Probabilmente per nel caso degli stati gi anticamente si era formato un al-
tro tipo di flessione, quella del perfetto, che, come abbiamo detto (cap. 4.
par. 4.1), doveva in origine essere qualcosa di pi simile a una diatesi che a un
tempo o aspetto verbale. Sappiamo questo per due motivi: in primo luogo, le
desinenze del perfetto sono affini a quelle del medio (vedi cap. 3 par. 8.5). In
secondo luogo, in greco alcuni verbi che presentano solo il medio in tutti gli
altri tempi hanno forme attive nel perfetto: ggnomai g gnomai diveni-
re:prs.1sg, egenom
e e partici-
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
207
pium, che indicavano appunto il fatto che essi partecipano delle caratteri-
stiche dei nomi e dei verbi.
I participi Le lingue indoeuropee antiche sono ricche di forme nominali del verbo.
Fra i sufssi che si possono sicuramente ricostruire per lindoeuropeo, tro-
viamo uno dei sufssi del participio, -nt-. Questo sufsso, oltre a essere at-
testato in quasi tutte le lingue indoeuropee, ha sempre la funzione di for-
mare participi, anche se il valore (presente o passato, attivo o passivo) non
lo stesso in tutte le lingue. In latino e greco, -nt- il sufsso del participio
presente attivo: leg o io leggo legens, gen. legentis che legge; elpz o elp zv
spero elpz on elp zvn, gen. elpzontos elp zontoq che spera:
[57] video
vedere:prs.1sg
puerum
bambino:acc.m
librum
libro:acc.m
legentem
leggere:prs.part.acc.m
vedo un bambino che legge un libro;
[58] o
ho
dim.nom.m
m` en
mn
ptc
elp zvn
elpz on
sperare:prs.part.nom.m
einai
enai
essere:prs.inf
anwtr vpvn
anthr
op on
uomo:gen.pl.m
olbi vtatoq
olbi
otatos
felice:sup.nom.m
costui, che sperava di essere il pi felice degli uomini (Er. 1.30.3).
Sia il latino sia il greco hanno anche altre forme di participio con valori
temporali o di diatesi diversi; in particolare il greco ha forme di participio
per tutti i tempi e tutte le diatesi.
In ittita, invece, esiste un solo participio, quello appunto in -nt-, che ha va-
lore per lo pi di participio passato e, similmente al participio passato ita-
liano, ha senso passivo con verbi transitivi e attivo con verbi intransitivi:
epmi prendo, appanza (in realt la forma fonologica /apants/) preso,
prigioniero; paimi vado, panza fonologicamente /pants/ andato. Con
alcuni verbi atelici, il participio ittita in -nt- pu avere valore di participio
presente. Per esempio, con huiszi egli vive che atelico abbiamo huiswan-
za fonologicamente /huiswants/ vivente (e non vissuto).
Anche altri due sufssi di participio, -to- e -no-, sono attestati in un grande
numero di lingue, ma in alcune di esse danno luogo a forme che non sono
participi. Per esempio, la forma in -to- d luogo al participio passato in lati-
no: laud o io lodo ~ laudatus lodato, mentre in greco serve per la forma-
zione di aggettivi deverbali, ma non sistematicamente inserita nei para-
digmi essivi della lingua.
208
Introduzione alla linguistica storica
6. Tabelle riassuntive delle categorie essive dellindoeuropeo
tabella 1 Categorie del nome in indoeuropeo ricostruito
[Genere] Numero Caso
[Maschile] Singolare Nominativo
[Femminile] Plurale Accusativo
[Neutro] Duale Genitivo
Dativo
Strumentale
Locativo
Ablativo
Vocativo
Nella tabella 1 il genere dato fra parentesi perch, come abbiamo detto
(vedi cap. 4 par 3.2), questa categoria inerente al lessema e non essiva
nel nome (mentre lo nellaggettivo).
tabella 2 Categorie dellaggettivo in indoeuropeo ricostruito
Genere Numero Caso Grado
Maschile Singolare Nominativo Positivo
Femminile Plurale Accusativo Comparativo
Neutro Duale Genitivo Superlativo
Dativo
Strumentale
Locativo
Ablativo
Vocativo
tabella 3 Categorie del verbo in indoeuropeo ricostruito
Tempo/Aspetto Modo Diatesi
Imperfettivo Presente Indicativo Attivo
Imperfetto Imperativo Medio
Aoristo Ottativo
Perfetto Congiuntivo
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
209
Il perfetto inserito nel sistema aspettuale dal fatto che morfologicamente si
costruisce su un terzo tema rispetto a presente e aoristo; dal punto di vista
del significato era forse originariamente da inserire fra le diatesi.
7. I preverbi
Parole con funzioni
diverse
Caratteristica delle lingue indoeuropee una classe di parole che in molte
lingue possono fungere da adposizioni, cio a seconda della posizione ri-
spetto al nome retto preposizioni o pi raramente posposizioni, oppure da
preverbi. Questa classe ancora ben rappresentata in varie lingue indoeu-
ropee, fra cui le lingue germaniche:
[59] Ich
io
gehe
andare:prs.1sg
zum
a + art
Bahnhof
stazione
vado alla stazione;
[60] Er
egli
will
volere:prs.3sg
nicht
neg
zuhren
ascoltare:inf
non vuole ascoltare.
In [59] la forma zum rappresenta una preposizione articolata zu + dem,
corrispondente allitaliano al. In [60] troviamo di nuovo la forma zu, que-
sta volta per pressa al verbo hren sentire. Il signicato di zu come pre-
posizione non ha pi molti legami con il signicato di zu come preverbio
(in questo esempio, anzi, non ha nessun legame). Ci vero in buona par-
te anche nelle lingue indoeuropee pi antiche, come vediamo dal latino:
[61] agricola
contadino:nom.m
ambulabat
camminare:impf.3sg
in agro
in campo:abl.m
un contadino camminava in un campo;
[62] incipiebam
iniziare:impf.1sg
dicere
dire:inf.prs
sententiam
frase:acc.f
stavo incominciando a dire una frase.
In [61] la forma in una preposizione e regge lablativo agro; in [62] in-
vece troviamo in come preverbio, in composizione con il verbo capio
prendere; il composto incipio significa incominciare. Anche in questo
caso, il significato del composto difficilmente ricavabile dal significato
dei due membri.
Anticamente, queste parole erano avverbi indipendenti, che si sono poi
uniti in parte ai sostantivi, diventando pre- o posposizoni, e in parte ai ver-
bi, diventando preverbi. Nel greco omerico troviamo ancora i tre diversi
usi, come vediamo qui sotto con prs pr oq verso:
210
Introduzione alla linguistica storica
[63] pr ` oq
prs
verso
d
d
ptc
amWv
mph o
indef.n/a.du
r hje
rhkse
rompere:aor.3sg
t enonte
tnonte
tendine:n/a.du
e in pi ruppe entrambi i tendini (Il. 5.307);
[64] t ` on
tn
dim.acc.m
d
d
ptc
apameib omenoq
apameibmenos
rispondere:part.prs.m/p.nom.m
pros eWh
prosphe
dire:aor.3sg
p odaq
pdas
piede:acc.pl.m
vk ` yq
oks
veloce:nom.m
Axille yq
Akhilles
Achille:nom.m
Achille dal piede veloce disse rispondendogli (Il. 1.84);
[65] e n al`
ein hal
in mare:dat.m
ketai
ketai
giacere:prs.m/p.3sg
pr ` oq
prs
verso
z oWon
zphon
buio:acc.m
(Itaca) si trova nel mare, verso loscurit (Od. 9.25-26).
Nellesempio [63] prs pr oq ha funzione di avverbio e signica inoltre. In
[64] troviamo un verbo composto, prosphe pros eWh disse. Si osservi che
la stessa frase contiene anche un altro verbo composto, la forma apameib-
menos apameib omenoq rispondendo, che formata con il verbo ameb o
ame bv scambiare e il preverbio ap ap o da: i due preverbi indicano la
direzione nella comunicazione. In [65] inne prs pr oq ha funzione di
preposizione, signica verso e regge il sostantivo in accusativo zphon
z oWon.
Uso adposizionale
dei preverbi
in indoeuropeo
Secondo alcuni studiosi, nellindoeuropeo ricostruito i preverbi avrebbero
avuto solo la funzione di avverbi indipendenti; in particolare la funzione di
adposizioni (preposizioni o posposizioni) non sarebbe esistita in indoeuro-
peo, perch le funzioni dei sintagmi nominali sarebbero state indicate uni-
camente dai casi. Questa ricostruzione per inverosimile, per vari motivi.
In primo luogo, il sistema di casi dellindoeuropeo ricostruito non ric-
chissimo, mentre sono molto numerose le funzioni semantiche che un co-
stituente nominale pu trovarsi a svolgere. Infatti, anche lingue con siste-
mi di casi molto pi ricchi, come per esempio lungherese, hanno adposi-
zioni e daltro canto una lingua come il sanscrito, che conserva tutti i casi
dellindoeuropeo, fa anche uso di adposizioni in vari contesti.
Un sintagma
adposizionale
ricostruito
In secondo luogo, esistono usi delle adposizioni attestati da numerose lin-
gue che si possono ricostruire per mezzo della comparazione anche per
lindoeuropeo. Un esempio luso di unadposizione derivata dalla radice
*pr davanti per indicare la causa, che, come ha dimostrato Dunkel
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
211
(1990), si pu ricostruire in base a usi analoghi riscontrati in greco omeri-
co, ittita, gotico e latino. Si possono confrontare espressioni come pr ph-
boio pr ` o f oboio per paura, got. fara fahdai per la gioia, ittita inani pe-
ran per la malattia kasti piran per la fame, latino prae lacrimis per le la-
crime prae timore per paura. Dunkel mette in luce come il fatto che in
greco luso di pr o in unespressione di causa eccezionale, riscontrandosi
in un solo passo di Omero, avvalori lipotesi che questa costruzione sia an-
tica. Nelle altre lingue che abbiamo citato la distribuzione varia: in parti-
colare, in ittita peran attestata in espressioni di causa di epoca medioittita
e pi tarda; in latino prae si trova durante tutta la storia della lingua, so-
prattutto con nomi che denotano sentimenti, mentre lesempio gotico ri-
specchia un uso generalizzato in numerose lingue germaniche.
Visto lunico esempio greco e in base alle evidenze delle altre lingue, pos-
siamo pensare che probabilmente luso delladposizione *pr per esprimere
la causa sia nato dapprima con nomi di emozioni o stati sici (paura,
fame, malattia) per denotare la causa di eventi non controllati.
8. Evoluzione nelle principali lingue indoeuropee
Nei paragra che seguono prenderemo in esame il sistema delle categorie
grammaticali delle lingue indoeuropee principali (nel senso che pi spesso
possono essere oggetto di studio nelle nostre universit), vale a dire latino,
greco, sanscrito, germanico e slavo. Lesame necessariamente sommario;
solo nella parte dedicata al latino mi sono dilungata in misura un po mag-
giore che nelle altre parti, in maniera da includere anche alcuni accenni alle
lingue romanze.
8.1. Latino
8.1.1. Nome Il nome latino presenta le categorie riportate nella tabella 4:
tabella 4 Categorie del nome in latino
[Genere] Numero Caso
[Maschile] Singolare Nominativo
[Femminile] Plurale Accusativo
[Neutro] Genitivo
Dativo
Ablativo
Vocativo
212
Introduzione alla linguistica storica
Tre generi Il nome latino continua il sistema di classicazione del tardo indoeuropeo
in tre generi, con assegnazione in buona parte arbitraria. Per quanto ri-
guarda lassociazione fra genere e classe essiva, possiamo rilevare, come
gi per lindoeuropeo ricostruito, lassenza di neutri dalla prima declinazio-
ne (temi in - a-), che contiene per lo pi sostantivi femminili, con un pic-
colo numero di maschili (tutti con referenti animati). Il numero in latino
ridotto a singolare e plurale.
Laggettivo presenta le categorie del nome; fra queste ricordiamo che per
laggettivo anche il genere ha carattere essivo. Inoltre, laggettivo si ette
anche per grado, comparativo e superlativo. Di questi due gradi, nelle lin-
gue romanze rimane essivo per lo pi il superlativo.
Sei casi Per quanto riguarda il sistema dei casi, in latino esso ha subito una riduzio-
ne (sincretismo). I casi conservati sono nominativo, vocativo, accusativo,
dativo, genitivo, ablativo. Questultimo caso in realt copre per lo pi le
funzioni dello strumentale indoeuropeo e indica generalmente strumento
o causa, come negli esempi [9] e [9].
Toponimi Il sottosistema dei casi spaziali ben conservato per i toponimi delle prime
due classi essive (prima e seconda declinazione). Infatti, il caso locativo
indoeuropeo conservato in un piccolo numero di nomi con referente spa-
ziale (domi a casa, ruri nel campo); anche i nomi di citt e piccole isole
della prima e seconda declinazione conservano il locativo, che per di-
ventato omofono del genitivo (Romae a Roma, di Roma). Con questi
nomi laccusativo ha funzione di allativo (indica cio direzione) e lablativo
indica provenienza (vedi gli esempi [9] e [9]). Con i nomi di citt e picco-
le isole delle altre classi essive, che non conservano il locativo, lablativo
pu essere usato sia per indicare luogo, sia per indicare provenienza, men-
tre laccusativo funziona da allativo. Con tutti gli altri tipi di nomi le rela-
zioni spaziali sono indicate da sintagmi preposizionali.
Tracce del neutro
nelle lingue romanze
Nelle lingue romanze possiamo notare alcuni altri sviluppi che riguardano
il nome. In particolare, il sistema di genere tende a ridursi ovunque attra-
verso leliminazione del neutro. Tracce del neutro sono attestate sia nei
pronomi sia nei sostantivi. In italiano, per esempio, alcuni sostantivi conti-
nuano il plurale in -a, che viene per ad acquisire il genere femminile,
come nel caso di luovo vs. le uova, il dito vs. le dita. Questo tipo di essio-
ne molto diffusa in rumeno, lingua in cui costituisce una classe di accor-
do particolare e viene considerato neutro.
Troviamo poi in italiano anche nomi che hanno un plurale maschile e uno
femminile in -a. In questo caso, rappresentato per esempio da muro vs.
muri vs. mura, il plurale maschile numerabile, mentre quello in -a conti-
nua il valore di collettivo del neutro. Infati, le mura sono le mura che cin-
gono una citt nel loro insieme, mentre se vogliamo contare un numero di
pareti speciche usiamo appunto la forma i muri.
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
213
Sostituzione dei casi:
lordine
dei costituenti
Per quanto riguarda il caso, questa categoria continua nelle lingue romanze
per i pronomi personali e, in maniera pi limitata, per i pronomi relativi.
La scomparsa del caso nel sostantivo ha avuto due effetti. In primo luogo,
le funzioni sintattiche di soggetto e oggetto diretto sono indicate in buona
misura dallordine dei costituenti rispetto al verbo: di norma, il soggetto
precede il verbo e loggetto diretto lo segue. Lordine dei costituenti in lati-
no, italiano e nelle altre lingue romanze sar oggetto di discussione detta-
gliata nel cap. 5.
