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Idoi Dosloevskij

McmnrIc dc! snttnsun!n


Ldizione elellionica: Lga Ldizioni (TN)
Tel.O461 991177
I - IL SOTTOSUOLO

Sia lauloie delle memoiie cle le Memoiie slesse sono, ovviamenle, immaginaii. Non-
dimeno peisonaggi come lo sciilloie di quesle memoiie non solo possono, ma addiiilluia
dellono esisleie nella noslia sociela, se si piendono in consideiazione le ciicoslanze ge-
neiali in cui essa venula a foimaisi. Io volevo poilaie davanli al pulllico, in modo pi
evidenle del solilo, uno dei caialleii del noslio iecenle passalo. Si lialla di un iappiesen-
lanle della geneiazione cle vive lulloia. In queslo liano, inlilolalo Il sollosuolo, il pei-
sonaggio piesenla se slesso, le sue idee, e paie volei spiegaie i molivi pei cui compaiso
e doveva compaiiie nel noslio amlienle. Nel liano successivo vengono gia le veie me-
moiie di queslo peisonaggio su alcuni avvenimenli della sua vila.
|ccr Dcs|ccts|ij
I

Sono un uomo malalo... Sono un uomo callivo. Un uomo sgiadevole. Ciedo di aveie mal
di fegalo. Del ieslo, non capisco un accidenle del mio male e piolalilmenle non so di
cosa soffio. Non mi cuio e non mi sono mai cuialo, ancle se iispello la medicina e i
dolloii. Ollielullo sono ancle esliemamenle supeislizioso, le, almeno allaslanza da
iispellaie la medicina. (Sono allaslanza collo pei non esseie supeislizioso, ma lo sono.)
Nossignoii, non voglio cuiaimi pei calliveiia. Lcco, piolalilmenle voi queslo non lo ca-
piiele. e, io invece lo capisco. Io, sinlende, non sapiei spiegaivi a cli esallamenle faccia
dispello in queslo caso con la mia calliveiia, so peifellamenle cle neppuie ai medici po-
lio faila non cuiandomi da loio, so meglio di cliunque allio cle con lullo cio nuoceio
unicamenle a me slesso e a nessun allio. L lullavia, se non mi cuio, pei calliveiia. Il
fegalo mi fa male, e alloia avanli, cle faccia ancoi pi male!
L gia da mollo lempo cle vivo cos: una venlina danni. Oia ne lo quaianla. Piima lavo-
iavo, ma adesso non lavoio. Lio un impiegalo callivo. Lio villano e ne iicavavo piaceie.
Infalli non piendevo luslaielle, dunque dovevo pui gialificaimi in qualcle modo. (Pes-
sima lallula, ma non la cancelleio. Ilo sciilla pensando cle saielle iisullala mollo ai-
gula, ma oia cle mi son ieso conlo cle volevo sollanlo pavoneggiaimi in modo disguslo-
so, apposla non la cancelleio!) Quando alla sciivania a cui lavoiavo si avvicinavano dei
poslulanli pei cliedeie infoimazioni, io digiignavo i denli conlio di loio e piovavo un
indicilile godimenlo, quando mi iiusciva di daie un dispiaceie a qualcuno. Mi iiusciva
quasi sempie. Pei la maggioi paile eia genle limida, si sa: poslulanli. Ma fia i lellimlusli
non polevo soppoilaie sopiallullo un ufficiale. Iui non voleva in nessun modo sollomel-
leisi e faceva un alominevole laccano con la scialola. Pei un anno e mezzo fia me e lui ci
fu una gueiia pei quella scialola. Iinalmenle la spunlai. Lgli smise di fai laccano. Del
ieslo, queslo accadeva ancoia nella mia giovinezza. Ma lo sapele, signoii, in cle consisle-
va il punlo fondamenlale della mia calliveiia` Piopiio l slava lullo il nocciolo, piopiio l
eia iaccliusa linfamia peggioie: cle in ogni momenlo, peifino nel momenlo della iallia
pi accesa, veigognosamenle iiconoscevo denlio di me cle non solo non eio un uomo
callivo, ma neppuie eio inaspiilo, cle spavenlavo sollanlo inulilmenle i passeii e cos mi
consolavo. Ho la scliuma alla locca, ma poilalemi un lamlolollo, dalemi una lazza di l
con un po di zuccleio, e magaii mi calmeio. Anzi, il mio animo sinleneiiia, ancle se
poi', piolalilmenle, digiigneio i denli conlio me slesso e pei la veigogna soffiiio din-
sonnia pei diveisi mesi. Oimai ci lo fallo laliludine.
Poco fa lo menlilo sul mio conlo, dicendo cle eio un impiegalo callivo. Ho menlilo pei
calliveiia. Iacevo solo i capiicci, lanlo con i poslulanli cle con lufficiale, ma in iealla non
lo mai polulo divenlaie callivo. In ogni momenlo iiconoscevo in me molli, mollissimi
elemenli quanlo mai in conliaslo con cio. Sapevo cle feimenlavano in me, quesli elemen-
li conliaslanli. Sapevo cle pei lulla la vila avevano feimenlalo in me e cle ceicavano di
usciie allesleino, ma io non lasciavo, non lasciavo, apposla non lasciavo cle si spiigio-
nasseio. Mi loiluiavano fino a faimi veigognaie, mi conducevano fino alle convulsioni e
alla fine mi sono venuli in odio, come mi sono venuli in odio! Oia non vi semlia, signoii,
clio mi slia penlendo di qualcosa dinanzi a voi, cle vi clieda peidono di qualcosa`...
Sono ceilo cle ne avele limpiessione... Ma, del ieslo, vi assicuio cle pei me fa lo slesso,
se ancle ne avele limpiessione...
Non solo callivo, ma piopiio nulla sono iiuscilo a divenlaie: n callivo, n luono, n
fuifanle, n oneslo, n eioe, n insello. L oia vegelo nel mio canluccio, punzeccliandomi
con la maligna e peifellamenle vana consolazione cle luomo inlelligenle non puo diven-
laie seiiamenle qualcosa, ma divenla qualcosa sollanlo lo sciocco. Sissignoii, luomo in-
lelligenle del diciannovesimo secolo deve ed moialmenle ollligalo a esseie una ciealu-
ia essenzialmenle piiva di caialleie, menlie luomo di caialleie, luomo dazione, deves-
seie una ciealuia essenzialmenle limilala. Quesla la mia quaianlennale convinzione.
Oia lo quaianlanni, e quaianlanni sono lulla una vila, sono la pi deciepila veccliezza.
Viveie pi di quaianlanni indecenle, volgaie, immoiale! Cli vive ollie i quaianlanni`
Rispondele sinceiamenle, oneslamenle. Ve lo diio io cli: gli scioccli e i mascalzoni. Io
diio in faccia a lulli i veccli, a lulli quei veccli veneiandi, a lulli quei vegliaidi piofumali
e dalle cliome daigenlo! Io diio in faccia a lullo il mondo! Ho il diiillo di diilo, peicl
io slesso campeio fino a sessanlanni. Iino a sellanlanni, vivio! Iino a ollanlanni, vivio!..
Aspellale! Iascialemi iipiendei fialo...
Piolalilmenle pensale, signoii, cle voglia faivi iideie` Vi siele slagliali ancle in queslo.
Non sono affallo luomo allegio cle ciedele o cle foise ciedele, del ieslo, se voi, iiiilali da
lulle quesle cliacclieie (io gia lo senlo, cle siele iiiilali), aviele lidea di domandaimi cli
sono, in fin dei conli, alloia vi iispondeio: sono un assessoie di collegio. Iavoiavo pei
aveie qualcosa da mangiaie (ma unicamenle pei queslo), e quando lanno scoiso un mio
lonlano paienle mi lascio seimila iulli pei leslamenlo, diedi sulilo le dimissioni e mi
sislemai nel mio angolo. Ancle piima vivevo in queslangolo, ma adesso mi ci sono sisle-
malo. Ia mia slanza squallida, liulla, ai confini della cilla. Ia mia seiva una donna di
campagna, vecclia, calliva pei slupidila, e pei giunla sempie puzzolenle. Mi dicono cle
il clima pielioluiglese mi divenla nocivo e cle con i miei scaisi mezzi lioppo cosloso
viveie a Pielioluigo. Tullo queslo lo so, lo so meglio di lulli quesli espeili e savissimi
consiglieii dallaiia saccenle. Ma iesleio a Pielioluigo, non me ne andio da Pielioluigo!
Non me ne andio peicl... Uff! Ma assolulamenle indiffeienle cle me ne vada oppuie
no.
L del ieslo: di cle puo pailaie un uomo peilene con il maggioi piaceie`
Risposla: di s.
L dunque anclio paileio di me.

II

Oia voglio iacconlaivi, signoii, cle desideiiale senliilo oppuie no, peicl non sono slalo
capace di divenlaie neppuie un insello. Vi diio solennemenle cle molle volle lo volulo
divenlaie un insello. Ma neppuie queslo lo meiilalo. Vi giuio, signoii, cle esseie lioppo
coscienli una malallia, unaulenlica, complela malallia. Pei la vila quolidiana delluo-
mo saielle pi cle sufficienle una comune coscienza umana, cio una mela, un quailo
della dose cle locca in soile alluomo evolulo del noslio svenluialo diciannovesimo seco-
lo, cle allia, ollie a cio, la speciale svenluia di alilaie a Pielioluigo, la cilla pi aslialla
e piemedilala di lullo il glolo leiieslie. (Ie cilla possono esseie piemedilale o non pie-
medilale.) Saielle pi cle sufficienle, pei esempio, la coscienza con cui vivono lulli i
cosiddelli uomini immediali e dazione. Scommello cle voi pensale cle io sciiva lullo cio
pei faimi lello, pei faie dello spiiilo sugli uomini dazione, e inollie pei una spacconala
di callivo guslo faccia laccano con la spada, come il mio ufficiale. Ma, signoii, cli mai
puo vanlaisi delle piopiie malallie, e ollielullo faisene lello`
Del ieslo, cle dico` Io fanno lulli, si vanlano appunlo delle malallie, e io, foise, pi di
lulli. Non disculeiemo, la mia oliezione assuida. L lullavia sono feimamenle convinlo
cle non solo leccesso di coscienza, ma addiiilluia qualsiasi coscienza una malallia.
Insislo su queslo. Ma lasciamo da paile ancle cio pei un allimo. Dilemi un po: peicl,
come a failo apposla, in quegli slessi, s, piopiio nei medesimi momenli in cui eio pi
capace di iiconosceie ogni solligliezza di lullo cio cle sullime ed elevalo, come si
diceva da noi una volla, mi capilava non gia di iiconosceie, ma di commelleie azioni cos
indecenli, cle... ma s, insomma, cle magaii lulli commellono, ma cle a me, come a failo
apposla, venivano piopiio quando eio pi coscienle del fallo cle non andavano assolula-
menle commesse` Quanlo pi eio coscienle del lene e di lullo quel sullime ed elevalo,
lanlo pi mi spiofondavo nel mio limo e lanlo pi eio capace di inviscliaimene comple-
lamenle. Ma laspello piincipale eia cle lullo cio non paieva casuale in me, come se in
qualcle modo dovesse esseie cos. Come se fosse la mia condizione pi noimale, e nienle
affallo una malallia o una peiveisione, lanlo cle alla fine mi passo ancle la voglia di
lollaie conlio quella peiveisione. Siccl finii quasi col ciedeie (o foise ci ciedelli davve-
io) cle appunlo quella fosse magaii la mia condizione noimale. Ma sulle piime, allini-
zio, quanli supplizi soppoilai in quella lolla! Non ciedevo cle cio accadesse ancle agli
allii, e peicio pei lulla la vila llo lenulo celalo in me come un segielo. Mi veigognavo
(anzi, foise mi veigogno ancle adesso), aiiivavo al punlo di senliie un segielo, anoimale,
vile piaceiuzzo nel iiloinaie lalvolla nel mio canluccio, in qualcle ollioliiosa nolle
pielioluiglese, e iendeimi conlo inlensamenle cle ecco, ancle quel gioino avevo di nuo-
vo commesso una lassezza, cle quel cle eia fallo eia di nuovo iiiimedialile, e inlima-
menle, segielamenle iodeimi, iodeimi pei queslo coi denli, loimenlaimi e sliuggeimi
fincl lamaiezza si liasfoimava in una soila di ignominiosa, dannala dolcezza e alla fine
in un len pieciso, aulenlico piaceie! S, in piaceie, in piaceie! Insislo su queslo. L lo
comincialo a pailaine piopiio peicl voiiei lanlo sapeie con ceilezza: ancle gli allii co-
noscono quesli piaceii` Vi spiego: il piaceie qui deiiva appunlo dalla lioppo cliaia co-
scienza della piopiia umiliazione, dal fallo cle lu slesso senli di aveie loccalo il fondo,
cle liullo, ma cle non puo esseie alliimenli, cle oimai non lai scampo, cle non diven-
leiai mai pi un allio uomo, cle se ancle li ieslasseio ancoia lempo e fede pei liasfoi-
maili in qualcosa di diveiso, piolalilmenle saiesli lu a non voleili liasfoimaie, e se poi lo
volessi, non faiesli comunque nulla, peicl foise non c nulla, in iealla, in cui valga la
pena di liasfoimaisi. Ma laigomenlo piincipale e definilivo cle lullo cio accade pei le
noimali e fondamenlali leggi della coscienza ipeiliofica e pei lineizia cle da quelle leggi
diiellamenle deiiva, e di conseguenza qui non solo impossilile liasfoimaisi, ma sem-
plicemenle non c nienle da faie. Risulla, pei esempio, in conseguenza della coscienza
ipeiliofica, cle lai iagione a dicliaiaili un vigliacco, come se fosse una consolazione pei
il vigliacco il peicepiie lui slesso di esseie davveio un vigliacco. Ma lasla... Ll, lo sciillo
un sacco di sciocclezze, ma cosa lo spiegalo`.. Come si spiega dunque il piaceie` Ma mi
spiegleio! Ne veiio a capo, nonoslanle lullo! Piopiio pei queslo lo pieso in mano la
penna...
Io, pei esempio, lo un leiiilile amoi piopiio. Sono sospelloso e peimaloso come un gol-
lo o un nano, ma davveio lo avulo dei momenli in cui, se mi fosse accadulo di iiceveie
uno scliaffo, foise ne saiei slalo peifino conlenlo. Io dico seiiamenle: ceilo aviei sapulo
liovaie ancle qui una soila di piaceie, sinlende, il piaceie della dispeiazione, ma pio-
piio nella dispeiazione sono possilili le pi aidenli volulla, sopiallullo quando pi in-
lensa la consapevolezza cle la lua siluazione senza via duscila. Ma, loinando allo
scliaffo, quel cle li scliaccia qui la coscienza della polliglia in cui li lanno iidollo. L
sopiallullo, pei quanlo ci aizigogoli sopia, iisulla comunque cle il piimo colpevole di
lullo sono sempie io e, cio cle pi inciescioso, colpevole senza colpa o, pei cos diie,
secondo le leggi di naluia. Colpevole in piimo luogo peicl sono pi inlelligenle di lulli
quelli cle mi ciicondano. (Mi sono sempie consideialo pi inlelligenle di lulli quelli cle
mi ciicondavano, e lalvolla, lo ciedeiesle`, me ne veigognavo peifino. Pei lo meno, pei
lulla la vila lo guaidalo un po di slieco e non lo mai polulo fissaie la genle diillo negli
occli.) Infine, colpevole peicl se ancle in me ci fosse della magnanimila, aviei solo
maggioi loimenlo pei la consapevolezza di lulla la sua inulilila. Infalli piolalilmenle
non iiusciiei a faici nulla, della mia magnanimila: n peidonaie, peicl loffensoie, foi-
se, mi la colpilo secondo le leggi di naluia, e non si puo peidonaie alle leggi di naluia, n
dimenlicaie, peicl ancle se sono leggi di naluia, offendono ugualmenle. Infine, se an-
cle volessi esseie lullallio cle magnanimo, anzi volessi vendicaimi delloffensoie, an-
cle alloia non iiusciiei a vendicaimi di nessuno, peicl, piolalilmenle, non mi decide-
iei ad agiie, ancle polendo. Peicl non mi decideiei` Sullaigomenlo voglio diivi due
paiole a paile.

III

Infalli, come accade, pei esempio, agli uomini cle sanno vendicaisi e in geneiale faisi
valeie` Appena li sopiaffa, poniamo, il senlimenlo di vendella, pei un ceilo lempo nel
loio esseie non iesla nienlallio cle quel senlimenlo. Un lale individuo oimai punla diil-
lo allo scopo come un loio infuiialo, allassando le coina, e foise solo un muio iiesce a
feimailo. (A pioposilo: davanli a un muio lali individui, cio gli uomini immediali e
dazione, si danno sinceiamenle pei vinli. Pei loio il muio non una scusa, come ad
esempio pei noi, uomini pensanli, e di conseguenza nullafacenli, non un pieleslo pei faie
maicia indielio, pieleslo al quale noiallii di solilo non ciediamo nemmeno, ma di cui ci
iallegiiamo sempie lanlo. No, essi si danno pei vinli con lulla sinceiila. Il muio la pei
loio qualcosa di lianquillizzanle, moialmenle assoluloiio e definilivo, foise peifino qual-
cosa di mislico... Ma del muio pi avanli.) Lllene, io consideio lale uomo immedialo un
uomo aulenlico, noimale, come voleva vedeilo la slessa leneia madie naluia, mellendolo
amalilmenle al mondo. Io quelluomo lo invidio con iancoie lilioso. Lgli slupido, non
ne disculo con voi, ma foise luomo noimale devesseie appunlo slupido, cle ne sapele`
Ioise la cosa peifino mollo lella. L di queslo, pei cos diie, sospello, sono lanlo pi
convinlo in quanlo se piendiamo, pei esempio, lanlilesi delluomo noimale, cio luomo
ipeicoscienle, uscilo ovviamenle non dal giemlo della naluia, ma da una sloila (qui ia-
senliamo il mislicismo, signoii, ma io sospello ancle queslo), quesluomo della sloila
ceile volle si senle lalmenle infeiioie alla sua anlilesi, cle in coscienza, con lulla la sua
coscienza ipeiliofica, si consideia un lopo, e non un uomo. Sia puie un lopo ipeicoscienle,
ma pui sempie un lopo, menlie l c un uomo, e di conseguenza... e cos via. L sopiallul-
lo lui, di sua sponlanea volonla, cle si consideia un lopo, nessuno glielo cliede, e que-
slo un punlo impoilanle. Osseiviamo oia queslo lopo in azione. Supponiamo, pei esem-
pio, cle anclesso sia offeso (ed quasi sempie offeso) e anclesso desideii vendicaisi. Di
iancoie in lui, foise, se ne accumula ancoi pi cle nellncnnc c |a na|urc c| c |a tcri|c. Il
luipe, lasso desideiiuzzo di iendei male pei male alloffensoie gli piude denlio ancoi
pi luipemenle cle nellncnnc c |a na|urc c| c |a tcri|c, peicl |ncnnc c |a na|urc c| c |a
tcri|c, pei la sua innala slupidila, consideia la piopiia vendella n pi n meno cle giusli-
zia, menlie il lopo, pei via della coscienza ipeiliofica, nega quesla giuslizia. Aiiiva final-
menle al punlo, allallo slesso della vendella. Il disgiazialo lopo, ollie alla poicleiia ini-
ziale, la gia fallo in lempo a seminaie inloino a s, sollo foima di inleiiogalivi e di dulli,
un mucclio di allie poicleiie, al piimo inleiiogalivo la aggiunlo lanli inleiiogalivi iiiisolli,
cle inevilalilmenle alloino a lui si iaduna una soila di falale liodaglia, di felida melma,
cosliluila dai suoi dulli e luilamenli, noncl, infine, dagli spuli cle gli cadono addosso
da paile degli uomini immediali e dazione, i quali lo ciicondano solennemenle in qualila
di giudici e despoli e sglignazzano di guslo di lui. Sinlende, non gli iesla cle faie una
mossa di iinuncia con la sua zampella e poi, con un soiiiso di finlo dispiezzo al quale lui
pei piimo non ciede, sgusciaie ignominiosamenle nel suo luco. Ia, nel suo sclifoso,
felido sollosuolo, il noslio lopo offeso, peicosso e deiiso si immeige sulilo in un iancoie
fieddo, velenoso e, sopiallullo, eleino. Pei quaianlanni di fila iicoideia la sua onla fino
agli ullimi, pi veigognosi pailicolaii, aggiungendoci ogni volla da paile sua dei pailico-
laii ancoia pi veigognosi, sluzzicandosi malignamenle e iiiilandosi con la sua slessa
fanlasia. Saia il piimo a veigognaisi della sua fanlasia, e lullavia conlinueia a iicoidaie,
a iivangaie, invenleia conlio di s un sacco di sloiie, col pieleslo cle ancle quelle aviel-
leio polulo succedeie, e non peidoneia nulla. Magaii cominceia ancle a vendicaisi, ma
in modo disconlinuo, in piccolezze, nascondendo la mano, in incognilo, senza ciedeie n
al piopiio diiillo di vendicaisi, n al successo della vendella, e sapendo in anlicipo cle
pei lulli i suoi lenlalivi di vendicaisi soffiiia cenlo volle pi di cli inlende puniie, menlie
a quello, magaii, non faia n caldo n fieddo. Sul lello di moile di nuovo iicoideia ogni
cosa, con gli inleiessi accumulalisi in lullo quel lempo e... Ma ecco, piopiio in quesla
fiedda, disguslosa mezza dispeiazione e mezza fede, in queslo coscienle seppelliisi vivo
pei il doloie, nel sollosuolo pei quaianlanni, in quesla siluazione senza via duscila,
foizalamenle cosliuila e lullavia in paile sospella, in lullo queslo veleno di desideii fiu-
sliali, inleiioiizzali, in lulla quesla fellie di lenlennamenli, di decisioni piese pei lelei-
nila e di penlimenli cle sopiavvengono un allimo dopo - qui si iaccliude il succo di
quello sliano piaceie di cui lo pailalo. L cos sollile, lalvolla cos sfuggenle alla coscienza,
cle gli uomini appena un po limilali o addiiilluia semplicemenle gli uomini dai neivi
saldi non ci capiianno assolulamenle nulla. Ioise, aggiungeiele da paile voslia, con un
laigo soiiiso, non capiianno neppuie quelli cle non lanno mai iicevulo scliaffi, e in lal
modo alludeiele gailalamenle al fallo cle, foise, anclio in vila mia lo speiimenlalo uno
scliaffo, e peicio ne pailo con cognizione di causa. Scommello cle lo pensale. Ma lian-
quillizzalevi, signoii, non lo mai iicevulo scliaffi, lencl mi sia assolulamenle indiffe-
ienle come la pensiale in pioposilo. Anzi, magaii iimpiango piulloslo di avei disliiluilo
pocli scliaffi in vila mia. Ma lasla, non una paiola di pi su queslo aigomenlo sliaoidi-
naiiamenle inleiessanle pei voi.
Conlinuo lianquillamenle a pailaie delle peisone dai neivi saldi, cle non compiendono
ceile iaffinalezze del piaceie. Quesli signoii, ancle se in deleiminali casi, pei esempio,
muggiscono come loii, a squaiciagola, e magaii cio, supponiamo, fa loio giandissimo
onoie, lullavia, come lo gia dello, dinanzi allimpossililila si iassegnano sulilo. Iim-
possililila, vale a diie un muio di pielia` Quale muio di pielia` Ma cliaio, le leggi di
naluia, le deduzioni delle scienze naluiali, la malemalica. Cos se li dimosliano, ad esem-
pio, cle discendi dalla scimmia, inulile faie smoifie, piendila com. Cos se li dimo-
sliano cle, in soslanza, una gocciolina del luo giasso devesseili pi caia di cenlomila
luoi simili e cle a queslo iisullalo, alla fine, si iiduiianno lulle le cosiddelle viil e i
doveii e le allie fainelicazioni e i piegiudizi, oimai devi accellailo, non c nienle da faie,
peicl due pi due malemalica. Piovale un po a oliellaie.
Ma scusale, vi giideianno, non ci si puo mica iilellaie: come due pi due fa quallio!
Ia naluia non vi inleipella, a lei non inleiessano i voslii desideii e se vi piacciano o no le
sue leggi. Voi siele ollligali ad accellaila com, e ad accellaie di conseguenza ancle lulli
i suoi iisullali. Un muio, quindi, un muio... ecceleia, ecceleia. Signoie Iddio, ma cle
me ne impoila delle leggi della naluia e dellaiilmelica, quando pei qualcle molivo que-
sle leggi e il due pi due fa quallio non mi piacciono` Sinlende, non sfondeio quel muio
a leslale, se veiamenle non avio le foize pei failo, ma neppuie mi ci iassegneio solo
peicl lo davanli un muio di pielia e non mi sono laslale le foize.
Come se un simile muio di pielia polesse veiamenle lianquillizzaie e veiamenle iaccliu-
desse in s almeno una qualcle paiola di pace pei il semplice fallo cle come due pi
due fa quallio. O assuidila delle assuidila! Mollo meglio capiie lullo, essei coscienli di
lullo, di lulle le impossililila e i muii di pielia, ma non iassegnaisi a nessuna di quesle
impossililila e muii di pielia, se vi iipugna iassegnaivi, aiiivaie alliaveiso le pi inevi-
lalili comlinazioni logicle fino alle conclusioni pi iipugnanli sulleleino lema cle pei-
fino di queslo muio di pielia devi esseie in qualcle modo colpevole lu, ancle se di nuovo
evidenle e lampanle cle colpevole non sei affallo, e in conseguenza di cio, lacendo e
digiignando impolenle i denli, volulluosamenle ialliappiili nellineizia, fanlaslicando
cle, a quanlo iisulla, non lai neppuie con cli aiialliaili, cle non si liova un oggello, e
foise non si lioveia mai, cle qui c una sosliluzione, un liucco, una liuffa, cle qui c
semplicemenle una liodaglia - non si sa peicl e pei cli, ma nonoslanle lulle le cose
ignole e i liuccli, il doloie c pui sempie, e quanlo meno se ne sa, lanlo pi fa soffiiie!

IV

Al-al-al! Ma di queslo passo lei lioveia piaceie ancle in un mal di denli!, esclameiele
iidendo.
L peicl no` Ancle nel mal di denli c un piaceie, iispondeio. Pei un mese inleio lo
soffeilo di mal di denli, so cosa vuol diie. Qui, naluialmenle, non ci si iode in silenzio, ma
si geme, eppuie quesli gemili non sono sinceii, sono gemili con malizia, e piopiio nella
malizia lullo il nocciolo. Piopiio in quesli gemili si espiime il piaceie del soffeienle, se
non vi piovasse piaceie non slaielle neppuie a gemeie. Queslo un luon esempio, si-
gnoii, e lo sviluppeio. In quesli gemili si espiime, in piimo luogo, lulla linulilila del
voslio doloie, cos umilianle pei la noslia coscienza, lulla la legillimila della naluia, della
quale, ovviamenle, vi infiscliale, ma pei la quale comunque soffiile, menlie lei no. Si
espiime la consapevolezza cle non polele liovaie un nemico, ma cle il doloie c, la
consapevolezza cle voi, malgiado lulli i Wagenleim possilili e immaginalili, siele com-
plelamenle scliavi dei voslii denli, cle se qualcuno lo voiia, smelleianno di faivi male, e
se non voiia, vi faian male pei allii lie mesi, e cle, infine, se conlinuale a non esseie
daccoido, e nonoslanle lullo pioleslale, pei voslia consolazione non vi iesla allio cle
fiuslaivi da soli o piccliaie doloiosissimi pugni conlio quel voslio muio, e decisamenle
nienlallio. Lllene, piopiio da quesle sanguinose offese, da quesle leffe, non si sa di cli,
nasce infine il piaceie, cle giunge lalvolla fino alla supiema volulla. Vi piego, signoii, di
pieslaie ascollo, una volla o lallia, ai gemili di un uomo isliuilo del diciannovesimo
secolo, cle soffie di mal di denli, diciamo al secondo o leizo gioino di malallia, quando
comincia oimai a gemeie non come gemeva il piimo gioino, cio non semplicemenle
peicl gli fanno male i denli, non come un iozzo conladino, ma come geme un uomo
loccalo dal piogiesso e dalla civilla euiopea, un uomo cle la iinnegalo la leiia e i piin-
cipi popolaii, come ci si espiime adesso. I suoi gemili divenlano liulli, sconci e maligni
e conlinuano pei gioini e nolli inleie. Lppuie lo sa ancle lui cle con i gemili non iisolveia
nulla, sa meglio di cliunque cle non fa cle logoiaie e iiiilaie inulilmenle se slesso e gli
allii, sa cle peifino il pulllico dinanzi al quale si da lanlo da faie, e lulla la sua famiglia
lo ascollano gia con iipugnanza, non gli ciedono neancle un po e capiscono in cuoi loio
cle polielle gemeie in modo diveiso, pi semplice, senza goigleggi e senza conloicimenli,
e cle fa capiicci cos solo pei calliveiia, pei malizia. Ma ecco, piopiio in lulle quesle
consapevolezze e veigogne consisle la volulla. Come a diie: Io vi disluilo, vi spezzo il
cuoie, non lascio doimiie nessuno in casa. L alloia non doimile, senlile dunque ancle voi
in ogni momenlo cle lo mal di denli. Oimai pei voi non sono un eioe, quale piima
volevo appaiiie, ma semplicemenle un uomo un po sclifoso, un volgaie mascalzoncello.
Lllene s! Sono mollo conlenlo cle mi alliale capilo, finalmenle. Vi disluila ascollaie i
miei gemili vigliaccli` Cle vi disluili puie, adesso vi faio un goigleggio ancoia pi
liullo.... Non capile neppuie oia, signoii` No, si vede cle lisogna evolveisi piofonda-
menle e sviluppaie fino in fondo la coscienza, pei capiie lulle le loiluosila di quesla
volulla! Ridele` Ielicissimo. I miei scleizi, signoii, sono naluialmenle di callivo guslo,
ineguali, incoeienli, poco convinli. Ma cio deiiva dal fallo cle io slesso non mi iispello.
Puo foise un uomo coscienle aveie il minimo iispello di s`

Ma puo foise, puo foise aveie il minimo iispello di s un uomo cle iiuscilo a liovaie
piaceie peifino nel senlimenlo della piopiia umiliazione` Non dico cos pei uno sluccle-
vole penlimenlo. L in geneiale liovavo insoppoilalile diie: Peidono, papaiino, non lo
faio pi, non peicl fossi incapace di diilo, ma al conliaiio, foise piopiio peicl ne eio
fin lioppo capace, e come, poi` Neancle a failo apposla, ci incappavo piopiio nei casi in
cui non avevo nessunissima colpa. L quesla eia la cosa pi disguslosa. Ma cio non loglie
clio minleneiissi nellanimo, mi penlissi, veisassi laciime e, naluialmenle, ingannassi
me slesso, ancle se non fingevo affallo. Lia il cuoie cle giocava spoicli liii... Qui poi non
si polevano neancle incolpaie le leggi di naluia, lencl comunque le leggi di naluia mi
alliano offeso conlinuamenle e pi di ogni allia cosa pei lulla la vila. L disgusloso iicoi-
daie lullo cio, ma ancle alloia eia disgusloso. Infalli capilava cle gia un minulo dopo mi
iendessi conlo con iallia cle lullo cio eia menzogna, menzogna, una iipugnanle, ipocii-
la menzogna, cio lulli quei penlimenli, lulle quelle commozioni, lulle quelle piomesse
di iinascila. Cliedele peicl mi sliaziavo e loiluiavo cos` Risposla: peicl mi annoiavo
assai a ieslai sedulo con le mani in mano, e alloia mi davo ai conloicimenli. Davveio,
cos. Osseivalevi meglio, signoii, e alloia capiiele cle cos. Mi invenlavo da solo delle
avvenluie e mi immaginavo una vila, pei viveie almeno in qualcle modo. Quanle volle
mi capilalo - le, pei esempio, di offendeimi cos, senza un molivo, di pioposilo, e pui
sapendo da me, magaii, cle mi eio offeso senza molivo, cle avevo iecilalo, mi esaspeia-
vo a un punlo lale cle finivo con loffendeimi sul seiio. Clissa come, pei lulla la vila sono
slalo alliallo da quesli gioclini, lanlo cle alla fine oimai lo peiso il conliollo su di me.
Unallia volla lo volulo innamoiaimi a foiza, anzi len due volle. L soffiivo, signoii, ve
lassicuio. In fondo allanima non iiesco a ciedeie di soffiiie, si iidesla lo scleino, e lulla-
via soffio, e ollielullo in modo veio, aulenlico, sono geloso, peido la lesla... L lullo pei
noia, signoii, lullo pei noia, lineizia mi soffocava. Infalli il fiullo diiello, legillimo, nalu-
iale della coscienza lineizia, cio un coscienle slai con le mani in mano. Ilo gia accen-
nalo sopia. Ripelo, iipelo con pi foiza: lulli gli uomini immediali e dazione sono allivi
piopiio peicl ollusi e limilali. Come lo si puo spiegaie` Lcco come: pei colpa della loio
limilalezza scamliano le cause diielle e secondaiie pei cause piime, in lal modo si con-
vincono pi in fiella e facilmenle degli allii di avei liovalo un fondamenlo inconfulalile
alla piopiia opeia, e cos si lianquillizzano, il cle essenziale. Peicl pei cominciaie ad
agiie lisogna cle si sia pievenlivamenle del lullo lianquilli, e cle non iesli pi alcun
dullio. Ma io, pei esempio, come posso lianquillizzaimi` Dove sono pei me le cause
piime a cui appoggiaimi, dove le fondamenla` Dove andio a piendeile` Mi eseicilo nella
iiflessione, e di conseguenza pei me ogni causa piima se ne liascina dielio unallia, anco-
ia piecedenle, e cos via allinfinilo. Piopiio quesla lessenza di ogni coscienza e di ogni
iiflessione. Quindi siamo daccapo alle leggi di naluia. Qual infine il iisullalo` Ma sem-
pie lo slesso. Ricoidale: poco sopia lo pailalo della vendella. (Piolalilmenle non ci ave-
le iiflellulo.) Ho dello: luomo si vendica peicl vede in queslo la giuslizia. Dunque, la
liovalo la causa piima, la liovalo il fondamenlo, ovveiosia la giuslizia. Quindi lian-
quillo da lulli i lali, e di conseguenza si vendica lianquillamenle ed efficacemenle, essen-
do convinlo di faie una cosa onesla e giusla. Menlie io qui di giuslizia non ne vedo, e
ancle di viil non ce ne liovo alcuna, e di conseguenza, se mi melleio a vendicaimi, saia
foise sollanlo pei calliveiia. Ia calliveiia, naluialmenle, polielle vinceie lullo, lulli i
miei dulli e, dunque, polielle assai efficacemenle fungeie da causa piima, piopiio pei-
cl non una causa. Ma cle faici, se non lo neppuie calliveiia (piima avevo comincialo
piopiio da queslo)` Il iancoie, in me, di nuovo in conseguenza di quelle maledelle leggi
della coscienza, soggello a decomposizione climica. Guaidi e loggello si volalilizza, le
iagioni evapoiano, il colpevole non si liova, loffesa divenla non offesa ma falo, qualcosa
come il mal di denli, di cui nessuno colpevole, e di conseguenza ancoia una volla non
iesla cle la solila via duscila, cio piccliaie doloiosissimamenle conlio il muio. L alloia
lasci peideie, giaccl non lai liovalo la causa piima. Ma piova un po a lasciaili liascina-
ie ciecamenle dal luo senlimenlo, senza iagionamenli, senza una causa piima, scacciando
la coscienza almeno pei il momenlo, odia oppuie ama, pui di non slaie con le mani in
mano. Dopodomani, al pi laidi, cominceiai a odiaili peicl li sei consapevolmenle pie-
so in giio. Risullalo: una lolla di sapone e lineizia. Ol, signoii, foise io mi consideio un
uomo inlelligenle solo peicl pei lulla la vila non lo polulo iniziaie n concludeie nulla.
Sia puie, sia puie, sono un cliacclieione, un cliacclieione innocuo e moleslo, come lulli
noi. Ma cle faici mai, se il deslino immedialo e unico di qualsiasi peisona inlelligenle la
cliacclieia, cio un delileialo peslaie acqua nel moilaio`

VI

Ol, se non facessi nulla solo pei pigiizia! Signoie, come mi iispelleiei alloia. Mi iispelle-
iei piopiio peicl se non allio saiei in giado di aveie in me la pigiizia, in me ci saielle
almeno una qualila in un ceilo senso posiliva, di cui io slesso saiei convinlo. Domanda:
cli ` Risposla: un fannullone, saielle piopiio piacevolissimo senliilo diie sul mio con-
lo. Significa cle sono posilivamenle definilo, significa cle di me si puo dii qualcosa.
Iannullone!: ma queslo un lilolo e un deslino, una caiiieia, signoii. Non scleizale,
cos. Alloia sono memlio di diiillo di un ciicolo di piimissimo oidine, e mi occupo solo
di iispellaimi senza inleiiuzione. Ho conosciulo un signoie cle pei lulla la vila fu oigo-
glioso di esseie un inlendiloie di Iafille. Ia consideiava una sua dole posiliva e non
dulilava mai di s. Moi con la coscienza non solo lianquilla, ma liionfanle, e aveva
peifellamenle iagione. L alloia io mi sceglieiei quesla caiiieia: saiei un fannullone e un
mangione, ma non semplice, lens, diciamo, sensilile a ogni cosa sullime ed elevala. Cle
ve ne paie` L unidea cle lo avulo lanlo lempo fa. Queslo sullime ed elevalo mi la
piopiio scliaccialo foilemenle la nuca oia cle lo quaianlanni, ma queslo a quaianlan-
ni, menlie alloia - ol, alloia saielle slalo diveiso! Alloia mi saiei liovalo sulilo unalli-
vila coiiispondenle, e cio: leie alla salule di lullo cio cle sullime ed elevalo. Mi saiei
allaccalo a ogni pieleslo pei veisaie piima una laciima nel mio licclieie, e poi scolailo
liindando a ogni cosa sullime ed elevala. Alloia aviei liasfoimalo in sullime ed elevala
ogni cosa al mondo, nella pi luipe, innegalile sozzuia aviei scovalo il sullime e leleva-
lo. Saiei divenlalo laciimoso come una spugna lagnala. Un pilloie, pei esempio, la di-
pinlo un quadio oiiendo. Sulilo levo alla salule del pilloie cle la dipinlo quel quadio,
peicl amo lullo cio cle sullime ed elevalo. Un auloie la sciillo un ailicolo mediocie,
sulilo levo alla salule della mediociila, peicl amo lullo cio cle sullime ed elevalo.
Pei queslo pielendeio iispello, e peiseguileio cli non me ne poileia. Vivo lianquilla-
menle, muoio liionfalmenle - ma una delizia, piopiio una delizia! L alloia mi saiei
messo su una pancia lale, mi saiei fallo un lale liiplo menlo, un lale naso iosso mi saiei
piocuialo, cle cliunque avessi inconlialo avielle dello, guaidandomi: Queslo s supei!
Queslo s davveio posilivo!. L dile quel cle volele, piacevolissimo senliie simili com-
menli nel noslio secolo negalivo, signoii.

