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ILLUMINAZIONE TEATRALE

Data: Sabato, 22 novembre @ 18:47:09 CET


Argomento: Educazione alle Tecniche della Luce
Cenni sulla storia dell'illuminazione teatrale......
1. Le prime notizie di illuminazione teatrale risalgono all'epoca del teatro greco romano.
Le rappresentazioni eseguite di giorno per effetti speciali si servivano di torce luminose e di
lampade ad olio.
Il progresso dell'illuminazione fu lento e di poco interesse dal medioevo al rinascimento, le
notizie dell'epoca parlano di prospettive mirabili "cariche di lumi", sistemi usati nel XV
secolo con lampade alimentate ad olio vegetale, animale, candele di cera e di sego, torce di
pino e resina.
La descrizione della macchina realizzata dal Brunelleschi per la festa dell'Annunziata dalle
memorie del Vasari parla di lumi coperti da protezioni in rame, azionati da molle che
occultavano o scoprivano le luci a seconda dell'esigenza.
Si pu pensare dalle descrizioni del Vasari che si trattasse di cambiamenti a vista con
effetto di luci in movimento.
Una prova di come gi nel 1560 si faceva un mirabile uso dell'illuminazione teatrale data
da I Dialoghi di Leone de' Sommi, che raccontano di messe in scena di commedie, dove le
scene erano illuminate da lumi in coperta che, a ridosso delle quinte, illuminavano
uniformemente, mentre nella messa in scena di tragedie si parla di illuminazioni complesse
in movimento che potevano essere velate, diminuendo l'intensit fino al buio completo.
Sostanze speciali venivano usate per contrastare l'annerimento degli oggetti e delle scene
prodotto dal fumo. Spiegazioni di tutte queste invenzioni si leggono nei trattati degli
scenografi Serlio e Sabbatini, dove si parla di lumi di carta, vetro, tela dipinta di cui il
Serlio ne fa ampia trattazione nel capitolo De lumi artificiali nelle scene. Mentre il
Sabbatini, nel suo trattato, affronta il problema dei colori delle scene in rapporto
all'illuminazione e consigliava di utilizzare lamiere sotto i lumi ad olio, per raccogliere
eventuali gocce d'olio o di cera che potevano compromettere le scene o rappresentare un
pericolo d'infiammabilit.
Alla fine del XVI secolo, dati i mezzi primitivi di allora, non era possibile spegnere le luci
nel corso dello spettacolo, per cui le lampade venivano nascoste a mezzo di schermi.
Le scene erano dipinte tenendo conto della scarsit di illuminazione, quindi con coloro
brillanti e forti chiaroscuri ed anche nel Seicento rispetto a questo punto di vista, pochi
erano i progressi tecnici compiuti: sono in uso lampadari pendenti a mezzo di corde dal
soffitto (graticciata) specialmente per gli interni, i saloni e le stanze.
E' di questo periodo l'invenzione della ribalta, che rimase in uso per molto tempo presso i
teatri ed ancor oggi negli spettacoli di variet Giuseppe Furtenbach (nato nel 1622),
scenotecnico tedesco, ne prepara una composta di lumi ad olio, formante una vera linea
ininterrotta per tutto il boccascena.
Nel 1755, a Londra, lo scenografo Garrich ne costruisce una in lamiera, con candele poste
sulla linea del boccascena che in seguito verr adottata in tutti i teatri nel XVIII secolo.
Le candele col tempo cederanno il posto a delle lampade ad olio, usate con forme unite a
lampadari e a gruppi autonomi, poste in recipienti di vetro.
L'olio di trementina, il petrolio e gli altri grassi combustibili verranno usati come materia
illuminante. Nel diciannovesimo secolo appare la lampada a gas: in uso a Filadefia nel
teatro Chestnut Street Opera House (1816) e a Londra nel Lyceum Theatre (1830),
diffondendosi poi in altri teatri per essere nella seconda met del secolo di uso comune.
Con questa nuova invenzione era possibile regolare l'intensit della luce (abbassamento
della fiammella), fino ad ottenere una semi-oscurit con la sala in penombra durante lo
spettacolo.
Un appropriato regolatore, situato quasi sempre vicino alla buca del suggeritore, permetteva
di regolare gradualmente l'intensit luminosa.
Nel 1890 in Germania fu inventata la retina incandescente protetta da un vetro e per
maggiore sicurezza pure i becchi a gas furono forniti di questa protezione, ma la rivoluzione
in campo teatrale fu l'applicazione delle scoperte sull'energia elettrica e conseguentemente
sull'illuminazione in campo teatrale.