Preposizioni in luogo
del genitivo
e del dativo
In secondo luogo, alcune funzioni che erano espresse sistematicamente dai
casi in latino sono indicate da preposizioni nelle lingue romanze. Fra le
funzioni sintattiche, la dipendenza nominale espressa in tutte le lingue
romanze da preposizioni che derivano dal latino de. Questa preposizione
indicava in latino lallontanamento e spesso il partitivo, in espressioni
come:
[66] se
rifl.acc
gladio
spada:abl
percussum esse
colpire:prs.inf.p
ab uno
da uno:abl
de illis
di essi:abl
(che) lui stesso fu colpito con una spada da uno di loro (Cic. Mil. 65).
Possiamo immaginare che sia stata questa la strada attraverso la quale luso
di de si ampliato, no a includere tutti i contesti in cui prima era usato il
caso genitivo.
Loggetto indiretto, che in latino era indicato dal caso dativo, indicato
nelle lingue romanze da preposizioni che derivano dal latino ad verso. Gi
in latino questa preposizione poteva a volte comparire in contesti in cui di
norma era usato il dativo, con verbi di scambio o comunicazione, come in:
[67] quae
rel.n/a
ad
a
patrem
padre:acc
vis
volere:prs.2sg
nuntiari
dire:prs.inf.p
le cose che vuoi che siano dette a tuo padre (Pl. Capt. 360).
Oggetto diretto
preposizionale
In alcune lingue romanze, come lo spagnolo e alcune variet italiane meri-
dionali, anche loggetto diretto viene indicato in determinati casi da prepo-
sizioni. In spagnolo si dice per esempio:
[68] He visto a Juan
ho visto Giovanni.
In generale, la preposizione compare quando loggetto diretto animato, a
meno che non sia indeterminato. Si confronti:
[69] Estoy buscando a alguien que conocia
sto cercando qualcuno che conoscevo (determinato),
214
Introduzione alla linguistica storica
con:
[70] Estoy buscando alguien que sepa el frances
sto cercando qualcuno (indeterminato) che sappia il francese.
Anche in rumeno loggetto diretto preposizionale, ma indicato da una
preposizione che deriva dal latino per.
La metafora
del compagno
Per quanto riguarda luso dei casi per esprimere ruoli semantici, piuttosto
che funzioni sintattiche, i notevoli cambiamenti intercorsi fra il latino e le
lingue romanze sono stati causati in primo luogo dalla scomparsa del caso
ablativo. Questo caso aveva varie funzioni in latino; la principale era quella
di indicare lo strumento. Le lingue romanze hanno esteso la preposizione
che indica il comitativo (in italiano con) anche allo strumento. Questa
estensione semantica si basa su una metafora, detta metafora del compa-
gno, secondo la quale uno strumento concepito come un compagno che
accompagna lagente nello svolgimento di unazione. Si tratta di una meta-
fora molto diffusa nelle lingue dEuropa, descritta in Lakoff, Johnson
(1998), su cui esiste una vasta bibliograa (vedi anche Stolz, 2003).
8.1.2. Verbo Le categorie del verbo latino sono quelle riportate nella tabella 5.
tabella 5 Categorie del verbo in latino
Tempo Modo Diatesi
Infectum Perfectum
Presente Perfetto Indicativo Attivo
Imperfetto Piuccheperfetto Imperativo Medio/passivo
Futuro Futuro Perfetto Congiuntivo
Il verbo latino presenta, come gi abbiamo visto nel cap. 3, quattro classi
essive, di cui la terza divisa in due sottoclassi. Il sistema temporale basa-
to sullalternanza di due temi: tema del presente o infectum, tema del passa-
to o perfectum. In realt, anche se i nomi dei due temi richiamano nozioni
aspettuali, il sistema verbale latino grammaticalizza piuttosto il tempo. La-
spetto rimane rilevante soprattutto per lopposizione fra perfetto e imper-
fetto, come daltro canto continua a essere nelle lingue romanze.
Scomparsa
dellottativo
I modi sono ridotti rispetto a quelli dellindoeuropeo ricostruito, perch
manca lottativo. Abbiamo visto (cap. 3 par. 8.6) che le varie formazioni di
congiuntivo del latino continuano sia il congiuntivo sia lottativo indoeu-
ropeo: questo vero anche dal punto di vista delluso, perch il congiunti-
vo latino ha le funzioni che hanno in greco i due modi. Nelle lingue ro-
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
215
manze si poi creato un nuovo modo, il condizionale, la cui funzione
principale quella di esprimere la modalit potenziale.
Il sistema di diatesi si basa sullopposizione fra attivo e passivo. Il passivo
latino, che deriva dal medio indoeuropeo, ha anche valore di impersonale.
Ci evidenziato, per esempio, dalle forme medie di terza persona singola-
re dei verbi intransitivi: itur (andare:prs.m/p.3sg) si va; pugnabatur
(combattere:impf.m/p.3sg) si combatteva.
Ampliamento del
sistema dei tempi
verbali mediante
forme perifrastiche
nelle lingue romanze
Nelle lingue romanze il verbo mantiene un carattere altamente sintetico per
lindicazione di tempo e modo, mentre lindicazione della diatesi passiva
diventata analitica: non esiste pi il passivo del latino, ma esiste una costru-
zione passiva fatta mediante lausiliare essere o altri ausiliari (in italiano per
esempio venire). Il sistema di tempi verbali si arricchisce nelle lingue roman-
ze con laggiunta di alcuni tempi passati perifrastici che non esistevano in
latino. In italiano, questi tempi sono il passato prossimo (ho amato) e il tra-
passato remoto (ebbi amato); il trapassato prossimo (avevo amato) pure un
tempo di creazione nuova, che per non venuto ad aggiungersi, ma ha
piuttosto sostituito la forma sintetica del latino (amaveram). Lopposizione
fra aspetto imperfettivo e perfettivo continua nelle lingue romanze nei tempi
passati, in cui limperfetto mantiene il valore di passato imperfettivo.
Al sistema dei modi
le lingue romanze
aggiungono
il condizionale
Anche il sistema dei modi verbali si ampliato nelle lingue romanze, come
abbiamo gi osservato nel cap. 3, con laggiunta del condizionale, usato in
vari contesti in cui il latino faceva uso del congiuntivo. Luso del congiun-
tivo inoltre diventato pi limitato di quanto fosse in precedenza. Ci
avvenuto in maniera diversa nelle diverse lingue romanze. Nei dialetti ita-
liani centromeridionali (ad esclusione del toscano), per esempio scom-
parso il congiuntivo presente, cosa che ha fatto s che il suo uso sia andato
via via limitandosi anche nelle variet di italiano regionale. In francese in-
vece scomparso dalluso il congiuntivo passato, normalmente sostituito
dallimperfetto indicativo.
8.2. Greco
8.2.1. Nome
tabella 6 Categorie del nome in greco
[Genere] Numero Caso
[Maschile] Singolare Nominativo
[Femminile] Plurale Accusativo
[Neutro] Duale Genitivo
Dativo
Vocativo
216
Introduzione alla linguistica storica
Riduzione
del sistema
dei casi
Il nome greco mantiene tre generi e tre numeri; il numero dei casi invece
fortemente ridotto. Abbiamo gi ricordato nel cap. 3 che la variet di greco
pi antica che conosciamo, il cosiddetto miceneo, aveva anche un caso
strumentale. La riduzione dei casi avvenuta dallindoeuropeo al greco quin-
di in un primo tempo aveva riguardato solo lablativo, che si era fuso con il
genitivo, e il locativo, che si era fuso con il dativo. Pi tardi anche lo stru-
mentale si fuse con il dativo/locativo. Il dativo nel greco classico aveva per-
tanto le tipiche funzioni del dativo indoeuropeo per lo pi con nomi ani-
mati, mentre con inanimati aveva generalmente le funzioni dello strumen-
tale indoeuropeo, cio poteva indicare strumento e causa. Il ruolo semanti-
co locativo era espresso generalmente attraverso sintagmi preposizionali.
Le categorie essive dellaggettivo sono quelle del nome, con il genere che
ha carattere essivo, pi il grado (comparativo e superlativo).
Scomparsa del dativo Nel passaggio dal greco classico a quello bizantino, su cui si fonda il greco
moderno, anche il caso dativo scomparso, venendo sostituito in alcuni
dialetti dal genitivo e in altri dallaccusativo. Nella lingua standard moder-
na il genitivo dei pronomi ad avere la funzione che aveva in greco antico
il dativo; per i sostantivi il dativo stato sostitutito da una preposizione che
signica a, a somiglianza di quanto avvenuto nelle lingue romanze. Il
greco moderno presenta pertanto un sistema di casi ridotto a nominativo,
accusativo e genitivo.
8.2.2. Verbo
tabella 7 Categorie del verbo in greco
Tempo/Aspetto Modo Diatesi
Presente Indicativo Attivo
Imperfetto Imperativo Medio
Aoristo Ottativo Passivo
Futuro Congiuntivo
Futuro Perfetto
Perfetto
Piuccheperfetto
Centralit
dellaspetto
Il sistema verbale del greco conserva molte delle caratteristiche del sistema
verbale che si ricostruisce per lindoeuropeo, in primo luogo la centralit
dellopposizione fra presente e aoristo come opposizione aspettuale. Tutta-
via, si sono create nuove opposizioni temporali, prima fra tutte quella in-
trodotta dal futuro (vedi tab. 7).
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
217
Creazione
della
diatesi passiva
Il greco innova inoltre nel campo della diatesi: futuro e aoristo hanno in-
fatti oltre allattivo e al medio anche un passivo. Pertanto, mentre negli al-
tri tempi (per esempio, il presente) il medio ha valore sia di medio sia di
passivo, il futuro e laoristo presentano una triplice opposizione. Si vedano
come esempi:
prssei pr assei fa ~ prssetai pr assetai si fa (medio), viene fatto
(passivo);
prakse epraje fece ~ eprksato epr ` ajato si fece (medio) ~ eprkhthe
epr axwh fu fatto (passivo).
interessante soffermarsi sullorigine del passivo: i sufssi -the- e -e- che
concorrono alla sua formazione sembrano aver avuto come funzione origi-
naria quella di ridurre la valenza dei verbi transitivi, rendendoli intransitivi
(ma non passivi). Le desinenze che si aggiungono al tema dellaoristo e del
futuro passivo formati con questi sufssi non sono quelle del medio, bens
quelle dellattivo.
8.3. Sanscrito
8.3.1. Nome
tabella 8 Categorie del nome in sanscrito
[Genere] Numero Caso
[Maschile] Singolare Nominativo
[Femminile] Plurale Accusativo
[Neutro] Duale Genitivo
Dativo
Strumentale
Locativo
Ablativo
Vocativo
Carattere
conservativo
del nome
in sanscrito
Il nome sanscrito conserva tutti i casi che si ricostruiscono per lindoeuro-
peo (vedi tab. 8): anzi, costituisce la base per la ricostruzione. Le funzioni
dei casi in sanscrito sono quelle che abbiamo individuato per lindoeuro-
peo ricostruito.
218
Introduzione alla linguistica storica
Anche in sanscrito laggettivo presenta le stesse categorie del nome,
compreso il genere per laccordo, e inoltre il grado comparativo o su-
perlativo.
8.3.2. Verbo
tabella 9 Categorie del verbo in sanscrito
Tempo/[Aspetto] Modo Diatesi
Presente Indicativo Attivo
Imperfetto Imperativo Medio
Aoristo Ottativo Passivo
Futuro Congiuntivo
Perfetto Ingiuntivo
Perdita
dellopposizione
aspettuale
Il sistema verbale sanscrito (vedi tab. 9) conserva il sistema indoeuro-
peo dal punto di vista formale, dato che basato sullopposizione dei
tre temi di presente, aoristo e perfetto. Tuttavia, le opposizioni espres-
se sono per lo pi temporali. In particolare, scomparsa lopposizione
aspettuale fra imperfetto = passato imperfettivo e aoristo = passato per-
fettivo e si trasformata in unopposizione temporale: laoristo ha il
valore di un passato prossimo, mentre limperfetto ha il valore di un
trapassato.
Il modo ingiuntivo Per quanto riguarda i modi, notiamo nel sanscrito vedico la presenza del-
lingiuntivo. Questo modo pu forse risalire a una fase molto arcaica del-
lindoeuropeo; denota lassenza di temporalit e anche di modalit, con-
fondendosi spesso con gli altri modi, in particolare limperativo e il con-
giuntivo.
Carattere
derivazionale
del passivo
Il sanscrito aggiunge una diatesi passiva allattivo e al medio, ma solo per il
presente (altrove il medio ha valore di passivo). La natura morfologica del
passivo diversa da quella delle altre diatesi, in quanto esso derivazionale:
si forma con il sufsso -ya- sul grado ridotto della radice; i derivati cos for-
mati prendono le desinenze del medio e seguono la quarta classe essiva
(vedi cap. 3 par. 8.6). Per laoristo e il perfetto non c un passivo specico,
ma il medio a poter prendere anche il valore di passivo.
8.4. Germanico Ricordiamo in primo luogo che, al contrario di quanto
avviene con latino, greco e sanscrito, con germanico non indichiamo
una lingua attestata, ma una lingua ricostruita. Perci, in alcuni casi il
riferimento a una lingua specifica e non pu essere esteso a tutto il
gruppo.
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
219
8.4.1. Nome
tabella 10 Categorie del nome in germanico
[Genere] Numero Caso
[Maschile] Singolare Nominativo
[Femminile] Plurale Accusativo
[Neutro] Genitivo
Dativo
Strumentale
Vocativo
Riduzione
del sistema
dei casi
Il caso strumentale era attestato ancora nelle fasi pi antiche delle lingue
germaniche occidentali, mentre un vocativo distinto dal nominativo esiste
solo in gotico.
Il sistema di casi attestati in tutte le lingue germaniche pertanto ridotto a
quattro, cio nominativo, accusativo, genitivo e dativo: il sistema del go-
tico (a parte le tracce di vocativo) e del nordico e quello a cui si conforma-
no anche le lingue occidentali dopo la scomparsa dello strumentale; questo
sistema continua nellalto tedesco moderno. Si tratta di un sistema che po-
trebbe sembrare simile a quello del greco, nel senso che i casi conservati
sono gli stessi; in realt il loro uso profondamente diverso. Infatti, mentre
in greco antico i casi senza preposizione hanno un ampio uso anche per
esprimere i ruoli semantici (per esempio il dativo semplice pu esprimere il
ruolo di strumento), in germanico essi sono in misura maggiore limitati al-
lespressione delle funzioni sintattiche, mentre i ruoli semantici sono
espressi in generale con preposizioni.
Nelle lingue germaniche laggettivo si ette per numero e caso come il
nome e presenta la essione per genere per laccordo; inoltre, laggettivo
germanico si ette per grado (comparativo e superlativo). La gradazione
dellaggettivo ha ancora carattere essivo, in diversa misura, nelle lingue
germaniche moderne. Il duale scomparso dal nome, ma in gotico soprav-
vive ancora come categoria di accordo del verbo.
8.4.2. Verbo
tabella 11 Categorie del verbo in germanico
Tempo Modo Diatesi
Presente Indicativo Attivo
Preterito Imperativo Passivo
Ottativo
220
Introduzione alla linguistica storica
Scomparsa
dellopposizione
aspettuale
Il sistema verbale del germanico profondamente ristrutturato rispetto a
quello che si ricostruisce per lindoeuropeo, essenzialmente per la completa
scomparsa dellopposizione aspettuale: rimane pertanto solo lopposizione
fra tempo presente e tempo passato (chiamato tradizionalmente per il ger-
manico preterito; vedi tab. 11). Al contrario di quanto avviene nelle lingue
viste n qui, non si formato nelle lingue germaniche un futuro essivo.