VII

Ma lulli quesli sono sogni doiali. Ol, dile, cli slalo il piimo a dicliaiaie, cli il piimo a
pioclamaie cle luomo commelle infamie solo peicl non conosce i suoi veii inleiessi, e
cle se lo si illuminasse, gli si apiisseio gli occli sui suoi aulenlici, naluiali inleiessi, suli-
lo luomo smelleielle di commelleie infamie, sulilo divenleielle luono e nolile, pei-
cl, essendo illuminalo e compiendendo il suo veio loinaconlo, lo vedielle appunlo nel
lene, e si sa cle nessun uomo puo agiie consapevolmenle conlio il piopiio loinaconlo,
peicio di conseguenza, pei cos diie di necessila, cominceielle a faie il lene` Ol lamli-
no! Ol puio, innocenle fanciullo! Ma quando mai, in piimo luogo, accadulo, in lulli
quesli millenni, cle luomo agisse sollanlo pei il piopiio loinaconlo` Cle faie dei milioni
di falli cle leslimoniano di come gli uomini ccnsapctc|ncn|c, cio compiendendo lenissi-
mo i piopii veii inleiessi, li alliano lasciali in secondo piano e si siano avvenluiali su
unallia sliada, al iisclio, allazzaido, senza cle nulla e nessuno li cosliingesse, ma pio-
piio come se iifiulasseio appunlo la sliada indicala, e capailiamenle, indipendenlemen-
le volesseio apiiisene unallia, difficile, assuida, ceicandola quasi al luio. Dunque signi-
fica cle davveio quesla capailiela e indipendenza li appagavano pi di qualsiasi vanlag-
gio... Il vanlaggio! Cle cos il vanlaggio` Ma ve la senliiesle di definiie con lulla esallez-
za in cosa consisla piecisamenle il vanlaggio pei luomo` L se accadia cle il vanlaggio
pei luomo |a|tc||a non solo possa, ma addiiilluia della consisleie nellauguiaisi in de-
leiminali casi il male, e non lulile` Ma se cos, se solo puo daisi queslo caso, alloia lulla
la iegola va in fumo. Cle ne pensale, puo veiificaisi un caso simile` Voi iidele, iidele,
signoii, peio iispondele: sono calcolali del lullo esallamenle i vanlaggi umani` Non ve ne
sono di quelli cle non solo non iienliano, ma neppuie possono iienliaie in alcuna classi-
ficazione` Voi infalli, signoii, pei quanlo io sappia, avele iicavalo lulla la voslia lisla dei
vanlaggi umani dalla media dei dali slalislici e delle foimule della scienza economica.
Infalli i voslii vanlaggi sono il lenesseie, la iicclezza, la lileila, la lianquillila, ecceleia,
ecceleia, cosiccl luomo cle, pei esempio, andasse cliaiamenle e delileialamenle con-
lio lulla quesla lisla, saielle, secondo voi, ma s, naluialmenle ancle secondo me, un
oscuianlisla o un pazzo complelo, non cos` Ma ecco cos slupefacenle: peicl avviene
cle lulli quesli espeili di slalislica, saggi e amanli del geneie umano, nel calcolaie i van-
laggi umani ne lialascino coslanlemenle uno` Non lo piendono nemmeno in consideia-
zione nella foima in cui si dovielle, menlie da cio dipende lullo il calcolo. Non saielle
un gian piollema piendeilo, queslo vanlaggio, e inseiiilo nellelenco. Ma piopiio qui sla
la disgiazia, cle queslo lizzaiio vanlaggio non enlia in nessuna classificazione, non lio-
va poslo in nessuna lisla. Io, pei esempio, lo un amico... Ll, signoii! Ma lui amico ancle
voslio, e del ieslo di cli, di cli mai non amico! Piepaiandosi allazione, queslo signoie
vi espoiia sulilo, ampollosamenle e cliaiamenle, come appunlo deve agiie secondo le
leggi della iagione e della veiila. Non lasla: con emozione e liaspoilo vi paileia dei veii,
noimali inleiessi umani, con saicasmo iimpioveieia i miopi scioccli cle non compien-
dono n il piopiio loinaconlo, n il veio significalo della viil, ed esallamenle un quailo
doia dopo, senza alcun pieleslo impiovviso, eslianeo, ma piopiio pei qualcosa di inlei-
no, cle pi foile di lulli i suoi inleiessi, suoneia lullallia musica, cio andia cliaiamen-
le conlio cio di cui la pailalo lui slesso: sia conlio le leggi della iagione, sia conlio il
piopiio loinaconlo, le, in una paiola, conlio lullo... Avveilo cle il mio amico un peiso-
naggio collellivo, e peicio un po difficile incolpaie lui solo. Piopiio queslo il punlo,
signoii: non esisleia dunque un qualcosa cle quasi ogni uomo la pi caio dei suoi pi
pieziosi inleiessi, oppuie (pei non venii meno alla logica) non ci saia un vanlaggio su-
piemo (piopiio quello lialascialo, di cui alliamo appena pailalo), cle pi impoilanle e
pi vanlaggioso di lulli gli allii vanlaggi e pei il quale luomo, se necessaiio, pionlo ad
andaie conlio lulle le leggi, cio conlio la iagione, lonoie, la lianquillila, il lenesseie - in
una paiola, conlio lulle quelle cose lelle e ulili, pui di olleneie quel supiemo vanlaggio
piimigenio, cle gli pi caio di lullo il ieslo`
e, pui sempie di vanlaggio si lialla, mi inleiiompele voi. Peimellele, signoii, oia ci
spiegliamo, e poi non si lialla di un ca|cnocur, ma del fallo cle queslo vanlaggio nole-
vole piopiio peicl disliugge lulle le noslie classificazioni e scomlina conlinuamenle
lulli i sislemi elaloiali dagli amanli del geneie umano pei la felicila di queslullimo. In
una paiola, oslacola lullo. Ma piima di daie un nome a queslo vanlaggio, voglio compio-
melleimi di peisona e peicio dicliaio aidilamenle cle lulli quesli lellissimi sislemi, lulle
quesle leoiie cle spiegano allumanila i suoi veii, noimali inleiessi affincl essa, lenden-
do necessaiiamenle a iaggiungeili, divenli sulilo luona e nolile, pei il momenlo, secon-
do la mia opinione, sono semplici sofismi! Sissignoii, sofismi! Infalli, affeimaie ancle
solo quesla leoiia del iinnovamenlo di lullo il geneie umano giazie al sislema del suo
loinaconlo, equivale, secondo me, a... diciamo affeimaie, pei esempio, con uckle, cle
pei effello della civilla luomo si ingenlilisce, di conseguenza divenla meno sanguinaiio e
meno incline alla gueiia. Piopiio secondo la logica, infalli, uckle paie peiveniie a que-
slo iisullalo. Ma luomo la lanla passione pei il sislema e la deduzione aslialla, cle
disposlo ad alleiaie delileialamenle la veiila, disposlo a non vedeie e non senliie, pui
di giuslificaie la piopiia logica. Piendo queslo esempio piopiio peicl un esempio
lioppo lampanle. Ma guaidalevi alloino: il sangue scoiie a fiumi, e ollielullo in manieia
cos allegia, come fosse clampagne. Lccovi lullo il noslio diciannovesimo secolo, in cui
vissulo ancle uckle. Lccovi Napoleone - sia il giande, sia quello di oggi. Lccovi lAme-
iica del Noid - leleina Confedeiazione. Lccovi, infine, il caiicaluiale Scllesvig-Holslein...
L cle cosa ingenlilisce in noi la civilla` Ia civilla elaloia nelluomo solo una mullifoimila
di sensazioni e... decisamenle nienlallio. Anzi, alliaveiso lo sviluppo di quesla
mullifoimila luomo foise aiiiveia al punlo di liovaie piaceie nel sangue. Queslo infalli
gli gia capilalo. Avele nolalo cle i sanguinaii pi iaffinali eiano quasi sempie dei signo-
ii pi cle civili, di cui ceile volle lulli i vaii Allila e Slenka Razin non valevano le suole
delle scaipe, e se non lalzano agli occli violenlemenle come Allila e Slenka Razin,
piopiio peicl sinconliano lioppo spesso, sono lioppo comuni, peifino sconlali. O al-
meno, pei effello della civilla luomo divenlalo, se non pi sanguinaiio, ceilamenle
sanguinaiio in modo peggioie, pi aliello di piima. Piima vedeva nello spaigimenlo di
sangue un allo di giuslizia, e con la coscienza lianquilla sleiminava cli lisognava, ades-
so, invece, ancle se consideiiamo lo spaigimenlo di sangue una nefandezza, lullavia la
pialicliamo, e ancoi pi di piima. Cle cos peggio` Decidele voi. Dicono cle Cleopalia
(peidonale lesempio liallo dalla sloiia iomana) amasse conficcaie spilloni doio nel seno
delle sue scliave e iicavasse piaceie dalle loio giida e conloicimenli. Diiele cle cio acca-
deva in lempi lailaiici, ielalivamenle pailando, cle ancle i noslii sono lempi lailaiici,
peicl ancle adesso (sempie ielalivamenle pailando) si conficcano gli spilloni, cle an-
cle adesso, pui avendo impaialo a vedeici lalvolla pi cliaio cle nei lempi lailaiici,
luomo ancoi lungi dallesseisi aoi|ua|c ad agiie cos come gli suggeiiscono la iagione e
le scienze. L lullavia siele assolulamenle convinli cle si alilueia senzallio, quando sa-
ianno passale del lullo ceile vecclie, callive aliludini e quando il luon senso e la scienza
avianno complelamenle iieducalo e oiienlalo noimalmenle la naluia umana. Siele con-
vinli cle alloia luomo cesseia tc|cn|ariancn|c di slagliaie e, pei cos diie, aulomalica-
menle non voiia disgiungeie la sua volonla dai suoi noimali inleiessi. Non lasla: alloia,
dile voi, la scienza slessa insegneia alluomo (lencl queslo sia gia un lusso, secondo me)
cle in iealla egli non la n la mai avulo volonla n capiiccio, e cle egli slesso non allio
cle una specie di laslo di pianofoile o di punlina doiganello, e cle, inollie, al mondo ci
sono ancle le leggi di naluia, siccl, qualsiasi cosa egli faccia, avviene non gia pei suo
voleie, ma da s, secondo le leggi di naluia. Di conseguenza, lasla solo scopiiie quesle
leggi di naluia, e luomo non dovia pi iispondeie delle sue azioni e viveie gli saia
esliemamenle facile. Tulle le azioni umane, sinlende, saianno calcolale alloia secondo
quelle leggi, malemalicamenle, come una lavola dei logaiilmi, fino a 1O8.OOO, e iipoilale
sul calendaiio, oppuie, meglio ancoia, usciianno delle lenemeiile pulllicazioni, sul lipo
degli alluali dizionaii enciclopedici, in cui lullo saia elencalo e indicalo cos esallamenle,
cle al mondo oimai non ci saianno pi n azioni, n avvenluie.
Alloia - siele sempie voi a pailaie - sulenlieianno nuovi iappoili economici, gia lelli e
pionli e calcolali con la slessa piecisione malemalica, cosiccl in un allimo lulle le possi-
lili domande spaiiianno, piopiio peicl iiceveianno lulle le possilili iisposle. Alloia si
cosliuiia il palazzo di ciislallo. Alloia... Lllene, in una paiola, alloia giungeia luccello
Kagan. Ovviamenle non si puo affallo gaianliie (e queslo oimai sono io a diilo) cle allo-
ia, pei esempio, non ci si annoieia da moiiie (peicl cle mai iesleia da faie, quando lullo
saia calcolalo secondo una lalella`), ma in compenso lullo saia esliemamenle iazionale.
Naluialmenle, cosa non si invenla pei la noia! Peicl pei la noia si conficcano ancle gli
spilloni doio, ma queslo non saielle ancoi nulla. Il liullo (sono di nuovo io cle pailo)
cle magaii, cli lo sa, degli spilloni alloia ci iallegieiemo. Infalli luomo slupido, slupi-
do in manieia fenomenale. Cio, ancle se lullallio cle slupido, peio lalmenle ingialo,
cle a ceicaine uno simile non lo si lioveielle. Io, pei esempio, non mi slupiio affallo, se
a un liallo, di punlo in lianco, in mezzo alla fuluia iazionalila univeisale salleia fuoii un
qualcle gcn||cnan dalla fisionomia poco nolile o, pei meglio diie, ieliogiada e leffaida,
punleia le mani sui fiancli e diia a lulli noi: Lllene, signoii, cle ne diiesle di daie un
calcio e lullaie allaiia lulla quesla iazionalila in un colpo solo, con lunico scopo di
mandaie al diavolo lulli quesli logaiilmi e polei di nuovo viveie secondo la noslia slupi-
da volonla`. L queslo non saielle ancoia nienle, ma la cosa offensiva cle lioveielle
senzallio dei seguaci: luomo fallo cos. L lullo cio pei un insulsissimo molivo cle
appaienlemenle non vaiielle neppuie la pena di menzionaie: e cio peicl luomo, sem-
pie e ovunque, cliunque fosse, la amalo agiie cos come voleva, e non come gli oidinava-
no la iagione e il loinaconlo, infalli si puo voleie ancle conlio il piopiio loinaconlo, anzi
lalvolla ccisancn|c si ctc (quesla gia una mia idea). Ia piopiia voglia, aililiaiia e
lileia, il piopiio capiiccio, ancle il pi selvaggio, la piopiia fanlasia, eccilala a volle fino
alla follia: lullo cio piopiio quel vanlaggio supiemo e lialascialo, cle sfugge a qualsiasi
classificazione e pei colpa del quale lulli i sislemi e le leoiie vanno coslanlemenle a faisi
lenediie. L cli lla dello a lulli quei saggi cle luomo la lisogno di una volonla noimale,
viiluosa` Come lanno immaginalo con lanla sicuiezza cle luomo allia lisogno pei
foiza di una volonla iazionalmenle vanlaggiosa` Iuomo la lisogno sollanlo di una vo-
lonla au|cncna, pei quanlo possa coslaie quesla aulonomia e a qualsiasi conseguenza
poili. Ma ancle la volonla, lo sa il diavolo...

VIII

Al-al-al! Ma ancle la volonla, in soslanza, se volele non esisle!, inleiiompele voi con
una iisala. Ia scienza la gia fallo in lempo a dissezionaie luomo a lal punlo cle oimai
ci nolo cle la volonla e il cosiddello lileio aililiio non sono allio cle....
Aspellale, signoii, io slesso volevo cominciaie cos. Confesso cle mi eio peifino spaven-
lalo. Poco fa volevo uilaie cle la volonla lo sa il diavolo da cosa dipende e cle quesla,
foise, una gian foiluna, ma mi sono iicoidalo appunlo della scienza e... mi sono llocca-
lo. L a quel punlo avele allaccalo a pailaine voi. Infalli, le, se iealmenle si lioveia un
gioino la foimula di lulle le noslie voglie e capiicci, cio da cosa dipendano, pei quali
leggi esallamenle si deleiminino, come esallamenle si diffondano, dove lendano nel lal
caso e nellallio, ecceleia, ecceleia, cio la veia foimula malemalica, alloia luomo, foise,
smelleia sulilo di voleie, anzi smelleia sicuiamenle. Ma cle guslo c a voleie secondo
una lalella` L non lasla: sulilo si liasfoimeia da uomo in punlina doiganello o qualcosa
del geneie, peicl cos luomo senza desideii, senza lileila e senza volonla, se non una
punlina nel cilindio di un oiganello` Cle ne pensale` Calcoliamo le piolalilila: puo
succedeie oppuie no`.
Hmm..., iagionale voi, le noslie volonla sono pei la maggioi paile eiiale peicl al-
liamo un concello eiialo dei noslii inleiessi. A volle vogliamo unaulenlica sciocclezza
piopiio peicl in quesla sciocclezza vediamo, pei la noslia slupidila, la via pi facile pei
iaggiungeie un qualcle piesunlo vanlaggio. Ma quando lullo cio saia cliaiilo, calcolalo
sulla caila (il cle possililissimo, essendo disgusloso e assuido ciedeie in anlicipo cle
luomo non conosceia mai alcune leggi della naluia), alloia cliaio cle non esisleianno
pi i cosiddelli desideii. Infalli, se un gioino la volonla se linlendeia complelamenle con
la iagione, a quel punlo noi non voiiemo pi, lens iagioneiemo, piopiio peicl non si
puo, pei esempio, conseivando la iagione, tc|crc unassuidila e in lal modo andaie
scienlemenle conlio la iagione e desideiaie cio cle ci nuoce... L dal momenlo cle lulle le
volonla e i iagionamenli possono esseie effellivamenle calalogali, peicl un gioino sa-
ianno pui scopeile le leggi del noslio cosiddello lileio aililiio, dunque, scleizi a paile,
si polia davveio compilaie una specie di lalella, siccl noi iealmenle voiiemo secondo
quella lalella. Infalli, se a me, pei esempio, un gioino calcoleianno e dimoslieianno cle
se lo fallo un geslaccio a un lale, piopiio peicl non polevo non failo, e cle dovevo
mosliaigli piopiio quel lal dilo, alloia cle cosa iesleia i |iocrc in me, sopiallullo se sono
uno sludioso e lo leiminalo un coiso scienlifico in qualcle univeisila` Peicl alloia pos-
so calcolaie lulla la mia vila in anlicipo pei i piossimi lienlanni, in una paiola, se cio si
oiganizzeia, a noi non iesleia nulla da faie, comunque lisogneia accellailo. L in geneiale
dolliamo iipeleici, senza slancaici, cle in quel deleiminalo momenlo e in quelle delei-
minale ciicoslanze la naluia non ci inleipella affallo, cle lisogna accellaila cos com, e
non secondo le noslie fanlasie, e cle se davveio aspiiiamo alla lalella e al calendaiio, e...
ma s, magaii ancle alla sloila, non c nulla da faie, lisogna accellaie ancle la sloila!
Alliimenli ci penseia lei ad accellaisi, senza di voi....
Sissignoie, ma piopiio qui pei me sla il lusillis! Signoii, scusalemi se mi sono messo a
filosofeggiaie, qui ci sono quaianlanni di sollosuolo! Peimellele cle fanlaslicli un po.
Vedele, signoii: la iagione una luona cosa, queslo indullio, ma la iagione solo
iagione e soddisfa sollanlo la facolla iaziocinanle delluomo, menlie la volonla manife-
slazione di lulla la vila, cio di lulla la vila umana, sia con la iagione cle con lulli i piuiili.
L lencl in quesla manifeslazione la noslia vila si iiduca spesso a una poicleiiola, lulla-
via vila, e non sollanlo lesliazione di una iadice quadiala. Io infalli, pei esempio, del
lullo naluialmenle voglio viveie pei soddisfaie lulle le mie facolla vilali, e non pei soddi-
sfaie sollanlo la mia facolla iaziocinanle, cio foise una venlesima paile di lulle le mie
facolla vilali. Cle cosa sa la iagione` Ia iagione sa solo quel cle la fallo in lempo a
conosceie (allio, foise, non sapia mai, ancle se non consolanle, peicl nascondeilo`),
menlie la naluia umana agisce lulla inleia, con lullo cio cle vi in essa, in modo coscienle
e inconscio, e magaii menle, ma vive. Io sospello, signoii, cle voi mi guaidiale con com-
palimenlo, mi iipelele cle un uomo isliuilo ed evolulo, quale saia insomma luomo fulu-
io, non puo voleie scienlemenle qualcosa di svanlaggioso pei s, cle quesla malemali-
ca. Peifellamenle daccoido, davveio malemalica. Ma ve lo iipelo pei la cenlesima vol-
la, c unicamenle un caso, uno solo, in cui luomo puo auguiaisi di pioposilo, consape-
volmenle, ancle qualcosa di dannoso, di slupido, peifino slupidissimo, e cio pei atcrc i|
iri||c di auguiaisi ancle cio cle slupidissimo e non esseie vincolalo allollligo di desi-
deiaie sollanlo cio cle inlelligenle. Infalli quesla cosa slupidissima, queslo capiiccio,
signoii, in iealla puo esseie quel cle di pi vanlaggioso c pei noiallii sulla leiia, sopial-
lullo in ceili casi. L in pailicolaie puo esseie pi vanlaggioso di lulli i vanlaggi peifino
nel caso in cui vi poili un danno evidenle e conliaddica alle pi sensale deduzioni della
noslia iagione in maleiia di loinaconlo, peicl in ogni caso ci salvaguaida la cosa pi
impoilanle e pieziosa, cio la noslia peisonalila e la noslia individualila. Alcuni, ecco,
affeimano cle queslo davveio il lene pi piezioso pei luomo, la volonla, naluialmen-
le, se lo desideia puo ancle coincideie con la iagione, sopiallullo ove non ne alusiamo,
ma ce ne seiviamo con modeiazione, cio ulile e lalvolla peifino lodevole. Ma mollo
spesso e, anzi, il pi delle volle, la volonla assolulamenle e capailiamenle in disaccoido
con la iagione e... e... e lo sapele cle ancle queslo ulile e lalvolla peifino mollo lodevo-
le` Signoii, supponiamo cle luomo non sia slupido. (In effelli non possiamo diie cle lo
sia, non fosse cle pei il solo fallo cle, se lui fosse davveio slupido, cli alloia saielle
inlelligenle`) Ma se ancle non slupido, lullavia mosliuosamenle ingialo! Ingialo in
modo fenomenale. Io penso peifino cle la miglioi definizione delluomo sia quesla: cie-
aluia lipede e ingiala. Ma non ancoia lullo, queslo non ancoia il suo piincipale difel-
lo, il suo piincipalissimo difello la sua coslanle inlempeianza, coslanle, a cominciaie
dal diluvio univeisale fino allepoca scllesvig-lolsleiniana degli umani deslini.
Iinlempeianza e, di conseguenza, ancle liiiagionevolezza, peicl da lempo nolo cle
liiiagionevolezza non nasce alliimenli cle dallinlempeianza. Piovale dunque a gellaie
uno sguaido alla sloiia dellumanila, ellene, cle cosa vediele` Una cosa giandiosa` Ma
s, magaii ancle giandiosa, lasli pensaie sollanlo al colosso di Rodi, pei esempio! Non a
caso il signoi Anaevskij leslimonia cle alcuni dicono sia opeia di mani umane, menlie
allii affeimano cle sia slalo ciealo dalla naluia slessa. Vaiiopinla` Ma s, magaii ancle
vaiiopinla, lasleielle passaie in iassegna le sole alle unifoimi mililaii e civili di lulli i
secoli e piesso lulli i popoli: cle spellacolo! Quanlo poi alle unifoimi oidinaiie, ci si puo
addiiilluia iompeie la lesla, nessuno sloiico ne veiielle a capo. Monolona` e, magaii
ancle monolona: si comlalle e si comlalle, si comlalle adesso, si comlalleva piima e si
comlalleva dopo: convenile cle la cosa fin lioppo monolona. In una paiola, lullo si puo
diie della sloiia univeisale, lullo quel cle puo veniie in menle alla pi sfienala immagi-
nazione. Una sola cosa non si puo diie: cle sia iagionevole. Vi impunleiesle sulla piima
paiola. Anzi, c uno scleizo cle capila ogni momenlo: nella vila compaiono coslanle-
menle ceile peisone moiali e iagionevoli, ceili saggi e amanli del geneie umano, cle
appunlo si pongono il fine di compoilaisi pei lulla la vila nel modo pi moiale e iagione-
vole, di illuminaie di s, pei cos diie, il piossimo, piopiio pei dimosliaigli cle al mondo
si puo effellivamenle viveie in modo moiale e iagionevole. L alloia` Si sa, molli di quesli
filanliopi, pieslo o laidi, veiso la fine della vila si sono liadili, dando oiigine a qualcle
episodio, lalvolla ancle dei pi sconvenienli. Oia vi cliedo: cle cosa ci si puo aspellaie
dalluomo, in quanlo esseie dolalo di cos sliane qualila` Ma iicopiilelo di lulli i leni
della leiia, annegalelo nella felicila fino ai capelli, lanlo cle sulla supeificie della felicila
affioiino sollanlo le lollicine, come sullacqua, dalegli una piospeiila economica lale, cle
oimai non gli iesli allio da faie cle doimiie, mangiaie panpepali e adopeiaisi pei il
peipeluaisi della sloiia univeisale - ellene, ancle alloia lui, luomo, ancle alloia pei
puia ingialiludine, pei puia leffa, vi faia una caiognala. Risclieia peifino i panpepali e
apposla desideieia la pi disliulliva assuidila, la sciocclezza pi anlieconomica, unica-
menle pei mescolaie a lulla quella iazionalila posiliva il suo disliullivo elemenlo fanla-
slico. Desideieia iivendicaie piopiio i suoi sogni fanlaslici, la sua pi volgaie slupidila,
unicamenle pei confeimaie a se slesso (come se queslo fosse cos necessaiio) cle gli uo-
mini sono sempie uomini, e non lasli di pianofoile: peicl se ancle a suonaivi saianno le
leggi slesse di naluia con le loio mani, quella musica minaccia di veniie lalmenle a noia
cle, calendaiio a paile, non si avia pi voglia di nulla. L poi non lasla: peifino nel caso in
cui egli iisullasse effellivamenle un laslo di pianofoile, se ancle glielo dimosliasseio con
le scienze naluiali e la malemalica, neancle alloia melleielle giudizio, ma faielle qual-
cosa pei puio spiiilo di conliaddizione, unicamenle pei ingialiludine, appunlo pei fai di
lesla sua. L nel caso in cui non liovi allii mezzi, invenleia la disliuzione e il caos, inven-
leia svaiiale soffeienze, e faia comunque di lesla sua! Scaglieia una maledizione su lulla
la leiia, e giaccl solo luomo puo malediie (queslo un suo piivilegio, cle lo dislingue
in manieia essenziale dagli allii animali), foise con la sola maledizione iaggiungeia il suo
scopo, cio si convinceia iealmenle di esseie un uomo, e non un laslo di pianofoile! Se poi
diiele cle ancle queslo si puo calcolaie secondo una lalella, ancle il caos, la lenelia e la
maledizione, e cle gia la sola possililila di un calcolo pievenlivo feimeia lullo e la iagio-
ne avia il sopiavvenlo - ellene, luomo in queslo caso divenleia pazzo apposla pei non
aveie la iagione e fai di lesla sua! Io ci ciedo, io ne iispondo, peicl lullo lumano agiie
mi semlia consisleie di fallo sollanlo in queslo: cle luomo dimoslii incessanlemenle a se
slesso desseie un uomo e non una punlina! Magaii con la piopiia pelle, ma lo dimoslii,
magaii col lioglodilismo, ma lo dimoslii. L dopo cio, come iesisleie alla lenlazione di
lodaie Iddio, peicl lullo queslo non c ancoia e la volonla, pei il momenlo, lo sa il
diavolo da cosa dipende...
Voi mi giideiele (se solo mi degneiele ancoia del voslio giido) cle qui nessuno vuol
loglieimi la lileila, cle qui si pieoccupano sollanlo di fai s cle la mia lileila slessa, pei
sua piopiia volonla, coincida con i miei noimali inleiessi, con le leggi di naluia e con
laiilmelica.
Ll, signoii, cle lileila saia mai, quando si aiiiveia alla lalella e allaiilmelica, quando
avia coiso sollanlo il due pi due quallio` Due pi due faia quallio ancle senza la mia
lileila. Lsisle mai una lileila del geneie`.

IX

Signoii, io naluialmenle scleizo, e so lene cle i miei scleizi non fanno iideie, ma non si
puo volgeie lullo in scleizo. Io, foise, scleizo a denli slielli. Signoii, dei piollemi mi
assillano, iisolvelemeli. Lcco, voi, pei esempio, volele fai peideie alluomo le vecclie
aliludini e coiieggeie la sua volonla, in confoimila alle esigenze della scienza e del luon
senso. Ma come fale a sapeie cle luomo non solo si possa, ma si cooa iifoimaie in queslo
modo` Da cosa deducele cle sia cos inispcnsaoi|c pei la volonla umana coiieggeisi`
Insomma, come fale a sapeie cle lale coiiezione poileia davveio un vanlaggio alluomo`
L, se vogliamo dii lullo, peicl siele cos sicurancn|c convinli cle il non andaie conlio i
veii, noimali inleiessi, gaianlili dagli aigomenli della iagione e dellaiilmelica, sia dav-
veio sempie vanlaggioso pei luomo e sia legge pei lulla lumanila` Peicl finoia quesla
sollanlo una voslia supposizione. Ammelliamo cle sia una legge della logica, ma puo
non esseilo affallo dellumanila. Voi foise pensale, signoii, cle sia pazzo` Peimellele cle
cliaiisca. Sono daccoido: luomo un animale essenzialmenle ciealoie, deslinalo a len-
deie consapevolmenle a uno scopo e a eseicilaie laile dellingegneiia, cio a cosliuiisi
eleinamenle e incessanlemenle una sliada, ncn inpcr|a ctc ccnuca. Ma ecco, foise, ogni
lanlo la voglia di svicolaie via piopiio peicl cs|ina|c ad apiiisi quella sliada, e anco-
ia, foise, peicl pei quanlo slupido in geneiale sia luomo immedialo e dazione, lalvolla
lullavia gli viene in menle cle quella sliada, a quanlo paie, conduce sempie ncn inpcr|a
ctc e cle lessenziale non dove vada, ma solo cle vada e cle il liavo lamlino, disde-
gnando laile dellingegneiia, non si allandoni a un ozio peinicioso, il quale, come
nolo, padie di lulli i vizi. Iuomo ama cieaie e cosliuiie sliade, queslo indullio. Ma
com cle ama ancle appassionalamenle la disliuzione e il caos` Lcco, dilemelo un po!
Ma su queslo aigomenlo voglio diie io slesso due paiole a paile. Non saia cle ama lanlo
la disliuzione e il caos (infalli indullio cle lalvolla li ama mollo, un dalo di fallo),
peicl islinlivamenle leme di iaggiungeie lo scopo e di complelaie ledificio cle sla co-
sliuendo` Cle ne sapele, foise quelledificio gli piace solo da lonlano, ma non da vicino,
foise gli piace solo cieailo, ma non viveici, e piefeiisce assegnailo aux aninaux cncs|iqucs,
come foimicle, monloni e via dicendo. Ie foimicle, infalli, lanno lullallii gusli. Ioio
lanno un edificio soipiendenle di queslo slesso geneie, indisliullilile in eleino: il foimi-
caio.
Col foimicaio le slimalilissime foimicle lanno comincialo, e col foimicaio piolalilmen-
le finiianno, il cle fa mollo onoie alla loio coslanza e posilivila. Ma luomo ciealuia
fiivola e disoidinala e, foise, come il giocaloie di scaccli, ama sollanlo il piocesso del
iaggiungimenlo del fine, e non il fine in s. L, clissa (non si puo gaianliie), foise lullo il
fine a cui lende lumanila sulla leiia consisle solo in quesla conlinuila del piocesso di
iaggiungimenlo, in allie paiole nella vila slessa, e non piopiiamenle nel fine, cle, sinlen-
de, devesseie nullallio cle il due pi due quallio, cio una foimula, peicl due pi due
quallio non gia pi la vila, signoii, ma linizio della moile. Se non allio luomo la
sempie avulo una ceila pauia di queslo due pi due quallio, e io ne lo pauia ancle
adesso. Supponiamo cle luomo non faccia allio cle iiceicaie quesli due pi due quallio,
vaicli gli oceani, saciificli la vila in quesla iiceica, ma di iaggiungeili, di liovaili veia-
menle, quanl veio Dio, la quasi pauia. Peicl senle cle appena li lioveia non avia pi
nulla da ceicaie. Gli opeiai almeno, leiminalo il lavoio, iiceveianno il denaio, andianno
allosleiia, poi finiianno alla polizia: eccoli impegnali pei una sellimana. Menlie luomo
dove andia` Se non allio, ogni volla si nola in lui una specie di imlaiazzo al momenlo di
iaggiungeie scopi simili. Gli piace la conquisla, ma non alliellanlo lavei conquislalo, e
queslo, sinlende, leiiililmenle iidicolo. In una paiola, luomo fallo in modo comico,
in lullo queslo evidenlemenle iaccliuso un ca|cnocur. Ma due pi due quallio comun-
que una cosa sommamenle insoppoilalile. Due pi due quallio: ma secondo me sollan-
lo impudenza. Due pi due quallio la unaiia sliafollenle, vi si piazza in mezzo alla
sliada con le mani sui fiancli e spula. Sono daccoido cle due pi due quallio una cosa
magnifica, ma se si vuol lodaie piopiio lullo, alloia ancle due pi due cinque una
cosuccia lalvolla mollo caiina.
L peicl siele cos feimamenle, cos solennemenle convinli cle solo cio cle noimale e
posilivo - in una paiola, solo il lenesseie, sia vanlaggioso pei luomo` Non si slaglieia la
iagione, sui vanlaggi` L se luomo non amasse solo il lenesseie` Ioise ama esallamenle
alliellanlo la soffeienza` Ioise la soffeienza gli vanlaggiosa esallamenle quanlo il le-
nesseie` L luomo lalvolla ama pazzamenle la soffeienza, addiiilluia con passione, e que-
slo un fallo. Qui non c neancle lisogno di iifaisi alla sloiia univeisale, cliedele a voi
slessi, se solo siele uomini e avele vissulo almeno un po. Pei quanlo poi iiguaida la mia
opinione peisonale, amaie solo il lenesseie peifino sconvenienle, in un ceilo senso. Cle
sia lene o male, lalvolla ancle iompeie qualcosa mollo piacevole. Io infalli qui non
sono piopiiamenle pei la soffeienza, e neppuie pei il lenesseie. Sono pei... pei il mio
capiiccio e peicl mi sia gaianlilo, quando occoiie. Ia soffeienza, pei esempio, nei
taucti||cs non ammessa, lo so. Nel palazzo di ciislallo addiiilluia impensalile: la
soffeienza dullio, negazione, e cle palazzo di ciislallo saielle mai, se in esso si
polesse dulilaie` L inlanlo sono convinlo cle luomo non iinunceia mai alla veia soffe-
ienza, cio alla disliuzione e al caos. Ia soffeienza... ma lunica oiigine della coscienza.
Ancle se allinizio lo dicliaialo cle la coscienza, secondo me, la pi giande infelicila
pei luomo, io so cle luomo la ama e non la laialleielle con nessuna soddisfazione. Ia
coscienza, pei esempio, infinilamenle supeiioie al due pi due. Dopo il due pi due,
sinlende, non iesleia pi nienle, non solo da faie, ma neppuie da conosceie. Tullo cio
cle alloia si polia faie cliudeie i piopii cinque sensi e immeigeisi nella conlemplazio-
ne. Lllene, con la coscienza invece, ancle se si peiviene allo slesso iisullalo, cio se ancle
qui non ci saia nulla da faie, almeno qualcle volla ci si puo daie qualcle fiuslalina, e
queslo pui sempie vivificanle. Pei quanlo ieliogiado, sempie meglio di nienle.