Con l'invenzione della luce elettrica si rivoluziona la tecnica teatrale ottenendo effetti
meravigliosi di illuminazione; abbandonati i vecchi sistemi, entrano in azione i primi
impianti elettrici che, dato l'alto costo, sono possibili solo per grandi teatri.
L'opera di Parigi (ora dotata di grande complesso elettronico) fu il primo teatro ad estendere
tale illuminazione, oltre che per il palco, anche alle sale di aspetto e a tutti i locali del
complesso architettonico.
Questo teatro fu anche il primo che mise a punto effetti speciali quali lampi, arcobaleno,
effetti di sole e di luna, nubi in movimento ottenute con l'ausilio di sole luci.
Per i lampi, a mezzo di specchi riflettenti si ottennero baleni di luce con contatti
intermittenti, mentre per l'arcobaleno si utilizza il prisma di cristallo e, a mezzo di una
lente, si diresse lo spettro nella posizione voluta.
La lampada incandescente fu adottata dall'Opera di Parigi gi nel 1881 e nel giro di poco
tempo anche il Teatro di Monaco se ne dot allestendo una esposizione di elettrotecnica.
La trasformazione fu di importanza tale da diffondersi nei teatri di Londra (1883), New
York (1885) e in seguito Milano, Roma, Napoli, Venezia Firenze ecc.
A mezzo di regolatori (reostati) formati da resistenze variabili che agivano sull'intensit
della corrente, si passava gradualmente dalla massima intensit luminosa fino al buio totale.
Il reostato a liquido composto da un recipiente contenente una soluzione salina in cui
pescano due piastre di zinco che avvicinandosi o allontanandosi tra loro regolano il flusso
della corrente.
Altri tipi di reostato sono a grafite oppure metallici.
Si arriva presto ai trasformatori con comando a distanza, dispositivi che danno la sicurezza
di una registrazione e regolazione perfetta nei cambiamenti di luce.
Verranno perfezionati i quadri di manovra posti ai comandi della cabina elettrica, si
perfezioneranno pure le bilance, i proiettori, i riflettori, le macchine per le nubi, le lampade
da orizzonte, lampade rotative, i complessi come il ponte luce, le batterie di lampade.
Principi di progettazione
INTRODUZIONE
Propriet controllabili della luce
Per cominciare a conoscere la luce, si pu partire dall'osservazione dei fenomeni naturali. In
una giornata di sole vedremo che la luce proviene da una direzione ben precisa, e questo ci
data dal disegno delle ombre sul viso delle persone, o dall'ombra che le stesse proiettano
al suolo. In una giornata nuvolosa potremo invece osservare che la luce molto diffusa e
indiretta; la quasi totale mancanza di ombre non ci permette di capire la direzione da cui
proviene la luce. Questa la prima divisione generale che possiamo fare: a) luce con una
direzione specifica; b) luce generale indiretta (diffusa). La luce che si produce
artificialmente si colloca fra questi due estremi e pu avvicinarsi all'uno o all'altro. In ogni
caso, qualsiasi tipo di luce artificiale (come quella che useremo per l'illuminazione del
palcoscenico), possiede delle caratteristiche che possono essere controllate o modificate da
noi a seconda delle necessit: l'intensit, la distribuzione, il colore e il movimento.
Intensit L'intensit data dalla qualit di luce presente. Si pu andare dalla luce tenue di
una candela, a quella intensa emessa da potenti proiettori. Su un palcoscenico la luminosit
dipende dal numero delle sorgenti di luce impiegate, dalla loro potenza, dalla distanza
dall'oggetto illuminato e da alcune variabili che possono introdurre, come l'uso di filtri
colorati, l'utilizzo ad intensit ridotta degli apparecchi ecc. La luminosit pu essere decisa
in fase di progettazione scegliendo il numero e il tipo di apparecchi nonch la loro potenza
(in base anche alla loro distanza dal palcoscenico), oppure pu essere modificata
direttamente sul palcoscenico per mezzo di appositi attenuatori (dimmer).
Distribuzione Per distribuzione si intende la direzione della luce, la sua forma e la sua
qualit. La direzione di provenienza della luce determina l'angolazione con cui il raggio
luminoso "colpisce" l'attore o un elemento scenografico. Dalla direzione dipende anche la
posizione dell'ombra che si creer e le sue dimensioni. La direzione di provenienza di solito
viene progettata "a tavolino", e pu essere modificata posizionando gli apparecchi
illuminanti in una posizione del palcoscenico piuttosto che in un altra. La forma della luce
data soprattutto dall'angolo di apertura del raggio luminoso emesso da un apparecchio.