Riduzione
del sistema
dei modi
Fra i modi, oltre allindicativo continuano anche limperativo e lottativo
indoeuropeo. Questo modo viene chiamato congiuntivo da alcune gram-
matiche, perch la sua funzione simile a quella del congiuntivo indoeuro-
peo, piuttosto che dellottativo. La diatesi passiva conserva carattere essi-
vo solo in gotico in alcune forme del presente indicativo e ottativo; per lo
pi per troviamo forme perifrastiche.
8.5. Slavo Come per il germanico, ci troviamo qui in presenza di una fa-
miglia composta da lingue diverse, senza una fase unitaria rappresentata da
una lingua capostipite. Il sommario che fornisco pertanto riferito alla lin-
gua di attestazione pi antica, cio lo slavo ecclesiastico, ma bisogna ricor-
dare che le altre lingue slave non sono in rapporto di derivazione diretta da
questa lingua.
8.5.1. Nome
tabella 12 Categorie del nome in slavo
[Genere] Numero Caso
[Maschile] Singolare Nominativo
[Femminile] Plurale Accusativo
[Neutro] Duale Genitivo
Dativo
Strumentale
Locativo
Vocativo
Perdita dellablativo Il nome slavo continua in maniera molto conservativa le categorie del
nome ricostruite per lindoeuropeo, mantenendo tre generi, tre numeri e
tutti i casi meno lablativo, che sostituito dal genitivo con preposizioni
(vedi tab. 12).
Fra le lingue slave moderne, hanno perso i casi il bulgaro e il macedone; le
altre mantengono sistemi abbastanza simili a quello dello slavo ecclesiasti-
co. Il caso detto in russo prepositivo corrisponde allantico locativo; esso
4. Fra morfologia e sintassi: le categorie grammaticali delle lingue indoeuropee
221
deve il suo nome attuale al fatto che in russo moderno viene usato solo al-
linterno di sintagmi preposizionali.
Laggettivo continua tutte le categorie essive dellaggettivo indoeuropeo,
quindi quelle del nome compreso il genere come categoria di accordo e in
pi il grado.
8.5.2. Verbo
tabella 13 Categorie del verbo in slavo
Tempo Modo
Presente Indicativo
Imperfetto Ottativo
Aoristo
Lopposizione
aspettuale
viene espressa
prevalentemente
con mezzi
derivazionali
Il verbo slavo n dalle sue fasi pi antiche dimostra di aver perso molte del-
le categorie essive del verbo indoeuropeo (vedi tab. 13). Soffermandoci in
primo luogo sul sistema di aspetto e tempo, ricordiamo che, come gi os-
servato (cap. 3 par. 8.6), esso stato profondamente ristrutturato dalla ten-
denza dellopposizione fra aspetto perfettivo e aspetto imperfettivo a venir
espressa con mezzi derivazionali piuttosto che essivi. In generale, i verbi
di azione hanno aspetto perfettivo; limperfettivo viene derivato con un
sufsso. Tuttavia, in slavo ecclesiastico e in parte delle altre lingue slave, al-
cuni verbi possono coniugarsi allaoristo e allimperfetto: quindi, lopposi-
zione rimane in parte essiva. Nel russo moderno, com noto, lopposizio-
ne essiva fra aoristo e imperfetto non esiste: limperfetto il passato dei
verbi perfettivi, mentre allaoristo corrisponde il passato dei verbi perfetti-
vi. La distinzione fra verbi perfettivi e verbi imperfettivi derivazionale.
Fra i modi, lo slavo continua solo lindicativo e lottativo indoeuropei.
Lottativo ha per assunto per lo pi la funzione dellimperativo (o del
congiuntivo esortativo per la prima persona).
Lopposizione di diatesi non pi espressa con mezzi essivi: il passivo si
forma in maniera perifrastica.
In questo capitolo
Il lessico viene diviso in parti del discorso: di esse alcune esibiscono propriet
morfologiche (nomi e verbi), altre vengono individuate in base alla loro funzione
sintattica (preposizioni, avverbi). Alcune forme lessicali si collocano al conne tra
due o pi classi (forme nominali del verbo).
e
neg
n yn
nn
ptc
me
me
1sg.acc
kr ychi
krpsei
nascondere:cong.prs.2sg
o ti
h ti
indef.n/a
pep onwamen
pepnthamen
patire:pf.1pl
kak on
kakn
male:n/a
suvvia, non nascondermi ci che ci riguarda di male (Ar. Lys. 714).
In questa frase troviamo due enclitici, la particella nn n yn ors, suvvia
e il pronome di prima persona singolare me me, entrambi collocati dopo
la prima parola accentata della frase, la negazione m
e m h. In greco, come
in sanscrito, i clitici che compaiono di norma in P2 sono pronomi e con-
nettivi; la loro posizione per in parte libera: per motivi pragmatici, i
clitici possono comparire in posizione interna alla frase, cosa che avviene
spesso soprattutto nel greco postomerico; spesso inoltre essi compaiono
dopo il primo costituente, piuttosto che dopo la prima parola (vedi Lura-
ghi, 1990)
1
.
La legge
di Wackernagel
e littita
La rilevanza della legge di Wackernagel per la sintassi indoeuropea ha avu-
to una piena conferma quando sono stati disponibili i dati dellittita (cio a
partire dal 1916; vedi cap. 1). In questa lingua, quella che in greco e sanscri-
to era una tendenza invece seguita rigidamente e le lunghe catene di cliti-
ci iniziali sono tipiche delle lingue anatoliche, che spesso introducono con-
1. Abbiamo chiamato enclitico la particella nn, che porta per un accento graco. La presenza
dellaccento dovuta a una regola ortograca del greco, per cui qualora pi enclitici si sussegua-
no solo lultimo effettivamente scritto senza accento, tutti gli altri portano nella graa un ac-
cento acuto.
234
Introduzione alla linguistica storica
nettivi accentati iniziali con il solo scopo di ospitare i clitici, come nel-
lesempio [27]:
[26] piran =
prima
ma =
conn
at =
3sg.n/a
mu
1sg.obl
mD
XXX.
D
U-as
A.:nom
DUMU
glio
m
zida
Z.
maniyahhiskit
amministrare:pret.3sg
prima di me laveva amministrato Armadatta, glio di Zida
(StBoT 24 i 28 = Otten, 1981);
[27] n =
conn
as =
3sg.nom
mu =
1sg.obl
kan
ptc
huwais
sfuggire:pret.3sg
mi sfuggito (Goetze, 1933, p. 50).
Clitici in P2 in lingue
non indoeuropee
In epoca pi recente studi dedicati a lingue di altre famiglie hanno portato
alla luce un dato che ha messo nella giusta luce la rilevanza della legge di
Wackernagel per la tipologia linguistica. La stessa posizione dei clitici in-
fatti si trova in numerose altre lingue, geneticamente non imparentate e
senza alcuna connessione areale, come il warlpiri, una lingua australiana, o
le lingue utoazteche, diffuse nella Mesoamerica.
Fino ad allora i sistemi di clitici meglio studiati erano quelli presenti in
lingue come le lingue romanze. Sia i clitici romanzi sia quelli delle anti-
che lingue indoeuropee sono caratterizzati dal fatto di avere posizioni fis-
se, ma mentre per i clitici romanzi la posizione specificata da un certo
costituente (il verbo), per quelli di lingue come littita la posizione in-
variablmente P2, cio non importa il costituente che li ospita, ma la posi-
zione nella frase.
Nella storia di alcune lingue indoeuropee, fra cui il greco e il latino, la leg-
ge di Wackernagel scomparsa e i pronomi che un tempo erano posiziona-
ti in P2 si sono trovati a prendere varie posizioni nella frase, rimanendo
per esclusi dalla prima posizione assoluta: erano infatti rimasti enclitici.
Sia in neogreco sia nelle lingue romanze si sono poi formati nuovi clitici,
che, come abbiamo detto sopra, hanno una posizione specicata in relazio-
ne al verbo e possono essere proclitici. Torneremo su questo mutamento
pi avanti (cap. 5 par. 6).
I costituenti vengono
ordinati in base
al crescente peso
fonologico
3.3. La legge di Behaghel Otto Behaghel era uno studioso tedesco che si
occupava soprattutto di sintassi del germanico. Le sue osservazioni riguar-
do allordine dei costituenti diedero luogo alla legge che va sotto il suo
nome, e che lui stesso battezz legge dei costituenti crescenti. Secondo
Behaghel, i costituenti sono ordinati nella frase in base al loro peso fonolo-
gico: i costituenti pi leggeri vanno a sinistra mentre quelli pi pesanti
vanno a destra.
5. Il mutamento sintattico
235
Il peso fonologico
dei costituenti
corrisponde a
maggior complessit
categoriale
Possiamo interpretare la legge di Wackernagel come una conseguenza della
legge di Behaghel: i clitici sono in effetti i costituenti pi leggeri dal punto
di vista fonologico. Come abbiamo gi detto, il peso di un costituente si
misura non solo in termini di corpo fonologico ma anche di complessit
categoriale interna: un sintagma nominale con dei modicatori pi com-
plesso di uno che non ne abbia e una frase un modicatore pi complesso
di quanto non sia un aggettivo attributivo.
I costituenti pi
pesanti veicolano
informazione
saliente
Al contrario della legge di Wackernagel, la legge di Behaghel non coglie
una caratteristica sintattica di qualche lingua, ma piuttosto descrive in ter-
mini di dimensioni dei costituenti quella che una conseguenza della
struttura informativa dellenunciato. I costituenti pi leggeri sono per
esempio pronomi anaforici, che veicolano linformazione gi nota dal con-
testo precedente, mentre i costituenti pi pesanti e complessi sono quelli
che veicolano linformazione nuova e pi saliente.
Dagli studi sulla struttura informativa dellenunciato (su cui vedi scheda 1)
si ricava che la posizione iniziale e quella finale sono particolarmente impor-
tanti ai fini della comunicazione. In posizione iniziale possiamo mettere co-
stituenti che vogliamo enfatizzare o contrastare con altri costituenti:
[28] A Giovanni Maria ha dato un bacio, non a Mario.
Generalmente, la posizione nale assegnata a costituenti che veicolano
linformazione nuova e saliente nellenunciato.
Nello stile narrativo, lordine pragmaticamente non marcato quello in
cui linformazione condivisa precede quella nuova. Linformazione condi-
visa, nota dal contesto precedente o eventualmente dalla situazione extra-
linguistica, richiede per farvi riferimento meno materiale fonologico e co-
stituenti pi semplici dal punto di vista della struttura interna. Informazio-
ne condivisa pu voler dire per esempio partecipanti gi menzionati nel
contesto precedente, ai quali si fa riferimento, come ho detto sopra, con
pronomi anaforici, spesso clitici, o addirittura con espressioni ellittiche
(come avremo modo di ricordare anche pi avanti, in molte lingue com-
preso litaliano il soggetto viene omesso se recuperabile dal contesto). Qua-
lora si faccia riferimento con espressioni pesanti a partecipanti gi intro-
dotti nel contesto immediatamente precedente, signica che si vuole enfa-
tizzare questa parte di informazione o presentarla in maniera contrastiva
(vedi scheda 1).
4. Ordine marcato e ordine non marcato: dal latino alle lingue romanze
Come abbiamo appena ricordato (cap. 5 par. 2), difficile che una lingua
rappresenti un tipo in maniera coerente; prese le debite precauzioni, pos-
siamo comunque esaminare alcuni cambiamenti nellordine dei costi-
236
Introduzione alla linguistica storica
tuenti che sono avvenuti durante levoluzione dal latino alle lingue ro-
manze.
Il latino: differenze
fra gli autori
Osserviamo in primo luogo la posizione del verbo nel seguente esempio la-
tino e nella sua traduzione italiana:
[29] his rebus adducti et auctoritate Orgetorigis permoti constituerunt ea
quae ad prociscendum pertinerent comparare, iumentorum et carro-
rum quam maximum numerum coemere, sementes quam maximas fa-
cere, ut in itinere copia frumenti suppeteret, cum proximis civitatibus
pacem et amicitiam conrmare.
spinti da questi avvenimenti e convinti dallautorit di Orgetorige,
decisero di preparare le cose che servivano per partire, di comprare
il maggior numero possibile di animali e carri, raccogliere la mag-
gior quantit possibile di sementi, per avere durante il viaggio ab-
bondanza di frumento, e di rinsaldare la pace e lalleanza con le tri-
b vicine (Ces. BG 1.3.1).
In questa frase osserviamo in primo luogo i verbi transitivi: vedremo che
essi seguono sempre il loro oggetto diretto, tranne che nel caso di constitue-
runt decisero, che analizzeremo per ultimo. Gli altri verbi sono comparare
preparare, il cui oggetto diretto, anteposto, costituito da una testa pro-
nominale con una frase relativa ea quae ad prociendum pertineret le cose
che erano necessarie alla partenza, coemere comprare, preceduto dallog-
getto diretto iumentorum et carrorum quam maximum numerum il mag-
gior numero possibile di animali e carri, facere ottenere raccogliere, pre-
ceduto dalloggetto diretto sementes quam maximas la maggior quantit
possibile di sementi, suppeteret avere a disposizione (questo verbo si trova
in una subordinata di secondo grado), preceduto dalloggetto diretto copia
frumenti abbondanza di frumento, e conrmare rinsaldare, preceduto
dalloggetto diretto pacem et amicitiam la pace e lalleanza. Notiamo poi
che il verbo segue non solo loggetto diretto, ma anche gli altri sintagmi
nominali o preposizionali, come in itinere durante il viaggio e cum proxi-
mis civitatis con le trib vicine; ci vale anche per i participi congiunti ad-
ducti spinti e permoti convinti, che seguono i sintagmi nominali in abla-
tivo his rebus da questi avvenimenti e auctoritate Orgetorigis dallautorit
di Orgetorige. Quanto al verbo constituerunt decisero, che il verbo
principale e regge tutto il resto del periodo, abbiamo detto che esso fa ecce-
zione, precedendo il suo oggetto. Possiamo osservare che loggetto diretto
di questo verbo particolarmente pesante: si tratta infatti di quattro frasi
oggettive, due delle quali hanno anche dipendenti di secondo grado. Per-
tanto, se si trovasse dopo loggetto, il verbo principale sarebbe preceduto
da altre sei forme verbali, quattro delle quali allinnito e due al congiunti-
5. Il mutamento sintattico
237
vo. In linea di principio, questo non impedirebbe che il verbo principale,
che lunica forma allindicativo e quindi lunica chiaramente non subor-
dinata, venisse in posizione nale di periodo: ma il latino non una lingua
SOV rigida, come vedremo subito sotto, quindi presumibilmente una po-
sizione anticipata in questo caso favorisce la comprensione del periodo, che
piuttosto complesso.
In base ai dati di questo brano risulta che la posizione del verbo in frasi che
contengono un oggetto diretto in italiano e latino non la stessa: in latino
loggetto diretto precede il verbo, mentre in italiano lo segue. Questo un
testo narrativo (il De Bello Gallico) e il suo autore, Giulio Cesare, si attiene
strettamente a uno stile che prevede il verbo in posizione nale di frase. Lo
stile di Cesare non esaurisce per tutte le possibilit. La prosa del suo con-
temporaneo Marco Tullio Cicerone presenta un ordine pi vario:
[30] Cum enim saepe mecum ageres, ut de amicitia scriberem aliquid, di-
gna mihi res cum omnium cognitione, tum nostra familiaritate visa est.