Voi ciedele nelledificio di ciislallo eleinamenle incoiiullilile, cio lale cle non gli si
possa fai la linguaccia di nascoslo, n un geslaccio con la mano in lasca. Lllene, io invece,
foise, lo pauia di queslo edificio piopiio peicl di ciislallo ed eleinamenle incoiiulli-
lile e peicl non gli si polia fai la linguaccia neppuie di nascoslo.
Lcco, vedele: se invece di un palazzo saia un pollaio e pioveia, io, foise, minfileio nel
pollaio pei non lagnaimi, eppuie non piendeio il pollaio pei un palazzo pei gialiludine,
solo peicl mi la piolello dalla pioggia. Voi iidele, dile peifino cle in queslo caso un
pollaio e una ieggia fan lo slesso. S, iispondo io, se dovessimo viveie solo pei non la-
gnaici.
Ma cle faici, se mi sono messo in lesla cle non si vive solo pei queslo e cle, se lisogna
viveie, alloia si deve viveie in una ieggia` Queslo il mio voleie, queslo il mio desideiio.
Me lo sliappeiele via solo quando aviele camlialo i miei desideii. Lllene, camlialeli,
allellalemi con qualcosallio, dalemi un allio ideale. Nel fiallempo non piendeio il polla-
io pei un palazzo. Iosse pui veio cle ledificio di ciislallo un lluff, cle secondo le leggi
di naluia non deve neppuie esisleie e cle llo invenlalo solo a causa della mia slupidila,
a causa di ceile alavicle, iiiazionali aliludini della noslia geneiazione. Ma cle impoila a
me se non deve esisleie` Non fa lo slesso, se esisle nei miei desideii, o pei meglio diie
esisle fincl esislono i miei desideii` Ioise iidele di nuovo` Ridele puie, io accelleio
qualsiasi deiisione e lullavia non diio cle sono sazio, quando lo fame, lullavia so cle
non mi acconlenleio di un compiomesso, di un infinilo zeio peiiodico, solo peicl esisle
secondo le leggi della naluia ed esisle tcrancn|c. Non piendeio pei il coionamenlo dei
miei desideii un caseimone di appailamenli pei inquilini poveii, con conliallo pei mille
anni e con il denlisla Wagenleim sullinsegna, pei ogni evenienza. Annullale i miei desi-
deii, cancellale i miei ideali, moslialemi qualcosa di meglio, e io vi seguiio. Voi, magaii,
diiele cle non ne vale neppuie la pena, ma in lal caso anclio posso iispondeivi lo slesso.
Sliamo iagionando seiiamenle, e se non volele degnaimi della voslia allenzione, non
slaio a piegaivi. Io lo il sollosuolo.
Ma fincl vivo e desideio, cle mi si seccli la mano, se poileio un solo malloncino a quel
caseimone! Non ladale se poco fa io slesso lo iespinlo ledificio di ciislallo, unicamenle
pei il molivo cle non gli si polia faie uno sleileffo con la lingua. Non llo dello affallo
peicl mi piaccia lanlo liiai fuoii la lingua. Io, foise, mi aiialliavo sollanlo peicl pei
oia un edificio al quale si possa non fai la linguaccia, fia lulli i voslii edifici, non si liova.
Al conliaiio, me la lasceiei peifino mozzaie, la lingua, pei puia gialiludine, se solo si
oiganizzasseio le cose in modo cle non mi venisse mai pi voglia di mosliaila. Cle mim-
poila se impossilile oiganizzaile cos e se lisogna acconlenlaisi degli appailamenli`
Peicl alloia io sono fallo con simili desideii` Possilile cle sia fallo sollanlo pei aiiivaie
alla conclusione cle il modo in cui son fallo lulla una piesa in giio` Possilile cle lo
scopo sia lullo qui` Non ci ciedo.
L, del ieslo, sapele una cosa: sono convinlo cle noiallii del sollosuolo andiamo lenuli a
fieno. Infalli, lencl siamo capaci di slaicene in silenzio nel sollosuolo pei quaianlanni,
se peio usciamo alla luce e slolliamo, alloia pailiamo, pailiamo, pailiamo...

XI

In definiliva, signoii: meglio non fai nulla! Meglio una consapevole ineizia! L cos, evvi-
va il sollosuolo! Ancle se lo dello cle invidio luomo noimale fino a un iancoie lilioso,
non voiiei essei nei suoi panni, dale le condizioni in cui lo vedo (ancle se non smelleio
comunque di invidiailo). No, no, il sollosuolo in ogni caso pi vanlaggioso! I almeno si
puo... Diamine! Ma ancle adesso slo menlendo! Menlo peicl lo so come due pi due fa
quallio, cle non meglio il sollosuolo, ma qualcosa di diveiso, complelamenle diveiso,
cle io liamo, ma cle non iiusciio mai a liovaie! Al diavolo il sollosuolo!
Anzi, ecco cosa saielle meglio, qui: cle io ciedessi almeno a qualcosa di lullo quel cle lo
sciillo oia. Peicl vi giuio, signoii, cle non ciedo a una, non a una sola paiolina di quel
cle lo sciilacclialo oia! Cio, magaii ci ciedo ancle, ma nello slesso lempo, clissa pei-
cl, senlo e sospello di menliie come un calzolaio.
L alloia peicl la sciillo lullo queslo`, mi dile voi.
Ma ecco, se vi iincliudessi pei una quaianlina danni senza alcuna occupazione, e ve-
nissi da voi quaianlanni dopo, nel sollosuolo, a vedeie a cle punlo siele aiiivali` L mai
possilile lasciai solo un uomo nellinallivila pei quaianlanni`.
L queslo non saielle veigognoso, e queslo non saielle umilianle!, foise mi diiele,
scuolendo spiezzanlemenle il capo. Iei liama la vila e poi iisolve le queslioni vilali con
un gailuglio logico. L come sono iiiilanli, come sono sfacciale le sue liovale, e nello
slesso lempo quanla pauia la lei! Dice sciocclezze e ne soddisfallo, dice impeilinenze,
ma ne la incessanlemenle pauia e ne cliede scusa. Assicuia di non avei pauia di nulla, e
nello slesso lempo ceica il noslio consenso. Assicuia di digiignaie i denli, e nello slesso
lempo fa dello spiiilo pei faici iideie. Sa cle le sue lallule non sono spiiilose, ma evi-
denlemenle mollo soddisfallo del loio valoie lelleiaiio. Ioise le successo davveio di
soffiiie, ma non la alcun iispello pei la sua soffeienza. In lei c ancle della veiila, ma
non c pudoie, pei la pi mesclina vanila lei melle in moslia, in piazza la sua veiila, la
espone allonla... Iei vuole davveio diie qualcosa, ma pei pauia nasconde la sua ullima
paiola, peicl non la il coiaggio di espiimeila, ma solo una vile faccia losla. Si vanla
della sua coscienza, ma non fa cle lenlennaie, peicl se ancle il suo ceivello funziona, il
suo cuoie ollenelialo dalla peiveisione, e senza un cuoie puio non puo esseici una
piena, iella coscienza. L quanla moleslia in lei, come simpone, come si alleggia! Menzo-
gna, menzogna e menzogna!.
Sinlende, lulle quesle paiole le lo invenlale io adesso. Ancle queslo viene dal sollosuolo.
Ia pei quaianlanni di fila sono slalo a oiigliaie quesle voslie paiole dalla fessuia. Ie lo
invenlale io, anzi solo queslo iiuscivo a invenlaie. Non sliano cle mi si sia fissalo nella
memoiia e allia assunlo foima lelleiaiia...
Ma possilile, possilile cle siale davveio cos cieduloni da immaginaie cle pulllicleio
lullo queslo e pei giunla ve lo daio da leggeie` Ld ecco unallia difficolla pei me: peicl,
in effelli, vi cliamo signoii, peicl mi iivolgo a voi come se mi iivolgessi veiamenle a
dei lelloii` Confessioni come quelle cle lo inlenzione di cominciaie a espoiie non si
pulllicano e non si danno da leggeie agli allii. Io peilomeno non lo lanla feimezza in
me, n iilengo necessaiio aveila. Ma vedele: mi venula in menle una fanlasia, e a qua-
lunque coslo voglio iealizzaila. Lcco di cle si lialla.
Nei iicoidi di ogni uomo ci sono ceile cose cle egli non svela a lulli, ma foise sollanlo agli
amici. Ce ne sono allie cle non sveleia neppuie agli amici, ma foise solo a se slesso, e
comunque in gian segielo. Ma ve ne sono, infine, di quelle cle luomo la pauia di svelaie
peifino a se slesso, e ogni uomo peilene accumula paiecclie cose del geneie. Anzi: quan-
lo pi un uomo peilene, lanle pi ne la. Peilomeno, io slesso solo iecenlemenle mi
sono deciso a iicoidaie alcune mie avvenluie passale, menlie finoia le avevo sempie
eluse, peifino con una ceila inquieludine. Oia invece cle non solo le iicoido, ma mi sono
peifino deciso a liasciiveile, voglio piopiio faie queslo espeiimenlo: si puo esseie com-
plelamenle sinceii almeno con se slessi e non aveie pauia della veiila inleia` Osseiveio in
pioposilo: Heine affeima cle le auloliogiafie onesle sono quasi impossilili, e cle un
uomo menliia sicuiamenle sul piopiio conlo. Secondo lui Rousseau, pei esempio, si
senzallio calunnialo nella sua confessione, anzi si calunnialo delileialamenle, pei va-
nila. Sono sicuio cle Heine la iagione, capisco lenissimo come pei puia vanila ci si possa
lalvolla accusaie falsamenle di inleii delilli, e anzi compiendo lenissimo di cle geneie
possa esseie quella vanila. Ma Heine giudicava di un uomo cle si confessa dinanzi al
pulllico. Io invece sciivo sollanlo pei me e dicliaio una volla pei lulle cle se ancle
sciivo come se mi iivolgessi a dei lelloii, si lialla solo di un ailificio cle mi iende pi
facile sciiveie. L una foima, solo una vuola foima, e di lelloii non ne avio mai. Ilo gia
dicliaialo...
Non voglio poimi dei limili, nella iedazione delle mie memoiie. Non seguiio un oidine e
un sislema. Annoleio quel cle mi capileia di iicoidaie.
Lcco dunque, pei esempio: polielleio piendeimi alla lelleia e domandaimi: se davveio
non conla sui lelloii, peicl alloia piende accoidi con se slesso, e ollielullo sulla caila,
slalilendo cle non seguiia un oidine e un sislema, cle annoleia quel cle le capileia di
iicoidaie, ecceleia, ecceleia` Peicl si spiega` Peicl si scusa`
L facciamola finila, iispondo io.
Qui, del ieslo, c lulla una psicologia. Ioise ancle il fallo cle sono semplicemenle un
vigliacco. O foise ancle cle apposla mi immagino di fionle un pulllico, pei compoilai-
mi pi decenlemenle menlie sciiveio. Ie iagioni possono esseie mille.
Ma ecco cosa c ancoia: peicl, a qual fine esallamenle voglio sciiveie` Se non pei un
pulllico, alloia non si polielle iicoidaie lullo ancle cos, menlalmenle, senza liaspoilo
sulla caila`
Sissignoii, ma sulla caila iisulleia in qualcle modo pi solenne. Nella sciilluia c un cle
di impegnalivo, un maggioi giudizio su se slessi, vi si aggiungeia una foima. Inollie:
foise lo sciiveie mi daia davveio sollievo. Oggi, pei esempio, mi oppiime pailicolaimen-
le un anlico iicoido. Mi loinalo cliaiamenle alla memoiia gia alcuni gioini fa e da alloia
iimaslo con me, come un faslidioso molivo musicale cle non vuol lasciaili in pace.
Lppuie lisogna slaiazzaisene. Di simili iicoidi ne lo a cenlinaia, ma di lanlo in lanlo dal
cenlinaio se ne slacca uno e mi oppiime. Pei qualcle molivo ciedo cle, se lo annoleio, mi
lasceia in pace. L peicl non piovaie`
Infine: mi annoio, e non faccio mai nulla. L lannolaie in effelli una specie di lavoio.
Dicono cle il lavoio iende luono e oneslo luomo. Lcco dunque unoccasione, se non
allio.
Oia sla scendendo una neve quasi fiadicia, gialla, loilida. Ancle ieii scendeva, e cos
alcuni gioini fa. Mi semlia cle piopiio la neve fiadicia mi allia fallo iicoidaie quellepi-
sodio cle oia non vuol lasciaimi in pace. L cos, cle queslo sia il iacconlo a pioposilo
della neve fiadicia.

II - A PROPOSITO DELLA NEVE FRADICIA

Quando dalle lenelie delleiioie


Con paiole daidenle peisuasione
Io liassi la lua anima cadula
L piena di piofonda soffeienza,
Toicendoli le mani, lu eseciasli
Il vizio cle li aveva iaggiiala,
L quando, casligando col iicoido
Ia coscienza di lalile memoiia,
Tu iacconlavi a me lulla la sloiia
Di quanlo eia accadulo nel passalo,
L poi, nascoslo il viso fia le mani,
Sopiaffalla da oiioie e da veigogna,
Indignala, sconvolla, lu piangesli...
Lcceleia, ecceleia.
Da una pccsia i N.A. Nc|rasct
I

A quel lempo avevo solo venliquallio anni. Ia mia vila eia gia alloia lelia, disoidinala e
solilaiia fino alla selvaliclezza. Non fiequenlavo nessuno ed evilavo peifino di pailaie, e
mi iinlanavo sempie pi nel mio canluccio. Al lavoio, nella cancelleiia, ceicavo peifino
di non ladaie a nessuno, e non solo mi accoigevo lenissimo cle i miei collegli mi consi-
deiavano un oiiginale, ma avevo sempie limpiessione cle mi guaidasseio con un ceilo
disguslo. Mi accadeva di pensaie: peicl a nessuno, lianne cle a me, semlia dessei
guaidalo con disguslo` Uno dei noslii impiegali di cancelleiia aveva un viso iipugnanle
e lulleialissimo, addiiilluia quasi landilesco. Io ciedo cle, con una faccia cos indecenle,
non aviei avulo neancle il coiaggio di alzaie gli occli su qualcuno. Un allio aveva ununi-
foime cos consunla cle vicino a lui si senliva gia callivo odoie. Lppuie nessuno di quei
signoii si senliva imlaiazzalo - n pei lalilo, n pei la faccia, e lanlomeno pei qualcle
consideiazione moiale. N luno n lallio simmaginavano dessei guaidali con disgu-
slo, e se ancle lavesseio immaginalo, se ne saielleio infiscliali, puicl non fosseio slali
i supeiioii a giudicaie. Oia mi peifellamenle cliaio cle anclio, essendo illimilalamen-
le vaniloso, e quindi ancle esigenle veiso me slesso, mi guaidavo spessissimo con un
fuiilondo malconlenlo cle giungeva fino al disguslo, e peicio, menlalmenle, alliiluivo a
cliunque quel mio sguaido. Io, pei esempio, odiavo la mia faccia, la liovavo iipugnanle,
e sospellavo peifino cle avesse unespiessione vile, e peicio ogni volla, piesenlandomi al
lavoio, ceicavo loimenlosamenle di assumeie unaiia il pi possilile indipendenle, pei-
cl non mi sospellasseio di villa, e di espiimeie col viso quanla pi nolilla polevo. Cle
il viso sia puie liullo, pensavo, ma in compenso cle sia nolile, espiessivo e, sopiallul-
lo, cs|rcnancn|c inlelligenle. Ma sapevo ancle, con una ceilezza cle mi mailiiizzava,
cle la mia faccia non avielle mai polulo espiimeie lulle quelle peifezioni. Ma la cosa pi
leiiilile cle la liovavo posilivamenle insulsa. Menlie mi saiei del lullo acconlenlalo
dellinlelligenza. Al punlo cle aviei addiiilluia acconsenlilo allespiessione vile, puicl
nel conlempo avesseio liovalo il mio viso leiiililmenle inlelligenle.
Sinlende cle odiavo lulli gli impiegali della noslia cancelleiia, dal piimo allullimo, e li
dispiezzavo lulli, ma nello slesso lempo in qualcle modo li lemevo. Capilava cle a un
liallo li giudicassi peifino supeiioii a me. Ia cosa mi succedeva di colpo, alloia: oia li
odiavo, oia li giudicavo supeiioii a me. Un uomo evolulo e peilene non puo esseie vani-
loso senza esseie illimilalamenle esigenle veiso se slesso e senza dispiezzaisi in ceili
momenli fino allodio. Ma, sia cle li dispiezzassi, sia cle li giudicassi supeiioii a me,
dinanzi a quasi lulli quelli cle inconliavo allassavo gli occli. Iacevo peifino degli espe-
iimenli: aviei soslenulo almeno lo sguaido del lale su di me` L sempie lo allassavo pei
piimo. Cio mi loimenlava fino a mandaimi in leslia. Inollie avevo un moiloso limoie di
esseie iidicolo e peicio eio seivilmenle confoimisla in lullo cio cle iiguaidava lesleiioii-
la, con amoie seguivo il linaiio comune e con lulla lanima aloiiivo qualsiasi eccenliici-
la. Ma come polevo iesisleie` Lio moilosamenle evolulo, come appunlo devesseie evo-
lulo luomo del noslio lempo. Menlie lulli loio eiano ollusi e simili luno allallio come
pecoie in un giegge. Ioise a me solo, in lulla la cancelleiia, semliava coslanlemenle di
esseie un codaido e uno scliavo, mi semliava piopiio peicl eio evolulo. Ma non solo
mi semliava, lens eia davveio cos nella iealla: eio un codaido e uno scliavo. Io dico
senza alcun imlaiazzo. Ogni uomo peilene del noslio lempo e devesseie un codaido
e uno scliavo. Quesla la sua condizione noimale. Ne sono piofondamenle convinlo. L
fallo cos e cosliluzionalmenle deslinalo a queslo. L non solo nella noslia epoca, pei clis-
sa quali ciicoslanze casuali, ma in geneiale in lulle le epocle luomo peilene devesseie
un codaido e uno scliavo. L una legge di naluia pei lulle le peisone peilene sulla leiia.
Se poi a qualcuno di loio capileia di faie il giadasso in qualcosa, cle non si consoli pei
queslo e non si monli la lesla: comunque davanli al ieslo se la faia sollo. L lunica ed
eleina via duscila. Ianno i giadassi solo gli asini e i loio laslaidi, e ancle quelli solo fino
a quel famoso muio. Ma a loio non val neppuie la pena di pieslaie allenzione, peicl non
significano esallamenle nulla.
Alloia mi loimenlava ancle unallia ciicoslanza: appunlo il fallo cle nessuno somiglias-
se a me e io non somigliassi a nessuno. Io sono uno, menlie loio sono |u||i, pensavo e...
ieslavo soviappensieio.
Dal cle si vede cle eio ancoia piopiio un iagazzino.
Accadevano ancle casi conliaii. A volle, infalli, quanlo mi divenlava iipugnanle andaie
in ufficio: al punlo cle molle volle loinavo dal lavoio malalo. Ma un lel gioino, del lullo
inaspellalamenle, sopiaggiungeva una fase di scellicismo e indiffeienza (in me lullo eia
a fasi), e alloia io slesso iidevo della mia inlolleianza e sclifillosila, io slesso mi iimpio-
veiavo di rcnan|icisnc. Oia non volevo pailaie con nessuno, e oia aiiivavo al punlo cle
non solo allaccavo discoiso, ma addiiilluia piogellavo di inslauiaie iappoili amiclevoli
con loio. Tulla la sclifillosila dun liallo spaiiva nel nulla. Cli lo sa, foise in me non ceia
mai slala, ed eia fasulla, piesa dai lilii` Non lo ancoia sapulo iisolveie queslo piollema.
Una volla anzi feci piopiio amicizia con loio, piesi a fiequenlaie le loio case, a giocaie a
prcfcrcncc, a leie vodka, a iagionaie di piomozioni... Ma qui peimellelemi una digiessio-
ne.
Da noi iussi, geneialmenle pailando, non ci sono mai slali quegli scioccli iomanlici sideiei,
ledescli e sopiallullo fiancesi, cle iimangono impeileiiili, ancle se la leiia dovesse spac-
caisi sollo i loio piedi, ancle se lulla la Iiancia dovesse peiiie sulle laiiicale, maccl,
loio ieslano sempie uguali, non camlieianno neppuie pei iispello alla decenza, e canle-
ianno sempie le loio canzoni sideiee, pei cos diie, fino alla lomla, peicl sono degli
imlecilli. Da noi, invece, in leiia iussa, non ci sono imlecilli, la cosa iisapula, piopiio
pei queslo ci dislinguiamo dalle allie nazioni slianieie. Di conseguenza, da noi ancle le
naluie sideiee non allignano allo slalo puio. Sollanlo i noslii pulllicisli e ciilici posili-
vi di un lempo, dando la caccia ai Koslan oglo e agli zielli Pli Ivanovi e scamliandoli
slupidamenle pei il noslio ideale, lanno invenlalo lanle fole sui noslii iomanlici, cieden-
doli alliellanlo sideiei cle in Geimania o in Iiancia. Al conliaiio, le doli del noslio io-
manlico sono complelamenle e diamelialmenle opposle al lipo sideial-euiopeo, e nessun
mesclino melio euiopeo vi si adalla. (Peimellelemi dunque di usaie quesla paiola io-
manlico: una paiolella anlica, iispellalile, lenemeiila e nola a lulli.) Ie doli del noslio
iomanlico sono capiie lullo, tccrc |u||c c tccrc spcssc i gran |unga piu cniarancn|c i
quan|c tcanc |c ncs|rc ncn|i piu pcsi|itc, non sollomelleisi a nulla e a nessuno, ma nello
slesso lempo non disdegnaie nulla, aggiiaie ogni oslacolo, cedeie a lullo, agiie diploma-
licamenle con lulli, non peideie mai di visla il fine ulile, pialico (ceili appailamenlini
slalali, pensioncine, slellelle sulla giacca): lenei docclio queslo fine alliaveiso lulli gli
enlusiasmi e i volumelli di liiicle e nello slesso lempo cuslodiie inciollalilmenle in s
fino alla lomla cio cle sullime ed elevalo e, fia paienlesi, cuslodiie con cuia ancle se
slessi, piopiio nella lamlagia, come gioiellini, non fosse cle pei il lene, poniamo, di
quello slesso sullime ed elevalo. Uomo di laigle vedule il noslio iomanlico, e piimis-
simo faialullo fia lulli i noslii faialulli, ve lassicuio... peifino pei peisonale espeiienza.
Sinlende, lullo cio se il iomanlico inlelligenle. Cio, ma cle dico! Il iomanlico sempie
inlelligenle, volevo solo osseivaie cle ancle se da noi ci sono slali dei iomanlici scioccli,
queslo non conla, pei il semplice fallo cle ancoi nel pieno delle foize si liamulavano
definilivamenle in ledescli e, pei cuslodiie pi agevolmenle il loio gioiellino, si liasfeii-
vano da qualcle paile laggi, a Weimai o nella Ioiesla Neia. Io, pei esempio, dispiezza-
vo sinceiamenle la mia allivila di seivizio e non ci spulavo sopia solo pei necessila, pei-
cl quello eia il mio poslo e in camlio iicevevo del denaio. Come iisullalo lullavia, nola-
le lene, non ci spulavo comunque sopia. Il noslio iomanlico piulloslo impazziia (il cle,
del ieslo, accade assai di iado), ma non ci spuleia sopia, se non la in visla unallia caiiie-
ia, e non lo cacceianno mai a calci, ma al massimo lo poileianno in manicomio nelle vesli
del ie di Spagna, e solo a pallo cle impazzisca piopiio mollo. Ma da noi impazziscono
solo i lisicuzzi e i liondini. Menlie incalcolalile il numeio dei iomanlici cle iaggiungo-
no poi dei giadi di iilievo. O miialile poliediicila! L quale capacila di piovaie le sensa-
zioni pi conliaddilloiie! Gia alloia me ne senlivo confoilalo, e ancle adesso sono dello
slesso paieie. Piopiio pei queslo da noi ci sono lanle vasle naluie, cle ancle nelleslie-
ma cadula non smaiiiscono mai il loio ideale, e ancle se non muoveianno un dilo pei
quellideale, ancle se sono landili e ladii maliicolali, lullavia iispellano fino alle laciime
il loio piimilivo ideale e nellanimo loio sono sliaoidinaiiamenle onesli. Sissignoii, solo
da noi il pi maliicolalo mascalzone puo esseie complelamenle e peifino nolilmenle
oneslo nellanimo, senza pei queslo cessaie affallo di esseie un mascalzone. Ripelo, mol-
lo spesso dai noslii iomanlici sallan fuoii dei fuifanli cos smaliziali (uso la paiola fui-
fanle in modo affelluoso), essi iivelano a un liallo un lale fiulo pei la iealla e un lale
senso pialico, cle il pulllico e i supeiioii slaloidili non sanno fai allio cle sclioccaie la
lingua, allilili.
Poliediicila davveio impiessionanle, e Dio sa come si oiienleia e sviluppeia nelle ciico-
slanze fuluie e cle cosa ci iiseiveia pei lavveniie! L il maleiiale non affallo malvagio!
Non lo dico pei paliiollismo iidicolo o pei campanilismo. Del ieslo, sono sicuio cle pen-
sale di nuovo clio slia scleizando. L clissa, foise veio il conliaiio, cio siele sicuii cle
io la pensi sul seiio cos. Comunque, signoii, nelluno e nellallio caso consideieio un
onoie e un pailicolaie piaceie pei me la voslia opinione. L peidonalemi la digiessione.
Ovviamenle non iesislevo allamicizia con i miei compagni, e len pieslo mi slaccavo da
loio e, a causa della mia inespeiienza ancoia giovanile, smellevo peifino di salulaili,
come se volessi iompeie definilivamenle. Del ieslo la cosa mi accadde una sola volla in
lullo. In geneiale sono sempie slalo solo.
A casa, in piimo luogo, pievalenlemenle leggevo. Avevo voglia di soffocaie con le sensa-
zioni esleine lullo quel cle iilolliva incessanlemenle denlio di me. L la lelluia eia luni-
ca, fia le sensazioni esleine, cle mi fosse accessilile. Ia lelluia, naluialmenle, aiulava
mollo: emozionava, deliziava e loimenlava. Ma a volle annoiava leiiililmenle. Avevo
comunque voglia di muoveimi, e a un liallo mi immeigevo in una fosca, solleiianea,
luipe - non depiavazione, ma depiavazioncella. Ie passioncelle in me eiano acule, cocen-
li pei la mia eleina, moilosa eccilalilila. Avevo accessi isleiici, con laciime e convulsioni.
Ollie alla lelluia, non avevo iisoise - cio, nel mio amlienle ciicoslanle non ceia nulla
clio polessi iispellaie e da cui mi senlissi alliallo. Mi iodeva, ollielullo, langoscia, mi
piendeva unansia isleiica di conliaddizioni, di conliasli, e cos mi davo al lileilinaggio.
Ma non ceilo pei giuslificaimi cle oia lo sciillo lulle quesle cose... Anzi, maccl! Ho
menlilo! Volevo appunlo giuslificaimi. Quesla piccola osseivazione, signoii, la faccio pei
me. Non voglio menliie. Ho dalo la mia paiola.
Il mio lileilinaggio eia solilaiio, nolluino, nascoslo, limoioso, laido, pieno di una veigo-
gna cle non mi allandonava nei momenli pi degiadanli e cle anzi in quei momenli
aiiivava fino alla maledizione. Gia alloia poilavo nellanima il sollosuolo. Avevo una
liemenda pauia di esseie vedulo, inconlialo, iiconosciulo in un modo o nellallio. L fie-
quenlavo vaii luogli assai malfamali.
Una volla, passando di nolle davanli a una lellola, dalla fineslia illuminala vidi dei si-
gnoii cle si piccliavano con le sleccle inloino a un liliaido, fincl scaiavenlaiono uno di
loio da una fineslia. In unallia occasione mi saiei senlilo mollo disguslalo, ma alloia,
dun liallo, elli un momenlo lale, cle allimpiovviso invidiai quellindividuo scaiaven-
lalo gi, e lo invidiai lanlo cle enliai peifino nella lellola, nella sala da liliaido. Magaii
anclio faio a lolle, mi dicevo, e scaiavenleianno ancle me dalla fineslia.
Non eio uliiaco, ma cle volele faici: a lal punlo disleiia puo iodeie langoscia! Ma la
cosa fin in nulla. Risullo cle non eio neppuie capace di sallaie dalla fineslia, e me ne
andai senza avei fallo a lolle.
Iin dal piimo passo mi sislemo un ufficiale.
Io slavo l vicino al liliaido e pei ignoianza impedivo il passaggio, e quello doveva pas-
saie, mi piese pei le spalle e in silenzio, senza avveiliimi e senza spiegaisi, mi liaspoilo
dal punlo in cui slavo in un allio, e poi passo come se non mi avesse neppuie nolalo.
Aviei peidonalo peifino le peicosse, ma non polevo piopiio peidonaie cle mi avesse
sposlalo e cos iiievocalilmenle ignoialo.
Io sa il diavolo cle cosa aviei dalo alloia pei una veia lile, pi giusla, pi decenle, pi,
pei cos diie, |c||craria! Lio slalo liallalo come una mosca. Quellufficiale eia quasi un
melio e novanla di slaluia, menlie io sono un uomo piccolello ed esilino. Ia lile, del ieslo,
dipendeva da me: laslava pioleslaie un po e, naluialmenle, mi avielleio scaiavenlalo
gi dalla fineslia. Ma ci iipensai e piefeiii... svignaimela slizzosamenle.
Uscii dallosleiia confuso e agilalo, andai diillo a casa e il gioino dopo iipiesi il mio
modeslo lileilinaggio in modo ancoi pi limido, alliulilo e liisle di piima, quasi con la
laciimuccia allocclio - e lullavia lo iipiesi. Non pensale, del ieslo, cle allia avulo pauia
dellufficiale pei vigliaccleiia: non sono mai slalo un vigliacco nellanimo, ancle se sono
sempie slalo pauioso di fallo, ma - aspellale a iideie, c una spiegazione, io lo una
spiegazione pei lullo, slale pui ceili.
Ol, se quellufficiale fosse slalo di quelli cle accellano di lalleisi in duello! Maccl, eia
piopiio uno di quei signoii (alim! da lempo scompaisi) cle piefeiivano agiie con le
sleccle da liliaido oppuie, come il lenenle Piiogov di Gogol, alliaveiso le auloiila. A
duello invece non si lallevano, e in ogni caso avielleio iilenulo sconvenienle lalleisi
con noi civili, iazza infeiioie, e in geneiale iilenevano il duello qualcosa di inconcepilile,
iola da lileii pensaloii, da fiancesi, ma da paile loio offendevano spesso e volenlieii,
sopiallullo nel caso del melio e novanla di slaluia.
I non elli pauia pei vigliaccleiia, ma pei la mia sconfinala vanila. Mi spavenlai non del
melio e novanla di slaluia e non del fallo cle me le avielleio dale di sanla iagione e
scaiavenlalo dalla fineslia, di coiaggio fisico, davveio, ne aviei avulo allaslanza, ma
non mi laslava il coiaggio moiale. Mi spavenlai del fallo cle lulli i piesenli, a cominciaie
dallinsolenle segnapunli fino allullimo impiegaluccio iiiancidilo e liufoloso cle faceva
il leccapiedi l inloino, con un collello lisunlo, non avielleio capilo e mi avielleio sclei-
nilo, quando avessi pioleslalo e comincialo a pailai loio in linguaggio lelleiaiio. Peicl
del punlo donoie, cio non dellonoie, ma piopiio del punlo donoie (pcin| ncnncur),
ancoi oggi da noi non si puo pailaie alliimenli cle in linguaggio lelleiaiio. Nel linguag-
gio comune il punlo donoie non viene menzionalo. Lio peifellamenle convinlo (ecco il
fiulo pei la iealla, nonoslanle lullo il iomanlicismo!) cle lulli cosloio si saielleio sempli-
cemenle slellicali dalle iisa, menlie lufficiale non mi avielle malmenalo semplicemen-
le, cio senza offesa, ma mi avielle senzallio colpilo col ginocclio, spingendomi cos
lullalloino al liliaido, e solo alloia foise si saielle impielosilo e mi avielle scaiavenla-
lo dalla fineslia. L cliaio cle quesla squallida sloiia pei me non poleva finiie semplice-
menle cos. In seguilo inconliai spesso quellufficiale pei sliada e losseivai lene. Non so
peio se lui mi iiconoscesse. Piolalilmenle no, lo deduco da alcuni indizi. Ma io, io lo
guaidavo con iallia e odio, e ando avanli cos pei... diveisi anni! Anzi, la mia iallia si
iaffoizava e ciesceva con gli anni. Allinizio, zillo zillo, cominciai a iaccoglieie infoima-
zioni su quellufficiale. Non eia facile, peicl non conoscevo nessuno. Ma una volla qual-
cuno lo cliamo pei cognome pei sliada, menlie io lo seguivo da lonlano, come se fossi
legalo a lui, e fu cos cle venni a sapeie come si cliamava. Unallia volla lo seguii fino al
suo appailamenlo e pei dieci copecle seppi dal poilinaio dove alilava, a cle piano, se da
solo o con qualcun allio, ecc., insomma lullo quel cle si puo sapeie da un poilinaio. Una
mallina, lencl non facessi mai della lelleialuia, a un liallo mi venne lidea di desciiveie
quellufficiale in un iacconlo di denuncia, in foima caiicaluiale. Sciissi il iacconlo con
volulla. Io smascleiai, lo calunniai addiiilluia, allinizio camuffai il cognome in modo
lale cle si poleva sulilo iiconosceie, ma poi, dopo maluia iiflessione, lo camliai e inviai
il iacconlo a Oleeslvennye zapiski. Ma a quel lempo non usava ancoia la lelleialuia di
denuncia, e il mio iacconlo non fu pulllicalo. Me ne slizzii mollo. Talvolla la iallia mi
soffocava semplicemenle. Iinalmenle mi decisi a sfidaie il mio nemico a duello. Composi
pei lui una slupenda, eleganle lelleia, supplicandolo di scusaisi con me, e in caso di
iifiulo alludevo piulloslo feimamenle al duello. Ia lelleia eia sciilla in modo lale cle, se
lufficiale avesse avulo la minima idea di cio cle sullime ed elevalo, saielle senzallio
coiso da me pei gellaimi le liaccia al collo e offiiimi la sua amicizia. L come saielle slalo
lello! Cle vila aviemmo comincialo! Cle vila! Iui mi avielle difeso con la sua pieslan-
za, io laviei nolililalo con la mia culluia, le, e con... le mie idee, e quanle cose saielleio
polule accadeie! Iiguialevi cle eiano gia passali due anni da quando mi aveva offeso, e
la mia sfida eia uno sliidenlissimo anacionismo, nonoslanle lulla lalilila della mia lelle-
ia, cle spiegava e dissimulava lanacionismo. Ma giazie a Dio (lenedico lulloia lOnni-
polenle con le laciime agli occli) non inviai la mia lelleia. Mi vengono i liividi al pensie-
io di cosa saielle polulo seguiie, se lavessi inviala. L a un liallo... e a un liallo mi vendi-
cai nel pi semplice, nel pi geniale dei modi! A un liallo mi venne unidea luminosissi-
ma. Talvolla nei gioini di fesla camminavo sul Nevskij dopo le lie e passeggiavo sul lalo
soleggialo. Cio, non vi passeggiavo affallo, ma sulivo innumeievoli loimenli, umilia-
zioni e liavasi di lile, ma si vede cle piopiio di queslo avevo lisogno. Sgusciavo come
unanguilla, nel modo pi liullo, fia i passanli, cedendo conlinuamenle il passo oia a un
geneiale, oia a un ufficiale della guaidia a cavallo o degli ussaii, oia a una signoia, in
quei momenli piovavo spasimi doloiosi al cuoie e vampe di caloie alla scliena alla sola
idea della miseiia del mio veslilo, della miseiia e volgaiila della mia figuiella sgallaio-
lanle. Lia un supplizio dinfeino, unincessanle, insoppoilalile umiliazione al pensieio,
divenulo sensazione incessanle e immediala, di esseie una mosca in confionlo a lullo
quel lel mondo, una sclifosa, oscena mosca - pi inlelligenle di lulli, pi evolula di lulli,
pi nolile di lulli, la cosa sollinlesa - ma una mosca cle incessanlemenle cedeva il passo
a lulli, da lulli umiliala e da lulli offesa. Peicl mi solloponevo a quel supplizio, peicl
andavo sul Nevskij` Non lo so. Ma mi senlivo semplicemenle a||ira|c la appena se ne
piesenlava loccasione.
Gia alloia cominciavo a piovaie accessi di quei piaceii di cui lo pailalo nel piimo capilo-
lo. Ma dopo la sloiia con lufficiale cominciai a senliimi alliialo ancoi pi foilemenle sul
Nevskij: piopiio l lo inconliavo pi spesso, piopiio l lo ammiiavo. Ancle lui ci andava,
sopiallullo nei gioini di fesla. Sellene ancle lui si scansasse dinanzi ai geneiali e agli alli
funzionaii, e ancle lui seipeggiasse come unanguilla fia loio, quelli come noiallii, o
ancle pi su di noiallii, semplicemenle li scliacciava, gli andava diillo conlio, come se
davanli a lui ci fosse uno spazio vuolo, e non ceia veiso cle cedesse il passo. Io mine-
liiavo della mia iallia, guaidandolo, e... slizzosamenle mi scansavo ogni volla dinanzi a
lui. Mi loimenlava cle peifino pei sliada non polessi in alcun modo slaigli alla paii.
Peicl li scansi sempie pei piimo`, mi loimenlavo da solo, in pieda a una fuiia isleii-
ca, svegliandomi lalvolla dopo le due di nolle. Peicl piopiio lu, e non lui` Nessuna
legge lo piesciive, non sla mica sciillo da nessuna paile! Cle sia alla paii, come avviene
di solilo quando si inconliano delle peisone educale: mela cedeia lui, e mela lu, e passe-
iele iispellandovi lun lallio. Ma non succedeva cos, e nonoslanle lullo mi scansavo io,
e lui non si accoigeva neppuie cle gli cedevo il passo. Ld ecco, a un liallo fui illuminalo
da unidea soipiendenle. L se una volla lo inconliassi, pensai, e... non mi facessi da
paile` Non mi facessi da paile di pioposilo, ancle a coslo di daigli uno spinlone: el, cle
ne dile`. Queslidea aidila a poco a poco simpossesso di me al punlo da non daimi pi
pace. Ne fanlaslicavo incessanlemenle, esaspeialamenle, andavo pi spesso sul Nevskij
apposla pei immaginaimi con ancoi maggioie cliaiezza come aviei agilo al momenlo
luono. Lio in eslasi. Ia mia inlenzione mi semliava sempie pi veiosimile e iealizzalile.
Sinlende, non piopiio daigli uno spinlone, pensavo, iallonendomi gia in anlicipo pei
la gioia, ma semplicemenle non faisi da paile, sconliaisi con lui non in modo da fai
mollo male, ma cos, spalla conlio spalla, esallamenle quel lanlo cle delimilano le conve-
nienze, cosiccl io lo uili nella slessa misuia in cui lui uileia me. Iinalmenle mi decisi
del lullo. Ma i piepaialivi iiclieseio mollissimo lempo. Pei piima cosa, al momenlo di
agiie lisognava aveie un aspello pi cle decoioso e quindi lisognava occupaisi del ve-
slilo. In ogni caso, se dovesse nasceine una scenala pulllica (e il pulllico l supcrf|u: ci
va la conlessa, ci va il piincipe D., ci va lullo il mondo lelleiaiio), lisogna esseie len
veslili, la cosa fa impiessione e in un ceilo senso ci poiia sullo slesso piano agli occli
dellalla sociela. A queslo scopo mi feci pagaie lo slipendio in anlicipo e compiai dei
guanli neii e un discielo cappello da uikin. I guanli neii mi semliavano pi seii e pi di
luon guslo di quelli coloi limone cle avevo adocclialo in un piimo lempo. Un coloie
lioppo visloso, come se la peisona volesse melleisi lioppo in moslia, e cos non piesi
quelli giallo limone. Avevo piepaialo da un pezzo una lella camicia con i gemelli liancli
dosso, ma mi fece peidei mollo lempo il cappollo. Di pei s il mio cappollo eia lullallio
cle malvagio, scaldava, ma eia imlollilo dovalla, e il laveio eia di piocione, il cle iap-
piesenlava gia il massimo del guslo pleleo. isognava sosliluiie il laveio a lulli i cosli e
faisene uno di casloiino, lipo quello degli ufficiali. Peicio cominciai a giiaie pei il Goslinyj
Dvoi e dopo alcuni lenlalivi piesi di miia un casloiino ledesco di poco piezzo. Quei
casloiini ledescli, lencl si logoiino pieslissimo e assumano un aspello miseiiimo, al-
linizio, peio, appena acquislali, lanno unaiia pi cle decoiosa, e a me seiviva pei una
volla sollanlo. Cliesi il piezzo: eia comunque caio. Dopo pondeiala iiflessione mi decisi
a vendeie il mio laveio di piocione. Quanlo alla somma mancanle, e assai nolevole pei
me, iisolsi di cliedeila in pieslilo ad Anlon Anlony Selokin, il mio capufficio, uomo
dimesso, ma seiio e posilivo, cle non pieslava denaio a nessuno, ma al quale un lempo,
allepoca della mia assunzione, eio slalo pailicolaimenle iaccomandalo dal peisonaggio
iagguaidevole cle mi aveva liovalo il poslo. Soffiivo oiiililmenle. Mi paieva mosliuoso
e veigognoso cliedei denaio in pieslilo ad Anlon Anlony. Non doimii peifino pei due
o lie nolli, e in geneiale alloia doimivo poco, eio in pieda a una fellie, il mio cuoie si
aiieslava loilidamenle oppuie di colpo cominciava a sallaie, sallaie, sallaie!.. Anlon
Anlonovi sulle piime si slup, poi coiiugo la fionle, poi iiflell e lullavia mi diede il
pieslilo, facendosi fiimaie una iicevula in cui lauloiizzavo a pielevaie dal mio slipendio
la somma pieslala, di l a due sellimane. In lal modo, lullo eia finalmenle pionlo, il lel
casloiino si insedio al poslo dellollioliioso piocione, e io cominciai a poco a poco a
melleimi allopeia. Infalli, non ci si poleva decideie di piimo acclilo, a casaccio, lisogna-
va iifiniie la cosa sapienlemenle, appunlo a poco a poco. Ma confesso cle dopo iipeluli
lenlalivi cominciai peifino a dispeiaie: non ceia modo di sconliaisi, punlo e lasla! Pei
quanlo mi piepaiassi, pei quanlo iinnovassi il mio pioposilo, piopiio quando paieva
cle, ecco, ci saiemmo sconliali, a un liallo mi iendevo conlo cle di nuovo gli avevo
cedulo la sliada e lui eia passalo, senza accoigeisi di me. Recilavo peifino delle pieglie-
ie, avvicinandomi a lui, peicl Dio mi desse la foiza. Una volla eio piopiio feimamenle
deciso, ma fin cle gli capilai sollanlo fia i piedi, peicl allullimissimo momenlo, a una
dislanza di foise dieci cenlimelii, mi manco il coiaggio. Lgli mi passo sopia impeileiiilo,
e io, come una pallina, iimlalzai di lalo. Quella nolle slelli di nuovo male, elli la fellie
e deliiai. L a un liallo lullo si concluse come meglio non si poleva. Ia nolle piima avevo
definilivamenle slalililo di non melleie in allo il mio iovinoso pioposilo e di lasciai pei-
deie lullo, e a queslo scopo uscii pei lullima volla sul Nevskij, solo cos, pei vedeie come
aviei lascialo peideie lullo cio. A un liallo, a lie passi dal mio nemico, inaspellalamenle
mi decisi, soccliusi gli occli e - ci sconliammo in pieno, spalla conlio spalla! Non cedelli
di un pollice e passai ollie assolulamenle sul suo slesso piano! Lgli non si vollo neppuie
e fece finla di non esseisene accoilo, ma fece solo finla, ne sono convinlo. Ne sono lulloia
convinlo! L cliaio cle io ne feci maggioimenle le spese, lui eia pi foile, ma non eia
queslo il punlo. Il punlo eia cle avevo iaggiunlo lo scopo, avevo confeimalo la mia digni-
la, non avevo cedulo di un passo e mi eio poslo pulllicamenle al suo slesso livello socia-
le. Toinai a casa complelamenle vendicalo di lullo. Lio in eslasi. Tiionfavo e canlavo aiie
ilaliane. Sinlende, non slaio a desciiveivi quel cle mi accadde di l a lie gioini, se avele
lello il mio piimo capilolo Il sollosuolo, polele indovinailo da voi. Iufficiale fu poi
liasfeiilo clissa dove, sono oimai qualloidici anni cle non lo vedo. Cle fa adesso, il mio
lesoiuccio` Cli oppiime con le sue angleiie`