Quasi tutti i proiettori danno la possibilit di regolare, con una certa escursione, l'angolo del
raggio prodotto. La forma poi pu essere modificata per mezzo di alette esterne o di lamelle
sagomatrici interne che "tagliano" la luce, modificando la forma circolare del normale
raggio luminoso. Per qualit della luce si intende la sua concentrazione o la sua diffusione e
il fatto, conseguente, di avere dei margini del raggio rispettivamente molto netti o molto
sfumati. Queste caratteristiche possono essere decise scegliendo, fra gli apparecchi
disponibili, quelli che emettono un tipo di luce piuttosto che l'altro.
Colore Il colore in parte determinabile gi con la scelta degli apparecchi; in particolare, si
possono utilizzare lampade che producono una luce pi calda (tendente al giallo) o una luce
pi fredda (tendente all'azzurro). In seguito il colore della luce pu essere modificato
ponendo davanti agli apparecchi dei filtri colorati; in commercio ne esistono praticamente
di ogni colore. Una cosa da tenere presente che sul palcoscenico il colore generale dato
dalla somma del colore della luce che noi vi inviamo, pi il colore della luce riflessa dagli
oggetti presenti sulla scena.
Movimento Le caratteristiche precedenti: intensit, distribuzione e colore, vengono
continuamente modificate durante uno spettacolo. In pratica ci si "muove" da uno stato
luminoso all'altro, e ci pu avvenire pi o meno velocemente, in un tempo da noi
prestabilito. Ci significa che una scena completamente buia pu illuminarsi di colpo; un
fondale con il cielo pu passare dal colore blu al rosso di un tramonto in dieci minuti ecc.
ecc. Oltre a questo ci pu essere la luce "che si muove" sulla scena, come quella di candele
o lampade portate a mano dagli attori, gli effetti speciali come il fuoco o le nuvole e il
seguipersone. La combinazione di queste propriet variabili e controllabili della luce
artificiale ci permette di produrre tutti i tipi di illuminazione possibile. Queste propriet
costituiscono dunque la base di ogni progetto.
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Obiettivi dell'illuminazione
Per l'illuminazione di uno spazio scenico non esistono regole scientifiche sempre valide, ed
ogni spettacolo si crea le sue ed ha un proprio stile. Si potrebbe addirittura dire che esistono
tanti stili di illuminazione quanti sono gli spettacoli prodotti. Tuttavia, se ci chiediamo cosa
pu fare la luce per un qualsiasi spettacolo, o come possiamo agire con la luce e cooperare
alla comunicazione teatrale, vediamo profilarsi alcuni compiti specificamente affidati alla
luce. Questi sono: l'illuminazione (visibilit), la rivelazione delle forme, la guida selettiva
della visione e la creazione di un'atmosfera. Sono quattro obiettivi che chi crea
l'illuminazione deve sempre tenere presenti e che sono "trasversali", cio sono validi per
qualunque tipo di spettacolo avvenga su un palcoscenico e indipendentemente dal suo stile.
Visibilit Il primo compito ovviamente quello di fornire un illuminazione tale da
consentire una buona visibilit. Questo importante soprattutto per il viso degli attori, che
il principale veicolo della comunicazione in teatro. Ma quanta luce ci vuole per raggiungere
questo obiettivo? La luce una quantit misurabile scientificamente, ma le misure
fotometriche che altrove sono indispensabili (nel cinema o in televisione), su un
palcoscenico non sono molto importanti. Qui, infatti, si fa affidamento alle capacit
sensibili e percettive legate all'occhio umano, che molto pi versatile di una macchina da
presa e della pellicola. Per questo motivo, in teatro non tanto importante quanto
luminosa una data situazione, ma quanto appare luminosa. Ad esempio: una candela su un
palcoscenico buio apparir pi luminosa del raggio di un proiettore da 1000 Watt su un
palcoscenico illuminato a giorno, cos come un identica illuminazione sembrer sufficiente
se applicata ad una scenografia o a dei costumi dai colori chiari, mentre sembrer scarsa in
uno spazio creato con colori molto scuri, dato che questi assorbono la luce anzich
rifletterla come i primi. La quantit della luce necessaria varia anche a seconda della
luminosit dello stato precedente, e questo a causa del meccanismo di adattamento tipico
dell'occhio umano. Questo meccanismo fa s che una scena appaia pi luminosa di quel che
in valori assoluti, se a precederla una scena scura (e viceversa). Ci significa che gli
stati luminosi di uno spettacolo andranno impostati non singolarmente ma uno in relazione
all'altra. Per quanto riguarda gli oggetti, bisogna dire che la quantit di luce che permette
loro di essere visti chiaramente dipende da una serie di fattori: il colore, la forma, il
materiale di cui sono fatti e le sue qualit riflettenti, le dimensioni e la distanza
dall'osservatore. Da tutti questi elementi si pu derivare una semplice regola generale: su un
palcoscenico la luminosit un valore relativo piuttosto che assoluto e, di conseguenza, la
chiave per avere la giusta quantit di luce sta nel bilanciamento. Una nota conclusiva:
quando c' troppa luce o troppo poca per molto tempo, o quando si utilizzano troppi cambi
rapidi e violenti d'intensit, l'occhio tende a stancarsi e l'osservatore a perdere l'attenzione.