Itaque feci non invitus, ut prodessem multis rogatu tuo.
poich spesso mi hai esortato a scrivere qualcosa sullamicizia, que-
sto argomento mi sembrato degno sia della considerazione genera-
le, sia della nostra consuetudine. Pertanto lho fatto non malvolen-
tieri, per giovare a molti su richiesta tua (Cic. Amic. 4).
In questo esempio, loggetto aliquid qualcosa segue il verbo scribere scri-
vere, come in italiano, daltro canto il verbo visa est sembrato viene al
fondo della frase in cui si trova, seguendo il complemento predicativo,
mentre in italiano lo precede. La posizione di prodessem giovare, un verbo
che regge il complemento in dativo multis a molti, invece di nuovo si-
mile alla posizione del verbo giovare nella traduzione italiana. Lesempio
[18] del cap. 4, ancora da Cicerone, in cui il verbo dedit diede segue log-
getto indiretto nemini a nessuno, e lesempio [13] dello stesso capitolo da
Fedro, in cui vidit vide precede loggetto simulacrum suum la propria im-
magine, completano il quadro.
In latino il verbo
nito pu essere
posizionato alla ne
della frase
Alla luce di tutti questi esempi possiamo dire, in primo luogo, che in latino
la differenza rispetto allitaliano non tanto nella tendenza del verbo a ri-
correre al fondo della frase, quanto nella possibilit che ci accada. In ita-
liano standard una frase in cui un complemento oggetto nominale (non un
clitico) preceda il verbo nito con intonazione normale non possibile in
un normale testo in prosa:
[31] ??Giovanni la pastasciutta mangia.
238
Introduzione alla linguistica storica
In secondo luogo, come abbiamo gi anticipato, il latino lontano dalles-
sere una lingua di tipo SOV rigido, con posizione del verbo obbligatoria. A
questo proposito osserviamo che negli esempi citati abbiamo trovato pa-
recchi sintagmi preposizionali, contrariamente a quanto previsto per le lin-
gue SOV dai parametri di Greenberg: secondo questi parametri le lingue
SOV dovrebbero presentare posposizioni. Lunica posposizione che trovia-
mo negli esempi latini cum nella forma mecum con me, ma si tratta di
un ordine eccezionale, legato ai pronomi personali solo per questa parola.
Inoltre, vero che troviamo lordine AN (aggettivo-nome) per esempio in
proximis civitatibus (in [29]), ma lordine rispettivo di testa nominale e ge-
nitivo varia fra GN (omnium cognitione in [30]) e NG (auctoritate Orgetori-
gis nellesempio [29]). Ampliando le osservazioni su quanto ci dato veri-
care negli autori romani riguardo alla posizione reciproca di testa nominale
e modicatori, sappiamo che tutti gli ordini possibili sono attestati con
frequenza.
Indubbiamente, litaliano pi lontano da un tipo SOV di quanto non lo
sia il latino; tuttavia, cercare di ricondurre tutte le (importanti) differenze
sintattiche fra le due lingue al mutamento da SOV a SVO fuorviante e ri-
duttivo. Partiamo comunque dalla posizione dei costituenti nella frase e
cerchiamo di capire che cosa capitato nel passaggio dal latino allitaliano
e alle altre lingue romanze.
Differenze
fra le lingue
romanze:
il soggetto
in francese
Il tipo delle lingue romanze viene di solito individuato come SVO. Fra le
lingue romanze stesse esistono per grandi differenze. Abbiamo gi osser-
vato (cap. 1 par. 2.2), che il francese ha il soggetto obbligatorio, al contra-
rio della maggior parte delle altre lingue romanze. Questo signica che un
soggetto clitico compare obbligatoriamente qualora non ci sia nella frase
un soggetto accentato preverbale. Il fatto che il soggetto sia clitico implica
che la sua posizione obbligatoria. Pertanto, il francese presenta lordine
SV non solo in frasi con verbo transitivo, in cui questa posizione aiuta a di-
stinguere il soggetto dalloggetto, ma anche nel corrispettivo della frase
italiana:
[32] Arriva il treno,
che in francese pu essere resa con:
[32] Le train vient,
[32] Il vient, le train.
In [32] il soggetto postverbale una ripresa del costituente che occupa la
posizione sintattica di soggetto, cio il clitico il.
5. Il mutamento sintattico
239
Ordine marcato
e ripresa
pronominale
In italiano (e anche in altre lingue romanze, compreso il francese) la stessa
cosa avviene se spostiamo dalla sua posizione normale loggetto diretto:
frasi con loggetto diretto preverbale e intonazione normale sono perfetta-
mente accettabili purch loggetto diretto sia ripreso con un clitico sul ver-
bo, come in:
[33] Giovanni non lho visto,
che corrisponde al francese:
[34] Jean, je ne lai pas vu.
In italiano se il soggetto espresso si pu trovare davanti o dopo loggetto
diretto:
[33] Giovanni io non lho visto,
[33] Io Giovanni non lho visto.
In pratica, con lausilio dei clitici sul verbo nelle lingue romanze possiamo
usare qualunque ordine dei costituenti senza dover cambiare curva intona-
zionale: in questo il francese si conforma al tipo delle altre lingue, solo
estende lobbligatoriet della ripresa con il clitico anche al soggetto. Il mo-
tivo per cui possiamo dire che in italiano non marcato lordine SVO in
frase transitiva, mentre OSV (o SOV) marcato, che troviamo appunto
una marcatura morfologica pi pesante (cio dobbiamo aggiungere il cli-
tico) nel secondo caso. Possiamo dire quindi che lordine dei costituenti
nella frase in italiano e francese libero, ma che esistono ordini (SVO in
frase transitiva e per il francese anche SV in frase intransitiva) che sono
meno marcati dal punto di vista morfologico.
In latino tutto questo non avveniva: anche il latino aveva un ordine dei
costituenti libero, ma, al contrario delle lingue romanze, non aveva un
sistema di clitici. Poich il nome latino presentava una flessione casuale,
le relazioni di soggetto e oggetto erano segnalate sufficientemente dal
nome stesso. La flessione obbligatoria, mentre la ripresa con il clitico
non lo : in questo senso non possiamo parlare per il latino di un ordine
meno marcato anche dal punto di vista morfologico, come possiamo
fare per litaliano, dato che in latino i casi compaiono con tutti gli ordi-
ni, mentre in italiano esiste un ordine con il quale i clitici non com-
paiono.
240
Introduzione alla linguistica storica
scheda 1 La struttura informativa della frase
Un determinato enunciato veicola un certo contenuto proposizionale: questo il
suo signicato, oggetto di analisi semantica. Tuttavia, a parit di contenuto propo-
sizionale, lenunciato pu presentare strutture sintattiche diverse: la stessa infor-
mazione pu cio essere organizzata in maniera differente, in modo che una data
frase sia adatta a essere usata in uno specico contesto comunicativo. I costituenti
della frase hanno pertanto anche funzioni comunicative, oltre che sintattiche e se-
mantiche. Denire le funzioni comunicative, per, pi difcile perch lambito in
cui esse andrebbero denite non tanto la frase, quanto il testo.
Iniziamo osservando le frasi seguenti:
[i] Paola asciuga i piatti con lo stronaccio;
[ii] I piatti Paola li asciuga con lo stronaccio;
[iii] I piatti Paola asciuga con lo stronaccio (non i bicchieri) .
Di queste [i] e [ii] hanno la stessa intonazione, mentre in [iii] il costituente iniziale
fortemente accentato. Le tre frasi descrivono lo stesso stato di cose. Se poi pen-
siamo alla frase inserita nel contesto di un discorso, per esempio come risposta
alla domanda:
[iv] Che cosa sta facendo Paola con i piatti?,
la risposta sar:
[v] Li sta asciugando con lo stronaccio,
dove invece del sintagma nominale Paola troviamo lomissione del soggetto e inve-
ce del sintagma nominale i piatti il pronome clitico li .
Determinati fenomeni, come per esempio la pronominalizzazione o lellissi, posso-
no essere intesi e descritti solo nellambito di interi testi: la frase un ambito ri-
dotto. Gli approcci che cercano di dare una formalizzazione alle funzioni comunica-
tive, anche dette funzioni pragmatiche, dei costituenti tendono a limitarne la de-
nizione basandosi proprio sullambito della frase.
Troviamo pertanto due possibili opzioni teoriche:
a) la struttura informativa appartiene alla grammatica della frase (vedi Lam-
brecht, 1994);
b) la struttura informativa della frase dipende dallorganizzazione del discorso, da
cui non pu essere separata (vedi Givn, 1983).
Topic In prima approssimazione possiamo dire che il topic ci su cui verte lin-
formazione veicolata da un enunciato. Cos [ii] veicola informazione intorno alle
sorti dei piatti: il costituente i piatti ne dunque il topic. Abbiamo per osservato
che in normali condizioni di discorso il sintagma nominale i piatti non comparireb-
be in questa frase, come dimostra [v]: il clitico li sufciente per far riferimento al
referente gi introdotto nel discorso precedente. Anche li pu a buona ragione es-
sere considerato il topic dellenunciato. Infatti, unaltra importante caratteristica
generalmente ascritta al topic che esso veicola informazione vecchia, o, per me-
glio dire, condivisa dai partecipanti a un atto comunicativo, cio gi attivata nella
5. Il mutamento sintattico
241
coscienza di chi parla e di chi ascolta. Da questa caratteristica ne discende una se-
conda, vale a dire la tendenza del topic a essere codicato da espressioni leggere,
cio con corpo fonologico ridotto e categorialmente non complesse. Le ultime pro-
priet che abbiamo visto per il topic dimostrano come la frase, se la consideriamo
dal punto di vista dellorganizzazione dellinformazione, sia strutturata in maniera
iconica: in questo caso specico, il minor corpo fonologico e la minore complessit
categoriale caratterizzano ci che, rappresentando informazione condivisa, meno
saliente per la comunicazione (e pertanto codicato con minori mezzi formali).
Tema e setting Dette queste cose, per, non chiaro il rapporto fra ci che abbia-
mo chiamato topic nella frase [ii] (il costituente dislocato a sinistra i piatti ) e nella
frase [v] (il clitico li ): si tratta infatti di due costituenti affatto diversi dal punto di
vista prosodico e dotati di diverse propriet sintattiche e un diverso tipo di conte-
nuto semantico. Una possibile soluzione quella di introdurre unaltra funzione,
quella di tema, come in Dik (1978, pp. 132-41). Segnali forti del tema possono essere
espressioni come litaliano quanto a. In alcuni casi, un costituente tema pu com-
parire in frasi che abbiano un diverso topic, come nellesempio [vi], citato da Dik
(1978, p. 141):
[vi] As for Paris, the Eiffel Tower is really spectacular
Quanto a Parigi, la torre Eiffel davvero spettacolare,
dove as for Paris analizzato come tema e the Eiffel Tower come topic. Nella frase
[ii] invece si osserverebbe un esempio in cui tema e topic sono coreferenti.
Luso del termine tema non comunque privo di difcolt. Il termine, introdotto
dalla Scuola di Praga, ricorre infatti normalmente in opposizione a rema: la coppia
tema/rema corrisponde in parte a topic / focus, denotando linformazione riguardo
alla quale viene detto qualcosa (tema) e la parte pi saliente dellinformazione
nuova (rema). Daltro canto, quando un costituente posto a sinistra per servire da
tema nel senso di Dik (1978), si dice normalmente che topicalizzato. Questo ter-
mine viene usato normalmente sia in approcci funzionali, sia in approcci formali:
evidente quindi che lintroduzione del termine tema in questo contesto doppia-
mente problematica. Si osservi inoltre la seguente frase:
[vii] I piatti li ha asciugati tutti .
Dovremmo analizzarla come avente i piatti come tema e il soggetto nullo di terza
singolare come topic. Ma non chiaro come dovremmo denire la nozione di topic
in questo caso, dato che chiaro che ci su cui la frase verte denotato dal costi-
tuente i piatti e il soggetto omesso solo perch evidentemente recuperabile da un
possibile contesto precedente. Sarebbe meglio in questi casi far riferimento a una
scala di disponibilit, cio la misura in cui uninformazione disponibile, perch
gi attivata, per spiegare il fatto che certi costituenti possano essere pronominaliz-
zati o omessi (vedi Chafe, 1976), invece di cercare di individuare in maniera rigida
la funzione pragmatica di ciascun costituente in una singola frase, presa al di fuori
di un contesto.
Per denire una parte di informazione che serve per collocare la frase nellambito
della comunicazione sembra meglio usare un termine che non abbia gi altri usi
242
Introduzione alla linguistica storica
precedentemente stabiliti. Linformazione che vogliamo denire saliente in di-
versa misura, ma comunque caratterizzata da un dinamismo comunicativo relati-
vamente basso, per lo meno rispetto alla parte di frase che veicola linformazione a
cui dato maggior risalto. Si pensi anche a costituenti come le espressioni di tem-
po e luogo, che spesso compaiono in prima posizione nella frase, come in:
[viii] Alle cinque Giovanni stava guardando un lm alla televisione.
Un termine adeguato per denire i costituenti posti a sinistra negli esempi [vi],
[vii] e [viii] quello di setting sfondo, che ne coglie la caratteristica comune, di
delimitare luniverso del discorso (vedi Chafe, 1976).
Focus Generalmente, si usa il termine focus per linformazione nuova che una
frase contiene, informazione che anche pi rematica, essendo caratterizzata da
un alto grado di dinamismo comunicativo. Nella frase [ii], ci che viene detto intor-
no al topic i piatti che un certo agente denominato Paola li sta asciugando ser-
vendosi di uno stronaccio: pertanto, la seconda parte della frase ne costituisce il
focus, come dimostra anche il fatto che essa la risposta alla domanda in [iv].
Caratteristica del focus, che lo oppone al topic, quella di essere normalmente co-
dicato in costituenti pesanti, o categorialmente complessi e di ricorrere normal-
mente verso la ne dellenunciato. Come osserva Chafe (1976), mentre il topic di
norma pronominalizzato, il focus per denizione non pu esserlo, dato che la pro-
nominalizzazione riguarda necessariamente informazione gi introdotta nel di-
scorso, e quindi vecchia, mentre il focus informazione nuova. Questo non signi-
ca che forme pronominali non possano avere funzione di focus: certamente pos-
sono averla quando siano usate in maniera deittica, come tipicamente avviene per
i pronomi di prima e seconda persona, per esempio in frasi come:
[ix] Pago io!
e come pu avvenire anche per quelli di terza. Si osservi comunque che anche in
questi casi si deve trattare di pronomi accentati, mentre non possono aver funzio-
ne di focus i pronomi clitici.
Una importante variante di focus il focus contrastivo: in questo caso il focus non
si riferisce necessariamente a informazione nuova, ma chiarisce una possibile al-
ternativa. questo il caso del costituente i piatti in [iii]. Il focus contrastivo in mol-
te lingue, fra cui litaliano, si pu trovare alla ne della frase:
[x] Paola asciuga i piatti, non i bicchieri ,
oppure anche a sinistra, come nellesempio [iii].