II

Ma si esauiiva la fase della mia depiavazioncella, e cominciavo a senliimi leiiililmenle


nausealo. Sopiaggiungeva il penlimenlo, e io lo scacciavo: mi nauseava lioppo. A poco a
poco, peio, mi ci aliluavo. Mi aliluavo a lullo: cio, non cle mi aliluassi, ma in un ceilo
senso acconsenlivo volonlaiiamenle a soppoilaie. Ma avevo una via duscila, cle acco-
modava lullo, ed eia iifugiaimi in lullo cio cle sullime ed elevalo, ossia, naluialmen-
le, nei sogni. Sognavo esaspeialamenle, sognavo ancle pei lie mesi di fila, iinlanalo nel
mio angolo, e ciedelemi, in quei momenli non somigliavo affallo a quel signoie cle,
liepidando nel suo cuoie di gallina, si cuciva un casloiino ledesco al laveio del cappollo.
Di colpo divenlavo un eioe. Alloia il mio lenenle allo uno e novanla non laviei ammesso
in casa mia neppuie se fosse venulo a faimi visila. Alloia non iiuscivo neppuie a imma-
ginaimelo. Quali fosseio i miei sogni e come polessi acconlenlaimene, oia difficile dii-
lo, ma alloia me ne acconlenlavo. Del ieslo, ancle adesso in paile me ne acconlenlo.
Sogni pailicolaimenle dolci e inlensi mi venivano dopo il lileilinaggio, venivano con il
penlimenlo e le laciime, con le maledizioni e gli enlusiasmi. Ceiano allimi di cos peifel-
la elliezza, di lale felicila, cle denlio di me non si deslava il minimo scleino, quanlo
veio Dio. Ceia la fede, la speianza, la caiila. Piopiio cos, alloia ciedevo ciecamenle cle
pei qualcle miiacolo, pei una qualsiasi ciicoslanza esleina di colpo lullo si saielle spa-
lancalo, allaigalo, a un liallo mi saielle appaiso loiizzonle di unallivila degna, umani-
laiia, meiavigliosa e, sopiallullo, oc||a c prcn|a (quale esallamenle, non llo mai sapulo,
ma lessenziale eia cle fosse lella e pionla), ed ecco, a un liallo mi saiei piesenlalo al
mondo, a cavallo di un lianco desliieio e incoionalo di alloio. Non polevo neppuie con-
cepiie un iuolo di secondoidine e piopiio pei queslo nella iealla inleipielavo assai lian-
quillamenle lullimo. O eioe, o fango, non ceia via di mezzo. Iu piopiio queslo a iovi-
naimi, peicl nel fango mi consolavo dicendomi cle in un allio momenlo aviei polulo
esseie un eioe, e leioe mi nascondeva il fango: come a diie cle pei luomo comune eia
veigognoso infangaisi, ma leioe eia lioppo elevalo pei insozzaisi del lullo, di conse-
guenza ci si poleva ancle infangaie. L nolevole cle quesli accessi di lullo cio cle sulli-
me ed elevalo mi coglievano ancle duianle la depiavazioncella, e piopiio quando ave-
vo loccalo il fondo, aiiivavano cos, a singole vampaline, come pei faisi iicoidaie, ma
comunque non esliipavano il vizio con la loio compaisa, al conliaiio, lo iavvivavano
quasi pei conliaslo e si limilavano giuslo a quel lanlo cle ci voleva pei una luona salsa.
Qui la salsa eia composla di conliaddizione e soffeienza, di loimenlosa analisi inleiioie,
e lulli quesli loimenli e loimenlucci confeiivano un guslo piccanle, peifino un senso alla
mia depiavazioncella - in una paiola, assolvevano peifellamenle il compilo di una luona
salsa. In lullo cio non mancava neppuie una ceila piofondila. L aviei foise polulo accel-
laie una depiavazionuccia semplice, volgaie, immediala, da sciivano, e soppoilaie su di
me lullo quel fango! Cle cosa avielle polulo affascinaimi alloia in esso e alliiaimi in
sliada di nolle` No, avevo una nolile scappaloia pei lullo...
Ma quanlo amoie, Signoie Iddio, quanlo amoie piovavo lalvolla in quei miei sogni, in
quel iifugiaimi in lullo cio cle sullime ed elevalo: ancle se eia amoie fanlaslico,
ancle se in iealla non si applicava mai a nulla di umano, eppuie eia lanlo, quellamoie,
cle poi, di fallo, non si senliva neppuie il lisogno di applicailo: a quel punlo saielle
slalo un lusso eccessivo. Tullo, del ieslo, si concludeva felicemenle con un pigio e ine-
liianle passaggio allaile, cio alle meiavigliose foime dellesislenza, lelle e pionle, iu-
lale a man lassa a poeli e iomanzieii e adallale a lulli i possilili seivizi ed esigenze. Io,
pei esempio, liionfo su lulli, lulli, naluialmenle, sono annienlali e coslielli a iiconosceie
di luon giado ogni mia peifezione, e io li peidono lulli. Io minnamoio, essendo un
famoso poela e ciamlellano, iicevo incalcolalili milioni e sulilo li saciifico pei il geneie
umano e nello slesso momenlo confesso dinanzi a lullo il popolo le mie infamie, cle,
sinlende, non sono semplicemenle infamie, ma iaccliudono in s mollissimo di sulli-
me ed elevalo, qualcosa alla Manfrc. Tulli piangono e mi laciano (alliimenli cle iazza
di cielini saielleio), e io vado scalzo e affamalo a piedicaie le nuove idee e sconfiggo i
ieazionaii ad Ausleililz. Quindi suona una maicia, si pioclama unamnislia, il papa ac-
consenle a pailiie da Roma pei il iasile, poi ecco un lallo pei lIlalia inleia a villa oi-
glese, cle si liova sulla iiva del lago di Como, giaccl pei loccasione il lago di Como si
liasfeiisce apposla a Roma, quindi una scena fia i cespugli, ecc. ecc. - come se non lo
sapesle! Diiele cle volgaie e vile melleie in piazza lullo cio adesso, dopo lulle le elliez-
ze e le laciime cle io slesso lo confessalo. L peicl poi vile` Possilile pensiale cle mi
veigogni di lullo cio e cle lullo cio fosse pi slupido di un momenlo qualsiasi della
voslia vila, signoii` L inollie, ciedelemi, qualcle mia sloiia eia imlaslila nienle male...
Mica lullo si svolgeva sul lago di Como. L, del ieslo, avele iagione, davveio, volgaie e
vile. L pi vile di lullo cle oia allia comincialo a giuslificaimi dinanzi a voi. L ancoi
pi vile cle adesso faccia quesla osseivazione. Ma lasla, insomma, alliimenli non si fini-
sce mai: ogni cosa saia pi vile dellallia...
Ma pei pi di lie mesi di fila non eio piopiio in giado di sognaie, e alloia cominciavo a
senliie linvincilile esigenza di luffaimi nella sociela. Tuffaimi nella sociela pei me si-
gnificava andaie a liovaie il mio capufficio, Anlon Anlony Selokin. L slalo lunico co-
noscenle coslanle in lulla la mia vila, e anzi oia mi slupisco di quesla ciicoslanza. Ma da
lui andavo quasi sollanlo quando sulenliava quesla fase, e i miei sogni iaggiungevano
lale felicila cle senlivo il lisogno assolulo e impioiogalile di alliacciaie il piossimo e
lulla lumanila, e peicio dovevo aveie a disposizione almeno un uomo in caine ed ossa.
Da Anlon Anlony, del ieslo, lisognava piesenlaisi di mailed (il suo gioino), di conse-
guenza si doveva sempie fai coincideie lesigenza di alliacciaie lulla lumanila col mai-
led. Queslo Anlon Anlony eia alloggialo ai Cinque canloni, al leizo piano e in quallio
slanzelle lasse, una pi piccola dellallia, cle avevano unaiia quanlo mai economica e
giallina. Ceiano con lui due figlie e una loio ziella, cle veisava il l. Ie figlie avevano
una liedici e lallia qualloidici anni, enliamle avevano il naso allins e mi imlaiazzava-
no leiiililmenle peicl conlinuavano a lisligliaie fia loio e a iidaccliaie. Il padione di
casa di solilo sedeva nello sludio, su un divano di pelle davanli al lavolo, insieme a qual-
cle ospile canulo, un funzionaiio del noslio o ancle di un allio dicasleio. Non vi lo mai
vislo pi di due o lie ospili, e sempie gli slessi. Disculevano della lassa di Slalo sugli
alcolici, delle gaie dappallo al Senalo, dello slipendio, di piomozioni, di sua eccellenza,
del modo di piaceigli e cos via. Io avevo la pazienza di slai sedulo accanlo a quella genle
come uno scemo ancle pei quallio oie di seguilo, ad ascollaili, senza osaie n sapei
inlavolaie alcuna conveisazione con loio. Divenlavo olluso, diveise volle cominciavo a
sudaie, mi senlivo sulloilo di una paialisi, ma eia una cosa luona e ulile. Rincasalo,
accanlonavo pei qualcle lempo il mio desideiio di alliacciaie lulla lumanila.
Avevo, del ieslo, ancle un allio conoscenle o quasi, Simonov, mio ex compagno di scuo-
la. Di compagni di scuola ne avevo ancle molli a Pielioluigo, ma non li fiequenlavo e
avevo peifino smesso di salulaili pei sliada. Ioise mi eio liasfeiilo a lavoiaie in un allio
dicasleio piopiio pei non slaie insieme a loio e lioncaie di nello con lulla la mia odiosa
infanzia. Maledella quella scuola, e quegli oiiendi anni di galeia! Insomma, dai compa-
gni mi eio sepaialo sulilo, non appena avevo iiacquislalo la lileila. Ne ieslavano due o
lie cle salulavo ancoia, inconliandoli. Iia quesli eia Simonov, cle a scuola da noi non si
dislingueva in nulla, eia equililialo e lianquillo, ma nel quale io avevo scoilo una ceila
indipendenza di caialleie e peifino dellonesla. L non penso cle fosse neancle mollo
limilalo. Con lui avevo avulo un lempo dei momenli piulloslo luminosi, ma non eiano
duiali a lungo e a un liallo si eiano come peisi nella nellia. A lui quesli iicoidi pesavano
visililmenle, e ciedo cle avesse sempie pauia cle io iicadessi nel lono di piima. Sospel-
lavo di iisullaigli mollo odioso, eppuie andavo da lui, non essendone del lullo ceilo.
L cos una volla, un gioved, non iesislendo alla mia soliludine e sapendo cle di gioved
la poila di Anlon Anlony eia cliusa, mi iicoidai di Simonov. Salendo da lui al leizo
piano, pensavo appunlo cle a quel signoie davo faslidio e cle facevo male ad andaie. Ma
siccome finiva sempie cle simili consideiazioni, neancle a failo apposla, mi spionavano
ancoi pi a cacciaimi in una posizione amligua, enliai. Lia passalo quasi un anno dal-
lullima volla cle avevo vislo Simonov.

III

Tiovai da lui allii due miei compagni di scuola. A quanlo paieva, slavano disculendo di
una queslione impoilanle. Nessuno di loio pieslo quasi alcuna allenzione al mio aiiivo, il
cle eia peifino sliano, dalo cle non li vedevo oimai da anni. Lvidenlemenle mi conside-
iavano qualcosa come la pi comune delle moscle. Non mi liallavano cos neppuie a
scuola, sellene lulli la mi odiasseio. Naluialmenle capivo cle oia dovevano dispiezzai-
mi pei linsuccesso della mia caiiieia di seivizio e peicl mi eio lascialo paiecclio anda-
ie, eio veslilo male, ecceleia, il cle ai loio occli cosliluiva uninsegna della mia inelliludi-
ne e del mio scaiso valoie. L lullavia non mi aspellavo lanlo dispiezzo. Simonov si slup
peifino del mio aiiivo. Ancle piima si eia sempie come slupilo del mio aiiivo. Tullo cio
mi lascio sconceilalo, mi sedelli con una ceila angoscia e mi misi ad ascollaie di cosa
disculevano.
Lia in coiso una discussione seiia e peifino accaloiala su un pianzo daddio cle quei
signoii volevano oiganizzaie lindomani slesso, in comune, pei il loio compagno Zveikov,
cle pieslava seivizio come ufficiale e pailiva pei un goveinaloialo lonlano. Mcnsicur
Zveikov eia sempie slalo ancle mio compagno di scuola. Avevo comincialo a odiailo
pailicolaimenle dalle classi supeiioii. Nelle piime classi eia sollanlo un iagazzino caiino,
vivace, lenvolulo da lulli. Io, del ieslo, lo odiavo ancle nelle piime classi, e piopiio
peicl eia un iagazzino caiino e vivace. A scuola andava coslanlemenle male, e sempie
peggio col passai del lempo, peio aveva concluso felicemenle gli sludi, peicl godeva di
piolezioni. Nellullimo anno di scuola aveva iicevulo uneiedila, duecenlo anime, e sic-
come noi compagni eiavamo quasi lulli poveii, si eia messo a faie lo spaccone con noi.
Lia una peisona volgaie al massimo giado, e lullavia un liavo iagazzo, ancle quando
faceva lo spaccone. Da noi, inlanlo, nonoslanle le foime esleiioii dellonoie e del sussie-
go, fanlaslicle e allisonanli, lulli, lianne poclissimi, ceicavano addiiilluia di enliaie nel-
le giazie di Zveikov, quanlo pi egli si millanlava. L non facevano i leccapiedi pei un
qualcle inleiesse, ma semplicemenle peicl lui eia un uomo favoiilo dai doni della nalu-
ia. Inollie, da noi eia una specie di consueludine consideiaie Zveikov uno specialisla in
fallo di spiglialezza e luone manieie. Queslullima cosa mi mandava pailicolaimenle in
leslia. Odiavo il suono liusco, cos sicuio di s, della sua voce, il modo in cui veneiava le
piopiie spiiilosaggini, cle gli iiuscivano liemendamenle slupide, ancle se non fienava
ceilo la lingua, odiavo il suo viso lello, ma un po slupido (col quale, del ieslo, aviei
volenlieii scamlialo il mio in|c||igcn|c) e quei modi disinvolli, lipici degli ufficiali degli
anni quaianla. Odiavo cle iacconlasse dei suoi fuluii successi con le donne (non si deci-
deva a cominciaie con loio, non avendo ancoia le spalline da ufficiale, cle quindi aspel-
lava con impazienza) e di come si saielle lallulo a duello a ogni pi sospinlo. Ricoido
cle una volla, laciluino comeio, a un liallo allaccai lile con Zveikov peicl, iagionando
nel lempo lileio con i compagni delle sue fuluie impiese di sedulloie e scalenandosi alla
fine come un giovane cucciolo al sole, a un ceilo punlo aveva dicliaialo cle non si saiel-
le lascialo scappaie neppuie una iagazza del suo villaggio, cle quello eia il suo rci| c
scigncur e cle, se i conladini avesseio osalo pioleslaie, li avielle fiuslali lulli e avielle
iaddoppialo il canone a lulle quanle quelle canaglie lailule. I noslii langleii applaudi-
vano, ma io allaccai lile, e non ceilo pei compassione delle iagazze e dei loio padii, ma
semplicemenle peicl applaudivano cos a un simile veime. Alloia elli la meglio, ma
Zveikov, lencl fosse slupido, eia allegio e audace, e peicio se la cavo con una lallula, e
cos alilmenle cle io, in veiila, non liionfai del lullo: il iiso ieslo dalla sua paile. In segui-
lo elle ancoia diveise volle la meglio su di me, ma senza iisenlimenlo, cos, scleizando,
di passaggio, iidendo. Io, iisenlilo e sdegnoso, non gli iispondevo. Dopo la licenza fece
un passo veiso di me, io non mi opposi mollo, peicl ne eio lusingalo, ma len pieslo e
naluialmenle ci sepaiammo. Poi senlii dei suoi successi di lenenle di caseima, di come
faccta oa|cria. Poi cominciaiono a giiaie allie voci: su come faccta carricra nelleseicilo.
Pei sliada non mi salulava pi, e io sospellavo cle lemesse di compiomelleisi salulando
un peisonaggio insignificanle come me. Io vidi ancle una volla a lealio, in leiza galleiia,
gia con le coidelline. Iaceva la coile con mille moine alle figlie di un vecclissimo geneia-
le. In lie anni si eia mollo lascialo andaie, ancle se eia sempie piulloslo lello e agile, si
eia come gonfialo, aveva comincialo a ingiassaie, si vedeva cle enlio i lienlanni saielle
imlolsilo del lullo. L dunque pei queslo slesso Zveikov, cle finalmenle pailiva, voleva-
no daie un pianzo i noslii compagni. Iavevano fiequenlalo coslanlemenle pei lulli quei
lie anni, ancle se in fondo non si consideiavano suoi paii, ne sono ceilo.
Dei due ospili di Simonov uno eia Ieifikin, un iusso di oiigine ledesca, lasso di slaluia,
con una faccia da scimmia, uno sciocco cle piendeva sempie in giio lulli, mio aceiiimo
nemico fin dalle piime classi: vile, sfionlalo, un fanfaionello cle si dava le aiie della pi
delicala suscellililila pui essendo, sinlende, un fifone nellanima. Lia di quegli ammiia-
loii di Zveikov cle giocavano con lui pei inleiesse e spesso gli cliedevano denaio in
pieslilo. Iallio ospile di Simonov, Tiudoljulov, eia un peisonaggio insignificanle, un
mililaie di alla slaluia, con una fisionomia fiedda, un iagazzo piulloslo oneslo, ma cle si
inclinava davanli a qualsiasi successo ed eia capace di disculeie sollanlo di piomozioni.
Lia non so cle lonlano paienle di Zveikov, e queslo, pei quanlo sia slupido diilo, gli
confeiiva una ceila impoilanza in mezzo a noi. Mi aveva sempie consideialo una nullila,
comunque mi liallava, se non piopiio coilesemenle, almeno in modo passalile.
e, mellendo selle iulli a lesla, piese a diie Tiudoljulov, siamo in lie, fan venlun
car|c: si puo pianzai lene. Zveikov, naluialmenle, non paga.
L ovvio, vislo cle siamo noi a invilailo, decise Simonov.
Pensale davveio, sinliomise Ieifikin con aiioganza e caloie, come uno sfionlalo lac-
cl cle si vanla delle onoiificenze del geneiale suo padione, pensale davveio cle Zveikov
lasceia pagaie noi soli` Io accelleia pei delicalezza, ma in compenso offiiia una nczza
czzina da paile sua.
Su, cle ce ne facciamo in quallio di mezza dozzina`, osseivo Tiudoljulov, cle aveva
pieslalo allenzione sollanlo alla mezza dozzina.
Alloia in lie, con Zveikov quallio, venlun iulli, allHc|c| c Paris domani alle cinque,
concluse definilivamenle Simonov, cle avevano elello oiganizzaloie.
Come saielle a diie venluno`, dissi io con una ceila agilazione, in lono addiiilluia
offeso. Se calcoliamo ancle me, fanno non venluno, ma venlollo iulli.
Mi eia paiso cle la mia pioposla impiovvisa e cos inallesa saielle suonala peifino mol-
lo lella, e cle essi ne saielleio slali sulilo conquislali e mi avielleio guaidalo con ii-
spello.
Peicl, foise vuole ancle lei`, osseivo sconlenlo Simonov, evilando in qualcle modo
di guaidaimi. Mi conosceva a memoiia.
Mi mando in leslia cle mi conoscesse a memoiia.
L peicl no` Iino a piova conliaiia sono un compagno anclio e, lo confesso, mi offende
peifino cle alliale fallo lullo senza di me, iicominciai a goigogliaie.
L dove dovevamo ceicaila`, sinliomise sgailalamenle Ieifikin.
Iei non mai andalo daccoido con Zveikov, aggiunse Tiudoljulov accigliandosi. Ma
io oimai mi eio appiglialo e non demoidevo.
Mi semlia cle nessuno allia il diiillo di giudicaie di queslo, iilallei con un liemilo
nella voce, come fosse successo Dio sa cosa. Ioise adesso voglio piopiio peicl piima
non ci andavo daccoido.
e, cli la capisce... ceile elevalezze..., soggligno Tiudoljulov.
Ia melleiemo in lisla, decise, iivolgendosi a me, Simonov, domani alle cinque allHc|c|
c Paris, non si slagli.
I soldi!, comincio Ieifikin sollovoce, indicandomi a Simonov con un cenno del capo,
ma si llocco, peicl peifino Simonov si eia confuso.
asla, disse Tiudoljulov alzandosi. Vislo cle ne la lanla voglia, cle venga puie.
Ma siamo un giuppello di amici, si aiiallio Ieifikin, piendendo ancle lui il cappello.
Non una iiunione ufficiale. Puo daisi cle noi non la vogliamo affallo....
Se ne andaiono, Ieifikin, uscendo, non mi salulo neppuie, Tiudoljulov mi fece appena
un cenno col capo, senza guaidaimi. Simonov, col quale ieslai a quallioccli, eia in pieda
a una slizzosa peiplessila e mi guaido slianamenle. Non si sedeva n mi invilava a failo.
Hmm... s... alloia a domani. L il denaio lo veisa adesso` Io dico pei sapeilo di sicuio,
loilollo imlaiazzalo.
Avvampai, ma avvampando iicoidai cle da lempo immemoialile dovevo a Simonov
quindici iulli, cosa di cui, del ieslo, non mi eio mai dimenlicalo, e peio non li avevo mai
iesliluili.
Convenga lei slesso, Simonov, cle non polevo sapeie, enliando qui... e mi secca mollo di
avei dimenlicalo...
Va lene, va lene, fa lo slesso. Pagleia domani duianle il pianzo. Io dicevo solo pei
sapeie... Ia piego....
Si llocco e comincio a passeggiaie pei la slanza con ancoi maggioi dispello. Camminan-
do, comincio a poggiaie sui laccli e quindi a lalleie pi foile i piedi.
Non la slaio liallenendo`, domandai dopo un silenzio di due minuli.
Ol, no!, si iiscosse a un liallo. Cio, a dii la veiila, s. Vede, devo ancoia passaie... Qui
vicino..., aggiunse con una voce di scusa e veigognandosi un po.
Al, Dio mio! Ma peicl non lo dice!, esclamai affeiiando il leiiello, con unaiia del
ieslo soipiendenlemenle disinvolla, venulami Dio sa da dove.
Ma non lonlano... A due passi da qui..., iipeleva Simonov, accompagnandomi fino
allanlicameia con unaiia indaffaiala cle non gli si addiceva affallo. Dunque domani
alle cinque esalle!, mi giido sulla scala: lanlo eia conlenlo cle me ne andassi. Io invece
eio fuiioso.
Cosa mi sallalo in menle, cosa mi sallalo in menle di cacciaimi in quesla sloiia!,
digiignavo i denli, camminando a gian passi pei la via. L pei un mascalzone simile, pei
quel poicellino di Zveikov! L cliaio cle non lisogna andaici, cliaio cle me ne infi-
sclio: sono foise ollligalo, el` Domani slesso infoimeio Simonov pei posla....
Ma mi infuiiavo piopiio peicl sapevo pei ceilo cle saiei andalo, cle ci saiei andalo
apposla, e quanlo pi indelicalo, quanlo pi sconvenienle saielle slalo, lanlo pi mi
saiei affiellalo ad andaici.
Ceia peifino un impedimenlo soslanziale: eio senza soldi. Avevo nove iulli in lullo. Ma
selle di quesli lisognava veisaili lindomani slesso come slipendio mensile ad Apollon, il
mio seiviloie, cle viveva da me pei selle iulli, villo escluso.
Non daiglieli eia impossilile, dalo il caialleie di Apollon. Ma di quesla canaglia, di que-
sla mia pesle paileio in seguilo, quando saia il momenlo.
L nonoslanle lullo sapevo lene cle non glieli aviei dali, e saiei andalo a ogni coslo.
Quella nolle feci i sogni pi oiiendi. Non c da meiavigliaisi: pei lulla la seia eio slalo
oppiesso dai iicoidi degli anni di galeia della mia vila scolaslica, e non polevo lileiaime-
ne. Mi avevano caccialo in quella scuola dei miei lonlani paienli, dai quali dipendevo e
dei quali da alloia non lo pi avulo nolizia - mi ci cacciaiono gia avvililo dai loio iimpio-
veii, un oifano gia medilalondo, laciluino, cle si guaidava inloino con aiia selvalica. I
compagni mi accolseio con callive e impielose canzonaluie peicl non somigliavo a nes-
suno di loio. Ma io non polevo soppoilaie le canzonaluie, non polevo familiaiizzaimi
con la slessa facilila con cui gli allii familiaiizzavano lia loio. Piesi sulilo a deleslaili e mi
asseiiagliai in un oigoglio pavido, moilificalo e smisuialo. Ia loio villania mi indignava.
Lssi iidevano cinicamenle della mia faccia, della mia figuia goffa, e inlanlo cle facce
slupide avevano loio slessi! Nella noslia scuola le espiessioni dei visi clissa come
islupidivano e degeneiavano in modo pailicolaie. Quanli lamlini lellissimi aiiivavano
da noi. Pocli anni dopo faceva peifino iiliezzo guaidaili. Gia a sedici anni li osseivavo
con cupo slupoie, gia alloia mi meiavigliava la piccineiia del loio modo di pensaie, la
slupidila delle loio occupazioni, dei loio giocli e discoisi. Non capivano cose cos impoi-
lanli, non si inleiessavano di aigomenli cos suggeslivi e avvincenli, cle senza voleilo
cominciai a consideiaili infeiioii a me. Non vi eio spinlo dalla vanila offesa e, pei caiila,
non sallalemi fuoii con oliezioni liile e iiliile, venule oimai alla nausea: cle io sognavo
sollanlo, menlie loio capivano gia la vila ieale. Maccl, non capivano nienle, nessuna
vila ieale, e, vi giuio, piopiio queslo mi indignava maggioimenle in loio. Al conliaiio,
inleipielavano con madoinale slupidila la iealla pi evidenle, cle feiiva gli occli, e gia
alloia eiano aliluali a inclinaisi sollanlo al successo. Di lullo cio cle eia giuslo, ma umi-
lialo e calpeslalo, essi iidevano ciudelmenle e ignominiosamenle. Consideiavano inlelli-
genza il giado, a sedici anni gia iagionavano di poslicini caldi. Naluialmenle mollo qui
deiivava dalla slupidila e dal callivo esempio cle avevano coslanlemenle ciicondalo la
loio infanzia e adolescenza. Liano viziosi fino alla mosliuosila. Sinlende, ancle qui ceia
pi cle allio esleiioiila, oslenlalo cinismo, sinlende, la giovinezza e una ceila fiesclezza
liapelavano ancle in loio peifino alliaveiso il vizio, ma in essi ancle la fiesclezza eia
poco alliaenle e si manifeslava in una ceila ciallioneiia. Io li odiavo leiiililmenle, len-
cl, foise, fossi ancle peggioie di loio. Lssi mi iipagavano di ugual monela e non nascon-
devano la loio iepulsione pei me. Ma io oimai non desideiavo il loio amoie, al conliaiio,
liamavo coslanlemenle la loio umiliazione. Piopiio pei evilaie le loio canzonaluie, mi
impegnai mollissimo nello sludio e mi guadagnai un poslo fia i piimissimi. Ia cosa incul
loio iispello. Inollie, lulli cominciaiono a poco a poco a capiie cle oimai leggevo dei lilii
cle loio non polevano leggeie, e capivo delle cose (cle non iienliavano nel piogiamma
del noslio coiso specifico) di cui loio non avevano neppuie senlilo pailaie. Consideiava-
no la cosa con iozzo saicasmo, ma moialmenle si sollomellevano, lanlo pi cle peifino
gli insegnanli si eiano accoili di me a queslo iiguaido. Ie canzonaluie cessaiono, ma
iimase lanlipalia, e si slaliliiono dei iappoili fieddi, lesi. Veiso la fine fui io a non iesi-
sleie: con gli anni si sviluppava in me un lisogno di conlalli umani, di amicizie. Piovai ad
avvicinaimi ad alcuni, ma queslo avvicinamenlo iisullava sempie innaluiale e finiva con
lesauiiisi da s. Una volla elli, non so come, ancle un amico. Ma eio gia un despola
nellanimo, volevo aveie il dominio inconliaslalo della sua anima, volevo inculcaigli il
dispiezzo pei lamlienle ciicoslanle, pielesi da lui unallezzosa e definiliva iolluia con
quellamlienle. Io spavenlai con la mia amicizia appassionala, lo poilavo fino alle lacii-
me, alle convulsioni, eia unanima ingenua e capace di donaisi, ma quando mi si fu dona-
lo lullo, io sulilo piesi a odiailo e lo iespinsi da me: come se ne avessi avulo lisogno solo
pei iipoilaie una villoiia su di lui, solo pei sollomelleilo. Ma non polevo vinceie lulli,
ancle il mio amico non somigliava a nessuno di loio e iappiesenlava una iaiissima ecce-
zione. Ia piima cosa cle feci appena uscilo dalla scuola fu lasciaie limpiego speciale a
cui eio deslinalo, pei spezzaie lulli i fili, malediie il passalo e iicopiiilo di polveie... L lo
sa il diavolo peicl dopo cio mi eio liascinalo da quel Simonov!...
Ia mallina pieslo mi alzai in fiella dal lello, lalzai su agilalo, come se lullo dovesse
cominciaie a compieisi da un momenlo allallio. Ma ciedevo cle saielle sopiavvenula, e
assolulamenle quel gioino slesso, una svolla iadicale nella mia vila. Ioise peicl non vi
eio alilualo, ma pei lulla la vila mi sempie paiso cle qualsiasi avvenimenlo esleiioie,
ancle il pi insignificanle, avielle segnalo una svolla iadicale nella mia vila. Del ieslo,
mi iecai in ufficio come al solilo, ma filai a casa due oie piima, pei piepaiaimi. Iessen-
ziale, pensavo, eia non aiiivaie pei piimo, alliimenli avielleio pensalo cle non slavo in
me dalla conlenlezza. Ma di quelle cose essenziali ce neiano migliaia, e lulle mi agilava-
no fino a piivaimi delle foize. Con le mie slesse mani mi lucidai ancoia una volla gli
slivali, pei nulla al mondo Apollon avielle acconsenlilo a lucidaili due volle al gioino,
liovandolo conliaiio al luon oidine. Cos li lucidai io, iulando le spazzole dallanlicame-
ia, peicl egli non se ne accoigesse e non piendesse poi a dispiezzaimi. Quindi esaminai
minuziosamenle il mio veslilo e conslalai cle lullo eia vecclio, liso, consunlo. Lio pio-
piio divenlalo lioppo sciallo. Magaii lunifoime di seivizio eia ancle in oidine, ma non
polevo ceilo andaie a pianzo in unifoime. L sopiallullo sui panlaloni, piopiio sul ginoc-
clio, ceia unenoime macclia gialla. Piesenlivo cle gia sollanlo quella macclia mi avielle
lollo nove decimi della mia dignila. Sapevo ancle cle eia mollo mesclino pensaie cos.
Ma non queslo il momenlo pei le eluculiazioni, oia aiiiva la iealla, pensavo e mi
scoiaggiavo. L nello slesso lempo, gia alloia, sapevo lenissimo cle slavo mosliuosamen-
le esageiando lulli quei falli, ma cle polevo faici: oimai non polevo dominaimi, e liema-
vo pei la fellie. Con dispeiazione mi immaginavo con cle sufficienza e fieddezza mi
avielle accollo quel mascalzone di Zveikov, con cle olluso, invincilile dispiezzo mi
avielle guaidalo quel leslone di Tiudoljulov, cle iisolini osceni e insolenli mi avielle
indiiizzalo quel veime di Ieifikin, pei compiaceie Zveikov, con cle cliaiezza Simonov
avielle capilo lullo fia s e come mi avielle dispiezzalo pei la lassezza della mia vanila
e pusillanimila e, sopiallullo, come lullo cio saielle slalo miseio, poco |c||craric, lanale.
Naluialmenle eia meglio non andaici affallo. Ma piopiio quesla eia la cosa pi inalluali-
le: quando cominciavo a senliimi alliallo, oimai mi ci lullavo lullo, a capofillo. Allii-
menli poi mi saiei pieso in giio pei lulla la vila: L alloia, lai avulo pauia, pauia della
rca||a, lai avulo pauia!. Al conliaiio, volevo appassionalamenle dimosliaie a lulle quel-
le mezze cailucce cle non eio affallo quel vigliacco cle io slesso mimmaginavo. Non
lasla: nellesliemo paiossismo della mia fellie codaida sognavo di aveie il sopiavvenlo,
di conquislaili, affascinaili, cosliingeili ad amaimi - non fossallio cle pei gli elevali
pensieii e lindullia aiguzia. Avielleio allandonalo Zveikov, egli saielle iimaslo
sedulo in dispaile, a laceie e veigognaisi, e io lo aviei scliaccialo. Poi, magaii, mi saiei
iiconcilialo con lui e aviei levulo al noslio |u, ma quel cle pi mi esaspeiava e indisponeva
eia cle gia alloia sapevo, sapevo pienamenle e sicuiamenle cle in iealla non avevo liso-
gno di nulla di lullo cio, cle in iealla non desideiavo affallo scliacciaili, soggiogaili,
alliaili, e cle pei un simile iisullalo, se solo lo avessi iaggiunlo, io slesso, pei piimo, non
aviei dalo un soldo. Ol, come piegavo Iddio peicl passasse al pi pieslo quella gioina-
la! In pieda a uninespiimilile angoscia andavo alla fineslia, apiivo lo spiiaglio e sciula-
vo la loilida fosclia della neve fiadicia cle cadeva filla...
Iinalmenle la mia miseia pendola lall sfiigolando le cinque. Affeiiai il cappello e, cei-
cando di non guaidaie Apollon, cle fin dal mallino aspellava cle gli pagassi lo slipendio,
ma pei oigoglio non voleva pailaine pei piimo, gli scivolai davanli, infilai la poila e su
una caiiozza di lusso, cle noleggiai apposla con lullimo mezzo iullo, aiiivai come un
signoie allHc|c| c Paris.