Rivelazione delle forme In un teatro tradizionale il palcoscenico incorniciato dal
boccascena come fosse un quadro. Questa situazione tende ad esaltare le dimensioni della
larghezza e dell'altezza e a nascondere la terza dimensione: quella della profondit. Questa
tendenza alla "piattezza" aumenta con l'aumentare delle dimensioni del teatro e della
distanza dal palcoscenico. Nonostante il regista e lo scenografo possano fare molto per dare
profondit al luogo dell'azione, lo strumento pi importante per la corretta rivelazione delle
forme e per restituire la naturale tridimensionalit agli attori e allo spazio, la luce.
Un'illuminazione sbagliata, come quella completamente frontale, sarebbe in grado di
appiattire qualsiasi scenografia e di rendere inutili tutti gli sforzi fatti da chi ha allestito lo
spettacolo. La tridimensionalit fondamentale anche per il rapporto tra l'attore e la
scenografia. Un attore illuminato solo da una luce frontale sembrerebbe una figurina
incollata sulla parete di fondo. Una luce che dia profondit, come quella di taglio o il
controluce, serve dunque anche a "staccare" l'attore dalla scena. La profondit e le forme
possono essere rivelate scegliendo una corretta angolazione di provenienza della luce e
questa, naturalmente, va studiata in fase di progettazione. Pi avanti analizzeremo le singole
angolazioni e le tecniche che vengono utilizzate per esaltare la tridimensionalit.
Selettivit Nel cinema o in televisione il regista usa la macchina da presa per selezionare le
parti di realt che vuole che il pubblico veda e pu deciderne l'ampiezza: da una
panoramica sull'intero paesaggio ad un dettaglio del viso dell'attore. In teatro invece il
pubblico vede tutto "in campo lungo"; cio ha sempre tutta l'area dell'azione nel suo campo
visivo. Uno dei compiti della luce quello di guidare l'attenzione verso la zona del palco o
l'attore pi importante in un dato momento. La cosa pi immediata da fare sembrerebbe
quella di illuminare selettivamente solo l'area che interessa, lasciando nel buio tutto lo
spazio rimanente. E' un espediente che alcuni spettacoli adottano ma un mezzo estremo e
non pu funzionare quando si richiede un certo grado di realismo. Un sistema comunque
valido per guidare la visione quello di bilanciare l'area selezionata ad un livello di
luminosit leggermente superiore rispetto al resto del palcoscenico. E' un metodo che si
basa su un fattore psicologico; quello che l'occhio sempre attirato dal punto pi luminoso
presente nel suo campo visivo, ed sorprendente quanto un piccolo aumento di luce aiuti a
spostare l'attenzione nella zona desiderata e senza che l'osservatore se ne renda conto. Cos,
in una messa in scena realistica, ci possono essere numerosissimi cambi di bilanciamento
che servono a guidare l'attenzione del pubblico inconsapevole verso le zone o gli attori via
via pi importanti. Nel musical e nella danza si usa spesso il seguipersona; un mezzo
molto evidente e invadente ma che ha lo stesso scopo: quello di agire come una freccia per
indicare chi bisogna guardare in un dato momento.
Atmosfera L'ultimo di questi obiettivi anche il pi affascinante; quello di riuscire a
influenzare lo stato emotivo del pubblico attraverso la creazione di un'atmosfera.