5. La struttura della frase semplice indoeuropea
Elementi con
posizioni specicate
nella frase semplice
indoeuropea
Nellindoeuropeo ricostruito, hanno importanza per la struttura della frase
i clitici, il verbo nito e i preverbi. Sulla base delle lingue indoeuropee an-
tiche, si ricostruisce una situazione in cui i clitici erano posizionati in P2,
poich seguivano la legge di Wackernagel (vedi cap. 5 par. 3.2). La posizio-
ne del verbo era libera e era determinata da fattori pragmatici. Il verbo ni-
5. Il mutamento sintattico
243
to poteva essere nale, soprattutto nello stile narrativo, iniziale, quando era
enfatizzato per esempio negli ordini, o semplicemente per indicare una ce-
sura nel testo. Meno spesso, il verbo poteva essere in P2, soprattutto se si
trattava della copula, che non portava accento. I preverbi potevano essere
posizionati davanti al verbo e immediatamente adiacenti a esso; nel caso
che il verbo fosse nale, essi potevano essere adiacenti al verbo stesso, op-
pure essere posti in prima posizione (cosiddetta tmesi).
Omissione
di soggetto
e oggetto diretto
Fra i costituenti nominali, il soggetto poteva essere omesso: le lingue in-
doeuropee antiche erano lingue a soggetto non obbligatorio (come litalia-
no e molte altre lingue indoeuropee moderne). Come vedremo pi avanti,
in latino anche loggetto diretto poteva essere omesso, se non era enfatico e
poteva essere facilmente recuperato dal contesto. In realt, questa non
una particolarit del latino, ma una caratteristica di numerose lingue in-
doeuropee antiche, che si pu ricostruire anche per lindoeuropeo. Dato
che il verbo indoeuropeo aveva desinenze personali che indicavano il sog-
getto, ma non loggetto diretto, lomissione delloggetto diretto era co-
munque pi limitata dellomissione del soggetto.
Secondo la ricostruzione di Delbrck (1901), Bonfante (1930) e Watkins
(1964, 1997), la frase indoeuropea ha le seguenti possibili strutture:
[i] conn (= clitici) ... V;
[ii] X (= clitici) ... V;
[iii] V (= clitici) ...;
[iv] conn (= clitici) V ...;
[v] conn (= clitici) ... prev V;
[vi] X (= clitici) ... prev V;
[vii] conn (= clitici) prev ... V;
[viii] prev (= clitici) ...V;
[ix] prev (= clitici) V ... .
(conn= connettivo; il segno = indica lattacco dei clitici; le parentesi ton-
de indicano che i clitici possono essere presenti o no; X indica un costi-
tuente accentato diverso dal verbo, preverbio o connettivo; ... indica che
pu occorrere un altro costituente accentato).
Esiste poi la possibilt che costituenti pesanti, spesso contenenti informa-
zione non essenziale, seguano il verbo nito, seguendo la legge di Behaghel
(cap. 5 par. 3.3), in frasi che comporterebbero il verbo al fondo, come nelle
strutture i, ii, v, vi, vii e viii. In parte, come stato notato da Gonda
(1959), questi costituenti si collocano in realt al di fuori dellenunciato,
perch contengono ci che lo studioso chiamava amplicazioni: cio in-
formazioni aggiuntive contenute in attributi (come aggettivi o frasi relati-
ve) o elementi avverbiali, comunque esterni alla predicazione. Costituenti
di questo tipo possono seguire il verbo anche in lingue SOV rigide; essi
vengono designati con un termine inglese, afterthought, perch sono ag-
244
Introduzione alla linguistica storica
giunti come un qualcosa in pi, che venuto in mente dopo il completa-
mento della frase.
Lindoeuropeo
ricostruito:
una lingua
con ordine libero
Come si vede, lindoeuropeo ricostruito doveva essere una lingua caratte-
rizzata da ordine dei costituenti essenzialmente libero. Nelle lingue antiche
troviamo ordine per lo pi libero anche allinterno del sintagma nominale:
aggettivi attributivi e genitivi possono seguire o precedere le teste nominali
nella maggior parte delle lingue. Inoltre, troviamo generalmente preposi-
zioni, ma alcune lingue hanno posposizioni: inizialmente, forse, anche la
posizione delladposizione rispetto al suo complemento era libera, come
abbimo gi visto (cap. 4 par. 7).
Il tipo sintattico delle
lingue indoeuropee
vario
Fra le lingue indoeuropee antiche e moderne troviamo lingue prevalente-
mente SOV come il sanscrito, lingue SOV rigide come buona parte delle
lingue anatoliche, lingue con ordine dei costituenti libero, come il greco
antico o il russo moderno, lingue SVO pi (inglese) o meno (italiano) rigi-
de e lingue VSO come le lingue celtiche.
Da tutta questa variet risulta che oltremodo difcile ricostruire un in-
doeuropeo appartenente a un tipo sintattico rigido: eppure questo stato
fatto e numerosi studiosi hanno versato se non umi per lo meno rivoli di
inchiostro per dimostrare che lindoeuropeo doveva essere ricostruito
come somigliante soprattutto al giapponese (SOV rigido) o allinglese
(SVO rigido) o allirlandese (VSO rigido). Per un paio di decenni dopo la
pubblicazione di Greenberg (1963) sembrava che lunico scopo della rico-
struzione sintattica fosse la ricostruzione di un ordine basico rigido per
lindoeuropeo e che il tipo sintattico ricostruito avrebbe potuto spiegare
tutti i mutamenti intervenuti nelle lingue indoeuropee, inclusa una buona
serie di mutamenti non unicamente sintattici.
Gli studi sulluso pragmatico dellordine dei costituenti in lingue vive e
quindi pi facilmente analizzabili hanno portato a un ridimensionamento
del peso della tipologia sintattica anche per la ricostruzione, dato che,
come osserva Dixon (1997, p. 21, traduzione mia); forse la caratteristica
pi comune che pu diffondersi [da una lingua allaltra] lordine dei co-
stituenti. [...] La somiglianza nellordine dei costituenti fra i peggiori tipi
possibili di evidenza per la parentela genetica e la caratteristica meno utile
per cercare di ricostruire una protolingua.
6. Frase principale e frase dipendente
La frase subordinata
in tedesco: verbo
in posizione nale
La posizione del verbo in frase principale e in frase dipendente in italiano
la stessa. Non cos in altre lingue: noto per esempio che in tedesco le frasi
dipendenti hanno il verbo in posizione nale, anzich in P2 come le frasi
principali. Ma non solo la posizione del verbo a distinguere la frase prin-
cipale dalla frase dipendente in tedesco: lintera struttura della frase che
diversa. Nella frase principale in tedesco il verbo in P2 denisce una prima
5. Il mutamento sintattico
245
posizione della frase che destinata al costituente a cui si voglia dare un
certo tipo di rilievo. Lassenza di questa posizione nella frase dipendente fa
s che lordine dei costituenti nominali non abbia possibilit di variare e sia
quindi obbligatoriamente SOX(...)V.
Informazione
di primo piano
e informazione
di sfondo
In generale, la frase subordinata caratterizzata da un dinamismo comuni-
cativo pi basso di quello della frase principale: la subordinazione sintatti-
ca un corrispettivo iconico della subordinazione comunicativa. Normal-
mente, linformazione di primo piano (foreground) viene veicolata dalle
frasi principali, a cui le subordinate aggiungono informazione di sfondo
(background). Pertanto, lordine dei costituenti nelle subordinate in alcu-
ne lingue meno libero che nelle principali, perch non c la necessit di
mettere in risalto un costituente per scopi pragmatici: questo ci che ac-
cade appunto in tedesco.
7. Dal latino alle lingue romanze: i clitici
In latino loggetto
diretto referenziale
pu essere omesso
Un importante mutamento intervenuto nel passaggio dal latino alle lingue
romanze la creazione di un sistema di clitici pronominali. I clitici, come
abbiamo gi visto (cap. 3 par. 2.1), sono elementi il cui statuto ibrido: da
un lato essi presentano categorie essive e sono pertanto parole morfologi-
che, da un altro lato non portando accento si comportano da un punto di
vista fonologico in maniera simile agli afssi. La loro posizione vicina agli
afssi fa s che anche il loro grado di obbligatoriet sia alto. Esemplichia-
mo questo fatto esaminando un particolare mutamento: la creazione dei
clitici ha avuto leffetto di ridurre la possibilit di omettere loggetto diret-
to, possibilit che invece esisteva in latino. Torniamo a considerare lesem-
pio [30]. Abbiamo tradotto la frase:
[30] Itaque
pertanto
feci
fare:pf.1sg
non
neg
invitus
contrario:nom.sg.m
con:
[30] Pertanto lho fatto non malvolentieri,
aggiungendo un oggetto clitico lo che non ha corrispettivo in latino. Che
questo oggetto si debba aggiungere per avere una frase italiana sintattica-
mente corretta indubbio: un oggetto referenziale (cio che si riferisce a
qualcosa, come qui loggetto si riferisce al contenuto della frase preceden-
te) in italiano di norma non si pu omettere, e una traduzione:
[30] *Pertanto ho fatto non malvolentieri
246
Introduzione alla linguistica storica
non permetterebbe di recuperare loggetto omesso. In latino questo tipo di
omissione invece frequente, come possiamo vedere considerando qualche
altro esempio:
[35] Caesar
Ceasare:nom
exercitum
esercito:acc
reduxit
ricondurre:pf.3sg
et in Aulercis
e in Aulerci:abl.pl
Lexoviisque
Lessovi:abl.pl
reliquisque
altro:abl.pl + e
item
anche
civitatibus,
popolazione:abl.pl
quae
rel.nom.pl.f
proxime
ultimamente
bellum
guerra:n/a
fecerant,
fare:ppf.3pl
in hibernis
in accampamento.invernale:abl.pl
conlocavit
collocare:pf.3sg
Cesare ricondusse indietro lesercito e lo alloggi per linverno nei
territori degli Aulerci, dei Lessovi e delle altre popolazioni che da ul-
time avevano combattuto (Ces. BG 3.29.3);
[36] lacerat,
lacerare:prs.3sg
exest
consumare:prs.3sg
animum
anima:acc
planeque
completamente + e
concit
terminare:prs.3sg
dilania, corrode lanima e la porta alla completa perdizione (Cic.
Tusc. 3.13.27);
[37] haec
questo:nom.f
igitur
dunque
lex
legge:nom.f
in
in
amicitia
amicizia:abl.sg
sanciatur,
sancire:cong.p.3sg
ut
che
neque
n
rogemus
chiedere:cong.1pl
res
cosa:nom.pl
turpes
turpe:nom.pl
nec
n
faciamus
fare:cong.1pl
rogati
chiedere:part.nom.pl
si sancisca dunque questa legge nellamicizia, che non chiediamo
cose indegne n, richiesti, le facciamo (Cic. Amic. 40).
Obbligatoriet
dei clitici
Le frasi contenute negli esempi [35-37] contengono casi di coordinazione:
in questo contesto lomissione delloggetto diretto nel latino classico la
regola. I coordinatori che richiedono lomissione nei tre esempi citati sono
et in [35], -que in [36] e nec in [37]. La differenza fra il latino e litaliano a
questo riguardo che il latino potrebbe in questa posizione solo impiega-
re un oggetto pronominale vero e proprio, mentre litaliano pu usare il
clitico, cio, come abbiamo osservato pi volte, un elemento che ha uno
statuto a met strada fra una parola e un morfema legato. I clitici, ove esi-
5. Il mutamento sintattico
247
stano, hanno un grado di obbligatoriet superiore alle forme libere, pro-
prio perch si avvicinano ai morfemi legati: questo il motivo per cui nel-
le traduzioni degli esempi dati sopra dobbiamo per forza aggiungere un
clitico, anche se di per s le frasi senza clitico sarebbero comprensibili
(cio se dicessimo *che non chiediamo cose indegne n richiesti facciamo non
sintatticamente corretta, ma ci sono pochi dubbi su una sua possibile in-
terpretazione).
In latino non esiste un criterio chiaro come in italiano per distinguere for-
me pronominali accentate da forme enclitiche, dato che esse sono omofo-
ne, tranne che per la presenza o assenza di accento, che per non indicato
dalla graa. Possiamo per osservare che le forme pronominali non enfati-
che non si trovano mai in prima posizione nella frase. Se osserviamo in
particolare la forma dellaccusativo del pronome di terza persona, notiamo
che essa si trova in prima posizione solo qualora sia seguita dalla congiun-
zione -que, che essa stessa enclitica: ci signica che il pronome accenta-
to ed enfatico, come nellesempio [38] che ora discuteremo, e che si trova
in inizio di verso (quindi in posizione accentata):
[38] seni
anziano:dat
huic
questo:dat
fuerunt
essere:pf.3pl
lii
glio:nom.pl
nati
nato:nom.pl
duo /
due:nom
alterum
uno.dei.due:acc
quadrimum
di.quattro.anni:acc
puerum
bambino:acc
servos
schiavo:nom
surpuit /
rapire:pf.3sg
eumque
3sg.acc + e
hinc
di.qui
profugiens
fuggire:prs.part.nom
vendidit
vendere:pf.3sg
in
in
Aulide /
Aulide:abl
patri
padre:dat
huiusce
questo:gen+ foc
Questo anziano signore aveva due gli. Uno schiavo rap uno dei
due bambini a quattro anni e, fuggendo di l, vendette proprio lui
in Aulide al padre di costui (Pl. Capt. 8-9).
Il motivo per cui il pronome eum qui enfatizzato risiede nella partico-
lare situazione che crea lo sfondo per la commedia: il bambino rapito
venne rivenduto dallo schiavo al suo stesso padre, come risulta dal fatto
che la persona indicata con lespressione deitica huiusce di costui ap-
punto il fratello del rapito. Pertanto anche in italiano non sarebbe cor-
retto tradurre eum con lo (oggetto clitico), ma meglio renderlo con
laggiunta di un focalizzatore (con unespressione come proprio lui o
lui stesso).
248
Introduzione alla linguistica storica
Se loggetto non fosse accentato, si potrebbe avere una frase come:
[38] puerum servos surpuit / et hinc profugiens vendidit
uno schiavo rap il bambino e fuggendo di l lo rivendette,
ma non:
[38] ??puerum servos surpuit / et hinc profugiens eum vendidit.
Crescente
obbligatoriet
delloggetto diretto
nel Nuovo
Testamento
La fase di raccordo fra il latino e le lingue romanze attestata dal Nuovo
Testamento, in cui troviamo frasi come:
[39] et
e
obtuli
presentare:pf.1sg
eum
3sg.acc
discipulis
discepolo:dat.pl
tuis
tuo:dat.pl
et
e
non
non
potuerunt
potere:pf.3pl
curare
curare:inf
eum
3sg.acc
e lo portai dai tuoi discepoli, e non furono in grado di curarlo
(Mt. 17.16),
che non corrisponde al latino classico. Confrontando [39] con [38] si note-
r anche che la forma eum compare adiacente al verbo, come i clitici delle
lingue romanze, mentre in latino in precedenza la posizione del verbo non
determinava quella dei pronomi.
Sporadica omissione
delloggetto
in italiano antico
Nellitaliano antico, in cui ormai la posizione dei clitici regolata dal ver-
bo, sporadicamente lomissione compare ancora, in contesti in cui litalia-
no moderno non la permette pi:
[40] Questi gliuoli di Gastantino per la loro dissensione guastaro molto lo
mperio di Roma e quasi abbandonaro (Villani, 2.22.40);
[41] e in luogo di comunicarsi, ciascuno prese uno poco di terra e si mise in
bocca (Villani, 9.56.109).