IV

Iin dalla vigilia sapevo cle saiei aiiivalo pei piimo. Ma oimai non si liallava di piece-
denze.
Non solo non ceia nessuno di loio, ma falicai peifino a liovaie la noslia salella. Ia lavola
non eia ancoia appaieccliala del lullo. Cle significava dunque` Dopo molle domande
iiuscii finalmenle a sapeie dai cameiieii cle il pianzo eia oidinalo pei le sei, e non pei le
cinque. Me lo confeimaiono al luffel. Mi veigognai peifino di cliedeie. Liano solo le
cinque e venlicinque. Se avevano camlialo loia, in ogni caso avielleio dovulo avvisai-
mi, ceia apposla il seivizio poslale, e non espoimi allonla sia davanli a me slesso cle...
le, ancle davanli ai cameiieii. Mi sedelli, un cameiieie comincio ad appaieccliaie, in
sua piesenza mi senlii ancoi pi slizzilo. Pei le sei, ollie alle lampade accese, nella sala
fuiono poilale delle candele. Il cameiieie peio non aveva pensalo di poilaile sulilo, quando
eio aiiivalo io. Nella slanza accanlo pianzavano in silenzio, a lavoli diveisi, due clienli
cupi, dallaiia aiialliala. In una delle sale lonlane ceia mollo cliasso, giidavano addiiil-
luia, si udivano le iisale di uninleia compagnia di peisone, si senlivano degli sgiadevoli
sliilli in fiancese: lullo eia un pianzo con signoie. In una paiola, lullo eia mollo nausean-
le. Raiamenle avevo passalo un momenlo peggioie, cosiccl quando, alle sei in punlo,
loio compaiveio lulli insieme, sulle piime me ne iallegiai come se fosseio dei lileialoii e
pei poco non dimenlicai cle eio lenulo ad aveie unaiia offesa.
Zveikov enlio davanli a lulli, come un capo iiconosciulo. Sia lui cle gli allii iidevano,
ma, vedendomi, Zveikov si diede un conlegno, si avvicino senza fiella, piegandosi un
po sulla vila quasi con civelleiia, e mi diede la mano, affelluosamenle ma non lioppo,
con una coilesia un po caula, quasi da geneiale, come se dandomi la mano si pioleggesse
da qualcosa. Io invece mi eio immaginalo cle appena enlialo saielle esploso nella sua
iisala di un lempo, sollile e a giidolini, e fin dalle piime paiole saielleio cominciali i
suoi scleizi e le sue lallule insulse. Io mi ci eio piepaialo fin dalla seia piima, ma non mi
eio ceilo immaginalo una lenevolenza cos sufficienle, cos supeiioie. Dunque oimai si
iileneva cos incommensuialilmenle supeiioie a me sollo lulli i punli di visla` Se avesse
volulo sollanlo offendeimi con quella loiia da geneiale, saielle slalo ancoi nienle, pen-
savo, me ne saiei infisclialo, in un modo o nellallio. Ma se invece davveio, senza alcun
desideiio di offendeie, nella sua zucca di monlone si fosse seiiamenle insinuala lideuzza
di esseie incommensuialilmenle supeiioie a me e di non poleimi guaidaie alliimenli
cle con aiia di piolezione` A quella sola supposizione mi senlivo soffocaie.
Ho appieso con meiaviglia il suo desideiio di esseie dei noslii, comincio, con pionun-
cia liascicanle e un poco llesa, e sliascicando le paiole come non aveva mai fallo piima.
Clissa come, non ci siamo mai pi inconliali. Iei ci evila. Ia male. Non siamo cos spa-
venlosi come le semlia. Lllene, in ogni caso sono lielo di iin-no-va-ie....
L si giio con noncuianza pei posaie il cappello sul davanzale.
L mollo cle aspella`, domando Tiudoljulov.
Sono aiiivalo alle cinque in punlo, come mi eia slalo fissalo ieii, iisposi ad alla voce e
con uniiiilazione cle piomelleva uno scoppio imminenle.
Ma non gli lai fallo sapeie cle avevamo camlialo loia`, Tiudoljulov si iivolse a
Simonov.
No. Me ne sono dimenlicalo, iispose quesli, ma senza alcun iammaiico, e, senza nep-
puie scusaisi con me, ando a oidinaie gli anlipasli.
Dunque qui gia da unoia, ol, poveiino!, esclamo saicaslico Zveikov, dalo cle, se-
condo i suoi concelli, la cosa doveva esseie davveio leiiililmenle iidicola. Dopo di lui,
con la sua vocella vile, squillanle come quella di un cagnolino, scoppio a iideie quel
faialullo di Ieifikin. Ancle a lui la mia posizione eia semliala assai iidicola e imlaiaz-
zanle.
Non c nienle da iideie!, giidai a Ieifikin, iiiilandomi sempie di pi. Ia colpa
degli allii, non mia. Non si son piesi la liiga di infoimaimi. L... ... ... semplicemenle
assuido.
Non solo assuido, ma ancle qualcosallio, lionlolo Tiudoljulov, piendendo inge-
nuamenle le mie difese. Iei fin lioppo leneio. Una scoilesia lella e luona. Naluial-
menle, non volula. L come la polulo Simonov... lmm!.
Se queslo liio lavesseio giocalo a me, osseivo Ieifikin, io....
Ma poleva oidinaie cle le poilasseio qualcosa, inleiiuppe Zveikov, o semplicemenle
faisi seiviie il pianzo senza aspellaici.
Convenga cle aviei polulo failo senza cliedeie il peimesso a nessuno, lioncai io. Se
lo aspellalo, peicl....
Sediamoci, signoii, giido Simonov, iienliando, lullo pionlo, iispondo io dello
clampagne, gliaccialo alla peifezione... Ma io non sapevo il suo indiiizzo, dove polevo
iinliacciaila`, mi si iivolse a un liallo, ma di nuovo senza guaidaimi. Lvidenlemenle
aveva qualcosa conlio di me. Si vede cle dopo la gioinala di ieii ci aveva iipensalo.
Tulli si sedelleio, mi sedelli anclio. Il lavolo eia iolondo. Alla mia sinislia capilo
Tiudoljulov, alla deslia Simonov. Zveikov si sedelle di fionle, Ieifikin accanlo, fia lui e
Tiudoljulov.
Mi di-i-ica, lei... lavoia in un dipailimenlo`, Zveikov conlinuava a occupaisi di me.
Vedendomi imlaiazzalo, si eia seiiamenle immaginalo di doveimi vezzeggiaie e, pei
cos diie, iincuoiaie. Cos, vuole cle gli lanci una lolliglia`, pensai fuoii di me. Disa-
lilualo comeio, mi iiiilavo con iapidila innaluiale.
Nella cancelleiia di..., iisposi a scalli, guaidando il piallo.
L... le conviene` Mi di-ica, cle cosa lla indo-ollo a lasciaie il poslo di piima`
Mi la indo-o-o-llo il fallo cle mi venula voglia di lasciaie il poslo di piima, iisposi
sliascicando il liiplo, oimai quasi incapace di dominaimi. Ieifikin liallenne un iisolino.
Simonov mi guaido iionicamenle, Tiudoljulov smise di maslicaie e piese a osseivaimi
con cuiiosila.
Zveikov liasal, ma fece finla di nienle.
Lll-e-ene, e com il suo liallamenlo`
Quale liallamenlo`
Cio lo s-slipendio`
Ma cos, un esame`.
Del ieslo, dicliaiai sulilo quanlo iicevevo di slipendio. Lio leiiililmenle aiiossilo.
Modeslo, osseivo con sussiego Zveikov.
L gia, c poco da pianzaie al caff-iisloianle!, aggiunse insolenle Ieifikin.
Secondo me addiiilluia miseio, osseivo seiiamenle Tiudoljulov.
L com dimagiilo, com camlialo... da alloia..., aggiunse Zveikov, oimai non senza
veleno, con una soila di sfionlala piela, osseivando me e il mio veslilo.
Ma lasla melleilo in imlaiazzo, esclamo Ieifikin con un iisolino.
Lgiegio signoie, sappia cle io non mi imlaiazzo, slollai alla fine, mi senle` Io pianzo
qui, al caff-iisloianle, con i miei soldi, con i miei, e non con quelli alliui, noli lene,
ncnsicur Ieifikin.
Co-ome! L cli saielle cle qui non pianza con i suoi soldi` Mi paie cle lei..., mi aggied
Ieifikin, aiiossendo come un gamleio e guaidandomi negli occli invipeiilo.
Gia, iisposi io, senlendo di esseimi spinlo lioppo in la, suppongo cle sia meglio impe-
gnaici in una conveisazione pi inlelligenle.
A quanlo paie lei la inlenzione di sfoggiaie la sua inlelligenza`
Non si pieoccupi, qui saielle del lullo supeifluo.
Ma peicl, signoi mio, si messo a slainazzaie cos` Ll` Non saia cle le la dalo di
volla il ceivello, nel suo dipailimenlo da luila`
asla, signoii, lasla!, si mise a giidaie impeiiosamenle Zveikov.
Quanlo slupido lullo cio!, loilollo Simonov.
Davveio, slupido, ci siamo iiunili in amiclevole compagnia pei auguiaie luon viag-
gio a un caio amico, e lei pensa a iegolaie dei conli, piese a diie Tiudoljulov, iivolgen-
dosi sgailalamenle a me solo. Ieii lei si invilalo da solo, dunque non luili laimonia
geneiale....
asla, lasla, giidava Zveikov. Smellelela, signoii, cos non va. Lcco, piulloslo vi iac-
conleio come lo iisclialo di sposaimi due gioini fa....
L qui comincio una luffonala su come quel signoie aveva iisclialo di sposaisi due gioini
piima. Del maliimonio, del ieslo, non si diceva una sola paiola, ma nel iacconlo lalena-
vano conlinuamenle geneiali, colonnelli e peifino genliluomini di cameia, e Zveikov fia
loio eia poco meno cle il capo. Cominciaiono le iisale di appiovazione, Ieifikin lancia-
va addiiilluia dei giidolini.
Tulli mi lasciaiono peideie, e io sedevo l, scliaccialo e annienlalo.
Signoie, foise quesla la sociela pei me`, pensavo. L cle figuia da scemo lo fallo
davanli a loio! Comunque, lo concesso lioppo a Ieifikin. Gli imlecilli pensano di avei-
mi fallo un onoie, dandomi un poslo alla loio lavola, e non capiscono cle invece sono io,
io a fai loio un onoie, e non loio a me! 'Dimagiilo! Il veslilo! Ol, dannali panlaloni!
Zveikov aveva nolalo gia piima la macclia gialla sul ginocclio... Ma cle ci faccio qui!
Sulilo, in queslo slesso islanle alzaimi da lavola, piendeie il cappello e semplicemenle
andaimene, senza diie una paiola... Pei dispiezzo! L domani magaii a duello. Vigliaccli.
Non deve mica iinciesceimi pei selle iulli. Magaii penseianno... Al diavolo! Non mi
iinciesce pei i selle iulli! Me ne vado in queslo islanle!....
Ovviamenle iimasi.
Pei il doloie levevo Iafille e Sleiiy un licclieie dopo lallio. Disalilualo comeio, mi
uliiacavo in fiella, e con luliiaclezza ciesceva ancle il dispello. A un liallo mi venne
voglia di offendeili lulli nel modo pi lemeiaiio e poi andaimene. Coglieie il momenlo e
iivelaimi: cle dicesseio: ancle se iidicolo, peio inlelligenle... e... insomma, cle andas-
seio al diavolo!
Ii guaidai lulli sfionlalamenle con gli occli inelelili. Ma loio semliavano aveimi di-
menlicalo del lullo. |crc facevano cliasso, giidavano, si diveilivano. Pailava sempie
Zveikov. Cominciai a pieslaie ascollo. Zveikov iacconlava di una dama opulenla cle
aveva poilalo infine a dicliaiaisi (ovviamenle menliva senza iilegno), e cle in quella
faccenda laveva aiulalo pailicolaimenle un suo inlimo amico, un ceilo piincipino, lussaio
Kolja, cle aveva liemila anime.
L inlanlo quel Kolja cle la liemila anime non c mica qui a salulaila, mi inliomisi a un
liallo nella conveisazione. Pei un minulo lulli lacqueio.
Iei gia uliiaco a quesloia, acconsenl infine a nolaimi Tiudoljulov, lanciando unoc-
cliala sdegnosa dalla mia paile. Zveikov mi osseivava in silenzio come fossi un mosceii-
no. Allassai gli occli. Simonov si mise a veisaie in fiella lo clampagne.
Tiudoljulov alzo il licclieie, e lulli lo imilaiono, lianne me.
Alla lua salule, e luon viaggio!, giido a Zveikov. Pei gli anni passali, signoii, pei il
noslio fuluio, uiia!.
Tulli levveio e si feceio avanli pei laciaie Zveikov. Io non mi mossi, il licclieie pieno
slava inlallo davanli a me.
L lei non vuol leie`, iugg Tiudoljulov, cle aveva peiso la pazienza, iivolgendosi
minacciosamenle a me.
Voglio faie un discoiso da paile mia, peisonalmenle... e alloia leiio, signoi Tiudoljulov.
Odioso guaslafesle!, lionlolo Simonov.
Io mi iaddiizzai sulla sedia e piesi il licclieie in pieda alla fellie, piepaiandomi a qual-
cosa di sliaoidinaiio e non sapendo ancoia quel cle aviei dello esallamenle.
Si|cncc!, giido Ieifikin. Oia senliiele il veio ingegno!. Zveikov aspellava lullo seiio,
compiendendo di cle si liallava.
Signoi lenenle Zveikov, cominciai, sappia cle io odio le fiasi, i fiaseggialoii e le cinlu-
ie lioppo slielle in vila... Queslo il piimo punlo, a cui seguiia il secondo.
Tulli si mosseio neivosamenle.
Secondo punlo: odio gli amoiazzi e i dongiovanni. L sopiallullo i dongiovanni!.
Teizo punlo: amo la veiila, la sinceiila e lonesla, conlinuavo quasi macclinalmenle,
peicl oimai cominciavo a senliimi iaggelaie dal leiioie, non compiendendo come mai
pailavo cos... Amo il pensieio, ncnsicur Zveikov, amo il veio cameialismo, su lasi di
paiila, e non... lmm... Amo... L del ieslo, peicl no` Anclio levo alla sua salule, ncnsicur
Zveikov. Seduca le ciicasse, spaii ai nemici della paliia e... e... Alla sua salule, ncnsicur
Zveikov!.
Zveikov si alzo dalla sedia, sinclino e mi disse:
Ie sono mollo gialo.
Lia leiiililmenle offeso e peifino impallidilo.
Al diavolo, iugg Tiudoljulov, peslando il pugno sul lavolo.
Nossignoii, da spaccaigli la faccia!, sliillo Ieifikin.
isogna cacciailo fuoii!, moimoio Simonov.
Non una paiola, n un geslo, signoii!, giido solennemenle Zveikov, feimando lindi-
gnazione geneiale. Vi iingiazio lulli, ma sapio dimosliaigli io slesso quanlo valuli le
sue paiole.
Signoi Ieifikin, domani slesso mi daia soddisfazione pei le sue paiole di poco fa!,
dissi ad alla voce, iivolgendomi allezzosamenle a Ieifikin.
Cio un duello` Piego, iispose, ma piolalilmenle eio cos iidicolo, menlie lo sfidavo,
e la cosa si addiceva cos poco alla mia figuia, cle lulli, e al loio seguilo ancle Ieifikin,
si piegaiono in due dal iideie.
S, naluialmenle, lisogna lasciailo peideie! L oimai complelamenle uliiaco!, disse con
iipugnanza Tiudoljulov.
Non mi peidoneio mai di aveilo messo in lisla!, moimoio di nuovo Simonov.
Lcco, adesso lisogneielle lanciaigli addosso una lolliglia, a lulli quanli, pensai, piesi
la lolliglia e... mi iiempii un licclieie.
... No, meglio cle iesli fino alla fine!, conlinuavo a pensaie. Voi saiesle conlenli, si-
gnoii, se me ne andassi. Neancle pei idea. Apposla iesleio e leiio fino alla fine, pei
mosliaie cle non vi alliiluisco la minima impoilanza. Resleio e leiio, peicl quesla
una lellola, e i soldi pei lingiesso li lo pagali. Resleio e leiio, peicl vi consideio dei
fanlocci, dei fanlocci inesislenli. Resleio e leiio... e canleio, se ne avio voglia, sissignoii,
canleio, peicl ne lo il diiillo... di canlaie... lmm.
Ma non canlavo. Ceicavo sollanlo di non guaidaie nessuno di loio, assumevo le pose pi
indipendenli e aspellavo con impazienza cle loio, pcr prini, allaccasseio discoiso con me.
Ma, alim, non lallaccaiono. L come aviei desideialo, come aviei desideialo in quel
momenlo di iiconciliaimi con loio! Suonaiono le ollo, infine le nove. Lssi passaiono dalla
lavola al divano. Zveikov si dislese sul sofa, posando un piede su un lavolino iolondo.
Poilaiono l ancle il vino. Lgli offi effellivamenle lie lolliglie di suo. Sinlende cle non
mi invilo. Tulli gli si sedelleio inloino sul divano. Io ascollavano quasi con veneiazione.
Si vedeva cle gli volevano lene. Peicl` peicl`, pensavo fia me. Di lanlo in lanlo li
piendeva un enlusiasmo da uliiacli e si laciavano. Pailavano del Caucaso, di cosa sia
una veia passione, di gioco dazzaido, di posli di lavoio vanlaggiosi, di quanlo avesse di
iendila lussaio Podclai evskij, cle nessuno di loio conosceva peisonalmenle, e si ialle-
giavano cle avesse una iendila cospicua, della sliaoidinaiia lellezza e giazia della piin-
cipessa D., cle puie nessuno di loio aveva mai vislo, finalmenle si aiiivo allaffeimazione
cle Slakespeaie immoilale.
Io soiiidevo sdegnoso e passeggiavo dallallia paile della slanza, diillo di fionle al diva-
no, lungo la paiele, dal lavolo alla slufa e viceveisa. Con lulle le foize volevo dimosliaie
cle polevo faie a meno di loio, ma inlanlo peslavo di pioposilo gli slivali, appoggiando i
laccli. Ma lullo eia inulile. |crc non ci facevano neppuie caso. Llli la pazienza di cammi-
naie cos, sollo il loio naso, dalle ollo alle undici, sempie nello slesso spazio, dal lavolo
alla slufa e dalla slufa di nuovo al lavolo. Mi va di passeggiaie cos, e nessuno puo
pioiliimelo. Il cameiieie cle eia enlialo nella slanza si feimo diveise volle a guaidaimi,
pei le fiequenli svolle mi giiava la lesla, in ceili momenli ciedevo di deliiaie. In quelle lie
oie cominciai a sudaie e mi iiasciugai lie volle. A lialli, con piofondissimo, velenoso
doloie mi liafiggeva il cuoie un pensieio: cle saielleio passali dieci anni, venlanni,
quaianlanni, e ancle dopo quaianlanni aviei pui sempie iicoidalo con iipugnanza e
umiliazione quei momenli, i pi laidi, iidicoli e oiiilili di lulla la mia vila. Lia impossili-
le umiliaie se slessi in modo pi veigognoso e delileialo, e io lo capivo peifellamenle,
peifellamenle, e lullavia conlinuavo a camminaie dal lavolo alla slufa e viceveisa. Ol,
se solo voi sapesle di quali senlimenli e pensieii sono capace e come sono evolulo!, pen-
savo in ceili momenli, iivolgendomi menlalmenle al divano dove sedevano i miei nemi-
ci. Ma i miei nemici si compoilavano come se non fossi neppuie nella slanza. Una volla,
una volla sola si giiaiono veiso di me, e fu quando Zveikov comincio a pailaie di
Slakespeaie, e io di punlo in lianco mi misi a iideie spiezzanlemenle. Simulai la mia
iisala in modo cos plaleale e disgusloso cle lulli di colpo inleiiuppeio la conveisazione
e osseivaiono in silenzio pei un paio di minuli, seiiamenle, senza iideie, come cammina-
vo lungo la paiele, dal lavolo alla slufa, e come ncn prcs|atc a|cuna a||cnzicnc a |crc. Ma non
ne soil nulla: non mi iivolseio la paiola e di l a due minuli mi lasciaiono nuovamenle
peideie. Suonaiono le undici.
Signoii, giido Zveikov, alzandosi dal divano, e adesso lulli |a.
Naluialmenle, naluialmenle!, feceio coio gli allii.
Mi volsi liuscamenle veiso Zveikov. Lio cos disliullo, cos eslenualo, cle volevo faila
finila, a coslo di ammazzaimi! Avevo la fellie, i capelli lagnali di sudoie mi si eiano
appiccicali alla fionle e alle lempie.
Zveikov! Ie cliedo scusa, dissi liuscamenle e iisolulamenle, Ieifikin, ancle a lei, a
lulli, a lulli, lo offeso lulli!.
Ala! Il duello non fa pei lei, sililo velenosamenle Ieifikin.
Senlii una collellala al cuoie.
No, non il duello cle mi fa pauia, Ieifikin! Sono pionlo a lalleimi con lei domani
slesso, ancle dopo la iiconciliazione. Anzi insislo su queslo, e lei non puo iifiulaimelo.
Voglio dimosliaile cle non lo pauia del duello. Iei spaieia pei piimo, e io spaieio in
aiia.
Si illude da solo, osseivo Simonov.
Semplici spacconale!, iispose Tiudoljulov.
Ma ci lasci passaie, peicl si messo in mezzo alla sliada!... Alloia, cle le occoiie`,
iispose spiezzanlemenle Zveikov. Liano lulli iossi, i loio occli luccicavano: avevano
levulo mollo.
Cliedo la sua amicizia, Zveikov, io llo offesa, ma...
Offeso` I-lei! Me-e! Sappia, egiegio signoie, cle lei non puo mai e in nessuna ciicoslan-
za offendeie nc!.
L adesso la pianli, si levi di loino!, iincaio Tiudoljulov. Andiamo.
Olimpia mia, signoii, palli cliaii!, giido Zveikov.
Non conlesliamo! Non conlesliamo!, gli iispondevano iidendo.
Io ieslavo l, olliaggialo. Ia compagnia usciva cliassosamenle dalla slanza, Tiudoljulov
si mise a sliascicaie non so cle slupida canzone. Simonov iimase un allimino solo, pei
daie la mancia ai cameiieii. A un liallo mi avvicinai a lui.
Simonov! Mi dia sei iulli!, dissi iisolulamenle e dispeialamenle.
Mi guaido esliemamenle slupilo, con gli occli inelelili. Ancle lui eia uliiaco.
Non voiia veniie ancle |a con noi`
S!.
Non lo denaio!, lionco lui, fece un soiiisello spiezzanle e usc dalla slanza.
Io affeiiai pei il cappollo. Lia un inculo.
Simonov! Glieli lo visli, i soldi, peicl me li iifiula` Sono foise un poco di luono` adi
di non iifiulaie: se sapesse peicl lo cliedo! Da cio dipende lullo, lullo il mio fuluio, lulli
i miei piogelli....
Simonov liio fuoii i soldi e quasi me li gello.
Pienda, vislo cle non la il minimo pudoie!, disse spielalamenle e coise a iaggiungeili.
Rimasi solo pei un momenlo. Disoidine, avanzi, un licclieie iollo sul pavimenlo, vino
veisalo, mozziconi di sigaielle, elliezza e deliiio nella lesla, una loimenlosa angoscia
nel cuoie e, infine, il laccl cle aveva vislo e senlilo lullo e mi guaidava incuiiosilo negli
occli.
|a!, esclamai. O lulli loio imploieianno la mia amicizia in ginocclio, alliacciandomi
le gamle, oppuie... oppuie daio uno scliaffo a Zveikov!.