L'atmosfera pu agire a due livelli; ad un livello pi superficiale serva a "raccontare"
l'ambientazione, cio, ad esempio, a dirci se siamo in un pomeriggio autunnale, in una
mattina d'estate oppure di notte; se piove, nevica o c' il sole. Ad un livello pi profondo
l'atmosfera dovrebbe comunicarci il clima emotivo di ci che stiamo vedendo e la sua
evoluzione durante lo spettacolo, provocando in noi il conseguente stato d'animo
(apprensione, angoscia, gioia, ecc.). Per creare l'atmosfera e controllarla per mezzo della
luce, ci sono principalmente tre metodi. Il primo quello di bilanciare chiarore e oscurit,
legati rispettivamente alla tranquillit e al mistero. Il secondo quello di miscelare la luce
calda e la luce fredda. La prima d subito una sensazione di serenit e di gioia, ed infatti
la luce tradizionale della commedia; la luce fredda induce invece apprensione e un senso di
tristezza. Naturalmente c' poi tutta una gamma di tonalit intermedie. L'ultimo metodo si
basa sul controllo del rapporto luce/ombra.
Ombre naturali e morbide inducono tranquillit mentre un'immagine molto contrastata o
l'esaltazione delle ombre comunicano inquietudine e angoscia (l'esempio tipico quello dei
film dell'orrore). Gli obiettivi appena elencati naturalmente non sono indipendenti ma
interagiscono uno con l'altro, dando luogo anche ad alcuni conflitti. Ad esempio: se si vuole
ottenere un'atmosfera tramite un abbassamento di luce, ci va a scapito della visibilit; la
selezione di un'area ristretta su cui concentrare l'attenzione si ottiene nel modo migliore
usando un solo proiettore, ma ci pu limitare la tridimensionalit; una luce studiata per la
tridimensionalit talvolta porta ad un calo della visibilit del viso degli attori ecc. In pratica
succede che la luce ideale per raggiungere un obiettivo spesso ostacola il raggiungimento
degli altri. Cos, un progetto procede normalmente in due fasi; nella prima bisogna valutare
quali degli obiettivi privilegiare, in base al tipo di spettacolo (prosa, danza, opera lirica,
ecc.), al suo stile (naturalistico, surreale, astratto, ecc.) e alle indicazioni interpretative del
regista. Nella seconda fase bisogna bilanciare attentamente i mezzi per raggiungere un
compromesso che soddisfi pi o meno i quattro obiettivi. Per concludere, bisogna ricordare
che l'illuminazione di uno spettacolo non un dato fisso; anzi, pu essere vista come un
fluido che invade il palcoscenico e che scorre dall'inizio alla fine seguendo l'andamento
dello spettacolo. Gli stessi obiettivi (soprattutto selettivit e atmosfera), cambiano dunque di
momento in momento e vanno sempre seguiti.
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PRINCIPI DI PROGETTAZIONE
Dal punto di vista pratico elaborare un progetto luci significa scegliere il tipo di apparecchi
da utilizzare, decidere la loro posizione e il loro puntamento, scegliere i colori e fissare il
tutto riportandolo su una piantina del palcoscenico dove sia gi tracciato l'ingombro della
scenografia.
Simboli internazionali CIE dei principali apparecchi
Posizionamento e puntamento
La scelta della posizione e, di conseguenza, del puntamento dei singoli apparecchi
fondamentale; da questa dipender infatti il carattere dell'immagine che otterremo.
Proviamo a pensare ad un attore al centro del palcoscenico e analizziamo le immagini che
otterremo illuminandolo con un proiettore spostato in tutte le posizioni e orientato con tutte
le angolazioni possibili, ponendo l'attenzione soprattutto su tre variabili: l'effetto sull'attore,
l'area di palco che andremo ad illuminare e le ombre che si creeranno.
Luce frontale Partiamo da una luce proveniente dall'alto, con un raggio luminoso che cade
verticalmente esattamente sopra la testa dell'attore. Abbiamo gli occhi bui e il naso molto
illuminato che per mette in ombra la bocca. L'ombra che produce il corpo molto piccola
e l'area di palco illuminata molto limitata. Tali caratteristiche portano ad un tipo di luce
molto selettiva, che scolpisce il corpo e il viso in modo molto drammatico ma che permette
una visibilit molto ridotta, soprattutto per il fatto che restano in ombra gli occhi e la bocca.
Poniamo ora il proiettore frontalmente rispetto all'attore e ad una certa altezza. Gli occhi e
la bocca diventano molto pi visibili ma l'area che andiamo ad illuminare si estende
notevolmente dietro il corpo dell'attore. Anche l'ombra sul pavimento diventa pi lunga e
pi presente. Se abbassiamo in avanti ulteriormente il proiettore fino ad arrivare all'altezza
degli occhi dell'attore, vediamo il viso completamente illuminato anche se un po' appiattito.