Cambiamento
di posizione
dei clitici romanzi
Nelle lingue romanze antiche i pronomi clitici erano inizialmente enclitici:
essi seguivano cio il verbo, a cui si appoggiavano fonologicamente. Nelle
lingue moderne, con forme nite del verbo, i clitici sono per lo pi procli-
tici. Nellitaliano antico, i clitici possono trovarsi davanti o dietro al verbo
nito, ma in iniziale di frase essi per lo pi seguono il verbo: questa regola
di posizione, detta legge Tobler-Mussaa, uneredit della loro antica
natura di enclitici.
5. Il mutamento sintattico
249
In portoghese i clitici
sono meno
grammaticalizzati
che in italiano
moderno
Non in tutte le lingue romanze il grado di grammaticalizzazione dei clitici
ugualmente alto. In portoghese in particolare si osserva che loggetto di-
retto pu essere omesso anche in contesti in cui le altre lingue non consen-
tono (pi) lomissione. questo il caso delle domande bipolari:
[42] voc
Lei
viu
vedere:pass.3sg
o
il
lme
lm
E tudo o vento levou?
e tutto il vento portar.via:pass.3sg
Sim,
s
vi.
vedere:pass.1sg
ha visto il lm Via col vento? S, lho visto.
In [42] la risposta contiene solo il verbo, senza il clitico oggetto che inve-
ce necessario in italiano moderno. Questo tipo di domande e risposte co-
stituiva un contesto di omissione anche in latino, come esemplicato in
[43]:
[43] novistine
conoscere:pf.2sg + neg
hominem?
uomo:acc
novi
conoscere:pf.1sg
conosci quel tale? Lo conosco (Pl. Bacch. 837).
In italiano antico anche in questo contesto lomissione era ancora possibile:
[44] or non avest la torta? Messer s: ebbi (Nov. 79).
La minore obbligatoriet dei clitici in portoghese, e quindi il loro minor
grado di grammaticalizzazione rispetto alle altre lingue romanze, dimo-
strato anche dalla possibilit di avere frasi con ordine OV e intonazione
non contrastiva senza avere la ripresa col clitico:
[45] ese
questo
livro
libro
nunca
mai
ofreci
dare:pass.1sg
ao
a + il
Joo
Giovanni
questo libro non lho mai dato a Giovanni.
Come abbiamo notato in precedenza (cap. 5 par. 4), frasi come [45] sono
possibili in italiano (e nella gran parte delle altre lingue romanze) solo con
il clitico; se il clitico assente, allora il primo costituente deve obbligatoria-
mente portare accento contrastivo (come sarebbe in questo libro non ho
mai dato a Giovanni (ma gli ho dato quellaltro)). Litaliano antico, a somi-
glianza del portoghese, poteva invece in questo contesto presentare il cliti-
co o non presentarlo.
250
Introduzione alla linguistica storica
Pertanto, sia litaliano antico sia il portoghese rappresentano fasi nella
grammaticalizzazione dei pronomi che sono pi arretrate di quella dellita-
liano moderno e delle altre lingue romanze. Nella maggior parte delle lin-
gue romanze moderne i clitici hanno assunto varie caratteristiche dei mor-
femi legati, fra le quali un altissimo grado di obbligatoriet.
Nelle lingue
romanze i clitici
segnalano alcune
funzioni
dei costituenti
sul verbo
Se torniamo alla presenza dei casi in latino, possiamo vedere che il tipo del
latino si oppone a quello delle lingue romanze per una maggiore indipen-
denza del sintagma nominale nel segnalare le funzioni sintattiche, mentre
le lingue romanze sono caratterizzate dalla possibilit di segnalare le fun-
zioni sintattiche sul sintagma verbale. Come sostiene Bossong (1998), luso
dei clitici come ripresa di costituenti posizionati in maniera diversa dallor-
dine basico avvicina il tipo delle lingue romanze a quello delle lingue in-
corporanti (che abbiamo descritto in cap. 3 par. 3). Bossong si serve della
seguente frase francese per sostanziare la sua affermazione:
[46] Il
egli
la
la
lui
gli
a
ha
donn,
data
a
Jean,
Giovanni
son
suo
pre,
padre
la
la
moto
moto
glielha regalata, a Giovanni, suo padre, la moto
(ricordiamo che anche il soggetto indicato da un clitico in francese, qua-
lora non sia espresso con un sintagma nominale in posizione preverbale).
Dato che i clitici romanzi sono obbligatori solo con ordini diversi da SVO,
questo tipo di segnalazione d luogo a ordini marcati: nel momento in cui
gli stessi clitici diventassero obbligatori anche con lordine SVO le lingue
romanze avrebbero lo stesso grado di libert del latino quanto allordine
dei costituenti e si sarebbe compiuto il passaggio da un tipo con segnala-
zione delle relazioni grammaticali sul sintagma nominale a un tipo con se-
gnalazione sul sintagma verbale.
scheda 2 Segnalazione sulla testa e segnalazione sul dipendente
Nelle lingue indoeuropee, normalmente quando due costituenti siano in rapporto
di dipendenza luno dallaltro il costituente dipendente che porta una segnalazio-
ne morfologica di questa relazione. Ci avviene nel rapporto fra testa e modica-
tore:
[i] liber
libro:nom
magistri
maestro:gen
il libro del maestro.
Sia lesempio latino, sia la traduzione italiana contengono modicatori nominali che
comprendono un segnale della loro funzione sintattica: in latino il caso genitivo a
5. Il mutamento sintattico
251
segnalare che il sostantivo magistri usato come modicatore di una testa nomina-
le ( liber ), mentre in italiano questa indicazione fornita dalla preposizione di .
Non tutte le lingue per funzionano a questo riguardo come le lingue indoeuropee.
In ungherese, per esempio, la frase [i] corrisponde a:
[ii] a tant
il maestro
knyv-e
libro-poss.3sg
il libro del maestro.
Nellesempio [ii] il rapporto di modicazione non indicato sul modicatore a ta-
nt il maestro da un afsso o da unadposizione, come in latino e italiano, ma dal
sufsso possessivo -e, sulla testa del sintagma, cio knyv libro.
Anche lo stato costrutto delle lingue semitiche una maniera di segnalare la di-
pendenza sulla testa, piuttosto che sul modicatore:
[iii] p@ne
faccia-st.costr
ha ares
'
la terra
la faccia della terra (ebraico).
In questa frase, il sostantivo panim faccia, supercie presenta una forma partico-
lare, chiamata stato costrutto, caratterizzata da alterazioni fonologiche (sposta-
mento dellaccento) e dallassenza dellarticolo determinativo, che indica che esso
funge da testa di un sintagma e che il sintagma contiene un modicatore, in questo
caso il sintagma ha ares
'
la terra, che non marcato.
Alcune lingue presentano indicazioni dei rapporti di dipendenza che compaiono si-
multaneamente sul modicatore e sulla testa. il caso del turco:
[iv] Ahmed-in
Ahmed-gen
hanK m-K
moglie-poss.3sg
la moglie di Ahmed.
In [iv] troviamo la testa hanK m-K moglie-sua che marcata come tale dal posses-
sivo -K , in maniera analoga a quanto abbiamo visto in [ii] per lungherese. In [iv]
per troviamo anche il caso genitivo sul modicatore, mentre in ungherese come
abbiamo visto il modicatore non porta alcun segnale del rapporto di dipendenza.
In turco, la comparsa del sufsso di genitivo in questo tipo di sintagma ha una fun-
zione specica, cio quella di indicare la determinatezza e la referenzialit del
modicatore.
Troviamo pertanto un contrasto fra:
[v] ev
casa
kapK-sK
porta-poss.3sg
la porta di casa,
e:
[vi] ev-in
casa-gen
kapK-sK
porta-poss.3sg
la porta della casa (cio di una casa specica);
(questo contrasto non pu essere esemplicato con [iv], perch ovviamente i nomi
propri possono essere solo determinati).
252
Introduzione alla linguistica storica
8. Tipologia sintattica II: le relazioni grammaticali
In questa sezione intendiamo con il termine relazioni grammaticali le fun-
zioni sintattiche dei costituenti nominali, quali soggetto e oggetto diretto.
La denizione di queste funzioni in lingue come litaliano o linglese non
sembra particolarmente problematica; tuttavia, gi dai dati dellitaliano
stesso vedremo che non tutti i soggetti sono tali allo stesso titolo. In altre
lingue, per noi pi esotiche, la denizione di soggetto non univoca: ve-
dremo che ci sono lingue in cui pi costituenti nella stessa frase soddisfano
una parte delle condizioni che normalmente un costituente soddisfa per es-
sere considerato il soggetto.
Vedremo poi anche che esistono lingue in cui nomi e verbi si presentano
divisi in classi diverse, a seconda del tipo di coinvolgimento dei partecipan-
ti in uno stato di cose.
Il soggetto italiano:
concordanza
col verbo
e coordinazione
8.1. La denizione del soggetto in italiano In italiano siamo abituati a pensa-
re che il fatto di concordare con il verbo sia sufciente per denire il sog-
getto di un enunciato. Ci sono comunque anche altre propriet che carat-
terizzano il soggetto. Per esempio, in frasi coordinate, quando il soggetto
della seconda frase sia omesso, esso di norma coreferente con il soggetto
della prima:
[47] Giovanna incontra Raffaella e la saluta.
Questa frase pu voler dire solamente che Giovanna a salutare Raffaella;
se avessimo voluto indicare un cambio di soggetto avremmo dovuto usare
un pronome nella seconda frase:
[47] Giovanna incontra Raffaella e lei la saluta.
Anche nel caso che soggetto e oggetto non siano terze persone il cambio di
soggetto senza pronome espresso non possibile:
[48] Ho salutato Raffaella e sono partita;
[49] ??Ho salutato Raffaella ed partita / Ho salutato Raffaella e lei partita.
Consideriamo ora la frase:
[50] A Giovanna piaceva Raffaella e lha invitata a cena.
Mentre il costituente che concorda col verbo della prima frase in [50]
Raffaella, quello che ha lo stesso referente del soggetto omesso nella secon-
5. Il mutamento sintattico
253
da Giovanna. Anche cambiando tipo di soggetto otteniamo lo stesso ri-
sultato:
[51] ??Mi piaceva Raffaella e mi ha invitata a cena.
Con il verbo piacere
le caratteristiche
del soggetto
sono distribuite
su due costituenti
In altre parole, nelle frasi [50] e [51] le condizioni per essere soggetto sono
distribuite fra due costituenti diversi: da un punto di vista morfosintattico
(accordo col verbo) il soggetto di [50] Raffaella, ma in un contesto sintat-
tico pi ampio (coreferenza col soggetto nullo in frase coordinata) il sog-
getto della stessa frase Giovanna. Questa non una conseguenza dellor-
dine dei costituenti, come si pu vedere da:
[52] A Giovanna Raffaella ha dato un biglietto e lha invitata al cinema,
in cui Raffaella soggetto sia della prima sia della seconda frase, e soddisfa
quindi sia la condizione morfosintattica sia quella pi propriamente sin-
tattica.
Il soggetto italiano
uguale in frase
transitiva e in frase
intransitiva
Una caratteristica di soggetto e oggetto diretto delle frasi transitive in ita-
liano quella di corrispondere solitamente, sul livello semantico, allagente
e al paziente, come in:
[53] Giovanni ha mangiato gli spaghetti.
In [53] abbiamo un verbo transitivo, mangiare, che bivalente: richiede
cio due costituenti nominali, un soggetto e un oggetto diretto (sul concet-
to di valenza, vedi scheda 1 del cap. 4). Il costituente Giovanni il soggetto
sul piano morfosintattico e concorda con la forma verbale ha mangiato,
mentre dal punto di vista semantico esso denota il partecipante animato
che compie lazione espressa dal verbo: ha quindi il ruolo semantico di
agente. Il costituente gli spaghetti sintatticamente loggetto diretto del
verbo, mentre dal punto di vista semantico denota il partecipante che subi-
sce un cambio di stato in conseguenza dellazione espressa dal verbo: rive-
ste il ruolo semantico di paziente.
Volendo possiamo rovesciare la prospettiva della frase, usando la diatesi
passiva:
[54] Gli spaghetti sono stati mangiati da Giovanni.
In questo caso, dal punto di vista semantico e denotativo ci troviamo sem-
pre davanti a unazione compiuta dallo stesso agente in cui lo stesso pa-
ziente subisce un cambiamento di stato, ma dal punto di vista morfosintat-
tico la struttura dellenunciato cambiata: il soggetto il costituente gli
spaghetti, che infatti concorda con la forma verbale sono stati mangiati, e il
254
Introduzione alla linguistica storica
verbo diventato monovalente. Pertanto, non richiede altri costituenti ol-
tre al soggetto. Il sintagma preposizionale da Giovanni, che denota lagen-
te, dal punto di vista sintattico un avverbiale, o aggiunto: non rientra
cio nella valenza del verbo.
Il fatto che nella forma passiva un verbo transitivo diventi intransitivo
importante perch ci consente di osservare che, in italiano, il soggetto del
verbo transitivo e il soggetto del verbo intransitivo sono trattati nello stesso
modo dal punto di vista morfosintattico, anche quando abbiano ruoli se-
mantici diversi: sia il soggetto di [53] sia quello di [54] concordano con il
verbo. Inoltre possiamo vedere che le stesse condizioni si vericano in frasi
intransitive con verbi attivi, come in:
[55] Giovanni andato a casa;
[56] Gli spaghetti sono caduti fuori dal piatto.
Nelle lingue ergative
il soggetto del verbo
intransitivo
marcato come
il paziente dei verbi
transitivi
8.2. Le lingue ergative Non tutte le lingue funzionano come litaliano a
questo riguardo. In un importante gruppo di lingue, dette lingue ergati-
ve, la frase transitiva presenta sistematicamente la prospettiva del paziente,
che di norma segnalato morfologicamente dallassenza di morfemi speci-
ci, in maniera analoga al soggetto del verbo transitivo. Il caso di questi
due tipi di costituenti viene detto abitualmente caso assolutivo (abbreviato
ass). Vediamo un esempio dal georgiano, una lingua caucasica ergativa:
[57] Gela
Gela:ass
gavida
aor-uscire
saxlidan
casa-abl
Gela usc di casa;
[58] Gelam
Gela-erg
dainaxa
aor-vedere
Maria
Maria:ass
Gela vide Maria.
Nelle frasi [57] e [58] troviamo rispettivamente un verbo intransitivo, che
signica uscire, e uno transitivo, che signica vedere. Nella prima frase,
il soggetto Gela non porta alcun morfema specico: questo il segnale del
caso assolutivo (che nelle grammatiche georgiane chiamato nominativo,
per motivi che chiariremo pi avanti). Nella seconda frase, la stessa assenza
di morfema specico compare con il sostantivo Maria, che dal punto di vi-
sta semantico denota il paziente, mentre il sostantivo Gelamcompare in un
caso speciale, realizzato dal morfema -m, detto ergativo (nelle grammati-
che descrittive del georgiano questo caso detto narrativo). Potremmo al-
lora paragonare la frase [58] al passivo italiano, e pensare che in georgiano
5. Il mutamento sintattico
255
con verbi transitivi si privilegi sempre la prospettiva del paziente, che ver-
rebbe sistematicamente scelto come soggetto.
