Sei sulla pagina 1di 2

L’ubriaco

La bottiglia canaglia
è una parentesi di memoria,
quasi un dolore di figlia
persa in acque mari oscuri,
nei flutti;
chiedo
una zattera, un’anfora di salvezza,
quando le scialuppe del …….son partite
un altro goccio,un’altra goccia
un altro giro di vite…

Lacrime porpora colano mute


in gola,
negli occhi
che vedono solo quel mare:
ché ho occhi solo per quelle onde nere,
e ci sono scevre sere di fanali tra i canali
in cui navigo nella bottiglia
del mio dolce mare vermiglio,
e la vita è un suono lontano –da sott’acqua-;
“Pietà! Pietà!”, annego nell’imago del mio vitreo diniego
(parentesi di memoria),
una tragica storia, un errore, una fatalità:
cerco mia figlia tra i fondali estremi
forse
è là…

E quando rincaso, dopo mezzanotte,


ghignano i lampioni a gas,
ululano dei mici di pece:
tutto è sogno o sogno di sognare
il letto è una barca senza remi,
la testa una tempesta;
s’alza come un’ombra di urla la marea.
Affogare mi piace:
mia figlia mi parla ancora, allora,
e le mani mi mordono il collo;
poi, sconfitto, mollo la presa,
sto zitto… Tabula rasa, giunge l’offesa resa
dei sensi maledetti, bistrattati, dei derelitti sensi miei…
Mi addormento, e accanto a me
si squaglia lo spettro di mia figlia
e domani un’altra bottiglia
si sveglierà per me…

settembre 2006

Potrebbero piacerti anche