In questo caso poi la luce illumina molto in profondit il palcoscenico, l'ombra molto
lunga e, probabilmente, proiettata anche su parte della scenografia. Parlando in generale
della luce frontale possiamo dire che alla posizione pi bassa del proiettore corrisponde il
maggior appiattimento dell'immagine ma anche la massima visibilit e la minima possibilit
di selezionare lo spazio tramite la luce.
Luce laterale Se posizioniamo il proiettore a lato dell'attore vediamo che il suo viso e il suo
corpo sono molto scolpiti e tridimensionali. Ci dipende dal fatto che, guardando dal punto
di vista del pubblico, solo un lato dell'attore illuminato. Pi si abbassa il proiettore, pi
aumenta la visibilit e la modellazione del viso. Naturalmente aumentano via via sia l'area
di palco illuminato, sia le dimensioni dell'ombra. Se utilizziamo due proiettori, uno su
ciascun lato, per illuminare l'attore, avremmo comunque una zona d'ombra al centro del
viso, con in pi l'inconveniente di aver prodotto due ombre sul pavimento. Abbassando i
due proiettori fino a portarli in posizione orizzontale all'altezza degli occhi dell'attore, si
otterrebbe un corridoio di luce che attraversa tutto il palcoscenico. In generale si pu dire
che, abbassando la fonte di luce lateralmente, aumenta la visibilit e la tridimensionalit
dell'attore ma si allunga l'ombra e si perde buona parte della possibilit di selezionare lo
spazio.
Controluce Una luce proveniente dall'alto e da dietro l'attore non ci permette di vederne il
viso ma aiuta molto a dare profondit a tutto l'ambiente e, grazie al profilo molto luminoso
che si crea attorno al capo e alle spalle, permette di staccare nettamente l'attore dalla
scenografia evidenziandolo.
Luce dal basso Una luce frontale dal basso, crea un'ombra dell'attore molto grande e
incombente. Naturalmente se viene usata da sola produce un'immagine molto drammatica e
innaturale. Usata a bassa intensit come completamento della luce dall'alto, pu essere utile
per schiarire le ombre sotto il naso e negli occhi e per ammorbidire i contrasti. L'analisi
delle posizioni e delle angolazioni possibili ci dice che non esiste una posizione ideale che
soddisfi contemporaneamente tutte le nostre esigenze. Le posizioni frontali vanno molto
bene per la visibilit ma tendono ad appiattire l'immagine; le posizioni laterali fanno l'esatto
contrario (tridimensionalit ma poca visibilit). Le angolazioni alte danno meno visibilit
ma consentono di restringere l'area di palco illuminato e producono piccole ombre, al
contrario delle angolazioni basse, e cos via. Si tratta allora di trovare delle posizioni e delle
angolazioni di compromesso, basandoci sulle necessit drammaturgiche e sugli obiettivi che
vogliamo privilegiare. Se prendiamo come riferimento il tipo di illuminazione che possiamo
vedere in natura, questa riproducibile abbastanza fedelmente seguendo un semplice
metodo. Si tratta di utilizzare due proiettori davanti all'attore, ad un'altezza tale da formare
un angolo di 45 tra il raggio di luce e la linea orizzontale dello sguardo, e posizionati in
modo tale da formare, ciascuna su ogni lato, un angolo di 45 tra il raggio di luce e il piano
verticale che attraversa longitudinalmente il corpo dell'attore. I due proiettori formeranno
cos, fra di loro, un angolo di 90.
E' un metodo derivato empiricamente dal fatto che questa combinazione di angolazioni il
miglior compromesso fra la visibilit e la tridimensionalit che si pu dare ad un attore in
scena. L'ideale sarebbe poi quello di aggiungere un terzo proiettore in posizione di
controluce, per dare maggior profondit e tridimensionalit all'attore e per staccarlo dalla
scenografia circostante. Anche in natura, del resto, la luce illumina ogni oggetto da tutte le
direzioni, provenendo sia dalla fonte principale (ad es. il sole), sia da tutto l'ambiente
circostante grazie al fenomeno della riflessione.