Sintatticamente
il soggetto del
georgiano lagente
In realt per non cos: se consideriamo le frasi coordinate in [58], nella
seconda delle quali il soggetto omesso, vedremo che il soggetto sintattico
coreferente con il costituente in ergativo, non con quello in nominativo:
[59] Gelam
Gela-erg
dainaxa
aor-vedere
Maria
Maria:ass
da
e
gavida
aor-uscire
saxlidan
casa-abl
Gela vide Maria e usc di casa.
Il costituente in assolutivo in [59] la parola Maria, ma nella frase coordi-
nata il soggetto omesso del verbo gavida coreferente col costituente Ge-
lam, cio il costituente in ergativo. In italiano, invece, il soggetto del verbo
passivo sarebbe soggetto di una possibile coordinata successiva, come ve-
diamo da:
[60] Maria fu vista da Gela e usc di casa,
dove il soggetto omesso della seconda frase coreferente con il costituente
Maria.
Ergativit
morfologica ed
ergativit sintattica
Lergativit un fenomeno complesso, che si presenta in maniere diverse:
alcune lingue, come il georgiano stesso, sono ergative solo con determinati
tempi del verbo; altre, come il dyrbal, una lingua australiana, presentano
anche ergativit sintattica, altre ancora, come il basco, hanno il caso ergati-
vo esteso anche al soggetto dei verbi intransitivi, qualora questi esprimano
azioni (per esempio, andare).
Ergativit scissa In particolare, alcune lingue presentano un fenomeno detto ergativit scis-
sa. In queste lingue il sistema ergativo si riscontra solo con certi tempi o
aspetti verbali o solo con certi tipi di nomi, mentre con gli altri si trova un
sistema nominativo-accusativo. questo il caso del georgiano, in cui il si-
stema ergativo si trova solo con laoristo. Per questo motivo, il caso assolu-
tivo in georgiano si chiama nominativo (con gli altri tempi verbali funzio-
na infatti in maniera simile al nominativo delle lingue indoeuropee), men-
tre lergativo si chiama caso narrativo, dato che laoristo il tempo usato
nelle narrazoni.
Nelle lingue attive
esistono classi
di verbi e nomi attivi
e inattivi
8.3. Le lingue attive Accanto alle lingue ergative e a quelle di tipo nomina-
tivo-accusativo, esistono poi le cosiddette lingue attive. Si tratta di lingue
in cui i membri di alcune classi lessicali, in particolare verbi e sostantivi,
sono divisi in attivi e inattivi. Solo i sostantivi attivi possono essere sogget-
to di verbi attivi e solo i sostantivi inattivi possono essere soggetto di verbi
inattivi (anche detti stativi). Ne consegue che spesso gli stati di cose posso-
no essere denotati da due verbi diversi, a seconda di come sono concettua-
256
Introduzione alla linguistica storica
lizzati. In italiano, per esempio, troviamo la coppia ardere/bruciare, in cui il
primo verbo indica uno stato ed intransitivo, mentre il secondo transiti-
vo e denota uno stato di cose in cui un paziente cambia stato:
[61] Il fuoco arde;
[62] Il fuoco ha bruciato migliaia di libri
2
.
Nelle lingue attive non solo le coppie lessicali compaiono sistematicamente
nel caso dei verbi, ma anche i sostantivi sono spesso organizzati nello stesso
modo: in una lingua attiva, in corrispondenza della parola fuoco in [61] e
[62] potremmo trovare morfemi specici che indicano soggetto di verbo
inattivo e soggetto di verbo attivo, oppure due lessemi diversi, il primo
inattivo e il secondo attivo.
Le lingue
indoeuropee
sono di tipo
nominativo-accusativo
8.4. Il tipo delle lingue indoeuropee Le lingue come litaliano sono dette
lingue nominativo-accusativo. Le lingue indoeuropee antiche e buona
parte di quelle moderne sono di questo tipo: nelle lingue che hanno sistemi
di casi morfologici, come per esempio il latino o il tedesco, il nominativo
il caso del soggetto sia dei verbi transitivi, sia di quelli intransitivi, mentre
laccusativo il caso delloggetto diretto dei verbi transitivi, come in:
[63] Der
il:nom
Vater
padre
grt
salutare:3sg
den
il:acc
Sohn
glio
und
e
geht
andare:3sg
weg
via
il padre saluta il glio e se ne va;
[64] Der
il:nom
Vater
padre
geht
andare:3sg
weg
via
il padre se ne va.
Lindoeuropeo
ricostruito come
lingua ergativa
Alcuni studiosi hanno per proposto possibili ricostruzioni dellindoeuro-
peo in una sua fase molto antica come appartenente al tipo ergativo o al tipo
attivo. La ricostruzione ergativa stata proposta fin dallinizio del secolo
scorso e si basa su varie evidenze, soprattutto relative al sistema dei casi
grammaticali. In particolare, sarebbe una traccia di ergativit il fatto che il
nominativo del maschile ha una sua desinenza specifica: cio marcato,
mentre nelle lingue nominativo-accusativo questo caso pi spesso quello
privo di segnalazione. Lingue nominativo-accusative non indoeuropee con
sistemi di casi che hanno un nominativo non marcato sono per esempio le
lingue ugrofinniche e le lingue altaiche. Se il nominativo indoeuropeo fosse
stato in origine un caso ergativo, il fatto di essere marcato si spiegherebbe fa-
2. In realt lesempio italiano solo approssimativo, dato che in italiano entrambi i verbi posso-
no avere uso transitivo o intransitivo.
5. Il mutamento sintattico
257
cilmente, dato che nelle lingue ergative marcato appunto il caso ergativo,
mentre non lo il caso assolutivo. Inoltre, la desinenza del nominativo ma-
schile singolare indoeuropeo, che si ricostruisce come *-s (vedi cap. 3), si-
mile alla desinenza del genitivo, ricostruita come *-os. Molte delle lingue er-
gative note presentano lestensione della desinenza del genitivo al caso erga-
tivo: anche in questo caso, la somiglianza si spiegherebbe se il caso nominati-
vo dellindoeuropeo continuasse un pi antico caso ergativo.
Lindoeuropeo
ricostruito come
lingua attiva
La proposta che lindoeuropeo si debba ricostruire come una lingua del
tipo attivo, invece, stata avanzata in epoca pi recente e si basa su eviden-
ze in parte lessicali. Abbiamo visto nel cap. 4 che le lingue indoeuropee la-
sciano in alcuni casi ricostruire coppie di nomi, di cui uno di genere neu-
tro e laltro di genere maschile o femminile. Come abbiamo detto, rico-
struendo una situazione in cui il neutro corrispondeva al genere inanimato
e il maschile e femminile a un unico genere animato, il fatto che per parole
come fuoco o acqua si ricostruiscano coppie lessicali dimostrerebbe che
il referente poteva essere concettualizzato come attivo o come inattivo. La
presenza di coppie lessicali di questo tipo appunto tipica delle lingue atti-
ve. Anche il sistema di diatesi ricostruito per lindoeuropeo, in cui non esi-
steva una vera opposizione, ma la distribuzione di attivo e medio era lessi-
cale (vedi cap. 4) potrebbe fornire evidenze in questo senso.
Cambiamento di tipo:
lingue indoarie
Alcune lingue indoeuropee presentano sistemi ergativi, che si sono svilup-
pati nel corso della loro storia. Fra queste, le meglio studiate sono le lingue
indoarie moderne, come lo hindi. Si tratta di lingue che hanno per lo pi
sistemi di ergativit scissi, legati allaspetto verbale. Su come si sia sviluppa-
to il sistema ergativo in queste lingue non c accordo; si pu comunque
notare che gi il sanscrito classico tendeva a presentare un uso molto ampio
del passivo con complemento dagente in strumentale e che la desinenza
del caso ergativo che contiene una nasale potrebbe essere imparentata con
quella dello strumentale -ina/-ena.
Lingue anatoliche Le lingue anatoliche, in special modo littita, presentano un interessante
fenomeno, per cui i nomi di genere neutro non possono essere soggetto di
verbi transitivi. In caso che debbano assumere questo ruolo, essi vengono
trasposti con un sufsso -ant- nel genere comune (sul sistema di genere
dellanatolico vedi cap. 4 par. 3.2). Pertanto troviamo per esempio la parola
pahhur fuoco, genere neutro, che, nel caso debba essere soggetto di un
verbo transitivo, si presenta come pahhuwanza, fonologicamente /pah-
huants/, in cui troviamo pahhu- base -ant- sufsso derivazionale, con la
funzione di cambiare genere, -s desinenza del nominativo di genere comu-
ne. Questa lanalisi tradizionale; secondo unanalisi alternativa, la forma
-anza non sarebbe ulteriormente scomponibile e rappresenterebbe un caso
ergativo. Ci troveremmo pertanto davanti a un sistema a ergativit scissa: i
nomi di genere neutro seguirebbero un sistema ergativo, quelli di genere
comune un sistema nominativo-accusativo.
258
Introduzione alla linguistica storica
9. Paratassi e ipotassi
Non si possono
ricostruire
subordinatori
per lindoeuropeo
Bench le lingue indoeuropee presentino complicati sistemi di subordina-
zione, nessuna delle congiunzioni subordinative sembra risalire alla fase
comune dellindoeuropeo e anche i pronomi relativi risalgono a radici pro-
nominali che in origine avevano una funzione non subordinativa. In que-
sto paragrafo esamineremo due problemi: in primo luogo, se sia corretto
ricostruire lindoeuropeo come lingua in cui la subordinazione aveva uno
sviluppo di gran lunga inferiore allo sviluppo che troviamo invece nelle lin-
gue indoeuropee; in secondo luogo, vedremo come si possano essere svi-
luppati determinati tipi di frasi subordinate, prendendo come esempio le
frasi relative.
Nel par. 7 del cap. 3, parlando della teoria dellagglutinazione, abbiamo
detto che limpressione dei linguisti di inizio Ottocento di poter risalire
con lindoeuropeo a una fase primitiva di linguaggio illusoria. Come ab-
biamo gi osservato, infatti, il linguaggio nacque decine di migliaia di anni
prima della scrittura, mentre con la ricostruzione possiamo risalire al pi a
un migliaio di anni prima delle pi antiche fonti scritte.
Lipotassi una
caratteristica
della lingua scritta
Per quanto riguarda lo sviluppo della subordinazione, per, ci sono motivi
per pensare che lindoeuropeo ricostruito presentasse davvero se non una
realt primitiva, per lo meno uno sviluppo molto inferiore alle lingue che
conosciamo, comprese le pi antiche. Ci dipende dal fatto che la com-
plessit nella struttura del periodo una caratteristica della lingua scritta,
piuttosto che della lingua parlata: lo stile periodico caro ai prosatori greci e
romani difcilmente avrebbe potuto svilupparsi senza la possibilit di pia-
nicazione offerta dallo scritto rispetto al parlato. Si pu osservare inoltre
che le congiunzioni subordinative delle varie lingue indoeuropee sono di-
verse fra loro: come abbiamo detto non possibile cio ricostruire dei su-
bordinatori per lindoeuropeo.
Questa osservazione non di per s probante. I subordinatori sono ele-
menti instabili che tendono a rinnovarsi nel mutamento linguistico: basti
notare che le congiunzioni subordinative pi produttive del latino, cum e
ut, non continuano nelle lingue romanze, mentre se ne sono sviluppate
numerose altre che non esistevano in latino. Tuttavia, le lingue indoeuro-
pee pi povere di tradizione letteraria confermano lipotesi di un indoeu-
ropeo in cui lo sviluppo della subordinazione doveva essere inferiore a
quello conosciuto dalle lingue dotate di una tradizione letteraria ricca ed
elaborata.
La subordinazione
in ittita
A questo proposito, sono interessanti i dati delle lingue anatoliche. In ittita
esistono alcuni tipi di subordinate avverbiali, come le frasi temporali, cau-
sali e condizionali, ma non esistono nali e consecutive; non esistono inol-
tre nella lingua arcaica neanche frasi oggettive con verbi quali dire o pen-
sare (con questi verbi si trovano sempre strutture paratattiche, come il di-
5. Il mutamento sintattico
259
scorso diretto). Per quanto riguarda le subordinate avverbiali esistenti, esse
contengono congiunzioni subordinative derivate dalla base del pronome
relativo; lo stesso pronome serve da base nel corso della storia della lingua
per la creazione di frasi oggettive. Littita ha una tradizione letteraria, ma
limitata rispetto a altre lingue antiche, come il greco e il sanscrito, e non
sembra che, allepoca in cui si inizi a scriverlo, la letteratura orale cono-
scesse gi uno sviluppo simile a quello dellepica omerica o degli inni vedi-
ci. Lo scarso sviluppo dellipotassi pu quindi essere una conseguenza del-
luso anche scritto di una lingua che aveva un grado di elaborazione pi vi-
cino al parlato.
Genesi delle frasi
relative
Fra le frasi subordinate testimoniate da tutte le lingue indoeuropee trovia-
mo le frasi relative, che sono introdotte da un pronome. Le lingue indoeu-
ropee lasciano ricostruire due basi pronominali che possono fungere da
pronomi relativi, cio *yo- e *k
w
i-/k
w
o-. Per lo pi le lingue indoeuropee
generalizzano uno dei due pronomi; in alcune di esse compaiono entram-
bi, ma con funzioni diverse. Per esempio, in greco troviamo come prono-
me relativo hs oq, che deriva dallindoeuropeo *yos, e ts/tis t q/tiq, deri-
vanti dallindoeuropeo *k
w
is, che hanno funzione di pronome interrogati-
vo e indenito. Questa era probabilmente la funzione originaria della base
*k
w
is, come evidenziato anche dalle altre lingue. Pi tardi alcune di esse
come littita, il latino e in parte il germanico hanno esteso forme derivanti
da questa base alla funzione di relativo.
Nelle fasi pi antiche delle lingue indoeuropee si pu studiare lorigine del-
le frasi relative: esse nacquero come frasi correlative, cio strutture paratat-
tiche (quindi non contenenti una subordinata) in cui ricorreva un prono-
me indenito. Si osservi il seguente esempio latino:
[65] quei
rel.nom
ager
terreno:nom
ex
da
privato
privato:abl
in
in
publicum
pubblico:acc
commutatus
mutare:pf.p.
est,
3sg
de
circa
eo
3sg.abl
agro
terreno:abl
siremps
uguale:nom
lex
legge:nom
esto
essere:imper.fut.3sg
riguardo a un terreno che sia cambiato da privato in pubblico la
legge sia uguale (cil i
2
, 585).
Abbiamo tradotto il testo latino con una frase principale e una relativa in
italiano, ma in realt il latino contiene due frasi indipendenti: nella prima
il relativo quei (latino classico qui) mantiene ancora il suo originario valore
di indenito. La frase si pu parafrasare come quale terreno sia cambiato
da privato in pubblico, riguardo a questo terreno la legge sia uguale.
260
Introduzione alla linguistica storica
In questo capitolo
Greenberg distingue tre tipi di lingue in base allordine reciproco di soggetto, og-
getto diretto e verbo: VSO, SVO e SOV. A ogni ordine corrispondono regolarit nella
posizione di modificatori e adposizioni. Le lingue per non rientrano in modo asso-
luto in un tipo sintattico: lordine dei costituenti regolato anche da altri fattori.