Dunque eccolo, dunque eccolo finalmenle lo sconlio con la iealla, loilollavo, scenden-
do piecipilosamenle le scale. Queslo non pi il papa cle allandona Roma e paile pei
il iasile, queslo non pi il lallo sul lago di Como!.
Sei un faialullo!, mi passo pei il capo, se adesso iidi di queslo!.
Sia puie!, giidai, iispondendo a me slesso. Tanlo oimai lullo peidulo!.
Gli allii eiano gia scompaisi senza lasciaie liaccia, ma poco impoilava: sapevo doveiano
andali.
Davanli allingiesso soslava solilaiio un miseio velluiino in seivizio nolluino, con un
pasliano di panno iuvido, lullo iicopeilo della neve fiadicia e quasi liepida cle conlinua-
va a cadeie. Ceia vapoie e si soffocava. Ancle il suo piccolo cavalluccio pezzalo e iisulo
eia lullo iicopeilo di neve e lossiva, lo iicoido peifellamenle. Mi lanciai nella slilla di
liglio, ma appena feci pei iiliiaie la gamla pei sedeimi, il iicoido di come Simonov mi
aveva appena dalo i sei iulli mi piego le ginocclia, e piomlai nella slilla come un sacco.
No! isogneia faie mollo pei iiscallaie lullo queslo!, giidai. Ma io lo iiscalleio o in
quesla slessa nolle peiiio sul poslo. Via!.
Ci muovemmo. Tullo un luiline voilicava nella mia lesla.
Non supplicleianno mai in ginocclio la mia amicizia. L un miiaggio, un volgaie miiag-
gio, disgusloso, iomanlico e fanlaslico, piopiio come il lallo sul lago di Como. L peicio
ctc daie uno scliaffo a Zveikov! Sono cosliello a daiglielo. L cos deciso, oia coiio a
daigli uno scliaffo.
Iiusla!.
Il velluiino scosse le iedini.
Appena enlieio, glielo daio. L necessaiio diie qualcle paiola piima dello scliaffo, a mo
di pieamlolo` No! Semplicemenle enlieio e glielo daio. Saianno lulli seduli nella sala, e
lui sul divano con Olimpia. Maledella Olimpia! Una volla la iiso della mia faccia e mi la
iifiulalo. Tiascineio via Olimpia pei i capelli, e Zveikov pei le oiecclie! No, meglio pei
un oiecclio solo, e lenendolo pei un oiecclio gli faio faie il giio della slanza. Puo daisi
cle lulli comincino a piccliaimi e mi slallano fuoii. Anzi, sicuio. Sia puie! Tullavia
avio dalo lo scliaffo pei piimo: linizialiva saia slala mia, e pei le leggi dellonoie queslo
lullo, lui oimai lollalo e quello scliaffo non polia pi lavailo via con nessuna peicos-
sa, ma solo col duello. Dovia lalleisi. L alloia cle mi picclino puie. Iacciano puie, igno-
lili! Mi picclieia sopiallullo Tiudoljulov: cos foile, Ieifikin mi aggiediia dal fianco e
senzallio mi piendeia pei i capelli, ceilo. Ma sia, sia puie! Ci vado pei queslo. Ie loio
zuccle di monlone saianno infine coslielle a capiie il lalo liagico di lullo queslo! Quando
mi liascineianno veiso la poila, io giideio loio cle in iealla non valgono il mio dilo
mignolo.
Iiusla, velluiino, fiusla!, mi misi a giidaie al poveiello.
Lgli sussullo peifino e agilo lo scudiscio. Tanlo selvaggio eia slalo il mio giido.
Ci lalleiemo allalla, oimai deciso. Col dipailimenlo finila. Ieifikin poco fa lla
cliamalo 'dipailimenlo da luila. Ma dove piendeie le pislole` Sciocclezze! Mi faio an-
licipaie lo slipendio e le compieio. L la polveie, e la pallollola` L affaie del secondo. L
come si puo faie in lempo a oiganizzaie lullo piima dellalla` L dove vado a piendeilo il
secondo` Non conosco nessuno....
Sciocclezze!, giidai, sempie pi pieso nel luiline. Sciocclezze!.
Il piimo cle inconlieio pei sliada, al quale mi iivolgeio, ollligalo a faimi da secondo
esallamenle come a liiai fuoii dallacqua uno cle sla annegando. Devono esseie ammessi
i casi pi sliaoidinaii. L se domani cliedessi al diielloie in peisona di faimi da secondo,
ancle lui dovielle acconsenliie pei puio spiiilo cavalleiesco, e manleneie il segielo!
Anlon Anlony....
Il fallo cle in quello slesso islanle mi appaiiva pi cliaiamenle e vivamenle cle a cliun-
que allio al mondo lulla la iivollanle assuidila delle mie supposizioni e lullo il iovescio
della medaglia, ma...
Iiusla, velluiino, fiusla, liiccone, fiusla!.
Llila, signoie!, pioleslo la foiza della leiia.
A un liallo mi senlii gelaie.
Ma non saielle meglio... ma non saielle meglio... andaie diilli a casa` Ol, Dio mio!
Peicl, peicl ieii mi sono invilalo a queslo pianzo! Ma no, impossilile! L la passeggia-
la di lie oie dal lavolo alla slufa` No, loio, loio e nessun allio devono pagaimela pei
quella passeggiala! Ioio devono lavaie queslonla!.
Iiusla!.
L se mi consegnasseio alla polizia` Non oseianno! Temeianno lo scandalo. L se Zveikov
pei dispiezzo iifiuleia il duello` Anzi, pi cle piolalile, ma alloia io gli faio vedeie...
Alloia mi lanceio alla slazione di posla, quando domani pailiia, lo affeiieio pei una
gamla, gli sliappeio il manlello, menlie saliia in velluia. Gli azzanneio una mano coi
denli, lo moideio. 'Guaidale lulli in cle slalo si puo iiduiie un uomo dispeialo! Cle mi
piccli puie sulla lesla, e lulli gli allii alle spalle. Io giideio a lulli i piesenli: 'Guaidale,
ecco un cucciolollo cle va a conquislaie le ciicasse con il mio spulo sulla faccia!
Sinlende, dopo queslo oimai saia lullo finilo! Il dipailimenlo scompaiso dalla faccia
della leiia. Mi aiiesleianno, mi piocesseianno, mi scacceianno dallimpiego, mi iincliu-
deianno in galeia, mi mandeianno in Sileiia, alla depoilazione. Cle me ne impoila! Iia
quindici anni, quando mi scaiceieianno, mi liascineio dielio di lui veslilo di sacco, men-
dico. Io iinliacceio in qualcle capoluogo di goveinaloialo. Saia sposalo e felice. Avia
una figlia giande... Io diio: 'Guaida, scelleialo, guaida le mie guance incavale e il mio
sacco! Ho peiso lullo: caiiieia, felicila, aile, scienza, |a cnna ana|a, e lullo pei causa lua.
Lcco le pislole. Sono venulo a scaiicaie la mia pislola e... e li peidono. A queslo punlo
spaieio in aiia, e di me non si senliia pi pailaie....
Slavo quasi pei melleimi a piangeie, lencl sapessi con assolula esallezza, in quello
slesso momenlo, cle lullo cio eia copialo da Silvio e dal 8a||c in nascncra di Ieimonlov. L
a un liallo mi veigognai leiiililmenle, mi veigognai a lal punlo cle aiieslai il cavallo,
uscii dalla slilla e mi feimai nella neve in mezzo alla sliada. Il velluiino mi guaidava
soipieso e sospiiando.
Cle dovevo faie` Ia non si poleva andaie, saielle slala unassuidila, e ancle lasciai
peideie non si poleva, peicl ancle cos saielle iisullalo... Signoie! Ma come si poleva
lasciai peideie! L dopo simili offese!
No!, esclamai, slanciandomi nuovamenle nella slilla. L lullo piedeslinalo, il falo!
Iiusla, fiusla, andiamo la!.
L pei limpazienza colpii col pugno il collo del velluiino.
Lli, peicl meni le mani`, si mise a giidaie lomello, sfeizando lullavia il ionzino,
lanlo cle esso comincio a scalciaie con le zampe posleiioii.
Ia neve fiadicia cadeva a fioccli, mi scopiii, ma avevo allio a cui pensaie. Dimenlicai
lullo il ieslo, peicl mi eio definilivamenle deciso allo scliaffo e con oiioie senlivo cle
oimai saielle accadulo sulilo, assc|u|ancn|c acssc, e crnai ncssuna fcrza atrcooc pc|u|c
inpcir|c. I fanali solilaii lalenavano cupamenle nella lenelia nevosa, come fiaccole a un
funeiale. Ia neve mi eia enliala sollo il cappollo, sollo la finanzieia, sollo la ciavalla e l
si scioglieva, non mi copiivo: lanlo eia comunque lullo peidulo! Iinalmenle aiiivammo.
alzai fuoii quasi smemoialo, coisi su pei i giadini e cominciai a piccliaie alla poila con
le mani e coi piedi. Mi senlivo sopiallullo le gamle, alle ginocclia, leiiililmenle deloli.
Mi apiiiono slianamenle pieslo, come se sapesseio del mio aiiivo. (In effelli, Simonov
aveva avveililo cle, foise, ce ne saielle slalo un allio, peicl l lisognava avveiliie e in
geneiale piendeie delle piecauzioni. Lia uno di quei negozi di mode di alloia, cle da
un pezzo oimai sono slali eliminali dalla polizia. Di gioino eia davveio un negozio, ma
di seia cli aveva una iaccomandazione poleva piesenlaisi in visila.) Alliaveisai a passo
iapido la lollega luia ed enliai nella sala a me nola, dove ceia una sola candela accesa, e
mi feimai sconceilalo: non ceia nessuno.
L dove sono`, domandai a qualcuno.
Ma naluialmenle avevano gia fallo in lempo a sepaiaisi...
Davanli a me slava una peisona con un soiiiso elele, la padiona slessa, cle un po mi
conosceva. Un minulo dopo si api una poila, ed enlio unallia peisona.
Senza pieslaie allenzione a nulla, camminavo a giandi passi pei la slanza e, ciedo, paila-
vo da solo. Lia come se fossi slalo salvalo dalla moile e con lullo il mio esseie lo peicepi-
vo gioiosamenle: infalli aviei dalo quello scliaffo, lo aviei dalo senzallio, senzallio! Ma
adesso non ceiano e... lullo eia spaiilo, lullo eia mulalo!... Mi guaidavo inloino. Non
iiuscivo ancoia a iaccapezzaimi. Macclinalmenle diedi unoccliala alla iagazza cle eia
enliala: dinanzi a me inliavidi un vollo fiesco, giovane, alquanlo pallido, con le sopiacci-
glia diiille e scuie e uno sguaido seiio, come un po soipieso. Ia cosa mi piacque sulilo,
laviei odiala, se avesse soiiiso. Piesi a sciulaila pi allenlamenle e quasi con sfoizo: non
eio ancoia iiuscilo a iioidinaie le idee. Ceia un cle di ingenuo e luono in quel viso, ma
ancle una seiiela peifino sliana. Sono ceilo cle queslo l denlio la svanlaggiasse, e peicio
nessuno di quegli scioccli laveva nolala. Del ieslo, non poleva diisi una lellezza, ancle
se eia di alla slaluia, foile, len falla. Lia veslila con esliema semplicila. Qualcosa di
aliello mi moise, andai diillo veiso di lei...
Mi guaidai pei caso allo specclio. Ia mia faccia sliavolla mi paive esliemamenle iilul-
lanle: pallida, calliva, vile, con i capelli aiiuffali. Va lene cos, ne sono conlenlo, pensai,
sono appunlo conlenlo cle le appaiiio iilullanle, la cosa mi fa piaceie....

VI

...Da qualcle paile dielio il liamezzo, come pei una foile piessione, come se qualcuno lo
sliangolasse, ianlolo un oiologio. Dopo un ianlolo innaluialmenle lungo segu un liillo
aculo, sgiadevole e inaspellalamenle fiequenle, come se a un liallo qualcuno fosse scap-
palo avanli. Suonaiono le due. Mi iideslai, lencl non doimissi, ma giacessi sollanlo
semiassopilo.
Nella slanza sliella, angusla e lassa, ingomlia di un enoime aimadio e disseminala di
cappellieie, sliacci e veccli veslili di ogni geneie, eia quasi complelamenle luio. Il moc-
colo di candela cle liuciava sul lavolo in fondo alla slanza si slava spegnendo del lullo,
e mandava appena qualcle scinlilla di lanlo in lanlo. Di l a qualcle minulo doveva so-
piaggiungeie il luio complelo.
Non impiegai mollo a loinaie in me, a un liallo, senza alcuno sfoizo, mi iiloino alla
memoiia lullo quanlo insieme, piopiio come se fosse slalo in aggualo pei assaliimi di
nuovo. L, del ieslo, ancle quando eio assopilo mi eia iimaslo coslanlemenle nella memo-
iia come un punlo cle non iiuscivo a dimenlicaie, inloino al quale iuolavano pesanle-
menle le mie loipide fanlaslicleiie. Ma eia sliano: oia, dopo il iisveglio, lullo quel cle mi
eia accadulo quel gioino mi semliava lonlanissimo, come se fossi sopiavvissulo a lullo
cio lanlo, lanlo lempo piima.
Ia mia lesla eia sloidila. Qualcosa paieva volaie sopia di me e mi uilava, mi eccilava e
luilava. Iangoscia e la lile iilollivano nuovamenle e ceicavano sfogo. A un liallo ac-
canlo a me vidi due occli apeili, cle mi osseivavano con cuiiosila e oslinazione. Io sguaido
eia fieddamenle dislanle, cupo, come complelamenle eslianeo, melleva a disagio.
Un pensieio cupo nacque nel mio ceivello e mi passo pei lullo il coipo come una sgiade-
vole sensazione, simile a quando scendi nel sollosuolo umido e muffoso. Mi semliava
innaluiale cle piopiio alloia quei due occli avesseio deciso di cominciaie a osseivaimi.
Ricoidai ancle cle pei due oie non avevo scamlialo neppuie una paiola con quellesseie
e non lavevo affallo iilenulo necessaiio, anzi, la cosa poco piima mi eia piaciula, pei
qualcle molivo. Adesso invece mi si disegno cliaiamenle lidea assuida, iipugnanle come
un iagno, della dissolulezza, cle senza amoie, in modo liulale e impudico, comincia
piopiio da cio cle il coionamenlo dellamoie veio. Ci guaidammo a lungo cos, ma lei
non allassava i suoi occli davanli ai miei e non mulava il suo sguaido, lanlo cle alla fine
piovai una specie di iaccapiiccio.
Come li cliami`, domandai a scalli, pei finiila al pi pieslo.
Iiza, iispose quasi in un sussuiio, ma in modo assolulamenle scoslanle, e dislolse gli
occli.
Tacqui pei un po.
Oggi il lempo... la neve... sclifoso!, dissi quasi fia me, piegando liislemenle il liaccio
dielio la lesla e guaidando il soffillo.
Iei non iispondeva. Tullo eia oiiilile.
Sei di qui`, domandai un minulo dopo, quasi adiialo, volgendo appena la lesla veiso
di lei.
No.
Di dove`
Di Riga, disse conliovoglia.
Tedesca`
Russa.
Sei qui da mollo`
Dove`
In quesla casa.
Due sellimane. Pailava sempie pi a scalli. Ia candela si eia spenla complelamenle,
non polevo pi dislingueie il suo viso.
Hai padie e madie`
S... no... ce li lo.
Dove sono`
Ia... a Riga.
Cli sono`
Cos...
Come cos` Cli, di cle condizione`
Piccoli loiglesi.
Hai sempie vissulo con loio`
S.
Quanli anni lai`
Venli.
L peicl le ne sei andala di casa`
Cos....
Queslo ccsi significava: lasciami in pace, mi nausea. Tacemmo. Dio sa peicl non me ne
andai. Io slesso mi senlivo sempie pi nausealo e angoscialo. Ie immagini di lulla la
gioinala liascoisa cominciaiono a sfilaie disoidinalamenle nella mia memoiia, da sole,
senza la mia volonla. A un liallo iicoidai una scena cle avevo vislo la mallina pei sliada,
menlie liolleiellavo indaffaialo veiso lufficio.
Oggi lanno poilalo fuoii una laia e pei poco non llan falla cadeie, a un liallo dissi ad
alla voce, senza alcun desideiio di allaccaie discoiso, ma cos, quasi pei caso.
Una laia`
S, in piazza Sennaja, la poilavano fuoii da uno scanlinalo.
Uno scanlinalo`
Non da uno scanlinalo, ma da un piano seminleiialo... s, sai... la sollo... da una casa di
malaffaie... Ceia una lale spoicizia inloino... ucce, immondizia... puzzava... uno scli-
fo.
Silenzio.
L liullo seppelliie oggi!, iicominciai, pui di non laceie.
Peicl liullo`
Ia neve, lumido... (Sladigliai.)
Ia lo slesso, disse lei a un liallo dopo un lieve silenzio.
No, ignolile... (Sladigliai di nuovo.) I lecclini ceilo impiecavano, peicl la neve li
lagnava. L nella fossa ceia ceilo dellacqua.
L peicl acqua nella fossa`, domando con una ceila cuiiosila, ma pionunciando ancoi
pi sgailalamenle e a scalli di piima. A un liallo qualcosa comincio a sluzzicaimi.
Sicuio, acqua, sul fondo, pi di un palmo. Qui non si iiesce a scavaie una sola fossa
asciulla, al cimileio Volkovoj.
Peicl`
Come peicl` Un poslo cos acquiliinoso. Qui palude dappeilullo. Cos li calano diiel-
lamenle nellacqua. Ilo vislo io slesso... molle volle....
(Non lavevo vislo neppuie una volla, e dallionde non eio mai slalo al Volkovoj, ma
lavevo solo senlilo iacconlaie.)
Ioise pei le fa lo slesso, moiiie`
L peicl doviei moiiie`, iispose mellendosi sulla difensiva.
Un gioino o lallio moiiiai puie, e moiiiai alliellanlo sicuiamenle di quella poveiella di
oggi. Lia... eia ancle lei una iagazza... Moila di lisi.
Una cle fa la vila saielle moila allospedale... (Queslo lo sa gia, pensai io, e la dello:
una cle fa la vila, e non una iagazza.)
Lia in delilo con la padiona, oliellai, sempie pi sluzzicalo dalla discussione, e lla
seivila fin quasi alla fine, pui essendo lisica. Io iacconlavano dei velluiini pailando con
dei soldali, l inloino. Piolalilmenle suoi veccli conoscenli. Ridevano. Anzi, si piepaia-
vano a commemoiaila allosleiia. (Ancle qui avevo lavoialo mollo di fanlasia.)
Silenzio, piofondo silenzio. Iei non si muoveva neppuie.
Peicl, moiiie in ospedale saielle meglio`
Cle diffeienza fa`... L poi peicl doviei moiiie`, aggiunse slizzosamenle.
Se non adesso, dopo`
Ma ancle dopo....
Pei foiza! Tu adesso sei giovane, caiina, fiesca, quindi li valulano lanlo. Ma fia un anno
di quesla vila non lo saiai gia pi, saiai sfioiila.
Iia un anno`
In ogni caso, fia un anno vaiiai di meno, conlinuavo con gioia maligna. Passeiai da
qui a unallia casa, un giadino pi in lasso. Ancoia un anno e in una leiza casa, sempie
pi in lasso, e fia sei o selle anni aiiiveiai allo scanlinalo della Sennaja. L li andielle
ancoi lene. Ma ecco, il guaio se ollie a queslo li si manifesleia qualcle malallia, cle so,
una delolezza di pello... o li piendeiai uninfieddaluia, o qualcosallio. Con quesla vila
la malallia falica a passaie. Si allacca, e magaii non si slacca pi. L cos moiiiai.
L va le, moiiio, iispose oimai ialliosamenle e fece un movimenlo iapido.
Ceilo cle dispiace.
Pei cli`
Dispiace pei la vila.
Silenzio.
Avevi un fidanzalo` Ll`
A lei cle impoila`
Mica voglio faili linleiiogaloiio. Cle mimpoila. Peicl li aiialli` Naluialmenle lai
polulo aveie i luoi guai. Ialli luoi. Ma cos, iinciesce.
Pei cli`
Rinciesce pei le.
Non il caso..., sussuiio con un fil di voce e di nuovo si mosse.
Ne fui sulilo indispellilo. Ma come! Io eio slalo cos leneio con lei, e lei...
Ma cle li pensi` Di essei su una luona sliada, el`
Io non penso nienle.
L piopiio queslo il guaio, cle non pensi. Svegliali, fincl sei in lempo. L sei in lempo.
Sei ancoia giovane, giaziosa, poliesli amaie, sposaili, esseie felice...
Non lulle quelle sposale sono felici, lionco nel solilo modo sgailalo, pailando come
una macclinella.
Non lulle, naluialmenle: e lullavia mollo meglio cle qui. Incompaialilmenle meglio.
L con lamoie si puo viveie ancle senza felicila. Ancle nel doloie la vila lella, lello
slaie al mondo, comunque si viva. Menlie qui cle c, a paile... il feloie` Pual!.
Mi vollai con iiliezzo, oimai non disquisivo pi fieddamenle. Cominciavo io slesso a
senliie quel cle dicevo, e mi infiammavo. Oimai eio ansioso di espoiie le mie icuzzc
segiele, soffeile nel mio canluccio. Qualcosa a un liallo si accese in me, eia appaiso uno
scopo.
Tu non guaidaie me, se mi vedi qui: non sono un luon esempio. Io, foise, sono ancoi
peggio di le. Del ieslo, sono enlialo qui uliiaco, mi affiellai lullavia a giuslificaimi.
Inollie luomo non puo esseie un esempio pei la donna. Ia faccenda diveisa, ancle se
qui mi infango e insudicio, non sono scliavo di nessuno, ci sono slalo e me ne vado, e cli
s vislo, s vislo. Me lo sciollo di dosso e sono nuovamenle un allio. Ma piendiamo solo
il fallo cle fin dallinizio lu sei scliava. S, scliava! Tu cedi lullo, lulla la lua volonla. L
poi voiiai spezzaie quesle calene, ma oimai no: li legleianno sempie pi saldamenle. L
una calena maledella. Io la conosco. Dallio non pailo neppuie, e poi lu non capiiesli,
foise, ma ecco, dimmi un po: ceilo li sei gia indelilala con la padiona, veio` Lcco, vedi!,
aggiunsi, ancle se non mi aveva iisposlo, ma ascollava sollanlo in silenzio, con lullo il
suo esseie. Lccoli la calena! Non li iiscalleiai mai pi. Ianno cos. L come vendei lanima
al diavolo...
...L inollie io... foise sono alliellanlo infelice, cle ne sai, e anclio mi immeigo apposla nel
fango, pei langoscia. Non si leve foise pei la dispeiazione` Lllene, io sono qui pei la
dispeiazione. Ma dimmi, cle c qui di luono: ecco, io e le... ci siamo inconliali... poco fa,
e pei lullo il lempo non ci siamo delli una paiola, e lu, come selvaggia, solo dopo lai
comincialo a osseivaimi, e io le. Si ama foise cos` Si devono foise inconliaie cos due
esseii umani` L lullo un oiioie, ecco cosa!.
S!, si affiello ad acconsenliie liuscamenle. Mi meiaviglio peifino la fiella di quel si.
Dunque ancle a lei, foise, vagava nella lesla quello slesso pensieio, quando piima mi
sludiava` Dunque ancle lei eia gia capace di ceili pensieii`... Al diavolo, cuiioso,
quesla - affini|a, pensavo, quasi fiegandomi le mani. L del ieslo, come non avei iagio-
ne di unanima cos giovane`....
Sopiallullo mi appassionava il gioco.
Iei volse il capo e lavvicino a me e, mi paive nelloscuiila, si appoggio alla mano. Ioise
mi sludiava. Come mi dispiaceva di non polei dislingueie i suoi occli. Senlivo il suo
iespiio piofondo.
Peicl sei venula qua`, cominciai con un lono gia quasi impeiioso.
Cos....
Lppuie come saielle lello viveie nella casa paleina! Al calduccio, in lileila, nel luo
nido.
L se fosse peggio di cos`.
isogna azzeccaie il lono, mi laleno in lesla, con il senlimenlalismo, foise, non si
olliene mollo.
Del ieslo fu solo un allimo. Io giuio, lei mi inleiessava davveio. L poi eio iilassalo e nella
giusla disposizione. Dallionde, limposluia convive cos facilmenle col senlimenlo.
Cli lo dice!, mi affiellai a iispondeie. Tullo puo esseie. Infalli sono sicuio cle qualcu-
no li la offesa e cle sono gli allii colpevoli nei luoi confionli, piulloslo cle lu nei |crc.
Ceilo io non so nulla della lua sloiia, ma una iagazza come le, piolalilmenle, non capila
qui denlio di sua volonla....
L cle iagazza saiei io`, sussuiio in modo appena peicellilile, ma io senlii.
Al diavolo, ma la slo adulando. L disgusloso. O foise ancle lene.... Iei laceva.
Vedi, Iiza, li diio di me! Se avessi avulo una famiglia fin dallinfanzia, non saiei quello
cle sono adesso. Ci penso spesso. Peicl pei quanlo si slia male in famiglia, sono pui
sempie il padie e la madie, e non dei nemici, non degli eslianei. Almeno una volla allan-
no li dimoslieianno affello. Sapiai pui sempie cle sei in casa lua. Io invece sono ciesciulo
senza una famiglia, foise pei queslo sono venulo su cos... insensilile.
Aspellai di nuovo.
Ioise non capisce nemmeno, pensavo, e poi iidicolo: la moiale!.
Se fossi un padie e avessi una figlia mia, ciedo cle ameiei la figlia pi dei mascli,
davveio, cominciai alla lonlana, come se camliassi aigomenlo pei disliaila. Confesso
cle aiiossivo.
L peicl`, domando.
Al, dunque ascollava! Cos, non so, Iiza. Vedi: conoscevo un padie cle eia un uomo
seveio, iigido, ma dinanzi alla figlia slava in ginocclio, le laciava le mani e i piedi, non
poleva saziaisi di ammiiaila, davveio. Iei lalla a una fesla, e lui sla feimo nello slesso
poslo pei cinque oie, non le slacca gli occli di dosso. L impazzilo pei lei, io queslo lo
capisco. Iei di nolle, slanca, si addoimenla, e lui si sveglia e va a laciaila menlie doime
e a daile la lenedizione. Iui giia con un sopialilino lisunlo, pei lulli avaio, ma pei lei
spende il suo ullimo iullo, le fa iegali pieziosi, ed una gioia pei lui se il iegalo le piace.
Il padie ama sempie le figlie pi della madie. Come allegio pei ceile iagazze viveie in
casa! L io, ciedo, mia figlia non voiiei neppuie daila in sposa.
L peicl mai`, domando lei, soiiidendo appena.
Saiei geloso, quanlo veio Dio. e, mai pensalile cle si mella a laciaie un allio` Ad
amaie un eslianeo pi del padie` L penoso peifino immaginailo. Naluialmenle sono
lulle sciocclezze, naluialmenle cliunque finisce con linlendei iagione. Ma io, ciedo,
piima di cedeila, saiei assillalo da un solo pensieio: scailaie lulli i pielendenli. L comun-
que finiiei col daila a colui cle ella slessa ama. Infalli, quello di cui la figlia sinnamoia al
padie semlia sempie il peggioie. L piopiio cos. L queslo geneia mollo male nelle fami-
glie.
Allii invece sono felici di vendeila, la figlia, allio cle maiilaila onoievolmenle, disse
lei a un liallo.
Al! Lcco di cle si liallava!
Queslo, Iiza, in quelle famiglie maledelle dove non c n Dio n amoie, iipiesi con
caloie, e dove non c lamoie, non c neppuie il luon senso. Lsislono delle famiglie
cos, veio, ma non di quelle cle pailo. Si vede cle dalla lua famiglia non lai avulo
nessun lene, se paili cos. Sei veiamenle disgiaziala. Hmm... Il pi delle volle la poveila
la causa di lullo.
L dai signoii foise meglio` Ia genle onesla vive lene ancle in poveila.
Hmm... s. Ioise. Di nuovo, Iiza: alluomo piace calcolaie sollanlo il suo doloie, e la
felicila non la calcola. Ma se facesse lene i conli, vedielle cle a ogni deslino ne iiseiva-
la una paile. Lllene, e se nella famiglia le cose van lene, se Dio manda la sua lenedizio-
ne, capila un liavo maiilo cle li ama, li vezzeggia e non si allonlana da le! Si sla lene in
quella famiglia! Talvolla ancle condivideie un doloie lello, e poi dove non c doloie`
Ioise li sposeiai, |c saprai a |c. In compenso, se piendiamo magaii i piimi lempi dopo
avei sposalo cli ami: quanla felicila aiiiva lalvolla! L una felicila conlinua. Nei piimi
lempi peifino i liligi col maiilo finiscono lene. Alcune quanlo pi amano, lanlo pi liliga-
no col maiilo. Davveio, ne conoscevo una cos: Lcco, paieva diie, li amo, e pei amoie
li loimenlo lanlo, e lu capiscilo. Io sai cle pei amoie si puo loimenlaie apposla una
peisona` Io fanno sopiallullo le donne. L lei slessa pensa fia s: In compenso poi li
ameio lanlo, li accaiezzeio lanlo, cle non un peccalo faili penaie un po adesso. L nella
casa lulli si iallegieianno pei voi, e ci saia la seienila, e lallegiia, e la pace, e lonesla...
Allie magaii sono gelose. Se lui se ne va da qualcle paile (ne conoscevo una cos), lei non
lo soppoila, e nel cuoie della nolle si piecipila fuoii, e coiie di nascoslo a spiaie: non saia
la, in quella casa, con quella lale` L queslo male. L lo sa ancle lei cle male, e il cuoie le
iesla sospeso, e si loiluia, eppuie ama, lullo pei amoie. L com lello dopo la lile fai la
pace, iiconosceisi colpevole pei piima davanli a lui oppuie peidonaie! L come slanno
lene enliamli, come divenla impiovvisamenle lello, quasi si fosseio inconliali di nuovo,
si fosseio sposali di nuovo, il loio amoie fosse inizialo di nuovo. L nessuno, nessuno deve
sapeie quel cle accade fia il maiilo e la moglie, se si vogliono lene. L qualunque liligio
nasca fia loio, neppuie la madie, neppuie lei devono cliamaie a giudicaie, o iacconlaile
luno dellallia. Sono solo loio i giudici di se slessi. Iamoie un misleio divino e deves-
seie celalo a lulli gli occli eslianei, qualunque cosa succeda. Cos pi sacio, pi lello. Si
iispellano di pi, e mollo si lasa sul iispello. L se lamoie c slalo una volla, se pei amoie
si sono sposali, peicl lamoie dovielle finiie` Non lo si puo foise sosleneie` L iaio il
caso in cui non lo si possa sosleneie. L poi, se si la la foiluna di un maiilo luono e oneslo,
come puo finiie lamoie` Il piimo amoie del maliimonio finiia, veio, ma alloia sulen-
lieia un amoie ancoi pi lello. Alloia le loio anime si inconlieianno, ed essi melleianno
in comune ogni cosa, non avianno segieli luno pei lallia. L quando aiiiveianno i figli,
ogni momenlo, ancle il pi difficile, semlieia felicila, puicl si ami e si sia coiaggiosi.
Alloia ancle il lavoio allegio, alloia qualcle volla iinunci ancle al pane pei i figli,
eppuie lo fai con gioia. Peicl essi li ameianno poi pei queslo, dunque accumuli pei le
slesso. I figli ciescono: senli cle sei un esempio, cle sei un soslegno pei loio, cle ancle se
moiiai, loio poileianno in s pei lulla la vila i luoi senlimenli e i luoi pensieii, cos come
li lanno iicevuli da le, assumeianno la lua immagine e somiglianza. Significa cle queslo
un giande doveie. Come possono non senliisi pi unili il padie e la madie` Dicono cle
falicoso aveie dei figli` Cli lo dice` L una felicila celesle! Ti piacciono i lamlini piccoli,
Iiza` A me piacciono da moiiie. Sai: un limlello lullo ioseo cle li succlia il seno: ma a
quale maiilo il cuoie si iivolgeia conlio la moglie, guaidandola leneie in liaccio il suo
slesso lamlino! Il lamlinello ioseo, paffulello, si allunga, si coccola, i piedini e le manine
di luiio, le unglielle puliline, piccole, cos piccole cle luffo guaidaile, gli occlielli
come se capisse gia lullo. L succlia: con la manina li liia il seno, gioca. Si avvicina il
padie: si slacca dal seno, si piega lullo allindielio, guaida il padie, iide - piopiio come
fosse Dio sa quanlo diveilenle - e di nuovo, di nuovo iipiende a succliaie. O alliimenli
piende e moide il seno alla madie, se gli spunlano gia i denlini, e con gli occlielli le
lancia uno sguaido: Vedi, li lo moiso!. Ma non foise la felicila, quando loio lie, il
maiilo, la moglie e il lamlino, sono insieme` Pei quesli momenli si puo peidonaie mol-
lo. No, Iiza, piima dolliamo noi impaiaie a viveie, e sollanlo dopo incolpaie gli allii!.
Quadielli, piopiio con quesli quadielli lisogna accalappiaili!, pensai fia me, ancle se
avevo pailalo con senlimenlo, quanlo veio Dio, e a un liallo aiiossii. L se a un liallo lei
scoppieia a iideie, dove andio a nascondeimi`. Iidea mi fece infuiiaie. Veiso la fine
del discoiso mi eio veiamenle infeivoialo, e adesso il mio amoi piopiio soffiiva. Il silen-
zio peiduiava. Llli peifino voglia di daile uno spinlone.
Iei peio..., comincio a un liallo e si feimo.
Ma avevo gia capilo lullo: nella sua voce viliava gia qualcosa di diveiso, non liusco, non
sgailalo e sconlioso come poco piima, lens qualcosa di dolce e pudico, cos pudico cle
a un liallo io slesso mi veigognai dinanzi a lei, mi senlii colpevole.
Cle cosa`, domandai con leneia cuiiosila.
Ma lei...
Cle cosa`
Iei... paila piopiio come un lilio slampalo, disse, e a un liallo nella sua voce iisuono di
nuovo una nola di deiisione.
Quellosseivazione mi punse doloiosamenle. Non eia quello cle mi aspellavo.
L non capii cle il saicasmo eia una mascleia, cle eia la lipica, ullima scappaloia delle
peisone pudicle e casle di cuoie, a cui lenlino di insinuaisi liulalmenle e insislenlemen-
le nellanima, e cle fino allullimo momenlo non cedono pei oigoglio, limoiose di espii-
meie il loio senlimenlo dinanzi a voi. Gia dalla limidezza con cui eia aiiivala, in diveise
mosse, alla sua lallula saicaslica, decidendosi solo alla fine a pionunciaila, aviei dovulo
indovinaie. Ma non indovinai, e un senlimenlo malvagio mi sopiaffece.
Aspella un po, pensai.