Metodi e teorie Uno spettacolo viene illuminato da una sequenza di stati luminosi legati fra
di loro. Semplificando si pu dire che un testo di partenza viene diviso in unit pi piccole
(singole scene), ognuna delle quali dovr avere una sua luce particolare. La cosa pi
immediata da fare sembrerebbe quella di posizionare e puntare degli appositi apparecchi per
ogni singola scena. Naturalmente ci molto dispersivo e, soprattutto, richiederebbe una
gran quantit di apparecchi che spesso non sono disponibili. Si tratta allora di cercare dei
compromessi per ottenere il massimo risultato con i mezzi a disposizione, studiando ad
esempio se un singolo apparecchio pu svolgere pi di una funzione e quindi essere utile in
pi di una scena. Seguendo questa logica, nonch le esperienze dirette sul palcoscenico, si
sviluppato un metodo teorizzato gi nel 1932 dal professore americano Stanley McCandless.
Il metodo fornisce alcune formule base per la messa a punto dell'illuminazione di uno
spettacolo. Naturalmente non esistono norme rigide in questo settore e lo stesso metodo
sembra essere fatto per essere trasgredito o, quantomeno, per essere applicato in modo
molto elastico. Una sua applicazione rigida porterebbe ad una illuminazione piuttosto
anonima e noiosa, senza considerare il fatto che ogni spettacolo deve avere un suo carattere
visivo specifico. Le semplici norme del prof. McCandless, che oggi possono sembrare
ovvie, all'epoca della loro formulazione erano innovative e divennero presto il metodo
seguito da tutti i light designers. Il primo suggerimento quello di mantenere separate
l'illuminazione dell'area di recitazione da quella della scenografia. E' chiaro che una
divisione totale impossibile da ottenere, dal momento che la luce viene riflessa da tutte le
superfici che incontra, tuttavia, pi si riescono a controllare separatamente le due aree,
maggiori saranno i vantaggi.
L'area di recitazione Abbiamo visto che il modo pi naturale per illuminare l'attore quello
dei due proiettori posti ad un angolo verticale di 45 e orizzontale di 45 su ciascun lato.
Due proiettori cos disposti permettono di illuminare un area di 2-3 metri circa, sia in
larghezza che in profondit. Il metodo classico suggerisce di dividere tutta l'area di
recitazione in cui andranno a muoversi gli attori, in una serie di quadrati con una larghezza
di 2-3 metri circa. A questo punto si tratta di ripetere il modulo base dei due proiettori per
ciascuno dei singoli quadrati, e di aggiungere alcuni elementi per il controluce (ad es. un
proiettore per ogni quadrato oppure uno potente e con luce pi diffusa che copre pi zone).
Nella realt naturalmente difficile avere sempre un angolo che sia esattamente di 45,
soprattutto nelle zone pi laterali del palcoscenico. Anche se l'angolo fosse un po' pi largo
o pi stretto, la cosa importante che i due raggi di luce che illuminano un'area si
sovrappongano parzialmente e quelli delle aree vicine, in modo da non lasciare zone
d'ombra nel passaggio dall'una all'altra.
Un tale sistema risulta molto versatile; permette di controllare singolarmente delle piccole
zone di palcoscenico e di bilanciare tra di loro in modo da seguire, ad esempio, gli
spostamenti degli attori. Con dei leggeri cambi di bilanciamento tra le aree, che il pubblico
solitamente non percepisce, possibile spostare l'attenzione nelle zone del palcoscenico che
via via si vogliono evidenziare, dandogli una maggior luminosit relativa. Quando
necessario, la divisione in piccole aree permette di seguire pi fedelmente la realt. Ad
esempio si pu aumentare l'intensit della luce nella zona del palco dove si trova una
lampada o una candela accesa, oppure davanti a un caminetto, ad una finestra ecc.,
abbassando l'intensit nelle zone via via pi lontane. Per migliorare l'effetto di
tridimensionalit e di modellazione dei visi si pu differenziare il gruppo di tutti i proiettori
che illuminano da destra da quello dei proiettori di sinistra, regolandoli ad intensit diverse
o colorandoli in modo leggermente diverso ( ad es. ponendo una gelatina che raffredda la
luce su tutti i proiettori che illuminano da destra e nessuno su quelli che illuminano da
sinistra). La divisione fra gruppo di destra e gruppo di sinistra utile anche quando si vuole
evidenziare una provenienza di luce. Se in una scena all'aperto la fonte di luce un raggio
di sole che proviene da destra, si potr sottolineare l'effetto ponendo i proiettori che
illuminano le aree da destra al massimo dell'intensit e lasciando quelli da sinistra pi bassi.