I clitici possono essere rilevanti per la sintassi della frase. Nella frase indoeu-
ropea i clitici occupavano la seconda posizione (legge di Wackernagel). Quanto pi
il peso fonologico di un costituente alto, tanto maggiore la sua complessit ca-
tegoriale e la salienza dellinformazione che veicola: pertanto si allontaner dalli-
nizio della frase (legge di Behaghel).
Il latino ha un ordine SOV non rigido. Le lingue romanze sono di tipo SVO non
rigido. La posizione dei costituenti nominali rispetto al verbo tende a essere rego-
lata da fattori pragmatici.
k/ e */k
w
/ a che cosa facciamo riferimento? Pro-
prio la ricostruzione delle velari pu servirci da spunto per cercare una ri-
sposta. Lesistenza di tre serie di velari dibattuta: in un primo tempo non
venivano ricostruite le palatali, mentre negli ultimi decenni alcuni studiosi
hanno messo in dubbio lesistenza delle velari pure, trattandole come allo-
foni delle altre due serie realizzati in particolari contesti. In effetti, questul-
tima ricostruzione sembrerebbe pi verosimile, perch fra le altre cose rico-
struendo fenomeni di allofonia permetterebbe di rendere lindoeuropeo ri-
costruito pi simile a una lingua reale. Eppure abbiamo visto che, seppure
limitatamente, ci sono tracce di tre serie diverse in albanese e armeno.
Lunica maniera di risolvere la questione quella di cambiare prospettiva:
lindoeuropeo ricostruito non una lingua reale, per le varie motivazioni
che abbiamo addotto sopra; ci che noi ricostruiamo una serie di corri-
spondenze. Fra queste corrispondenze si generano a volte delle discrepanze
perch esse fotografano una realt che non unitaria e omogenea sul piano
diatopico e tanto meno diacronico. La ricostruzione dunque pu e deve
perseguire una verosimiglianza, ma deve nel contempo abbandonare lidea
di raggiungere una spiegazione univoca di fenomeni che si collocano su
unarea estesa e spesso risalgono a fasi temporali distanti fra loro.
6. Spiegazioni del mutamento
279
6. La diffusione del mutamento
Abbiamo gi visto (cap. 2 par. 8) che nel corso dellOttocento il modello
dellalbero genealogico aveva suscitato le prime critiche. Si era per esempio
proposta come alternativa la teoria delle onde, secondo la quale i muta-
menti si irradierebbero da un centro in onde concentriche, divenendo man
mano pi deboli.
I principali sostenitori di questo modello alternativo di evoluzione nel cor-
so del xix secolo sono stati Graziadio Isaia Ascoli e Hugo Schuchardt, che
hanno contestato in primo luogo il carattere ineluttabile delle leggi foneti-
che in campo romanzo; come vedremo nel paragrafo successivo, anche nel-
la dialettologia tedesca si giunse presto a vericare che le modalit di diffu-
sione dei mutamenti linguistici sono complesse e che il fatto che uninno-
vazione venga o meno accolta legato a fattori geograci, politici e sociali.
Diffusione della
seconda rotazione
dellalto tedesco
6.1 Geograa linguistica e atlanti dialettali Abbiamo gi menzionato pi
volte la redazione di atlanti dialettali, che fu intrapresa in area germanica e
romanza a partire dagli ultimi decenni dellOttocento. Uno studio pionie-
ristico in questo senso fu quello di Georg Wenker, che si dedic ad investi-
gare la diffusione della seconda rotazione nei dialetti tedeschi. Come ab-
biamo visto nel cap. 1, infatti, la Germania presenta una grande divisione
dialettale fra alto tedesco (la variet letteraria attualmente in uso), che ha
subito la seconda rotazione, e basso tedesco, in cui invece la seconda rota-
zione non ha avuto luogo.
Allinizio della sua ricerca, Wenker immaginava di trovare unisoglossa ben
denita che delimitasse larea in cui aveva avuto luogo il mutamento: con-
trariamente alle sue aspettative, invece, trov che le variet con la seconda
rotazione e le variet che ne erano prive erano separate da una linea frasta-
gliata, ampia duecento chilometri, il cosiddetto ventaglio renano (lungo la
valle del Reno). La separazione fra variet in cui si era avuto il passaggio
/p/ > /f/ non coincideva con quella fra le variet in cui si era avuto il passag-
gio /k/ > /x/ n con quelle in cui si era avuto il passaggio /t/ > /s/: in altre
parole, il mutamento era avvenuto in certe comunit linguistiche solo par-
zialmente e in maniera non omogenea.
Isoglosse e conni
politici
Studiando la storia delle comunit coinvolte, ci si accorse per che il muta-
mento, pur non essendo omogeneo, non era casuale: le varie isoglosse si in-
tersecavano infatti in base alle divisioni politiche esistenti. Ciascuna delle
innovazioni che insieme vanno sotto il nome di seconda rotazione si irra-
diata con forza diversa da centri diversi, in modo che il risultato differen-
te e questa differenza rispecchia lorganizzazione sociale e politica delle di-
verse comunit di parlanti.
importante notare inoltre che la diffusione dellinnovazione appare lega-
ta a singole parole: senza arrivare allaffermazione estremistica di Jules Gil-
280
Introduzione alla linguistica storica
liron, uno dei padri della geograa linguistica, secondo cui ogni parola ha
la sua storia, affermazione che, se presa alla lettera, negherebbe lesistenza
di qualunque regolarit nel mutamento fonologico, bisogna per ricono-
scere che linnovazione nasce allinterno di determinati lessemi e da questi
veicolata. Torneremo su questo importantissimo fenomeno pi avanti
(cap. 6 par. 7).
Risultati di questo genere si sono riscontrati in seguito e hanno dimostrato
che la divisione dialettale non discreta, ma piuttosto che le varianti diato-
piche si organizzano lungo un continuo, che rende quasi impercettibile il
passaggio da una variet a unaltra. La percezione di conni linguistici netti
piuttosto una conseguenza di fattori politici, oltre che della diffusione
delle variet standard, che attualmente in Europa hanno soppiantato le va-
riet vernacolari, in quanto unico oggetto di insegnamento scolastico e
uniche variet usate dai mezzi di comunicazione come la televisione.
6.2. Norme di linguistica areale Abbiamo visto che la diffusione dei muta-
menti si compie in maniera diversa a seconda delle aree geografiche. Diffe-
renziazioni molto sottili, come quelle studiate per il tedesco o le lingue ro-
manze e rappresentate negli atlanti dialettali, per, possono essere colte solo
mediante la ricerca dialettologica su variet viventi. Tuttavia, anche muta-
menti molto antichi hanno lasciato tracce della loro diffusione disomoge-
nea, in modo che si possono cogliere attraverso alcune generalizzazioni.
Diffusione
delle innovazioni
Nei primi decenni del secolo scorso, fu elaborata in base a questa constata-
zione la cosiddetta linguistica areale. La linguistica areale non n una teoria
linguistica n una teoria del mutamento linguistico; piuttosto, si tratta di
una sistematizzazione di osservazioni empiriche, che trovano la loro spiega-
zione nella distribuzione geografica delle variet linguistiche analizzate.
Le aree laterali
sono conservative
Matteo Bartoli, il padre della linguistica areale (da lui chiamata linguistica
spaziale), aveva osservato per esempio che alcune lingue indoeuropee di-
stanti fra loro e diffuse ai margini del dominio linguistico indoeuropeo
conservavano caratteristiche pi antiche di altre lingue, che erano invece
situate in posizione pi centrale. Questa osservazione si traduce nella nor-
ma delle aree laterali: le innovazioni che si creano nellarea centrale si irra-
diano con forza decrescente verso le aree laterali, che spesso ne rimangono
immuni. Ne un esempio la diffusione della radice indoeuropea del nome
re. Essa si ricostruisce come *re g- ed attestata in latino come rex (gen.
reg-is) e in sanscrito come raja
.
h, ma non in greco o germanico: rimane nel-
le aree laterali, ma scomparsa dallarea centrale.
Le aree isolate
sono conservative
Unaltra constatazione che le variet parlate nelle aree che rimangono iso-
late hanno carattere pi conservativo rispetto alle variet parlate in aree in
cui le comunit di parlanti hanno contatti e scambi con altre comunit.
Questa, che si chiama norma dellarea isolata, si pu vericare per esem-
pio considerando la Sardegna rispetto al resto non solo dellItalia, ma di
6. Spiegazioni del mutamento
281
tutto il dominio linguistico romanzo. Fra i numerosi caratteri conservativi
delle variet sarde, osserviamo il mantenimento della distinzione fra gli esi-
ti di /e:/ e /i/ e di /o:/ e /u/ del latino: cos mentre in italiano troviamo per
esempio la parola pelo, in sardo troviamo pilu, entrambe derivanti dal lati-
no volgare *pil u (lat. classico pilum). Alcune variet sarde non hanno avuto
la palatalizzazione di /g/ davanti a vocale anteriore, che ha caratterizzato
tutte le altre variet romanze: troviamo cos forme come generu, in cui
< g > rappresenta locclusiva velare [g], di contro allitaliano genero dove
< g > rappresenta invece laffricata palatale [D] (Tagliavini, 1972, p. 390).
Larea maggiore
conserva di norma
le forme pi antiche
Unaltra norma individuata da Bartoli la norma dellarea maggiore: gene-
ralmente, la forma conservata dallarea maggiore quella pi antica. Questa
norma si pu applicare solo se larea pi piccola, in cui attestata la forma
alternativa, non unarea particolare per altri motivi (cio se non isolata,
laterale ecc.). Un esempio di questa norma costituito dal termine per fra-
tello nelle lingue indoeuropee: mentre tutte le lingue lasciano ricostruire la
forma *b
h
r
1786 Sir William Jones scrive alla regina dInghilterra il memoriale dal titolo
The Sanscrit Language, in cui mette in luce una serie di somiglianze fra il latino, il
greco e il sanscrito.
1811 Rasmus Rask pubblica in danese la sua introduzione alle lingue nordi-
che, in cui si trova la prima esposizione della prima rotazione consonantica del
germanico (oggi nota come legge di Grimm).
1819-22 Jacob Grimm pubblica una prima e una seconda edizione comple-
tamente riveduta della sua fondamentale Deutsche Grammatik. Nella seconda edi-
zione si trova una formulazione della legge che va sotto il suo nome (prima rota-
zione consonantica).
1844 Henri Weil pubblica il trattato De lordre des mots dans les langues an-
ciennes compares aux langues modernes, dove vengono introdotti alcuni concetti
relativi allorganizzazione dellinformazione nellenunciato.
1863 Hermann Grassmann trova una spiegazione per alcune eccezioni alla
legge di Grimm, scoprendo che in greco e in sanscrito di due occlusive aspirate in
due sillabe successive la prima perde laspirazione, subendo una dissimilazione
(legge di Grassmann).
1876 Karl Verner pubblica larticolo Eine Ausnahme der ersten Lautverschie-
bung, in cui spiega le eccezioni alla legge di Grimm (legge di Verner). Questa spie-
gazione spiana la strada allassunto del carattere ineluttabile delle leggi fonetiche,
formulato nello stesso anno da un altro neogrammatico, August Leskien.
1878 Ferdinand de Saussure scrive il Mmoire sur le systme primitif des voyel-
les dans les langues indo-europennes, dove si gettano le basi della teoria delle larin-
gali.
1916 Inizia la decifrazione dellittita, per opera dello studioso ceco Bedri c
Hrozn y.
1916 Gli allievi di Ferdinand de Saussure, servendosi degli appunti delle le-
zioni, pubblicano postumo il Cours de Linguistique Gnrale, che considerano lat-
to di fondazione della linguistica sincronica, in contrapposizione alla linguistica
diacronica dellOttocento. La data viene scelta intenzionalmente per far seguire di
un secolo esatto la pubblicazione di questo volume alla pubblicazione di ber das
Konjugationssystem der Sanskritsprache di Franz Bopp, allora considerato lopera
che aveva sancito la nascita della linguistica ottocentesca.
1936 Benjamin Lee Whorf parla di Standard Average European (SAE): lEu-
ropa costituirebbe unarea linguistica.
1963 Esce Some Universals of Grammar with Particular Reference to the Order
of Meaningful Elements di Joseph Greenberg, che fornisce la base per la tipologia
dellordine delle parole.
1972 Tamas Gamkrelidze e Vja ceslav Ivanov pubblicano in russo la loro ri-
costruzione alternativa del sistema delle ostruenti indoeuropeo, nota come model-
lo glottale. Larticolo viene ripubblicato in tedesco nel 1973, contemporaneamente
allanaloga proposta di Paul Hopper, formulata dallo studioso americano in ma-
niera indipendente.
6. Spiegazioni del mutamento
291
B. Diffusione di mutamenti in area romanza
figura 1 Lestensione di fornus e nura
Fonte: Rohlfs (1954).
Nota: le due cartine evidenziano lesistenza di due aree, la Sardegna e la zona della Calabria
settentrionale, che si distinguono dal resto dellItalia. Le due isoglosse sono simili ma non identiche:
lestensione di nura pi limitata di quella di fornus, che mostra invece una coincidenza della Sardegna
settentrionale con la penisola.
Furnus
Fornus
forno
Roma
Napoli
Furru
Forru
Bari
Fuernu
Furnu
nora
nura
nra
nra
Roma
nra
nura
nura
Napoli
Bari
nra
figura 2 Lestensione di fervere e bullire
Fonte: Rohlfs (1954).
Nota: Gli esiti di fervere sono concentrati soprattutto nelle aree laterali, che sono pi conservative.
Fervere infatti continua il verbo latino classico, mentre bullire uninnovazione del latino volgare.
fervere
bullire
bouillir
boul
hervir
f
e
r
v
e
bullir
buddire
b
o
l
l
i
r
e
Ferve
Fierbe
292
Introduzione alla linguistica storica
In questo capitolo
Come cause possibili del mutamento linguistico sono stati proposti il passaggio
da una generazione di parlanti alla successiva, la diversa coesione politica e sociale
di un gruppo nella sua storia, il contatto tra lingue, la variabilit interna a una comu-
nit.
Risultato del contatto fra lingue sono il bilinguismo e la diglossia; per i feno-
meni di prestito e di calco non necessaria la vicinanza geograca. Il contatto fra
lingue crea diversi tipi di sovrapposizione (lingue di sostrato, di superstrato e di
adstrato). La tipologia areale mette in luce gli effetti del contatto fra lingue anche
non afliate tra loro (per esempio area sae). Luniformit delle protolingue rico-
struite, contrariamente allevidenza delle lingue vive, risulta dallappiattimento
delle variabili normalmente considerate.
Gli atlanti dialettali tracciano isoglosse che spesso coincidono con organizza-
zioni politiche precedenti o attuali. La linguistica areale ha elaborato norme di dif-
fusione del mutamento. Anche la dialettologia ha messo in discussione il modello
dellalbero genealogico.
I rapporti tra i gruppi sociali sono determinanti per spiegare il mutamento dia-
cronico. I gruppi pi giovani e socialmente attivi sono spesso portatori di innova-
zioni anche nella lingua. Le innovazioni diventano norma quando per il prestigio
dei gruppi sociali o degli individui che le veicolano vengono adottate da unintera
comunit di parlanti.
Lo scarso prestigio di una lingua, insieme con la mancanza di una politica lin-
guistica adeguata, pu portare alla sua scomparsa completa.