VII

Ll, lasla, Iiza, ma quale lilio slampalo, quando io slesso piovo un lale sclifo, pui
dallesleino. Anzi, no, non dallesleino. Nella mia anima adesso si iisveglialo lullo...
Possilile, possilile cle lu slessa non piovi sclifo qua denlio` No, si vede cle laliludine
vuol dii mollo! Io sa il diavolo come puo iiduiie un uomo laliludine. Ma non penseiai
sul seiio cle non invecclieiai mai, cle saiai eleinamenle lella e li leiianno qui fino alla
fine dei secoli` Non pailo gia del fallo cle ancle qui un laidume... L del ieslo, ecco quel
cle li voglio diie ancle di queslo, della lua vila di adesso, ecco, ancle se adesso sei giova-
ne, alliaenle, luona, con unanima, con del senlimenlo, ellene, ma lo sai cle poco fa,
appena mi sono sveglialo, lo sulilo piovalo sclifo di esseie qui con le` Solo da uliiacli
infalli si puo finii qui. Menlie se lu fossi in un allio poslo, se vivessi come vive la genle
onesla, alloia, foise, non solo li faiei la coile, ma semplicemenle mi innamoieiei di le,
saiei lielo di un luo sguaido, non dico di una paiola, iimaiiei apposlalo davanli al luo
poilone, slaiei in ginocclio davanli a le, li guaideiei come una fidanzala, e ancoia lo
iileiiei un onoie. Non oseiei pensaie alcuncl di poco pulilo su di le. Menlie qui so cle
mi lasla faie un fisclio, e lu, volenle o nolenle, mi seguiiai, e non saio io a dipendeie
dalla lua volonla, ma lu dalla mia. Il pi miseio nu i| cle viene ingaggialo pei un lavoio
non asseivisce comunque lullo se slesso, e poi sa cle la un leimine. Ma dov il luo
leimine` Pensa sollanlo: cle cosa dai qui denlio` Cle cosa asseivisci` Ianima, lanima,
di cui lu non puoi dispoiie, lasseivisci insieme al coipo! Iasci piofanaie il luo amoie da
qualsiasi uliiacone! Iamoie! - ma lullo, ma il diamanle, il lesoio di una fanciulla,
lamoie! L pei meiilaie quellamoie, qualcuno disposlo a giocaisi lanima, ad affionlaie
la moile. L quanlo viene valulalo adesso il luo amoie` Sei lulla compiala, lulla inleia, e a
cle scopo alloia conquislaisi il luo amoie, quando ancle senza amoie lullo possilile`
No, non c olliaggio peggioie pei una iagazza, lo capisci` Lcco, lo senlilo cle vi conso-
lano, scioccle cle siele, peimellendovi di aveie degli amanli qui denlio. Ma queslo
sollanlo un conlenlino, sollanlo un inganno, sollanlo una leffa ai voslii danni, e voi ci
ciedele. Ioise cle lui, lamanle, li ama davveio` Non ci ciedo. Come puo amaie, sapendo
cle possono cliamaili via da lui da un momenlo allallio` Saielle piopiio un poico! Ti
iispella foise almeno un liiciolo` Cle lai in comune con lui` Ride di le e li sfiulla: ecco
lullo il suo amoie! L sei foilunala se non li picclia. O foise li picclia ancle. Cliedigli un
po, se ne lai uno: li sposeia` Ma scoppieia a iideili in faccia, se solo non li spuleia
addosso o non li lalleia: e foise lui slesso non vale cle due soldi lucali. L cle ciedi, pei
cosa lai iovinalo qui la lua vila` Peicl li dan da leie caff e da mangiaie a saziela` Ma
pei cosa li danno da mangiaie` A unallia, a una onesla, un loccone simile non andielle
gi, peicl sa pei cosa le danno da mangiaie. Tu qui sei in delilo, e saiai sempie in
delilo e fino alla fine di lullo saiai in delilo, fino a quando gli ospili cominceianno a
disdegnaili. L il momenlo aiiiveia pieslo, non conlaie sulla giovinezza. Qui il lempo
galoppa a spion lallulo. L cos li slalleianno fuoii. L non solo li slalleianno fuoii, ma
mollo lempo piima cominceianno a ieciiminaie, cominceianno a iimpioveiaili, comin-
ceianno a insullaili: come se lu non avessi dalo la lua salule, non avessi peidulo invano la
giovinezza e lanima pei la padiona, lens avessi mandalo lei in iovina, lavessi iidolla in
miseiia, deiulala. L non aspellaili soslegno: ancle le allie lue amicle li assaliianno, pei
ingiaziaisi la padiona, peicl qui sono lulle in scliavil, lanno peiso da lempo la co-
scienza e la piela. Si sono alliulile, e oimai sulla leiia non c nulla di pi luipe, vile,
offensivo di quegli insulli. L lu aviai lascialo lullo qui, lullo, senza iiseive: la salule, la
giovinezza, la lellezza e le speianze, e a venlidue anni semlieiai aveine lienlacinque, e
andia ancoi lene se non saiai malala, piega Iddio pei queslo. Peicl lu foise oia pensi
cle il luo non sia neppuie un lavoio, ma una pacclia! Ma al mondo non c, n c mai
slalo lavoio pi pesanle e da galeia. Paiielle cle il cuoie dovesse sliuggeisi lullo in
laciime. L non oseiai diie neancle una paiola, neancle mezza, quando li scacceianno da
qui, le ne andiai come una colpevole. Passeiai in un allio poslo, poi in un leizo, poi clissa
dove ancoia, fincl appiodeiai alla Sennaja. L la oimai cominceianno a piccliaili come
se nienle fosse, la genlilezza di quei posli, la il clienle non sa neppuie accaiezzaie senza
avei piima picclialo. Non ci ciedi, cle la cos oiiilile` Vacci, guaida una volla o lallia,
foise lo vediai con i luoi occli. Io la ne lo visla una a Capodanno, davanli a un poilone.
Iavevano slallula fuoii i suoi, pei deiideila, a congelaisi un poclino, peicl sliillava
lioppo e avevano cliuso la poila dielio di lei. L alle nove del mallino eia gia complela-
menle uliiaca, scaimigliala, discinla, massaciala di lolle. Lia imlellellala, ma con i lividi
inloino agli occli, dal naso e dai denli le colava il sangue: un velluiino laveva appena
conciala pei le fesle. Sedeva su una scalella di pielia, in mano aveva un pesce salalo,
piangeva, canlilenava una lilania sulla sua malasoile, e lalleva il pesce sui giadini
della scala. L davanli allingiesso si eiano affollali dei velluiini e dei soldali uliiacli, cle
la piendevano in giio. Tu non ci ciedi, cle faiai la slessa fine` Anclio non voiiei ciedei-
ci, ma cli lo sa, foise dieci, ollo anni fa ancle lei, quella col pesce salalo, eia venula qui da
clissa dove fiesca come un cleiulino, innocenle, puia, non conosceva il male, a ogni
paiola aiiossiva. Ioise eia come le, oigogliosa, suscellilile, diveisa dalle allie, guaidava
come una iegina e sapeva lene quale felicila allendeva colui cle lavesse amala e cle lei
avesse amalo. Vedi come finila` L se in quello slesso momenlo in cui lalleva quel pesce
sui giadini sudici, uliiaca e scaimigliala, se in quel momenlo si fosse iicoidala i suoi puii
anni passali, quando viveva nella casa del padie e andava ancoia a scuola, e il figlio del
vicino le faceva la posla pei sliada, le giuiava cle lavielle amala pei lulla la vila, cle le
avielle affidalo il suo deslino, e quando insieme avevano slalililo di amaisi pei sempie
e sposaisi, appena fosseio divenlali giandi! No, Iiza, saia una foiluna, una foiluna pei
le, se moiiiai al pi pieslo di luleicolosi da qualcle paile, in un angolo, in uno scanlina-
lo, come quella di slamane. Allospedale, dici` Va lene, li ci poileianno, ma se la padiona
la ancoia lisogno di le` Ia luleicolosi una malallia laloida, non la malaiia. Iino
allullimo islanle uno speia e dice di slai lene. Si auloinganna. L la padiona ci guadagna.
Sla lianquilla, cos: lai vendulo lanima, e pei di pi devi dei soldi, dunque non oseiai
neppuie fialaie. L quando saiai moiilonda, lulli li allandoneianno, lulli si volleianno
dallallia paile, peicl oimai cle si puo iicavaie da le` L ollielullo li iinfacceianno di
occupaie il poslo gialis, di non sliigaili a moiiie. Non poliai cliedeie da leie, senza cle
le lo poigano con impiopeii: L quando ciepi, diianno, sclifosa, ci impedisci di doimi-
ie: gemi, i clienli si disguslano. L veio, io slesso lo collo paiole simili. Ti cacceianno,
agonizzanle, nellangolo pi puzzolenle dello scanlinalo: luio, umidila, cle cosa non
penseiai alloia, giacendo l da sola` Moiiiai: li iaccoglieianno alla svella, con mani eslia-
nee, con lionlolii, con impazienza, nessuno li lenediia, nessuno sospiieia pei le, pense-
ianno solo a slaiazzaisi di le al pi pieslo. Compieianno una cassa di legno giezzo, li
poileianno fuoii, come oggi lanno poilalo fuoii quella poveiella, poi andianno a com-
memoiaili allosleiia. Nella fossa fango, spoicizia, neve fiadicia - foise il caso di fai
ceiimonie pei le` Dai, lullala gi, Vanjucla, guaida, la 'malasoile ancle qui andala a
gamle allaiia, da quella cle . Accoicia le coide, demonio. Va lene ancle cos. Come
va lene` Non vedi cle dislesa sul fianco` Lia pui sempie un esseie umano, o no` L va
lene, lulla la leiia. Pei causa lua non vaiia neppuie la pena di insullaisi lioppo. Ti
iicopiiianno alla svella di aigilla livida e lagnala e andianno allosleiia... L cos finiia
ancle la lua memoiia sulla leiia, sulla lomla degli allii si iecano i figli, i padii, i maiili,
pei le invece n una laciima, n un sospiio, n una pieglieia, e nessuno, nessuno mai nel
mondo inleio veiia a liovaili, il luo nome spaiiia dalla faccia della leiia: piopiio come se
non fossi mai esislila e mai nala! Iango e acquiliino, pei quanlo lu lussi conlio il copei-
clio della laia laggi, di nolle, quando i moili si levano: Iascialemi andaie, luona
genle, a viveie nel mondo! Ho vissulo, ma la vila non llo conosciula, la mia vila si
consumala come uno sliaccio, se la sono levula in unosleiia della Sennaja, luona genle,
lascialemi viveie ancoia una volla al mondo!....
Mi eio cos lascialo piendeie dal pa|ncs, cle cominciavo io slesso a senliie un nodo alla
gola, e... a un liallo mi feimai, mi sollevai un po spavenlalo e, clinando limoiosamenle il
capo, col cuoie cle lalleva mi misi in ascollo. L ceia di cle luilaisi.
Da un pezzo oimai avevo inluilo di aveile scomlussolalo lanima e spezzalo il cuoie, e
quanlo pi me ne peisuadevo, lanlo pi desideiavo iaggiungeie lo scopo al pi pieslo e
con la maggioi foiza possilile. Il gioco, il gioco mi aveva appassionalo, del ieslo, non solo
il gioco...
Sapevo di pailaie in modo pesanle, ailificioso, peifino liliesco, insomma non sapevo
pailaie alliimenli cle come un lilio slampalo. Ma la cosa non mi luilava, sapevo infal-
li, piesenlivo, cle saiei slalo capilo e cle piopiio quel lono liliesco poleva seiviie ancoi
meglio al caso mio. Ma adesso, iaggiunlo leffello, a un liallo elli pauia. No, mai, mai
piima eio slalo leslimone di una lale dispeiazione! Lia dislesa locconi, con il viso affon-
dalo nel cuscino, cle aveva affeiialo foile con lulle e due le mani. Ie si sclianlava il pello.
Tullo il suo giovane coipo sussullava come in pieda alle convulsioni. I singliozzi cle le
sliingevano il pello la soffocavano, la sliaziavano e a un liallo eiompevano allesleino in
uila, in giida. Alloia si piemeva ancoi pi foile conlio il cuscino: non voleva cle alcuno
l, non unanima viva sapesse del suo loimenlo e delle sue laciime. Moideva il cuscino, si
moise a sangue una mano (lo vidi poi) oppuie, avvinglialasi con le dila alle liecce scom-
posle, simmolilizzava nello sfoizo, liallenendo il iespiio e sliingendo i denli. Slavo pei
cominciaie a diile qualcosa, a cliedeile di calmaisi, ma senlii cle non osavo, e a un liallo
io slesso, lullo scosso dai liividi, quasi alleiiilo, mi lanciai a lenloni a iaccoglieie le mie
cose, pei usciie al pi pieslo. Lia luio: pei quanlo mi sfoizassi, non iiuscii a sliigaimi in
fiella. A un liallo laslai una scalola di fiammifeii e un candelieie con una candela inleia,
nuova. Appena la luce iiscliaio la slanza, Iiza si alzo di colpo, si sedelle e con un viso
sliavollo, con un soiiiso semifolle, mi guaido quasi insensalamenle. Mi sedelli accanlo a
lei e le piesi le mani, lei si iipiese, si gello veiso di me, voleva alliacciaimi, ma non oso
e in silenzio clino il capo davanli a me.
Iiza, amica mia, lo fallo male... peidonami, cominciai, ma lei sliinse le mie mani fia le
sue dila con lanla foiza, cle indovinai cle non slavo dicendo quel cle ci voleva, e minlei-
iuppi.
Lcco il mio indiiizzo, Iiza, vieni a liovaimi.
Veiio..., sussuiio iisolulamenle, sempie senza sollevaie il capo.
Adesso peio vado, addio... aiiivedeici.
Mi alzai, si alzo ancle lei e a un liallo avvampo lulla, liasal, affeiio lo scialle posalo sulla
sedia e se lo lullo sulle spalle fino al menlo. Iallo cio, soiiise di nuovo doloiosamenle,
aiioss e mi guaido in modo sliano. Mi senlivo male, avevo fiella di andaimene, di lal-
leimela.
Aspelli, disse a un liallo, gia nel veslilolo, piopiio davanli alla poila, liallenendomi
pei il cappollo, poso la candela in fiella e fuiia e coise via: evidenlemenle aveva iicoidalo
o voleva faimi vedeie qualcosa. Menlie coiieva via, aiioss lulla, i suoi occli scinlillava-
no, sulle lallia le appaive un soiiiso: cle succedeva` Aspellai conliovoglia, loino un
minulo dopo, con uno sguaido cle paieva cliedei peidono di qualcosa. In geneiale non
eia pi il viso, lo sguaido di piima, cupo, diffidenle e oslinalo. Il suo sguaido adesso eia
suppliclevole, dolce, e nello slesso lempo fiducioso, leneio, limido. Cos i lamlini guai-
dano quelli a cui vogliono mollo lene e a cui cliedono qualcosa. I suoi occli eiano casla-
no-cliaii, occli lellissimi, inlensi, cle sapevano iiflelleie sia lamoie cle un cupo odio.
Senza spiegaimi nulla (quasi cle io, come un qualcle esseie supeiioie, dovessi sapeie
lullo senza spiegazioni), mi lese un foglio. In quel momenlo lullo il suo viso splendeva
del pi ingenuo, quasi infanlile liionfo. Iapiii. Lia la lelleia di uno sludenle di medicina
o qualcosa del geneie: una dicliaiazione damoie ampollosa, fioiila, ma esliemamenle
iispellosa. Ho dimenlicalo le espiessioni, ma iicoido lenissimo cle alliaveiso lo slile
elevalo liaspaiiva un senlimenlo sinceio, cle non si puo conliaffaie. Quando elli finilo
di leggeie, inconliai il suo sguaido aidenle, cuiioso e infanlilmenle impazienle su di me.
Iissava gli occli sul mio viso e aspellava con impazienza quel cle le aviei dello. In pocle
paiole, in fiella, ma con gioia e quasi con oigoglio, mi spiego cle eia slala a una seiala
danzanle, in casa di una famiglia, da ceila genle mollo, mollo peilene, gcn|c i fanig|ia,
dove ncn sannc anccra nu||a, piopiio nulla, peicl lei l ci slava solo da poco e solo cos...
eia lullallio cle decisa a iimaneie e se ne saielle assolulamenle andala, appena avesse
pagalo il delilo... e, e la ceia queslo sludenle, lulla la seia aveva lallalo, pailalo con
lei, ed eia sallalo fuoii cle laveva conosciula gia a Riga, da lamlino, avevano giocalo
insieme, peio mollo lempo fa, conosceva ancle i suoi geniloii, ma i qucs|c non sapeva n
sospellava nienle di nienle! Ld ecco, il gioino dopo la fesla da lallo (lie gioini piima),
aveva mandalo quella lelleia pei mezzo dellamica con cui lei eia andala alla seiala... e...
ed ecco lullo.
Quando elle finilo il iacconlo, allasso quasi con veigogna i suoi occli scinlillanli.
Poveiina, cuslodiva la lelleia di quello sludenle come una cosa pieziosa ed eia coisa a
piendeie quel suo unico lesoio, non volendo cle me ne andassi senza sapeie cle ancle lei
eia amala oneslamenle e sinceiamenle, cle ancle con lei pailavano in modo iispelloso.
Piolalilmenle il deslino di quella lelleia eia di iimaneie in un cofanello senza alcuna
conseguenza. Ma non impoilava, sono ceilo cle pei lulla la vila lavielle cuslodila come
una cosa pieziosa, come il suo vanlo e la sua giuslificazione, ed ecco cle in un simile
momenlo se neia iicoidala e aveva poilalo quella lelleia, pei vanlaisene ingenuamenle
con me, iiscallaisi ai miei occli, peicl anclio vedessi, peicl anclio la elogiassi. Non
dissi nulla, le sliinsi la mano e uscii. Avevo lanla voglia di andaimene... Ieci lulla la
sliada a piedi, malgiado la neve fiadicia conlinuasse a cadeie a fioccli. Lio disliullo,
scliaccialo, peiplesso. Ma la veiila gia liillava alliaveiso la peiplessila. Una luipe veiila!

VIII

Del ieslo non acconsenlii sulilo a iiconosceie quella veiila. Sveglialomi lindomani mal-
lina dopo alcune oie di un sonno piofondo, di piomlo, ed essendomi sulilo iicoidalo
lulli gli avvenimenli della vigilia, mi slupii peifino del mio scn|incn|a|isnc del gioino
piima con Iiza, di lulli quegli oiioii e compassioni di ieii. Mi faccio piendeie da ceile
ciisi isleiicle da donnella, pual!, decisi. L peicl mai le lo iifilalo il mio indiiizzo` L
se viene` Ma s, del ieslo, cle venga puie, cle me ne impoila.... Ma, cticn|cncn|c, il
piollema piincipale e pi impoilanle adesso eia un allio: lisognava sliigaisi a salvaie a
qualsiasi coslo e al pi pieslo la mia iepulazione agli occli di Zveikov e Simonov. Lcco
qual eia la cosa piincipale. Anzi, di Iiza mi dimenlicai complelamenle quella mallina,
immeiso nelle mie faccende.
Piima di lullo lisognava saldaie immedialamenle il delilo conliallo il gioino piima con
Simonov. Mi decisi a un mezzo dispeialo: cliedeie in pieslilo len quindici iulli ad Anlon
Anlonovi. Neancle a failo apposla, quella mallina egli eia dollimo umoie e me li diede
sulilo, alla piima iicliesla. Me ne iallegiai lanlo cle, fiimando la iicevula, con unaiia
spavalda e ccn ncncuranza gli comunicai cle il gioino piima avevo fallo laldoiia con gli
amici allHc|c| c Paris, avevamo salulalo un compagno, anzi si puo diie un amico din-
fanzia, e, sa, un gian lisloccione, un iagazzo vizialo... le, sinlende, di luona famiglia,
con un paliimonio cospicuo, una liillanle caiiieia, spiiiloso, simpalico, se la inlende con
ceile dame, capisce: alliamo levulo una 'mezza dozzina di lioppo e.... L come se nien-
le fosse: le paiole mi uscivano con gian facilila, disinvolluia e sicuiezza.
Giunlo a casa, sciissi immedialamenle a Simonov.
Ancoi oggi, quando ci iipenso, non posso faie a meno di ammiiaie il lono veiamenle
signoiile, lenevolo, apeilo della mia lelleia. Alilmenle e nolilmenle e, sopiallullo, senza
una paiola supeiflua, mi assumevo la iesponsalilila di lullo. Mi giuslificavo, seppuie
mi eia ancoi lecilo giuslificaimi, col fallo cle, non essendo assolulamenle alilualo allal-
cool, mi eio uliiacalo fin dal piimo licclieie, cle (cos dicevo) avevo levulo ancoi piima
cle aiiivasseio, menlie li aspellavo allHc|c| c Paris dalle cinque alle sei. Cliedevo scusa
in piimo luogo a Simonov, e lo piegavo di liasmelleie le mie spiegazioni a lulli gli amici,
sopiallullo a Zveikov, cle, mi paieva di iicoidaie come in sogno, avevo offeso. Ag-
giungevo cle mi saiei iecalo io slesso da loio, ma avevo mal di lesla, e sopiallullo mi
veigognavo. Rimasi pailicolaimenle soddisfallo di quella ceila leggeiezza, quasi non-
cuianza (del ieslo, assolulamenle coiiella), a cui eia inaspellalamenle impionlala la mia
sciilluia, e cle meglio di lulle le aigomenlazioni possilili lasciava sulilo inlendeie cle
consideiavo lullo il fallaccio di ieii con una ceila indipendenza, non eio affallo, non
eio pei nulla annienlalo, come voi, signoii, piolalilmenle pensale, ma al conliaiio consi-
deiavo la cosa come si conviene a un gcn||cnan cle iispelli seienamenle se slesso. Come a
diie cle il passalo non puo confondeie un lipo in gamla.
Non c peifino un ceilo liio da maiclese`, ammiiavo, iileggendo il ligliello. L lullo
peicl sono una peisona evolula e colla! Allii al mio poslo non sapielleio come levaisi
dai guai, menlie guaidale me, me la sono sliogliala e loino a fai laldoiia, e lullo peicl
sono un uomo collo ed evolulo del noslio lempo. L poi foise veio cle slala lulla
colpa del vino, ieii. Hmm... ma no, non del vino. Di vodka non ne lo levula affallo, dalle
cinque alle sei, menlie li aspellavo. Ho menlilo a Simonov, lo menlilo senza iilegno, e
ancle adesso non lo iilegno...
Ol, insomma, me ne infisclio! Quel cle conla cle me la sono cavala.
Misi nella lelleia i sei iulli, sigillai e cliesi ad Apollon di iecapilaila a Simonov. Quando
seppe cle nella lelleia ceia del denaio, Apollon divenne pi ossequioso e acconsenl ad
andaie. Veiso seia uscii pei faie una passeggiala. Ia lesla mi faceva ancoia male e mi
giiava dal gioino piima. Ma quanlo pi calava la seia e si addensava il ciepuscolo, lanlo
pi mulavano e si confondevano le mie impiessioni e, al loio seguilo, i pensieii. Qualcosa
non moiiva denlio di me, nel piofondo del cuoie e della coscienza, non voleva moiiie e si
espiimeva in una liucianle angoscia. Giionzolavo sopiallullo pei le vie pi affollale e
animale, pei le Mescanskie, la Sadovaja, inloino al Giaidino }usupov. Mi sempie pia-
ciulo pailicolaimenle passeggiaie pei quelle vie al ciepuscolo, piopiio quando vi si infil-
lisce la folla pi vaiia di passanli, opeiai e ailigiani dai volli pieoccupali fino alla callive-
iia, cle si dispeide pei le case dopo il lavoio diuino. Mi piaceva piopiio quellaffaccen-
daisi da due soldi, quella sfionlala piosaicila. Quella volla la calca pei sliada mi iiiilava
ancoi pi. Non iiuscivo piopiio a iecupeiaie il dominio di me slesso, a iiliovaie il lando-
lo della malassa. Qualcosa si sollevava, si sollevava incessanlemenle, doloiosamenle nel-
la mia anima, e non voleva placaisi. Sconvollo loinai a casa. Lia come se sulla mia anima
pesasse un delillo.
Mi loimenlava coslanlemenle il pensieio cle saielle venula Iiza. Mi paieva sliano cle,
di lulli i iicoidi del gioino piima, il iicoido di lei mi loimenlasse in modo pailicolaie, del
lullo indipendenle dagli allii. Di lullo il ieslo avevo gia fallo in lempo a dimenlicaimi
complelamenle piima di seia, ci avevo messo una pielia sopia e ieslavo ancoia peifella-
menle soddisfallo della mia lelleia a Simonov. Qui, invece, non eio affallo soddisfallo.
Piopiio come se fosse sollanlo Iiza a loimenlaimi. L se viene`, pensavo incessanle-
menle. Lllene, cle mimpoila, venga puie. Hmm. Ceilo liullo cle veda, pei esempio,
come vivo. Ieii con lei lo fallo lalmenle la paile... delleioe... e adesso, lmm! Del ieslo
liullo cle mi sia lascialo andaie cos. Cle miseiia, in quesla casa. L ieii lo avulo il coiag-
gio di andaie a un pianzo con un alilo cos! L il mio divano dinceiala, dal quale spunla
limlolliluia! L la mia veslaglia, con la quale impossilile copiiisi! Cle sliacci... L lei
vedia lullo queslo, e vedia Apollon. Quellanimale, piolalilmenle, la offendeia. Ia im-
poiluneia pei faimi uno sgailo. L io, naluialmenle, minlimidiio come mio solilo, co-
minceio a sgamlellaile davanli, a copiiimi con le falde della veslaglia, cominceio a soiii-
deie, cominceio a menliie. Ul, cle liulluia! L del ieslo non quesla la liulluia pi
impoilanle! Qui c qualcosa di pi impoilanle, di pi luipe, di pi ignolile! S, pi igno-
lile! L di nuovo, di nuovo melleisi quella mascleia ipociila, menzogneia!....
Aiiivalo a queslo pensieio, mi infiammai di colpo:
Peicl ipociila` Come ipociila` Ieii lo pailalo sinceiamenle. Ricoido cle in me ceia
ancle un senlimenlo aulenlico. Volevo piopiio iisvegliaie in lei dei senlimenli nolili... se
la pianlo un po, lanlo meglio, le faia lene....
L lullavia non iiuscivo in nessun modo a calmaimi.
Pei lulla quella seiala, ancle dopo iincasalo, ancle dopo le nove, quando secondo i miei
calcoli Iiza non poleva pi veniie, seguilavo a immaginaimela, e sopiallullo la iivedevo
sempie nella slessa posizione. Un solo momenlo di lullo il gioino avanli mi appaiiva con
pailicolaie evidenza: quando cio avevo illuminalo la slanza con il fiammifeio e avevo
vislo il suo viso pallido, defoimalo, con lo sguaido da mailiie. L cle soiiiso penoso,
innaluiale, defoimalo aveva in quellislanle! Ma ancoia non sapevo cle ancle quindici
anni dopo mi saiei immaginalo Iiza piopiio con il soiiiso penoso, defoimalo, inulile, cle
aveva in quellislanle.
Iindomani eio gia di nuovo pionlo a consideiaie lullo queslo una sciocclezza, una ma-
lallia dei neivi e, sopiallullo, uncsagcrazicnc. Lio sempie slalo consapevole di queslo mio
punlo delole e lalvolla ne avevo molla pauia: Io esageio lullo, queslo il mio difello,
mi iipelevo ogni oia. Ma, del ieslo, del ieslo Iiza, nonoslanle lullo, foise veiia: ecco il
iiloinello con cui si concludevano lulli i miei iagionamenli di alloia. Lio cos agilalo, cle
lalvolla minfuiiavo. Veiia! Veiia senzallio!, esclamavo, coiiendo su e gi pei la slan-
za. Se non oggi, veiia domani, ma mi lioveia! L lo sliamaledello iomanlicismo di lulli
quei cucri puri! Ol sclifo, ol slupidila, ol limilalezza di quelle 'luiide anime senlimenla-
li! Ma come non capiie, come si fa, dico io, a non capiie`.... Ma a queslo punlo mi feima-
vo da solo, e ancle piofondamenle luilalo.
L quanle pocle, pocle paiole, pensavo di sfuggila, ci sono volule, quanlo poco idillio
c volulo (e ollielullo un idillio fasullo, liliesco, cosliuilo), pei scomlussolaie a modo
mio lulla unanima. Quel cle vuol diie la veiginila! Quel cle vuol diie un leiieno fie-
sco!.
Talvolla mi veniva il pensieio di andaie io da lei, iacconlaile lullo e convinceila a non
veniie da me. Ma a queslo punlo, a queslo pensieio, in me si levava una lale iallia, cle
ciedo aviei semplicemenle scliaccialo quella maledella Iiza, se a un liallo me la fossi
liovala accanlo, laviei offesa, insullala, scacciala, colpila!
Ma passo un gioino, un allio, un leizo: lei non veniva, e io cominciavo a lianquillizzaimi.
Mi iingalluzzivo e iipiendevo coiaggio sopiallullo dopo le nove, lalvolla cominciavo
peifino a sognaie, e piulloslo dolcemenle: Io, pei esempio, salvo Iiza, piopiio pei il
fallo cle lei viene da me, e io le pailo... Sviluppo il suo spiiilo, la isliuisco. Infine mi
accoigo cle lei mi ama, mi ama appassionalamenle. Iingo di non capiie (non so, del
ieslo, peicl finga, cos, pei lellezza, piolalilmenle). Iinalmenle lei, lulla luilala, lellis-
sima, liemando e singliozzando, si gella ai miei piedi e dice cle sono il suo salvaloie e
cle mi ama pi di ogni cosa al mondo. Io mi meiaviglio, ma... 'Iiza, dico, 'ciedi davveio
cle non mi sia accoilo del luo amoie` Io vedevo lullo, indovinavo, ma non osavo allenla-
ie al luo cuoie pei piimo, peicl avevo un ascendenle su di le e lemevo cle li saiesli
indolla apposla a iicamliaie il mio amoie, pei gialiludine, e aviesli suscilalo a foiza in le
un senlimenlo cle foise non ceia, e io non lo volevo, peicl queslo... dispolismo... L
indelicalo (ma s, qui insomma mi imliogliavo in qualcle solligliezza euiopea alla Geoige
Sand, qualcosa di ineffalilmenle nolile...). Ma oia, oia sei mia, sei la mia ciealuia, sei
puia, lellissima, sei la mia lellissima sposa.
L in casa mia, aidila e lileia,
Lnlia da veia padiona!
Dopodicl cominciamo a viveie felici e conlenli, andiamo allesleio, ecceleia, ecceleia.
In una paiola, la cosa divenlava iipugnanle peifino pei me, e finivo col faimi una lin-
guaccia.
L poi non la lasceianno usciie, la 'sgualdiina!, pensavo. A quanlo paie quelle l non le
lasciano uscii lioppo a passeggio, lanlo pi di seia (clissa peicl eio cos sicuio cle
dovesse veniie piopiio di seia, e piecisamenle alle selle). Ma, del ieslo, la dello cle non
si ancoia vendula del lullo, la denlio, cle gode di diiilli pailicolaii, dunque, lmm! Al
diavolo, veiia, veiia senzallio!.
Ioiluna ancoia cle nel fiallempo Apollon mi disliaeva con le sue villanie. Mi faceva
scappaie ancle lullima pazienza! Lia la mia cioce, il flagello invialomi dalla Piovviden-
za. Io e lui ci punzeccliavamo senza liegua oimai da diveisi anni, e io lo odiavo. Dio mio,
come lodiavo! Nella mia vila ciedo di non avei mai odialo nessuno come lui, sopiallullo
in ceili momenli. Lia un uomo anziano, sussiegoso, cle ogni lanlo faceva ancle il sailo.
Ma, clissa peicl, aveva pei me un dispiezzo addiiilluia spioposilalo, e mi guaidava
dallallo in lasso in modo insoppoilalile. Del ieslo, guaidava lulli dallallo in lasso.
aslava daie unoccliala a quella lesla coloi sloppa, lisciala dal pelline, a quel ciuffo cle
egli si gonfiava sulla fionle e ungeva di olio di semi, a quella locca seiia, peiennemenle
imlionciala, pei capiie cle vi liovavale di fionle a un esseie cle non dulilava mai di s.
Lia un pedanle al massimo giado, e il pi madoinale pedanle fia lulli quelli cle lo incon-
lialo sulla leiia, e pei giunla con un amoi piopiio cle saielle foise convenulo sollanlo
ad Alessandio il Macedone. Lia innamoialo di ogni suo lollone, di ogni sua unglia -
assolulamenle innamoialo, quella eia la sua aiia! Mi liallava come un aulenlico despola,
pailava poclissimo con me, e se gli capilava di iivolgeimi unoccliala, mi guaidava con
uno sguaido feimo, maeslosamenle supeilo e coslanlemenle canzonaloiio, cle a volle mi
mandava in leslia. Svolgeva le sue mansioni con laiia di faimi un giandissimo favoie.
Del ieslo, non faceva quasi esallamenle nulla pei me e anzi non si slimava neppuie in
doveie di faie qualcosa. Non ceia alcun dullio cle mi consideiasse lullimo cielino
sulla leiia, e se mi leneva piesso di s eia unicamenle peicl da me si poleva iiceveie
uno slipendio ogni mese. Acconsenliva a non fai nulla da me pei selle iulli al mese.
Pei lui mi saianno peidonali molli peccali. Talvolla aiiivavo a un odio lale, cle laslava il
suo passo a faimi quasi veniie le convulsioni. Ma sopiallullo mi iipugnava la sua pailala
llesa. Aveva la lingua un po pi lunga del noimale, o qualcosa del geneie, pei cui
liascicava e sililava e, ciedo, ne andava leiiililmenle fieio, immaginando cle cio gli
confeiisse giandissima dignila. Pailava sollovoce, misuialamenle, lenendo le mani die-
lio la scliena e allassando gli occli a leiia. Mi mandava pailicolaimenle in leslia quan-
do si melleva a leggeie il Salleiio nella sua slanza dielio il liamezzo. Molle lallaglie
soppoilai pei quella lelluia. Ma a lui piaceva un mondo leggeie la seia, con voce som-
messa e monolona, canlilenando, come a una veglia funelie. L cuiioso cle piopiio cos
sia finilo: adesso viene pagalo pei leggeie il Salleiio pei i defunli, e inollie sleimina i lopi
e falliica lucido pei scaipe. Ma alloia non polevo scacciailo, eia come fuso climicamen-
le con la mia esislenza. Inollie lui slesso non avielle mai e poi mai acconsenlilo ad andai-
sene. Io non polevo assolulamenle viveie in una cnanorc garnic: il mio appailamenlo eia
la mia ieggia, il mio guscio, il mio asluccio, in cui mi nascondevo a lulla lumanila, e mi
semliava, il diavolo sa peicl, cle Apollon ne fosse paile inlegianle, cos pei len selle
anni non polei scacciailo.
Tialleneie, pei esempio, il suo slipendio ancle solo pei due, lie gioini, eia impossilile.
Lgli avielle pianlalo una lale giana, cle non aviei sapulo dove andaie a nascondeimi.
Ma in quei gioini eio a lal punlo incallivilo con lulli, cle decisi, clissa pei quale molivo e
scopo, di punirc Apollon e di non pagaigli lo slipendio pei allie due sellimane. Lia gia un
pezzo, un paio danni, cle medilavo di failo - unicamenle pei dimosliaigli cle non avielle
pi osalo daisi lanle aiie con me e cle, se volevo, polevo sempie non pagaigli lo slipen-
dio. Slalilii di non pailaigliene, anzi di laceie apposla pei piegaie il suo oigoglio e co-
sliingeilo a menzionaie lui pei piimo lo slipendio. Alloia aviei liialo fuoii lulli i selle
iulli dal cassello, gli aviei fallo vedeie cle li avevo e li lenevo da paile apposilamenle,
ma cle non volevo, non volevo, semplicemenle non volevo pagaigli lo slipendio, non
volevo peicl ccsi ni garoata, peicl quello eia il mio voleie di padione, peicl lui
eia iiiispelloso, peicl eia un villanzone, ma cle se me lavesse clieslo iispellosamenle,
alloia, foise, mi saiei iaddolcilo e glielaviei dalo, alliimenli avielle aspellalo allie due
sellimane, ne avielle aspellale lie, avielle aspellalo un mese inleio...
Ma pei quanlo fossi iallioso, fu comunque lui a vinceie. Non iessi neppuie quallio gioi-
ni. Comincio come cominciava sempie in casi simili, peicl casi simili si eiano gia veiifi-
cali, eiano gia slali lenlali (e osseiveio cle sapevo lullo in anlicipo, conoscevo a memoiia
la sua suldola lallica), e cio: cominciava col punlaie su di me uno sguaido esliemamen-
le seveio, senza disloglieilo pei diveisi minuli di seguilo, sopiallullo venendomi ad apii-
ie o accompagnandomi alla poila. Se, pei esempio, io iesislevo e fingevo di non accoigei-
mi di quegli sguaidi, lui, sempie lacendo, piocedeva a ulleiioii supplizi. A un liallo, di
punlo in lianco, enliava silenzioso come un gallo nella mia slanza, menlie camminavo su
e gi o leggevo, si feimava sulla poila, melleva una mano dielio la scliena, scoslava un
piede e punlava su di me il suo sguaido, oimai non solo seveio, ma assolulamenle spiez-
zanle. Se a un liallo gli cliedevo di cle avesse lisogno, non iispondeva nulla, conlinuava
a guaidaimi con insislenza ancoia pei qualcle secondo, poi, sliingendo le lallia in un
modo pailicolaie, con aiia significaliva, lenlamenle giiava su se slesso e lenlamenle se ne
andava in cameia sua. Di l a un paio doie a un liallo usciva di nuovo e di nuovo mi si
piesenlava davanli allo slesso modo. Capilava cle, infeiocilo, non gli cliedessi neppuie
di cle aveva lisogno, ma semplicemenle sollevassi liusco e impeiioso la lesla e comin-
ciassi a mia volla a guaidailo con insislenza. Cos ci fissavamo, lalvolla, pei un paio di
minuli, finalmenle lui si vollava, lenlamenle e allezzosamenle, e spaiiva di nuovo pei
due oie.
Se neppuie queslo laslava a faimi mellei giudizio e conlinuavo ancoia a iilellaimi, a un
liallo lui allaccava a sospiiaie, guaidandomi, a sospiiaie a lungo, piofondamenle, come
a misuiaie con un solo sospiio lulla la piofondila della mia degiadazione moiale, e, ov-
viamenle, andava a finiie cle laveva complelamenle vinla: io mimleslialivo, giidavo,
ma eio comunque cosliello a cedeigli sul punlo in queslione.
Quella volla peio, appena cominciaiono le solile manovie di sguaidi seveii, uscii suli-
lo dai gangleii e infuiialo mi scagliai conlio di lui. Lio gia fin lioppo iiiilalo ancle senza
di cio.
Ieimali!, piesi a giidaie come un ossesso, menlie egli si vollava lenlamenle e in silen-
zio, con una mano dielio la scliena, pei andaisene nel suo slanzino. Ieimali! Giiali,
giiali, li dico!, e devo avei sliailalo in modo cos innaluiale, cle egli si vollo e piese a
osseivaimi addiiilluia con un ceilo slupoie. Del ieslo, conlinuava a non diie una paiola,
e piopiio queslo mi mandava in leslia.
Come osi enliaie nella mia slanza senza peimesso e guaidaimi cos` Rispondi!.
Ma dopo aveimi guaidalo lianquillamenle pei mezzo minulo, fece pei vollaisi di nuovo.
Ieimali!, leiciai, coiiendo da lui. Non li muoveie! Cos. Rispondi adesso: cosa sei
enlialo a guaidaie`
Se adesso la qualcosa da oidinaimi, il mio compilo eseguiie, iispose dopo un nuovo
silenzio, liascicando piano e misuialamenle, inaicando le sopiacciglia e piegando lian-
quillamenle la lesla da una spalla allallia, e il lullo con una flemma leiiificanle.
Non queslo, non queslo cle domando, loia!, mi misi a uilaie, liemando di iallia.
Te lo dico io, loia, peicl vieni qui: lu vedi cle non li pago lo slipendio, e siccome non
vuoi, pei oigoglio, inclinaili, cliedeie, ecco cle vieni con i luoi sguaidi idioli a puniimi,
a loimenlaimi, e non sos-spelli, loia, quanlo queslo sia slupido, slupido, slupido, slupi-
do, slupido!.
Iece pei vollaisi di nuovo, ma io lo affeiiai.
Ascolla, gli giidai. Lcco i soldi, vedi, eccoli! (li liiai fuoii dal cassello del lavolino).
Tulli i selle iulli, ma non li iiceveiai, non li ii-ce-veiai, fincl non veiiai a cliedeimi
scusa iispellosamenle, con aiia conliila. Hai senlilo`
Queslo non possilile!, iispose con una sicuiezza di s peifino innaluiale.
Io saia!, giidai. Ti do la mia paiola donoie cle lo saia!.
L poi non devo cliedeile scusa di nienle, conlinuo, come se non si accoigesse affallo
delle mie giida, peicl lei cle mi la cliamalo loia, pei la qual cosa posso sempie
denunciaila pei olliaggio alla polizia.
Vacci! Denunciami!, mi misi a uilaie. Vacci sulilo, in queslo minulo, in queslo secon-
do! L comunque sei un loia! oia! oia!. Ma lui si limilo a guaidaimi, poi fece dieliofionl
e, senza pi ascollaie le mie giida di iicliamo, se ne scivolo nel suo angolo, senza vollaisi.
Se non fosse pei Iiza, lullo queslo non saielle successo!, decisi fia me. Quindi, iimaslo
feimo un minulo, con aiia impoilanle e solenne, ma con il cuoie cle mi mailellava lenlo
e foile, mi iecai io slesso da lui dielio il liamezzo.
Apollon!, dissi piano e posalamenle, ma ansimando. Va immedialamenle e senza
indugiaie un allimo a cliamaie il poliziollo di quailieie!.
Iui nel fiallempo si eia gia sedulo al suo lavolo, aveva infoicalo gli occliali e pieso in
mano il cucilo. Ma, udilo il mio oidine, a un liallo si lascio sfuggiie una iisala.
Sulilo, va in queslislanle! Vai, vai, o non li immagini neppuie quel cle accadia!.
Iei davveio fuoii di ceivello, osseivo, senza neppuie sollevaie la lesla, liascicando
con la solila lenlezza e conlinuando a infilaie lago. L dove si mai vislo cle uno vada a
cliamaie le auloiila conlio se slesso` Se poi vuole spavenlaimi, si sgola inulilmenle, pei-
cl non olleiia nulla.
Vai!, sliidelli, affeiiandolo pei una spalla. Senlivo cle slavo pei colpiilo.
Ma non avevo neppuie senlilo cle in quel momenlo, a un liallo, la poila dellanlicameia
si eia apeila piano piano e una figuia eia enliala, si eia feimala e aveva comincialo a
osseivaici peiplessa. Guaidai, ieslai impieliilo dalla veigogna e mi piecipilai nella mia
slanza. Ia, affeiialomi con enliamle le mani i capelli, mi appoggiai col capo alla paiele e
iimasi immolile in quella posizione.
Dopo un paio di minuli si udiiono i passi lenli di Apollon.
C di la una cle cliede di lei, disse, guaidandomi con pailicolaie seveiila, poi si scan-
so e lascio enliaie - Iiza. Iui non voleva andaisene e ci osseivava con aiia saicaslica.
Vallene! Vallene!, gli ingiunsi, smaiiilo. In quel momenlo il mio oiologio si lese, sfiigolo
e lall le selle.