La scenografia Se l'illuminazione dell'area di recitazione sar fatta meticolosamente,
probabilmente parte della scenografia sar gi ben illuminata per riflessione. Tuttavia le
grandi pareti, i panorami o il ciclorama (che produce p.es. il cielo) richiedono
un'illuminazione specifica. Questa viene fatta solitamente con apparecchi diffusori i quali,
oltre ad illuminare, danno anche un tono di colore generale alla scena e quindi un'atmosfera.
I diffusori vengono usati in batteria alternando eventualmente due o tre colori diversi. La
fila di apparecchi montati su un'americana luci viene posizionata 1,5-2 metri davanti alla
parete o al fondale da illuminare, e tanto in alto da essere nascosta alla vista del pubblico.
Alcuni materiali per panorami (il PVC o certe tele) possono anche essere illuminati dal
retro, con un effetto molto suggestivo di profondit. L'illuminazione da dietro pu essere
fatta anche dal basso, appoggiando gli apparecchi sul piano del palcoscenico, e pu essere
diretta o indiretta. Nel primo caso i diffusori alti e bassi vengono puntati direttamente
contro il fondale; nel secondo necessario montare un telo bianco, grande almeno quanto il
fondale, ad una distanza di circa 1,5-2 metri. I diffusori in questo caso vengono montati
subito dietro il fondale e puntati all'indietro contro il telo bianco. Una volta in funzione, il
bianco rifletter la luce rimandandola sul fondale. Quest'ultima sistema decisamente il
migliore perch quello che d l'illuminazione pi morbida ed omogenea senza che si veda
mai la fonte di luce. D'altro canto per anche il metodo che richiede il maggior numero di
apparecchi o una potenza superiore, perch non tutta la luce viene riflessa dal telo bianco e
quindi una parte di questa va persa. Qualunque sia il metodo utilizzato, la cosa pi
importante quella di poter controllare autonomamente l'illuminazione delle scene e dei
fondali, perch ci permette di bilanciare nel migliore dei modi il rapporto con l'area di
recitazione.
Le alternative Se le applicazioni derivate dal metodo McCandless sono le pi diffuse,
esistono tuttavia alcune alternative. La principale quella basata sul binomio luce chiave-
luce di riempimento. Si tratta di un metodo che addirittura precede quello di McCandless
essendo in uso, pur nella sua forma "primitiva", gi all'epoca della luce a gas. Il sistema
raggiunge il culmine del successo durante gli anni '30, prima di venire gradatamente
sostituito, ma ancora oggi piuttosto utilizzato (magari inconsapevolmente) dai teatri
amatoriali. Questo tipo di illuminazione prevede l'interazione fra due tipi di luce molto
diversi; per prima cosa il palcoscenico viene rischiarato da una luce diffusa di riempimento
che, con il suo colore, d un tono generale alla scena. Questa luce si ottiene con alcuni
diffusori, montati dietro l'arco di proscenio o nella parte alta del palcoscenico, che
illuminano "a pioggia" tutta l'area sottostante. I diffusori possono essere numerosi ed avere
gelatine di colore diverso, ad esempio quelle dei tre colori primari, cos da ottenere molte
tinte diverse semplicemente lavorando sulle intensit dei singoli apparecchi. A questa base
si aggiunge la luce chiave, una luce pi intensa, ottenuta con pochi proiettori, che illumina
selettivamente l'area pi ristretta dell'azione e definisce in maniera precisa una direzione di
provenienza. E' un sistema particolarmente interessante per i piccoli teatri, perch permette
di ottenere buoni risultati con pochi mezzi, anche se molto meno versatile del sistema "a
zone". Naturalmente nulla vieta di applicare contemporaneamente i due metodi secondo una
qualsiasi combinazione, cos da unire qualche vantaggio dell'uno a quelli dell'altro. L'ultimo
metodo che si pu citare quello che prevede la divisione del palco in strisce orizzontali.
Ogni zona profonda circa 2 metri e larga quanta la larghezza del palco; viene illuminata
"di taglio", da ciascun lato, con alcuni proiettori o sagomatori montati a varie altezze su
della piantane posizionate dietro le quinte. La suddivisione in zone permette di illuminare, a
seconda dei casi, tutta la profondit del palco oppure solo le zone in cui avviene l'azione. A
questa base si possono aggiungere poi degli apparecchi per il controluce, l'illuminazione
autonoma per le scene e il fondale ed eventualmente un po' di luce frontale di riempimento.
Questo un metodo che tende ad esaltare la tridimensionalit dei corpi, e ci va un po' a
discapito della visibilit. Proprio per queste caratteristiche un metodo apprezzato ed
utilizzato soprattutto nella danza.
Fonte Salvatore Mancinelli-Stefano Mazzanti
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