IX

L in casa mia, aidila e lileia,


Lnlia da veia padiona!

Da||a nccsina pccsia


Ie slavo davanli annienlalo, disonoialo, disguslosamenle confuso e, ciedo, soiiidevo,
ceicando affannosamenle di copiiimi con i lemli della mia veslagliuccia cenciosa, imlol-
lila dovalla: ma s, esallamenle come mi eio immaginalo ancoi poco piima, in un mo-
menlo di sconfoilo. Apollon, iimaslo incomlenle su di noi pei un paio di minuli, se ne
ando, ma non mi senlii meglio. Il peggio fu cle ancle lei a un liallo si confuse, e in un
modo cle non mi saiei mai aspellalo. Guaidandomi, sinlende.
Siedili, dissi macclinalmenle e le avvicinai la sedia cle slava accanlo al lavolo, menlie
io mi accomodavo sul divano. Iei vi si sedelle sulilo, olledienle, guaidandomi con gli
occli slaiiali ed evidenlemenle aspellandosi qualcosa da me. Piopiio lingenuila di quel-
lallesa mi iese fuiioso, ma mi liallenni.
Avielle dovulo fingeie di non accoigeisi di nulla, come se lullo fosse noimale, menlie
lei... L senlii vagamenle cle glielaviei falla pagaie caia pcr |u||c cic.
Mi lai liovalo in una sliana siluazione, Iiza, cominciai, lallellando e sapendo cle
quello eia piopiio il modo in cui non lisognava cominciaie.
No, no, non faili clissa quali idee!, giidai, vedendo cle a un liallo eia aiiossila. Io non
mi veigogno della mia poveila... Al conliaiio, vado fieio della mia poveila. Sono poveio,
ma nolile... Si puo esseie poveii e nolili, loilollavo. Del ieslo... vuoi del l`
No..., comincio.
Aspella!.
Mi alzai di scallo e coisi da Apollon. isognava pui spaiiie da qualcle paile.
Apollon, sussuiiai con iapidila felliile, gellandogli davanli i selle iulli, cle eiano
iimasli pei lullo il lempo nel mio pugno, eccoli lo slipendio, vedi, le lo pago, ma in
compenso devi salvaimi: poila immedialamenle del l dalla lialloiia e dieci liscolli. Se
non voiiai andaie, iendeiai infelice un uomo! Tu non sai cle donna quella... L - lullo!
Tu, foise, pensi clissa cle... Ma lu non sai cle donna quella!....
Apollon, cle si eia gia sedulo al lavoio e aveva infoicalo di nuovo gli occliali, dappiima,
senza lasciaie lago, lancio unoccliala ai soldi in silenzio, poi, senza pieslaimi alcuna
allenzione e senza iispondeimi nulla, conlinuo ad aimeggiaie col filo, cle non eia ancoia
iiuscilo a passaie nella ciuna. Aspellai pei lie minuli luoni, in piedi davanli a lui, con le
liaccia conseile a |a Napc|ccn. Ie mie lempie eiano lagnale di sudoie, eio pallido, lo
senlivo. Ma, giazie a Dio, piolalilmenle egli simpielos, guaidandomi. Quandelle fi-
nilo col suo filo, si alzo lenlamenle dal poslo, lenlamenle sposlo la sedia, lenlamenle si
lolse gli occliali, lenlamenle iiconlo i soldi e infine, dopo aveimi clieslo al di sopia della
spalla quanlo l doveva piendeie, usc lenlamenle dalla slanza. Menlie loinavo da Iiza,
sliada facendo mi venne in menle di daimela a gamle cos comeio, in veslaglia, senza
guaidaimi indielio, e cle l succedesse quel cle doveva succedeie.
Toinai a sedeimi. Iei mi guaidava inquiela. Tacemmo pei qualcle minulo.
Io lo ammazzo!, giidai a un liallo, peslando foile il pugno sul lavolo, lanlo cle linclio-
slio sclizzo fuoii dal calamaio.
Al, cle dice!, giido lei, liasalendo.
Io lo ammazzo, lo ammazzo!, sliidevo, piccliando il lavolo, complelamenle infuiialo e
nello slesso lempo compiendendo lenissimo quanlo fosse slupido esseie cos infuiialo.
Tu non sai, Iiza, cle cos quel loia pei me. Iui il mio cainefice... Adesso andalo a
piendeie dei liscolli, lui....
L a un liallo pioiuppi in laciime. Lia una ciisi. Come mi veigognavo, fia i singliozzi, ma
oimai non iiuscivo pi a lialleneili. Iei si spavenlo.
Cle la! Cle le succede`, giidava, agilandosi inloino a me.
Acqua, dammi dellacqua, ecco, la!, moimoiavo con voce flelile, iendendomi conlo del
ieslo, fia me, cle aviei polulo lenissimo faie a meno dellacqua e di moimoiaie con voce
flelile. Ma, come si suol diie, rcci|atc, pei salvaie le appaienze, lencl la ciisi fosse ancle
aulenlica.
Iei mi poise lacqua, guaidandomi come speidula. In quel momenlo Apollon poilo il l.
A un liallo mi semlio cle quel noimale e piosaico l fosse oiiendamenle sconvenienle e
miseio dopo quel cle eia slalo, e aiiossii. Iiza guaido Apollon addiiilluia con spavenlo.
Lgli usc senza degnaici di uno sguaido.
Iiza, lu mi dispiezzi`, dissi, guaidandola fisso, liemando pei limpazienza di sapeie
cle cosa pensava.
Iei si confuse e non seppe iispondei nulla.
evi il l!, dissi ialliosamenle. Ce lavevo con me slesso, ma sinlende cle cli doveva
faine le spese eia lei. Una iallia liemenda conlio di lei iiloll a un liallo nel mio cuoie,
mi semliava cle laviei ammazzala. Pei vendicaimi, giuiai menlalmenle di non diile
neppuie una paiola pei lullo il lempo. Peicl lei la causa di lullo, pensavo.
Il noslio silenzio duiava oimai da cinque minuli. Il l slava sul lavolo, non lavevamo
loccalo: aiiivai al punlo cle non volevo cominciaie a leie apposla pei melleila ancoi pi
a disagio, e lei non aveva il coiaggio di cominciaie. Diveise volle mi guaido con liisle
peiplessila. Io mi oslinavo a laceie. Il mailiie piincipale eio naluialmenle io, peicl eio
pienamenle coscienle della iipugnanle lassezza di quella mia liliosa idiozia, e nello sles-
so lempo non polevo in alcun modo dominaimi.
Io da quel poslo... voglio... andaimene complelamenle, esoid lei, pei iompeie in qual-
cle modo il silenzio, ma, poveiina, piopiio di quellaigomenlo non lisognava pailaie, in
quel momenlo gia allaslanza slupido, a una peisona gia allaslanza slupida comeio io.
Peifino il mio cuoie si sliinse di compassione pei la sua goffaggine e inulile fianclezza.
Ma qualcosa di oiiilile scliaccio sulilo in me lulla la compassione, anzi, mi sluzzico
ancoi pi, cle il mondo inleio andasse alla maloia! Passaiono allii cinque minuli.
Non llo disluilala`, comincio limidamenle, con un filo di voce, e fece pei alzaisi.
Ma appena vidi quella piima scinlilla di dignila offesa, cominciai a liemaie di colleia e
sulilo esplosi.
Peicl sei venula da me, dimmelo, pei favoie`, cominciai, ansimando e non iiuscendo
neppuie a daie un oidine logico alle mie paiole. Volevo liiai fuoii lullo insieme, in una
volla, non mi pieoccupavo neppuie di dove cominciaie.
Peicl sei venula` Rispondi! Rispondi!, giidai, quasi fuoii di me. Te lo dico io, lella
mia, peicl sei venula. Sei venula peicl alloia li dissi delle parc|c pic|csc. Ld ecco cle li
sei inleneiila e li venula di nuovo voglia di paiole pielose. Dunque sappi, sappi cle
alloia iidevo di le. L ancle adesso iido. Peicl liemi` S, iidevo! A pianzo mi avevano
appena offeso piopiio quelli cle eiano aiiivali piima di me. Lio venulo l pei piccliaie
uno di loio, lufficiale, ma non ci eio iiuscilo, non lavevo liovalo, lisognava puie vendi-
caisi delloffesa su qualcuno, piendeisi una iivincila: mi capilasli a liio lu, e su di le
iiveisai il fiele e mi diveilii a lue spese. Mi avevano umilialo, e alloia anclio volevo
umiliaie, mi avevano liallalo come uno sliaccio, e alloia io volevo mosliaie il mio pole-
ie... Lcco cos slalo, e lu gia pensavi cle fossi venulo apposla pei salvaili, el` Ilai
pensalo` Ilai pensalo`.
Sapevo cle foise si saielle confusa e non avielle capilo i pailicolaii, ma sapevo ancle
cle avielle capilo lenissimo la soslanza. L cos accadde. Divenne pallida come un
cencio,volle diie qualcosa, le sue lallia si conloiseio doloiosamenle, ma come se le aves-
seio laglialo le gamle con una scuie, iicadde sulla sedia. L pei lullo il lempo poi mi
ascollo a locca apeila, spalancando gli occli e liemando pei loiioie e la pauia. Il cini-
smo, il cinismo delle mie paiole laveva scliacciala...
Salvaie!, conlinuavo, lalzando dalla sedia e coiiendo avanli e indielio pei la slanza
davanli a lei. Salvaie da cle! Ma se foise sono peggio di le! Peicl alloia, quando li
iecilavo quei seimoni, non mi slallesli sul muso: L lu peicl sei venulo da noi` Pei
insegnaici la moiale, foise`. Di poleie, di poleie avevo lisogno alloia, di lealio avevo
lisogno, di olleneie le lue laciime, la lua umiliazione, il luo isleiismo: ecco di cle avevo
lisogno alloia! L poi io slesso non lo soppoilai, peicl sono una nullila, mi spavenlai, e il
diavolo sa peicl li diedi slupidamenle il mio indiiizzo. Quanlo inveii poi, piima ancoia
di aiiivaie a casa, quanlo impiecai conlio di le pei quellindiiizzo. Oimai li odiavo pei-
cl li avevo menlilo. Peicl volevo sollanlo giocaie un po a paiole, fanlaslicaie di lesla,
menlie di fallo sai cle cosa mi occoiie` Cle andiale in maloia, ecco cosa! Mi occoiie la
lianquillila! L pui di non esseie disluilalo, adesso vendeiei lullo il mondo pei una copeca.
Cle vada in maloia il mondo, oppuie cle io non possa leie il mio l` Io iispondeio: cle
il mondo vada in maloia, ma io possa sempie leie il l. Io sapevi queslo, oppuie no`
Lcco, e invece io lo so di esseie una canaglia, un vigliacco, un egoisla, un fannullone. Ho
liemalo pei lulli quesli lie gioini, pei la pauia cle lu venissi. L sai cle cosa mi pieoccupa-
va pi di lullo in quesli lie gioini` Cle alloia avevo iecilalo la paile delleioe davanli a le,
menlie qui a un liallo mi aviesli vislo con quesla veslagliella sdiucila, miseio, iilullanle.
Ti lo dello poco fa cle non mi veigogno della mia poveila, ellene, sappi cle me ne
veigogno, me ne veigogno pi di ogni allia cosa, la lemo pi di ogni allia cosa, pi cle se
iulassi, peicl sono vaniloso come se mi avesseio sliappalo la pelle, e oimai ancle laiia
mi fa male. Ma possilile cle neppuie oia lu allia indovinalo cle non li peidoneio mai di
aveimi liovalo con indosso quesla veslagliuccia, menlie mi avvenlavo, come un cagnello
iallioso, conlio Apollon` Il salvaloie, leioe di alloia si avvenla come un lololo lignoso
e spelacclialo conlio il suo laccl, il quale iide di lui! Ancle le laciime di piima, cle non
lo sapulo lialleneie davanli a le, come una donnella colla in fallo, non le le peidoneio
mai! L ancle cio cle adesso li slo confessando non lo peidoneio mai a |c. S: lu, lu sola
devi iispondeie di lullo queslo, peicl mi sei capilala a liio, peicl sono un mascalzone,
peicl sono il pi sclifoso, il pi iidicolo, il pi mesclino, il pi slupido, il pi invidioso
di lulli i veimi della leiia, cle non sono affallo miglioii di me, ma cle, sa il diavolo
peicl, non si imlaiazzano mai, menlie io pei lulla la vila conlinueio a iiceveie scliaffi
da ogni lendine - e quesla una mia caialleiislica! L cle me ne impoila se lu non capiiai
nienle di lullo queslo! L cle cosa, ma cle cosa mai me ne impoila di le, e se in quel poslo
li slai iovinando oppuie no` Ma lo capisci come li odieio adesso, dopo aveili dello que-
slo, solo peicl sei slala qui e lai ascollalo` Peicl un uomo si confessa cos sollanlo una
volla nella vila, e solo in pieda allisleiismo!... Cle vuoi ancoia` Cle lai ancoia, dopo
lullo queslo, da slailene impalala davanli a me, peicl mi loimenli, peicl non le ne
vai`.
Ma a queslo punlo accadde una sliana ciicoslanza.
Lio lalmenle alilualo a pensaie e immaginaie lullo secondo i lilii e a iappiesenlaimi
ogni cosa al mondo cos come io slesso lavevo invenlala piima nei miei sogni, cle l pei
l non capii neppuie quella sliana ciicoslanza. Ma ecco quel cle accadde: Iiza, offesa e
scliacciala da me, aveva capilo mollo pi di quanlo immaginassi. Aveva capilo, di lullo,
cio cle una donna capisce sempie piima di ogni allia cosa, se ama veiamenle, e cio cle
eio infelice.
Il senso di spavenlo e di offesa cedelle il poslo sul suo viso dappiima a un doloioso
slupoie. Quando poi cominciai a daimi della canaglia e del vigliacco e a piangeie a diiol-
lo (pionunciai lulla quella liiala fia le laciime), lullo il suo viso fu conliallo da una specie
di spasimo. Voleva alzaisi, feimaimi, quando poi finii, non pieslo allenzione alle mie
giida: Peicl sei qui, peicl non le ne vai!, ma alla soffeienza cle doveva esseimi
coslala quella confessione. L poi eia cos avvilila, poveiina, si consideiava infinilamenle
infeiioie a me, come poleva slizziisi, offendeisi` A un liallo lalzo dalla sedia pei un
impulso inconlenilile e, piolendendosi lulla veiso di me, ma sempie inlimidila e senza
osaie muoveisi dal poslo, mi lese le liaccia... Peifino il mio cuoie ne fu scosso. Alloia a
un liallo si slancio veiso di me, mi cinse il collo con enliamle le liaccia e scoppio in
pianlo. Anclio non iessi e mi misi a singliozzaie come non mi eia mai capilalo piima...
Non mi lasciano... Io non posso esseie... luono!, dissi a slenlo, quindi aiiivai fino al
divano, vi caddi locconi e pei un quailo doia singliozzai in pieda a unaulenlica ciisi
isleiica. Iei si sliinse a me, mi alliaccio e paive ieslaie sospesa in quellalliaccio.
Ma il piollema eia cle la mia ciisi isleiica dove pui passaie. L cos (slo sciivendo linfa-
me veiila), menlie eio disleso locconi sul divano, lenendomici len sliello, e affondavo il
viso nel mio miseialile cuscino di pelle, cominciai a senliie a poco a poco, da lonlano,
involonlaiiamenle ma iiiefienalilmenle, cle adesso saielle slalo imlaiazzanle alzaie la
lesla e guaidaie Iiza diillo negli occli. Di cle mi veigognavo` Non so, ma mi veigogna-
vo. Nella mia lesla sconvolla passo ancle lidea cle le paili adesso si eiano definilivamenle
inveilile, cle leioina adesso eia lei, menlie io eio una ciealuia umiliala e scliacciala,
come lei dinanzi a me quella nolle, quallio gioini piima... L lullo queslo mi venne in
menle gia in quei minuli in cui giacevo locconi sul divano!
Dio mio! Possilile cle alloia la invidiassi`
Non so, ancoi oggi non so decideie, ma alloia, naluialmenle, polevo compiendeilo ancoi
meno di adesso. Senza eseicilaie poleie e liiannia su qualcuno io infalli non so viveie...
Ma... con i iagionamenli non si spiega nienle, e di conseguenza inulile iagionaie.
In ogni modo mi vinsi e sollevai un po la lesla, lisognava puie sollevaila, piima o poi...
Ld ecco, sono lulloia convinlo cle piopiio peicl mi veigognavo di guaidaila, nel mio
cuoie a un liallo alloia si accese e divampo lullallio senlimenlo... un senlimenlo di do-
minio e di possesso. I miei occli liillaiono di passione, e sliinsi foile le sue mani. Come
la odiavo e come mi senlivo alliialo da lei in quel momenlo! Un senlimenlo iaffoizava
lallio. Assomigliava quasi a una vendella!... Sul suo viso si espiesse dappiima una soila
di peiplessila, quasi di pauia, ma fu solo un allimo. Mi alliaccio con liaspoilo e aidoie.

Un quailo doia dopo coiievo avanli e indielio pei la slanza con foisennala impazienza,
mi avvicinavo ogni momenlo al paiavenlo e spiavo Iiza dalla fessuia. Iei sedeva sul
pavimenlo, con la lesla appoggiala al lello e, piolalilmenle, piangeva. Ma non se ne
andava, e queslo mi iiiilava. Slavolla sapeva gia lullo. Iavevo offesa definilivamenle,
ma... non il caso di iacconlaie. Aveva indovinalo cle il mio impulso di passione eia
appunlo una vendella, un nuovo modo di umiliaila, e cle al mio odio di piima, quasi
asliallo, si aggiungeva adesso un odio oimai pcrscna|c, intiicsc pei lei... L del ieslo non
soslengo cle capisse lullo cio dislinlamenle, ma in compenso capiva peifellamenle cle
eio un uomo aliello e, sopiallullo, incapace di amaila.
Io so, mi si diia cle queslo inveiosimile: inveiosimile esseie callivi, slupidi come me,
foise si aggiungeia ancoia cle eia inveiosimile non amaila o peilomeno non appiezzaie
il suo amoie. Ma peicl inveiosimile` In piimo luogo, oimai non polevo pi amaie,
peicl, lo iipelo, amaie pei me significava liianneggiaie e aveie la supiemazia moiale.
Pei lulla la vila non lo polulo neppuie immaginaie un amoie diveiso e sono aiiivalo al
punlo cle lalvolla oia penso cle lamoie consisla appunlo nel diiillo di liianneggiaie
loggello amalo, volonlaiiamenle concesso da queslullimo. Ancle nei miei sogni del
sollosuolo non mi immaginavo lamoie alliimenli cle come una lolla, lo facevo sempie
cominciaie con lodio e finiie con la sollomissione moiale, e a queslo punlo non sapevo
neppuie immaginaie cle dovessi faimene delloggello sollomesso. L poi cle c di inve-
iosimile, se mi eio gia moialmenle coiiollo a lal segno, mi eio cos disalilualo alla vila
veia, cle poco piima avevo pensalo di iimpioveiaila e sveigognaila peicl eia venula
da me ad ascollaie paiole pielose, e non indovinavo neppuie cle non eia venula affallo
pei ascollaie paiole pielose, ma pei amaimi, peicl pei una donna piopiio nellamoie
consisle ogni iesuiiezione, ogni salvezza da qualsiasi peidizione e ogni iigeneiazione,
cle non puo manifeslaisi alliimenli cle in esso. Del ieslo, oimai non lodiavo pi lanlo,
quando coiievo pei la slanza e guaidavo dalla fessuia ollie il paiavenlo. Mi eia sollanlo
insoppoilalilmenle penoso cle fosse l. Aviei volulo cle scompaiisse. Desideiavo la
lianquillila, desideiavo ieslaimene solo nel sollosuolo. Ia vila veia mi aveva a lal
punlo scliaccialo, cle facevo falica peifino a iespiiaie.
Ma passaiono ancoia alcuni minuli, e lei non si alzava, come se fosse assopila. Llli la
spudoialezza di lussaie piano piano sul paiavenlo, pei iicoidaile... A un liallo si iiscos-
se, si levo di scallo e si piecipilo a ceicaie il suo scialle, il suo cappellino, la pelliccia, come
volesse salvaisi da me fuggendo via... Due minuli dopo usc lenlamenle da dielio il paia-
venlo e mi lancio unoccliala gieve. Ieci un soiiisello callivo, del ieslo foizalamenle, pcr
sa|tarc |c apparcnzc, e mi vollai pei evilaie il suo sguaido.
Addio, disse lei, diiigendosi veiso la poila.
Allimpiovviso coisi da lei, le affeiiai la mano, la apiii, vi misi... e poi la iicliusi di nuovo.
Sulilo dopo mi vollai dallallia paile e scappai alla svella nellangolo opposlo, pei non
vedeie almeno...
Oi oia volevo menliie: sciiveie cle lo feci casualmenle, in un allimo di confusione e
smaiiimenlo, pei puia slupidila. Ma non voglio menliie e peicio dico cliaio e londo cle
le apiii la mano e vi posi... pei calliveiia. Mi eia venulo in menle di failo menlie coiievo
avanli e indielio pei la slanza, e lei slava sedula dielio il paiavenlo. Ma ecco cosa posso
diie con sicuiezza: feci quel geslo ciudele apposla, s, ma non col cuoie, lens con la mia
lesla malala. Quella ciudella eia a lal punlo ailificiosa, a lal punlo ceieliale, piecosliuila,
|iorcsca, cle io slesso non iesislelli neppuie un minulo: piima scappai nellangolo pei non
vedeie, e poi con veigogna e dispeiazione mi misi a iincoiieie Iiza. Apiii la poila del-
lanlicameia e slelli in ascollo.
Iiza! Iiza!, cliamai sulla scala, ma limidamenle, sollovoce...
Non ci fu iisposla, mi paive di senliie i suoi passi sugli ullimi giadini.
Iiza!, giidai pi foile.
Nessuna iisposla. Ma in quel momenlo senlii di sollo apiiisi a falica, con un cigolio, e poi
slalleie pesanlemenle la massiccia poila a velii esleina, cle dava sulla sliada. Il iumoie
ecleggio su pei le scale.
Se neia andala. Rienliai in casa, pensieioso. Mi senlivo leiiililmenle oppiesso.
Mi feimai davanli al lavolo, vicino alla sedia su cui si eia sedula lei, e guaidai insensala-
menle nel vuolo. Passo ciica un minulo, e allimpiovviso liasalii lullo: piopiio davanli a
me, sul lavolo, vidi... insomma vidi una lanconola azzuiia da cinque iulli, spiegazzala,
la slessa cle un minulo piima avevo sliello nella sua mano. Lia quc||a lanconola, n
avielle polulo esseie unallia, in casa non ce neiano allie. Dunque aveva fallo in lempo
a gellaila sul lavolo, nel momenlo in cui eio scappalo nellangolo.
L alloia` Polevo aspellaimi cle lavielle fallo. Polevo aspellaimelo` No. Lio lalmenle
egoisla, slimavo cos poco gli uomini, in iealla, cle non polevo neppuie immaginaimi
cle lavielle fallo. Non lo soppoilai. Un allimo dopo coisi come un pazzo a vesliimi, mi
gellai addosso quel cle iiuscii a liovaie nella fiella, e mi lanciai a peidifialo al suo inse-
guimenlo. Non doveva esseisi allonlanala neppuie di duecenlo passi, quando coisi fuoii
in sliada.
Ceia silenzio, la neve fioccava e cadeva quasi peipendicolaimenle, slendendo un cusci-
no sul maiciapiede e sulla via deseila. Non ceia un passanle, non si udiva un suono. I
lampioni liemolavano liisli e inulili. Coisi pei ciica duecenlo passi fino allinciocio e mi
feimai.
Dov andala` L peicl la iincoiio` Peicl` Pei cadeie in ginocclio davanli a lei, sin-
gliozzaie di penlimenlo, laciaile i piedi, imploiaie peidono!. Lia queslo cle volevo,
lullo il mio pello si sliaziava e laceiava, e mai, mai iicoideio quel momenlo con indiffe-
ienza. Ma peicl`, pensai. Ioise non piendeio a odiaila, magaii domani slesso, pio-
piio peicl oggi le lo lacialo i piedi` Ie daio foise la felicila` Oggi non lo foise sapulo
di nuovo, pei la cenlesima volla, quanlo valgo` Non la loimenleio foise`.
Slavo iillo nella neve, fissando la lenelia loilida, e pensavo a queslo.
L non saia meglio, non saia meglio, fanlaslicavo oimai a casa, soffocando con le fanla-
sie il doloie vivo del cuoie, non saia meglio se lei poileia con s loffesa pei sempie`
Ioffesa infalli una puiificazione, la pi liucianle e doloiosa piesa di coscienza! Do-
mani slesso aviei insozzalo la sua anima e aviei sfinilo il suo cuoie. Menlie oia loffesa
non si eslingueia mai in lei, e pei quanlo sudicio sia il fango cle lallende, loffesa la
eleveia e puiificleia... con lodio... lmm... foise ancle col peidono... L del ieslo slaia
foise meglio pei queslo`.
In effelli, ecco cle pongo una domanda oziosa da paile mia: cle cos meglio: una felicila
a luon meicalo o elevale soffeienze` L alloia, cle cos meglio`
Cos fainelicavo quella seia a casa mia, pi moilo cle vivo pei il doloie dellanima. Mai
piima di alloia avevo soppoilalo lanle soffeienze e iimoisi, ma poleva esseici alcun dul-
lio, quando eio uscilo di coisa dallappailamenlo, cle a mela sliada saiei loinalo a casa`
Non inconliai mai pi Iiza e non ne senlii mai pi pailaie. Aggiungeio ancle cle pei
mollo lempo ieslai soddisfallo della frasc sullulilila delloffesa e dellodio, lencl io sles-
so pei poco non mi ammalassi pei langoscia.
Peifino adesso, dopo lanli anni, lullo cio lioppo sgractc|c da iicoidaie. Molle cose
adesso sono sgiadevoli da iicoidaie, ma... non saia meglio concludeie qui quesle Me-
moiie` Mi semlia di avei commesso un eiioie, cominciando a sciiveile. Pei lo meno lo
piovalo veigogna pei lullo il lempo, sciivendo queslo racccn|c: dunque non pi lelleia-
luia, ma una punizione deslinala a emendaimi. Infalli iacconlaie, pei esempio, lungle
sloiie su come lo mancalo la mia vila pei la coiiuzione moiale consumala nel mio can-
luccio, pei la mancanza di un amlienle sociale, la disaliludine alla vila e il vano iisenli-
menlo covalo nel sollosuolo - quanlo veio Dio, non inleiessanle, in un iomanzo ci
vuole un eioe, e qui sono iaccolle appcs|a lulle le caialleiislicle di un anlieioe, e lessen-
ziale cle lullo cio pioduiia unimpiessione spiacevole, peicl siamo lulli disaliluali
alla vila, lulli zoppicliamo, cli pi cli meno. Anzi, siamo lalmenle disaliluali cle lalvol-
la senliamo pei laulenlica vila veia una soila di iipugnanza, e peicio non possiamo
soppoilaie cle ce la iammenlino. Infalli siamo aiiivali al punlo da consideiaie laulenli-
ca vila veia quasi una falica, poco meno cle un lavoio, e siamo lulli daccoido, in cuoi
noslio, cle sui lilii meglio. L peicl ci aiialalliamo lalvolla, peicl facciamo sliava-
ganze, cle cosa cliediamo` Non sappiamo neppuie noi cle cosa. L slaiemmo peggio, se
le noslie sliavaganli iicliesle venisseio accolle. Lllene, piovale un po a daici, pei esem-
pio, pi indipendenza, slegale le mani a cliunque di noi, ampliale la noslia sfeia di alli-
vila, indelolile la lulela, e noi... ma ve lassicuio: cliedeiemo sulilo di iiloinaie sollo
lulela. So cle foise vi aiiallieiele con me pei queslo, giideiele, pesleiele i piedi: Paili
pei s, diiele, e pei le sue miseiie del sollosuolo, e non si azzaidi a diie: '|u||i nci.
Peimellele, signoii, io non mi giuslifico affallo con quesla gcncra|izzazicnc. Pei quel cle
poi iiguaida me peisonalmenle, nella mia vila lo solo poilalo alle eslieme conseguenze
cio cle voi non avele osalo conduiie neppuie a mela, piendendo ollielullo pei luon
senso la voslia villa, e consolandovi cos, ingannando voi slessi. Siccl io, foise, ne esco
ancoi pi vivo di voi. Ma guaidale pi allenlamenle! Se non sappiamo neppuie dove
alili, adesso, quesla vila, e cosa sia, come si cliami! Iascialeci soli, senza i lilii, e sulilo ci
confondeiemo, ci smaiiiiemo: non sapiemo cle paililo pigliaie, a cosa alleneici, cle cosa
amaie e cle cosa odiaie, cle cosa iispellaie e cle cosa dispiezzaie! Ci di peso peifino
esseie uomini - uomini con un coipo e sangue veio, ncs|rc, ce ne veigogniamo, lo conside-
iiamo un disonoie e ci sfoiziamo di esseie non so cle ipolelici uomini univeisali. Siamo
nali moili, e da lempo non nasciamo pi da padii vivi, e la cosa ci piace sempie di pi. Ci
piendiamo guslo. Pieslo escogileiemo il modo di nasceie da unidea. Ma lasla, non vo-
glio pi sciiveie dal Sollosuolo...
Del ieslo, non si concludono qui le memoiie di queslo amanle dei paiadossi. Lgli non
la iesislilo e la conlinualo. Ma ancle a noi semlia cle ci si possa feimaie qui.

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